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Per parlare di schiavitù è bene approfondire l’origine della parola.

Come virtù e gioventù deriva da un


sostantivo astratto del latino medievale, che in questo caso è sclavitus.

Sclavitus a sua volta deriva da sclavus, un termine importato dal greco σκαβληνος, ovvero il prigioniero di
guerra slavo. Schiavo si trova anche con il termine slavus, da cui slave in inglese.

La schiavitù è la condizione per cui un uomo è proprietà privata di un padrone, non ha alcun diritto e la cui
vita o morte dipende solamente dalla volontà del padrone stesso.

E’ importante distinguere due parole che probabilmente concepiamo come sinonimi ma in realtà hanno
sfumature diverse: schiavitù con servitù.

Infatti il servo, al contrario dello schiavo, ottiene un salario per i suoi servizi, può lasciare il padrone quando
vuole e la sua vita non dipende dalla volontà del padrone.

Un altro termine che definisce lo schiavo è il latino doulos. Deriva dal greco δουλος da cui per estensione
δουλεια la schiavitù. Ma al tempo di Omero era in uso il termine δμως per indicare i prigionieri di guerra.
La condizione dello schiavo non si può generalizzare. Infatti da popolo a popolo, da regione a regione, da
città a città, e dalla campagna al centro urbano, l’idea di schiavo cambiava.

Si consideri l’evoluzione della schiavitù nel corso della storia di Roma in due periodi:

durante l’età repubblicana, non essendo troppo estesa territorialmente e con non troppi popoli sottomessi,
e principalmente possedendo prigionieri di guerra dalle guerre puniche e dalle conquiste d’Oriente, Roma
aveva un giro di schiavi tale per cui quelli potevano essere impiegati a servizio delle famiglie aristocratiche
oppure ad attività come la pulizia delle fogne, al lavoro in miniera e alla coltivazione della terra, tutti lavori
che i cittadini romani non volevano svolgere. Gli schiavi in questo periodo erano considerati totalmente
oggetti del padrone e non erano in nessun modo tutelati, ma comunque erano rare le loro morti, non era
negli interessi dei padroni perdere un lavoratore.

Quando invece le conquiste romane diventavano sempre maggiori nei pressi dell’età imperiale, la
situazione dello schiavo cambiava. Più popoli sottomessi equivalevano ad un maggiore apporto di schiavi, e
specialmente sotto Traiano, con la massima estensione dell’impero, se ne avevano in quantità enormi, e
non essendocene bisogno nelle famiglie o nelle posizioni che di solito occupavano, gli schiavi venivano
impiegati nelle nuove produzioni in serie di oggetti che venivano poi rivenduti.

Una serie di leggi nella prima metà del I secolo a.C. ha reso più facile la vita degli schiavi, proprio per far
fronte alle moltissime ribellioni (Spartaco 73 contro Lentulo) che si consumavano in tutto l’impero trovando
fine solo dopo terribili stragi. Claudio per esempio ha stabilito che se uno schiavo si fosse ammalato e,
trascurato dal padrone, fosse stato portato a curarsi da qualcun altro, se fosse guarito sarebbe diventato
libero, se fosse morto il padrone ne avrebbe pagato le conseguenze con una multa. In poche parole nell’età
imperiale lo schiavo ha ottenuto qualche diritto.

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