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Review

Author(s): Isabella CAMERA D'AFFLITTO


Review by: Isabella CAMERA D'AFFLITTO
Source: Oriente Moderno, Nuova serie, Anno 10 (71), Nr. 7/12 (Luglio-Dicembre 1991), pp. 507-
508
Published by: Istituto per l'Oriente C. A. Nallino
Stable URL: http://www.jstor.org/stable/25817198
Accessed: 30-01-2016 20:11 UTC

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RECENSIONI

Pierre CACHIA, An Overview of Modern Arabic Literature, Edinburgh, Edinburgh


University Press, 1990.

Dopo il fondamentale testo di Roger Allen (The Arabic Novel) o quello di Pedro
Martinez Montavez (Introduccion a la literatwra drabe con questo volume
contemporanea),
di Pierre Cachia si colma unaltra lacuna nella conoscenza e nella diffusione della letteratura
araba in Occidente. Costituito da diversi articoli scritti nel corso di oltre vent'anni e

opportunamente riproposti con Taggiunta di due nuovi capitoli, questo libro di piacevole
lettura presenta un panorama critico esauriente e stimolante della letteraria araba
produzione
contemporanea.
II lavoro comincia con un'analisi della visione del mondo, e in dei tra
particolare rapporti
Oriente e Occidente, da cui erano ispirati imodernisti egiziani del secolo scorso, stretti tra la
necessita di importareconoscenze e idee indispensabili al progresso del loro paese e il dovere
di non rinunciare alle tradizioni dei contraddizione risoltasi, come e noto,
padri:
neirassimilazione da parte di una ristrettaelite intellettualedi principi europei estranei alia
coscienza della stragrande maggioranza della popolazione.
Molto utile, in questo contesto, e il secondo breve capitolo sulle traduzioni, strumento di

penetrazione di influenze culturali soprattutto francesi; seguono due capitoli dedicati allo
della prosa moderna (successivamente analizzata nella varieta dei generi narrativi) e
sviluppo
airuso delFarabo colloquiale nella produzione letteraria.
Di particolare interesse sono il capitolo V sui critici, che fornisce una sintesi delle
valutazioni formulate per cosi dire dairinterno sull'evolversi della narrativa araba, e l'VIII che
illustra i temi relativi a cristianesimo e giudaismo presenti nella narrativa e nel teatro

dell'Egitto moderno e contemporaneo, da cui emerge Timmagine forse non piu completamente
veritiera (l'articolo originale e del 1971) di una societa esemplare per tolleranza e fertile di
contatti interculturali. Come "unica opera a fornire una visione di tutte e tre le
globale
religioni semitiche" viene qui citato il "famigerato"Awldd haritnd di Nagib Mahfuz. A
quest'ultimo autore viene poi dedicato adeguato spazio in un altro capitolo che affronta il
tema connesso, e stimolante, dello scarso peso attribuibile alia tradizione islamica in quanto

fonte di ispirazione per la letteratura araba contemporanea.


Al teatro arabo di oggi sono dedicati inoltre un capitolo di introduzione generale
all'argomento,un saggio specifico ("Idealismo e Ideologia: il caso di Tawfiq al-Haklm") in cui
TA. ci offre un'originale analisi della produzionie teatrale del drammaturgo egiziano, che
rimane, forse, Tautore arabo amato tradotto e conosciuto da molti specialisti occidentali e,
piu
infine,parte del X capitolo ("UnwrittenArabic Fiction and Drama"). Una corposa bibliografia
sui singoli autori, sulle opere in traduzione e di critica guidano il lettore in una materia cosi
vasta come puo essere la letteratura di tutto ilmondo arabo.
Arrivati alia fine del libro ci si puo soltanto rammaricare che un'esposizione cosi
brillante ed esauriente non continui per un altro centinaio di pagine. Avere ancora fame e il
miglior complimento che si possa fare a un cuoco; e, per quanto riguarda ad esempio il teatro,

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sarebbe piacevole conoscere il pensiero di Cachia suirevoluzione successiva al suo saggio del
1982 qui pubblicato come capitolo VIII, che non poteva ancora in considerazione
prendere
quel fenomeno attuale e vigoroso che e il teatro siriano e in particolare quello del
drammaturgo Sa'd Allah Wannus, che sicuramente si pud considerare il piu grande
drammaturgo del mondo arabo di oggL
Un volume prezioso, dunque, per chiunque voglia iniziare ad occuparsi di letteratura
e non e accresciuto
araba, sappia da dove cominciare. II pregio dell'opera dallo stile dell'autore

che, oltre a mostrare la consueta della materia, rivela un gusto letterario, e


padronanza grande
merita la nostra ammirazione (o invidia) per tutte le cose belle che ha letto in arabo e la nostra
gratitudine per averle fatte conoscere a un pubblico che si spera numeroso e certamente non
sara circoscritto agli studenti dell'Universita di Edimburgo dove l'A. ha insegnato arabo per
diciannove anni a partire dal 1949.
IsabellaCAMERA D'AFFLITTO

Kay KAUFMAN SHELEMAY, A Song of Longing: an Ethiopian Journey,Urbana-Chicago,


University of Illinois Press, 1991, pp. 177.

Questo saggio appartiene alia categoria delle narrazioni etnografiche caratterizzate dal
fatto ? caso una ? e anche
che l'autore in questo l'autrice, etno-musicologa americana
scrittore ed e rappresentato airinterno del testo. Se libro fosse stato
esplicitamente questo
scritto prima, forse, avrebbe potuto essere preso in esame da Clifford Geertz, nel suo volume

Opere e vite (Bologna 1990, tr. it.Works and Lives: the Anthropologist as Author,Stanford
1988) assieme alle opere di Levi-Strauss, Evans-Pritchard, Malinowski e Benedict laddove
Geertz prende in esame la fortuna dei grandi autori di opere di etnologia proprio in quanto
anche "creatoridi discorsivita" e costruttoridi "teatridi linguaggi".Ma le caratteristiche del
saggio della Kaufman Shelemay rendono difficile una classificazione precisa dello stesso ?
romanzo testo scientifico che illustra un percorso metaforico di
autobiografia, autobiografico,
di una donna ? e al contrario
ricerca, auto-analisi antropologa facile essere conquistati dal
fascino del progredire come avviene
della narrazione, proprio leggendo un bel romanzo.
Mentre ero immersa nella lettura di questo volume e sempre piu mi andavo
identificando, per lo meno per certi aspetti, con le vicende accadute alia una
protagonista,
etnomusicologa partita alia volta dell'Etiopia per compiere la propria ricerca tra i Beta Israel (i
Falascia) ma successivamente coinvolta da accadimenti politici (il crollo del regime di Aile
Selassie e la presa del potere da parte dei rivoluzionari comunisti) e da ripensamenti sul
proprio oggetto di ricerca (come parte di un contesto piu ampio, la musica etiopica) mi e
tomato alia mente un saggio di Margaret Mead che ebbi occasione di leggere alia vigilia della
mia partenza per Israele nel 1977, allorche iniziai ilmio lavorodi ricerca tra i caraiti.
Si trattavadi L'inverno delle more: la parabola della mia vita (Milano, 1977, tr. it.
Blackberry Winter, 1972), una sorta di autobiografia particolare nella quale l'autrice off re
anche la propria storia come la parabola di una donna e di una
"parabola" esemplare,
intellettuale americana che ha voluto assumere un ruolo attivo nel storico nel quale si
periodo
e trovata a vivere continuando ad interrogarsi sul proprio "essere la" nelle culture diverse
scelte come campo d'indagine in quanto etnologa e in quanto donna. Un libro di
quelli che a
me, giovane studiosa in procinto di sperimentarsi con se stessa e con il proprio oggetto di
studio, lascio il segno. Ecco ora che a distanza di una quindicina d anni il volume della
studiosa di musica e di rituali dei Beta Israel (autrice tra laltro di Music, Ritual, and Falasha
History, East Lansing, Michigan State University Press, 1986) ripropone temi che attraversano

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