Centoventi e passa, di media Vivere bene, invecchiare giovani e morire sani Studi clinici, effettuati per la prima volta sull’uomo, dimostrano in maniera inconfutabile che la melatonina, da sola, è in grado di invertire straordinariamente il processo di invecchiamento Indice Cap. 1 - Invecchiare mantenendosi giovani Cap. 2 – Faust e il mito Cap. 3 – Un mondo al femminile Cap. 4 – Si salvi chi può Cap. 5 – Il fondamento della salute Cap. 6 - Il trapianto di pineale Cap. 7 - La sperimentazione animale Cap. 8 – Funzione della pineale e invecchiamento Cap. 9 – La ghiandola pineale e la melatonina Cap. 10 – I parametri clinici dell’invecchiamento Cap. 11 – La menopausa, classico segno d’invecchiamento biologico Cap. 12 – La conferenza di Berkeley e la melatonina Cap. 13 – Melatonina e invecchiamento Cap. 14 – Come mantenersi in buona salute, a contatto con la natura Cap. 15 - Me l’ha prescritto il medico! Attività sessuale e sistema immunitario Cap. 16 – La ricerca scientifica e la medicina pratica Cap. 17 – Odisseo, chi era costui? Cap. 18 – Le Conferenze di Stromboli su Cancro e Invecchiamento Cap. 19 – Il diabete Cap. 20 – AIDS Cap. 21 – Le patologie Cap. 22 – Domande ricorrenti. FAQ (Frequent Asked Questions) Cap. 23 – Risposte veloci Concludendo Appendici A. Lettere B. Lavori scientifici Bibliografia Prefazione Mi guardo in giro nel mondo del 2002, e mi sforzo di far mie le probabili considerazioni di un bambino dei nostri giorni. Per scrivere questa introduzione, senza cadere nelle banalità della retorica, cerco nella mia remota infanzia emozioni e sentimenti struggenti e lontani. Non ho altra scelta. Vi siete mai chiesti con quanto distacco e disincanto noi ‘adulti’ guardiamo al divario che esiste tra ciò che chiamiamo Realtà, e la Natura (o quello che ne è rimasto)? Oppure: chi ha ancora tempo per meditare e riflettere, senza che venga divorato dalla voragine del temporaneo, dal narcisismo imperante, che sfocia e si autoalimenta nella ‘narcosi perenne’? Visti quindi con gli occhi di un bambino, ecco i tre motivi che hanno fatto maturare in me l’idea di questo libro. 1 1) Ho conosciuto Pippo Zappulla, ed è lui lo scrittore che sa realizzare queste cose con la sua arte. 2) Abbiamo imparato a rispettarci e ad amarci, e da qui si è manifestata la fiducia e la serenità che ci fa trovare espressioni entusiasmanti ed esilaranti, come due bambini perduti in un gioco all'aperto. Ci divertiamo da matti. 3) Abbiamo da raccontare avvenimenti e vicende che lasceranno un solco indelebile; ne siamo certi, anzi certissimi. Sarebbe un peccato se le meravigliose notizie scientifiche che riguardano la salute di tutti, rimanessero qua e là nascoste nel mio cassetto, più o meno in pezzi slegati fra loro. A che sarebbero allora serviti i miei quarant’anni d’attesa? Pippo mi ha chiesto di scrivere un’introduzione a questo libro, e io mi sono detto: «se voglio che serva a qualcosa, devo rifletterci su bene». Ho preso quindi il coraggio a due mani e, giusto o sbagliato che sia, ho deciso di mettere nero su bianco quello che penso del mondo, e dei bipedi che lo popolano (coprendolo, ormai quasi del tutto, di arti e di membra). Io, il mondo lo vedo così: a un bivio straordinario. Ignoro cosa potrà accadere in futuro. So però con certezza che tutti hanno, di nuovo, fallito; e in particolare gli assatanati accentratori di denaro e potere, inconsci strumenti di ataviche neurosi. Infatti, costoro hanno semplicemente dimenticato di essere destinati alla decrepitezza e alla morte, e ‘giustamente’ non hanno nessuna intenzione di porvi mente. Non ne hanno il tempo, perché la loro agenda è zeppa di impegni irrevocabili e solenni. Poi, improvvisamente, parte un trombo o scoppia un vasellino: fine della narcosi. Omini, più o meno verbosi, quelli prigionieri dei propri bagni con i rubinetti d'oro, ma anche quelli dallo spirito spartano ed emuli del buon samaritano, hanno inventato il mondo come noi lo vediamo ora, cadente, e si sono autoproclamati, di volta in volta, economisti, sociologi, banchieri, finanzieri, imprenditori, professori. Hanno costruito il mondo, ma non hanno compreso una verità elementare. E cioè, che l'economia del profitto è una patologia, e porta a sicura rovina. Il prevedibile e irreversibile crollo, cui stiamo assistendo, della ‘crescita perenne’, specchietto irresistibile per i piccoli investitori, ne è la sicura riprova. Ora però parliamo di cose serie. Vale a dire della salute: in fondo, non è forse il nostro unico bene, anche se ci hanno raccontato che le sofferenze (comunque e sempre inevitabili!) ci nobilitano? Io mi chiedo: ma il mondo non funzionerebbe forse meglio se non esistessero dolori e sofferenze e se, nel nostro caso, la vecchiaia non fosse accompagnata da una serie infinita di guai? Allora, perché, almeno, non provare?! Scuotiamoci quindi dalla narcosi nella quale ci hanno precipitato i dottori, e scendiamo dal letto a baldacchino pieno di ragnatele sul quale la Bella Addormentata nel Bosco giace da secoli. Scuotiamoci dalla narcosi e… rinasciamo. Anni fa un necrofilo qui dei dintorni, come ce sono purtroppo tanti in circolazione, quelli cioè che hanno la morte nel cuore, dopo avere ascoltato esterrefatto i ragionamenti che gli andavo esponendo, così come sono del resto riportati in questo libro, mi apostrofò scandalizzato: «Ma la vita è una cosa seria»! Evidentemente la stupidità (per non parlare poi della necrofilia!) ha radici profonde. La gioia di vivere ha molti nemici, geneticamente agguerriti. Sono quasi invincibili. Non mi sembra perciò il caso di dilungarmi in strazianti lamenti e accorati appelli: la Selezione Naturale, vale a dire il ‘si salvi chi può’, funziona in automatico: lasciamo una volta ancora che sia la Natura a operare una selezione tra chi capisce, e si adegua (specialmente le donne, naturalmente!), e chi invece ritiene di avere un cervello tutto corteccia, e ignora quanto c'è sotto: l’atavico e vero cervello dell'anima che si trova nell’ippocampo. Walter Pierpaoli Prologo 2 Una mattina di luglio Walter si è messo a parlare di questo e di quest’altro, e anche delle sue scoperte. Visto che non la finiva più, gli ho piazzato davanti il registratore. Ne è venuto fuori un libro, ed è questo, fra l’altro, il motivo per cui esso viene pubblicato adesso sotto forma d’intervista. La teoria di Walter si può riassumere così: assumendo una semplicissima molecola naturale, che si chiama melatonina, da pochi soldi (perché non è possibile brevettarla, poi vedremo perché), possiamo vivere a lungo, molto a lungo, lucidi, e sani come pesci; poi, quando si è piuttosto avanti con gli anni, si assume un’altra diavoleria che lui intanto sta studiando, e si va avanti per un altro bel po’ di anni. Infine, a 120 anni suonati, ci si addormenta, e la mattina dopo non ci si sveglia più. Interessante, no? Ora io dico, anche senza voler essere fanatici a tutti i costi: mettiamo che lui abbia sbagliato i calcoli; invece di 120 saranno 105, a me va bene lo stesso, e senza malattie, che ve ne pare? Al momento in cui scriviamo, Walter ha 66 anni e io ne ho (appena) 60. In altre epoche saremmo stati due vecchietti male in arnese, mentre oggi tutti ci considerano due signori di mezz’età (in senso letterale, badate!); ci siamo infatti proposti come traguardo i 120 anni (di media): me l’ha promesso Walter, e io gli credo! In ogni caso, quando leggerete questo libro, magari fra 30 o 40 anni, e vi renderete conto che noi due siamo già morti e sepolti, non dite subito: si erano sbagliati! Walter infatti sostiene che ognuno ha il diritto di pensare di essere immortale, fino all’ultimo respiro, cioè fino a prova contraria; dite piuttosto, caso mai ci fossimo proprio sbagliati (Walter soprattutto!), ‘se ne sono andati in buona salute’, perché è fondamentale morire sani. La stessa cosa auguriamo a voi che ci leggerete. Inoltre, per favore, non lasciatevi ingannare dal tono leggero che ho deciso di dare a questo prologo: credetemi, è soltanto un artifizio perché non vi possiate annoiare fin dalle prime pagine. Le cose che dico (che dice Walter) sono invece serissime; molte di esse sono anzi terribilmente vere, ma nessuna potrà davvero incutervi spavento, tutt’altro! (che so: ‘se non fate questo, invecchierete presto, sarete perseguitati dai rimorsi, ingrasserete, il vostro colesterolo andrà alle stelle’; oppure: ‘morirete tardi ma non vi ricorderete più dove abitate e, soprattutto, come e quando avete fatto l’ultima volta l’amore, e se è stato ancora piacevole oppure no’, e cose di questo genere). Noi l’abbiamo scritto per divertirci, è vero; ma, leggendo, succederà anche a voi. Walter infatti sostiene che il mondo si divide in due categorie: quelli che pensano di essere nati per soffrire (morte compresa); e quelli che pensano a vivere, anzi a spassarsela. Decidete da che parte volete stare. Non ha importanza chi morirà per primo, ma vuoi mettere la differenza? Quelli infatti che fanno della preparazione alla morte lo scopo più importante per cui vivere, come se il luttuoso evento fosse il più significativo della loro vita, sono pesantucci da sopportare, e soprattutto non tollerano l’allegria degli altri. E se Walter, come scienziato e ricercatore, fosse pazzo? Ovviamente, ci ho pensato anch’io, cosa credete. Pazzo lui? Avete anche voi gli occhi, no? E allora guardatevi in giro e fate come me: scompisciatevi dalle risate, non aggiungo altro. Ma li leggete i giornali? E se li leggete, siete disposti a credere che sia pazzo uno che prolunga la vita a innocenti topolini fino a tre anni e passa, mentre un topino di razza (della stessa ‘etnia’ naturalmente) raggiunge a stento i due anni? (sarebbe come dire 120-130 anni per l’uomo, vi sembra poco?). E il pazzo non è non piuttosto chi pensa a organizzare guerre e massacri, ad affamare il prossimo, con l’avallo della scienza, medicina compresa? Se questa è pazzia, viva la pazzia! E sarebbe, invece, sano di mente chi? per esempio. Pippo Zappulla Cap. 1 - Invecchiare mantenendosi giovani La vita è l’arte del dosaggio del tempo e della distribuzione dell’amore. (Walter Pierpaoli) Caro Walter, dopo anni di ricerca scientifica, qual è la scoperta della tua vita, quella che consideri più importante e significativa? Voglio cominciare con uno scherzo. Francamente, quello che io mi sono sempre chiesto è: che mi serve fare grandi scoperte, strepitose, se poi divento vecchio e malandato, e crepo? Direi quindi che la scoperta più importante della mia vita è stata quella di aver trovato la chiave di volta per rimandare nel tempo l’invecchiamento e la morte. Avrò così più tempo per dedicarmi agli aspetti della vita che più mi interessano. Quindi, da un punto di vista logico e anche filosofico, io ritengo, tutto sommato, che il successo, cioè la sfida suprema dell’uomo, è la 3 lotta contro la morte. E non importa il modo grazie al quale uno arriva al traguardo (con la melatonina, cioè, o con altre molecole della pineale ecc.); ciò che conta è invece che, attraverso la ricerca scientifica, si sia in un certo senso compiuto il mio destino di ricercatore, che è quello di vedere realizzate le proprie scoperte. Perché, se queste rimanessero sulla carta, non interesserebbero proprio a nessuno. Io infatti, oltre a essere un ricercatore, sono una persona pratica, e sono anche un medico. Mi sono preso la briga di passare quarant’anni a studiare perché si invecchia: credo di aver capito molto, e adesso sono quindi in grado di applicare ai pazienti ciò che ho imparato. E, fra l’altro, mi diverto a farlo. Ora infatti dispongo del tempo di cui avevo bisogno; perché, se è vero che si invecchia lentamente (e chissà quanto vivremo più a lungo e in buona salute!), non mi mancherà certo l’occasione per divertirmi nel vedere realizzati gli obiettivi che intendevo raggiungere. Per tornare quindi alla tua domanda, credo di aver scoperto sostanzialmente la base biologica dell’invecchiamento, avendo trovato la chiave del perché, e di come si diventi anziani. Senza questa fondamentale scoperta, non sarei stato in grado di mettere a fuoco le molecole di cui abbiamo bisogno per realizzare il sogno faustiano; né, tantomeno, per vedere compiuta l’altra mia grande scoperta (e che mi è costata un’immensa fatica), cioè la base biologica dell’immunità, quella cioè che darà il via a una nuova era nel campo dei trapianti. La scoperta che l'invecchiamento è ritardabile, e persino reversibile, non ha ancora raggiunto la coscienza dei più. Infatti, il lavaggio del cervello che avviene fin dalla nascita, imprime una visione precisa e indelebile del corso della nostra vita; in questa visione, la presenza costante di malattie, ansie e dolori fa parte del ‘destino’ dell'uomo. In realtà, invece, l'invecchiamento e la morte sono due entità separate e distinte che non hanno nulla di misterioso; e che fanno semplicemente parte di un preciso programma ormonale! Tale programma è chiaramente identificabile nella durata massima della vita nei mammiferi omeotermi (a sangue caldo), cui l'uomo, purtroppo, appartiene; mentre non si conosce quanto a lungo vivano, e in quali circostanze muoiano i poichilotermi, vale a dire gli animali a sangue freddo (pesci, rettili, anfibi) che continuano ad andare avanti negli anni, e che muoiono poi generalmente, per quanto ne sappiamo, di ‘incidenti’. Quali sono state le tappe fondamentali del tuo processo di ricerca? Si sono venuti delineando in maniera sempre più netta e marcata alcuni punti che io reputo essenziali. Abbiamo scoperto cos’è l’invecchiamento, e ciò secondo me è più importante di tutto il resto. L’invecchiamento infatti si basa sostanzialmente sull’appiattimento, la scomparsa, la desincronizzazione dei ritmi ormonali. Hai affermato da qualche parte: «Quello che gli altri studiosi della ghiandola pineale concepivano come un semplice sintomo dell’invecchiamento, io cominciai a considerarlo come la causa stessa dell’invecchiamento». Io ho cominciato a pensare che, restaurando i ritmi notturni di melatonina, che hanno a che fare con i cicli ormonali, si potessero ottenere dei benefici. Pervenni a questa conclusione raccogliendo notizie dalla letteratura scientifica esistente, ma anche grazie agli esperimenti condotti in laboratorio. In questo senso, uno degli esperimenti fondamentali, e di cui parleremo in seguito in questo libro, fu quello di lasciare i topolini, giorno e notte, esposti alla luce di una lampada. Ciò mi permise di osservare come, alterando il ciclo giorno/notte, a partire dalla quarta generazione, i topolini non crescevano più, e morivano prematuramente. Tutta la storia ha avuto inizio da questa semplice osservazione, che però in precedenza nessuno aveva mai realizzato. Però, come diceva Pasteur, la fortuna viene incontro alla mente preparata; e la mia fortuna è stata di non avere pregiudizi di sorta. Già infatti nel 1977 avevo intuito come il bioritmo circadiano ( circa diem, cioè della durata di un giorno), con l’alternanza del giorno e della notte, sia alla base della salute e della vita. Questa intuizione legittimava il mio interesse per la melatonina, come sostanza in grado (forse) di prolungare la vita. E ciò, proprio in quanto la sua produzione è legata al ritmo circadiano, e diminuisce con l’andare degli anni nel corso della vita. Era quindi ipotizzabile che, attraverso la somministrazione esogena (dall’esterno) di melatonina, sarebbe stato possibile ricostituire il ciclo primitivo, con conseguente allungamento della vita. E così infatti è avvenuto. Però, non ti sei fermato a questo risultato. No, guai! Al contrario, ha scatenato interrogativi a non finire. A partire dalla questione che, forse, nella pineale potrebbero esistere sostanze molto più potenti della stessa melatonina; e arrivando così a ipotizzare, e quindi a eseguire, il trapianto di pineale. Fu il primo punto fermo, che mi permise di intuire come, in effetti, non era tanto la melatonina, da sola, a prolungare la vita, ma piuttosto la pineale stessa. Oppure, al contrario, a impartire l’ordine 4 d’invecchiare, come è appunto accaduto quando ho trapiantato la pineale vecchia in un topolino giovane (che è invecchiato rapidissimamente). C’era quindi qualcos’altro d’importante che andava ben oltre la semplice melatonina: credo che avremo modo di parlarne diffusamente in questa nostra conversazione. Aggiungo, per adesso, soltanto un’altra informazione, che siamo cioè arrivati al punto in cui i principi, ampiamente sperimentati in laboratorio (pubblicati su riviste scientifiche di prim’ordine), potrebbero già venire applicati all’uomo, in senso profilattico e terapeutico. Cap. 2 – Faust e il mito Chi dice che esistono uomini vecchi? Esistono solamente uomini giovani o uomini morti. I cadaveri in movimento non contano. (Walter Pierpaoli) Tu hai appena citato il mito di Faust; ovviamente, in questo contesto non potrebbe esistere richiamo più pertinente a uno dei sogni che l’uomo coltiva da sempre, quello dell’eterna giovinezza e dell’immortalità. Però, rimane, appunto un sogno, che per qualcuno potrebbe suonare addirittura blasfemo. Non sarebbe in ogni caso meglio lasciar fare alla natura? È una domanda che, come puoi immaginare, mi è stata posta infinite volte. A mio avviso, l’umanità si divide in due categorie: esistono i depressi e i necrofili, che hanno la vocazione all’invecchiamento; e poi ci sono persone che non accettano passivamente l’idea dell’invecchiamento e della fine, e vogliono piuttosto vivere. Sono due atteggiamenti genetici, psicologici, culturali, fortemente radicati nell’uomo, tanto che è quasi impossibile mutarli. Ne ho conosciute di persone che non ne volevano sapere di prolungare la loro vita! Quando è stato presentato negli Stati Uniti il libro che ho scritto, insieme a Bill Regelson e con Carol Colman, The Melatonin Miracle, siamo andati a far festa in un rinomato ristorante di New York. Accanto a noi, sedute a tavoli diversi, c’erano due coppie di anziani. Abbiamo provato a chiedere loro se avevano sentito parlare di melatonina e di come essa sia in grado di prolungare la vita. Ebbene, una coppia apprese la notizia con entusiasmo ed eccitazione; l’altra, invece, era piuttosto infastidita, e manifestò chiaramente di non volerne sapere né di melatonina né di prolungamento della vita. D’altra parte, intendiamoci: la mia non è un’aspirazione narcisistica, come se desiderassi vivere per sempre; si tratta piuttosto di una sfida di carattere filosofico-scientifico. Semplicemente cioè, io non credo né all’invecchiamento né alla morte. Ritengo, al contrario, che l’uomo sia libero di pensare fino all’ultimo respiro che non sta andando a morire. E men che meno di una qualsiasi malattia. Se poi ciò non si verifica realmente, poco importa! Io però, fino alla fine, crederò fermamente che l’invecchiamento è evitabile, e che noi vivremo a tempo indeterminato; e saremo anche in grado di capire perfettamente perché si muore, anche se in perfetta salute, per così dire. È, in sostanza, una questione che attiene alla libertà stessa dell’uomo; il quale è libero di credere alla possibilità concreta di realizzare questo sogno. Un sogno che è lecito, e che ci libera da tutti i dogmi, le remore e le inibizioni che ci sono stati inculcati. È vero, è la sfida suprema, ma essa non ha niente di blasfemo, e fa invece riferimento al senso gioioso e bello della vita! Niente a che vedere quindi, con certi fenomeni, quasi da fantascienza, in cui ci si prepara puntigliosamente a un trapasso da… surgelati, in attesa che la scienza ‘sconfigga’ (chissà, un domani) la morte? No, infatti. Nei casi che tu citi c’è una macabra, oscena e orrenda messinscena, che nulla ha a che vedere con l’idea dell’invecchiamento e della morte che mi appartiene, intesa cioè come desincronizzazione ormonale del mammifero uomo; il cui cervello, nonostante sia programmato in un certo modo, può essere però riprogrammato a tempo debito, grazie a una corretta interpretazione del programma ormonale originario. Non c’è niente di misterioso! Questa è la grande scoperta: l’invecchiamento è un fenomeno biologico perfettamente interpretabile e, proprio perché tale, modificabile. La novità è, semmai, che adesso siamo in grado di dimostrare in molti modi questa affermazione, sia sul piano sperimentale, sia in ambito clinico, addirittura. 5 Delle dimostrazioni avremo modo di parlare più avanti. Però, fammi capire bene: nonostante quanto tu affermi, esiste tuttavia, purtroppo, l’invecchiamento, ed esiste anche la morte… A scanso di equivoci, vorrei che fosse chiara una distinzione fondamentale: esiste un piano di filosofia della scienza, per così dire, e in questo ambito le affermazioni o le ipotesi hanno un determinato valore, e vanno interpretate all’interno di questo contesto. Esiste poi un piano sperimentale, in cui le osservazioni e le scoperte assodate, perché verificate scientificamente, non possono essere contraddette e, tantomeno, ignorate. Nel primo caso, io posso avanzare delle ipotesi o pronunciare delle affermazioni, estrapolando o portando alla logica conseguenza, le mie constatazioni; non sono però in grado di stabilire se esse sono vere o false. Ricorro a un esempio per spiegarmi meglio: nonostante io sostenga di aver trovato la chiave biologica dell’invecchiamento, non sono però in grado di determinare con certezza quale sarà il mio stato di salute fra dieci anni; per poterlo stabilire, dovrei infatti correre avanti di dieci anni, e verificare così come staranno veramente le cose a quella data (posso dire però che oggi sto molto meglio di dieci anni fa, questo sì, e a me basta!). Sul piano sperimentale, però, la certezza che ciò che vado affermando è vero, io l’ho già raggiunta di fatto. Nel senso che ho già abbondantemente verificato, per esempio, che i topolini in laboratorio, trattati in un certo modo, prolungano la loro esistenza, in ottima salute, oltre ogni limite ipotizzabile, per la specie cui appartengono. Quanto al resto, voglio dire, facendo questa volta le debite trasposizioni all’uomo, io assisto costantemente a recuperi incredibili in persone anziane che applicano i miei principi. Non si tratta quindi di un atto di fede, ma piuttosto di un atteggiamento culturale o, se si vuole, di apertura mentale e di intelligenza (nel senso più esaustivo del termine, e non quindi solamente come pura e fredda razionalità). Perché, hai qualcosa contro la razionalità? Voglio chiarire questo concetto, perché per me è fondamentale. In realtà, il cervello ‘intelligente’ è l’ippocampo, cioè la parte che costituisce la base del cervello, quella che sta sotto, a cui fanno capo le emozioni. La ratio, invece, in genere disturba tutto il resto. Io mi spingo addirittura ad affermare che la razionalità è una sorta di demenza; così come, la cosiddetta intelligenza superiore, è spesso una forma di pazzia bella e buona. Cap. 3 – Un mondo al femminile Dedicato alla mia ‘Dama di Cuori’. (Walter Pierpaoli) Intelligenza che, ricollegandoci al capitolo precedente, mi pare di capire da certi tuoi altri scritti e discorsi, tu saresti propenso ad attribuire più alle femminucce che ai maschietti, o mi sbaglio? Qual è in sostanza il ruolo del ‘femminile’ nell’avventura del genere umano? Io sono ‘femminista’ al cento per cento (lasciamo perdere il termine, in sé e per sé, che si presta a interpretazioni che non mi trovano del tutto d’accordo, se vuoi). Nutro infatti una totale fiducia che il mondo passerà nelle mani delle donne, e per molte ragioni. Anni fa ho conosciuto il famoso antropologo americano Ashley Montagu, autore del best seller The natural superiority of women, il quale affermava che la donna è naturalmente superiore all’uomo, perché da qualche millennio a questa parte si è vista costretta a sobbarcarsi fatiche e pesi inauditi, riuscendo tuttavia sempre a sopravvivere, grazie alla sua innata flessibilità. La donna è, secondo me, infinitamente più ‘intelligente’ e versatile dell’uomo. E non è affatto un caso che viva più a lungo. E perché è più longeva? Evidentemente perché la femmina, ai fini della conservazione della specie, è più importante del maschio, e porta su di sé responsabilità maggiori rispetto a quest’ultimo. Se poi la situazione di oggi è quella che tutti conosciamo, ciò è dovuto a tutte le angherie che la donna ha dovuto subire nel corso dei secoli per le umiliazioni (per non parlare delle soppressioni sul rogo al tempo delle ‘streghe’) che le varie religioni, la politica, il potere, le hanno inflitto in continuazione. A tal punto da risultare totalmente spogliata della consapevolezza del proprio valore e del proprio ruolo. Così, la donna ha finito per essere soggiogata totalmente da questi ridicoli ometti con tre cromosomi ‘y’, i quali, da bambini cattivi e capricciosi quali sono, e dominati dal testosterone, debbono pur manifestare di essere in gamba, oltre che superiori e più intelligenti. La donna però, per sua fortuna, ha anche questa di capacità, che riesce perfino a sopportare gli uomini! D’altra parte, se noi guardiamo i due millenni che ci siamo appena lasciati alle 6 spalle, non possiamo che rabbrividire semplicemente dall’orrore! È stato infatti questo un mondo interamente dominato dagli uomini maschi, e da questi distrutto (nella natura, nella cultura, nei valori). Adesso che non c’è quasi rimasto più niente da distruggere, ed essendo molto probabilmente calati i livelli di testosterone grazie anche agli estrogeni che il maschio ingerisce in quantità sempre maggiori con il cibo; ed essendosi quindi i maschi un po’ femminilizzati, senza volerlo, e magari sull’orlo dell’impotenza; non resta che lasciare spazio alla donna: il futuro è senz’altro suo! Purché si tratti ovviamente di vere donne, quelle cioè in grado di tirar fuori tutte le loro qualità: dolcezza, sensibilità, intuizione, flessibilità, tolleranza, le sole capaci di dominare il mondo che verrà. Personalmente, nella cerchia famigliare, sono circondato da donne che adoro. Ciò vale per il femminile in quanto tale? Voglio dire, anche per i tuoi topolini femmina, o è riferito soltanto alla donna? C’è in sostanza un fondamento scientifico per le tue affermazioni, che va al di là delle peculiarità del genere umano? Quanto ai topolini, io preferisco avere a che fare con le femmine, perché vivono più a lungo, sono tranquille, non si azzuffano e non si feriscono fra di loro. Ma aggiungo subito che la donna, e quindi il femminile, per me rappresenta le fasi lunari, il ritmo, la ciclicità, il flusso e riflusso delle maree, cioè tutto quanto di bello e pulsante di vita esista nel creato. Oltre che affascinanti per chi ti ascolta, quanto sono stati importanti questi concetti ai fini delle tue scoperte sull’invecchiamento? Sono stati semplicemente fondamentali. I cicli lunari e planetari sono infatti legati a quelli ormonali. I segnali che ritmano la nostra vita, dalla nascita alla morte, sono quelli circadiani (legati all’alternanza giorno/notte), quelli lunari e quelli stagionali; particolarmente importanti sono poi le variazioni di luce e di temperatura. Tutto ruota attorno a queste condizioni primarie che regolano ogni istante del nostro ciclo vitale: nascita, crescita, fertilità, declino e morte. Tali segnali scandiscono in maniera precisa i programmi ormonali: le variazioni ritmiche circadiane (cioè, nell’arco delle ventiquattro ore) degli ormoni tiroidei, surrenalici e sessuali, che si sono formati nell'evoluzione del mammifero uomo. Noi siamo quindi totalmente guidati e condizionati dalla regolazione ormonale che viene pilotata dalla ritmicità lunare e planetaria. Del resto, la vita sulla terra è venuta dal mare, e si è probabilmente sviluppata grazie ai ritmi lunari, e quindi alle maree, che rappresentano un movimento ritmico dovuto all'attrazione lunare. Sta di fatto che l'invecchiamento va totalmente attribuito alla rottura della relazione sincronica dell’uomo con i ritmi planetari-ormonali, regolata dalle strutture del sistema nervoso che fanno parte del circuito cerebrale ipotalamo- ipofisi-pineale. Tale circuito integra e sincronizza i ritmi notte/giorno della sintesi e secrezione di tutti gli ormoni. Ciò è talmente ovvio che ognuno di noi è in grado di rendersi conto, vivendo immerso nell'ambiente terrestre, come il condizionamento ambientale percepito dai sensi (aria, luce, temperatura ecc.), e il nostro costante adeguamento ad esso, siano fondamentali per respirare e vivere. Gli ormoni, e tutte le molecole del corpo, seguono strettamente tale ciclicità, che è alla base della salute. L'invecchiamento dell'uomo è quindi senza dubbio legato a un programma genetico; però, l'espressione di tale programma è rappresentata dalla periodicità circadiana del sistema ormonale! Ne consegue che, se noi potessimo evitare la perdita della ciclicità ormonale programmata, non potremmo più invecchiare! Da questo punto di vista, la menopausa nella donna, e l'andropausa nell'uomo, rappresentano due esempi tipici del decadimento della funzione ormonale ciclica che presiede alla sessualità e alla procreazione. Quanto è importante, e che significato può avere il fatto che la ghiandola pineale nella donna è di dimensioni maggiori rispetto a quella dell’uomo? O, al contrario, questa caratteristica è del tutto ininfluente quanto alla diversa longevità che si registra nei due sessi? Nel corso dell’evoluzione, la donna ha acquisito una maggiore longevità rispetto all’uomo, per cui la sua fisiologia e i suoi ritmi si conservano integri più a lungo. Qualcuno potrebbe obiettare che la menopausa rappresenta per la donna la fine del programma riproduttivo. È vero, ma è ipotizzabile che la menopausa sia prerogativa della donna proprio perché essa è destinata a vivere più a lungo. Non so come vivessero le donne ai tempi delle caverne, o anche precedentemente, ma è certo che nel corso di centinaia di migliaia di anni la donna ha acquisito una maggiore longevità, basata sul suo sistema ormonale, e quindi su progesterone, ritmi, cicli, in una parola sul mantenimento di una più accentuata condizione giovanile. Tutto ciò è espresso dalle dimensioni delle ghiandole e dalla loro strutturazione; e, inoltre, dal cromosoma X, che 7 con tutta probabilità ha a che fare con questa regolazione. L’uomo, al contrario, possiede il cromosoma Y che esercita su di lui un’influenza negativa: il testosterone, infatti, porta con sé più guai che benefici: conferisce all’uomo forti carattestiche mascoline, è vero. Guarda caso però, gli uomini ‘migliori’, i più creativi, sono quelli che hanno, senza che per questo risultino necessariamente omosessuali, accentuate caratteristiche femminili (la sensibilità, la dolcezza, la flessibilità…). Tutto ciò per dire che, nella storia dell’evoluzione, per esempio quando si moriva prestissimo, era più opportuno, dal punto di vista della conservazione della specie, che morte colpisse piuttosto l’uomo prima che la donna! Da maschio, non posso che rammaricarmene: potrei al massimo desiderare più ormoni femminili, ma non posso che arrendermi all’evidenza. A livello più generale, qual è il vero senso della scoperta dell’aging clock, con riferimento alla ghiandola pineale? La vera scoperta è che la base della salute consiste soltanto e semplicemente nella capacità di adattamento, sia in senso fisico che psichico! Chi è in grado di conservare tale caratteristica, vive; chi la perde, invecchia e muore, non c’è scampo! In altre parole, il mantenimento dei cicli ormonali naturali, sintonizzati con il sistema planetario, non soltanto ci mantiene in buona salute, ma previene l'invecchiamento (sfasamento dei cicli, appiattimento, perdita della sincronizzazione circadiana e stagionale ecc.). La stessa intelligenza, quella vera, e non soltanto quindi quella ‘razionale’, è rappresentata semplicemente dalla flessibilità e dall'arte di adattarsi alle circostanze; il che fa sperare, in ultima analisi, in una sopravvivenza più marcata. Credo che la ragione vera della prolungata vita della donna, rispetto a quella dell’uomo, stia tutta qui. Le donne, infatti, sono molto più flessibili ed elastiche degli uomini, e hanno sviluppato, sia in senso psichico che somatico, una maggiore capacità di adattamento del corpo e della mente, a difesa della specie e della prole. Ciò spiega perché chi è flessibile e si adatta, vive più a lungo. Un banale esempio ce lo fornisce in questo senso l'alimentazione: chi si è abituato a mangiare e a bere eccessivamente, nel caso in cui dovessero venire a mancare cibo e bevande, sarebbe il primo a soccombere (e ciò spiegherebbe anche, a mio avviso, perché la natura abbia dotato alcuni individui di un intestino più lungo, quasi fossero geneticamente predisposti a una maggiore resistenza così da non soccombere in caso di prolungata carestia; negli Stati Uniti queste persone vengono definite come long-gut guys). Il vero segreto della longevità consiste quindi nel saper conservare la capacità di adattamento somatopsichico. Ed è anche questa la ragione per cui i veri egoisti, quelli cioè che se ne ‘fregano’ di tutto e di tutti, vivono più a lungo di coloro che male si adattano alle esigenze della società, e finiscono per morire di disadattamento e di di-stress sociale, responsabile di molte attuali malattie! Viva la donna quindi, che non solo è riuscita a ‘sopportare’ i maschietti aggressivi e frustrati, grazie alle sue doti di flessibilità, ma rappresenta un simbolo di intelligenza vera, e di adattamento all’ambiente circostante. Cap. 4 – Si salvi chi può La luce naturale e la temperatura modulano quella sana ciclicità stagionale del corpo e dello spirito che non può essere abolita da un prolungamento artificiale dell’estate, o da un anticipo della primavera. Evitate le lusinghe delle agenzie di viaggio. (Walter Pierpaoli) Stando così le cose, e venendo alla realtà dei nostri giorni, quali sono, a tuo avviso, i più grossi grattacapi con cui l’umanità si trova a fare i conti in questo momento storico? Io ho una visione molto nitida della situazione attuale, cosa che purtroppo non mi pare di ravvisare spesso in altri cosiddetti scienziati. Intanto, l’economia. Io credo che una qualsiasi persona sana di mente, anche non particolarmente dotata di spirito critico, quando sente parlare della borsa di New York e di Mr. Greenspan, dovrebbe semplicemente mettersi a ridere a crepapelle. Questo è infatti un sistema destinato inevitabilmente a crollare, essendo basato su un principio che non sta in piedi, vale a dire quello della crescita perpetua. 8 Ora, come i grandi saggi del passato affermavano, se ogni seme caduto in terra germogliasse e diventasse pianta, questo mondo ne sarebbe soffocato e morirebbe. Però, per nostra sfortuna, mentre la natura si è dotata di validissimi meccanismi atti a frenare una catastrofica crescita incontrollata, la stessa cosa non avviene per quanto l’uomo ha costruito con le proprie mani. È pura follia pensare che esista una crescita perenne, basata sull’aumento dei consumi; ciò condurrebbe semplicemente a un suicidio collettivo! Un altro degli aspetti di cui non si parla adeguatamente è la situazione di estrema povertà delle popolazioni dell’Africa e dell’America Latina che tutti, a parole, dichiarano solennemente di voler aiutare. Paradossalmente, il danno maggiore l’hanno prodotto proprio gli scienziati e i medici che, grazie ai loro antibiotici e alle vaccinazioni di massa, si sono limitati esclusivamente a salvare la vita di milioni di persone, senza però preoccuparsi del resto. Si sono limitati, in che senso? Cosa c’è di tanto disdicevole nel salvare la vita di milioni di persone? In sé, l’operazione è lodevole, e pure meritoria, ci mancherebbe! Lo è meno se si considera che, essendosi appunto limitati a salvare delle vite umane, senza aver poi fornito adeguati strumenti culturali, si è finito per innescare un processo, tale per cui i milioni di ‘salvati’ si sono riprodotti senza fine, dando origine alle varie baraccopoli (vedi, per esempio, Nairobi, che alla lettera vuol dire ‘città del sole’!) dove, in soli due metri quadrati, ‘dormono’ oltre dieci persone! Allora, vuol dire che la situazione è già sfuggita a qualsiasi controllo, e che è impossibile porvi rimedio. E men che meno vi potranno provvedere gli europei o gli americani (questi ultimi finiranno per affogare nel loro grasso perché uno su due è obeso!), massima espressione di una società profondamente malata. Può sembrare un atteggiamento cinico il mio (e non lo è), ma l’Africa, il Centro e il Sud America usciranno dal baratro in cui l’uomo bianco li ha cacciati, quando quest’ultimo si ritirerà in buon ordine, lasciando in pace territori e popolazioni che ha inteso colonizzare. I popoli cosiddetti civilizzati, e il sistema capitalistico, hanno prodotto danni tali che rendono il recupero del pianeta, a mio avviso, praticamente impossibile. È ormai troppo tardi! È questo il motivo per cui, alla fine delle mie conferenze, io lancio a ragion veduta e in maniera provocatoria il grido: ‘si salvi chi può’, sperando che almeno qualcuno lo raccolga! Cap. 5 – Il fondamento della salute Il pragmatismo è la virtù sociale di quei necrofili nati vecchi che si rivestono d’oro e di gloria e sposano bambole di plastica (Walter Pierpaoli) E proprio per rispondere al ‘si salvi chi può’, ed entrando quindi nel vivo della nostra conversazione, ti chiedo: qual è la base della salute? Moltissimi anni fa, sul National Geographic Magazine (sono abbonato dal 1956!), lessi un interessante articolo sulle popolazioni longeve, ricavandone la convinzione che vive più a lungo chi riesce a mantenere una vita molto vicina e in linea con la natura. Si tratta in genere di popolazioni che abitano in montagna (Ande peruviane, Nepal, Caucaso ecc.), e presentano tutte la medesima caratteristica, quella di seguire i cicli della natura: camminano molto, vanno a dormire al calare del sole e si alzano prestissimo al mattino, avvertono e subiscono le variazioni climatiche delle stagioni, mangiano quanto offre loro l’ambiente circostante ecc. (mi torna in mente la storia di un vecchietto di 104 anni che tutti i giorni prendeva un bagno in un torrente gelato di montagna!). Noi, popoli civilizzati, invece, che facciamo? Ci proteggiamo dal sole, dal freddo, ci prendiamo cura del giardino, però coprendoci le mani con guanti spessi, per non ferirci: ci separiamo, in sostanza, dalla natura, e non ci rendiamo conto che, così facendo, infliggiamo grande sofferenza al nostro corpo, che avrebbe piuttosto bisogno del contatto diretto con i cicli della natura, con l’umidità, la temperatura esterna, la luce del sole e tanti altri fattori ambientali. Resta però il fatto che i cicli naturali sono fondamentali per il mantenimento della salute! Per non parlare poi dell’alimentazione, che oggi costituisce un vero e proprio incubo, dato che non sappiamo più dove sia possibile reperire cibi sani, a causa delle sostanze tossiche che inondano abbondantemente tutte le derrate alimentari (anche quelle provenienti da coltivazione biologica) attraverso le piogge e il vento. 9 Che fare allora? E in particolare, qual è stato il percorso della ricerca scientifica che ti ha portato alle conclusioni di oggi? È stato un percorso lento e accidentato, tutt’altro che facile. Dopo essermi infatti occupato per tantissimi anni di ormoni, di immunità e di risposte immunitarie, e dopo aver contribuito alla formulazione della neuroimmunomodulazione (NIM), coltivata oggi da migliaia di ricercatori, il punto d’arrivo è stato lo studio della ghiandola pineale. Ora, nella pineale esistono delle molecole che sono importantissime per regolare il sistema endocrino; si tratta di sostanze che esercitano la loro azione anche a molta distanza rispetto alla cellula che le ha prodotte, e la cui ciclicità è assicurata dal Sistema Nervoso Centrale, cioè dal cervello. Tale ciclicità fa capo a varie strutture che generano impulsi ritmici, tra le quali, per esempio, il Nucleo Soprachiasmatico (SCN) e altre ancora. La questione che mi assillava allora era però rappresentata dal pensiero che doveva pur esserci un regolatore dei regolatori, per così dire; qualcosa in sostanza che io sono solito paragonare al ragno e alla sua tela, in grado cioè di percepire immediatamente tutto ciò che si verifica nel suo territorio. Per anni, mi sono quindi messo alla ricerca del ‘ragno’: essendo infatti il sistema endocrino una ‘tela di ragno’ estremamente raffinata e complessa, l’unico che ne conosce il funzionamento effettivo è il ‘ragno’ stesso. Fuor di metafora, e venendo alla ciclicità ormonale, io sono convinto di aver individuato il direttore dell’orchestra, o il ‘ragno’, nella ghiandola pineale. Devo confessare a questo proposito che mi c’è voluto parecchio tempo per capire che la pineale, tramite le sue connessioni con tutto il sistema endocrino, e attraverso la percezione della luce, dei ritmi, dell’umidità, della temperatura, dei campi magnetici ecc., è alla base del sistema che regola tutta la ciclicità ormonale, in ogni istante della vita. Essa ci tiene così collegati in perfetta sincronia al mondo esterno, tramite i nostri occhi e la nostra pelle (siamo infatti soltanto un involucro acquoso protetto da una membrana!); se ciò non avvenisse, se cioè questo sistema non sottoponesse a monitoraggio costante tutte le variabili del mondo esterno, noi moriremmo all’istante. È questa la magia! La pineale non è infatti una ghiandola che opera direttamente, ma agisce invece come la bacchetta del direttore d’orchestra, che in ogni momento dà istruzioni all’oboe, al contrabbasso, al violino, ai piatti, ai timpani ecc. Tenendo presente inoltre che la pineale ha una funzione diversa a seconda dell’età evolutiva dell’individuo: è infatti un organo di sviluppo, con funzioni diverse nel bambino, nell’adulto e nell’anziano. Di per sé però la pineale non svolge nessuna attività specifica: se non fosse collegata con le altre ghiandole (come ipofisi, ipotalamo) e i nuclei nervosi dell’ipotalamo responsabili dell’impulso nervoso (nucleo soprachiasmatico), rimarrebbe inattiva. Funge piuttosto da ammortizzatore in maniera da mantenere inalterati tutti i ritmi, e costituisce un vero prodigio inventato da madre natura; originariamente un ‘terzo occhio’, ancora oggi però, nonostante le trasformazioni, ugualmente sensibile alla luce attraverso gli occhi. Come sei giunto a questa conclusione? Attraverso un percorso costellato di tali inenarrabili difficoltà, che mi è perfino impossibile riassumerlo in breve. Naturalmente, io sono uno sperimentatore, e i topolini, che io considero i miei maestri, mi hanno sempre fornito le risposte che cercavo. Un lavoro costato tempo, denaro, fatica, e addirittura impensabile in assenza della proverbiale pazienza di Giobbe da parte del ricercatore. Alla conclusione, infatti, che oggi vorrei tutti potessero conoscere, sono giunto attraverso intuizioni e successive dimostrazioni; ma la vera chiave di volta per capire il meccanismo dell’ aging clock, dell’orologio cioè che scandisce i tempi della crescita, della fertilità e poi dell’invecchiamento è rappresentata dal trapianto di pineale. Avevo già compreso infatti che la melatonina, una delle molecole secrete dalla pineale, è in grado di prolungare la vita; ma soltanto il trapianto di pineale (da un topolino giovane a uno anziano), mi ha fornito la certezza che responsabile del prolungamento della vita in realtà è la pineale stessa. Cap. 6 - Il trapianto di pineale Occupiamoci quindi di questo passaggio fondamentale della tua ricerca: il trapianto cioè della ghiandola pineale da un topolino giovane a uno vecchio. Questa è stata infatti la vera scoperta. Il trapianto di pineale è una mia invenzione esclusiva, resa possibile da una lunga esperienza maturata nel campo dei trapianti e della microchirurgia. 10 I primi trapianti si sono rivelati molto difficoltosi; bisogna infatti tener presente che le dimensioni della ghiandola pineale, se nell’uomo sono quelle di un pisello, nel topolino risultano paragonabili piuttosto alla punta (la punta, non la capocchia!) di uno spillo. In un primo tempo pensai di trapiantare la pineale nel timo, che è alla base del sistema immunitario e ha, inoltre, una buona vascolarizzazione. L’idea era valida; infatti, anche il timo si atrofizza durante l’invecchiamento; trapiantandovi quindi una pineale giovane, avrei potuto osservare se il numero di cellule come timociti e linfociti, importantissimi per regolare la resistenza alle infezioni, avrebbe subìto delle variazioni nel tempo, oppure no. E quale fu in sostanza la vera scoperta? Che una pineale giovane, trapiantata in un organismo anziano, prolungava la vita dell’animale molto più a lungo di quanto non avvenisse con la somministrazione di semplice melatonina. Fra l’altro, la pineale trapiantata, privata com’era delle proprie connessioni, e immessa in un organo diverso, si vascolarizzava, ma non era più in grado, ovviamente, di produrre melatonina. A essere quindi responsabile del prolungamento della vita non poteva che essere la pineale stessa. Ciò però che ancora oggi definisco come semplicemente pazzesco, fu il risultato del trapianto incrociato di pineale, dal topo vecchio cioè a quello giovane; che dimostrò, al di là di qualsiasi aspettativa, che la pineale vecchia, trapiantata nel topo giovane, lo faceva rapidamente invecchiare. Era semplicemente stupefacente! Questi risultati sono stati pubblicati sul Volume pubblicato dalla New York Academy of Sciences nel 1994 dopo la Terza Conferenza di Stromboli sul Cancro e l’Invecchiamento nel 1993, e sui prestigiosi Proceedings of the National Academy of Sciences degli USA, pure nel 1994: è stato così dimostrato inequivocabilmente non solo che la pineale giovane allunga la vita del topo anziano, ma anche che una pineale vecchia, trapiantata in un topo giovane, ne provoca rapidissimamente l’invecchiamento. Questo risultato è stato sconvolgente, e io non lo avevo affatto messo in conto. D’altra parte, esso dimostra come la logica della natura ci sfugga totalmente. È infatti di una tale semplicità ed eleganza, che nonostante abbiamo la soluzione sotto il naso, non riusciamo a vederla. Questi risultati sono oramai universalmente accettati in ambito scientifico, oppure sussistono ancora delle resistenze? In linea generale, fatte le dovute eccezioni, non solo non vengono accettati, ma addirittura guardati con perplessa incredulità. Semplicemente. Infatti, quando i risultati dei miei esperimenti furono pubblicati nel 1994 dalla più prestigiosa rivista scientifica degli USA, il Proceedings of the National Academy of Sciences (l’Accademia Americana delle Scienze), io mi aspettavo (legittimamente) che la notizia facesse velocemente il giro del mondo, per essere quindi ripresa dai giornali più prestigiosi: era stata infatti trovata una volta per tutte la chiave dell’invecchiamento! Invece, niente! Non accadde un bel niente, te ne rendi conto? La scoperta era talmente sconvolgente che finì per ammutolire letteralmente tutti. E se essa ha scatenato una reazione, questa è stata del tutto negativa. Che sciocco fui: naturalmente, avrei dovuto aspettarmelo! Mi pare però che tu non abbia desistito, ma ti sia anzi dato da fare per far sì che la notizia circolasse. Sì, e su due fronti: quello della comunità scientifica, e quello della gente comune. Sul primo versante, venne organizzata la terza Conferenza di Stromboli su Cancro e Invecchiamento, cui parteciparono, su mio invito, quaranta fra i più importanti studiosi della materia. Il tema della conferenza era appunto: The Aging Clock (l’orologio dell’invecchiamento). Oltre ad avere un enorme successo, la conferenza rappresentò per la New York Academy of Sciences, che ne pubblicò gli atti, un bestseller storico (ormai addirittura introvabile, perché esaurito). Per portare invece la notizia al grande pubblico, ho scritto un libro, insieme al mio amico William Regelson e con Carol Colman: The Melatonin Miracle (tradotto in Italia da Rizzoli con il titolo La fonte della giovinezza), che si è rivelato un bestseller, tradotto in diciassette lingue. Ma, per dare ancora maggiormente l’idea di quale fosse la portata della scoperta, vorrei aggiungere che la melatonina è in grado di rendere del tutto inutili almeno il 90% dei farmaci attualmente in circolazione. Lascio a te e al lettore ‘intelligente’ immaginare quale accoglienza potesse avere una notizia del genere, da parte del mondo accademico e soprattutto dell’industria farmaceutica! 11 Cap. 7 - La sperimentazione animale Prima di andare avanti a raccontare questa storia affascinante, e inquietante allo stesso tempo, vorrei che mi chiarissi il ruolo che hanno svolto i tuoi topolini nelle sperimentazioni da te condotte, e che continui ancora oggi a portare avanti. Premetto che, senza la sperimentazione animale, non saprei nulla di quanto ho via via scoperto. È la base della ricerca biomedica, dell’immunologia e dell’endocrinologia. Per questo motivo ritengo pura follia pensare di poter realizzare qualche progresso in medicina umana, senza servirsi dell’indispensabile contributo degli animali. Detto questo, tutto dipende ovviamente da quale uso si fa di questa pratica necessaria. Io non ho mai esercitato nessun atto di violenza sui topolini, o comunque niente che possa essere definito come crudeltà gratuita e inutile. Anzi, li amo, li accudisco, non li stresso, e loro forniscono sempre risposte chiare e inequivocabili alle mie domande, che non sono necessariamente quelle che mi aspetterei, però hanno il vantaggio di essere nette: sì o no. E se ciò non si dovesse verificare, non ho che da ripetere nuovamente la sperimentazione, cambiando condizioni e variabili, fino a raggiungere la certezza. D’altra parte, fin dall’inizio della mia carriera di ricercatore in biofisica, grazie a una borsa di studio dell’Atomic Energy Commission (l’Agenzia americana per l’energia atomica), nel 1961; oppure, quando ho cominciato a lavorare per il CNR italiano, io mi ero subito reso conto che non sarei venuto mai a capo di niente, né con la biofisica e neppure con la biochimica (di allora): cercavo risposte al cancro, all’invecchiamento ecc., ma soltanto gli animali erano in grado di dirmi se stavo andando nella direzione giusta. Ricordo che già nell’Istituto di Patologia Generale all’Università di Milano, all’inizio degli anni sessanta, il leggendario professor Enrico Ciaranfi aveva provveduto ad approntare uno stabulario moderno, in modo che noi assistenti potessimo avere a disposizione dei roditori, per poterne osservare e studiare i comportamenti e le reazioni. I roditori infatti sviluppano le stesse malattie dell’uomo, e sono quindi indispensabili ai fini della ricerca nel campo delle più svariate patologie. Del resto, sarebbe impossibile sperimentare alcunché sull’uomo, senza prima conoscerne la reazione sull’animale; tenuto conto, fra l’altro, che in moltissimi casi non si tratta di sperimentazione, ma piuttosto di semplici osservazioni. Esistono, per esempio, ceppi di topi che sviluppano spontaneamente il cancro, oppure alcune malattie autoimmunitarie, o ancora l’obesità e il diabete; malattie spontanee, che non c’è quindi alcun bisogno di indurre nell’animale. In altre parole, per restare al campo che ci interessa più da vicino, io credo che, essendo l’uomo un mammifero, sarebbe impossibile capire cos’è l’invecchiamento utilizzando, che so, un verme o una mosca, che sono due specie profondamente diverse dai mammiferi. Come sarebbe d’altra parte molto più complicato usare altre specie di mammiferi, il maiale per esempio, che essendo d’intelligenza superiore, andrebbe più facilmente soggetto a stress di varia natura. Al contrario, il topolino è tranquillo, non ricorda quanto ha vissuto in precedenza, e quindi non nutre rancore. Per me personalmente, oltretutto, è stato sempre un buon compagno, ormai da oltre quarant’anni, e io non mi sono mai sognato di esercitare su di esso nessuna crudeltà o violenza. A parte i trapianti di pineale, ovviamente, che immagino cruenti… Ahimè, sì. E tuttavia, anche in questo caso, se viene praticata un’anestesia profonda, com’è sempre il caso nel nostro laboratorio, all’animale vengono evitate inutili sofferenze. E anche quando si rendesse inevitabile il ‘sacrificio’ dell’animale, è sempre tuttavia possibile procedere in modo indolore. Cap. 8 – Funzione della pineale e invecchiamento 12 Ovviamente, nell’uomo non è possibile effettuare (almeno al momento!) un trapianto di pineale giovane in una persona anziana; ti chiedo: com’è possibile ovviare a questo ‘inconveniente’, per beneficiare ugualmente appieno delle tue scoperte? Soltanto qualche anno fa la risposta che sto per darti sarebbe stata diversa, perché nessun ricercatore aveva eseguito esperimenti in questo senso. Come ho dimostrato in precedenza, e anche recentemente in un lavoro che è apparso negli Stati Uniti ( Journal of AntiAging Medicine, vol. 4, n. 1, 2001), il trapianto di una pineale molto vecchia in un animale molto giovane, e viceversa, è stato possibile per il fatto che i topolini utilizzati per la sperimentazione erano di ceppo puro, geneticamente identici, quasi come gemelli, quindi, per cui non esisteva il problema del rigetto. Nell’uomo, invece, questa operazione non sarebbe possibile, perché la nuova pineale sarebbe immediatamente rigettata; a meno che… (ma questo è argomento di un prossimo libro sui trapianti, e ne parleremo quindi in un’altra occasione!). In ogni caso, e per tornare all’esperimento in questione, io non avrei mai potuto immaginare che la pineale vecchia potesse far invecchiare rapidamente un topolino giovane che, bada bene, conserva la sua pineale giovane, oltre a quella vecchia che gli viene impiantata! Avevo già provato infatti a sostituire, con il trapianto crociato già descritto, la pineale giovane con una pineale vecchia; in questo caso però il ricevente non conservava la propria pineale giovane. Cosa sarebbe, invece, accaduto nel caso in cui avessimo trapiantato una pineale vecchia in un topolino giovane, che conservava però (in più) anche la sua pineale giovane? La mia idea era che non saremmo approdati a niente. Com’è pensabile, infatti, che una pineale, grande come una punta di spillo, e per di più vecchia, trapiantata in un animale giovane, possa influenzare il corso della vita di quest’ultimo? Miracolo dei miracoli, si è verificato un evento incredibile: la pineale vecchia, trapiantata nel topo giovane, che, ripeto, conserva la sua pineale giovane, fa invecchiare rapidamente l’animale. È la dimostrazione inconfutabile che la ghiandola pineale è dotata di un programma di invecchiamento che supera qualsiasi ostacolo; fino al punto di ignorare addirittura il ‘segnale’ proveniente da una pineale più giovane, e che va nella direzione opposta, prevalendo su di esso. La pineale vecchia, cioè, porta in sé un programma talmente determinato e inarrestabile, da impartire all’organismo ancora giovane (attraverso un meccanismo che posso soltanto intuire) l’ordine di invecchiare. Ciò vuol dire che il messaggio del programma di invecchiamento insito nella pineale vecchia è potentissimo e praticamente incontrastabile. Veniamo adesso alla domanda che mi hai posto: sulla base di questi dati, quali benefici può averne l’uomo, ed eventualmente, in che modo? L’idea è questa (ma è molto più di una semplice ipotesi, dato che siamo già in possesso di sufficienti dati): la pineale, quando invecchia, fa invecchiare l’intero organismo, dato che contiene in sé un preciso programma di invecchiamento; ne consegue allora che, se la si asporta, quando inizia a mettere in atto il programma di invecchiamento, sarebbe possibile ritardare il processo d’invecchiamento fino addirittura ad arrestarlo. Questa è la premessa teorica. Partendo da questa, sono quindi passato alla fase operativa, procedendo in laboratorio (con il mio collaboratore Daniele Bulian) a una serie interminabile di pinealectomie su gruppi di topi di tre, cinque, sette, nove, dodici, quattordici, sedici e diciotto mesi. Lo scopo era di osservare a che età, asportando la pineale, l’animale ne ricavava un beneficio in termini di invecchiamento e di durata della vita. Ed ecco il risultato stupefacente: la semplice rimozione della pineale vecchia, fa vivere più a lungo l’animale. Ma ciò avviene solamente se si asporta la pineale quando questa comincia ad attivare il processo d’invecchiamento (nel topolino a 14 mesi d’età), impartendo il comando programmato di invecchiare; non prima, né dopo! Ciò, almeno ipoteticamente, sarebbe un intervento possibile anche sull’uomo (con i metodi moderni e le mostruose macchine a disposizione che bombardano questa o quella parte del corpo). Almeno teoricamente quindi, nel momento in cui si percepisce che la pineale ci sta facendo invecchiare, sarebbe possibile bombardarla e distruggerla. In sostanza, noi adesso sappiamo (nell’animale già in via sperimentalmente documentata, nell’uomo ovviamente in via soltanto ipotetica) quando sarebbe il caso di intervenire per rimuovere la pineale e ritardare così l’invecchiamento. 13 Cap. 9 – La ghiandola pineale e la melatonina Il messaggio invernale all’ozio è un invito naturale alla salute. Evitate lo stress invernale. Non scuotete inutilmente il vostro corpo ibernante! (Walter Pierpaoli) Tuttavia, a me sembra, almeno nel caso dell’uomo, che la rimozione della ghiandola pineale si configuri come una extrema ratio . Mentre riterrei più ‘umano’, per così dire, un intervento antietà costante nel tempo, grazie all’opera graduale che una molecola come la melatonina, o altre allo studio, sono in grado di svolgere. È chiaro che la melatonina protegge la pineale dall’invecchiamento: su questo non c’è alcun dubbio. La pineale in questo caso invecchia meno rapidamente, rallentando tutto il programma di deterioramento dell’organismo. Non è quindi indispensabile rimuovere la pineale, se si vuole ritardare l’invecchiamento: meglio fare uso della melatonina, non è così? Direi che la rimozione della pineale non è proprio indispensabile; e non tanto perché è sufficiente già la potente azione antietà della melatonina sulla pineale (specie se si inizia ad assumerla a un’età ancora relativamente giovane, come vedremo), ma perché io ho già scoperto un modo più elegante per risolvere il problema. Come? Grazie a una nuova molecola naturale, a cui sto lavorando da parecchi anni, con risultati incredibili sull’animale, che ha il ruolo di pilota nel mantenimento dei ritmi ormonali, e che permetterà di sostituire, per così dire, la pineale vecchia, senza che essa possa dare l’ordine perentorio di invecchiare. Insomma, una sorta di neutralizzazione strategica del programma invecchiamento! Ma anche questo sarà argomento di un nostro prossimo libro. Il problema è comunque di sapere fino a che punto la melatonina, per ritornare a questa molecola fondamentale, può ritardare il programma d’invecchiamento. Non lo so con esattezza. Posso però averne una qualche idea, confortata, per esempio, dall’esperienza di un signore di 95 anni, che ha iniziato ad assumere melatonina all’età di 89 anni, e che ancora oggi gode di ottima salute. Senza dubbio però, la persona che da più anni assume melatonina (ho iniziato a preparargliela io stesso a partire dal 1986), e che, a 95 anni, sta adesso benissimo, dopo essersi liberata totalmente del Parkinson che l’affliggeva, è la madre della mia prima moglie, la cara Emmy Hügly, di Lucerna. Sta bene a tal punto che, ormai da ex-parkinsoniana, ha ripreso addirittura a suonare il pianoforte; di tanto in tanto vado a trovarla, osservo e registro i suoi movimenti, e così trascorriamo qualche momento in allegria! Ritengo che sarebbe lusingata se qualche giornalista le chiedesse di poterla intervistare, e credo che gli concederebbe oltre all’intervista, persino un walzer! Tuttavia, non esistono studi clinici in proposito: certo che se fra dieci anni questo signore, e la nonna Emmy, e altri anziani che seguo, saranno ancora in buona salute, ne sapremo certamente di più. Come si inserisce, però, la molecola della melatonina nel tema che tu stai sviluppando in questa conversazione? Finora abbiamo infatti parlato principalmente di ghiandola pineale, la maggiore responsabile, se capisco bene, del nostro inesorabile (almeno fino a oggi) invecchiamento. La melatonina è un agente misterioso, su cui da anni ormai si accapigliano molti miei colleghi ricercatori; i quali ne cercano disperatamente il meccanismo d’azione, senza però venirne a capo. La maggior parte di loro affermano (ma io sostengo che ciò avvenga unicamente per partito preso, e comunque non certo per ragioni sostenute da argomentazioni scientifiche) che nelle mie scoperte sulla melatonina e l’invecchiamento non ci sia nulla di vero! Ciononostante, tutti continuano a studiare la melatonina per scoprire perché e come funziona (mi riferisco per esempio a Russel Reiter, e ad altri pinealologi di fama). Pensa che in Francia si è addirittura costituito un Melatonin Club, cui aderiscono ricercatori d’ogni sorta. A me sembra, e lo dico più con divertimento che con malignità, che i miei colleghi di giorno parlino male della melatonina, ma la sera poi la assumano prima di andare a dormire. Ho comunque le mie buone ragioni per ritenere che nessuno sappia veramente quali funzioni sia chiamata a svolgere la melatonina; il cui meccanismo d’azione, come abbiamo già detto, rimane oltretutto ancora sconosciuto. 14 Io invece so per certo che si tratta di una molecola naturale, che madre natura si è inventata nel corso di milioni di anni per adempiere a svariate funzioni. Così come sono certo che il suo meccanismo d’azione non è di natura chimica, né biochimica, né recettoriale, né ormonale. A mio avviso, ma questa è però una semplice opinione che mi piacerebbe tanto poter verificare, si tratta di un meccanismo biofisico: la melatonina è infatti una sostanza ubiquitaria che penetra dappertutto, e protegge le cellule dallo stress (tanto per usare un termine molto abusato), a livello però più di cariche elettroniche, che di recettori chimici. Mette quindi in sicurezza le cellule, e allo stesso modo agisce anche sulla ghiandola pineale, che provvede a secernerla durante le ore notturne. Nel caso in cui però la melatonina venga somministrata dall’esterno, la pineale non ha più bisogno di produrla, risparmiandosi così una fatica non indifferente; e se non produce melatonina, potrà starsene a riposo, e adempiere così più facilmente ad altre importantissime funzioni, ritardando il momento in cui fa scattare il programma d’invecchiamento. Sostanzialmente, è quanto avviene nel nostro organismo. Quanto poi ai modi, alle metodologie, ai dosaggi, questi sono tutti aspetti totalmente empirici, nel senso che vengono determinati sulla base dell’esperienza riferita a quanto riferiscono i pazienti. Chi ne fa uso non deve però darsene pensiero, perché grazie a Dio è dimostrato che la melatonina non presenta effetti tossici (neppure se venisse somministrata a cucchiaiate!), ed è poi lo stesso organismo a trattenere la dose sufficiente, eliminando con le urine quanto dovesse risultare in sovrappiù. Tu dici: non conosciamo il meccanismo d’azione della melatonina; e tuttavia, esistono evidenze certe sui suoi effetti antietà, ben documentati da studi e ricerche. Certamente. Sono stati eseguiti tantissimi studi in proposito, in tutti questi anni; e non soltanto da me, ma da molti altri ricercatori. Durante l’atroce (non saprei come definirlo diversamente) periodo che ho trascorso ad Ancona, presso la fondazione Biancalana Masera per l’Anziano Operato; e dopo che l’indimenticabile Nino Masera morì inopinatamente, lasciandomi all’INRCA in balìa di personaggi più o meno discutibili, ho condotto con pochi validi colleghi, come risulta dalla bibliografia allegata a questo libro, vari studi sull’azione combinata di zinco e melatonina. Bisogna sapere, a questo proposito, che uno dei parametri dell’invecchiamento è, appunto, la carenza di zinco. Come si sa, lo zinco è un importante elemento della crosta terrestre primordiale. I terreni vulcanici ne sono infatti ricchissimi. Esso entra a far parte di molti sistemi enzimatici fondamentali; l’uomo però, invecchiando, non riesce a ritenerne abbastanza, tanto che il saldo, tra assunzione e consumo, è sempre negativo, se ne perde cioè più di quanto si riesca a immagazzinarne. La carenza di zinco, che nel sangue può essere determinata con precisione, è espressione di invecchiamento metabolico. Ci siamo quindi preoccupati (assumendo la carenza di zinco come parametro di invecchiamento) di verificare se la melatonina possa avere effetti sui livelli di zinco nei topi anziani, dato che lo zinco entra a far parte della composizione di oltre duecento enzimi. Mi riferisco a lavori già pubblicati da me e da altri (pioniere in questo campo, è stato Nicola Fabris) su riviste scientifiche (vedi bibliografia). Abbiamo così scoperto che la melatonina normalizza i livelli di zinco nell’età avanzata, restaurando quindi l’immunità con tutto ciò che ne consegue! Tuttavia, io non credo che la melatonina, di per sé, abbia la funzione di innalzare i livelli di zinco; è vero però che, mantenendo integri sistema neuroendocrino, ormoni e sistema immunitario, automaticamente si normalizza anche lo zinco, ma non solo. Quando si assume infatti melatonina, ogni parametro risulta migliorato, dall’A alla Z. Si può affermare, in sostanza, che la melatonina, in un certo senso, fa tutto e niente allo stesso tempo; in quanto ‘si limita’ fondamentalmente a proteggere la ghiandola pineale, restaurando così indirettamente i ritmi ormonali giovanili. Ne consegue anche un enorme potenziamento delle difese immunitarie. La melatonina è secreta di notte soltanto dalla ghiandola pineale? È rilasciata anche da altre cellule e tessuti, ma non durante la notte. Il picco della melatonina però emerge di notte; la sua carenza, o un consistente affievolimento rappresenta un importante segnale di invecchiamento: quando il livello di melatonina diminuisce, si invecchia; se manca del tutto, si va incontro a morte certa. Che cos’è per te la melatonina? 15 Per me, Walter Pierpaoli, la melatonina è una molecola naturale presente ovunque (nei vegetali, nel riso, nei pomodori, nel latte, in tutti gli esseri viventi). È una sostanza assolutamente innocua, come ha dimostrato un mastodontico studio eseguito in Olanda, in cui a migliaia di donne sono stati somministrati per anni ben 300 mg di melatonina ogni sera (cento volte quindi la dose da me consigliata), nel tentativo di evidenziarne gli effetti anticoncezionali. Personalmente, non condivido questo approccio, che tende a inibire l’ovulazione in donne giovani, somministrando melatonina a dosi da cavallo; però devo riconoscere che questo studio ha avuto, se non altro, il merito di stabilire una volta per tutte l’assoluta innocuità della melatonina. Ma la melatonina può essere considerata un ormone? Assolutamente, no. In passato, si è fatto ricorso a questa definizione perché, in realtà, in maniera simile a quanto accade per gli ormoni, la melatonina produce effetti a distanza nell’organismo, ed è comunque prodotta da una ghiandola endocrina. Assimilare però la melatonina a un ormone si è purtroppo rivelato, lo riconosco, un errore micidiale, frutto semplicemente di una frettolosa semplificazione. Tant’è vero che la melatonina non ha nessuna delle caratteristiche degli ormoni. Infatti: 1. viene sintetizzata dall’organismo, oltre che nella pineale, anche in numerosi altri organi e tessuti come, per esempio, la retina, la mucosa intestinale, i megacariociti, le piastrine, tutti tessuti che non possono essere definiti come tipiche ‘ghiandole endocrine’. 2. Dopo la pinealectomia (cioè l’asportazione chirurgica della ghiandola pineale) la melatonina circolante non scompare, come avviene quando vengono rimosse le ghiandole endocrine (ipofisi, tiroide, surrenali, gonadi). 3. Non esiste alcun ‘fattore di rilascio’ (releasing factor) per la melatonina, come invece si verifica per tutti gli ormoni classici. 4. Recettori con maggiore o minore affinità per la melatonina sono stati evidenziati e trovati in una tale varietà di cellule (su membrane e nel citoplasma) e tessuti del corpo, che la loro natura di recettori ormonali specifici per la melatonina su cellule bersaglio ben definite è impossibile da dimostrare. 5. La melatonina, anche somministrata a dosi enormi (nell’ordine addirittura di grammi al giorno!) per via orale, non ha mai provocato alcun danno o effetti collaterali immediati o ritardati; al contrario, qualsiasi altro vero ormone (come il cortisone o la tiroxina, per esempio) avrebbe prodotto sicuramente la morte, o quantomeno danni gravi e irreparabili (vedi lo studio sulle donne olandesi già citato). 6. L’inibizione della sintesi endogena di melatonina, dopo somministrazione orale, non sembra dipendere, come accade per gli ormoni classici, dall’inibizione della sintesi dei fattori trofici (gonadotropine, tireotropina, corticotropina ecc.), ma da una semplice inibizione retroattiva prodotta dalla stessa melatonina in una sequenza biosintetica; per questo motivo, la somministrazione prolungata di melatonina non può indurre atrofia della pineale! 7. La melatonina, presente nella carne e nei vegetali, è assorbita rapidamente dal tratto gastrointestinale. I livelli di melatonina circolante possono essere influenzati (in eccesso o per difetto) da una dieta che contenga alti o bassi livelli di melatonina; nulla di simile può verificarsi con gli ormoni classici. In realtà, la sua funzione di mediatore chimico universale del mondo biologico è tuttora sconosciuta. Allo stesso modo, però, anche il meccanismo d’azione della penicillina non era conosciuto quando fu scoperta (e, in quel caso, non si trattava certo di una sostanza endogena!). E in ogni caso, visto che la penicillina era ritenuta ‘necessaria’, nessuno si sarebbe mai sognato di proibirne l’uso, come purtroppo accade invece oggi in molti Paesi con la melatonina! Non è un ormone, quindi, e ciò mi tranquillizza. Ma, in realtà, cosa c’è poi di tanto pericoloso negli ormoni? Perché fanno paura? Gli ormoni si sono fatti una brutta fama soprattutto per via del cortisone. Io sono solito affermare che ne ha ammazzati più il cortisone che i nazisti ad Auschwitz. Il cortisone ha azione antinfiammatoria, ma produce effetti collaterali semplicemente micidiali. Lo stesso si può dire della prolattina, tanto che elevati livelli di questo ormone nel sangue, sono segno certo della presenza di un cancro già in atto o in formazione. Ciò vale anche per l’ormone della crescita. In realtà, non tutti gli ormoni producono i medesimi danni; però tutti, somministrati in quantità elevate e per lunghi periodi (compresi gli estrogeni, i cerotti medicati ecc.), inducono effetti collaterali pericolosi. La melatonina, invece, no, anche a dosi molto elevate; e proprio perché non è un ormone! 16 Cap. 10 – I parametri clinici dell’invecchiamento L’adipe sottocutaneo invernale, la ricerca della tana, il profondo godimento di una vita passiva, la contemplazione della Natura in letargo, il piacere della completa inattività fisica, sono gli elementi che fanno gioiosi inverni e sane primavere. (Walter Pierpaoli) Torniamo a parlare adesso di invecchiamento nell’uomo. Ti chiedo: è possibile stabilire, a livello clinico, parametri certi dell’invecchiamento biologico? I primi segni dell’invecchiamento, a una ricognizione sommaria, vengono percepiti visivamente, e sono soprattutto di carattere, diciamo, estetico; e coinvolgono: la pelle, la vista, i capelli, l’accresciuta crescita di peli all’interno delle orecchie e del naso, l’accumulo di lipidi nella sclera (l’occhio assume la tipica colorazione giallognola) ecc. Esistono poi parametri di diversa natura: vascolari, metabolici, enzimatici. Parlavamo prima dello zinco e della carenza di questo minerale che è una caratteristica della persona anziana; ebbene, ciò avviene perché l’organismo dell’anziano non riesce ad assimilare lo zinco dalla dieta (supposto che sia presente in maniera adeguata), e quindi a inglobarlo negli enzimi e a metabolizzarlo. È solo un esempio, ma di parametri come questo ne esistono tanti altri: valutazioni enzimatiche, numero dei linfociti nel sangue, livelli misurabili del sistema immunitario (atrofia del timo, diminuzione di determinate categorie di linfociti) ecc.; esistono quindi mille modi per valutare l’invecchiamento. A mio avviso però, il criterio più adeguato è quello della Sindrome metabolica X, detta anche ‘quartetto mortale’. Fammi capire, con parole semplici, se possibile, di cosa si tratta. Cercherò di adottare un linguaggio comprensibile a tutti; però ti avverto che, così facendo, sono costretto a sintetizzare e a semplificare al massimo i concetti. La Sindrome metabolica X è tipica dell’invecchiamento metabolico dell’uomo, e conduce generalmente alla morte. Il cosiddetto ‘quartetto mortale’ comprende: 1. iperglicemia (il glucosio non viene metabolizzato correttamente; da qui: aumento della resistenza all’effetto ipoglicemizzante dell’insulina e conseguente iperinsulinemia); 2. ipercolesterolemia (mutazione del metabolismo dei lipidi, per varie ragioni che sarebbe troppo lungo spiegare in questa sede); 3. ipertensione (i vasi si irrigidiscono, soprattutto a livello renale, con conseguente innalzamento della pressione sanguigna nei valori massimi e minimi); 4. adiposità viscerale, la tipica ‘pancetta’ che deforma la nostra silouette! La Sindrome metabolica X è quindi l’espressione tipica dell’invecchiamento e, nella mia interpretazione, essa fa capo al sistema neuroendocrino. In sostanza, perché invecchiamo? Perché il sistema neuroendocrino invecchia secondo il programma genetico iscritto, come abbiamo già detto, nel complesso pinealico; di conseguenza, diminuisce la ciclicità ormonale, tutto si desincronizza, e vengono quindi a mancare i meccanismi ormonali di controllo del metabolismo lipidico. È un processo di una semplicità e un’ovvietà incredibile, oltre che perfettamente documentabile. Ci si può chiedere inoltre perché, nella fase di invecchiamento, aumentino i tumori. Quando viene meno la sorveglianza sulla replicazione delle cellule tumorali, ciò avviene perché l’organismo non riesce più a distinguerle; si tratta dell’alterazione immunologica delle cellule linfocitarie e di altre ancora (natural killer, L, K ecc.), che controllano le cellule tumorali, in modo che esse rimangano circoscritte e non si moltiplichino; sono infatti sempre presenti nel nostro organismo, anche se hanno caratteristiche di membrana un po’ diverse, e l’organismo riesce quindi a controllarle. Ed è appunto quando viene meno questo controllo, perché a monte il sistema neuroendocrino non funziona più, che cominciano i guai, e tutto si dissesta e si desincronizza, dando luogo al cancro, oppure all’arteriosclerosi o, in forma ancora più micidiale e insidiosa, alle malattie autoimmunitarie. Queste ultime, fra l’altro, sono, se non erro, le tue ‘preferite’… Sì, e per un motivo molto semplice: perché sono l’espressione più tipica della perdita di controllo del sé da parte dell’organismo, il che rappresenta il vero invecchiamento. 17 Qui però entriamo nel campo affascinante delle transferrine, di cui, come ho già anticipato parleremo in un prossimo libro. In questa sede vorrei accennare appena al cuore del problema, giusto per stimolare la curiosità tua e del lettore: noi invecchiamo perché, in realtà, non riconosciamo più i nostri tessuti, e quindi li rigettiamo, in una sorta di inconsapevole suicidio. È in sostanza un’estinzione progressiva della capacità di confrontarsi con il mondo esterno; e, infatti, non è tipico dell’invecchiamento la perdita della consapevolezza e del controllo di se stessi, insieme alla mancata percezione spazio-temporale? E non è forse l’invecchiamento un progressivo rigetto di se stessi? Non c’è dubbio! Tutto ciò è documentabile clinicamente. Tanto che negli Stati Uniti esistono delle strutture mediche che, sulla base di precisi parametri, sono in grado di stabilire l’età biologica di una persona: ne hai cinquanta, ma la tua età biologica è effettivamente di ottant’anni; oppure, il contrario. Può esserci infatti un invecchiamento accelerato, ma anche, a volte, ritardato; sempre di invecchiamento però si tratta! In altre parole, si invecchia in ogni caso. Puoi negarlo? Io dico soltanto che, adesso, questo processo non è più ineluttabile, e che può essere addirittura evitato. È questa la grande sfida che io intendo lanciare. Come? Semplicemente, mediante la riprogrammazione del sistema ormonale, responsabile dell’invecchiamento. Tu dici: adesso possediamo la chiave per superare le malattie degenerative, normalmente associate all’invecchiamento. Le malattie degenerative cui faccio riferimento sono: quelle cardiovascolari, il cancro, le malattie autoimmunitarie. Intanto, non è affatto vero che cancro, malattie autoimmunitarie e malattie cardiovascolari siano patologie diverse fra loro; hanno infatti la medesima radice (molti miei colleghi dissentiranno, me ne rendo conto, ma non posso farci nulla!), perché alla base di esse c’è sempre un’alterazione dei ritmi ormonali, che porta alla distorsione dell’immunità, alla genesi di autoanticorpi, all’emergenza di cellule neoplastiche ecc. Ho maturato l’assoluta certezza che, se si restaurano i ritmi biologici endogeni circadiani ormonali, risulta impossibile per l’organismo sviluppare malattie degenerative! È un’asserzione forte, che a qualcuno forse potrà apparire addirittura arrogante, ma è esattamente quello che penso e di cui sono assolutamente certo. Ed è proprio in questo senso che va anche quell’altra tua affermazione, secondo cui gli effetti positivi della melatonina risultano ben documentati: sostiene, cioè, la funzione immunitaria, abbassa i livelli di colesterolo nel sangue, protegge dagli effetti negativi dello stress, ripristina i ritmi del sonno, aiuta a difendersi contro il cancro e le malattie cardiache… Sono affermazioni tutte ampiamente documentate. Esistono inoltre studi clinici che dimostrano, anche se indirettamente, la validità di ciò che sostengo da anni. Su Lancet, per esempio, e su Nature, sono stati pubblicati lavori scientifici, grazie ai quali si è potuto documentare come persone colpite da ictus (emorragia cerebrale) e infarti, mostrassero livelli di melatonina prossimi allo zero. Intendiamoci, la melatonina non è il toccasana, però è il meglio di cui possiamo attualmente disporre. Per essere ancora più schietto, io non credo che soltanto con la melatonina riusciremo a impedire il verificarsi di patologie come quelle che ho appena citato; e non tanto per la melatonina in sé, quanto piuttosto a causa dello stile di vita che la popolazione conduce! Cap. 11 – La menopausa, classico segno d’invecchiamento biologico Chi vive sognando, sognerà morendo, e nel suo ultimo sogno vivrà mille anni di più. (Walter Pierpaoli) Se dunque l’invecchiamento è clinicamente documentabile, si può dire altrettanto della sua eventuale regressione? E in che modo, in questo caso? È appunto il problema che ci siamo posti quando abbiamo deciso di effettuare presso la clinica Madonna delle Grazie di Velletri, in collaborazione con il dottor Giulio Bellipanni e i suoi collaboratori, uno studio clinico, grazie al quale abbiamo potuto constatare come nelle donne in premenopausa, menopausa e postmenopausa che hanno 18 accettato di sottoporsi allo studio, si siano ripristinate le condizioni ormonali antecedenti il fenomeno della menopausa (la ricerca è stata pubblicata sulla rivista Experimental Gerontology (36, 2001, 297-310) . Raccontami come è stato possibile mettere in piedi uno studio clinico di questo genere. Quante donne sono state arruolate per la sperimentazione; quali sostanze sono state impiegate; per quanto tempo; con quali risultati? Lo studio costituisce la chiave di volta per poter comprendere e dimostrare che la melatonina è in grado non soltanto di bloccare, ma addirittura di invertire l’invecchiamento. Questo è il punto fondamentale che la nostra ricerca è riuscita a mettere in evidenza in maniera incontrovertibile. Ciò detto, chi non intende accettare i risultati ottenuti dalla nostra èquipe (visto che accade anche questo), e che sono in ogni caso da tutti controllabili, non ha che da ripetere lo studio clinico. Noi, in sostanza, avevamo bisogno di raggiungere su questo argomento una prova certa a livello clinico. Sull’animale, infatti, i dati riguardanti l’inversione della tendenza verso l’invecchiamento erano ormai noti da anni in laboratorio. Così, dopo vari infruttuosi tentativi in Svizzera, e grazie anche a modesti aiuti offerti dall’American Academy of AntiAging Medicine di Chicago, e da alcuni amici tedeschi, è stato possibile stabilire una collaborazione con Giulio Bellipanni, chirurgo e ginecologo di prim’ordine, oltre che mio carissimo amico, con il quale abbiamo, con immensa fatica, portato finalmente a compimento la ricerca. Permettimi di bloccarti un attimo, per una domanda di tipo, diciamo, metodologico. Perché è stata scelta la donna (e quindi la menopausa) per la sperimentazione clinica? Voglio dire, sarebbe stata la stessa cosa anche con gli uomini (e quindi con l’andropausa)? La scelta è caduta sulla menopausa perché questo evento costituisce il segnale certo dell’invecchiamento della donna. Quando infatti la donna va incontro alla menopausa, entra in nuova una fase della sua vita, che segna drasticamente la fine dei ritmi riproduttivi. Ha termine quindi il ciclo ovulare e quello mestruale, più o meno rapidamente; fanno la loro apparizione disturbi di vario genere, aumentano le gonadotropine ecc.: per un ricercatore non esiste quindi modello più interessante ed elegante di invecchiamento, che la menopausa nella donna. Ciò vuol dire, in sostanza, che se, per ipotesi, attraverso la somministrazione di melatonina, si riuscisse a ripristinare i ritmi ormonali antecedenti la menopausa (come puoi notare il concetto di ritmo è una costante che torna, per così dire, ciclicamente, a permeare anche la nostra conversazione), non potremmo avere prova migliore e più certa, che la melatonina riesce a bloccare e a invertire il processo di invecchiamento. E, infatti, ciò è puntualmente accaduto, come volevasi, appunto, dimostrare. Tu stai parlando, per intenderci, dei parametri dell’invecchiamento di cui abbiamo discusso nel capitolo precedente; e che nella sperimentazione clinica, se capisco bene, si sono modificati a tal punto nelle donne sottoposte a trattamento con melatonina, che ne è addirittura risultata invertita la tendenza ‘programmata’ all’invecchiamento. Esattamente. In sostanza, è stato stilato un protocollo di studio clinico, per passare poi successivamente alla fase attuativa. Una volta data notizia della sperimentazione che volevamo compiere, al Ministero della sanità italiano, come prescritto, lo studio, che è stato purtroppo funestato da un numero incredibile di incidenti anche tragici (fra cui la morte di due fra i collaboratori di Bellipanni, uno dei quali, il giovane e bravissimo chirurgo Pierluigi Bianchi teneva le fila dell’intero studio clinico), ha finalmente avuto inizio, e si è concluso dopo sei mesi. Va subito precisato che si è trattato di un lavoro pilota, che ha bisogno quindi sicuramente di ulteriori approfondimenti. Infatti, i problemi metodologici da risolvere erano parecchi, a partire dall’età delle donne da arruolare per la sperimentazione, le quali non dovevano ovviamente essere né troppo anziane, né troppo giovani. Alla fine, il criterio adottato ha favorito la selezione di donne fra i 42 e i 62 anni. Oggi possiamo affermare che questa scelta è stata vincente. Grazie infatti a questa selezione, il nostro studio è riuscito a dimostrare con certezza che la melatonina è in grado di ’invertire il processo di invecchiamento’; che ciò si verifica più celermente nelle donne più giovani che in quelle più anziane; che la sua attività è più marcata quando la donna è in premenopausa o in menopausa, piuttosto che in postmenopausa da anni. 19 Inoltre, per nostra fortuna, una società americana, di Seattle, si è talmente appassionata alla nostra ricerca che ci ha fornito gratuitamente i kits per misurare i livelli salivari di melatonina nelle donne in questione. Ha addirittura provveduto a inviare a Roma il personale dell’azienda con le valige piene di kits per la misurazione della melatonina nella saliva. Siamo così riusciti, in maniera quasi rocambolesca (i prelievi venivano fatti di notte e di giorno, e i tamponi dovevano poi essere spediti negli Stati Uniti per la rilevazione dei livelli di melatonina), a disporre anche dei livelli di melatonina notturna nella saliva delle donne; aspetto molto importante, perché è stato possibile così osservare se esisteva una correlazione fra gli effetti della melatonina esogena (somministrata cioè dall’esterno, tutte le sere alla dose di 3 mg), e i livelli della melatonina endogena (prodotta cioè dall’organismo stesso). Ciò vuol dire, in altre parole, che se il livello di melatonina risulta basso, la somministrazione esogena rimpiazza la carenza di melatonina; se il livello endogeno (già presente cioè nell’organismo) di melatonina risulta invece alto, la somministrazione di ulteriore melatonina non sortisce nessun effetto: viene semplicemente eliminata con le urine. Quali sono stati i risultati più significativi della ricerca? Devo intanto notare che siamo andati incontro a parecchie sorprese. È risultato, per esempio, stupefacente scoprire che la melatonina è stata in grado di restaurare la funzione tiroidea nelle donne (molte donne, infatti, in questa fase della vita, presentano ipotiroidismo, una circostanza che finora non era affatto nota!). Questo dato, da solo, avrà conseguenze profilattiche e terapeutiche di enorme rilevanza. In pratica, nonostante la ricerca debba essere considerata come un lavoro pilota, e lo ribadisco, e nonostante sia stata costellata di mille difficoltà, ha consentito in ogni caso di dimostrare che la melatonina serve, eccome!, nella donna in premenopausa, menopausa e postmenopausa, tanto da essere in grado di invertire in modo evidente e oggettivo il processo di invecchiamento. La nostra ricerca, randomizzata e in doppio cieco, che ha riguardato 72 donne in premenopausa, perimenopausa e in menopausa, ha dimostrato, in maniera inequivocabile, che la somministrazione notturna di melatonina è in grado di indurre, da sola, una significativa inversione del processo di invecchiamento, evidenziato anche dalla ‘rinascita’ della fertilità e quindi del ciclo mestruale. È stato in sostanza dimostrato che la melatonina ‘da sola’, e in soli sei mesi, è riuscita a far ringiovanire, in tutti sensi, donne di età variabile fra i 42 e i 62 anni. Tuttavia, tornando alle donne che sono state reclutate per la sperimentazione, quali valutazioni preventive sono state eseguite su di loro? E quali requisiti dovevano avere? Che non assumessero ormoni; che non presentassero patologie in atto; che non stessero seguendo terapie con farmaci; che fossero disponibili alla rilevazione della melatonina salivare mediante il kit da noi fornito; che accettassero di assumere la melatonina (o il placebo, naturalmente senza saperlo) tutte le sere; che accettassero di presentarsi dopo tre mesi per i controlli e i prelievi, e poi ancora dopo sei mesi. Inoltre, ognuna di loro si è sottoposta ad esami ormonali, ematologici ecc., e si è impegnata a compilare delle schede di valutazione, come avviene in tutte le sperimentazioni scientifiche cliniche, degne di questo nome. Qual è stata, con il senno di poi, la scoperta più sensazionale della ricerca? Forse quella, per esempio, che alcune fra le partecipanti hanno notato con sorpresa il ritorno delle mestruazioni? Certamente, questo è stato un avvenimento inatteso, e perciò tanto più significativo. Ma quella che io considero la vera scoperta è che la melatonina è in grado, in soli sei mesi, di ripristinare la funzione tiroidea. Gran parte infatti delle donne in perimenopausa mostrano segni di insufficiente secrezione degli ormoni tiroidei (T3 e T4). Questo particolare era sconosciuto prima; già da sola quindi questa circostanza è una scoperta tutt’altro che indifferente. Tale osservazione si ricollega a quanto riportato da altri ricercatori. Era stato infatti accertato che la melatonina, fra l’altro, facilita la deiodazione, vale a dire la perdita di un atomo di iodio dalla T4 (tiroxina, ormone inattivo di per sé), con formazione di T3 (triiodotironina, l’ormone tiroideo attivo). Cioè? Fammi capire, in parole povere, cosa succede. 20 Ci provo. T4 è un ormone prodotto dal nostro organismo (quattro molecole di iodio); questo ormone, però, per poter essere attivo, deve cedere una molecola di iodio (deiodazione); diventa così T3 (triiodotironina), che è l’ormone tiroideo attivo, appunto. In sostanza, abbiamo con certezza dimostrato che la melatonina, che potrebbe avere anche altri effetti che sono ancora tutti da studiare, produce un miglioramento della funzione tiroidea. Ecco perché le donne, assumendo melatonina, ‘resuscitano’! Sfido io: grazie alla melatonina, scompare infatti la depressione, le gonadotropine (che fanno capo alla sintesi degli estrogeni e dei progestinici) diminuiscono, migliora la tiroide, la donna riacquista la fertilità; mi domando se è lecito pretendere di più… Quale sarebbe invece, a questo proposito, anzi, qual è, il processo fisiologico, in assenza cioè di somministrazione esogena (cioè dall’esterno) di melatonina, come normalmente avviene per la stragrande maggioranza delle donne? Tieni presente che le ovaie in genere sono teoricamente in grado di produrre circa duecentomila uova. La donna però, nel corso della sua vita sessuale, ne porta a maturazione soltanto due o tremila, mentre le altre si atrofizzano, in base a un preciso programma che le porta all’atrofia. Questo è il processo fisiologico (che in realtà poi tanto fisiologico non è; è, anzi, piuttosto patologico!). Ora, per sopperire all’insensibilità delle ovaie all’ovulazione, come accade in menopausa, l’ipofisi produce progressivamente, con l’avanzare dell’età, una quantità sempre maggiore di gonadotropine (LH e FSH) che stimolano la produzione di estrogeni e progesterone. In sostanza, in presenza di una minore sensibilità centrale e periferica, l’organismo in cerca di una compensazione, accresce la secrezione di gonadotropine, e questo processo è un segno tangibile di invecchiamento; l’aumento costante delle gonadotropine coincide cioè con l’inizio del decadimento del tratto riproduttivo della donna. La melatonina ha mostrato di essere in grado di invertire questo processo. La somministrazione è stata di soli 3 mg? Esattamente, di 3 mg, alla sera, per sei mesi. C’è da aggiungere che alcune donne hanno continuato ad assumere melatonina anche dopo la fine dello studio clinico; si è così verificato il caso che almeno sette donne, già in menopausa, dopo la fine della nostra sperimentazione, hanno potuto constatare la ripresa del ciclo mestruale! Oggi poi, al momento cioè di scrivere questo libro, le donne in menopausa che vedono il ripristino del loro ciclo mestruale, grazie alla somministrazione di melatonina, sono moltissime, e il loro numero cresce di giorno in giorno. Per non parlare delle tantissime signore, con disturbi mestruali di ogni tipo e irregolarità del ciclo, che riacquistano il perfetto ‘ritmo lunare’ di 28 giorni, creato da Madre Natura! A questo punto io mi auguro che il lavoro che siamo riusciti a portare a termine noi, pur fra mille difficoltà, possa essere ripreso e possibilmente ampliato da altri ricercatori, oltre che studiato adeguatamente dai ginecologi, dagli oncologi, dai sociologi, dai filosofi ecc. Capisco i sociologi, che sono sempre attenti a ogni stormir di fronda, ma scomodare addirittura i filosofi… Non ti pare un po’ eccessivo? Nient’affatto! Cosa cambia, infatti, grazie alla nostra scoperta? Che la donna diventa inevitabilmente artefice del proprio destino biologico, sociale, culturale ecc. Se potrà infatti gestire finalmente la propria fertilità, sarà lei a decidere quando andare in menopausa, quando avere figli… Se il suo sistema ormonale si manterrà infatti in condizioni giovanili, non avrà più limiti (o almeno non li conosciamo ancora) per portare a termine senza problema una gravidanza. La donna si libera così dai condizionamenti imposti dalla menopausa, che hanno pesantemente contrassegnato il suo destino per migliaia di anni. A mio avviso, si tratta di una grande rivoluzione, su cui mi permetto di richiamare l’attenzione non soltanto delle donne, ma di tutta l’umanità senza alcuna distinzione, compresi gli scrittori e i filosofi. Così come io ritengo che questo sia un bellissimo e meraviglioso messaggio che la scienza può oggi lanciare alle donne, che acquisiscono il grande e nuovo potere di decidere in piena libertà della propria età fertile! 21 Oltre alle difficoltà per portare a termine la ricerca, cui tu hai accennato in precedenza, è pensabile, vista anche la posta in gioco, che siano state avanzate delle riserve e delle obiezioni da parte di qualcuno. Quali sono le principali, sempre che ce ne siano state? Premetto che il lavoro scientifico è stato pubblicato sulla rivista Experimental Gerontology; quindi una delle riviste scientifiche di gerontologia più prestigiose a livello mondiale. Come avviene in questi casi, il lavoro è stato sottoposto a uno screening preliminare e, superato questo primo sbarramento, e ritenuto degno d’attenzione, è stato quindi inviato a tre ricercatori del settore per il consueto review. Sono state successivamente avanzate da parte dell’editore alcune richieste di precisazione su punti ben precisi del lavoro, che noi abbiamo accolto, provvedendo ad apportare le integrazioni e gli adeguamenti richiesti, e alla fine il lavoro è stato accettato definitivamente dalla redazione. Dico ciò per fugare, in via preliminare, le obiezioni di chi, in buona o cattiva fede, intendesse inficiare la validità della ricerca da noi condotta. Chi ha infatti un minimo di dimestichezza con la ricerca scientifica, sa bene che prima di accedere alla pubblicazione di un lavoro scientifico, l’autore deve sottoporsi al vaglio di revisori (leggi: colleghi) nient’affatto benevoli, che vanno a cercare il cosiddetto ‘pelo nell’uovo’, figuriamoci! Essi mantengono l’anonimato e possono stroncarti o accettarti. Se quindi la nostra ricerca è stata pubblicata, è segno, vista anche la portata rivoluzionaria dei risultati, che i dati erano talmente coerenti (e sconvolgenti!) che non si è potuto fare a meno di pubblicarli! Detto questo, è chiaro che dal mondo cosiddetto scientifico ci sono state avanzate delle critiche: sulla metodologia, sui parametri utilizzati e quant’altro. Io rispondo semplicemente, come del resto è prassi in campo scientifico: «cari colleghi, ripetete l’esperimento adottando la metodologia più sofisticata di cui siete o sarete capaci; arriverete in ogni caso al medesimo risultato raggiunto dalla nostra équipe!». Possiamo comunque accennare a qualcuna di queste obiezioni? Perché no? Una di queste riguarda il calcolo delle gonadotropine, così come da noi effettuato. Obiettivamente, il calcolo si presentava piuttosto complesso: seguendo un metodo accettato dagli esperti di statistica, abbiamo notato che (a seguito della somministrazione di melatonina) nelle donne più giovani le gonadotropine LH diminuivano in maniera più pronunciata; il che sta a significare che la melatonina è più efficace quando si inizia ad assumerla in un’età non troppo avanzata, dato che il sistema è ancora abbastanza duttile e flessibile, e può quindi essere modificato. Questa costituisce, fra l’altro, un’ulteriore significativa constatazione, che indica quanto sia importante iniziare l’assunzione di melatonina quando il sistema riproduttivo è ancora giovane a tal punto da riuscire a invertire la corsa verso l’invecchiamento. Una scoperta che è stata possibile grazie al vasto range d’età delle donne esaminate (da 42 a 62 anni), aspetto, quindi, anche questo criticato a torto. Ribadisco il concetto: chi non accetta i nostri dati, non ha che da ripetere la sperimentazione! Noi non potremmo che esserne onorati, dato che si tratta di un lavoro storico: è infatti il primo studio clinico che dimostra come la menopausa è reversibile! D’altra parte, chi vuole capire, capisca: credo che ciascuno abbia almeno un’idea del fiume di denaro che scorre a fianco degli ormoni e della menopausa! È facile quindi immaginare quali ostilità susciti la notizia secondo cui, in effetti, basterebbe l’umile, poco costosa e, soprattutto, non brevettabile melatonina, per portare serenità alle donne, fino addirittura a invertire il processo di menopausa! Proviamo però adesso a girare la frittata, per così dire, ponendo la questione che abbiamo discusso finora in un altro modo: una donna in menopausa, che non assume melatonina, ma fa ricorso alla terapia sostituiva ormonale, normalmente proposta dai ginecologi, a quali problemi va incontro? La somministrazione ormonale ci riconduce necessariamente alla famosa tela di ragno di cui abbiamo parlato all’inizio della nostra conversazione. Se tiri uno dei fili, tutta la tela traballa, e lo stesso avviene se si interviene su un altro punto della costruzione. L’unico in grado di controllare la tela nel suo insieme (cioè, fuor di metafora, gli ormoni), è il ‘ragno’ (cioè la ghiandola pineale). Se si somministrano progestinici ed estrogeni ecc. di sintesi, attivi ma strutturalmente diversi dalle molecole naturali, che (ed è stato ormai definitivamente accertato) nel tempo risultano, fra l’altro, essere cancerogeni, al massimo si può correggere alla periferia uno degli squilibri, ma non tutta la situazione compromessa nel suo insieme; soltanto la risincronizzazione a livello centrale (pineale-ipotalamo- ipofisi) può porre rimedio a tutti i problemi nel loro complesso! Diversamente, si finirebbe per mettere 22 inevitabilmente la classica ‘pezza’, senza però risolvere la questione centrale. Ciò non vuol dire che estrogeni e progestinici non possano essere utilizzati temporaneamente per mantenere un certo ritmo nella donna; ma, a lungo andare, non è possibile continuarne la somministrazione, perché gli ormoni non sarebbero più gestibili e diventerebbero addirittura pericolosi. Per quale motivo allora, è lecito chiedersi, la terapia sostitutiva ormonale è diventata il classico rimedio ai disturbi che accompagnano solitamente la menopausa? Bisognerebbe girare la domanda ai ginecologi, ai medici di famiglia, oppure, più fruttuosamente, alle industrie farmaceutiche che producono ormoni. Io posso soltanto dire che la terapia sostitutiva ormonale non è, e non può essere, la soluzione del problema. Sarebbe come somministrare permanentemente cortisone a una paziente che è portatrice di una malattia autoimmunitaria; il cortisone toglie semmai l’infiammazione, ma la malattia resta lì, e il problema è tutt’altro che risolto! Inoltre, e ne puoi capire la ragione, si usano soprattutto estrogeni e progestinici di sintesi chimicamente diversi dai naturali, invece di quelli naturali, disponibili ma…economici! Anche qui la chimica ed il profitto hanno preso il sopravvento sulla Natura. Tuttavia, per tornare alla melatonina, è proprio vero che la sua somministrazione pone efficacemente rimedio a tutti i disturbi riferiti dalle donne in menopausa? Vampate di calore, nervosismo, irritabilità, insonnia, depressione mattutina, sono tutti disturbi neurovegetativi che scompaiono grazie alla somministrazione della semplice melatonina. E ciò avviene, non tanto per l’azione della melatonina in sé, quanto piuttosto per gli effetti protettivi, a livello centrale, esercitati dalla melatonina sul sistema neuroendocrino. Cap. 12 – La conferenza di Berkeley e la melatonina Il lavoro non vi mantiene giovani. Colui che pretende di non faticare lavorando, soffrirà morendo. Il lavoro della maggior parte degli uomini non è né imposto né benedetto da Dio. (Walter Pierpaoli) Su invito di Organi Amministrativi del governo degli Stati Uniti, nel 1996, tu hai partecipato alla conferenza di Berkeley, che ha praticamente deciso il destino della melatonina negli Stati Uniti. Come sono andate le cose? Sì, sono stato gentilmente invitato, e ricordo con quanta perplessità e talvolta con irritazione mi guardavano gli altri convitati. Credo si chiedessero da dove arrivava l’intruso. Alla conferenza infatti partecipavano i membri della FDA (Food and Drug Administration), l’agenzia governativa degli Stati Uniti per i farmaci e l’alimentazione, alcuni ricercatori e specialisti come me, il mio amico William Regelson, dirigenti e ricercatori della più importante istituzione degli USA per lo studio dell’invecchiamento (National Institute on Aging, National Institutes of Health), per un totale di diciotto persone. La conferenza era stata organizzata per decidere cosa fare della melatonina, se consentirne cioè, o no, la libera vendita negli Stati Uniti. C’era stato infatti già in precedenza un tentativo di escludere la melatonina dal mercato. La reazione da parte dei consumatori era stata però talmente violenta che, così almeno mi fu riferito (ma non sono in grado di confermare se le cose siano andate realmente così), in poco tempo vennero raccolte oltre quaranta milioni di firme a favore della libera vendita della melatonina. Com’è noto, infatti, il popolo americano insorge in modo drammatico quando qualcuno vuole impedire una qualsiasi espressione della libertà di scelta. In quella occasione, la melatonina scampò al pericolo di interdizione per due motivi concomitanti: la determinazione dei produttori di ogni sorta di integratori alimentari, che negli Stati Uniti, contrariamente a quanto avviene in Europa, sono altrettanto potenti quanto le industrie farmaceutiche; e l’impossibilità di accertare un solo effetto negativo attribuibile all’assunzione di melatonina. 23 Fu così che la FDA ne decretò definitivamente la libera vendita. In ogni caso, la conferenza si rivelò la sede più qualificata per una qualsiasi decisione in merito, in un senso o nell’altro. Erano infatti presenti tutti quelli che decidono della salute degli americani, e per me è stata una grande lezione positiva di civiltà e di democrazia (la stessa cosa non si può purtroppo affermare per l’Europa). Ed è proprio grazie alla positiva presa di posizione di FDA e NIH negli USA, che anche in Europa è stato possibile, non soltanto continuare la sperimentazione scientifica, ma rendere anche disponibile la melatonina a beneficio della popolazione; quantomeno in Italia! Mi sia consentito, a questo proposito, di affermare che, almeno in questa occasione, mi sento felice di essere italiano! Però, se gli Stati Uniti non avessero fatto da battistrada, e se non fosse stato pubblicato, appunto negli USA, il mio libro Il Miracolo Melatonina, che ne sarebbe stato della melatonina? Lascio a te immaginarlo. Chi era contrario alla libera vendita della melatonina, in quella circostanza? Chiaramente l’industria farmaceutica. È infatti risaputo che la melatonina è in grado di sostituire egregiamente (e senza rischio alcuno!) le benzodiazepine e tutto il fruttuoso e sterminato campo di psicofarmaci, tranquillanti, ansiolitici e sonniferi, il consumo dei quali ha ormai assunto proporzioni gigantesche. Molti dei mie pazienti, prima di rivolgersi a me, ne facevano uso da oltre trent’anni! Ti porrò adesso una domanda, che avrei dovuto farti per la verità all’inizio, e che riguarda la melatonina come sostanza; ma vorrei che tu mi parlassi della sua origine e della sua scoperta, oltre che del nome stesso che le è stato attribuito. Mi rendo conto che la questione è trita e ritrita; tuttavia, parliamone ugualmente a beneficio di chi ti legge per la prima volta. La melatonina ha un ruolo fondamentale nella biologia di tutti gli esseri viventi, animali o vegetali che siano. È presente non soltanto nell’uomo, ma anche negli anfibi, nei pesci, nelle piante ecc. Il nome le è stato attribuito per il noto fenomeno che ne fa una sostanza in grado di indurre delle mutazioni nei cromatofori, cioè le cellule (melanociti) che trasportano il pigmento responsabile della colorazione della pelle, per esempio. Cerco di spiegare meglio: l’ipofisi intermedia produce una sostanza, MSH (melanocyte stimulating hormone), che provoca la diffusione dei melanofori sulla pelle, quelli cioè che ci consentono di abbronzarci se ci esponiamo al sole; vengono richiamati dai raggi ultravioletti e portano il pigmento. Queste cellule pigmentate sono anche sulla pelle degli anfibi; anzi, per alcuni di loro rappresentano una sorta di salvavita, perché rendono possibile un rapido mimetismo, attraverso un istantaneo cambiamento di colore che rende praticamente invisibile l’animale. Sulla pelle della rana, per fare un esempio, la natura ha dislocato delle sostanze che muovono le cellule deputate al trasporto dei pigmenti; si tratta dell’MSH, che è un ormone molto interessante dell’ipofisi intermedia, che produce un allargamento, cioè un’espansione dei melanofori. La melatonina agisce invece in senso contrario; fa cioè aggregare i melanofori, causando così uno sbiancamento della pelle della rana che assume quindi un colorito pallido. Le prime osservazioni sulla melatonina hanno semplicemente messo in evidenza che un estratto di pineale produce un effetto schiarente sulla pelle della rana. La melatonina è stata poi isolata da Lerner, negli anni cinquanta, che la identificò, dandole il nome che oggi tutti conosciamo. Aggiungo che, subito dopo la scoperta di Lerner, sono stati eseguiti moltissimi lavori clinici che hanno messo in luce come la melatonina, somministrata anche in dosi enormi (addirittura per settimane, in grammi, non milligrammi!), nell’uomo, non dava luogo a effetti collaterali. In realtà, non si conosceva quale potesse essere la sua funzione (a parte l’effetto sulla pelle della rana!); risultava però assolutamente innocua. Tuttavia, come la storia della ricerca scientifica ci insegna, la natura non crea una molecola per adempiere esclusivamente a una sola funzione (in questo caso, schiarire la pelle della rana). Come era solito affermare Sir Peter Medawar, Nobel per la medicina nel 1959, che ebbi la fortuna di incontrare durante una conferenza a Cernobbio, purtroppo i tecnologi tralasciano le osservazioni più ovvie. Le molecole che la natura si è ‘inventata’ (gli ormoni, per esempio) nel tempo, non cambiano la loro struttura durante il corso dell’evoluzione, però possono acquisire nuove funzioni. Un buon esempio in questo senso è costituito proprio dalla melatonina, che svolge tantissime funzioni, di cui neppure una è (almeno al momento) conosciuta fino in fondo. L’ormone della crescita, o Growth Hormone, altro esempio, è una mostruosa molecola ricca di tanti aminoacidi, che non è affatto destinato unicamente a favorire la nostra crescita; ricopre invece un’infinità di altre funzioni, acquisite nel corso dell’evoluzione delle varie specie animali (questo è anche il motivo per cui bisogna fare molta 24 attenzione a somministrarlo come supplemento nutrizionale: oltre infatti a favorire la crescita, purtroppo anche delle cellule tumorali!, induce la formazione di colesterolo LDL, quello cattivo!, e ha a che fare con l’insulina ecc). Questo è anche il motivo per cui bisogna essere molto cauti nell’assumere ormoni, perché la loro supplementazione risulta sempre pericolosa. Le molecole di cui ci si può invece fidare sono quelle innocue e senza effetti collaterali, e che non rientrano nella categoria degli ormoni, anche se poi nel corso dell’evoluzione della specie, ma molto più tardi, hanno anche acquisito la funzione di regolare certe ghiandole, com’è appunto il caso della melatonina. Ma ciò avviene comunque in maniera indiretta, e con un meccanismo completamente diverso. È la natura che si è inventata tutto; noi invece brancoliamo nella chimica, e diamo definizioni ridicole di molecole di cui sappiamo poco o niente. Vedi il caso della prolattina, simile al Growth Hormone (ormone della crescita), che qualcuno ha battezzato versatilina, dato che fa di tutto, a tutti i livelli. Cap. 13 – Melatonina e invecchiamento Gli uomini politici, i dottori della legge, i medici e i professori universitari soffrono (in gran parte) della ‘sindrome di Seneca’. I loro atteggiamenti moralistici e virtuosi portano l’impronta gerontomorfica e necrofila che distrugge la nostra gioventù, la nostra gioia di vivere, il senso dell’amore e della bellezza, e conduce la società all’estinzione. (Walter Pierpaoli) Scoperta la melatonina, iniziano gli studi per capirci qualcosa sulle funzioni e le proprietà di cui essa sembra portatrice. Quando se ne rileva poi la funzione, per così dire, antietà? Che la melatonina abbia a che fare con l’invecchiamento, è una scoperta di cui rivendico la paternità. Io però, in precedenza, mi ero preso la briga di leggermi una mole enorme di documentazione scientifica. Alla fine degli anni settanta, lavoravo agli ormoni, all’ipofisi, ai trapianti; ho iniziato a documentarmi sulla ghiandola pineale, la ciclicità e altri argomenti di questo genere. Leggevo, per esempio, che la produzione di melatonina decresce con l’invecchiamento. Reiter aveva osservato invece che la melatonina, somministrata ad alte dosi, ma con una ciclicità inversa rispetto a quella fisiologica (di giorno, quindi, e non di notte), portava all’atrofia dei testicoli nel criceto. Collegando insieme osservazioni diverse (picco notturno della melatonina; diminuzione nell’invecchiamento; effetti antigonadotropi nel criceto ecc.), cominciai a mettere in atto una serie di esperimenti (gran parte dei quali pubblicati su riviste scientifiche internazionali). A quel tempo mi occupavo di immunologia, e il mio primo esperimento fu quindi orientato in quella direzione. Visto che la produzione di melatonina viene inibita dalla luce, con conseguente neutralizzazione della funzione della pineale, e sapendo che il timo e tutto il sistema immunitario dipendono dagli ormoni, mi sono chiesto che cosa sarebbe accaduto se avessi tenuto costantemente sotto la luce di una lampada in laboratorio, coppie di topolini (maschi e femmine) perché si riproducessero. L’interrogativo cui intendevo rispondere attraverso l’esperimento era il seguente: se, come risultava dalle osservazioni di altri ricercatori, la produzione di melatonina decresce nel corso della vita, fino a scomparire del tutto nell’invecchiamento, ed essa è inoltre inibita dalla luce, quale effetto avremmo potuto aspettarci se avessimo inibito costantemente (attraverso un’illuminazione costante) il picco notturno di melatonina, cioè la sua produzione da parte della ghiandola pineale? In teoria, privi del picco notturno di melatonina, i topi avrebbero dovuto invecchiare rapidamente. Si trattava di un esperimento semplicissimo, che però nessuno aveva mai condotto in precedenza. La prima e la più ‘strana’ osservazione fu che cambiava l’odore che i topolini emanavano; credo si verificasse una mutazione del sistema ormonale (probabilmente a livello di gonadotropine, e con il coinvolgimento di qualche feromone); inibendo, infatti, la produzione di melatonina, che antagonizza appunto le gonadotropine, queste ultime aumentano. Era comunque un odore molto particolare, di cui, da qualche parte nel mio cervello, mi è rimasto ancora il ricordo. Gli animali si accoppiavano sotto la luce, generavano sotto la luce, vivevano sotto la luce, giorno e notte. Stesso trattamento riceveva la prole, fino alla seconda, alla terza e alla quarta generazione. Risultato? Le prime tre generazioni apparivano del tutto normali; la quarta generazione, invece, mostrò seri problemi di crescita (timo atrofico, risposta immunitaria assente, in una parola, invecchiamento accelerato). 25 Quale conclusione traesti allora da quel risultato? Devi sapere che una delle mie intuizioni, che considero fondamentale, è stata la scoperta che la ciclicità sta alla base della vita (1977). E, guarda caso, cosa era venuto a mancare nell’esperimento in questione? Proprio la ciclicità dei ritmi circadiani (giorno/notte; sonno/veglia), con il conseguente arresto della crescita, e quindi della vita stessa. C’erano volute però ben quattro generazioni per poter eradicare il segnale della ciclicità: esso risulta quindi iscritto profondamente nella genetica del mammifero topo e, estrapolando, anche nell’uomo (i risultati furono pubblicati nel 1981 su Psychoneuroimmunology, un volume dell’Academic Press di New York). L’invecchiamento precoce, nell’esperimento che hai appena ricordato, era quindi da attribuire alla perdita dei ritmi circadiani; e la melatonina, però? S’è persa nel frattempo per strada? Giusta osservazione. Infatti, proseguendo nella ricerca, mi sono chiesto: non sarà stato per caso il venir meno della produzione di melatonina a causare l’accelerazione dell’invecchiamento? Per dare una risposta a questo interrogativo, non c’era altro fare che provare. Così, nel 1985, cominciai l’esperimento decisivo, ormai ampiamente documentato e replicato numerose volte e poi pubblicato vedi foto nelle ultime pagine di questo libro, grazie al quale giunsi alla conclusione che la somministrazione notturna di melatonina allungava effettivamente la vita dei topi. Ma non è tutto; nel 1987 infatti scoprimmo che la melatonina ha anche un potente effetto immunostimolante. Seguì un periodo molto intenso di ricerca, durante il quale, oltre a occuparmi di brevetti e di altro ancora, vennero replicati tutti gli esperimenti eseguiti in precedenza, che confermarono quanto fino ad allora era stato da me scoperto. In questo senso poi, la seconda Conferenza di Stromboli su Cancro e Invecchiamento (1990) che ebbe come argomento «Physiological senescence and its postponement: theoretical approaches and rational interventions» (cioè, Come ritardare l’invecchiamento fisiologico: approccio teorico e interventi razionali), rappresentò il coronamento di tutti gli sforzi compiuti fino a quel momento. Fra l’altro, proprio in quegli anni avevo sposato la mia seconda moglie; mi preme sottolineare questo avvenimento, perché senza di lei non avrei mai potuto portare a termine una mole così impegnativa di lavoro: la sua presenza al mio fianco è stata per me la salvezza; mi ha infatti dato la cura, l’amore, la tenerezza, l’attenzione e la serena intelligenza di cui avevo assoluto bisogno. Con ciò non rinnego affatto la mia prima famiglia, con la quale ho iniziato, e continuo a costruire, una meravigliosa Comunità Umana. Tuttavia, nonostante ciò che avevi scoperto fosse di fondamentale importanza, immagino tu non ti sia fermato lì: qual è stato il passaggio successivo, sulla strada dell’inversione dell’invecchiamento? In realtà, io continuavo a domandarmi se era realmente la melatonina a ritardare l’invecchiamento. Da qui l’idea di eseguire un esperimento in grado di eliminare ogni ragionevole dubbio. Dato che la melatonina è prodotta soprattutto dalla ghiandola pineale, che è quindi responsabile del suo picco notturno, decisi di procedere al trapianto di pineale da topo giovane a topo vecchio (per la verità, data la mia dimestichezza con i trapianti, questo era un esperimento cui avrei dovuto far ricorso prima, ma è andata così!). La risposta fu sorprendente: la ghiandola pineale giovane, trapiantata nel topo vecchio (dove non può più produrre melatonina perché non ha innervazione e non può quindi adempiere oltre a questa funzione, anche se vascolarizzata, e quindi vitale), non solo ritardava l’invecchiamento, ma ne invertiva il processo! Il ‘miracolo’ non era quindi da attribuire tanto alla melatonina (prodotta in condizioni normali dalla pineale), ma alla pineale stessa! Questa ulteriore scoperta si è rivelata quindi fondamentale per comprendere il meccanismo dell’invecchiamento. Ma, ancora una volta, che fine fa la melatonina? Se infatti non è la diretta responsabile della giovinezza o dell’invecchiamento, perché somministrarla (al topo e, quindi, all’uomo)? Per la semplice ragione che la melatonina ha la funzione di proteggere e mantenere giovane la pineale, che è quella che impartisce l’ordine di invecchiare. Per spiegarmi meglio, io ricorro al ragionamento che farebbe qualsiasi persona semplice: se si inonda di notte l’organismo con la melatonina, per la cui produzione occorre innescare vari, ‘dispendiosi’ e complicati meccanismi, la pineale si astiene dal produrla. 26 E cosa fa, in questo caso, la pineale? Dorme e si riposa, ti sembra poco? In sostanza, assumendo melatonina, si mette a riposo la pineale; di conseguenza, quest’ultima non ha bisogno di sottoporsi alla sforzo di produrla, e può adempiere con maggiore vigore ad altre funzioni, producendo in primis altre sostanze, per esempio il TRH, che io vado studiando da parecchio tempo, e che, come ho già anticipato, sarà l’oggetto del nostro prossimo libro. Se però una pineale giovane fa ringiovanire il topolino decrepito su cui è stata trapiantata, che succede se si esegue l’operazione contraria? So bene che questo argomento lo abbiamo già affrontato in precedenza in questo libro, tuttavia a me sembra molto utile tornarci su, data l’importanza della questione. La risposta la si può facilmente trovare nel trapianto crociato: da topo vecchio a topo giovane, cioè, e viceversa, che noi abbiamo infatti eseguito. Risultato? Mentre il topo vecchio ringiovanisce, nel giovane si attiva un processo di rapido invecchiamento; e, cosa ancora più sorprendente, anche nel caso in cui esso, oltre alla pineale vecchia che gli è stata impiantata, conservi anche la sua pineale giovane. Ciò può avere soltanto un significato: che cioè l’ordine d’invecchiare, impartito dalla pineale vecchia, ha il sopravvento assoluto; fino a rendere nullo il messaggio della pineale giovane che vorrebbe invece ritardare l’invecchiamento, perché il suo orologio biologico non segna ancora l’ora d’invecchiare. Infatti, grazie all’ultimo lavoro (e guarda quanti anni sono dovuti passare!), abbiamo potuto dimostrare come il trapianto di pineale vecchia fa invecchiare in modo drastico il topo giovane, anche se esso conserva la propria pineale. [Pierpaoli-Bulian, Journal of AntiAging Medicine, vol. 4, n.1, 2001: «The Pineal Aging and Death Program. I. Grafting of Old Pineals in Young Mice Accelerates Their Aging». Vedi in appendice]. Ciò era assolutamente impensabile prima. Chi avrebbe infatti mai potuto soltanto sospettare che una pineale vecchia, di un animale di 22 mesi (un topo vecchissimo, quindi) separata dalle sue connessioni nervose, e trapiantata nel timo o sotto la capsula renale di un animale giovane (4 mesi), potesse farlo invecchiare tanto rapidamente? A me pare tuttavia che questo esperimento tu l’avessi già eseguito in precedenza, quando avevi trapiantato la pineale dal giovane al vecchio, cui avevi lasciato però la sua pineale vecchia. Infatti, ricordi bene. Ma allora non avevamo eseguito l’operazione inversa, da vecchio a giovane cioè, lasciando la pineale al proprio posto. Nella pinealectomia crociata, infatti, poteva sussistere il dubbio che il topo giovane invecchiasse per un danno subìto durante l’intervento chirurgico, e non quindi perché la pineale vecchia che gli era stata impiantata gli ordinasse d’invecchiare. Per questo motivo, l’esperimento di cui abbiamo appena parlato costituisce una novità assoluta; sono poi in grado di anticipare che un altro lavoro, di prossima pubblicazione, dirà in quale momento della vita la pineale dà l’ordine d’invecchiare. Abbiamo infatti realizzato una serie di esperimenti, grazie ai quali è stato possibile stabilire l’età critica in cui la pineale decide che è giunto il momento. E la cosa sorprendente è che, asportando la pineale in quel preciso momento, l’animale vive più a lungo. Infatti, il programma genetico di invecchiamento e morte, insito nel sistema neuroendocrino, è molto preciso; allo stesso modo in cui un individuo cresce, si sviluppa, raggiunge la maturità sessuale, si riproduce. È un programma insito nella genetica di ogni specie. Anche l’invecchiamento è quindi programmato; e se noi riusciamo a individuare gli agenti deputati all’attuazione del programma (e io penso naturalmente al sistema ormonale che decade, vedi la menopausa, per esempio), possiamo intervenire su di essi, riprogrammando il processo d’invecchiamento e morte. L’uomo ha dunque di fronte a sé nuove frontiere. Cap. 14 – Come mantenersi in buona salute, a contatto con la natura Gli incantevoli occhi ridenti di un vecchio che ha vissuto bene, esprimono, meglio di mille descrizioni letterarie, l’accumulo di vita che continua, e il messaggio che l’invecchiamento è soltanto un fenomeno evolutivo e sociale, piuttosto che un’ineluttabile legge di Natura. (Walter Pierpaoli) 27 Nei tuoi scritti, e ciò si è ripresentato più volte in questa nostra conversazione, tu parli spesso dei ritmi naturali e della ciclicità che li accompagna. Ti chiedo: quanto è importante per l’uomo di oggi conservare, nonostante tutto, il contatto con la natura? Io sono solito ripetere a me stesso uno slogan, che potrà far sorridere, a cui credo però fermamente, ed è questo: «Chi molto si è graffiato, nei secoli si è salvato». ‘Chi molto si è graffiato!’, capisci? Tento di spiegare ciò che intendo dire. Io sono convinto che il midollo osseo è al centro della morfostasi, ed è il ‘cervello’ del mantenimento dell’integrità biologica. Compiendo, infatti, sperimentazioni di epatectomia (rimozione chirurgica parziale o totale del fegato) sui topolini, per studiare la rigenerazione epatica, mi resi conto che il midollo reagiva molto prontamente, non solo alla resezione di parte del fegato, ma anche alla laparotomia (incisione chirurgica della parete addominale e del peritoneo). Misi in atto allora altri esperimenti, e scoprii così che l’alterazione della compattezza dell’epidermide aveva una diretta relazione con il midollo osseo. In pratica, è il nostro mondo nascosto nelle ossa e nei miliardi di nicchie che vi si annidano (l’ecosistema delle cellule del midollo osseo è un mondo fantastico di una complessità incredibile!), a regolare la nostra vita. In ogni caso, c’è una connessione diretta fra il mondo esterno (la pelle), e il mondo interno (il midollo osseo). Da questo concetto è venuta la scoperta delle transferrine e tutto quanto concerne il mondo dei trapianti (di cui parleremo in un altro libro!). Ho scoperto cioè che quando si graffia la pelle (ed ecco perché gli interventi chirurgici sono un avvenimento importante, anche soltanto per la semplice incisione della cute con il bisturi, cosa a cui i chirurghi non pensano minimamente!), nel nostro organismo si scatena un vero putiferio. Ora, l’uomo di una volta, il cacciatore cioè, o il contadino, si graffiava, ed era sempre esposto a ogni genere di intemperie: questo è un concetto importantissimo. Gran parte degli uomini vivevano all’aperto; soffrivano il caldo e il freddo; si procuravano ferite alla pelle mentre faticavano a raccogliere bacche o altro. Tutto questo era positivo per la loro salute. Viene, ovviamente, da chiedersi: perché? Perché un graffio alla pelle stimola le risorse immunitarie, che sono in grado di rigenerare la nostra vitalità. I barbieri, un tempo, praticavano il salasso; e perché? Perché ci si era accorti che l’unico modo per rigenerare la capacità di resistere alle infezioni era ricorrere a questa pratica; e, infatti, quando uno stava male, non sapevano come intervenire diversamente. Un graffio sulla pelle scatena quindi una reazione immediata a livello del midollo osseo? È questo che vuoi dire? Esattamente. E ciò avviene perché il sistema nervoso e le linfomonochine che si liberano dall’epitelio e dal derma, stimolano il midollo osseo, attraverso meccanismi nervosi (esiste, in sostanza, una connessione nervosa diretta; è lo stesso principio su cui si basa infatti l’agopuntura o il massaggio plantare ecc.). È un fatto positivo, evolutivo; quando, infatti, eravamo scimmie o scimmie per metà, o che so io, noi eravamo esposti a micro o macro drammi della pelle. Il midollo contiene però elementi potentissimi per la sua rigenerazione. Se quindi ci si graffia la pelle, si innesca una ‘conversazione’ tra pelle e midollo che porta a un nuovo stato di salute. Veniamo adesso al ragionamento che ci interessa: l’uomo moderno sta mettendo in atto, letteralmente, il proprio suicidio; noi non siamo più degli uomini; siamo piuttosto dei molluschi, degli invertebrati! Gi americani stanno affogando nel loro grasso! Inoltre, automobile, televisione ecc., tutti questi aggeggi ci danneggiano fin dalla nascita; i bambini sono superprotetti; per non parlare poi dei farmaci, degli antibiotici e delle vaccinazioni! Non esiste più la selezione naturale, e ciò rappresenta, dal punto di vista biologico, un danno gravissimo. L’uomo deve esporsi alla natura; se non lo fa, accelera il proprio invecchiamento. Il rinnovamento, infatti, del midollo e delle risorse immunitarie dipende in larga misura dal contatto con la natura: se prendi una doccia fredda, se ti ferisci, se ti graffi, se lavori e affondi le mani nella terra, se senti il freddo, il cambiamento delle stagioni… Purtroppo, chi vive in città, questi aspetti del vivere li ha dimenticati del tutto. E i prodotti chimici, l’aria che respiriamo, l’alimentazione, i telefoni cellulari e le linee ad alta tensione: è una catastrofe! 28 Siamo immersi in un sistema che ci sta distruggendo. Per mantenere uno stato ottimale di salute, dobbiamo adottare uno stile di vita in cui, per fare un esempio, non ci si mette addosso tre cappotti o tre paia di calze d’inverno; bisogna invece cercare di ‘sentire’ se fa freddo o se fa caldo, se è primavera o estate, inverno o autunno. Non si può tuttavia pensare di tornare al lume a petrolio o alla stufa a legna. Si può però regolare il riscaldamento sui 18, piuttosto che sui 24 °C e non devastare la pineale con luce intensa, magari anche notturna. Ciò vale anche per l’alimentazione e l’igiene personale, attraverso l’adozione di abitudini intelligenti, con esclusione di prodotti chimici dannosissimi (creme, shampoo, tinture per capelli, detersivi e deodoranti compresi). Ma la Natura, sempre più sopraffatta dalla chimica, inevitabilmente si vendica sempre, e quando uno meno se lo aspetta! I bambini che crescono oggi nei Paesi Occidentali ricchi ne saranno la triste evidenza. Cap. 15 - Me l’ha prescritto il medico! Attività sessuale e sistema immunitario 29 L'ottimismo, l'idealismo, la curiosità della natura e l'intenso amore per la vita, combinati alla capacità di gioire nel fare errori, sono tutti elementi che hanno il sapore di Venere e di Eros. (Walter Pierpaoli) Caro Walter, tu dici che l’interesse sessuale non conosce età o limiti temporali. Lo confermi, e perché? Inoltre, qual è il significato di questo interesse a livello, diciamo, fisiologico? L’aspetto più drammatico nelle vicende che riguardano il sesso, diciamo negli ultimi duemila anni della civiltà occidentale, è la manipolazione che è stata messa in atto da parte dei gruppi dominanti di potere; i quali, avendone compreso appieno la forza vitale dirompente, hanno di volta in volta spinto il sesso verso obiettivi di comodo, ora sublimandolo, ora comprimendolo, fino a sopprimerlo; il tutto condito da malefatte di incredibile raffinatezza. Si è inteso, in sostanza, privare l’uomo della libertà di godere del sesso, facendone oggetto di peccato e di colpa, e introducendo limitazioni e distinguo, in modo da assoggettare l’individuo alla necessità impellente di ottenere, da chi ha appunto il potere di accordarlo, il perdono dalla colpa! Si è tentato di soggiogare in tutti i modi l’uomo, facendo dell’insopprimibile forza vitale del sesso, uno strumento di controllo, e quindi di potere da gestire a discrezione dell’autorità, che, solo lei, può assolvere o dannare; degradando così quello che nella natura delle cose è un anelito verso la gioia e l’immortalità, nella più turpe delle attività dell’uomo. Da una parte quindi, se capisco bene, l’insopprimibile forza vitale del sesso; dall’altra, qualcuno che, taglieggiandola, ne fa uno strumento di potere; forse è una ricostruzione un po’ semplicistica ma, tant’è, non è di questo che ci occupiamo in questo capitolo. Mi interessa però comprendere quanto è importante il sesso ai fini del nostro stato fisiologico, e quindi della nostra salute in generale. Quanto conta insomma il sesso nella nostra vita? Mi sembra pressoché ovvio affermare che il sesso rappresenta il mezzo, conscio o inconscio che sia, con il quale l’uomo tende all’immortalità, e la realizza. Per questo motivo la spinta sessuale è di una inaudita e, direi, irrefrenabile violenza. Se noi riuscissimo, per un momento, a liberarci da tutti i condizionamenti culturali di cui ho appena parlato, non potremmo non convenire sul fatto che il sesso è la forza vitale più decisiva nella nostra condizione umana. Del resto, tutto nella nostra vita ruota attorno al sesso, ne sono profondamente convinto, e motiva gran parte delle nostre azioni, se non tutte; ed è incessantemente presente nell’uomo dalla nascita fino alla morte; al punto che quando si estingue, viene meno la vita stessa. Già soltanto da questa semplice osservazione, ci si può rendere conto del significato del sesso per la nostra salute. Tu mi chiedi se è importante il sesso: e io ti dico che immunità e sesso sono inscindibili, ti basta?. Vista dal biologo, la situazione si presenta in questi termini: immunità e ormoni sessuali sono parte di un solo sistema di identità. Le molecole che regolano le funzioni sessuali sono, infatti, le stesse che governano la resistenza immunitaria contro infezioni virali, batteriche, micotiche e parassitarie. Sono i fattori di ‘rilascio’ ipotalamici (come LH-RH) delle gonadotropine, le gonadotropine stesse (LH e FSH), gli estrogeni, il progesterone, il testosterone, e così via. La natura poi non fa distinzione tra riproduzione sessuale e resistenza alle infezioni, anche se dà ovviamente la priorità alla riproduzione, perché l’individuo diventa inutile una volta che si è riprodotto. Basti ricordare la drammatica storia del salmone del Pacifico, che muore di morte acuta ‘ormonale’, subito dopo aver fecondato! In questo senso, la resistenza immunologica è importante solamente in quanto concede all’individuo il tempo necessario a divenire adulto, e quindi a procreare per immortalare la specie. Da questo punto di vista, la natura non bada proprio a spese! Ottiene i suoi scopi evolutivi attraverso misure e metodi dispendiosi e complessi, ma infallibili, e statisticamente vincenti; per questo motivo bisogna guardarsi bene dall’intralciarne i disegni, come purtroppo oggi avviene con la rottura degli equilibri biologici prodotta dall’uomo e dalle sue 30 dissennate misure di protezione (vedi vaccinazioni a tappeto). La conseguenza non potrà che essere una nuova ‘selezione naturale’, che già peraltro osserviamo nel proliferare dell’AIDS e nel dilagare della droga, che uccide chi è psichicamente labile e ne diventa dipendente e schiavo. In ogni caso, tornando all’interesse sessuale, da cui siamo partiti, si tratta di un sistema che si genera con la vita e si estingue con la morte; e non può e non deve mai essere messo da parte! Accade, per esempio, che alla donna in menopausa il sesso non interessi ormai più così tanto, mentre il partner è di tutt’altra opinione: lei rassegnata, lui, di conseguenza, frustrato (bella coppia!). Sono invece convinto che la vita in comune, a parte la spiritualità condivisa, l’affinità elettiva ecc., è basata sul mantenimento costante di una buona relazione sessuale. Non sto dicendo, me ne guardo bene, che non debba esistere anche la solidarietà e l’amore, come espressione di affinità spirituale in caso di gravi problemi che impediscono l’attività sessuale; normalmente, però, ritengo sia molto più salutare che la coppia abbia sempre una vita sessuale attiva, perché lo vuole la natura. Però, per esprimersi al meglio, l’attività sessuale necessita di una certa sintonia di coppia (quale che sia), cioè di quello stato di grazia che tu chiami ‘spirito’, e anche ‘santo’. Nella vita dell’uomo non c’è niente di più sublime dell’affinità di coppia che consente a due persone di comprendersi, di toccarsi e di accarezzarsi amorevolmente, vivendo espressioni di indescrivibile bellezza e raffinatezza: è il raggiungimento di uno stato di beatitudine. Che però, me ne rendo conto, è negato purtroppo alla stragrande maggioranza delle persone; ci sono infatti mille ragioni perché tutto ciò accada soltanto di rado. Quando però si concretizza, esprime uno stato di gioia tale, che più sublime non è dato sperimentare; ecco perché io lo chiamo ‘spirito santo’. Che cosa rappresenta questo ‘spirito santo’ a livello immunologico? Le molecole che regolano le funzioni sessuali, l’ho già detto, sono le stesse identiche molecole che presiedono anche ai processi immunitari. I cicli ormonali sovrintendono all’immunità, alla funzione timica (cioè del timo), all’espressione e alla funzionalità di vari tipi di cellule T (quelle che governano e sono preposte all’immunità da trapianto, alla difesa contro i virus). Quando una persona subisce una cocente delusione amorosa, viene a crearsi nel suo intimo una situazione di disastro psicologico, di angoscia, direi ‘agonica’, che si riflette sia sulle funzioni sessuali, sia sull’immunità. Sono arciconvinto che gran parte dei gravi problemi che portano all’alterazione dell’immunità, hanno un’origine emotiva e psicologica. Quando si è soggetti a uno stress negativo (perché ne esistono anche di positivi!), si verifica un trauma che si riflette sul controllo dei cicli ormonali, fino a compromettere l’immunità di una persona. Il trauma emotivo persistente porta poi alla depressione e all’odio di se stessi; a una situazione, cioè, autodistruttiva, fino al desiderio di morte, e talvolta alla concreta realizzazione del suicidio. Tutto ciò è stato ampiamente dimostrato da psiconeuroimmunologia, neuroendocrinologia, neuroimmunologia, neuroimmunomodulazione, attraverso numerosi studi e sperimentazioni. A seguito di un evento traumatico, l’entità psicoorganica si altera: la conseguenza è, per esempio, che una persona depressa non fa sesso, perché non ne ha voglia, in quanto i suoi ritmi ormonali risultano compromessi. Il depresso è quindi esposto alle malattie infettive, a quelle autoimmunitarie, al cancro. Gran parte infatti di queste malattie (fatti salvi i casi di incidenza da agenti tossici inquinanti, chimici e ambientali), se si va a scavare in profondità, hanno come substrato comune uno squilibrio psicosomatico grave. Al contrario, la relazione amorosa, equilibrata, serena, allegra e gioiosa costituisce la migliore salvaguardia nei confronti delle malattie in genere, e di quelle autoimmunitarie in particolare. Purtroppo, sono veramente pochi a rendersene conto; mentre si fa una gran confusione tra sesso e amore, riducendo tutto alle trivialità di cui si fa dappertutto una continua ostentazione. Tutto ciò per dire che sistema immunitario e sistema ormonale colloquiano fra di loro, e sviluppano una relazione crociata. È quindi ovvio che se si alterano i ritmi sessuali, risulterà di conseguenza alterata anche l’immunità. 31 Le tue affermazioni sono molto interessanti e, come sempre, illuminanti. Tuttavia, come vanno prese? Voglio dire, sono delle tue, diciamo così, ipotesi, o hanno invece un valore scientifico incontrovertibile, frutto di studi e sperimentazioni scientifiche? Esiste in proposito un’amplissima documentazione scientifica. Le mie personali ricerche (ho iniziato a pubblicare su questa materia sulla rivista scientifica Nature a partire dagli anni sessanta) sugli effetti prodotti sul sistema immunitario e sul timo dalla ablazione delle gonadi, e come il timo regoli lo sviluppo sessuale, per esempio, mi hanno permesso di dimostrare in passato come le funzioni ormonali, legate all’ipofisi o alle gonadi, sono in grado di alterare profondamente l’immunità. Più recentemente, la farmacologia molecolare ha dimostrato (mi riferisco in particolare ai validissimi lavori di Bianca Marchetti, titolare della cattedra di Farmacologia Clinica, all’Università di Sassari) come le molecole che regolano il rilascio delle gonadotropine dall’ipofisi (LHRH = luteinizing hormone releasing hormone, fattore di liberazione delle gonadotropine) hanno un’importanza determinante a livello immunitario. In sostanza, la sfera sessuale è una forza vitale che fa capo all’altra forza vitale presente in noi, che è l’immunità. Adesso io vorrei porti delle domande che ti potranno far sorridere; com’è noto, però, di sesso si parla a iosa, ma alla fine non tutti hanno le idee chiare, e sull’argomento girano spesso credenze degne delle più incredibili leggende metropolitane. Per esempio: come fare sesso, con quale frequenza, con quanta libertà? Ti chiedo: quanto influiscono queste modalità sulla ‘funzione immunitaria’ dell’attività sessuale? Io credo che ognuno debba godere (è il verbo che in questo caso casca proprio a fagiolo!) della massima libertà in questo campo, e comportarsi come meglio crede; purché, a livello di relazione (etero o omosessuale che sia, non ha importanza), l’attività sessuale sia comunque appagante. Questo è d’altronde il regno della fantasia più sfrenata: basti pensare alle tradizioni orientali, al numero infinito di libri che sono stati scritti sull’argomento, alle descrizioni più maliziose e scollacciate... Tutti divertissements che, a dire la verità, personalmente io reputo noiosi oltre ogni limite; se non sono infatti accompagnati da una profonda emotività, rischiano di trasformarsi in puri e semplici esercizi ginnici! Di cui peraltro mi guardo bene dal negare l’esistenza, convinto come sono che almeno l’80% delle relazioni sessuali sia proprio di tipo ‘ginnico’. Ritengo invece che la relazione amorosa coinvolga in maniera profonda, se non addirittura drammatica e lacerante, l’emotività di due persone, che si incontrano e si conoscono a un livello sublime, vale a dire, a mio avviso, spinti dall’incoscia e anche straziante pulsione all’immortalità (mi viene in mente la storia di Orfeo ed Euridice, così drammaticamente espressa da Monteverdi!). Fermo restando che, come del resto in tutto ciò che è umano, anche l’esperienza sessuale conosce differenti modulazioni, a seconda dell’intensità del piacere e del grado di comunicazione fra le persone coinvolte. Ci sono, nell’attività umana, altre esperienze tanto ‘sconvolgenti’ e intense, da poter essere paragonate al piacere sessuale, così come lo hai appena descritto? Io credo che l’unica attività umana che possa essere accostata al trasporto che provano due persone che si amano teneramente e vivono una comunione spirituale, ma anche sessuale ed emozionale, sia la creatività scientifica o artistica. L’emozione legata a una scoperta scientifica, o alla creazione artistica, è infatti talmente grande, da potere essere (forse) paragonata all’erotismo e allo stato di beatitudine che scaturisce da una appagante relazione amorosa (ma la stessa cosa ritengo si possa dire dell’estasi sperimentata da alcuni dei ‘santi’ della tradizione cristiana, o di altre religioni). Non mi convince invece del tutto l’amore cosiddetto platonico, che senz’altro è in grado di creare una tensione erotica, però lascia un po’ la bocca amara; mentre io sono dell’opinione che le situazioni erotiche vadano agite e concluse, per ricominciarle semmai nuovamente con maggiore coinvolgimento. 32 Spiegami però bene: il sesso che ‘fa bene’ è quello in cui si manifesta il sentimento; ma allora che ne facciamo di quello ‘ginnico’, che tu dici essere la condizione ‘normale’ dell’80% dei rapporti sessuali? Voglio dire, i processi che ‘proteggono’ l’immunità sono tutti uguali, nell’un caso e nell’altro, o no? A livello fisiologico, è chiaro che i processi e le reazioni ormonali hanno luogo sempre e comunque in tutti e due i casi. D’altra parte, non bisogna neppure portare alle estreme conseguenze le riflessioni che abbiamo fatto fin qui. L’esperienza sessuale può essere infatti vissuta in maniera ‘alta’, anzi ‘altissima’, ma soltanto se si è predisposti a che ciò avvenga; è mia opinione che questo atto sublime sia riservato a pochi. Ciò però non vuol dire affatto che l’esercizio ginnico-sessuale, per così dire, purché, ovviamente, abbia luogo in condizioni di ‘normalità’, non sia di per sé sufficiente a raggiungere lo scopo che la natura ha assegnato al sesso: vale soprattutto per le persone che io chiamo ‘poco differenziate’ (e che sono, purtroppo, la maggioranza!), che riescono ad avere soltanto un tipo di rapporto, per così dire, diminuito. Se non altro, scaricano così quell’emotività che, diversamente, se non incanalata cioè nella giusta direzione, potrebbe provocare seri danni alla salute; chi infatti non traduce in pratica la propria carica sessuale, è depresso, pieno di problemi, va soggetto a malattie, il suo organismo vive una sorta di autocastrazione, con conseguente alterazione del sistema immunitario. Quali conseguenze potrebbero verificarsi in questo caso? Che prezzo ha l’astinenza, a livello immunitario? Un esempio tipico, drammatico, è l’artrite reumatoide deformante, in forma grave, tipica di certi periodi storici (quello vittoriano, per esempio, fra l’Ottocento e l’inizio del Novecento), in cui a dominare era l’ipocrisia che portava, soprattutto le donne, a soffrire di profonde frustrazioni sessuali. Per non parlare poi di molte altre malattie autoimmunitarie che sono, sì, scatenate da virus, ma in una condizione di immunosoppressione (psichica, somatica ecc.); che a sua volta è frutto di una sorta di autocastrazione da insoddisfazione sessuale, conscia o inconscia che sia. In altri termini, l’organismo si punisce mettendo in atto un’autodistruzione: l’immunità esercitata nel rigettare batteri, virus, parassiti ed elementi percepiti come estranei, e quindi altro da sé, finisce per rivolgersi contro lo stesso organismo, alla cui tutela la funzione immunitaria è preposta. Sono convinto che anche molti tipi di tumori siano originati da problemi psicosessuali, in particolare i tumori del tratto sessuale e riproduttivo dell’uomo e della donna. Un capitolo a parte meriterebbe la condizione di chi intenda, per scelta o per necessità, ‘sublimare’ la propria sessualità. Quali sono i pericoli che può comportare un atteggiamento del genere? Esistono persone portate spontaneamente alla spiritualità: ignoro se questa tendenza possa essere messa in relazione con un’eventuale carenza di ormoni sessuali, oppure no; da un punto di vista medico, non dispongo di elementi per affermare alcunché nell’uno o nell’altro senso. In ogni caso, se la forza vitale costituita dal sesso viene ‘volontariamente’ sublimata, purché con gioia e serenità, e indirizzata verso situazioni e modi di essere comunque appaganti, escludo che ne possa risultare un danno per la salute. Molto più difficile sarebbe, semmai, accertare fino a che punto la scelta personale sia effettivamente libera, e non piuttosto condizionata dalle convenzioni culturali e sociali, magari contrabbandate come ‘chiamata’ alla sublimazione. La forza vitale però, cioè la vitalità sessuale prorompente, quella che tutto travolge, è sempre lì: può essere anche indirizzata verso obiettivi diversi dall’appagamento sessuale, ma ugualmente vissuta ed espressa, serenamente e gioiosamente in maniera completa (onestamente, però, credo che il verificarsi di queste condizioni sia più l’eccezione che la regola). Se, invece, essa fosse artatamente manipolata, cioè repressa a viva forza, sarebbero guai a livello ormonale! addio difese immunitarie! L’espressione di una tale deplorevole (per l’individuo, ma anche per la società) situazione, è rappresentata in maniera molto significativa dalle malattie autoimmuni e dal cancro. Che cos’è infatti il cancro? La presenza di un elemento negativo, da cui l’organismo non si difende, perché non riesce a identificarlo come diverso da sé, e quindi dannoso; e perché avviene ciò? Semplicemente perché l’organismo è alterato nei suoi ritmi, cioè non è nella pienezza delle sue facoltà. Tutto si ricollega 33 quindi al concetto di biologia di base, secondo cui la sfera sessuale è parte integrante del sistema che presiede al mantenimento della salute. Tu dici di provare pena per chi è non è capace d’amare, e confonde il sesso con l’amore. Perché tanta pena, di grazia? Provo pena per chi non riesce ad andare in profondità nelle proprie emozioni, negandosi in tal modo esperienze esaltanti. Provo pena per chi è costretto a vivere una vita ‘ridotta’, in un certo senso; menomata. Per me, invece, che sono un idealista, l’amore è il raggiungimento di un’intensa armonia di coppia, tale da ‘toccare il cielo con un dito’, in una sorta di vibrazione all’unisono, la cui forza estatica distrugge quasi chi è in grado di acquisirne la consapevolezza. È l’illuminazione che fa partecipe la coppia del significato eterno dell’amore, e quindi della raggiunta immortalità (anche se poi, sfortunatamente, questa non va intesa in senso strettamente personale!), che ne consegua o no una nuova vita. Credo che l’amore, unito al sesso, sia un dono di Dio, che non solo lascia per sempre una traccia, ma costituisce la vita stessa. Il mantenimento sine die di sesso e amore, e la freschezza delle emozioni e dei sentimenti a essi legati, sono la base stessa della vita; se si estinguono, come nella gran parte dei matrimoni, non resta che la rarissima arte della sublimazione spirituale, o il più infernale castigo della noia e del tedio Caro Walter, sia chiaro, e adesso lo posso dire, che ti ho intenzionalmente guidato attraverso questo percorso a ostacoli, ponendoti delle questioni apparentemente peregrine, allo scopo principale di poterti, alla fine, interrogare sul ruolo che gioca la nostra semplicissima e modestissima melatonina sull’attività sessuale: la rafforza, la inibisce, o non ha niente a che vedere? La melatonina, alla dose fatidica di tre milligrammi, alla sera prima di dormire, mette a riposo la ghiandola pineale e, di conseguenza, mantiene e sostiene la funzione sessuale. In persone sessualmente ‘stanche’, per esempio, o che sperimentano un calo del desiderio e dell’erotismo, la messa a riposo della pineale, grazie alla somministrazione di melatonina, risincronizza i ritmi ormonali giovanili. Di conseguenza, i ritmi ormonali mantengono l’immunità! Qui sta il ‘miracolo melatonina’, il cui significato profondo è finora sfuggito a molti. La melatonina che assumiamo alla sera mantiene i ritmi ormonali che controllano totalmente il sesso! Tuttavia, in questo campo esiste qualche confusione; vediamo quindi di fare chiarezza. Per esempio, è vero o no che la somministrazione di melatonina inibisce la funzione sessuale? Assolutamente no, anzi avviene proprio il contrario! Ribadisco che la melatonina, alla dose massima di 3 mg, e somministrata alla sera, normalizza l’attività sessuale. Attenzione, però: la somministrazione deve avvenire alla sera, prima di dormire; se infatti la melatonina venisse somministrata durante il giorno, altererebbe il ritmo, con conseguente alterazione anche delle funzioni sessuali. Assumendola invece di notte, non si fa che assecondare la natura, mettendo soltanto a riposo la pineale (che non deve sforzarsi per produrla), e permettendole quindi di risincronizzare i ritmi del sistema ormonale. La melatonina serve, in sostanza, a proteggere, a tempo indeterminato, la funzione sessuale sia nell’uomo che nella donna. Quindi, non è neppure vero che la melatonina possa inibire la produzione di testosterone? Questa è un’altra delle fandonie messe in circolazione da gente disinformata e ignorante. Io stesso ho dimostrato e pubblicato che la melatonina mantiene la produzione di testosterone nei roditori senescenti, cioè nei topolini anziani! Essa aumenta la spermatogenesi! 34 La melatonina può effettivamente inibire la produzione di testosterone, ma soltanto a due condizioni: primo, se viene somministrata a dosi abnormi (500 mg, per esempio); secondo, se viene assunta di giorno, anziché di notte, con conseguente scombussolamento dei ritmi. La stessa cosa si può dire degli ormoni femminili. Se si assumessero dosi massicce di melatonina, com’è accaduto nel famoso studio olandese, di cui abbiamo parlato in altra parte di questo stesso libro, dove alle donne in trattamento (1500) sono stati somministrati 300 mg di melatonina al giorno, allo scopo di fare della melatonina un’anticoncezionale (a quelle dosi avrebbe una funzione inibitoria sulle gonadotropine), allora potrebbero entrare in gioco fattori di inibizione dell’attività sessuale; ma soltanto in casi limite come quello citato. Se mantiene integra la funzione sessuale, vuol dire che la melatonina aiuta a conservare una normale attività sessuale; anche in caso di deprecabili defaillances, faccio per dire? In sostanza, come il Viagra, per intenderci? Sia chiaro per tutti che l’assunzione di melatonina, alle dosi consigliate, mantiene in perfetto stato le funzioni sessuali dell’uomo e della donna; ma, attenzione, non è un afrodisiaco! Anche se mantiene il desiderio in condizioni ‘normali’ per la persona che l’assume (in considerazione cioè dell’età, delle condizioni generali di salute, di malattie pregresse ecc.). A sentirti parlare, mi vengono in mente almeno due altri esempi che hanno a che fare con il tuo modo di intendere il piacere derivante dall’attività sessuale; soprattutto per l’esercizio di quell’arte che è la seduzione, esercitata in maniera gioiosa, e dell’erotismo che ne consegue. Mi riferisco in particolare al candore ineffabile con cui il Boccaccio ci delizia con i suoi racconti (‘metti lo diavolo tuo nel mio ninferno’…); e alla ‘mistica’ celebrazione della carne del regista cinematografico Tinto Brass, che è stato definito il più erotomane dei registi e il più regista fra gli erotomani. Quanto ti senti in realtà personalmente vicino a questi due personaggi? Purtroppo, non ho visto i film di Tinto Brass; me ne rammarico e faccio pubblica ammenda per questa manchevolezza (li hai visti tu, però, e quindi condivido il giudizio che ne dai). Quanto a Boccaccio, ne apprezzo appieno lo spirito: le storie sessuali, allegre, gioiose che racconta mettono in mostra una società molto meno ipocrita della nostra. Non solo infatti a quei tempi amavano parlare, apprezzare e godere simpaticamente di ogni situazione erotica (l’erotismo altro non è se non il tentativo di anticipare e mantenere un sottile stato di orgasmo), ma ne sapevano anche ridere in allegria. E io trovo che se uno non è in grado di apprezzare il sesso in modo gioioso, con la spensieratezza di un bambino, è meglio che non se ne curi proprio, perché qualcosa non funziona! Ho sempre ammirato poi l’assoluta libertà e semplicità dei Greci e dei Romani nell’affrontare gli argomenti legati al sesso. Da questo punto di vista, noi stiamo appena venendo fuori (forse!) da secoli bui, contrassegnati da una visione bigotta, che ha pesantemente condizionato in maniera gravissima, perniciosa e micidiale, l’esistenza di tantissime generazioni. A dire il vero neppure oggi vedo però una grande letizia. Manca quella spensieratezza che invece avverto nella musica di un Monteverdi, per esempio, che mi fa sprofondare in quel mondo arcaico, in un certo senso così familiare, popolato da ninfe e da fauni. Io sono per la giocosità anche un po’ orgiastica e sfrenata, perché no, che, se viene a mancare, è segno che siamo già mezzi morti; ed è quindi opportuno affrettarsi a riscoprire, prima che sia troppo tardi! Cap. 16 – La ricerca scientifica e la medicina pratica Che ironia! La crescita e l’invecchiamento sono strettamente abbinati e camminano fianco a fianco. Infatti, gli ormoni che regolano la nostra crescita sono gli stessi che stabiliscono anche il momento della nostra morte. (Walter Pierpaoli) 35 Caro Walter, tu sei un ricercatore, ma anche un medico. Hai dedicato tutta la vita alla ricerca, ma oggi, correggimi se sbaglio, tu hai imboccato una strada diversa. In sostanza, hai deciso di evitare ed eludere i vari controlli che sono richiesti quando si mette a punto una sostanza rivelatasi utile nell’uomo, rivolgendoti direttamente al paziente; ricostituendo, per così dire, la tua funzione di medico. È corretta questa ricostruzione dei fatti? Sostanzialmente, sì. Dopo quarant’anni di attività di ricerca, ho deciso di trasferirne direttamente ai pazienti i risultati. La domanda, allora, è la seguente: ma non è pericoloso questo salto, che ti porta a tralasciare un passaggio ritenuto indispensabile dalla comunità scientifica (oltre che dalle autorità sanitarie dei vari paesi)? Quali sono le garanzie che tu sei in grado di offrire? A me pare infatti che tu non sei lo scienziato pazzo che dice: ‘beh, ho somministrato questa sostanza ai topi, adesso passo a darla all’uomo’… A te la parola. Il mio percorso è così particolare, che la tua domanda semplicemente mi diverte. Per prima cosa, io sono un medico: a suo tempo, ho avuto anch’io il mio bravo studio medico, con numerosi pazienti; inoltre, per diversi anni ho svolto la professione medica in vari ospedali. Essendomi poi dedicato alla ricerca, anche perché non credevo molto alla medicina che veniva praticata quarant’anni fa, la mia formazione attuale risulta essere, sì, di carattere medico, ma basata sull’aggiornamento costante in endocrinologia, immunologia, oncologia, oncocrinologia e quan’altro. Posso quindi affermare che adesso sono ‘finalmente’ pronto a dedicarmi alla medicina pratica. Per quanto riguarda poi il discorso che facevi a proposito di evitare certi aspetti burocratici, io non eludo e non ignoro proprio niente, per la semplicissima ragione che non uso farmaci. Non ho quindi la necessità di giustificare i miei interventi, come se adoperassi un farmaco tossico, oltretutto non testato; neppure per idea! Io non utilizzo neanche un farmaco, ma soltanto molecole naturali i cui effetti e la cui innocuità sono molto ben conosciuti. L’unica differenza sta, semmai, nel fatto che le impiego in maniera diversa dal solito, perché le applico sulla base delle mie scoperte, o della mia osservazione, che mi ha permesso di capire il funzionamento dell’orologio biologico che esiste in noi, e come lo si possa mantenere in ordine. Su questo fondamentale principio biologico io baso le mie terapie e i miei interventi. Semmai, ho quindi eluso, non tanto la comunità scientifica, quanto piuttosto il tentativo, che sarebbe stato fallimentare, di convincere qualcuno del significato di ciò che metto in opera. Se, infatti, dovessi trascorrere i prossimi venti anni a convincere la comunità scientifica internazionale a venire dalla mia parte, starei fresco! Tenuto conto poi, che delle mie osservazioni, io continuo però a informare la comunità scientifica, e infatti pubblico i risultati delle mie ricerche su ottime riviste scientifiche. Mentre quindi, da una parte, vado avanti nel mio percorso scientifico, dall’altra, applico già i risultati ai miei pazienti, cioè alle persone che mi chiedono aiuto. Sia chiaro, fra l’altro, che io non sono certo a caccia di pazienti, né tantomeno svolgo opera di persuasione verso di loro. Semmai, sono gli eventuali buoni risultati constatati dai pazienti stessi, a rendere manifesta la validità delle mie terapie. Questo discorso è tanto più vero in quanto, laddove io dovessi scoprire (come infatti è il caso) delle sostanze che hanno tutte le caratteristiche dei farmaci, non esiterei un istante a sottometterne l’eventuale impiego clinico a chi di dovere, per gli indispensabili test e le autorizzazioni richieste per legge dagli organismi internazionali. Si può quindi affermare che la tua attività in questo momento è duplice: da una parte tutto ciò che riguarda il campo di sostanze, come la melatonina, che non hanno bisogno di alcuna registrazione, perché non sono farmaci, ma molecole naturali; dall’altra, delle sostanze che, configurandosi appunto come farmaci, e quindi nella piena ufficialità, sono affidate alla specifica competenza di industrie farmaceutiche del settore. Esattamente. Queste industrie si occupano dei vari test clinici, farmacologici, tossicologici ecc., fino all’eventuale registrazione del farmaco. 36 Tornando però al primo aspetto, sull’impiego cioè di sostanze naturali ben conosciute, come la melatonina, il fatto nuovo è che il ricercatore esce dal laboratorio, e decide di passare alla clinica; sei d’accordo? Direi che il mio è un caso addirittura unico. Ed è per me una grande gioia, perché sono medico e posso quindi permettermi di adottare questa linea di condotta! È stato l’inevitabile, direi quasi involontario, traguardo a cui sono pervenuto, e me ne rallegro, proprio perché non l’ho cercato. Come sempre, mi sento ‘teleguidato’ e seguo il mio destino. Continuo, come direbbe il mio amico Bill Regelson, a seguire la mia vocazione di “maverick”, vale a dire di animale che sfugge al branco e se ne va per i fatti suoi. Non potrei fare altrimenti. Tuttavia, perché tu, per anni, sei rimasto al chiuso del tuo laboratorio, e hai deciso di non curare più nessuno per un lunghissimo periodo? Mentre invece, recentemente, hai cambiato rotta, per così dire, per occuparti nuovamente di pazienti, e non soltanto quindi più di topolini? Semplicemente, perché in precedenza non ero pronto a occuparmi di pazienti. Sarebbe stato per me imbarazzante, applicare principi terapeutici della cui validità io stesso per primo non ero convinto. Così come, d’altronde, non ero pronto neppure con la melatonina, soltanto cinque anni fa. Perché c’è da dire che io ho scoperto moltissimi e interessantissimi aspetti sull’uso della melatonina, a partire da cinque anni a questa parte. E in ogni caso, prima di impiegare alcunché su un paziente, anche se, ripeto, in totale sicurezza, ne osservo su me stesso gli effetti, o su una ristretta cerchia di amici o famigliari. Puoi farmi l’esempio di una nuova osservazione sugli effetti della melatonina? Ho notato, per esempio, che nelle donne in menopausa, la melatonina è in grado di invertire la tendenza verso l’osteoporosi; si assiste cioè a un progressivo restauro della sintesi dell’osso. È chiaro che, in questo caso, io applico i miei principi alle donne in menopausa, senza che ci sia alcuna necessità di sottoporre questa ‘terapia’ al giudizio della comunità scientifica internazionale; la melatonina non presenta infatti tossicità o effetti collaterali di sorta, e questo è un fatto universalmente riconosciuto a livello scientifico. E poi, ancora una volta, tu hai idea di quanto denaro muova oggi l’osteoporosi? Pensa inoltre che le applicazioni farmacologiche normalmente impiegate, non risolvono il problema alla radice, come invece avviene se si ristabilisce l’equilibrio neuroendocrino, che è, lo ribadisco ancora una volta, la base biologica della salute. Cap. 17 – Odisseo, chi era costui? Esistono tre categorie di uomini: quelli che piantano alberi; quelli che contemplano gli alberi; e quelli che abbattono gli alberi. Questi tre esemplari di uomini sono incompatibili fra loro. Tuttavia, possono esistere rari esemplari di uomini che piantano, contemplano e abbattono gli alberi. Sono dei semidei, e la loro esistenza è dura e faticosa. Le loro tracce sono perenni e infondono il coraggio di vivere. (Walter Pierpaoli) Caro Walter, da quanto sei venuto dicendo fin qui, affiora come l’impressione che non deve essere stato facile per te battere la strada del ricercatore solitario, preso dalle proprie intuizioni, e non sempre in sintonia con le ‘richieste del mercato’, per usare un eufemismo. Con quali difficoltà hai dovuto confrontarti per poter affermare le tue idee? Al ‘sabotaggio’ delle mie idee mi sono abituato fin da quando ero studente in medicina, all’Università di Milano; spesso infatti sono entrato in rotta di collisione con certe figure cosiddette razionali, che vedevano in me un personaggio quantomeno ‘strano’ o comunque fuori dai canoni tradizionali. Naturalmente, ho incontrato anche persone positive; però, per andare avanti, ho dovuto eludere, in un certo senso, costantemente la sorveglianza che qualcuno pretendeva di esercitare su di me. Mi sono sempre considerato, infatti, come una sorta di clandestino, che però è sempre riuscito a mettere in atto frequenti sortite nel mondo dell’ufficialità (ne dovevo tenere conto per non perire!), per dire la propria e ancorarla con stratagemmi ai canoni ‘scientifici moderni’; per poi tornare al romitorio sicuro fra i boschi e i monti della Svizzera, o anche realizzando ‘scoop’ su una sperduta isola del Mediterraneo, come nelle Conferenze di Stromboli sul Cancro e 37 l’Invecchiamento, eventi memorabili e irripetibili. Sempre con enormi fatiche, e fuori dai gruppi di potere. Li ho… gabbati! Tu dici di essere un ‘clandestino’ che di tanto in tanto viene alla ribalta per lanciare un’idea e provare scientificamente una propria intuizione. Puoi fare qualche esempio, relativamente alla ricerca scientifica? Nel campo della neuroimmunologia, i miei primi lavori hanno anticipato almeno di trent’anni la constatazione della stretta interdipendenza fra lo sviluppo del sistema neueroendocrino e quello del sistema timo-immunitario; così come ho sostenuto che tutti gli ormoni che ho studiato (ormone della crescita, tiroxina, insulina, prolattina, cortisone, ormone tireotropo, gonadotropine, e così via) sono essenziali ai fini dello sviluppo e del mantenimento di un’efficiente immunità. I miei lavori, come per esempio quello intitolato «Lymphocytes as messengers to the brain», si scontravano allora con la fiera opposizione delle redazioni delle riviste di immunologia, e venivano rifiutati. E tutto ciò, nonostante fosse assolutamente chiaro che i linfociti erano in grado di comunicare con il cervello (riuscii comunque a pubblicare nel 1972 un articolo su Experientia, in cui le mie idee erano espresse molto chiaramente). Vedi, la matematica non suscita interesse in me; semplicemente non la capisco; da questo punto di vista sono, se vuoi, ‘irrazionale’. Al contrario, mi è spesso accaduto di entrare in una sorta di trance: improvvisamente il mio cervello conosce già la soluzione di un determinato problema. Negli anni settanta mi sono accanito a studiare determinate molecole che mi hanno portato a scoprire come sarebbe stato possibile effettuare i trapianti d’organo, evitando il rischio di rigetto; c’è voluto uno sforzo disumano per venirne a capo, ma io la soluzione l’avevo già intuita molto tempo prima di poterla dimostrare scientificamente! Questa è, fra l’altro, la ragione per cui mi sono rifugiato in Svizzera, a Davos, segregato per dieci anni in un piccolo istituto di ricerca a 1600 metri di altitudine. In effetti, un’inenarrabile odissea, un percorso di guerra, insieme a pochi personaggi di rilievo, uomini e donne che mi sono stati vicini. Ti ho già posto questa domanda, ma te la ripeto, non si sa mai che riesca a coglierti in flagrante contraddizione: perché Walter Pierpaoli, a 66 anni, ed essendosi laureato in medicina nel lontano 1960, quindi ben dopo quarant’anni, decide improvvisamente di riprendere in mano i ferri del mestiere, e ritorna a esercitare la professione di medico, pur senza abbandonare del tutto la ricerca? Perché mi sono reso conto che la mia vita è cambiata, grazie al rinnovato contatto con i pazienti. In un certo senso, non ho più bisogno dei miei topolini, perché in due o tre mesi vedo già i risultati a livello clinico, sulle persone che curo, specialmente nelle malattie autoimmunitarie. D’altra parte, dopo una serie di incredibili vicissitudini, sul piano scientifico e personale, che mi hanno portato, negli anni settanta, a rifiutare anche posizioni di prestigio negli Stati Uniti o altrove (a Minneapolis, per esempio, su richiesta del professor Robert Good, o a Melbourne su invito di Gus Nossal), posso certamente escludere che io ritorni oggi alla pratica clinica per ambizione, avidità o vanità. Si tratta semmai del desiderio, ricorrente per la verità nella mia vita, di voler raggiungere a tutti i costi scopi apparentemente impossibili da realizzare. Tornando per un attimo al passato, qual è stato l’aspetto più difficile da sostenere, e cos’è che eventualmente ti ha consentito di sopportarne il peso? Via via che mi andavo confrontando con le varie redazioni delle riviste scientifiche ‘accreditate’ (dirette da vere e proprie lobbies di potere, e che spesso soltanto malvolentieri sono state costrette dalle evidenze scientifiche a pubblicare i miei lavori), maturavo la convinzione di essere sempre ‘troppo avanti’. Ai tempi di Davos, per esempio, quindi fra il 1972 e il 1977, io avevo sviluppato un modello sperimentale che dimostrava come il self (self-identity) fosse da ricercare nel cervello, piuttosto che nel sistema immunitario. Il lavoro, pubblicato dalla rivista americana Cellular Immunology nel 1977, era probabilmente troppo rivoluzionario per essere apprezzato, e infatti all’epoca non fece notizia. Se lo leggi adesso, è stupefacente. È solo un esempio, ma fa capire bene come la maggior parte dei miei lavori risultasse non pubblicabile, a causa della necessità di integrare rapidamente le conoscenze acquisite in una concezione più completa, senza aspettare che lo staff editoriale delle riviste scientifiche egemoni pronunciasse il suo placet, controvoglia. Questa era la situazione quando tu avesti la fortuna di incontrare un personaggio decisivo per la tua carriera di ricercatore. 38 Il riferimento non può che essere al Dr. Jean Choay, farmacologo, filosofo e Presidente dell’Istituto Choay di Parigi, istituto allora di punta nella produzione di eparina e derivati anticoagulanti, che io incontrai per la prima volta a Parigi; ne nacque una fruttuosa collaborazione, durata ben undici anni, fino cioè alla sua scomparsa. Ed è proprio grazie allo spirito umano e visionario di Jean Choay, uno straordinario connubio di filosofia, sapienza e intuizione scientifica, se io sono riuscito a sopravvivere e a lavorare a Zurigo; senza di lui non mi sarebbe stato possibile vivere in quel rude, freddo, ferocemente ostile (anche adesso!) e pragmatico Paese, chiamato Svizzera. Mi ha dato infatti comprensione e affetto incondizionato, oltre a fornirmi, in base alle possibilità della sua Società, il necessario per proseguire la mia attività di ricerca e sviluppare idee completamente nuove. Tuttavia, i ‘nemici’ e i denigratori invidiosi non si contano! La cosa mi lusinga! Ascoltandoti, verrebbe da dire che anche i ricercatori hanno un’anima. Nel tuo caso specifico, comunque, perché è stato così determinante il clima adeguato, in grado cioè di creare un ambiente capace di comprenderti e di sostenerti? In ogni fase della ricerca, almeno nel mio caso (dall’ Aging Clock alla concezione del ‘cervello morfostatico e alla costruzione del self’), è importante sottolineare le due condizioni che rendono possibile una ‘scoperta’. La prima consiste nella capacità di stare da soli, di lavorare da soli, di sopportare in solitudine profonde umiliazioni, frustrazioni, offese, senza tuttavia perdere la fiducia e il rispetto di se stessi. Ciò costituisce l’aspetto basilare di una vera ‘scoperta’, nel senso che non è possibile risultare originali, senza essere realmente ‘diversi’ dagli altri, e senza mantenere inalterata la propria visione e individualità a dispetto delle situazioni più ostili. La seconda condizione è che ci siano almeno una o due persone, possibilmente amiche, e che si pongano come degli interlocutori dal punto di vista intellettuale, della stessa categoria di un Jean Choay, per intenderci, oppure di un Bill Regelson e di pochi altri, come il grandissimo Vladimir Dilman, oppure Novera Spector e Maurice Landy, con i quali sia possibile discutere e mantenere così il senso della realtà. Che ti rassicurino, cioè, di tanto in tanto che non sei del tutto pazzo, nonostante le tue idee così fuori dal comune (come si è verificato, per esempio, durante la messa a punto dell’ aging clock.) Tu sostieni di non esserti mai adattato affatto all’ambiente di Zurigo, tuttavia vi sei rimasto dalla fine del 1976 al 1988. Infatti. In primo luogo per necessità di famiglia, essendo mia moglie svizzera, una donna di eccezionale valore e profonda onestà, e avendo due figli che amavo e che non potevo certo abbandonare. Per la verità, non è che fosse tutto così negativo. Il dottor Gonzague Kistler, per esempio, che mi aveva proposto di raggiungerlo all’Università di Zurigo, era un grande e onesto gentiluomo; e anche la sua équipe era accettabile e, in qualche occasione, addirittura eccellente. E in ogni caso, fu proprio in quegli anni cupi ed infelici (mi ricordano Cagliostro…) che cominciò a farsi strada in me l’idea dell’importanza della ciclicità circadiana per la maturazione dell’immunità. Fu proprio in quel periodo che realizzai infatti l’esperimento con i topolini sottoposti costantemente alla luce, per osservare se ciò potesse avere qualche effetto sul loro sistema immunitario, e infatti ne ha avuto, eccome! Come ho già riferito nel corso di questa conversazione, alla quarta generazione i topi si sono ammalati, la loro crescita si è bloccata, e sono quindi tutti morti prematuramente. L’abrogazione dei ritmi circadiani (luce-buio) accelerava infatti l’invecchiamento! Ho capito quindi che la vita stessa e il mantenimento della salute dipendono dai cicli circadiani ormonali! Quale conclusione fosti indotto allora a trarre dalla ‘tragica’ fine dell’esperimento? La conclusione, che è ormai nota da tempo, non poteva che essere una: il venir meno dei ritmi circadiani ha effetti devastanti sul sistema immunitario. Ciò che mi preme sottolineare in questo contesto è che uno studio, iniziato allora con topolini geneticamente nudi (senza pelo) e senza timo, che aveva avuto inizio nel 1977, si è concluso con la pubblicazione sulla rivista International Journal of Neurosciences soltanto nel 1993! Ciò è forse appena sufficiente a far comprendere a un profano, quanto sia difficile e complicato muoversi nel campo della ricerca scientifica, specialmente, come è sempre accaduto al sottoscritto, se non si dispone di appoggi politici e finanziamenti pubblici. Questo è d’altronde il durissimo scotto che si deve pagare per conservare la propria libertà, non solo di ricercatore, ma di pensatore. È soltanto un esempio delle difficoltà che si è costretti a sostenere quando la nostra mente semplicemente partorisce un’idea che non va nel senso dell’ortodossia; non parliamo poi di ciò che comporta il tentativo di 39 supportarla scientificamente e di difenderla! Un vero calvario, costellato di mortificazioni: ma evidentemente, almeno nel mio caso, è stato necessario! Senza voler sminuire le tue fatiche, credo però che tutti gli scienziati ‘innovatori’ abbiano dovuto fare i conti con l’incomprensione e la stupidità umana, non ti pare? È vero, ma la circostanza non mi è, onestamente, di grande conforto. E spero che se ne possa comprendere appieno il perché. Si deve, per esempio, soltanto alla mia immaginazione, unita alla capacità di attingere e procedere a delle estrapolazioni da un numero incredibile di esperimenti e osservazioni durante molti anni di duro lavoro passati in laboratorio, se l’idea che esista un aging clock in grado di scandire la durata della nostra vita, ha preso corpo. In altre parole, ciò che ha reso possibile il trattamento di topolini con melatonina per mesi e anni, è stata la mia convinzione, basata sull’esperienza, che doveva esistere un orologio dell’invecchiamento situato soltanto nel cervello, e che era da escludere che questo potesse trovarsi a livello di corteccia, o di nucleo soprachiasmatico, di area preottica, di ipofisi, di ipotalamo. Evidenze nel corso dell’evoluzione e della maturazione dell’embriogenesi indicano molto chiaramente infatti che deve esistere un regolatore in grado di favorire l’adattamento di ogni singolo elemento ai cambiamenti costanti dell’ambiente; e questo regolatore non può che essere la ghiandola pineale, grazie al suo ruolo di "modulatore dei regolatori" cui l'ha destinata l'evoluzione del cervello in milioni di anni. Noi invecchiamo semplicemente perché lo crediamo, così come ci è stato inculcato da piccoli che dobbiamo morire. Io sono invece convinto che noi possiamo rimanere giovani fino al momento in cui moriamo. Al contrario, sono profondamente convinto che mentre, da una parte, l’uomo tenda a divenire sempre più giovane nel corso dell’evoluzione della specie, come sostiene il grande antropologo americano e mio amico Ashley Montagu nel suo libro Growing Young (Crescere Giovani), dall’altra è condizionato psicologicamente e socialmente in maniera tale che il suo cervello cominci a pensare di sentirsi vecchio e conseguentemente a diventare veramente vecchio! Ma noi possiamo restare giovani per un tempo lunghissimo, e mi dispiace di averlo scoperto soltanto quando avevo già cinquant’anni, e non prima, nonostante io abbia innato l’istinto (piuttosto che l’intuizione) di ‘sentire’ qualcosa di fondamentale con un anticipo di decine d’anni rispetto agli altri! Ed è forse anche questo il motivo per cui nella mia vita ho scelto il più pericoloso e disperante dei lavori, quello dello ‘scienziato freelance’ piuttosto che quello del Professore Emerito o qualcosa di simile! E in ogni caso non ne sono affatto pentito. Del resto, forse che Paracelso non è dovuto fuggire di notte da Basilea, per sottrarsi all’ira dei medici invidiosi, salvando così la pelle? In fondo, a me è andata anche abbastanza bene! E, sicuramente, molto meglio che a Paracelso! Cap. 18 – Le Conferenze di Stromboli su Cancro e Invecchiamento Veniamo adesso a un argomento che ti sta molto a cuore. Ti chiedo: che cosa rappresenta per te l’isola di Stromboli? Stromboli non è soltanto un’isola, ma l’unico vulcano sempre attivo del Mediterraneo. Vi sono sbarcato la prima volta nel 1960, e da allora è per me l’emblema perenne della vita che si rinnova, grazie alle ceneri che rifertilizzano il ciclo vitale del territorio. Stromboli è quindi un simbolo della forza vitale che, spingendo il magma in superficie da una profondità di duecento chilometri, rinnova costantemente la vita dell’isola. Ho attinto anch’io a questa forza, ed è nata così l’idea di organizzare una Conferenza periodica su Cancro e Invecchiamento. Da molti punti di vista non esiste infatti luogo più adatto al mondo, per trattare questo tema da un’angolazione, diciamo così, filosofica. Quante se ne sono tenute finora, di queste conferenze? Con grandissime difficoltà, sono riuscito a realizzarne tre: nel 1987, nel 1990 e nel 1993. Come puoi constatare dai tre volumi che ne raccolgono gli atti (l’ultimo, quello sulla scoperta dell’ Aging Clock, è addirittura esaurito), pubblicati dalla New York Academy of Sciences, che è la più grande e più antica organizzazione scientifica 40 americana, le conferenze hanno avuto un successo strepitoso (a parte il fatto che gli scienziati, quando arrivano a Stromboli ‘impazziscono’, o danno letteralmente i numeri). Qual era la tua idea di fondo quando hai pensato a un’impresa di questo genere? Avevo l’ambizione di creare delle conferenze internazionali, alle quali invitare i più prestigiosi studiosi al mondo sul cancro e sull’invecchiamento, allo scopo di fare il punto sulla ricerca in questo campo. Oggi posso affermare che, ripeto, nonostante enormi difficoltà, ci sono riuscito. Sono stato sponsorizzato per ben due volte dalla NATO; inoltre, anche la SIGMA-TAU mi ha fornito un grande aiuto in un’altra occasione, e così pure l’INRCA di Ancona. Alla conferenza si partecipa su invito, e sono previsti in genere dai 35 ai 40 invitati. L’intenzione è di riprendere la serie di conferenze, magari con cadenza biennale, purché si riescano a mettere insieme gli aiuti economici necessari. Ma i soldi della gente, delle banche, dei donatori privati, i fondi pubblici e quelli delle industrie farmaceutiche vanno sempre nelle tasche dei soliti lobbisti che si spartiscono la torta e pure i premi scientifici. E’ sempre stato così. Cos’è che rende queste conferenze un ‘unicum’ che altrove sarebbe difficilmente realizzabile? Per definire il clima che si crea a Stromboli, io uso un’espressione che mi piace molto, e che tutti comprendono facilmente: quando si arriva sull’isola magica, anche lo scienziato più illustre lascia cadere la propria maschera: di ricercatore, di uomo politico, di intellettuale ecc. Già, al cospetto del vulcano in continua eruzione, ci si sente un po’ tutti ‘nudi’; il resto lo fanno il sole, il mare e le pietanze della Sirenetta, oppure la polvere del vulcano; fatto sta che ci si sente liberi. Si subisce una specie di metamorfosi, e il cervello cambia e ritrova gioie e sensazioni dimenticate, oltre a generare idee che rendono la Conferenza un evento indimenticabile dal punto di vista scientifico. Ho la sensazione che ormai, pur di partecipare alla Conferenza di Stromboli, gli scienziati sarebbero disposti a raggiungere l’isola a nuoto. Dal punto di vista invece più strettamente scientifico, quali sono stati i risultati delle conferenze che si sono tenute finora? Intanto, sono state tutte coronate da un grandissimo successo. Oltre, infatti, alla partecipazione di più di un candidato degno di un premio Nobel, sono stati molti gli scienziati che sono venuti a portare il loro contributo. Chi ha un minimo di dimestichezza con le questioni scientifiche, potrà poi consultare utilmente i tre volumi degli atti pubblicati negli Stati Uniti, per rendersi conto della qualità degli interventi presentati. Tieni presente inoltre che alle conferenze è sempre stato presente un delegato inviato dalla New York Academy of Sciences, che si è occupato della raccolta dei contributi scientifici, che sono stati quindi elaborati dalla stessa Accademia e pubblicati poi a sue spese, circa un anno dopo. La NY Academy of Sciences ha contribuito inoltre allo svolgimento della conferenza con una propria rilevante sponsorizzazione. A questo proposito, qual è la posizione della New York Academy of Sciences nel panorama scientifico internazionale? È la più antica accademia americana delle scienze, che conta oltre quarantamila membri, di cui molti stranieri. Come sanno bene gli addetti ai lavori, si tratta di una benemerita accademia che pubblica un prestigioso periodico ( The Sciences), distribuito ai soci. Inoltre, l’accademia dà alle stampe moltissimi volumi scientifici, relativi a conferenze, organizzate per iniziativa propria, ma anche, come nel caso delle Conferenze di Stromboli, da altri enti o singoli ricercatori. In quest’ultimo caso, se l’argomento è ritenuto interessante dall’organizzazione, non solo ne vengono pubblicati gratuitamente gli atti, raccolti in volume, ma si può arrivare anche al sostegno dell’iniziativa con un contributo economico, come è avvenuto appunto nel nostro caso. Tieni presente che il volume relativo all’ultima conferenza di Stromboli è stato in assoluto il libro più venduto nella storia della NY Academy of Sciences. E infatti il volume sull’Aging Clock è da tempo esaurito. 41 Cap. 19 – Il diabete Tutte le tue ricerche e le tue scoperte sono finalizzate allo studio e alla risoluzione dei problemi del nostro tempo, allo scopo di scongiurare le malattie più gravi e frequenti, e che sono, fra l’altro, responsabili o quantomeno concomitanti (nel senso che spesso e volentieri l’accompagnano), con la senescenza. Mi piacerebbe quindi passare in rassegna con te i principali flagelli della nostra società. Primo fra tutti: il diabete. Qual è la tua visione di questa patologia? Vorrei qui precisare che esistono due tipi di diabete, quello molto comune, detto ‘senile’, gestibile con dieta e ipoglicemizzanti, che è espressione della ‘Sindrome Metabolica X’ (vedi sopra, Capitolo X), e quello grave, detto anche ‘giovanile’, insulino-dipendente, dovuto a mancata o non sufficiente produzione di insulina da parte delle isole di Langerhans, del pancreas, che necessita quindi di costante supplementazione d’insulina. Non vorrei che ti mi giudicassi arrogante o, peggio, cinico, se affermo, e sono pienamente consapevole di ciò che dico, che ambedue le forme di diabete, nell’attuale contesto internazionale, significano soprattutto enormi profitti. Ciò detto, aggiungo che il diabete grave, insulino-dipendente, non è una malattia, ma semplicemente una catastrofe. Senza insulina, l’organismo umano non può funzionare; e, infatti, di diabete, tempo addietro, semplicemente si moriva. Dopo che Banting e Best scoprirono l’insulina, l’estratto di pancreas in grado di ‘curare’ il diabete (una storia affascinante i cui protagonisti risultano essere, come sempre, non grandi ricercatori, ma personaggi piuttosto stravaganti), l’industria farmaceutica si è praticamente impadronita dei diabetici (mi riferisco al diabete insulinico inguaribile, e non al cosiddetto ‘diabete senile’), e ha finito così per creare un problema sociale gravissimo e di enorme portata. Affermazioni piuttosto ‘forti’, che mi auguro vorrai supportare con adeguate argomentazioni… La realtà è sotto gli occhi di tutti, ma non ci si prende la briga di osservarla con un certo distacco. Infatti, il diabetico che una volta moriva, ovviamente creava un lutto nella società; però non generava figli; al contrario, il diabetico che adesso non muore più ma continua a vivere, sopravvivendo (mi rendo conto che il discorso potrà apparire spietato, ma occorre stare ai fatti!), genera altri diabetici. In Danimarca, per fare esempio, il diabete rappresenta una piaga nazionale: se il trend continuerà a progredire con l’intensità attuale, al massimo fra cento anni, gran parte della popolazione danese risulterà inesorabilmente affetta da diabete. Anche in questo caso quindi, come sempre del resto, è facile dimostrare che dove l’uomo mette mano per correggere la natura, riesce soltanto a creare un disastro. Il problema è: cosa facciamo con i diabetici? Sono destinati a morte certa? Li lasciamo al loro destino? Ovviamente, è impensabile impedire loro di generare figli. Una decina di fa, lessi che negli Stati Uniti, un dollaro, su sette spesi in cure mediche, era assorbito dal diabete (all’epoca, cento miliardi di dollari l’anno!, se non ricordo male). Ora, è appena il caso di ricordare che l’insulina non cura il diabete, ma permette al paziente unicamente di sopravvivere. Inoltre, il diabetico ha bisogno di terapie di tutti i tipi: sviluppa infatti malattie cardiovascolari, alterazioni degenerative dei vasi, perde la vista (retinopatia diabetica) ecc.; torno a ripetere, non vorrei sembrare cinico, ma per l’industria farmaceutica, questo stato di cose si traduce in un profitto fantastico. Dove sta allora la soluzione? A mio avviso, il problema si può risolvere soltanto in un modo: facendo, cioè, ricorso soprattutto alla prevenzione e alla cura precoce e rapida, in modo da mettere il sistema immunitario in grado di invertire il processo di autoimmunità che porta inevitabilmente alla distruzione delle isole beta del pancreas; è poi fondamentale che ciò avvenga durante la fase florida di autodistruzione delle isole di Langerhans. Fammi capire meglio. L’eziopatogenesi, cioè la causa dell’insorgenza del diabete, non fa riferimento a un solo elemento, ma è piuttosto variabile. In ogni caso, però, il risultato è la distruzione delle isole beta del pancreas che producono insulina. 42 Di conseguenza, si innalza improvvisamente la glicemia, e si riscontra glucosio nell’urina: è insorto il diabete. (Come ho detto sopra, esiste poi il diabete senile, ma in questo contesto non ne parlo, perché è tutt’altra cosa: qui ci occupiamo del diabete da carenza d’insulina, il vero diabete, quello ‘cattivo’). In una situazione del genere, per prima cosa occorre capire perché è sopraggiunto il diabete. Io, un’idea me la sono fatta: a seguito dell’attacco di un virus anche banale (che però di per sé, come tutti i virus, provoca una immunosoppressione), si scatena un’infezione; il virus, che in altre situazioni non produrrebbe danni gravi, attacca invece le cellule beta delle isole di Langerhans del pancreas, e induce la comparsa di autoantigeni, che a loro volta stimolano la produzione di autoanticorpi. Si stabilisce così un circolo vizioso e perverso, che è tipico delle malattie autoimmunitarie (o autodistruttive). Il paziente inizia quindi a produrre anticorpi contro determinate cellule del proprio organismo, che irrimediabilmente vengono distrutte. Il mio suggerimento è di provvedere, al primo accenno di autoaggressione da parte del sistema immunitario, a un’immediata inversione di rotta. Si tratta di una profilassi e di una terapia del diabete non ancora in fase irrimediabile, quello stato cioè in cui le cellule beta non sono state ancora distrutte. Aggiungo però subito, per non ingenerare facili e inutili speranze, che in genere non si riesce a intervenire in tempo in questa direzione, perché la rilevazione è in genere tardiva; d’altra parte, il processo degenerativo è molto veloce (oltre al fatto che esistono forme di diabete quasi ereditario). In conclusione, ecco ciò che si verifica nella maggioranza dei casi: l’organismo non produce più insulina. Che fare in questo caso? Quando la situazione è irrimediabile, l’unica soluzione praticabile, a mio avviso, rimane il trapianto: fra specie diverse (per esempio, maiale-uomo), oppure uguali (cioè, fra due esseri umani). Io lavoro da molti anni al diabete, anzi è il problema che preferisco. Ciò che ti sorprenderà è che ho già trovato la soluzione, nonostante abbia dovuto accantonare momentaneamente la ricerca in questa direzione, per il semplice motivo che i fondi a disposizione della mia Fondazione biomedica, per questa come per altre ricerche, si sono esauriti da tempo. Ho lavorato per ben cinque anni al trapianto di isole di Langerhans, dal ratto al topo, due specie quindi diverse; lavori basati sul principio secondo cui noi (Walter Pierpaoli e collaboratori, cioè) siamo in grado di bloccare il rigetto di isole di Langerhans provenienti da un animale di altra specie (ma ciò vale ovviamente per qualsiasi genere di trapianto eterologo, grazie alla scoperta delle transferrine, cui ho già accennato in precedenza). Quanto poi all’intervento in sé e per sé, si tratta della cosa più semplice di questo mondo: dal pancreas del maiale, per esempio, si estraggono le isole di Langerhans che vengono poste in una provetta; le si inietta quindi nella vena porta del diabetico, il cui organismo è stato in precedenza ‘istruito’ a non rigettare le cellule provenienti dal maiale donatore (grazie al mio ‘trucco’ basato sulla scoperta delle transferrine). Da qui raggiungono il fegato e lo colonizzano; iniziano quindi a produrre insulina. Il diabetico è guarito. Si automatizza poi la regolazione autonoma dei livelli di insulina prodotta dalle isole di Langerhans del maiale, che sono state trapiantate nel fegato del diabetico, e l’operazione è conclusa. Tutto qui? Tutto qui. Eh già!, lo so che esistono importantissimi istituti che da anni lavorano per trovare una soluzione al diabete, senza che ne siano mai venuti a capo. Tuttavia, nonostante la cronica carenza di fondi che grava sul lavoro della mia Fondazione, lo studio scientifico su questo argomento è già stato pubblicato, ormai da qualche anno (1998), e costituisce la grande scoperta nel campo dei trapianti, perché elimina alla radice qualsiasi rischio di rigetto ( Cell Transplantation, «Overcoming the histocompatibility barrier. Transferrins as carriers and modulators of immunogenic identity», vol. 7, n. 6, 1998). Puoi ben capire come io sia ansioso di poter riprendere al più presto la ricerca sul diabete. Ribadisco che tutto si basa sull’azzeramento del rischio di rigetto nei trapianti, frutto di una mia scoperta. In sostanza Il problema del diabete nell’uomo potrebbe trovare facile soluzione, se non esistesse l’handicap del rigetto (per il quale però io ho già il rimedio!). Dato infatti che le isole di Langerhans sono di origine epiteliale, provocano nel trapiantato una violentissima risposta immunitaria di rigetto. 43 Spiegami perché. Le cellule di origine epiteliale sono tutte provviste di antigeni sulla membrana, in grado di evocare, questo è il loro compito, un’inevitabile risposta violenta di rigetto. Un problema insolubile, quindi. Non per me, però. Infatti, e lo sottolineo per dar conto qui dell’importanza della mia scoperta, nei nostri esperimenti, alcuni topolini diabetici, dopo il trapianto di isole di Langerhans, morivano non tanto per un problema di rigetto (da tempo ormai da noi superato), ma per un’eccessiva produzione di insulina, la cui assoluta carenza aveva dato in precedenza origine al diabete! Ti basta? Fammi capire bene, però: tu mi stai dicendo in sostanza che, grazie alla scoperta delle transferrine, che consentono di evitare il rigetto nel trapianto, avresti già trovato il sistema di risolvere il problema del diabete? Attraverso, per esempio, un trapianto di isole di Langerhans dal maiale all’uomo, senza nessun problema di rigetto? Esattamente. Se riuscissi a portare a termine le mie ricerche, passando dall’animale all’uomo, il problema del diabete grave (insulino-dipendente) potrebbe dirsi risolto, non solo teoricamente, cioè in laboratorio, ma anche sull’uomo, senza difficoltà alcuna. Ho cercato disperatamente fondi per proseguire gli studi, ma non ho ottenuto nulla! Anzi, a questo proposito, mi sembra molto opportuno che, almeno i diabetici, lo sappiano! Per non parlare poi del fatto che lo stesso principio vale per i trapianti di qualsiasi organo e tessuto! Questa incredibile storia è talmente complessa e affascinante, che merita un libro tutto per sé. Nel frattempo, avendo io ottenuto il brevetto definitivo, sia negli USA che in Europa, un gruppo di amici, in un prestigioso Centro degli USA dove collaboro da 20 anni, sta comunque sviluppando la ricerca sui meccanismi che sono alla base della mia scoperta. Ancora una volta, però, il problema è di natura politica e socioeconomica, piuttosto che scientifica! Ho infatti subito sabotaggi da ogni parte, recentemente anche in Italia, come posso documentare. Ho brevetti e pubblicazioni, ma i soldi li hanno gli altri! Nessuno ha interesse a risolvere il problema del diabete, solo i diabetici, ma non lo sanno! Cap. 20 – AIDS Un’altra patologia che occupa molte pagine dei giornali, e che costituisce certamente un problema sociale, è l’AIDS. Qual è la tua posizione su questo cosiddetto flagello? L’AIDS (così come, d’altronde, il ‘morbo della mucca pazza’) è sempre esistito. Non è stato infatti ‘scoperto’ nessun nuovo virus; si tratta invece di virus che si trasformano, e che passano da uomo a uomo, da uomo a scimmia, da scimmia a uomo. L’origine resta quindi piuttosto incerta. È un virus che, in situazioni di immunodeficienza, e in una popolazione che non è più sottoposta a selezione naturale (come accadeva in passato; a partire invece dalla fine della seconda guerra mondiale, molti si sono salvati, per esempio, soltanto grazie agli antibiotici), e quindi appunto immunodeficiente, si installa e si sviluppa a dismisura. Inoltre, aldilà delle persone che conducono una vita, per così dire, stravagante, e che sono di per sé immunodeficienti, ne esistono altre che sono solo apparentemente ‘normali’, in senso immunitario: in questi casi il virus ha decisamente il sopravvento. Se esso dovesse, invece, venire a contatto con una persona robusta, dal punto di vista immunitario, non riuscirebbe a mettere in difficoltà il suo organismo. È quindi una questione di capacità immunologica. Il virus, di per sé, non dovrebbe destare nessuna preoccupazione. E ciò dimostra chiaramente come tutta la storia dell’AIDS, così come viene proposta, non sta neppure in piedi. Alla base di tutto c’è, infatti, la più grande menzogna che sia mai stata proferita, quella cioè di pretendere di curare l’AIDS con i vaccini e gli antivirali: l’idea più illogica e assurda che mente umana abbia mai potuto concepire! Parole pesanti. Spiegami bene perché e dove sta l’errore. 44 Semplicemente nel fatto che non si può curare una patologia, vaccinando una persona che è immunodeficiente. Non potrà in alcun modo reagire al vaccino! Non produrrà infatti anticorpi, dato che è immunoincompetente; inoltre, se per prevenire che sviluppi l’AIDS, a un paziente portatore del virus HIV vengono somministrati farmaci antivirali, i vantaggi li avvertiranno solamente le industrie farmaceutiche. Nella migliore delle ipotesi, infatti, sarà possibile al massimo prolungare in modo precario la vita del paziente. Ma, in questo caso, perché non potrebbe funzionare il farmaco antivirale? Perché servirebbe soltanto a mitigare l’aggressività del virus, ma a costi elevatissimi. L’antivirale potrebbe, semmai, servire in una fase iniziale; nel caso, per esempio, di una persona sana e robusta che si sia infettata accidentalmente; e non è poi neppure detto che questo trattamento sortisca necessariamente un qualche risultato. Qual è invece la tua proposta terapeutica? Come al solito, io vado nella direzione opposta a ciò che comunemente viene proposto. Per curare le popolazioni infettate dal virus, in Africa o altrove, non c’è bisogno di antivirali: è sufficiente, da sola, la melatonina! Ovviamente, do per scontato che molti lettori storceranno il naso a questa mia affermazione; ma io ho il vantaggio di riferire fatti documentati, e non ipotesi o teorie, tutte da verificare. Prendiamo il caso dell’Africa: dato che la melatonina funziona tanto meglio quanto più ci si avvicina all’Equatore, il dr. Linus K. Ndungu di Nairobi, Kenya, uno straordinario personaggio esperto di amministrazione ospedaliera, ha voluto attivare una sperimentazione con la melatonina su malati di AIDS. Ebbene, i risultati, dopo due anni dall’inizio dello studio, eseguito sotto controllo medico, sono sconvolgenti, e non possono essere in alcun modo smentiti. Ovviamente, la drammatica situazione locale e l'isolamento del mio amico non ha permesso finora di condurre ricerche in doppio cieco controllate con placebo (sarebbe oltretutto una vera beffa per i malati destinati a ricevere soltanto il placebo, visto che la melatonina non farebbe loro che bene, essendo del tutto priva di tossicità e di effetti collaterali!). Oggi possiamo quindi affermare con certezza che la somministrazione di un particolare tipo di melatonina (purissima e con aggiunta di zinco e selenio), somministrata a pazienti con AIDS conclamato, estremamente esausti, debilitati e anoressici, con o senza malattie opportunistiche, ha permesso di osservare rapidissimi miglioramenti; molti hanno ripreso la normale attività lavorativa. Tieni presente che ciò che affermo è ampiamente documentato, ed è a disposizione di chi volesse prenderne visione. Tuttavia, si può parlare di vere ‘guarigioni’ da AIDS conclamato…? Possiamo riportare qui dei casi concreti? Io non so se la melatonina (e lo zinco) guariscano l’AIDS; certamente però restituiscono peso corporeo, vitalità e salute ai malati di AIDS. A me non sembra affatto una questione di poco conto! Quanto ai casi clinici, posso intanto fare riferimento a quelli che seguono, tutti coronati da ottimi risultati : 1. J.A., uomo di 47 anni, moglie morta di AIDS; 2. F.W., donna, 41 anni; 3. J.C.K., uomo, 45 anni; 4. J.K., uomo, 32 anni, moglie morta di AIDS; 5. R.K., donna, 30 anni, marito morto di AIDS; 6. A.W., donna, 50 anni; 7. P.C., donna, 39 anni. Questo è soltanto un piccolo campione fra i 1126 pazienti che assumono giornalmente melatonina con zinco, ormai da oltre 14 mesi. I dossier sono conservati presso Linus K. Ndungu, e i pazienti sono tutti rintracciabili al loro indirizzo, in Kenya! Dato che stiamo parlando di argomenti molto delicati, e anche per non cadere nella tentazione di abbandonarci a facili entusiasmi, vorrei che tu fossi più preciso nel riferire i miglioramenti finora riscontrati in pazienti con AIDS conclamato, che hanno assunto melatonina con zinco per periodi prolungati. Il recupero a seguito di somministrazione di melatonina con zinco, alla dose di 3/6 mg giornalieri, si riferisce a: debolezza; anoressia; impotenza; peso corporeo; macchie della pelle estese al volto e alle aree genitali; distrofia cutanea al volto, alle mani e ai piedi; nausea; vomito; infezioni varie batteriche, virali e da miceti; bronchite 45 essudativa; anemia; adenopatie; diarrea; costipazione; apatia; depressione; insonnia; riguarda inoltre molti altri problemi comuni ai malati di AIDS. I sette pazienti di cui ho appena detto, hanno recuperato da 5 fino a 12 chilogrammi di peso corporeo; passando, da uno stato disperato e quasi terminale di AIDS, alle loro abituali occupazioni, quelle cioè che svolgevano prima dell’insorgenza della malattia. Chiunque può visitarli e constatare il loro stato di salute! I risultati che si evidenziano in questi pazienti lasciano pensare che la somministrazione di un particolare tipo di melatonina sia in grado, da sola, di ricostituire rapidamente l’integrità biologica del malato di AIDS in fase avanzata, se non addirittura terminale, tanto da riportarlo alla vita normale! Quali altri casi di AIDS sono venuti, direttamente o indirettamente, alla tua osservazione? Un trattamento analogo a quello cui ho appena accennato viene attualmente condotto su malati di AIDS anche nell’ospedale di Lugalo, che è il maggior ospedale militare della Tanzania. C’è da dire, a questo proposito, che le forze armate della Tanzania hanno stabilito una collaborazione con una società del Sud Africa, allo scopo di effettuare uno studio clinico su malati di AIDS trattati con una sostanza chiamata Exumit. In effetti, questo farmaco azzera quasi del tutto la carica virale; tuttavia, i pazienti risultano così deboli, magri e debilitati che non si può certo dire che il farmaco possa funzionare efficacemente! Al contrario, grazie al trattamento con melatonina e zinco, i pazienti guadagnano rapidamente appetito e peso, e i loro linfociti CD4 aumentano in maniera assai consistente. Sarebbe opportuno quindi che i pazienti da trattare con Exumit, si sottoponessero prima alla terapia con zinco-melatonina; una volta recuperate le forze, e soltanto allora, sarebbero quindi in grado di sopportare la micidiale azione antivirale di Exumit! Questo è quanto mi ha riferito direttamente il Dr. Ndungu; gli interessati sono invitati a rivolgersi direttamente a lui. Credo che sia rimasto bloccato dalla completa assenza di ogni aiuto finanziario locale o internazionale. Infatti, chi può avere interesse in una molecola che non è brevettabile, come la melatonina? Solo, eventualmente, i malati! Tutto questo vale però all’Equatore, dove l’effetto della melatonina risulta fortemente potenziato per via della latitudine; ma altrove, invece? Penso all’Europa, agli Stati Uniti ecc. L’effetto è sostanzialmente identico. Se la melatonina viene somministrata in tempo utile, diciamo in una fase non proprio terminale, il malato di AIDS può avere un buon recupero. Nello stadio iniziale della patologia, il paziente potrà ricostituire rapidamente l’immunità, e contare quindi ragionevolmente su una totale guarigione; è possibile che si porti ancora dietro il virus, che non lo abbia eliminato cioè del tutto, e che accusi dei danni secondari; però, non andrà ulteriormente incontro a malattie opportunistiche, virali o parassitarie. In quanto tempo? Nel giro di due o tre mesi, il paziente è già fuori pericolo. Esiste, a questo proposito, anche una casistica riferita a pazienti europei? Italiani, per esempio? Purtroppo, non ancora. Ciò non toglie nulla però a quanto ho appena affermato sulla certezza del recupero da parte dei pazienti con AIDS, trattati con melatonina e zinco. Aggiungo che, già una decina di anni fa, in un ospedale italiano venne somministrata melatonina a pazienti con AIDS; per quanto ne so, i pazienti recuperavano talmente in fretta appetito e peso, che, trattandosi in genere di tossicodipendenti con una vita piuttosto allo sbando, abbandonavano improvvisamente l’ospedale, per tornare alla vita di sempre, senza lasciare ovviamente alcun recapito che permettesse di rintracciarli! Il problema era che, avendo recuperato le forze, non si preoccupavano di assumere ulteriormente la melatonina. 46 Per ritornare però, per così dire, agli aspetti più scientifici delle tue ricerche, su quale fondamento teorico si basa la terapia che tu proponi con melatonina e zinco nei confronti dell’AIDS? Questa è una storia molto interessante. Nel corso degli ultimi quarant’anni, si è sviluppata la disciplina scientifica che, a suo tempo, il mio amico Novera Spector aveva battezzato come neuroimmunomodulazione (NIM), e che ora raccoglie migliaia di ricercatori. Grazie a questa particolare branca della medicina, risulta ormai dimostrato che il sistema immunitario, che ci difende da infezioni e cancro, e mantiene l’integrità biologica, dipende strettamente dal controllo centrale, nei centri nervosi del cervello, di una miriade di ormoni e fattori endogeni; la cui sintesi e secrezione ciclica (il ciclo circadiano giorno/notte, l’avvicendarsi delle stagioni), vengono appunto regolate dai ritmi luce/buio e dalle variazioni della temperatura. Abbiamo inoltre dimostrato che il mantenimento dei cicli e dei ritmi endocrini, grazie alla protezione esercitata sulla ‘ghiandola madre’ del cervello (la pineale), attraverso la somministrazione notturna di melatonina (la stessa che la pineale produce nel corso della notte), porta a una straordinaria inversione dell’invecchiamento. Tornando però all’AIDS e al rafforzamento del sistema immunitario? Applicando all’AIDS i principi che ho appena esposto, si può affermare senza dubbio alcuno che la base della salute e della resistenza immunologica risiede nella salvaguardia dei ritmi periodici circadiani (giorno/notte) ormonali, coordinati appunto dalla ghiandola pineale e dalle sue connessioni con il cervello e l’ipofisi. Gli studi condotti in questo senso, da me e dai miei collaboratori (alcuni già pubblicati, altri in via di pubblicazione), sono quindi serviti a promuovere un nuovo metodo per il controllo dello stato di salute, basato sul mantenimento dei ritmi biologici ormonali vedi grafico nelle ultime pagine di questo libro. È ormai provato, in altre parole, in modo inconfutabile, che la salute psichica e fisica di ognuno di noi è gestibile mediante l’assunzione di molecole naturali che non presentano né tossicità, né effetti collaterali. Queste molecole, alcune delle quali già identificate, sono in grado di operare una drastica inversione del processo di deterioramento psicosomatico che va sotto il nome di senescenza. Ci si potrebbe opportunamente chiedere, a questo punto, perché le notizie che mi hai finora riferito non vengano portate a conoscenza del pubblico, e soprattutto dei pazienti colpiti da AIDS. Ma lasciamo da parte questo argomento… C’è però ancora una domanda che vorrei porti, e riguarda la somministrazione di melatonina con zinco; perché questa combinazione? Perché negli stessi anni in cui conducevo le ricerche sulla melatonina, all’INRCA di Ancona (istituto di ricerche gerontologiche Nino Masera), i ricercatori Nicola Fabris, Eugenio Mocchegiani e colleghi, da anni impegnati nello studio degli effetti immunostimolanti e antiinvecchiamento dello zinco, nel contesto di una teoria sull’origine e il corso della senescenza, realizzavano una ricerca su malati di AIDS. Fecero così la straordinaria osservazione che lo zinco, somministrato per via orale, era in grado, da solo, di prevenire in gran parte le cosiddette malattie opportunistiche di varia natura (virale, micotica, batterica e parassitaria) che colpiscono infallibilmente i malati di AIDS, fortemente immunodepressi. Tali importanti lavori sono stati pubblicati sulle riviste mediche Journal of the American Medical Association (JAMA) nel 1988, e sul Journal of Nutrition nel 2000. La conclusione è stata quindi logica: lo zinco è in grado di prevenire le malattie opportunistiche nell’AIDS; e la melatonina? Nella prima metà degli anni novanta, io stesso ed altri avevamo condotto degli studi, poi pubblicati su riviste specializzate, nei quali avevamo osservato come la melatonina, da sola, sia in grado di ricostituire i livelli di zinco nel sangue di animali senescenti. Risultava quindi chiara l’esistenza di una relazione diretta tra zinco e melatonina; inoltre, la loro azione si manifestava come sinergica nella ricostituzione dell’immunità in corso d’invecchiamento! È infatti noto che la carenza di zinco è un sicuro parametro d’invecchiamento (i suoi livelli decrescono costantemente nel corso degli anni). 47 Sulla base di tali entusiasmanti risultati sperimentali e clinici, che riguardavano la rapida ricostituzione dell’immunità con il binomio zinco- melatonina, passai quindi alla formulazione di un’associazione tra melatonina e zinco. Nella fase successiva, vale a dire quella relativa alle prove cliniche sull’uso della melatonina, associata a un composto organico dello zinco, quello orotato (che ha il vantaggio di essere assorbito meglio nei processi organici, in cui lo zinco è parte essenziale di oltre duecento enzimi), identificai nei pazienti africani di AIDS il terreno ideale per la valutazione di tale associazione di elementi, privi di tossicità e di effetti collaterali, anche per il basso costo della melatonina, e in considerazione dello stato di estrema povertà delle popolazioni africane. Cap. 21 – Le patologie Il cosiddetto allenamento, la corsa, il jogging, il culturismo, e comportamenti simili, ossessivi e imposti, ci conducono tutti a un invecchiamento precoce; a meno che i loro effetti deleteri e nocivi non siano in qualche modo equilibrati da una benefica gratificazione psicosociale, e purché siano praticati a contatto con la Natura. (Walter Pierpaoli) Passiamo adesso in maniera sistematica un certo numero di patologie che oggi si presentano particolarmente problematiche. Per prima: l’Alzheimer. Premetto che, in linea generale, tutti i miei interventi terapeutici sono basati sulla risincronizzazione del sistema neuroendocrino e, di conseguenza, del sistema immunitario: il restauro quindi dell’integrità biologica dell’organismo, consistente nei cicli e nei ritmi ormonali e nella risposta immunitaria. Quest’ultima ha che fare con il timo, i linfociti T, il rigetto, e costituisce la cosiddetta ‘immunità ritardata’. Perché il nostro organismo non accetta il trapianto di un organo? Perché combatte tutto ciò che non riconosce come self, cioè come suo proprio. Se infatti venisse meno l’immunità ritardata, noi non rigetteremmo più, come estraneo, un organo trapiantato da un altro uomo o da un animale; non solo, ma non saremmo più neppure in grado di combattere e sconfiggere un virus. La lotta contro il virus è infatti basata su una complessa azione immunitaria che fa capo, sia alla sintesi di anticorpi che si formano contro il virus, sia all’attivazione di cellule che distruggono il virus (al contrario di quanto accade nel caso dell’HIV, dove è il virus a distruggere le cellule, Human Immunodeficiency Virus). In altre parole, l’AIDS colpisce una persona quando questa è immunodeficiente. Mentre, a mio avviso, non è affatto vero che se il virus HIV attacca una persona sana, inevitabilmente questa ammalerà di AIDS. Venendo all’Alzheimer, questa patologia è da assimilare, quanto a esito, alla demenza senile, anche se da questa viene generalmente distinta. Nella demenza senile le arteriole del cervello si chiudono, e si formano dei veri e propri buchi di necrosi. Nell’Alzheimer, invece, si evidenziano della placche di proteine amorfe che distruggono le cellule, invadendo i tessuti (ho eseguito molti studi sull’amiloidosi sperimentale, suggerendone anche l’eziopatogenesi). L’origine dell’Alzheimer è misteriosa; probabilmente, è composita: c’è una componente genetica, ma anche alimentare, virale, immunitaria. Il risultato però è sempre lo stesso: l’invasione dei tessuti nobili del cervello o di altri organi e tessuti, come i reni o i muscoli, da parte di masse di proteine (amiloidi e ialinoidi), con conseguente, più o meno precoce, distruzione degli stessi. A mio avviso, l’A. non è curabile; però lo si può prevenire ed eventualmente bloccare. In che modo? Il mio principio è sempre lo stesso. Qualsiasi patologia l’individuo sviluppi, questa farà sempre capo al degrado e alla caduta del sistema di controllo dell’organismo (immunitario e ormonale). Tutte le malattie degenerative ‘cattive’ (compreso il cancro), sono infatti riconducibili ai medesimi meccanismi. Dipende poi da tanti altri cofattori (famiglia d’origine, alimentazione, condizioni ambientali, età ecc.) se a svilupparsi sarà una patologia piuttosto che un’altra. Applicando questi principi, io ho elaborato una strategia terapeutica, che applico già a parecchi pazienti, sia in fase iniziale ma anche in casi di gravità estrema, che sembra dare buoni frutti; fermo restando che la finalità è quella di 48 rendere gestibile la patologia. Anche se poi, essendo io sempre superottimista, non perdo mai del tutto la speranza (e infatti la totale remissione del Parkinson di mia suocera ultranovantenne mi dà ragione!). Così come credo fermamente nella rigenerazione dei neuroni o perlomeno ai contatti tra di loro, grazie alla quale è possibile, con il tempo, senza fretta però, ricostituire il colloquio fra gli stessi neuroni, che permetta di mantenere quantomeno un’esistenza accettabile. Staremo a vedere. Allo stato attuale della ricerca, posso poi aggiungere che sto studiando una molecola naturale che ha mostrato, per adesso soltanto in laboratorio, un incredibile potere di rigenerazione. Con la solita avvertenza però, che occorre sfatare la mentalità farmacologica corrente, per cui tutto si può risolvere con una pillola: bisogna invece aver pazienza e sapere prendersi cura della ricostituzione del proprio equilibrio biologico, dando tempo al tempo! C’è poi un aspetto più crudele, di cui nessuno parla: la condizione in cui sono costretti a vivere i famigliari del paziente. In questo caso, la somministrazione di melatonina serale a tutti i membri della famiglia, o almeno alla persona di riferimento del paziente, è indicatissima. Hai citato il Parkinson, ed è quindi il caso che ce ne occupiamo. A mio avviso, il Parkinson va gestito nello stesso modo dell’A. Perché si manifesta la malattia? A causa di un’alterazione di una parte del cervello (la substantia nigra). È possibile, in una prima fase, ricorrere ai farmaci per alleviare i sintomi, che però portano con sé effetti collaterali non trascurabili. Coloro che si occupano di Parkinson, sanno bene che i farmaci non curano la malattia; la mitigano soltanto e, con l’andar del tempo, diventano addirittura del tutto inefficaci. Il migliore esempio della mia terapia del Parkinson, ce l’ho in famiglia. Come ho già avuto modo di dire, grazie alle mie prescrizioni, mia suocera, che ha 95 anni, non solo oggi non mostra più alcun sintomo, ma ha ripreso a suonare il pianoforte come faceva un tempo! Non attendo altro se non di poter festeggiare il suo centesimo compleanno Parkinson-free! Sono inoltre in grado di annunciare che la più grande fondazione europea per la cura del Parkinson, una delle più importanti al mondo, che ha sede a Milano, ha mostrato interesse a eseguire uno studio clinico con melatonina, applicando i miei principi. Tieni presente, giusto per dare un’idea dell’imponenza del fenomeno, che la benemerita fondazione, che non ha fini di lucro, annovera ogni anno ben 1200 nuovi pazienti! Un’altra patologia che ha notevole rilevanza sociale, e che purtroppo si diffonde sempre di più, è l’asma. L’asma è scatenata da uno stato psichico, ma anche da condizioni ambientali e climatiche. Esistono quindi due componenti: la psiche e gli allergeni. In ambedue i casi è opportuno intervenire mirando soprattutto al riequilibrio dell’intero sistema. Va detto, fra l’altro, che la desensibilizzazione agli allergeni è impresa difficile, lunga e costosa. Il mio principio è invece diverso, e consiste nella ricostituzione della capacità di non reagire agli allergeni. È come per le malattie autoimmunitarie: la soluzione del problema sta nella ricostituzione dell’immunità, per cui l’organismo è messo in condizione di non reagire contro se stesso (o contro gli allergeni, nel caso dell’asma). È un’impresa non facile, anche perché, nell’asma, entrano in gioco fattori diversi, ivi compresa la situazione emotiva che il soggetto asmatico vive. Avresti voluto occuparti anche di bambini Down… Sì, ma senza successo. E non tanto perché la melatonina non funziona in questo caso, tutt’altro; ma semplicemente perché ho dovuto scontrarmi con la diffidenza verso una sostanza assolutamente innocua, come la melatonina. Già comunque a partire dagli anni ottanta, avevo maturato la convinzione che la sindrome di Down altro non è che una forma di invecchiamento precoce. Chi viene al mondo affetto da questa patologia, infatti, invecchia rapidamente. Guarda caso i bambini Down risultano, inoltre, estremamente vulnerabili allo stress, sono molto nervosi, presentano difficoltà con il sonno (mancano della fase REM), accusano problemi alla tiroide, tutte problematiche che grazie alla somministrazione di melatonina potrebbero essere facilmente alleviate. 49 La melatonina infatti ricostituisce l’immunità, migliora la funzione tiroidea, normalizza il sonno. Tuttavia, queste mie considerazioni restano allo stato solamente teorico; nonostante io abbia infatti proposto, in circostanze diverse, l’impiego della melatonina per questa gravissima patologia, il suggerimento non è stato purtroppo accolto. Non sarà però che la diffidenza si basa su elementi concreti che indurrebbero alla prudenza sull’uso della melatonina? Mi riferisco in particolare all’articolo di Reppert e Weaver pubblicato su Cell (vi si insinua che la melatonina potrebbe provocare addirittura il cancro!), e a quello di Turek su Nature , che ne sconsiglia semplicemente l’uso in assenza di dati clinici certi. L’articolo di Reppert e Weaver, due ricercatori che conosco molto bene, si basa su un falso di laboratorio, come ho preteso che fosse rettificato da Cell, purtroppo senza successo, in risposta al loro lavoro. L’assunto dell’articolo era che, cambiando il ceppo di topi utilizzati da me in laboratorio, con la somministrazione di melatonina non solo non si allungherebbe la vita degli animali, ma addirittura la si abbrevierebbe, inducendo anche qualche tumore. Ciò è semplicemente falso. L’equivoco nasce da un lavoro del giapponese Goto, successivamente smentito perché appunto falso, il quale intendeva dimostrare che il ceppo di topi da me utilizzato non produrrebbe autonomamente melatonina, perché la ghiandola pineale non disporrebbe degli enzimi per produrla: questa notizia, ed è stato dimostrato, è assolutamente falsa. Ripeto, si tratta di un banale errore di laboratorio, una svista da parte di Goto, che ha seminato un numero incredibile di notizie false, tutte puntualmente smentite. Fra le causae mortis più frequenti, pare ci siano le malattie cardiache e circolatorie (arteriosclerosi locale o generalizzata, infarti, occlusioni vasali, trombosi, ictus cerebrale ecc.). Torniamo alla Sindrome metabolica X, che abbiamo già evocato nel corso di questa conversazione: il famoso ‘quartetto mortale’, cioè, costituito da ipercolesterolemia, iperglicemia, ipertensione, obesità viscerale (il grasso che non si vede, all’interno della pancia). Esso rappresenta in sostanza il decadimento del metabolismo ossidativo. Se la tiroide non assolve alla sua funzione di controllo sul metabolismo dei lipidi, in maniera sufficiente (ipotiroidismo), si avrà necessariamente ipercolesterolemia. Stesso discorso vale anche per l’iperinsulinemia: l’insulina aumenta perché l’organismo ‘brucia’ male il glucosio. Il meccanismo diventa allora rigido, perde la sua flessibilità, tutto si sclerotizza. Le ghiandole endocrine funzionano male, e niente è più in equilibrio. Il mio principio, applicato all’ictus, alla trombosi, all’infarto, alle occlusioni arteriose, all’arteriosclerosi cerebrale, quando ne riscontro i segni premonitori, oppure quando gli eventi si sono già sfortunatamente verificati, è quello di tenere sotto controllo i livelli di ormoni come prolattina o cortisolo. Prendo soprattutto in considerazione la tiroide, perché se è presente un’alterazione nascosta della tiroide, si possono assumere tutte le pillole che si vuole, ma la situazione resta fortemente compromessa. Se non si ricostituiscono i ritmi ormonali, la situazione non potrà mai tornare alla normalità. Alla base di una situazione di questo tipo c’è poi in sostanza uno stato d’invecchiamento vero e proprio, come alterazione del metabolismo. Ora, questa situazione è riconducibile alla constatazione che, nel nostro cervello, i meccanismi di feed-back, di reattività e di controllo dei ritmi, diventano rigidi; l’esempio classico è quello della menopausa: le ovaie si irrigidiscono e diventano restie alle sollecitazioni di LH e FSH ipofisarie; di conseguenza, queste ultime aumentano, come abbiamo dimostrato (vedi capitolo sulla menopausa), al fine di mantenere estrogeni e progesterone a livelli normali per favorire così l’ovulazione; lentamente, questo processo non si verifica più, fino a che le ovaie finiscono per atrofizzarsi del tutto; è la fine del programma, arriva la vecchiaia; si tratta in fondo di un programma neuroendocrino fisiologico, che ha esaurito la sua carica, che ci faccia piacere o no. Per tornare quindi al metabolismo dei lipidi, dal quale eravamo partiti…? L’esempio della menopausa mi è servito per dire che, mentre la donna invecchia per la fine del ciclo, che è un meccanismo di feed-back che viene a mancare, così è anche per il metabolismo dei lipidi: se non funziona la tiroide, e si altera il congegno centrale, per cui il cervello si irrigidisce e non reagisce più agli stimoli periferici, oppure reagisce ma in maniera spropositata, avviene una sorta di ‘iperadattamento’, cioè l’iperadattosi di cui 50 parlava il grande Vladimir Dillman. È un tentativo di compensazione e di adattamento a una situazione che non è più normale. Le conseguenze sono: iperglicemia, iperinsulinemia (l’insulina è micidiale: troppa fa male; se scarseggia, è ugualmente fonte di altri guai), tipiche della Sindrome Metabolica X, e quindi dell’arteriosclerosi, dell’ictus ecc., e di tutto ciò che costituisce alterazione vasale. Passiamo adesso a un altro argomento che desumo da alcune lettere che ti sono state inviate, a proposito della degenerazione maculare. La macula è il punto della retina in cui si focalizza la visione. Le maculopatie più ricorrenti (la maculopatia può avere le origini più disparate) sono legate all’invecchiamento. La degenerazione maculare mostra quindi delle analogie con la malattia di Alzheimer, anche perché neppure in questo caso esistono cure ‘efficaci’; fra l’altro, la cecità senile è un fenomeno destinato a diffondersi sempre di più. Sono però fiducioso che, grazie a un’adeguata profilassi, si possa riuscire a evitare che la retina degeneri. Anche perché, guarda caso, la retina produce in situ (cioè a livello locale) melatonina. Ignoro quale sia la funzione prodotta dalla melatonina nella retina, ma ipotizzo che si tratti sempre di quel meccanismo protettivo di cui abbiamo parlato a proposito della ghiandola pineale; la melatonina è prodotta, cioè, dove serve a proteggere un organo o un apparato. Sia come sia, sta di fatto che, almeno in un caso (quello di un mio amico che aveva la retina letteralmente a pezzi, per capirci, e successivamente dichiarato ‘clinicamente guarito’ da un luminare di Milano, a seguito di un trattamento con melatonina), la somministrazione di melatonina sembra abbia fatto sì che la retina si cicatrizzasse, fino al recupero della visione (con conseguente restituzione della patente di guida al paziente!). Aggiungo che attualmente, in Cina, con la collaborazione del governo cinese, e a cura del dottor Changxian Yi, che è stato fra i miei più validi collaboratori presso il laboratorio che dirigo, è in corso una sperimentazione clinica su retinopatie e melatonina. E io ho comunque fiducia nella forza rigeneratrice della natura, di cui non mi preoccupo affatto a fornire spiegazioni in termini ‘scientifici’: mi limito piuttosto a constatarne l’evidenza. Hai dedicato molta parte della tua ricerca alle malattie autoimmunitarie. Le malattie autoimmunitarie sono di gran lunga le mie preferite’, e ciò per molte ragioni. Intanto, il principio stesso che sottende l’invecchiamento è l’autoannientamento, semplicemente perché non ci si autoriconosce più. Ciò si verifica anche dal punto di vista psichico, intellettivo e culturale. La persona anziana si disinteressa all’ambiente esterno, le sue emozioni si affievoliscono, si abbandona alla pigrizia… Questo atteggiamento rappresenta il distacco dal mondo; si esce dalla realtà della natura, per tornare a essere polvere inorganica, com’è scritto nei sacri testi. Al contrario, noi siamo ‘organici’, in quanto entità fine a se stessa: siamo self, siamo noi stessi. L’immunità mantiene appunto questa condizione, e ci permette di distinguere noi stessi da quanto ci circonda. Di conseguenza, se a una persona si trapianta qualcosa che non le appartiene, lo rigetta immediatamente. Ciò è semplice da spiegare. Infatti, il virus cos’è? Qualcosa che non appartiene all’organismo; ecco perché vengono prodotti anticorpi per debellarlo. Quando però, a causa di vari fattori, non si riconosce più se stessi, producendo quindi anticorpi contro il proprio stesso organismo, subentra una delle tantissime (costituiscono l’80% di tutte le patologie che ci uccidono) malattie autoimmunitarie. Perché si verifica ciò? A mio avviso, molte malattie autoimmunitarie sono determinate, all’origine, da un virus. E' possibile che si tratti di un virus banale (una tonsillite, un adenovirus ecc.), in grado di provocare un’infezione in un organo o in un tessuto, magari in forma silente. Può darsi che alteri un po’ le caratteristiche delle cellule, inducendo magari un’immunosoppressione, responsabile dei danni che si succederanno a cascata. Il risultato finale è che il sistema immunitario non riconosce il corpo come suo proprio, e produce anticorpi per distruggerlo. Si instaura allora la malattia autoimmunitaria. Ora, a me sembra ovvio, ma basta guardarsi in giro per capire che poi tanto ovvio pare non essere, che per porre rimedio a una situazione di questo genere, la prima cosa da fare è di ristrutturare l’immunità ‘normale’. Per debellare quindi le malattie autoimmunitarie (che sono tantissime e devastanti) non c’è altro mezzo che ricostituire l’integrità immunologica perduta. Ed è esattamente quello che io tento di realizzare. Che fa invece la cosiddetta medicina moderna? La cosa più pazza che si possa immaginare: somministra cortisone e immunosoppressori! . 51 Ci sarà ben un motivo, per questo comportamento, che sembra autolesionista anche a un profano come me! Infatti, non c’è spiegazione! Giudica tu stesso: il cortisone blocca l’infiammazione e i sintomi, ma non cura un bel niente; e gli immunosoppressori distruggono addirittura l’immunità, fai un po’ te! Io mi comporto invece esattamente all’opposto: non somministro cortisone, né tantomeno immunosoppressori, ma stimolo invece l’immunità; la sprono a ricostituirsi e a rigenerarsi. E, siccome l’immunità dipende dai cicli ormonali (e vedi bene che il mio ragionamento qui non fa una piega), se ricostituiamo la ciclicità ormonale, rimetteremo a nuovo la famosa tela, che il ragno sarà felice di tenere nuovamente sotto controllo; dopodiché, gli anticorpi semplicemente scompaiono! Questa è la chiave che io ho scoperto per ricostituire l’immunità naturale, e di ciò che affermo ho le prove inconfutabili, anche perché sono state già pubblicate su riviste scientifiche di prim’ordine. C’è da chiedersi come sia possibile che tutto ciò avvenga nella cosiddetta medicina scientifica, senza che nessuno dia perlomeno l’allarme. Per lo stesso semplicissimo motivo che si cerca di far fuori il cancro, e non di ricostituire il paziente. A mio avviso non si deve distruggere il cancro (e con esso, spesso anche il paziente!), ma ricostituire piuttosto la capacità dell’individuo di tenere il cancro sotto controllo. Ecco perché le malattie autoimmunitarie non mi fanno più paura. Fra le malattie autoimmunitarie viene annoverata anche la sclerosi multipla. Una patologia che colpisce oltre cento milioni di persone nel mondo. Si produce un’alterazione autoimmunitaria che attacca il cervello (invece che una qualsiasi articolazione, oppure la tiroide, o il fegato, e così via). Il processo iniziale è di tipo infiammatorio autoimmunitario, su cui si innestano poi depositi di sostanze (autoanticorpi, anticorpi) che formano delle placche. Queste, a loro volta, spingono e distruggono la corteccia e vari centri del cervello. È un processo devastante oltre che progressivo. Anche se rischio di ripetermi fino alla nausea, c’è una sola cosa da fare: ricostituire l’immunità! Perché, se il corpo prosegue sulla strada della produzione di anticorpi contro le placche che si sono formate, il processo degenerativo finirà per andare avanti da solo, senza neppure più bisogno di anticorpi da combattere. Si crea, in sostanza, una situazione analoga a quella della cirrosi epatica: il tessuto connettivale sostituisce il tessuto nobile, con la conseguenza che il fegato si riduce a una palla fibrosa che non funziona più (si muore, se non si provvede celermente a un trapianto!). Nel caso della sclerosi multipla, invece, la reazione connettivale si verifica nel cervello, con l’innesco di un processo divenuto ormai aspecifico. Cap. 22 – Domande ricorrenti (FAQ, Frequent Asked Questions) Caro Walter, ti porrò adesso delle domande ricorrenti che esigono da parte tua una risposta breve e concisa, in modo che il lettore possa trovarvi notizie sintetiche che, se lo vorrà, potrà approfondire in altra sede. La prima domanda, dunque: la melatonina è un farmaco? Assolutamente no! È una molecola naturale (è prodotta di notte dalla ghiandola pineale del nostro organismo), non tossica e priva di qualsiasi effetto collaterale. Non è affatto un ormone e, somministrata anche per lunghissimi periodi di tempo, ad alte dosi (nell’ordine addirittura di centinaia di milligrammi, come nel già citato studio clinico olandese), non ha mai prodotto alcun danno. La sua funzione sembra essere la protezione della ghiandola pineale, anche se però non siamo in grado di stabilirne il meccanismo d’azione a livello molecolare. Tieni presente inoltre che nonostante, negli Stati Uniti, la melatonina sia ormai in vendita liberamente da oltre sei anni, non è mai stato riferito un solo caso di effetti indesiderati. Qualcuno dice però che chi assume melatonina potrebbe andare incontro al rischio di una ‘frammentazione del sonno’. 52 La melatonina c’entra con il sonno, mi si passi l’espressione, come i cavoli a merenda. È utile al sonno unicamente in quanto, migliorando i ritmi biologici, fa sì che ci si addormenti più facilmente. Ma, altrettanto facilmente, può far sì che si resti svegli, specialmente nei primi periodi in cui la si assume. In che senso? Tutti ne parlano come di un sostitutivo dei sonniferi… Ed è assolutamente falso! La melatonina infatti rimette ‘soltanto’ in moto un sistema che risulta essere alterato nei suoi ritmi. Prima però che tutto possa tornare in equilibrio, possono passare addirittura dei mesi! Infatti, non essendo né un farmaco né un sonnifero, la melatonina non agisce di colpo. Con il risultato che, gente che per vent’anni ha assunto benzodiazepine, dopo aver provato per due notti la melatonina, pretende chissà quale risultato miracoloso; e se ciò non avviene, ne trae immediatamente la conclusione che la melatonina non funziona. Sfido io, in questo modo non può funzionare di certo! Una persona che ha acquistato il tuo precedente libro, La fonte della giovinezza , ti ha scritto: «Ho preso la melatonina, ma con risultati deludenti; ho trascorso una notte agitata, piena di risvegli e assopimenti, e con sogni vividissimi. Il mattino seguente mi sono ritrovato completamente intontito e tale sgradevole sensazione è durata fino al giorno seguente. Ho lasciato quindi trascorrete cinque giorni, dopo l’ho ripresa; solita storia.» Qual è la risposta da dare in questi casi? Non c’è altro sistema che continuare ad assumere 3 mg di melatonina alla sera, immediatamente prima di dormire. Il risultato è assicurato, si tratta di saper attendere! Un effetto immediato, senza che prima sia stato ricostituito il ciclo biologico alterato, sarebbe infatti semplicemente impensabile. Inoltre, che tipo di melatonina ha usato, questo signore? Se essa non viene infatti prodotta con il sistema GMP (Good Manufacturing Practise), che dà la garanzia assoluta che la compressa finale contiene esattamente quanto viene dichiarato, io non la darei neppure al mio vecchio cane! Un altro lettore, questa volta si tratta di un medico, scrive: «Lei consiglierebbe la melatonina a una persona di 75 anni e più? E se sì, a quale posologia? E questa va applicata a una donna di 75 anni che pesa 45 chilogrammi, per esempio, allo stesso modo che a un uomo della stessa età, che pesa però 90 chili?» Ancora una volta, non essendo la melatonina un farmaco, il peso corporeo è ininfluente agli effetti della dose; se ne può assumere infatti anche in eccesso, senza che si registrino effetti indesiderati. In effetti, per saturare durante la notte l’organismo con la melatonina, ne basterebbe molto meno dei canonici 3 mg; sarebbero sufficienti uno o due milligrammi. Tuttavia, dato che risulterebbe impossibile determinare l’assorbimento gastrointestinale di ogni singolo individuo, se ne consigliano prudenzialmente 3 mg, per essere certi che ce ne sia abbastanza in circolazione durante la notte. La melatonina in eccesso va poi a finire comunque nei reni, e viene semplicemente eliminata con le urine. Sempre lo stesso medico chiede se sia stata determinata o no per la melatonina la DL50 [la dose letale, cioè che, in un esperimento da laboratorio, porta alla morte il 50% degli animali trattati con la sostanza che si intende testare]. Semplicemente, per la melatonina non esiste e non può esistere una dose letale 50 (DL50). Nessun ricercatore è infatti mai riuscito a far morire un topolino di laboratorio, neppure somministrando dosi altissime della sostanza. Assumendo melatonina esogena (dall’esterno, cioè), non si corre il rischio che si atrofizzi la pineale, visto che questa finisce per produrne sempre meno? E invece succede proprio il contrario! Siccome la melatonina non è un ormone, e il meccanismo di sintesi che la riguarda è molto diverso da quello degli ormoni, appunto, accade l’inverso di quanto ci si potrebbe aspettare. Il processo attraverso il quale dalla serotonina si passa alla melatonina, con l’acetiltransferasi e gli HIOMT 53 (idrossimetiltransferasi), è abbastanza complesso e laborioso. Ora, se si somministra la melatonina dall’esterno, semplicemente gli enzimi non si attivano per produrla. In realtà quindi non c’è nessun meccanismo di inibizione retroattiva, come accade invece se si continua a somministrare, per esempio, cortisone o tiroxina in eccesso a un paziente, massacrando così la sua ipofisi e producendo l’atrofia del fattore di rilascio, l’ormone corticotropo (ACTH). In questi casi, lo stimolo alla produzione parte dall’ipofisi, e il processo viene inibito se noi somministriamo troppa tiroxina o troppo cortisone, o un altro ormone dall’esterno; gli ormoni infatti hanno tutti un releasing factor (cioè delle cellule deputate alla produzione) molto ben definito, per cui se si somministra l’ormone dall’esterno se ne blocca la produzione endogena. Ma questo non è affatto il caso della melatonina, perché non esiste un releasing factor della melatonina nella ghiandola pineale, e quindi anche quando la si somministra dall’esterno, non si provoca un danno irreparabile, come nel caso degli ormoni, ma avviene semmai il contrario. Semplicemente, la somministrazione di melatonina dall’esterno mette a riposo la pineale. Di conseguenza, quando cessa la somministrazione di melatonina, la produzione endogena riprende come prima, anzi meglio di prima. In sostanza, quando si assume melatonina non soltanto non si va incontro al rischio che la produzione endogena (cioè interna) si atrofizzi ma, al contrario, manteniamo integra una delle funzioni della pineale; la quale, liberata da questa incombenza, potrà quindi dedicarsi utilmente ad altro. Diverso è il discorso degli ormoni, la cui somministrazione esogena rischia di compromettere lo specifico fattore di produzione, in maniera più o meno irreversibile (questo è il motivo per cui sono contrario a qualsiasi somministrazione di cortisone, per esempio!). Tu parli spesso (e anche in questa conversazione l’argomento ritorna o meglio aleggia su quanto esponi), di cultura della vita e di cultura della morte. Sono le due ‘culture’ che segnano nel profondo il mondo in cui viviamo. Alcuni prosperano sulla cultura del dolore, del peccato e della morte. A mio avviso, si tratta di organizzazioni, che non esiterei a definire criminali, che hanno tolto all’uomo il bene più prezioso: la gioia di vivere. È la cultura più necrofila che si possa immaginare! Io professo invece la cultura della vita e della gioia, e non quella della morte e del dolore. Ciò non vuol dire che io intenda negarne l’esistenza, tutt’altro! Si tratta piuttosto di un atteggiamento psicologico, come la storia del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Ho fatto un’osservazione interessantissima nei malati terminali di cancro che assumono melatonina. All’incirca sei anni fa venne da me una signora: presentava metastasi al cervello; un caso disperato (le avevano dato un mese di vita), anche perché nessuno può predire come potranno comportarsi in un caso del genere le metastasi. Feci per lei quanto era nelle mie facoltà, somministrandole un cocktail di melatonina con altre sostanze naturali, sotto stretta sorveglianza medica. Visse ancora per altri tre mesi, poi morì. Stava bene fino all’ultimo momento, e la cosa mi apparve strabiliante. Inoltre, è morta senza né dolore né sofferenze! Voglio dire, anche con un cancro che non lascia nessuna speranza, si può morire, soffrendo in maniera indicibile, oppure, spegnendosi lentamente e in maniera dolce. Anche un cancro incurabile va quindi gestito; non è che non si muoia, intendiamoci! Però è possibile giungere alla morte senza sofferenza (e senza dosi enormi di morfina ecc.). Attualmente, io seguo alcuni malati che si trovano in quella fase in cui normalmente si dice che una persona potrebbe o dovrebbe morire; e io non dico che quelle persone non moriranno: spero piuttosto di farle morire bene! Un’altra delle frasi che ami ripetere è che fino all’ultimo respiro tu crederai, con tutte le tue forze, di essere ‘immortale’. Siamo ‘immortali’ fino all’ultimo momento, e fino a prova contraria, quindi? Certamente. Io ho modificato la mia visione della vita e della morte da quando ho capito che si tratta di un programma ormonale. Prima o poi, qualcuno (non io, non credo di fare in tempo, non sono così sciocco o arrogante) riuscirà forse a sollevare la cortina fumogena che circonda di pregiudizi la vita e la morte; però dubito molto che ciò possa accadere in tempi ragionevolmente brevi. La nostra società infatti, che ci piaccia o no, sembra strutturata per sfruttare per i propri interessi il dolore e la morte dell’uomo, e si guarda quindi bene dal pensare all’immortalità. Pensa soltanto che un improvviso allungamento di soli cinque anni della speranza di vita della popolazione, sarebbe ritenuta una vera catastrofe! Se io potessi domani dimostrare che i miei topolini vivono fino a quattro anni (che corrispondono a circa duecento anni nell’uomo), e si diffondesse la notizia che tutti potranno arrivare a quell’età, crollerebbero seduta stante e in un sol colpo Wall Street e le borse di tutto il mondo; non solo, ma cesserebbero d’esistere le assicurazioni e quant’altro, te ne rendi conto? E tieni presente che stiamo navigando non nella fantascienza, ma in una dimensione scientifica! E, infatti, è proprio questo a fare ancora più paura. 54 Questo discorso è, ovviamente, molto affascinante; e tuttavia, non c’è una contraddizione fra l’affermazione ‘l’uomo è immortale’, come tu sostieni, e la scoperta, da te realizzata, del programma biologico che attiene appunto alla vita ma anche alla morte? Esiste un programma biologico, esattamente come tu dici, e che io ho la presunzione di aver scoperto. Però, l’aspetto più interessante è che il programma biologico è assolutamente riprogrammabile! Prendiamo il caso di un arzillo vecchietto di 120/125 anni, come capita di trovarne in certi luoghi sperduti della terra: sta bene, non accusa nessun disturbo, non presenta Alzheimer, la sua pressione è perfetta ecc.; un bel giorno lo trovano morto nel suo letto. Che strano, il giorno prima stava bene, godeva di buona salute, eppure soltanto il giorno dopo è morto. Come è potuto accadere? È semplicemente scattato un meccanismo programmato. Quest’uomo ha fatto il suo corso, ha vissuto tutta intera la sua vita senza fastidi di sorta, però, a un bel momento è partito un messaggio (dalla tiroide, dalla pineale, dall’ipofisi, forse un giorno lo sapremo) il cui significato era: è arrivato il momento di morire, quindi adesso muori! Cosa avviene allora concretamente che fa mutare drasticamente la situazione? Scende la temperatura corporea e sopraggiunge uno stato di ipotermia cui consegue la morte; semplicemente ci si spegne, si va in ibernazione. Si tratta di un meccanismo che oserei definire banale. Noi capiremo perché si muore quando saremo riusciti a comprendere perché la pineale fa invecchiare. In altre parole, è la pineale a dare il segnale al sistema neuroendocrino, che il programma è già scaduto. Non c’è niente di misterioso in ciò. Io non credo negli errori del DNA o nelle cellule che non si possono replicare; ritengo invece che persino i neuroni si possano replicare, così come le miocellule cardiache: tutto sta a sbloccare i meccanismi che ne impediscono la proliferazione. Tu dici: quando avremo scoperto perché si muore, saremo anche in grado di riprogrammare l’orologio della vita attraverso una risincronizzazione neuroendocrina. In che consiste questa risincronizzazione di cui parli? L’invecchiamento è una desincronizzazione ormonale. Durante la notte, scende la temperatura corporea, si abbassa la tiroxina, aumenta l’ormone della crescita, il cortisolo diminuisce, e così via: tutto si svolge su base ciclica. È la famosa tela di ragno che ho tirato in ballo parecchie volte in questa conversazione, nel senso che tutti questi impulsi sono collegati e sincronizzati. Il problema sorge quando il programma, per una malattia o per qualsiasi altra concausa co-invecchiamento o co-cancerogena ecc, risulta alterato. Una donna viene colpita da cancro della mammella: qual è la causa? L’alterazione violenta dell’equilibrio ormonale, in risposta a uno stress psichico (e mettiamoci poi pure dentro che esiste una base genetica, perché anche la mamma, a sua volta, ha avuto lo stesso problema). A mio avviso, il tumore o la malattia cardiovascolare sono sempre preceduti da un’alterazione del sistema ormonale, cioè da una desincronizzazione dell’equilibrio. È come se il ragno cercasse di riparare in continuazione la tela che viene strappata in più punti, fino a che esso stesso non ne viene avviluppato, e casca giù perché privo di sostegno. D’altra parte, esiste una logica in tutto questo; noi viviamo infatti in una sincronia: i ritmi lunari, quelli planetari, il giorno, la notte ecc.; tutto è ritmo. Se le scansioni vengono rispettate, si vive a lungo; diversamente, si vivrà poco e male. Oggi poi, gli insulti a questo equilibrio provengono da più fattori: alimentari, psichici, genetici, da stress ecc. Affermi: la melatonina funziona in quanto ricarica l’orologio fisiologico. La melatonina, secondo me, non ha alcuna azione diretta o specifica (nel senso del recettore e dell’ormone, per intenderci); non credo poi che essa svolga azione antiossidante. Se noi dovessimo pensare che l’effetto antiinvecchiamento della melatonina sia da mettere in relazione alla sua azione antiossidante, dovremmo assumere ogni sera almeno un chilogrammo di melatonina! Quella dell’azione antiossidante della melatonina è una pura invenzione di un professore americano, che pure conosce molto bene la ghiandola pineale. Fra l’altro, gli antiossidanti, anche a dosi da cavallo, non hanno mai fatto vivere nessuno un minuto di più; anzi, producono addirittura danni! La melatonina, che nessuno sa come funziona, lo ripeto, tutela la pineale e ne è la guardia del corpo, preoccupandosi del solo fatto che non invecchi. 55 Un’altra tua affermazione è la seguente: «si pensava che la senescenza fosse condizione inevitabile degli ultimi anni di vita: questa idea deve essere riconsiderata». Riconsiderata totalmente. Se noi fossimo in grado di mantenere il controllo neuroendocrino, non vedo perché dovremmo invecchiare. È chiaro però che mantenere un controllo perfetto della situazione è pressoché impossibile: si tratta piuttosto di tentativi un po’ alla cieca (perché non possiamo averne la verifica immediata nell’uomo, è ovvio); però ciò non vuol dire che non siano tentativi ‘intelligenti’. Se, cioè, io e te fra dieci anni, faccio per dire, godremo delle stesse condizioni di salute di adesso, allora potremo dire di aver visto giusto: avremo vinto! Nel frattempo, avrò magari escogitato altre strategie per invertire ulteriormente l’invecchiamento: ci sto già studiando, e ti garantisco che quanto ho trovato è semplicemente strabiliante. Per adesso, devi credermi sulla parola: ne parleremo diffusamente nel nostro prossimo libro. Nel tuo precedente libro ( La fonte delle giovinezza ) tu parlavi anche di proprietà anticancro della melatonina, che sarebbero state scoperte da Starr parecchi anni fa. Chiariamo subito che la melatonina non è un anticancro. Quando la si somministra a un paziente colpito da cancro, ci si può soltanto aspettare che venga ricostituita l’immunità biologica, in grado di reagire nei confronti del cancro, per tenerlo sotto controllo. Ma la melatonina in sé non ha direttamente nessuna azione anticancro, nel senso che non è una sostanza in grado di eliminare le cellule tumorali. Tutto quello che si può fare è sperare di poter ricostituire il sistema di sorveglianza immunologica, grazie anche alla melatonina; questo sì. Così com’è molto utile, a fini preventivi, assumerne tutte le sere 3 mg, prima di spegnere la luce e dormire. Tu ti sei occupato, e continui a occuparti di neuroimmunomodulazione; sei anzi considerato fra i fondatori di questa disciplina. Come la si può definire? E qual è stato il tuo ruolo effettivo nell’enuclearla e approfondirla? La neuroimmunomodulazione è la possibilità di modulare l’immunità (al primo congresso di Stromboli era presente chi ha coniato il termine, con il quale fondammo nel 1984, insieme a Spector, Fabris, Jankovich, questa disciplina medica integrativa), mediante agenti ormonali in grado di far maturare, sviluppare e rendere funzionali le cellule immunitarie (i linfociti, per esempio). Ho cominciato a occuparmi di immunomodulazione a partire dagli anni 1963/64. Scrissi il primo lavoro ‘storico’ su Nature nel 1967, in cui, per primo, ho potuto dimostrare che esiste una relazione fra timo e ipofisi: un sistema cioè bidirezionale di colloquio tra il cervello e il sistema ormonale da una parte, e quello immunitario dall’altra. Prima di questa scoperta, per gli immunologi, gli ormoni non esistevano neppure! Cos’è cambiato da quegli anni, nella ricerca? Quali sono state le implicazioni a livello terapeutico, per esempio? Sono cambiate soprattutto le condizioni generali. Inoltre, si è arrivati alla scoperta di linfochine, monochine ecc., e gli ormoni sono stati usati per migliorare le condizioni immunitarie. D’altra parte, se noi siamo in presenza di un malato di AIDS, e vogliamo ricostituire la sua immunità, dobbiamo far sì che l’organismo riprenda il controllo dell’immunità. È proprio ciò che fa la melatonina, mettendo in moto tutti gli ormoni che regolano l’immunità. Diversamente, si fa soltanto un buco nell’acqua! Su questo non ho alcun dubbio, e sono pronto a sfidare chiunque a livello clinico. Donne affette da cancro della mammella presentano spesso livelli di estrogeni più alti rispetto alla norma; tu però sostieni che la melatonina aiuta a mantenerli in condizioni accettabili. Io sono convinto che nel caso di un tumore mammario, in fase non ancora eccessivamente avanzata, la melatonina riesca, migliorando le condizioni endocrine, a rendere molto più incisiva la terapia del cancro mammario. Le donne possono quindi servirsi di questo ottimo supporto. Purtroppo, esse si lasciano prendere dal panico quando si accorgono di avere dei noduli al seno: entrano in un tale stato di depressione e di ansia che può portarle letteralmente alla tomba! D’altra parte, tutto il sistema necrofilo che ruota attorno all’oncologia fa sì che la donna si deprima; e la depressione e l’ansia provocano una violenta immunodepressione psichica. E' ciò che 56 avviene a uno studente sotto esame, che appare del tutto immunosoppresso. Questo stato è molto pericoloso: ciò è stato ampiamente dimostrato. Le donne rischiano di morire di paura; non di tumore, quindi, ma di paura di morire di tumore! Inoltre, spesso l’insorgenza del tumore è preceduta da gravi stress a livello famigliare; ciò provoca una tale alterazione del controllo ormonale da sfociare nel cancro o in una delle tante malattie autoimmunitarie. Come si può contrastare questo trend negativo? Eseguendo un’improvvisa retromarcia, alle prime avvisaglie che qualcosa comincia a non funzionare più come prima: cambiare stile di vita, alimentazione ecc. Sono invece contrario alle ‘manomissioni’. Sono decisamente contrario poi alla mastectomia, perché nella gran parte dei casi è inutile, fermo restando che ogni situazione va esaminata e valutata con cura e responsabilmente! È interessante notare, a proposito del cancro, che in laboratorio, ceppi di topolini (C3H/He) che sviluppano spontaneamente il cancro, quando vengono privati della pineale, non si ammalano più di cancro. Sono topi che presentano alti livelli di prolattina (che, tra parentesi, è un ormone killer, tant’è che ne richiedo per tutti i miei pazienti la misurazione, anche per gli uomini; alti livelli di prolattina, infatti, fanno propendere per l’insorgenza di un cancro); ora, dato che a controllare la prolattina è la pineale, è pensabile che nel ceppo di topolini di cui sopra esista un’alterazione della pineale che non controlla più i livelli di prolattina. Conclusione: asportando la pineale, non insorge più il cancro! (vedi lavoro riportato nella bibliografia in appendice, pubblicato su Journal of Neuroimmunology, 108 (2000), 131-135). Si può quindi concludere che alterazioni neuroendocrine anticipano la comparsa del cancro. Che poi queste alterazioni siano indotte da una sostanza chimica, dallo stress, dall’angoscia o dalla depressione, oppure da ciò che si mangia, o da una tendenza genetica, poco importa: il risultato finale è lo stesso. Se, in condizioni ormonali alterate, non si scatena il cancro, si può stare tranquilli che, senza alcun dubbio, insorgerà qualche altra patologia grave: arteriosclerosi, malattie autoimmunitarie ecc. Affrontiamo adesso il capitolo delle epatiti virali. L’unico modo per contrastare un virus consiste nell’accrescere l’immunità dell’organismo. Non serve altro, neppure gli interferoni che sono infatti estremamente tossici e inducono danni collaterali gravi. Ciò detto, l’epatite A è molto pericolosa perché si manifesta in forme gravissime e rapide che possono provocare la colliquazione del fegato. Può agire rapidamente e portare altrettanto rapidamente alla morte. Dall’epatice C cronica si guarisce, anche se si tratta di una forma molto pericolosa; a guargione ottenuta, gli anticorpi scompaiono e il virus si rintana da qualche parte: però l’importante è che il paziente stia bene (mangi, beva e dorma). In questo caso è sufficiente la melatonina con zinco, più un kit che io prescrivo di volta in volta. La melatonina, infatti, restaura le forze muscolari e il sonno, ricostituendo l’immunità; a sua volta, lo zinco orotato, associato alla melatonina, avrà un deciso effetto di ricostituzione dell’immunità naturale antivirale, ottenuta mediante la risincronizzazione dei ritmi ormonali. È documentato: si assiste alla normalizzazione degli enzimi epatici. Il problema è, in ogni caso, sempre lo stesso: non si tratta di distruggere il virus, quanto piuttosto di ricostituire il paziente, e al più presto possibile! Così come il problema del cancro non è di eliminare il cancro, ma di ricostituire la capacità del paziente di rigettare il cancro, o di tenerlo comunque sotto controllo. Non tutti saranno d’accordo con me, me ne rendo conto. Io però ho dalla mia i pazienti che sono guariti, i miei quarant’anni passati in laboratorio, le prove che confermano le mie affermazioni e, udite udite!, l’assoluta innocuità delle sostanze che impiego nella terapia. Bisogna avere il coraggio di sottrarre i pazienti a questa morsa mortale che li stritola: dal cancro, alle malattie virali, alle malattie autoimmunitarie, all’arteriosclerosi… Cap. 23 – Risposte veloci ● Qualcuno afferma che la melatonina, una volta ingerita, verrebbe rapidamente distrutta dagli enzimi, e di essa non resterebbe quindi neppure traccia nell’organismo. 57 Falso. La melatonina, alla dose in cui viene solitamente somministrata (3 mg prima di dormire), rappresenta una dose rilevante. Una parte di essa viene distrutta, un’altra viene metabolizzata dal fegato e si trasforma in 6- idrossimelatonina, finendo poi per essere escreta dai reni attraverso le urine. La rimanente parte entra però in circolo e dà luogo a un picco notturno di melatonina, appunto. Il principio, però, in base al quale la melatonina agisce, non è quello farmacologico: consiste invece nel creare ad arte un picco notturno di melatonina nel sangue, più o meno alla stessa ora tutte le notti, sulla base della genetica di quell’individuo (teniamo presente il concetto di ciclicità e di ritmo, fondamentale per la nostra salute!). ● Tu consigli di assumere, salva diversa prescrizione per casi particolari, 3 mg di melatonina alla sera, sempre alla stessa ora. È una dose sufficiente. Tuttavia, agli ultrasettantenni io consiglio prudenzialmente di assumere 6 mg di melatonina; ciò vale soprattutto nel caso in cui si assuma melatonina con zinco, per l’importantissima azione sinergica di questo elemento con la melatonina, in tarda età. ● Le varie melatonine in commercio sono tutte uguali? Neppure per idea! Il problema è la purezza della melatonina. Una qualsiasi contaminazione infatti ne può alterare l’effetto. Oltre poi alla purezza (che deve essere certificata dal produttore) bisogna controllare anche la presenza degli eccipienti utilizzati. Alcuni fabbricanti mescolano infatti la melatonina con le sostanze più incredibili (dal tè alla valeriana ecc.), creando dei miscugli empirici che non trovano nessuna giustificazione scientifica o terapeutica. Le uniche melatonine da acquistare sono quindi quelle preparate da aziende qualificate che utilizzino il sistema di produzione GMP (Good Manufacturing Practice). Non vorrei allarmare i consumatori, ma sottolineo in questa sede che negli Stati Uniti sono state trovate sul mercato confezioni di cosiddetta melatonina assolutamente prive della sostanza! Da ultimo, c’è chi acquista melatonina a basso costo, prodotta con mezzi di fortuna e senza alcuna garanzia e certificazione, per ricavarne poi delle confezioni accattivanti a prezzi irrisori. Raccomando quindi a tutti di essere cauti nell’acquisto: la melatonina non può funzionare se non ce n’è traccia nella confezione che dovrebbe contenerla! Attenti poi alla qualità: le contaminazioni possono provocare bruciori, svenimenti, allucinazioni. Attenti, inoltre al prezzo: negli USA sono in vendita confezioni di melatonina che vanno da due, fino a quaranta dollari! ● Per quanto tempo bisogna assumerla? Se un individuo ha meno di quarant’anni, io consiglio di assumerla non appena si presenta un qualsiasi disturbo, e fino a quando la situazione non si sia normalizzata. Se il disturbo si ripresenta, è opportuno tornare a prenderla. ● La si può somministrare ai bambini? I bambini non hanno bisogno di melatonina. Tuttavia, data la situazione in cui spesso si trovano a vivere (famiglie litigiose, divorzi, stress, televisione, rumori, inquinamento dell’aria e dell’acqua, bevande gasate, alimentazione ecc.), se ne può fare uso, per periodi limitati (che possono durare però anche qualche mese). Se un bambino dorme male, per esempio, non potrà che trarne vantaggio. Se un bambino sviluppa spesso infezioni, tonsilliti ecc., la melatonina è assolutamente indicata. Sempre alla dose di 3 mg, ma anche a dosi inferiori (1 mg). ● Tuttavia, la melatonina non potrebbe avere qualche influenza sullo sviluppo sessuale di un bambino? Non alla dose consigliata (da 1 a 3 mg). È interessante notare, a questo proposito, che il picco di melatonina è altissimo nei bambini; nell’età puberale però, esso crolla. È quindi opportuno somministrare melatonina proprio quando si riscontrano disturbi legati allo sviluppo. In ogni caso, alle dosi consigliate, la melatonina non ha azione antigonadotropa, al contrario! Come si sa, la funzione della ghiandola pineale era ignota finché non si osservò una 58 pubertà precoce in bambini con tumore della pineale, appunto. In questo caso, il tumore della pineale bloccava la produzione di melatonina, con conseguente mancata inibizione sullo sviluppo gonadico, da cui la pubertà precoce. Ciò indurrebbe a pensare che la melatonina possa essere molto utile nei disturbi della crescita. Io, che amo osservare certi fenomeni, ho notato che negli Stati Uniti, specie in California, si incontrano spesso giovani ragazze, piccole di statura, bionde e grasse. Come mai? È una situazione che va attribuita al menarca precoce. L’eccesso di zuccheri e un’alimentazione esagerata, oltre a una prolungata e intensa illuminazione (di giorno e di notte), provocano un’alterazione del sistema neuroendocrino (ormonale). Nelle bambine il menarca si presenta a soli 10 o 11 anni, con conseguente blocco della crescita. Ecco perché rimangono piccole di statura e ingrassano a dismisura. Lo stile di vita della nostra società favorisce uno sviluppo sessuale precoce: ciò è semplicemente aberrante. La melatonina può servire a migliorare i ritmi, riportando lo sviluppo ai ritmi fisiologici. A questo proposito devo aggiungere che sto seguendo personalmente, e con successo, diversi casi di giovani pazienti che soffrono di disturbi della crescita, provocati sempre da un’errata alimentazione e da uno stile di vita inadeguato in questa età delicata dello sviluppo. ● Dai quarant’anni in su, quando conviene assumere melatonina? Più o meno, sempre. ● Esistono controindicazioni all’uso della melatonina? Non la somministrerei durante la gravidanza. Non la darei neppure ai bambini troppo piccoli e sani (diverso è il caso di specifiche patologie gravi o autoiimunitarie). ● Alcuni riferiscono di effetti indesiderati nel momento in cui si inizia ad assumere melatonina (tachicardia, capogiri, emicrania, insonnia…). In questi casi è meglio evitare l’uso della melatonina? No. In questi casi è opportuno verificare, in primo luogo, che la qualità della melatonina sia effettivamente ineccepibile, e che l’assunzione avvenga alla sera, prima di spegnere la luce. Ciò detto, veniamo al dunque. Esistono persone che, dopo aver ingoiato sonniferi, tranquillanti e ogni tipo di farmaci per venti o trent’anni, pensano che la melatonina possa guarire qualsiasi disturbo in un sol giorno. Occorre sapere attendere i risultati con un po’ di pazienza. Ci vuole tempo infatti per restaurare un organismo alterato. Tutti i sintomi che hai citato, se si dovessero presentare, non possono che essere passeggeri. ● D’accordo. Ma quanto tempo bisogna ‘saper aspettare’? Talvolta anche dei mesi. Bisogna insistere. Se non si dorme di notte, si può leggere utilmente un libro, servendosi di una luce tenue (mai troppo vivida o violenta), finché una notte improvvisamente arriva il sonno ristoratore. È però importante ricordare che anche se si dorme poco, si dorme meglio; e dopo alcuni giorni ci si sentirà benissimo. ● La melatonina cambia la qualità del sonno? Sicuramente. Se un soggetto assume melatonina perché ha deciso che vuole invecchiare bene, la qualità del suo sonno sarà diversa, in quanto la melatonina provvederà a normalizzare determinati parametri. Il sonno sarà diverso da quello di prima, e certamente migliore. ● La melatonina può essere somministrata a pazienti cardiopatici, sottoposti a terapia antiaggregante? Sicuramente. Anzi, in questo caso, non è la melatonina che coadiuva la terapia antiaggregante, ma esattamente il contrario! La melatonina in sé è infatti antiaggregante, tanto che pare (ma non vi è certezza su questo punto) 59 venga prodotta anche dalle piastrine: rende quindi l’azione degli antiaggreganti molto più efficace. Di conseguenza, non ha nessuna controindicazione nelle persone che sono state colpite da ictus o trombosi, o che presentano problemi cardiovascolari. ● Quale consiglio puoi suggerire in caso di diverticolosi. Nelle diverticolosi non può che intervenire il chirurgo. Tuttavia, la melatonina è antinfiammatoria e migliora lo stato della mucosa intestinale. Dato che i diverticoli cronici possono dare origine al cancro, la melatonina, migliorando il sistema neuroendocrino, e sviluppando anche attività locale, agisce a favore dello stato generale del paziente. Occorre però esaminare la situazione caso per caso. A volte l’intervento chirurgico rappresenta la soluzione più adeguata. ● E in questo caso e, più in generale, negli interventi chirurgici, può essere utile l’assunzione di melatonina? Raccomando caldamente la melatonina prima e dopo qualsiasi intervento chirurgico. Elimina infatti lo stato d’ansia, diminuisce drasticamente gli effetti dell’anestesia, facilita la rigenerazione dei tessuti, migliora l’immunità. È indispensabile assumerla quindi alcune settimane prima dell’intervento, e subito dopo. Sempre alla dose di 3 mg, tutte le sere, e possibilmente con zinco organico. ● Può essere somministrata alla donna che fa uso di anticoncezionali orali, o a quella che, in menopausa, si sottopone a terapia sostitutiva ormonale? Certamente. Nel caso della donna in menopausa, come abbiamo ampiamente discusso in questo libro (vedi capitolo 11), l’uso della melatonina non solo elimina i disturbi della menopausa, ma può addirittura portare alla ripresa delle mestruazioni, com’è già avvenuto ormai in moltissimi casi di mia conoscenza! ● Data la sua azione come fattore che stimola la produzione di piastrine, la melatonina può essere impiegata in quelle patologie dove è presente una piastrinopenia (cirrosi, per esempio)? In questo caso la melatonina è assolutamente necessaria. Stimola infatti potentemente il midollo osseo, e serve quindi egregiamente alla produzione di piastrine. Concludendo Mi hanno ucciso quando sono nato: mi hanno raccontato che sarei cresciuto e diventato adulto. Quanto ho raggiunto i quarant’ anni, mi sono accorto di essere stato ingannato, e sono ritornato lentamente sui miei passi per riconquistare la mia giovinezza rubata. (Walter Pierpaoli) Caro Walter, è giunto il momento di congedarci dal lettore, ponendo fine, almeno per adesso, al nostro conversare. Penso già però che dovremo rivederci presto, per dare conto ancora, a chi vorrà seguirci, di quegli altri argomenti e di quelle scoperte che tu hai lasciato intravedere appena qua e là nel corso di questa conversazione. Però, prima di mettere via penna e calamaio, come si usava dire una volta, vorrei porti l’ultima domanda, che è questa: Alla fine del (breve) tratto di strada che abbiamo compiuto insieme, stringi stringi, cosa resta del nostro dialogare? Qual è, in sostanza, il succo del discorso? Mon mi piace parlare di ‘messaggio’; però… alla fin della fiera, come possiamo accomiatarci dal lettore? Che gli diciamo per farne un uomo contento, e convincerlo magari che non ha sprecato il suo tempo e i suoi soldi, leggendoci? 60 Qualcuno potrebbe pensare che questo sia un libro sulla melatonina. Non è vero, e mi sta molto a cuore che tu riesca ad afferrare a fondo il senso vero della mia affermazione. Vorrei richiamare l’attenzione tua, e del lettore, ovviamente, su una circostanza. Che, cioè, le parole che ricorrono più frequentemente in questo libro sono soprattutto due: ciclicità e ritmo (lasciando però da parte il termine melatonina, me ne rendo conto). Ma, sia chiaro, la melatonina è, per così dire, la ‘volgare’ conseguenza delle mie scoperte, non certo l’origine. Paradossalmente, risulta più importante per l’uomo riscoprire oggi i ritmi circadiani, faccio per dire, che scandiscono la sua giornata, e la ciclicità ricorrente di sonno e veglia, così come di giorno e notte, più di quanto non lo sia la chiara e netta percezione dell’importanza della melatonina ai fini di una prolungata longevità. Preferisci che te lo dica in un altro modo, più piano, se vuoi, o addirittura terra terra, se preferisci? Ebbene, noi non abbiamo certo scritto questo libro per promuovere la vendita di melatonina! Come ho avuto modo di affermare più volte nel corso di questa nostra conversazione, esistono almeno due categorie di persone: quelle che amano la morte (i necrofili), e quelli che amano la vita. I primi sono costantemente depressi; i secondi vogliono spassarsela alla grande. Io sono, e anche tu, naturalmente, fra quelli che amano la vita. Così come sono convinto che non c’è nulla di blasfemo nel nostro tentativo di riscoprire la gioiosità e l’armonia di cui è pervaso l’universo! Una circostanza questa che mi ha spinto costantemente a fare quello che ho fatto, alla continua ricerca, cioè, di ‘prove’ certe in questa direzione; e non soltanto per me, ma anche per quanti, spinti da una nuova consapevolezza, si sentono beffati nella sfera più preziosa, quella della salute fisica e psichica. La svolta è inevitabile. L‘emozione straziante e sconvolgente che ha accompagnato le mie ‘scoperte’ è l‘espressione di qualcosa che mi è piombato addosso e mi ha travolto come una valanga. Ma in quegli istanti ho anche imparato ad amare, in quanto mi sono sentito parte di una ineffabile forza positiva che mi dava coraggio e amore. Sono, siamo, quindi ‘pellegrini del Cosmo’. Fino all‘ultimo istante crederò nella vita e nel dono dato all‘Uomo di plasmarla in piena libertà, anche se con l‘umiltà dei poveri di spirito. Appendice A – Le lettere Quando è apparso in Italia la traduzione italiana del libro The melatonin miracle, con il titolo La fonte della giovinezza, molti di quelli che l’hanno acquistato, dopo averlo letto, si sono affrettati a scrivere a Walter Pierpaoli per avere delucidazioni, consigli e soprattutto per chiedergli il dosaggio con cui la melatonina andava assunta. L’edizione italiana infatti era stata ‘purgata’ del capitolo che riguardava proprio i dosaggi consigliati. Sono pervenute quindi a Pierpaoli centinaia e centinaia di lettere cui sarebbe stato materialmente impossibile rispondere, a meno di assumere a tempo pieno solerti segretarie e dattilografe per far fronte alla bisogna. Vista la cronica e, ahimè, profonda carenza di fondi da cui è afflitta la ricerca scientifica, e massime dei ricercatori che hanno la cattiva abitudine di cantare fuori dal coro, il ricorso a un’assunzione in massa di segretarie si è rivelata impraticabile. La stragrande maggioranza quindi di coloro che si sono rivolti speranzosi a Pierpaoli per lettera, sono purtroppo rimasti senza risposta. Il dottor Walter Pierpaoli se ne scusa vivamente, e chiede ( a posteriori) la comprensione di tutti coloro che hanno ritenuto opportuno interpellarlo, senza tuttavia riuscire ad avere da lui un cenno di risposta. Per rimediare però, almeno in parte, a questa non voluta delusione provocata nei lettori/estensori delle missive, e per compensarli in qualche maniera della fatica, oltre che per testimoniare loro che questa non è poi stata del tutto inutile, gli autori di questo nuovo libro hanno pensato di dar conto (simbolicamente) di un ristrettissimo campione della corrispondenza che allora pervenne a Walter Pierpaoli. Con unica avvertenza, e cioè che le lettere (pubblicate quasi integralmente), hanno il valore che hanno, e non pretendono quindi di portare il lettore né da una parte né dall’altra. Esistono grosso modo tre tipologie di missive: chi chiede aiuto (anche con qualche critica però); chi si propone come cavia (tanti fra quanti hanno scritto, e ce n’è quindi almeno una testimonianza nel campione); chi infine si congratula e si complimenta. Veda il lettore se trova fra le lettere che pubblichiamo di seguito, un atteggiamento che più gli si confà, sperando che gli possa tornare utile in qualche maniera. 61 1. Sogni ancestrali da Miami (agosto 1996) Gentile Professore, per quel poco che può valere questa mia testimonianza, posso dirle che ho già avvertito un apprezzabile miglioramento fisico e psichico. Una pronta ripresa dallo sconvolgimento dei viaggi aerei. Una nuova qualità di sonno con accresciuta frequenza di ‘sogni’ che definirei ‘ancestrali. Una migliorata qualità digestiva e (forse) rallentamento dei miei disturbi prostatici. Ma il beneficio davvero sorprendente è stata la scomparsa pressoché totale di due inestetici globuli di grasso apparsi da tempo nei miei occhi a denunzia evidente della mia reale età dato che appaio più giovane… (o come lei dice, del mio stato patologico). Sono consapevole che questo scritto ha scarse possibilità di riscontro, ma spero davvero possa giungere in sue mani per portarle il modesto messaggio della mia riconoscenza e della mia solidarietà. 2. Il depresso (settembre 1996) Egregio Signor Dottore, all’inizio di quest’anno ho conosciuto molte traversie professionali e personali che hanno minato sia la salute, sia il morale. Le risparmio i dettagli; sta di fatto che mi sono ritrovato in una situazione per me assolutamente nuova. Tensioni sul posto di lavoro e in famiglia, un diffuso senso di inadeguatezza (di ‘fallimento’), insonnia e tutti gli altri sintomi tipici di queste situazioni di intenso stress. Il mio medico mi ha prescritto via via ansiolitici, calmanti, sonniferi e quant’altro: con il risultato di accrescere il senso di colpa derivante dal fallimento (ti rifugi addirittura nei medicamenti forti, ergo sei incapace di sopportare e reagire…). Mi sono poi dovuto recare negli Stati Uniti due volte nel volgere di poche settimane e per caso mi sono imbattuto nel suo libro ‘The melatonin miracle’, divorato durante i noiosi voli, inizialmente soprattutto per l’interesse destato dall’effetto della melatonina sul jet lag. Ho così acquistato ‘over the counter’ un flaconcino da 3 mg e ho provato. Ha funzionato, eccome: sia all’andata, sia al ritorno ho potuto lavorare come se niente fosse, mentre che in passato, particolarmente dopo il volo dagli Stati Uniti, avevo due o tre giorni di black out (sonnolenza di giorno, incapacità di concentrazione, irritabilità…). Ề stato così che ho provato la melatonina come sonnifero; ho iniziato con 5mg, per poi diminuire gradualmente; oggi ne prendo 1 o 2 mg per giorno, una ventina di minuti prima di andare a letto. Risultato: mi addormento rapidamente, non mi sveglio praticamente più durante il sonno e alle 7 mi alzo fresco e riposato. La cosa più interessante che nel mio caso sembra contraddire i critici della melatonina, sta nel fatto che ho superato quella orribile fase depressiva, non ho più usato altri medicamenti e mi sento in ottima forma sia fisica, sia psichica. (…) Giungo al termine ponendole una domanda… 3. L’insonne deluso (gennaio 1996) Egregi Professori Pierpaoli & Regelson, iniziai la cura circa un mese fa, con nessun desiderio di allungare la mia vita o di riavere impulsi sessuali a 82 anni, ma soltanto di recuperare un sonno fisico e ristoratore di energie. Risultato: una insonnia mai provata prima dell’assunzione del farmaco ricevuto dagli USA. Ho iniziato con una dose di 3 mg, prima di andare a letto. Non ho mai raggiunto le 7/8 ore di sonno continuo, bensì interrotto più volte e costellato di sogni incredibili e anche da incubo. Che siano REM o non REM, comunque fastidiosissimi e se avessi dovuto seguire il Vs consiglio di alzarsi non appena aperti gli occhi, a mezzanotte avrei dovuto aggirarmi per casa, leggere in poltrona o guardare la televisione, che durante la notte trasmette filmini porno o quasi che su di me fanno l’effetto dell’acqua fresca. Vi chiedo: ho fatto bene a sospendere il farmaco riprendendo il mio sonno abituale, non pineale? Può essere che questa incompatibilità del mio organismo sia dovuta all’assunzione di Voltaren o di Feldene? Questi antidolorifici, presi da soli, mi davano sonnolenza procurandomi un sonno ininterrotto anche di 8/9 ore. (…) Attendo quindi una parola di conforto… 4. L’ avventuriera (febbraio 1997) Chiarissimo dottor Pierpaoli, mi presento a lei per raccontarle la mia storia e per ringraziarla della sua scoperta: la Melatonina. Sono una signora di 79 anni e sono affetta da una serie interminabile di malanni. Cercherò di illustrarle solo quelli più gravi tralasciando gli altri. Devo premettere che sono stata un’accanita fumatrice, arrivando a fumare dai due ai tre pacchetti di sigarette al giorno. Pur avendo smesso da tempo di fumare,sono oggi affetta da ischemia cardiaca, enfisema polmonare, pressione arteriosa 210 la massima e 110 la minima e per concludere 20 kg di più del peso normale. Non mi sono affatto trascurata, al contrario mi sono sempre affidata a illustri medici, con scarsi risultati. Negli ultimi mesi del 1995 le mie condizioni si sono ulteriormente aggravate di giorno in giorno. Ricevetti fortunatamente la visita di un mio nipote che abita a Miami, in Florida, il quale 62 preoccupato del mio stato di salute mi parlò della melatonina, e si preoccupò una volta tornato negli USA di mandarmi delle scatole di Melatonina. Incuriosita dalle parole lusinghiere di mio nipote circa la melatonina ne parlai con alcuni medici che mi avevano in cura, i quali non vollero prendersi alcuna responsabilità sul farmaco. Le mie condizioni andavano sempre più peggiorando e in pochi giorni distanti l’uno dall’altro ebbi due attacchi di angina; mi fu consigliato il ricovero in ospedale d’urgenza; pensando che peggio della mezza notte non poteva venire, decisi di provare quel farmaco consigliatomi da mio nipote circa la melatonina in data 8 dicembre 1995. Dopo pochi giorni che avevo cominciato a prendere il farmaco leggo il suo articolo sul Venerdì di Repubblica, cerco in diverse librerie di Roma il suo libro senza esito finché non lo ordino, una copia per me e altre per i medici citati qui sopra. I risultati sono stati a dir poco miracolosi e decido di portare in India un gruppo di 60 persone a inizi gennaio. Trascorro 15 giorni a Goa ecc. Tornata in Italia mi decido a rintracciare il suo indirizzo per ringraziarla. La glicemia a 240 ora non c’è più e mi sento straordinariamente bene e in piena salute. Le invio i miei sentiti ringraziamenti e se le servirà la mia lettera ne potrà far uso. 5. La pineale calcificata (aprile 1996) Egregio Dottor Pierpaoli, le porgo le mie più sentite felicitazioni per il successo avuto dalla sua lunga e accurata ricerca sulla ghiandola pineale e la sostanza da essa prodotta. Le auguro di sbaragliare gli ultimi pregiudizi (forse anche frutto di gelosie) nel campo medico italiano, che ce la mette tutta nel contrastare l’ascesa della melatonina. A gennaio mio marito le aveva telefonato per chiederle eventualmente un appuntamento, poiché il mio quadro clinico è abbastanza complicato e perfetto per la sua teoria sull’invecchiamento precoce. Lei molto gentilmente ha risposto che essendo un ricercatore non eseguiva visite ed aveva prescritto l’assunzione di 3 mg di melatonina per due mesi due volte l’anno. Ciò è stato fatto da entrambi, però credo che nel mio caso sia insufficiente una tale posologia, poiché la mia ghiandola pineale è calcificata da più di vent’anni (accertata con lastre al cranio) e io ne ho solo 47. Naturalmente le lascio immaginare il mio iter discendente. Se la cosa le dovesse interessare a livello scientifico, sappia che sono a sua disposizione. Le vorrei fare una domanda: ora che sono anche in menopausa e il mio medico mi ha prescritto una terapia alternativa con … (che molto probabilmente mi crea problemi di gonfiori), potrebbe la melatonina sostituire questi ormoni? L’unico problema che la melatonina mi ha dato: un lieve dolore al centro della fronte pochi istanti dopo il risveglio mattutino per 5- 10 minuti; dopo i due mesi d’assunzione è durato ancora per pochi giorni e poi è scomparso. Spero che questa osservazione possa esserle utile, non come vent’anni fa che per la prima volta mi sentii rispondere ‘Non si preoccupi se la ghiandola pineale è calcificata, tanto non serve a niente!’ E non da un solo medico! Io credo che il corpo umano sia una macchina eccezionale ed ogni organo piccolo o grande che sia abbia sicuramente la sua importanza, come i messaggi criptici che ci invia col dolore: sta a noi decifrarli. Le in questo senso sta facendo molto, ha tutta la mia stima. 6. Un caso di Parkinson (aprile 1996) Illustrissimo Dottor Pierpaoli, le scrivo a nome del dottor (…) che è stato per alcuni un borsista e collaboratore della fondazione (…). Entrambi abbiamo letto con interesse il suo libro ‘La Fonte della giovinezza’ edito da Rizzoli. In particolare ci ha colpito quanto da lei descritto in merito agli effetti della melatonina sui malati di Parkinson. Nostra madre è affetta da questa malattia da circa un anno e mezzo ed è attualmente curata mediante la somministrazione di due farmaci, il Sormodre e, in aggiunta, l’Inderal. Questi farmaci, come le è noto, non agiscono sulle cause ma servono solo ad alleviarne parzialmente i sintomi. Nostra madre ha 61 anni ed è quindi ancora relativamente giovane. Per questo vorremmo poter esaminare la documentazione scientifica inerente ai pazienti parkinsoniani trattati con la melatonina ed indicazioni bibliografiche eventualmente nella sua disponibilità. Queste informazioni ci consentirebbero di valutare l’opportunità di intraprendere una terapia sostitutiva e/o integrativa di quella attuale e che tradizionalmente concerne i parkinsoniani. Ed ecco la risposta di Walter Pierpaoli: «Da quanto sto imparando, vi sono casi di rapidissimi miglioramenti e altri nei quali il miglioramento è lentissimo. I meccanismi sono sconosciuti ma credo che siano indiretti e legati al miglioramento di funzioni endocrine cerebrali. Non esistono controindicazioni ed effetti collaterali. Sua madre, se migliora, può poi gradualmente eliminare gli altri farmaci e condurre una vita normale. Non esistono studi sistematici o pubblicazioni, ma solo le mie osservazioni che vanno aumentando con nuovi casi, tutti con esito positivo anche se non drastico.Mia suocera è guarita, sta benissimo e neanche si ricorda di quando, dieci anni fa, tremava in modo spaventoso». 7. Applicazioni in oculistica (febbraio 1996) Caro dr. Pierpaoli, sono un docente di Biofisica della Facoltà di Medicina dell’Università di (…). Mi interesso da più di 20 anni di problemi inerenti la fototrasduzione visiva in retine di vertebrati. Attualmente sarei molto interessato a 63 uno studio sistematico sugli effetti della melatonina sul tono oculare dell’uomo, in collaborazione con la Clinica Oculistica dell’Università di (…). In letteratura ci sono dati contrastanti sull’argomento. Nell’articolo di Samples et al. pubblicato su Current Eye Res. del 1988 (citato anche nel suo libro The Melatonin Miracle) sono riportati risultati positivi: la pressione oculare scende di circa il 20% in seguito a somministrazione orale di melatonina (200 mcg ogni due ore). In un articolo più recente invece, Viggiano et al. ( Ophthalmology, vol.101, p.326-331, 1994) non trovano effetti significativi della melatonina (25° mcg somministarti oralmente ogni dure ore) sul flusso acqueo dell’occhio. Entrambi i protocolli sperimentali sono stati condotti per la durata di sole 24 ore, poche a mio parere per poter concludere qualcosa di definitivo. Io vorrei provare a fare misure di pressione oculare su pazienti ai quali la melatonina venga somministrata per almeno due mesi. 8. Effetti positivi, ma in tempo utile? (febbraio 1996) Caro dottore, mi scusi, innanzitutto, per la forma confidenziale, ma lei mi è doppiamente caro: perché mi ha dato una grande speranza e perché è un italiano che con la sua opera sta onorando tutti suoi concittadini. Ho letto il suo libro ‘La fonte della Giovinezza’ con grande emozione; può comprendermi: ho sessant’anni e il problema dell’invecchiamento incombe. Non voglio farle perdere tempo e quindi le dico subito che la lettura ha suscitato in me un interrogativo: la somministrazione di melatonina, in soggetti umani già avanti negli anni, è in grado di produrre effetti in tempo utile? 9. Una persona petulante (febbraio 1996) Egregio dottore, ho regalato il suo libro ‘La fonte della giovinezza’ poiché non pensavo che trattasse il tema ‘melatonina’ così a livello informativo diciamo; la persona alla quale ho donato il libro ammalata e settantenne è letteralmente impazzita, e mi ha detto che io mi devo interessare (anche se a me non interessa proprio perché ho vent’anni!!) per sapere la posologia, le eventuali controindicazioni, la durata della cura e soprattutto il come poterla reperire. Lei, cioè la signora, ha parenti a (…) e potrebbe averla. Ma senza conoscere posologia, durata del trattamento, come fare? Allora il libro a cosa serve proprio a nulla, o forse solo a far quattrini a chi lo ha scritto!!! Scusi la franchezza!!! Non mi sembra giusto concludere il libro senza alcuna informazione del genere, non le pare dottore? Lei comprenderà cosa accade all’interno di una persona (chissà quante persone le scriveranno dopo averlo letto) dopo aver letto il libro e trovarsi nell’impossibilità di reperire il farmaco e a prenderlo come lo si dovrebbe, poiché penso che la posologia cambi in ragione dell’età. 10. Domande semplici e risposte precise Pregiatissimo Professor Pierpaoli, come da lei consigliatomi ho letto il suo libro ‘La fonte della giovinezza. Colgo l’occasione per chiederle alcuni chiarimenti: 1. se il dosaggio della melatonina nell’insonnia è una posologia standard oppure individuale [risposta di Pierpaoli: individuale (1-3 mg)]; 2. se la molecola può essere somministrata a pazienti cardiopatici sottoposti a terapia antoaggregante [risposta di Pierpaoli: certamente! 3 mg al momento di andare a letto]; 3. se la melatonina può essere somministrata a donne che prendono anticoncezionali orali o in quelle donne che in climaterio sono in terapia sostitutiva con estrogeni e progesterone [risposta: certamente!]; 4. se, data l’azione della melatonina come fattore stimolante la produzione delle piastrine, può essere impiegata in quelle patologie dove è presente una piastrinopenia (es., cirrosi) [risposta di Pierpaoli: è necessaria!]. 11. Degenerazione maculare (luglio 1996) Egregio Dottore, sono una lettrice del suo libro ‘La fonte della giovinezza’, che ho letto con molto interesse e voglio esprimerle la mia stima per l’abilità con cui tratta la materia, facendolo in maniera comprensibile a tutti, anche a me casalinga, che non ho la preparazione adeguata per avvicinarmi a quegli argomenti. Avvicinandomi ai 40 anni vedo la cosiddetta ‘vecchiaia’ sempre più vicina… La prospettiva di renderla meno triste mi interessa molto molto… Ma, a parte questo, mi ha colpito molto quel caso in cui un vostro amico affetto da degenerazione maculare, assumendo la melatonina, ha riacquistato la vista. Anche se non è stato appurato il merito della melatonina, penso che ne sia valsa la pena, viste le poche (o inesistenti?) controindicazioni di questo ormone. Purtroppo in famiglia ho una nipote e una cognata rispettivamente di 21 e 40 anni affette da questa malattia si dice ereditaria. La prima, qualche anno fa, si è recata in (…) e ha subìto un intervento chirurgico senza nessun risultato se non le conseguenze di un’operazione e la spesa di svariati milioni. Ambedue conducono una vita fatta purtroppo di molte rinunce, non poter leggere e scrivere se non con sofisticate apparecchiature, guidare ecc. Sono rassegnate al fatto che non si può fare niente. Le sarei molto grata se… 64 12. Un altro insonne deluso (dicembre 1995) Gentile dottor Pierpaoli, dopo aver letto (e fatto leggere!) ‘La fonte della giovinezza’ ho acquistato una confezione di melatonina per cercare di risolvere il mio problema di insonnia. Ho quindi assunto, prima di coricarmi, una compressa da 3 mg, ma con mia sorpresa, con risultati deludenti (ho 55 anni). Ho trascorso una notte agitata, piena di risvegli e assopimenti, e con sogni vividissimi. Il mattino seguente mi sono ritrovato completamente intontito: tale sgradevole sensazione è durata fino al giorno seguente. Ho quindi fatto trascorrere cinque giorni, prima di riprendere la melatonina: questa volta, metà dose (1 mg e ½). Solita storia, sonno inquieto e senso di stordimento per tutto il giorno seguente. Avrei piacere di conoscere il suo parere… 13. Il professore si congratula (settembre 1996) Egregio dottor Pierpaoli, sono un biochimico: ho diretto per oltre 40 anni il Laboratorio di biochimica clinica di un grande ospedale, e per anni ho tenuto corsi di Chimica clinica all’università. Ora sono in pensione. Sono interessato alla melatonina e la vorrei sperimentare. Ho letto con grande interesse il libro suo e di Regelson su ‘La fonte della giovinezza’: il racconto degli esperimenti che le hanno permesso di dimostrare le ‘programmatrici’ della ghiandola pineale mi ha entusiasmato. […] La prefazione italiana da lei preparata per il libro sulla melatonina sembra tradire amarezza: è purtroppo vero che nel nostro Paese i ricercatori più innovativi sono assai spesso scoraggiati! Mi auguro tuttavia che lei possa continuare ancora per molti anni a svolgere le ricerche in un campo affascinante come quello in cui lei è impegnato. Grato se vorrà… 14. La dermatite atopica (aprile 1996) Egregio professor Pierpaoli, sono una laureanda in Scienze Biologiche presso l’Università di (…). Le scrivo perché sin dall’infanzia soffro di dermatite atopica. Recentemente dagli Stati Uniti mi hanno portato una confezione di compresse di melatonina (5 mg cadauna) che ho assunto per circa un mese nel dosaggio di una compressa a sera. Ho notato, con sorpresa, una lenta ma costante regressione della dermatite, che ha verificato anche il mio dermatologo, ed una concomitante riduzione della linfoadenopatia che mi era comparsa circa sei anni fa (molto probabilmente causata da un’infezione virale). Avendo ottenuto questi risultati, ho cominciato a svolgere personalmente ricerche sull’argomento ed ho anche letto il suo libro, in cui lei riporta di una persona affetta da asma (che immagino di natura atopica), la quale ha riscontrato un miglioramento in seguito a somministrazione di melatonina. Contemporaneamente ho svolto una ricerca bibliografica grazie alla quale sono venuta a conoscenza di alcuni articoli in vario modo collegati all’argomento. Elaborando tutti i dati raccolti, ho pensato di poter effettivamente utilizzare la melatonina per la cura della mia malattia, ma non so a quale concentrazione e per quanto tempo assumerla. Le sare molto grata se… 15. L’ipertiroideo (gennaio 1996) Gentilissimo professor Pierpaoli, mia moglie mi ha regalato per Natale il suo libro sulla melatonina, conoscendo il mio interesse per tutto ciò che rappresenta un ‘nuovo’ approccio alla medicina e alle terapie non convenzionali. Sono un chimico, laureato più o meno negli stessi anni in cui lei cominciava le sue ricerche (…). Il suo libro racconta (se mi passa l’espressione) una ‘storia’ estremamente avvincente, e soprattutto affronta in maniera molto garbata uno dei problemi a mio giudizio cruciali dell’odierna medicina (e perché no di tutta la scienza?), consistente nell’estrema specializzazione degli scienziati e in generale di tutti noi, avvocati, chimici, medici, commercialisti ecc. Manca in definitiva quella che un mio ‘capo’ chiamava la ‘helicopter view’, che lei chiama ‘fare un passo indietro’. Ho sofferto per anni di ipertiroidismo, e mi sono reso conto ‘in vivo’ dell’enorme influenza che una disfunzione ormonale può avere sui nostri comportamenti e sul nostro carattere, oltre che, naturalmente, sul nostro stato di salute. Oggi, grazie a Dio e a un ottimo endocrinologo, ho riacquistato la gioia di vivere. Ho pertanto apprezzato grandemente la sua tesi, che trovo quanto mai logica e pertinente, che esista un ‘orologio dell’invecchiamento’ in grado di regalarci degli anni attivi sul piano fisico e intellettuale. Ho ascoltato oggi da un giornale radio che negli USA si sta tentando di congelare i cordone ombelicale di neonati, allo scopo di eventuali futuri trapianti, in virtù di una maggiore attività del timo nella fase prenatale. Non so come questo possa essere legato alle sue ricerche, ma forse una qualche correlazione può essere immaginata. Le scrivo in quanto desidero congratularmi con lei, ma anche perché vorrei poter contattare attraverso di lei, qualche medico che abbia sposatola sua tesi e permetta, a me e a mia moglie, un uso consapevole della melatonina. Non abbiamo figli, abbiamo entrambi 53 anni, e la prospettiva di una vecchiaia serena che non sia di peso ad alcuno ci sembra il miglior regalo che possiamo farci. La ringrazio… 65 16. Un volontario per il progresso della scienza! (agosto 1996) Egregio professore, non ho ancora terminato di leggere ‘La fonte della giovinezza’, ma oltre a complimentarmi vivamente con lei, ardo dal desiderio di provare su di me la melatonina. Credo di averne fondati motivi. Ho 70 e godo di buona salute, faccio vita attiva ed esercito ancora la mia professione [di medico] seppur a rilento; però nell’85 ho avuto un CA laringeo guarito con (…); tre anni fa altro CA ‘in situ’ allo stomaco con resezione subtotale: guarito. Sono attualmente da due anni in cura antidepressiva: ottimi risultati. (…) Potrei diventare anch’io un suo ‘topo umano’ e quindi dare anch’io il mio piccolo contributo alla sperimentazione. 17. Un’arma formidabile in mano ai medici! (gennaio 1995) Pregiatissimo dottor Pierpaoli, svolgo l’attività di medico di famiglia a (…) una cittadina in provincia di (…). Con la presente sono a chiederle di inviarmi lo schema di utilizzo della melatonina nella cura della senescenza nonché di altre singole patologie quali l’insonnia, il morbo di Parkinson, le malattie cardiocircolatorie ecc. Utilizzando la melatonina nella mia fatica medica, rispettando tutte le indicazioni che lei mi farà avere e osservando sempre la doverosa prudenza, spero di poter alleviare, almeno in parte, le sofferenze di quei miei pazienti che per l’età e per il quadro clinico possano beneficiare della sua scoperta. Le esprimo tutta la mia ammirazione e riconoscenza di cittadino semplice, nonché di Collega, per l’eccezionale lavoro da lei svolto così fruttuosamente in anni di studi e di ricerche. Mi auguro che possa dare a noi medici che lavoriamo tra la gente comune ancora più armi (e la melatonina ne è una formidabile!) per vincere le malattie. 18. Diffidenza, sospetti e scetticismo (dicembre 1995) Caro dottor Pierpaoli, ho letto con estremo interesse il suo libro e devo farle i miei complimenti perché l’ho trovato soprattutto molto chiaro per chi non è addetto ai lavori come me (sono un ‘giovane’ pensionato cinquantottenne, ex funzionario pubblico), e molto convincente. L’ho trovato peraltro poco esauriente per quanto riguarda gli effetti della melatonina nei confronti dell’essere umano. Mi sono in altre parole posto una serie di domande alle quali non ho saputo dare una risposta scientifica, né me l’hanno saputa dare i numerosi medici ai quali mi sono rivolto e ai quali ho anche regalato il suo libro. In proposito devo dirle che sono rimasto molto deluso del fatto che questi medici da me interpellati della melatonina sapessero poco o niente e, forse per questa ragione, avessero nei confronti degli effetti terapeutici di questo ormone, un atteggiamento di diffidenza, quasi di sospetto, comunque di indifferenza. Mi rendo conto che questo atteggiamento è frutto dell’ignoranza, perché soprattutto nel campo scientifico, si è sempre molto scettici verso ciò che non si conosce. Congratulazioni ancora per le sue ricerche… Appendice B – Due lavori scientifici fondamentali (da tradurre in lingua italiana) 1. Daniele Bulian, Walter Pierpaoli: «The pineal gland and cancer. I. Pinealectomy corrects congenital hormonal dysfunctions and prolongs life of cancer-prone C3H/He mice», Journal of Neuroimmunology 108 (2000) 131-135. 2. G. Bellipanni, P. Bianchi, W. Pierpaoli, D. Bulina, E.Ilya: «Effects of melatonin in perimenopausal and menopausal women: a randomized and placebo controlled study», Experimental Gerontology, 36 (2001) 297-310. Bibliografia