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Lezione 5 27/10/20

Riprenderemo i concetti di utilizzo dei vari sistemi, quali sensori, sorgenti cercando di lavorare su
più domini ottenendo poi i parametri desiderati.

Riprendendo il modello del motore DC vediamo che all’interno è fatto in questo modo:

è leggermente diverso dai modelli creati in passato in quanto nella parte elettrica si presenta un
sensore si corrente, che misura una variabile di flusso (viene messo in serie sul ramo), in modo da
estrarre la corrente circolante nel motore.
Inoltre, abbiamo il blocchetto di conversione dal dominio elettrico al meccanico, in particolare
quello rotazionale:
per il quale coppia T e velocità angolare 𝜔 in uscita sono rispettivamente:
direttamente proporzionale alla corrente, per un fattore di proporzionalità
K, e inversamente proporzionale alla tensione.
𝑇 =𝐾∗𝐼
𝑉 =𝐾∗𝜔
Andremo quindi a sfruttare questa conoscenza di funzionamento per ricavare le grandezze in base
alla prestazione desiderata.
Ritornando al motore DC, vediamo anche un’inerzia che può essere più o meno grande a seconda
della potenza e della grandezza del rotore.
Inoltre, abbiamo il sensore per la misura della velocità angolare. Questa volta, nel campo della
meccanica rotazionale, la velocità angolare non è una grandezza di flusso, ma è una grandezza di
sforzo, per cui la misura avviene in parallelo. Si nota infatti che la misura viene effettuata tra i due
rami in parallelo mobile R e fisso C.

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Lezione 5 27/10/20

In questo caso, vogliamo determinare le prestazioni elettriche che bisogna applicare al motore ai
capi del motore per ottenere una prestazione meccanica ben definita all’uscita del motore. Abbiamo
definito un set di relazioni ben precise che governa il comportamento del componente.
Il motore è collegato ad un “estremo libero” il dominio elettrico. Estremo nel senso che quando
vado a simulare, tali grandezze che caratterizzano quel dominio non sono definite, ma vanno
calcolate. Così come ci sono degli estremi liberi del dominio meccanico, per cui le grandezze di
coppia e velocità angolari non sono imposte ma vanno calcolate.
È come se avessi quattro incognite (T e ω per il dominio meccanico, V e i per il dominio elettrico).
Imponendo una di queste variabili, ad esempio la velocità angolare che deve avere l’albero del
motore, vado sul dominio elettrico, in particolare sul sensore di tensione, e leggo il valore di
tensione necessaria ai capi del motore per garantire quella velocità angolare. Fisso la prestazione
attesa e valuto i parametri necessari per ottenere quella prestazione.
Restando in dominio SIGNAL, senza andare in SIMULINK è stato
impostato un valore costante di 2000 rpm. Dopo di che c’è un
GAIN che effettua la conversione da rpm a rad/s in quanto il
blocchetto VELOCITY ANGULAR SOURCE richiede in ingresso i
rad/s.
Andando sul V SENSOR leggo una tensione corrispondente (a
2000 rpm = 209.4 rad/s) di 104.7 V.
Notiamo che il valore di EMF inserito è 0.5, infatti tra tensione e velocità angolare c’è proprio un
rapporto 2:1 → 𝑉 = 𝐾 ∗ 𝜔.
Cioè devo applicare una tensione di 104.7 V per ottenere una velocità di rotazione in uscita al
motore di 209.4 rad/s, che corrispondono a 2000 rpm.
Posso quindi applicare la tensione per ricavare la velocità angolare o viceversa. Non posso però
applicare sia l’una che l’altra, perché se le due grandezze non sono allineate, il modello non è in
grado di trovare una soluzione e darà priorità ad una delle due grandezze.
Andando ad imporre al dominio elettrico una sorgente di tensione imponendo una tensione
determinata prima di 104.7 V, alimentata a 50 Hz

Inoltre, è stato disposto il sistema di un sensore di corrente per definire la prestazione da ottenere.

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Una differenza nel dominio meccanico è che anziché avere una sorgente di velocità angolare, ho
una sorgente di coppia (Ideal Torque Source) per lo stesso principio visto prima. Spostandoci ora
sulla relazione:
𝑻= 𝑲∗𝑰
Imponendo in questo caso la coppia, vado a ricavare la corrente che deve circolare per sopportare
quel carico. Stiamo però ragionando in regime stazionario, cioè in modo statico applico una coppia
al sistema e lui mi definisce la corrente necessaria.
Poiché all’interno del blocco motore è presente un’inerzia, che lavora come coppia resistente, il
valore che assegno va ad influire in transitorio e non a regime, in quanto a regime ho imposto un
carico costante, mentre l’inerzia lavora solo in fase di accelerazione.
Impostando un’inerzia molto bassa e vediamo in che modo varia la corrente:
Notiamo che a meno di oscillazioni, il valore medio
della corrente si attesta su 20 A.
Bisogna quindi effettuare un’analisi per vedere se
tale valore risulta corretto.
Impongo quindi una coppia di 10 Nm e la corrente
sarà -20 A in quanto il motore deve contrastare una
coppia positiva. Anche in questo caso ci troviamo con
il rapporto 2:1 proprio per la relazione 𝑻 = 𝑲 ∗ 𝑰.
Infatti, andando a guardare la caratteristica sull’EMF
notiamo che la coppia erogata è proporzionale al
profilo di corrente. La leggera oscillazione in regime
è dovuta all’inerzia che, seppur piccola, viene
continuamente accelerata e decelerata.
Infatti, aumentando di 100 volte il valore dell’inerzia del motore ottengo una corrente con questo
profilo:
Il valore medio sarà lo stesso, ma notiamo la minore
oscillazione a regime, proprio perché essendo
maggiore il valore della massa, la frequenza con la
quale oscilla è minore.

A questo punto, inserisco i parametri valutati precedentemente nel sistema:

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La tensione di alimentazione è sempre 104.7 V, la quale mi garantisce una velocità angolare


sull’albero motore di 209.4 rad/s o 2000 rpm. Inoltre, la corrente necessaria a contrastare quel
valore di coppia dev’essere in modulo 20 A.
È stato inoltre introdotto un nuovo elemento nel dominio elettrico ed è il limitatore di corrente, il
quale limita la corrente all’interno del circuito facendo da filtro passa-bassa, così tutto ciò che è al
di sopra del limite imposto viene filtrato.

Andando a verificare innanzitutto la velocità angolare (immagine a sinistra), la quale è raggiunta (ho
allungato i tempi di simulazione 4000s -> 5000s).

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Poi andiamo a verificare la corrente data dal COURRENT SENSOR e vediamo che la corrente ha un
andamento mostrata nell’immagine in alto a destra.
Vediamo la corrente che ha un limite a 5 A, per poi decrescere man mano che l’accelerazione si
riduceva. Cioè man mano che la massa accelerava, il carico richiesto dall’inerzia è via via
decrescente. Per cui anche la corrente richiesta decresce fino a raggiungere zero quando la massa
arriva a regime.
Perché va a zero? Ricordiamo che stiamo simulando un modello ideale per cui non sono stati definiti
attriti o dissipazioni sulla parte meccanica.
Se vado ad imporre una corrente limite di filtro pari a 10 A, vuol dire che sto raddoppiando la
potenza in kW del motore, perché nel frattempo sto sempre dando i 104.7 V di tensione necessari
a raggiungere quella velocità angolare (209.7 rad/s).
Avendo raddoppiato la potenza del motore vediamo che la velocità angolare del motore sarà
raggiunta in un tempo decisamente minore.

Andiamo a guardare la corrente sul sensore (immagine a sinistra) e notiamo che la corrente mostra
un picco di 10 A, ma in realtà notiamo un comportamento opposto a quanto ci saremmo aspettati.
Questo perché non è presente un controllo, infatti la massa viene accelerata in maniera più blanda.
In questo modo essa raggiunge la velocità angolare (immagine a destra) di regime più lentamente
(vediamo che nella simulazione di 5000s non la raggiunge nemmeno).
Fino a questo punto abbiamo effettuato verifiche locali sul motore, infatti all’inizio ho verificato i
valori di tensione del motore per garantire quel valore di velocità angolare; dopo siamo andati a
valutare la corrente scaturita da una certa coppia imposta.
Per questo motivo, possiamo prendere il blocco iniziale (che abbiamo verificato e funziona) ed
estenderlo in un dominio più ampio.
A questo punto estendiamo il discorso anche al dominio termico:

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Tramite la porta sul resistore del DC motor colleghiamo un flusso energetico che fluisce attraverso
i componenti del motore fino ad effettuare uno scambio con l’abiente.

Nell’help di matlab si può ricavare un modello termico simile, ma più complesso, di questo illustrato:

L’ipotesi è che il motore parte da temperatura stazionaria in ambiente ed è 25°C, che inserisco nel
primo blocchetto a destra come 𝑻𝑨 che per noi è un parametro.
Infatti, questo parametro è stato poi associato a tutte le variabili delle masse termiche associate allo
scambio termico.
Dove ho definito la 𝑻𝑨 ?
Tastodx – model properites – callbacks – initial function
ho definito la 𝑻𝑨 .
Questa funzione sarà lanciata prima della simulazione, in
questo modo tutte le masse sono a T ambiente all’istante
iniziale.
È stato ipotizzato che la generazione di calore avvenga solo per effetto Joule,
quindi solo per effetto della corrente che circola all’interno del circuito e che
crea un flusso termico.

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Tutti gli avvolgimenti del rotore scambiano calore con la parte statorica, per
cui abbiamo ipotizzato che ci sia uno scambio conduttivo.
Poiché lo statore è a contatto con il case del motore, scambierà calore con esso
sempre mediante conduzione.
Infine, il case scambierà calore in modo convettivo con l’ambiente circostante.

Per ogni tipo di conduzione sono stati inseriti valori di scambio termico in base a ipotesi di materiali,
di superficie, di spessore. Stessa cosa è stata fatta per lo scambio convettivo. Inoltre, sono state
fatte ipotesi di massa, ipotizzando la massa che scambia calore con l’esterno.
Abbiamo utilizzato masse abbastanza grandi (3÷4 kg) in modo che lo scambio termico sia non
trascurabile, in modo da apprezzarne l’effetto.

La cosa che ci interessa è vedere le temperature di esercizio degli elementi. Andando a vedere la
temperatura di esercizio degli avvolgimenti (Thermal mass 1):
Questo elemento (curva in giallo) è caratterizzato da un
flusso termico crescente, fino ad arrivare ad un picco, poi
decresce.
Essendo a contatto con lo statore Thermal mass 2 (curva
in rosso) vediamo che ha lo stesso andamento, a meno di
una certa componente che viene dissipata.
Andando poi a vedere lo scambio termico con il case,
vediamo che l’andamento sarà ancora più basso perché è
stata dissipata un’ulteriore aliquota.

Ma a cosa è legato questo andamento? È legato all’andamento della corrente, infatti:

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Guardando la corrente circolante ci accorgiamo che fino a quando la corrente è diversa da zero, essa
instaura all’interno del motore una dissipazione dell’energia (il flusso termico è legato al quadrato
della corrente). Non appena la massa raggiunge una certa velocità la corrente diminuisce.
La velocità angolare del sistema ha avuto una crescita costante fino ad arrivare alla velocità di
regime, alla quale quale si registra una brusca caduta di corrente (è come se fossi in assenza di
carico).

Volendo analizzare un caso realistico, è stato realizzato un motore derivato dal primo:

Nel quale si è tenuto conto dell’attrito interno mediante l’uso di una frizione:

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Ho una componente costante 𝑻𝑪 costante di attrito Coulombiano alla quale viene associata una
componente iniziale di attrito di primo distacco 𝑻𝒃𝒓𝒌 e poi una componente viscosa 𝑻𝑽 , a velocità
non nulla, che definisce la pendenza della curva con cui l’attrito cresce rispetto a quello di base.
Andiamo a vedere l’andamento del flusso termico per le masse:
Vediamo che avrò un andamento completamente
diverso dal caso precedente perché la corrente sarà
costante dati gli attriti interni da dover vincere. Questo
perché la coppia richiesta è decisamente più alta di
quella che il motore è in grado di offrire.
L’incremento delle temperature è di circa 1.5°C

Andando a guardare le caratteristiche sulla frizione


avrò:
sarà presente una coppia, ma la velocità angolare è
prossima a zero (10−3) e ciò fa intendere che il carico
d’attrito è troppo elevato per come è stato modellato
questo motore. Si comporta come motore grippato.
In questo caso la corrente cresce al massimo e la
tensione scenderà a zero (si nota un valore di
tensione di 10−4 V).
Per vedere se questo motore può funzionare è
necessario incrementare la potenza aumentando la
coppia che il motore è in grado di erogare.

Dal limitatore di corrente passiamo da 5 A a 20 A per vedere come cambia il comportamento.


Vediamo sull’EMF che la velocità angolare si è tenuta sugli stessi valori, la tensione è cresciuta
arrivando a 10−3 V, mentre la corrente circolante è sempre 20 A.
Andando a guardare l’andamento delle temperature, siamo partiti dai 25°C ambiente ai circa 35°C
(forte incremento rispetto a prima).

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Andando ad aumentare ancora la corrente nel limitatore (100 A) arriviamo ad un motore di grande
potenza proprio perché ho masse molto grandi.
Andiamo a guardare le caratteristiche dell’EMF:
La corrente dopo un picco di 100 A si
stabilizza a 40 A; la velocità angolare
cresce fino ad un valore di circa 1850
rpm.

A questo punto limitiamo la corrente a 50 A proprio perché dopo si assesterà a 40 A e notiamo che
la corrente è rimasta a 50 A per un periodo più lungo rispetto al picco di 100 A precedente perché
la richiesta di coppia è maggiore di quella necessaria per cui deve farlo per un tempo più lungo alla
potenza massima.

Le temperature di esercizio saranno:


poiché gli avvolgimenti sono direttamente la
sorgente di calore, hanno un andamento di
temperatura che presenta delle oscillazioni
(picco) legate alla variazione di corrente. Per
gli altri due scambi non si presentano
oscillazioni.
Una volta che la corrente si sarà stabilizzata a
40 A costante, il flusso termico per i
componenti si stabilizzerà anch’esso ad un
valore costante, per cui le temperature si
stabilizzeranno.

Se andassimo ad aumentare la temperatura di funzionamento del motore, dai 25°C a 35°C,


avremmo incrementi di temperatura per i componenti.

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A questo punto possiamo fare lo stesso ragionamento fatto in precedenza, ovvero impostiamo la
temperatura massima per gli avvolgimenti e determiniamo, in assenza di carico, quale sarà la
corrente massima che dovrà circolare all’interno degli avvolgimenti per ottenere quella
temperatura massima impostata.
Il vantaggio di costruire più sistemi a domini accoppiati sta nel fatto di definire le prestazioni
affinandole man mano. Quindi fissiamo le prestazioni su più domini contemporaneamente e ricavo
le caratteristiche che i componenti degli altri domini devono avere per garantire quelle prestazioni.
Entrando nel source code andiamo a vedere, indipendentemente dai parametri impostati, quali sono
le equazioni che governano gli scambi termici.

Ad esempio, entrando nello scambio conduttivo vediamo che il flusso Q è legato alla temperatura,
l’area e il rapporto tra la conducibilità e lo spessore:
𝑡ℎ_𝑐𝑜𝑛𝑑
𝑄 =𝑇∗𝐴∗
𝑡ℎ𝑖𝑐𝑘𝑛𝑒𝑠𝑠
Notiamo in alto un nuovo costrutto:
Il quale foundation.thermal.branch va a richiamare un
ulteriore file che definisce i rami:

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I nodi A e B sono nel dominio termico; definisce la variabile T; nei branches la variabile Q è di flusso
per cui va da un ramo all’altro senza essere alterata; la variabile T è quella manipolata nel connettore
e viene calcolata come ∆T ai capi.
Ritornando al blocchetto conduttivo, presenta sia parametri che variabili, ma le variabili da dove
vengono fuori, dato che non le abbiamo definite nel source code? Infatti, c’è un sotto-modello al
suo interno nel quale sono dichiarate le due variabili Q e T che troviamo nel blocchetto.

Vedremo successivamente come costruire questi annidamenti.


Quindi ai capi del blocchetto conduttivo ho una differenza di temperatura legata alle masse e le
temperature delle masse sono legate allo scambio termico che le arriva. Questo perché le masse
sono diverse perché presentano parametri differenti, per cui sono in grado di immagazzinare
diversamente il calore in funzione dello scambio termico definito. Per questo motivo si instaurano
due temperature differenti ai capi A e B del blocchetto conduttivo. Stessa considerazione per tutte
le masse.
Per il blocchetto convettivo il source code è costruito allo stesso modo e va a richiamare nel branch
le variabili da settare.

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