Sei sulla pagina 1di 25

PARTE PRIMA - LA GRANDE PARTIZIONE

CONTRO LA NATURALIZZAZIONE

1. UNA DISCIPLINA SCHIZOFRENICA - Perché soggetto e oggetti coincidono. Perché


considerando le altre discipline, come possono non essere ‘antropologiche’? In più è scissa:
antropologia biologica e antropologia culturale.

[storia naturale dell’uomo; usi e costumi delle popolazioni ‘altre’). In realtà si potrebbero
‘ricomporre’ nella stessa figura: la produzione culturale come produzione di un bios.

In realtà questa divisione ricalca una divisione precedente: quella fra scienze hard e scienze
umane. La quale a sua volta si basa su una ancora più fondamentale, uno dei presupposti
fondamentali della cosmovisione occidentale: la separazione natura/cultura.

Questa divisione è antica: da Parmenide (essere/non essere) a Descartes (res extensa/res


cogitans): nasce poi, insieme alla scienza, alle prime esperienze coloniali e alla profonda
ristrutturazione antropologica che apre la modernità.

La strutturazione ontologica dell’uomo, come si auto-percepisce ed auto-narra, ovvero con una


parte ‘condivisa’ con il resto del creato [hard] ed una parte LIBERA [soft], è alla base.

Gli umani sono continuamente costituiti come individui dalla comunità cui appartengono. La
plabsmazione culturale, inoltre, è rilevabile a fondo anche nei suoi effetti ‘hard’, genetici, etc.
L’unico tratto che universalmente lega tutte le culture umane è quello di ‘lavorare i piccoli’, farli
accedere ad una specifica forma di vita.

NATURALIZZAZIONE - Violenza Teorica —> ridurre qualcosa al ‘naturale’, è un po’ come ridurlo al
‘biblico’ nel medioevo. Per esempio i bambini con ADHD: se non ci si interroga sulla possibile
origine culturale della tendenza psichica, è una pratica tranquillizzante… è così, bisogna solo
curarla.

UN RAGIONAMENTO ANTROPOLOGICO: “DIVENTARE UMANI” - A differenza delle altre specie,


negli umani non basta la ‘biologia’ per diventare adulti. Come soltanto i mammiferi superiori, gli
umani hanno bisogno di cure: speciale però la durata straordinaria di queste cure.

OMINAZIONE - Quando il ‘dato biologico’ originario della specie Homo ha smesso di essere
sufficiente nella specificazione di un adulto? Dobbiamo studiarlo evolutivamente: questa è una
cosa unica nelle specie. E’ proprio questa l’ANTROPOPOIESI: diventare umano per via
filogenetica. Solo per gli umani è previsto dall’evoluzione il diventare ciò che si può essere
facendosi attraversare da una cultura. [nessun umano esiste in via ‘solo naturale’ —> il bambino
senza cultura muore].

Il processo di produzione di individui compatibili ad una cultura si chiama proprio antropopoiesi;


la cultura imprime il suo segno fin nelle cellule (epigenetica).

Diciamo di più: gli umani sono prodotti di specifiche “verità” consensuali. Non sono solo teorie
alternative: questa è una produzione che si insinua fin nelle cellule. E questa verità per l’occidente
è IL SISTEMA SCIENTIFICO. Esattamente come quello teologico nel medioevo, oggi l’occidentale
è impossibilitato ad attribuire un valore di verità al di fuori di questo.

PARTE SECONDA - IL QUADRO EVOLUZIONISTA

L’evoluzionismo è un paradigma storicamente determinato. Spesso poi lo si ‘contrappone’ ad un


precedente “fissismo” [progetto divino, Catena dell’essere, essenzialismo…]. Questo lo si fa in un
ottica di nuovo di normalizzazione, assolutizzazione… più che altro per magnificare la proposta
evoluzionista. Si dovrebbe piuttosto abbandonare l’approccio progressivo alla scienza: cioè
riconoscere che in ogni epoca ci sono state persone con una logica, un’intelligenza, una
prospettiva potenti, e non si può “squalificare” quella prospettiva, rendendola “primitiva” o
sempre uguale fino alla moderna scienza.

Assi portanti della “filosofia naturale” tra 1600 e 1700 - periodo che precede la teoria evolutiva.

Essenzialismo: fino ai presocratici, la PHYSIS di una cosa era il suo divenire, mutare, il processo
delle cose; da Platone ed Aristotele, la cosa in sé dipende sostanzialmente dalla sua “essenza”:
qualità specifica della cosa stessa.

Brevità del tempo storico: metà Seicento, arcivescovo James Usher: calcola biblicamente la
creazione nel giorno domenica 23 ottobre dell’anno 4004 a.C.. Certo, era un calcolo estremo…
ma il punto era la percezione di una relativa brevità del tempo… Le cose cambiano radicalmente
quando si “scopre” la preistoria…

Unicità dell’uomo —> di matrice biblica (?) infatti poi portata al massimo dal cristianesimo (?) -
uomo come differenza

Progetto intelligente —> dal Timeo all’ argomento dell’orologiaio di William Paley 1802.

Catena dell’essere [scala naturae] —> anche questa da Platone. Presuppone una continuità di
gradi di perfezione: tassonomia “statica”: l’uomo è al centro tra la perfezione celeste e
l’imperfezione sublunare.

Teorie dell’ereditarietà - Se dalla domesticazione l’ereditarietà è un fatto conosciuto e sfruttato, le


teorie che vi soggiacciono nei secoli sono principalmente tre: pangenesi, epigenesi,
preformazione

PANGENESI —> corpus hippocraticum - tutte le parti del corpo, generano dei ‘semi’ che si
concentrano poi negli organi sessuali.

EPIGENESI —> deriva dalla teorica ilemorfica di Aristotele: ma la forma è superiore nel processo
alla materia, e la forma la da il maschio, la femmina la materia. Accettata sostanzialmente dalla
Chiesa [animazione al 40esimo giorno etc]. ATTENZIONE: non si parla di spermaTOZOI e OVULI.

PREFORMAZIONE —> 1600, sviluppi della microscopia: nelle teste degli spermatozoi, si ravvede
un homunculus. Questo ricalca un po’ il “primato” maschile, completandolo nell’idea della pre-
formazione.

Epigenesi (cioè che ‘parte’ da informazioni genetiche, ma si sviluppa secondo altro) e


preformazione, come elementi intrinseci, sono dure a morire… Quanto è ‘pre-determinato’
l’individuo? domanda persistente.

UN’EPOCA DI TRANSIZIONE

Crolli e ricostruzioni della Scala Naturae - nel 1700, scoperte geografiche, nuove specie animali,
nuovi umani con caratteristiche che interrogano, scoperta dei fossili… crisi del modello classico.

Come già la fisica, nel modello scientifico post-galileiano non c’era posto per eventi non-
osservabili come la ‘volontà divina’—> entra in crisi la varietà delle forme viventi come dipendente
da quella.

L’esponenziale crescita di specie osservate (e pensiamo anche alla microbiologia) mette in crisi il
paradigma ‘scalare’, e rende necessarie classificazioni più articolate. Da una classificazione
“lineare” a una “gerarchico-inclusiva”

Visioni di noi stessi: alle origini del razzismo moderno - Se con le scoperte geografiche (esempio
America) si sono trovati sempre e solo umani fisiologicamente ‘compatibili’ con l’europeo, si è
arrivati anche da parte della Chiesa (Paolo III) a confermare l’idea di un’unica razza - ben serviva,
in opposizione al concetto ebraico di ‘popolo eletto’. Ma chi aveva interesse nello sfruttamento
delle colonie, operò un riorientiamento: sembrano umani ma non lo sono davvero.
Teologicamente: non hanno anima [ma poi…… anima?? ma quale cristiano può averlo detto???]

Famosa controversia di Valladolid - Juan Gines de Sepulveda contro Bartolomé de las Casas - il
primo difende la posizione inferiore sulla scala, per la quale [l’ho cercato: gli europei si devono
comportare come l’anima con il corpo: informandoli]; de las Casas invece dice: piena umanità.

Il razzismo moderno nasce proprio come argomentazione giustificatoria dietro alla possibilità di
mettere in pratica una supremazia tecnologica. Viene giustificato sempre secondo l’idea della
scala: ok figli di uno stesso dio, stessa razza, ma ingenui, meno sviluppati, costumi immorali…

I principali naturalisti rifiutarono i raggruppamenti sovraspecifici (Buffon) oppure li pensarono


come un criterio che non invalidasse comunque la generica Scala Naturae (Linneo).

Nel 1735 Lamarck inserì (pur ponendoli al vertice del regno animale) negli ‘antropomorpha’
l’uomo, sottoinsieme dei ‘quadrupeda’. Inoltre, al nome generico Homo non segue alcun nome
specifico: accanto a Homo riporta “nosce te ipsum”; nelle successive edizioni, introduce Sapiens
- che in effetti lo compendia.

La questione della specie: Lamarck - Se Linneo aveva rifiutato la Scala e mantenuto


l’essenzialismo, Lamarck fa il contrario: la prima teoria evoluzionista moderna è sua (1809 -
Philosophie Zoologique).

Alla base del suo sistema l’idea della generazione spontanea della vita. Idea antica e dura a
morire, di due tipi: abiogenesi, eterogenesi [da materiale non biologico, a-bio..; da materiale
biologico]. Lamarck lega la generazione spontanea degli organismi semplici a quella
dell’evoluzione. Ogni organismo può evolvere lungo la scala, fino all’uomo, il più simile al divino.
La difformità di gradi è data dall’origine più o meno recente.

La somiglianza tra specie che in Linneo fonda i gruppi tassonomici, in Lamarck è solo
progressione sulla scala.

Introduce due regole: 1) uso e disuso degli organi: più una specie usa un organo, più lo sviluppa;
meno lo usa, più lo atrofizza; 2) eredità dei caratteri acquisiti: le modifiche introdotte con uso e
disuso sono oggetto di eredità.

Fino a poco tempo fa, ‘lamarckismo’, spregiativo, intendeva: pensi che non esista una barriera tra
caratteri genetici e somatici! Oggi, caratteri epigenetici e processi di metilazione…).

La questione dei fossili: Cuvier - Linneo aveva accantonato la Scala; Lamarck l ha recuperata;
ma il colpo di grazia glielo da il barone di Cuvier (1769-1832). Il problema sono i resti fossili di
specie scomparse.

Cuvier parte dalla percezione/concezione del vivente come unità integrata: ogni parte porta il
segno dell’intero, è un tutto funzionale. Posso ricostruire l’animale anche da un fossile parziale.
Da questa concezione, divide gli animali in quattro “branche” che portano una conformazione
evolutivamente divergente, non compatibile: Vertebrata, Articulata, Mollusca, Radiata. Le
somiglianze non sono derivate da antenati comuni, ma da funzioni adattive simili.

Capisce che la “scala” non tiene perché ogni specie è adattiva rispetto al suo proprio ambiente!

Per continuare ad aderire però ad un creazionismo, spiega i resti fossili come catastrofismo: ci
sono state catastrofi progressive, che hanno portato estinzioni. Specie animali diverse sono state
create in tempi diversi, adattate ad ambienti differenti.

Lyell e la struttura del tempo - Lyell, geologo. Teoria dell’uniformità delle cause: i processi fisici
che hanno portato le modificazioni nel passato, che hanno come risultato il presente,
procedevano in egual modo: quindi, bisogna rigettare i “6000 anni” di tempo massimo (biblici), e
passare a tempi… geologici.

Intersezioni pericolose: Malthus - 1798 pastore anglicano Thomas Maltuhs pubblica “An essay
on the Principle of Population” - inizio moderna demografia. Fin dall’età medievale c’era il
“dibattito sui poveri”: semplificando —> vanno aiutati o è peggio?

Malthus procede con andamento matematico: 1) il cibo è necessario all’esistenza umana; 2) la


popolazione tende a crescere a ritmo maggiore delle risorse alimentari [esponenziale]; 3) gli effetti
di queste due crescite vanno mantenuti uguali; 4) siccome gli umani non limitano la crescita
volontariamente, ci pensano guerre, carestie, malattie ricorrenti.

Risultato: risoluta condanna agli aiuti. Malthus è il primo a teorizzare la ‘crescita demografica
come freno allo sviluppo’: alta fertilità, se aumenta il lordo, tende comunque a diminuire il
procapite.

IL SISTEMA (INSTABILE) DI DARWIN

MOLTI PADRI E DUE TEORIE CORRELATE - L’opera di questo gigante è in realtà frutto di
istanze già in fermento all’epoca. Darwin raggiunge questo risultato attraverso la correlazione
organica di due diverse teorie:

1) tutte le specie sono imparentate tra loro e discendono da un unico antenato comune

2) le specie evolvono attraverso il meccanismo della ‘selezione naturale’.

In sostanza quindi Darwin sposta uno schema logico (classificazione gerarchica di Linneo) in uno
schema storico. E il suo meccanismo storico è la selezione naturale.

ORIGINE UNICA DELLA VITA - Rasoio di Occam —> l’origine della vita da elementi abiotici si
deve supporre come molto improbabile, quindi —> questo è il modo per cui si debba avere
questa origine una sola volta, e tutto discenderebbe da qui. Attenzione: ovviamente ‘altamente
improbabile’ non vuol dire impossibile.

LA VARIABILITà E LA SELEZIONE NATURALE - Anche Darwin si trova a dover spiegare e


articolare due meccanismi: 1) produzione modificazioni adattive; 2) trasmissione differenziale alle
generazioni successive.

Nell’Origine della specie, Darwin tratta solo la trasmissione, e non la produzione della variabilità.

Il nocciolo della Teoria: in ogni popolazione, minuscole differenze tra individui; vengono
selezionate quelle più adattive.

Si noti: Darwin, in altri libri (L’origine dell’uomo e la selezione sessuale) propone altri meccanismi
paralleli di selezione, e diversi: ad esempio la selezione sessuale: le femmine della specie trovano
più appetibili certi caratteri nei maschi a un certo punto, anche se non ci sono ragioni adattive (es:
coda del pavone).

LA SPECIE E LA FILOGENESI - con la sua enfasi sulle variabilità, la teoria dell’evoluzione per
selezione naturale diede colpo di grazia all’essenzialismo: l’impianto dell’essenzialismo
privilegiava le caratteristiche morfologiche statiche; Darwin, quelle variabili e dinamiche: sposta la
definizione di “specie” da una serie di invariabili a un assetto di meccanismi dinamici.

Il concetto di filogenesi, impensabile prima di Darwin, è la classificazione gerarchica come


schema storico di ascendenza-discendenza fra le specie. Nello studio della natura, entra di diritto
la Storia.

UNA TEORIA DELL’EREDITA’ - La pubblicazione dell’ Origine della specie convinse gran numero
di naturalisti: era già nell’aria, che le specie si modificassero nel tempo. Quello che non convinse
molto fu il meccanismo. Se il ‘progredire’ delle specie poteva mantenere un’ottica di progetto
intelligente, una selezione casuale su pressioni dell’ambiente sembrava minare ogni teleologico.

In realtà, per la trasmissione, Darwin rispolvera la pangenesi ippocratica: gli organi producono
delle gemmule che circolano nel sangue fino agli organi riproduttivi.

La vera novità è il suo sottolineare il ruolo dell’ambiente: l’azione ambientale modifica attivamente
- non solo come azione selettiva ma anche come pressione ambientale sugli organi.

PIEGHE IDEOLOGICHE

BESTIE DI RAZZA - Certo, la teoria dell’evoluzione per selezione naturale ha spostato verso una
visione processuale e storica anziché determinata teologicamente ab initio. Però non è caduto,
per quanto riguarda la storia delle idee, l’elemento funzionale/teologico dell’apologia
dell’esistente: si è spostata la Scala Naturae, da un parametro di “perfezione” a un parametro di
avere “di più” - più cervello, più complessità, più DNA…

Non è un caso che di li a pochi decenni sia apparso un “darwinismo sociale”: alcune razze/
società/civiltà sono più evolute, adattate, forti, quindi nobili, e hanno il diritto di comandare sulle
primitive. E… su che basi, questo “più”? ovviamente, su criteri culturali Europei….. allora si
“confrontano” le razze, ma il metro e il parametro è delineato sull’europeo…

La stessa unitarietà dell’Homo Sapiens viene messa in dubbio: i poligenisti ipotizzarono che la
separazione tra razze umane fosse un differenziamento profondo, se non ancora una differenza
tra razze. Lo stesso termine “razza” (introdotto da Buffon per indicare le differenti morfologie
umane), ha qui assunto termini sclerotizzati, a giustificare comportamenti razzisti.

VERSO LA GENETICA MODERNA

EREDITà CONTINUA E DISCONTINUA - Per poter funzionare la selezione naturale aveva


bisogno di tratti di discontinuità: un tratto mutato doveva conservarsi, non ‘fondersi’ e appiattirsi.
Galton, cugino di Darwin, con trasfusioni su conigli cercò di verificare le gemmule [che era
trasmissione per gemme portate dal sangue]: non ottenendo risultati.

MENDEL - Negli stessi anni, il monaco Gregor Mendel, applica matematica e statistica alla
ricerca biologica (pur rimanendo ignoto a tutti per 30 anni, anche Darwin e Galton).
Statisticamente, scopre i caratteri dominanti e recessivi, ipotizza gli alleli - due varianti dello
stesso gene che porta il carattere, appaiate), e definisce il fenotipo (manifestato) e genotipo
(conformazione allelica).

FRA GENI E CELLULE - Fine 800, Weismann taglia la coda a 21 generazioni di topi. Alla 22esima
dice “Non passa”. Quindi: ci sono cellule somatiche e cellule germinali, e queste non vengono
intaccate dalle modifiche. Poi dice “secondo me sono i cromosomi le cellule germinali”. Rimase
inascoltato, fino alla citogenetica.

Intorno al 1900, l’idea che le specie evolvessero era molto accettata. Rimaneva dibattuto il come:
gradualista (darwin) o discontinua (mendeliani)?

Capo dei discontinui: Richard Goldschmidt, sviluppa l’idea dell’hopeful monster.

Genetica e citologia erano ben separate: all’inizio del 900 esce l’idea che i geni fossero collocati
sui cromosomi —> teoria cromosomica dell’eredità. Nuova disciplina —> citogenetica.

GLI ESPERIMENTI DI MORGAN - Con la Drosophila Melanogaster —> “versione complicata” di


quelli di Mendel.

[ciclo di vita rapidissimo, soli otto cromosomi belli grandi con eterosomi X e Y ben distinti fra loro].

Studia il gene occhi rossi, scopre correlazioni col carattere “sesso”…

LA SINTESI MODERNA

LE FORZE EVOLUTIVE E L’EQUILIBRO DI HARDY-WEINBERG - Anni 30-40 del novecento,


lavoro corale. Fusione teoria dell’evoluzione per selezione naturale di Darwin con genetica
Mendeliana. Unità base dell’evoluzione è il gene.

- l’evoluzione è prevalentemente statistica, legata alla distribuzione degli alleli nelle popolazioni.

- Perché vi sia evoluzione occorrono mutazioni, e che si diffondano.

- le mutazioni sono errori di duplicazione del DNA o ricombinazioni di sequenze cromosomiche


durante la meiosi

- la selezione diminuisce la variabilità della popolazione, permettendo solo a certe varianti di


sopravvivere

- la deriva genetica diminuisce la variabilità della popolazione (motivi statistici: pochi individui
isolati, tendono ad appiattire la variabilità di una popolazione ampia)

- il flusso genico aumenta con introduzione di nuove popolazioni

STRATEGIE ADATTIVE E RIPRODUTTIVE - Adattive - 1) Specie “specializzate” - legate a


doppio filo ad un habitat specifico [efficace in condizioni stabili, fatale in mutamenti repentini]; 2)
Specie “generaliste” - sopravvivere in varietà di ambienti.

Riproduttive - strategie R e K. R) produrre quanta più prole possibile sperando che sopravviva
(salmoni 500.000.000 uova); K) poca prole, prendersene cura a lungo - fino età adulta.

La Specie è l’unico insieme di enti reali della classificazione linneiana. E’ quindi la specie a
fondare: regni, generi, livelli gerarchici intermedi… Quindi servirebbe una buona definizione! Ma è
da tempo dibattuta…

L’idea che esistano gruppi di organismi simili fra loro sembra semplice, ma a seconda dello
sguardo cambia moltissimo.

1) Definizione tipologica, o platonica —> gruppo di individui sufficientemente conformi a un


insieme fisso di proprietà

2) Definizione morfologica —> set minimo di caratteri sufficienti

3) isolazionista o biologica —> gruppo di popolazioni invereconde e riproduttivamente isolate da


altri gruppi

4) definizione di riconoscimento —> individui che si riconoscono come potenziali partner sessuali

5) coesionale o ecologica —> gruppo di organismi adattati a una particolare nicchia ecologica

6) definizione evolutiva, o filogenetica —> gruppo di organismi con antenato comune e come linea
evolutiva che mantiene la sua coerenza nel tempo

LA SPECIAZIONE - Nella Sintesi moderna, abbandonato ogni hopeful monster, viene anch’essa
posta sotto l’insegna del gradualismo.

Dobzhansky: identificò i meccanismi di isolamento riproduttivo come fattori essenziali non solo
nel mantenimento, ma nello stesso processo di formazione della specie. Due meccanismi in grado
di isolare popolazioni appartenenti a un unico gruppo iniziale: geografici e fisiologici. Con
selezione e deriva genica (fisiologici) può succedere che un sesso del gruppo 1 non trovi più
compatibile l’altro del gruppo 2, o con organi sessuali evoluti in modo morfologicamente non
compatibile. SPECIAZIONE ALLOPATRICA - SPECIAZIONE SIMPATRICA - SPECIAZIONE
PARAPATRICA (compromesso: ai margini).

L’IMPATTO DELLA GENETICA MOLECOLARE - 1953 = Watson e Crick vincono il Nobel per
aver descritto la struttura a doppia elica che caratterizza la molecola di DNA. La genetica
molecolare studia il DNA contenuto nei cromosomi. Per molti anni, un assunto fondamentale: il
DNA è sequenza di istruzioni, i geni, e ogni gene codifica la struttura di una singola proteina. Utile
semplificazione didattica, ma non è così semplice.

GENOMA, GENI E PROTEINE: LA VERSIONE DIDATTICA - Genoma = dotazione completa di


materiale genetico (DNA) di una cellula. Più in particolare, si intende di solito quello contenuto nel
nucleo - cromosomi. [nelle cellule c’è anche quello dei mitocondri..].

Acido deossiribonucleico. Due filamenti di polimeri, legati da legami a idrogeno a 4 basi


complementari (adenina guanina timina citosina).

Nel nucleo, il DNA non è una unica lunghissima sequenza, ma diverse catene - ognuna è un
cromosoma.

La quantità di DNA presente nel nucleo nelle diverse specie è paradossale rispetto alle nostre
aspettative.

Perché avvenga la traduzione da gene a proteina, occorre una serie complicata di passaggi:
“lettura” del DNA, trascrizione dell’informazione, assemblaggio delle proteine.

Dogma di Crick - la lettura del DNA procede in un’unica direzione —> smentito dai retrovirus, per
esempio… Poi, in alcuni procarioti si osserva trasmissione di informazione genetica “orizzontale”
cioè da un organismo ad un altro, che non è ‘figlio’ del primo.

Qui viene di solito introdotta l’idea di gene: dal punto di vista chimico fisico è una porzione di
DNA; dal punto di vista logico, sequenza di informazioni che codifica una proteina. [è una
distinzione importante…]

Le proteine sono costituite da amminoacidi (sequenze di). I quattro nucleotidi A T G C sono letti in
sequenza di tre, detti triplette o codoni.

Nella traduzione, l’RNA messaggero entra nei ribosomi e qui viene tradotto in amminoacidi.
Questi amminoacidi formano le catene peptidiche, poi ripiegate in proteine.

Mutazione: ‘puntiforme’, —> ogni volta che la sequenza delle basi di un gene cambia. Esito
estremamente variabile…

LA TEORIA DELL’EVOLUZIONE NELLA SECONDA META’ DEL NOVECENTO - L’incrocio fra la


Sintesi moderna e la genetica molecolare sembrava aver fornito un modello forte in grado di
spiegare la base di tutti i fenomeni biologici: il genoma è un programma, i geni sono porzioni
funzionali del genoma, specificano i singoli caratteri e sono soggetti a mutazioni. Rispetto
all’evoluzone ipotizzata da Darwin nell’Origine, quella della Sintesi moderna presenta notevoli
differenze: principale è lo sganciamento della variazione dall’influsso ambientale. La Nuova sintesi
è molto più darwinista di darwin.

Nella Sintesi moderna, si ’separano’ i due momenti del processo evolutivo, storicizzandoli: prima,
la comparsa casuale di nuovi caratteri, poi la selezione causale degli stessi: si è parlato infatti di
“Caso e Necessità”.

IL NEO-RIDUZIONISMO - A partire da metà anni 70 l’evoluzionismo “forte” del caso e della


necessità si impone, e ancora oggi molti lo sottointendono come orizzonte di senso.

1966 Williams Adaptation and Natural Selection ; 1976 Richard Dawkins Il Gene Egoista —> il
soggetto dell’evoluzione sono gruppi di individui imparentati; / il vero soggetto è il genoma. Il
DNA propaga sé stesso, è il suo scopo.

Wilson fonda la “sociobiologia”: spiegare comportamenti umani attraverso il confronto


‘filogenetico’ con quelli degli animali - [le costanti comportamentali quali aggressività,
attaccamento parentali, impulso sessuale - hanno origine evolutiva, non culturale —> quindi
forniscono vantaggi in termini di sopravvivenza.

L’EVOLUZIONE PLURALE

CONTRAVVELENI - I testi di Dawkins e Wilson sono stati la prima cassa di risonanza del
riduzionismo adattazionista, che si è imposto in modo forte: appiattire l’intera evoluzione sopra le
sue condizioni minime, senza tenere conto della variabilità (sia inter che intra popolazionistica) e
del fatto che l’evoluzione stessa si è modificata nel tempo.

Criticarlo, vuol dire portare la biologia ad essere una “scienza storica”: analisi dei fattori
contingenti. L’evoluzione è comunque fatta di individui [quindi ha sia una linea filogenetica che
una ontogenetica], ha avuto tante forme quante specie esistite.

ALCUNE COSE IN PIù CHE SI SANNO DEI GENI - Progetto Genoma (anni 90), stimava di
identificare 250-500mila geni. I geni del genoma umano invece sono circa 24.000, meno di un
decimo. Si è dovuto ripensare il funzionamento del modello —> un gene non codifica
strettamente una proteina.

Altro fatto: fino al 90% del DNA non codifica proteine, e veniva chiamato junk DNA. Ora si sa che
ha funzione fondamentale di supervisione; e l’RNA non è solo messaggero, ma funzioni regolative.

Ancora molti misteri, che non permettono le semplificazioni della vulgata —> per esempio, cosa
‘chiede’ al gene di partire con la trascrizione. E’ la cellula stessa, con stimolazioni esterne quindi.
Ma i fattori di innesco vengono espressi da altri geni, attivati da altri fattori di trascrizione…

Una delle principali sorprese della genetica di fine Novecento è venuta dallo studio della
drosophila di nuovo: gli Homeobox, sequenze altamente conservative di DNA, lunghe circa 129
basi. Si è notato che questi sono presenti un po’ ovunque dai funghi ai mammiferi, e hanno
funzioni basali, architettoniche.

Poi ci si è messa l’epigenetica: i tratti epigenetici sono cambiamenti ereditari nell’espressione del
genoma che non dipendono dalla modificazione della catena di DNA. Spesso sono processi che
avvengono a livello cromosomico: l’epigenetica, infatti, ha cominciato a esistere proprio a partire
dagli studi sul processo di metilazione, che consiste nell’aggancio di un gruppo metile alle
citosine del DNA, e rende silenti intere porzioni genomiche. Il quadro genetico è stato descritto
come una specie di impronta che modifica l’espressione del DNA, trasmissibile nelle generazioni.

MICRO E MACRO-EVOLUZIONE - Sintesi moderna, pensava il processo evolutivo come lento e


continuo. Quindi spiegava le macromutazioni come una serie di micromutazioni accumulate. Nella
ricerca sul campo, questo modello incontra un problema: non ci sono spesso gli anelli di
congiunzione. Si osservano piuttosto passaggi bruschi. La Sintesi moderna: le stratigrafie sono
incomplete!

Punto di vista diverso arriva da Elderedge e Gould, 1972, che fondava il puntuazionismo come
alternativa al gradualismo. Partendo dal ‘prendere sul serio’ le stratigrafie, osservano che ci sono
periodi lunghi di mutazioni quasi zero, e periodi rapidi di mutazioni importanti.

Da queste riflessioni, si è cercato di far discendere un nuovo modello, con nuovi concetti, come
quello di TREND EVOLUTIVO —> tendenze generali, sovraspecifiche, che si osservano talvolta
nelle serie fossili, che accomunano specie apparentate in una medesima direzione evolutiva.
Questo poi punterà al concetto di Bauplan.

L’EVOLUZIONE DELL’EVOLUZIONE - Le modalità evolutive non sono state sempre le stesse.


Fondamentale una divisione in due: Fra le prime forme viventi monocellulari, c’era la trasmissione
orizzontale di geni - geni e frammenti di genoma venivano trasmessi da una cellula all’altra senza
che tra le due vi fosse relazione di ascendenza-discendenza.

Pare che l’esplosione cambriana stessa sia stata resa possibile dall’emergere della riproduzione
sessuata, e dall’incremento nella variabilità individuale che questa permette [la riproduzione
sessuata ha in sé la ricombinazione da due corredi differenti, le mutazioni sono molto più
frequenti].

BAUPLAN - Nella biologia evolutiva è stato recentemente ripreso il concetto di Bauplan, ovvero
l’insieme delle proprietà che le specie facenti parte di un gruppo sistematico hanno in comune e
che ne condizionano l’assetto generale e le linee di sviluppo. Quindi, il Bauplan non è la ‘somma’
delle caratteristiche di un gruppo, ma descrive il piano generale in cui il gruppo si sviluppa —>
una formula coerente di realizzare delle modifiche unitarie, non un adattamento specifico
all’ambiente.

CATASTROFI E ATTRATTORI STRANI - La scienza positiva dell’Ottocento procedeva secondo


linearità, il Novecento si è caratterizzato per l’accogliere la non linearità, il caos, modelli di
previsione della discontinuità, etc. Fenomeni dove al sommarsi progressivo di piccole
modificazioni si vede il ‘passaggio scalare’, con un assetto che si ribalta in modo repentino - ed in
modo magari non adattivo, come nella catastrofe.

Questo tipo di modelli ha aiutato per esempio a superare la differenza tra gradualismo e
puntuazionismo - un organismo subisce piccole modifiche, fino a quando la successiva non si
‘realizza su un altro livello scalare’, e causa una rapida ristrutturazione complessiva.

Collegato a quello di catastrofe, il concetto di attrattore: (in matematica) insieme verso il quale un
sistema, in un tempo sufficiente, evolve. Gli organismi evolvono anche secondo linee di coerenza
sistemica interna - tendono a restare in equilibrio: se l’equilibrio si rompe (tra due sedie) cercano
rapidamente un equilibrio nuovo. Quindi l’ambiente non è solo il selezionatore, ma anche ciò che
spinge al disequilibrio.

IL GENOMA E’ UN PROGRAMMA? - No. Innanzitutto, la correlazione fra osservazione empirica


(del fenotipo) e gene che starebbe ‘alla base’ non dispone di pattern per i quali, alla modifica del
gene, prevediamo una modifica formalmente analoga del fenotipo.

IL POSTO DEGLI UMANI NELLA NATURA

NOTE EPISTEMOLOGICHE - Il ruolo che, nella Scala, era giocato dall’idea di “perfezione”, è
oggi preso dal concetto di “complessità”.

FORME DELLA VITA

L’ORIGINE DELLA VITA - 13,7 miliardi di anni —> universo.

4,6 miliadi —> Terra.

4, 1 —> crosta solidificata

4 —> molecole alla base della vita

L’origine della vita a partire da materia inorganica (abiogenesi) è un tema capitale di cui si sa
poco. Molti modelli ipotizzano che il primo passo siano stati gli amminoacidi a partire da elementi
abiotici.

3,9 —> prime cellule simili a procarioti

3,5 —> presunto antenato universale. Prima forma vivente, antenato dei viventi… Non si tratta
della prima cellula in ordine di tempo, né di una cellula singola, ma dell’ultimo insieme di cellule
comunicanti fra loro tramite trasmissione orizzontale di geni, a partire dal quale si formarono
comunità distinte che diedero poi origine ai grandi assi organizzativi della vita sulla terra.

RAMI E FOGLIE DI UN UNICO ALBERO (O NODI DI UN’UNICA RETE) . L’abiogenesi ‘unica’ è


ipotesi. Ci sono però elementi a sostegno:

- altamente improbabile (Occam);

- tutta la vita sulla terra presenta la stessa organizzazione fisico-chimica, sfruttando le proprietà
del carbonio;

- e tutte ottengono energia dalla “nanomacchina ATP sinteasi”;

- altrettanto universale, il codice genetico.

Forse è meglio passare da un diagramma ad albero ad uno ad arbusto, per evitare l’impressione
teleologica, scala gerarchica [specie viventi - foglie; estinte e antenati comuni - rami; tronco -
origine]

Risalendo alle prime fasi (radici) però, dovremmo passare a una ‘rete’, piuttosto - per scambio
orizzontale. L’antenato unico è in realtà un insieme unico di antenati interconnessi.

Solo quando la discendenza verticale diventa molto più importante di quella orizzontale -
esplosione cambriana - si passa all’arbusto.

PRIMI ASSI DEL DIFFERENZIAMENTO - Antenato comune - scambio orizzontale. Comunità del
cellule al suo interno si differenziano, sviluppando caratteristiche peculiari. Evolvendosi
separatamente, arrivano a non poter più scambiare orizzontalmente all’esterno del gruppo.

Le specie viventi classificate sono 1.600.000, potrebbero essercene 6 volte tante. Ma con la
difficoltà di definire la specie, la classificazione è dura.

La prima grande classificazione divide cellule dei batteri e quelle di altri organismi: procarioti ed
eucarioti.

Prive di nucleo, le cellule dei procarioti dispongono di un unico cromosoma ad anello.


Riproduzione asessuale, anche possibile lo scambio orizzontale. Fossile procariote: 3,5 miliardi di
anni fa.

Eucariota: circa 2 miliardi di anni fa.

REGNI E RADIAZIONI - Gli Eukaryota sono divisi in quattro regni: Protista, Fungi, Plantae,
Animalia.

I protista sono ‘gli avanzi’ - raggruppamento spurio. Organismi semplici, uni o pluricellulari
(protozoi e alghe per esempio).

Funghi - originariamente nelle piante, oggi considerati più vicini agli animali in quanto usano
carbonio fissato da altri organismi.

Plantae - vegetali. Cellula rivestita di membrana di cellulosa, sono autotrofi (ottengono energia
autonomamente)

Animalia - pluricellualri, eterotrofi, digeriscono cibo in camere interne, dotati di motilità,


orientamento cefalocaudale. Membrana cellulare ma niente parete cellulare. La maggior parte
compare nella esplosione cambriana, 540 milioni, una radiazione adattiva che li favorisce.

VIVENTI CHE SI MUOVONO: GLI ANIMALI

ANIMALI - Si distinguono oltre 30 phyla. Ciascuno corrisponde a un particolare piano di


costruzione del vivente. La nostra specie fa parte del phylum dei Chordata, gruppo di oltre 65.000
specie marine, fluviali, terrestri, del primo Cambriano. Diviso in tre subphylum: noi siamo
Vertebrata - notocorda sostituita da vertebre cartilaginee o ossee, e il tubo neurale si differenzia in
cervello e corda spinale, e la testa è molto sviluppata.

Vetrebrata - suddivisi in 6 classi: Chondrithyes (squali), Osteichtyes (pesci con ossa), Amphibia,
Reptilia, Aves (uccelli), Mammalia.

LA CLASSE - I Mammalia sono pochi, circa 5000 specie. Caratteristiche: omeotermia, ghiandole
mammarie per allattamento, pelo, sistema circolatorio con cuore a quattro camere; presenza
neocorteccia.

La transizione filogenetica da rettili a mammiferi, lunga, è una delle meglio studiate. 240 milioni di
anni fa, si sono ordinate le prime forme di mammiferi, i Triconodonti. Questi restano un ordine di
piccoli mammiferi insettivori e notturni a lungo - omeotermia: occupano nicchia ecologica non
disponibile ai rettili. La radiazione adattiva dei mammiferi avviene solo alla fine del Cretaceo,
quando l’estinzione dei sauri lascia grandi spazi.

I mammiferi sono animali generalisti. La loro locomozione permette andature differenti (pensiamo
anche a mammiferi che nuotano bene!). Riproduzione per strategia K. Notevole sviluppo organi di
senso e grado di encefalizzazione - capacità di apprendimento: evolutivamente importante
l’adattamento cognitivo!

I PRIMATI

L’ORDINE SENZA QUALITA’ - I mammiferi placentati sono suddivisi in 17 ordini, in base alla
presenza di caratteri qualificanti. Solo i primati sono un ordine che non ha una qualità comune.
Soluzione anomala.

I primati hanno:

- struttura corporea primitiva (non specializzata) - molti manifestano tendenza alla postura eretta
della parte superiore del corpo.

- struttura degli arti generalizzata: praticare diverse forme di locomozione

- dita mobili, cinque, pollice opponibile (pentadattilia, unica eccezione la scimmia-ragno)

- artigli sostituiti da unghie

- muso accorciato

- vista binoculare, orbite frontalizzate

- schema dentario semplice e generalista (diete variabili)

- cervello grande rispetto alla dimensione corporea, e complesso

- periodo di gestazione lungo rispetto alla taglia

- ciclo di vita lungo

STREPSIRRHINI E HAPLORRINI - L’antica divisione comprendeva due sottorini: Prosimii [antiche


“proscimmie”, ora Strepsirrhini] e Anthropoidea.

Il sottordine Haplorrhini comprende le specie di Tarsius e tutte le specie di scimmi, incluse grandi
antropomorfe e umani.

Quindi, negli Haplorrhini abbiamo i Tarsius da una parte, poi gli altri divisi in Platyrrhini (scimmi del
Nuovo Mondo) e Catarhini (scimmie del Vecchio Mondo)

I PARENTI PROSSIMI

ALBERO EVOLUTIVO DI FAMIGLIA - Fra i Catarrhini, la superfamiglia degli Hominoidea include le


piccole antropomorfe, grandi antropomorfe, esseri umani [nonché tutte le specie che
compongono la sequenza evolutiva a partire dall’ultimo antenato comune a tutte le specie di
Hominoidea attualmente viventi].

Fra 11 e 18 milioni di anni fa la linea della grandi antropomorfe si separa dalle piccole
antropomorfe. La prima a separarsi è Pongo; poi Gorilla; poi Homo e Pan.

Gli Hominidae comprendono tutte le grandi antropomorfe. Al di là dei nomi e dei raggruppamenti,
ciò che risulta evidente è che mano a mano che ci si avvicina alla nostra specie, le classificazioni
si fanno progressivamente meno neutre.

DIVENTARE UMANI PER VIA FILOGENETICA

NOTE EPISTEMOLOGICHE - Le caratteristiche biologiche della nostra specie, come quelle di


qualsiasi altro vivente, hanno coerenza strutturale e sono l’esito di un lungo processo evolutivo.
Derivano da un movimento evolutivo che, a partire dalla classe dei mammiferi, passando per
l’ordine dei primati e arrivando alle grandi antropomorfe, rende sempre meno vincolante
l’adattamento ambientale, sempre più deciso lo sviluppo di facoltà generiche (apprendere,
comunicare, inventare…) anziché di “risposte specifiche”. La nostra struttura biologica non è un
insieme di vincoli adattivi, ma un complesso di possibilità che da un certo punto in avanti
richiedono strutturalmente la cultura.

La cultura non si ‘aggiunge’ come un vestito dove finisce la ‘natura’. CERCHIAMO DI


RICOMPRENDERE LA CULTURA NON COME UN EPIFENOMENO NATURALE, MA LO ‘SPAZIO
ENTRO IL QUALE LA NOSTRA EVOLUZIONE E’ STATA POSSIBILE’.

VISIONI DEL MONDO, VISIONI DELL’ANTHROPOS - IMPLICAZIONI ESPLOSIVE - 1856, grotta


nella valle di Neander, presso Dusseldorf Germania, individuo con caratteri anatomici strani. “E’
un cosacco”; “è un subnormale”… è un Homo neanderthalensis.

La sua parentela con le grandi antropomorfe è stata confermata geneticamente.

BANALIZZARE PER NON VEDERE - Nella sua vulgata, la teoria dell’evoluzione sembra oggi
proporre una soluzione unica a tutti i problemi della filogenesi e ontogenesi: che qualsiasi tratto e
carattere variabile siano frutto dell’adattamento biologico/genetico —> PAN-ADATTAZIONISMO.

Notiamo che proprio la paleoantropologia recente si è dogmaticamente sclerotizzata, nel tentativo


inconscio di mantenere le distanze dalla puzza del trascendente.

E’ quindi comune nei manuali leggere che questo o quel tratto si è sviluppato PER questo motivo,
etc, dimenticando che l’evoluzione darwiniana non ha alcuno scopo e nessuna teleologia.

Con questo ‘dogma del solo aumento della fitness’, praticamente la scienza diviene fede.

L’IDEA CHE OGNI CARATTERISTICA DEGLI ESSERI VIVENTI SERVA ALLA SOPRAVVIVENZA
AMBIENTALE TRADUCE IN TERMINI BIOLOGICI L’IMPOSTAZIONE NEOLIBERISTA STA ALLA
BASE NON SOLO DELL’ECONOMIA CONTEMPORANEA, MA ANCHE DEL MODO CON CUI GLI
INDIVIDUI SONO INVITATI A PENSARE ALLA LORO VITA: LE SOMIGLIANZE FRA L’ “AMBIENTE”
DEI SOCIOBIOLOGI E IL “MERCATO” DEGLI ECONOMISTI SONO STRAORDINARIE.

SCIMMIE BIPEDI O UMANI QUADRUPEDI? LA BEFFA DI PILTDOWN - Il primo passo evolutivo


della nostra linea filogenetica, quello che ha permesso tutti i salti successivi, è sempre
tendenzialmente stato legato intuitivamente al cervello. Invece sono i piedi: piedi specializzati che
permettono la postura eretta. Boccone indigesto, rinunciare al cervello… Charles Dawson, disse
di aver trovato 1911 un cranio ominide “anello mancante” con le grandi antropomorfe: un cranio
sviluppato con mascella scimmiesca. Perfetto! E… inglese. Era una truffa. Soprattutto nel
continente, invece, si continuava a trovare bipedi con cervellini piccoli… 1953 smascherata la
truffa!!! Era un collage.

PROBLEMI TECNICI E INTERPRETATIVI

LA DATAZIONE DEI FOSSILI - I metodi di datazione relativa: comparare noto a non noto. In
particolare la stratigrafia. Strati uno sopra l’altro, ordine di antichità. —> stratigrafia paleontologica
detta biostratigrafia.

Seriazione: sequenze di manufatti di una stessa cultura.

Datazione assoluta: caratteristiche fisiche intrinseche degli oggetti (es radiometriche), come la
datazione al carbonio 14, isotopo instabile cel C 12, entra nella dieta animale attraverso le piante.
Decadendo “regolarmente”, fino a 40mila anni teoricamente lo datiamo.

Dendrocronologia. Termoluminescenza.

I CONFINI FRA LE SPECIE FOSSILI - Una grande difficoltà è quella della parzialità dei reperti, e
del loro ‘inserimento’ in un quadro di specie che è già molto problematico di per sé a livello
sistematico e perfino definitorio! A seconda di come ‘organizzo’ i reperti che vado via via
scoprendo, inserisco i nuovi in un punto o nell’altro… ma questo può indurre errori. Inoltre, nella
paleoantropologia, ci sono altri meccanismi di difformità che mettono in difficoltà: processo
evolutivo, età, dimorfismo sessuale, luogo geografico, condizioni…

SE A TUTTO SI AGGIUNGE CHE PER UN PALEOANTROPOLOGO IL TOP è DARE IL NOME A


UNA NUOVA SPECIE….

QUESTIONI DI VOCABOLARIO - C’è un ulteriore problema, che risiede fin nel linguaggio…
Spesso nell’organizzare i reperti e le specie, si tende a vedere il “punto di arrivo di tutto” nella
specie esistente, dandogli un finalismo… Gli aggettivi “primitivo, antico, moderno”, non sono
innocui…

Ancora: si tende al confronto con le grandi antropomorfe attuali, specie lo Scimpanzé, come
“modello” delle forme antiche! Ma non abbiamo prove che l’antenato comune a Homo e Pan
assomigliasse più a questo che a quello…….

PIOVE SUL BAGNATO, OVVERO LA QUESTIONE DELL’OUT OF AFRICA - Nella seconda metà
del Novecento, la storia coloniale ha portato a concentrare scavi in africa orientale. Modello
imposto! Fino a pochi anni fa, la paleonatropologia dava per scontato: 1) un primo lungo periodo
evolutivo africano [7-1 milione anni fa]; 2) prima diffusione fuori dall’africa, Out of Africa I —>
Homo erectus, attraverso Medio oriente in Asia e europa occidentale; 3) Out of Africa II —>
100mila anni fa, Homo sapiens, che avrebbe soppiantato gli Herectus.

Le scoperte recenti, molti altri Homo.. tipo l’Homo georgicus, hanno mostrato che la “culla
dell’umanità” forse è un concetto da rivedere…

Homo georgicus: georgia, 1,7 milioni anni fa —> out of africa molto prima, quindi Homo abilis,
nemmeno herectus…

DALL’ALBERO AL CESPUGLIO - Dagli anni 90, descritte almeno una dozzina di nuove specie
ominidi. Prima si pensava un’unica linea portatrice dell’evoluzione. Potrebbe essere invece una
profusione di specie presenti contemporaneamente anche in un medesimo areale evolutivo.
RIPENSIAMO L’EVOLUZIONE COME UNA SEQUENZA NON LINEARE DI EVENTI.

LA GALLERIA DEGLI ANTENATI

AUSTRALOPITHECUS AFARENSIS (“Lucy”) - Kenya. Molti fossili di cui uno completo al 40% -
lucy - somigliano a grandi antropomorfe. Non lasciano dubbi su un completo bipedismo.

AUSTRALOPITHECUS AFRICANUS - Il primo australopitecina scoperto. Sudafrica.

LA BIFORCAZIONE - E’ comunemente accettato che la linea evolutiva delle ominine suscisce,


dopo A. Africanus, una biforcazione che separa Homo dalle cosiddette “australopitecine robuste”:
si tratta di tre specie di australopithecus.

Di fatto, con la separazione tra Homo Habilis e la prima delle australopitecine robuste (Homo
Aethiopicus), si assiste allo sviluppo di strategie evolutive differenti: Homo da inizio a una
progressiva encefalizzazione, mentre le australopitecine evolvono una dieta folivora specializzata.

E’ proprio la modificazione DELLA DIETA a rendere necessario un apparato di masticazione più


ROBUSTO, con una “cresta sagittale” a cui si attaccano i potenti muscoli masticatori.

HOMO HABILIS - 2,4/2 milioni di anni fa. Fino agli anni 60 non si conoscevano specie fossili del
genere Homo diffuse in Africa, ma solo in Europa e Asia. Poi nel 1960 in Tanzania si trova sta
nuova specie, detta Habilis. Habilis per la sua associazione alla prima industria litica: fabbricare
attrezzi per lo scavenging delle carcasse. Non si sa se sia antenato umano diretto. La posizione
filogenetica è assai dibattuta. Potrebbe anche avere Wolpoff che dice che tutto il materiale
Habilis, Rudolfensis, Ergaster/Erectus, appartenga a un’unisca specie estremamente variabile e
ampiamente distribuita geograficamente.

HOMO RUDOLFENSIS (ex homo habilis) - scoperto dopo, cranio più capace. Non si sa quali
siano le relazioni, erano probabilmente contemporanei, né si sa quale è l’antenato di Erectus.

HOMO GEORGIANUS (erectus?) - Datato prestissimo, 1.8 milioni, in georgia, discendente di


Habilis e antenato dell Erectus asiatico. Potrebbe essere il primo Out of Africa, verso l’Europa,
strappando a Ergaster il primato.

HOMO ERGASTER (ex homo erectus) - 1.9 milioni in Africa. Praticamente precederebbe di poco
l’Erectus, e ha minor capacità cognitiva. Ergaster significa Erectus Africano, e infatti lui vive
stabilmente in Africa, Erectus colonizza mezzo mondo. Può anche darsi che non siano specie
separate.

HOMO ERECTUS - Si intende fossili europei e asiatici che condividono caratteristiche


anatomiche, compresi tra 1,5 e 0,2 milioni. Dimensioni corporee simili al sapiens, così come
l’avambraccio e i denti. Mascella più rientrata, naso prominente. C’è una protuberanza occipitale
(toro trasverso). Fuoco e primo rudimentale linguaggio.

HOMO HEIDELBERGENSIS - 600.000 / 200.000 , Europa e Africa. Intermedio fra Erectus e


Sapiens. Potrebbe essere il primo a seppellire i morti.

HOMO NEANDERTHALENSIS - 1856, pezzetti vari + teca cranica. Pensarono prima a un orso,
poi un cosacco minorato.

400.000 / 24.000 da Spagna a Uzbekistan. Due grosse glaciazioni. Il Neanderthal è diviso in


periodi, quindi gruppi, e l’ultimo praticamente convive col Sapiens che forse arriva dall’Africa. Le
differenze anatomiche col sapiens ci sono, specie nel cranio (superiore appiattito, toro
sopraorbitale, poco mento e mascella forte, apertura nasale larga e rotonda), ma alcuni dicono:
stessa specie, adattata a luoghi e climi differenti.

Usavano pietra e legno (paleolitico medio), ma l’avanzamento più significativo (che giustifica
anche i numerosi ritrovamenti) è che seppellivano i morti con un CULTO: accuratamente disposti,
trovati anche dei FIORI.

Vivevano a lungo (trovato uno di 45 anni circa) e la complessità della loro industria e cultura fa
pensare a un linguaggio articolato.

UNA O DUE SPECIE - Sapiens e Neandertal, sono gli stessi? Francia, Dordogna, ricca di grotte:
tracce di lunga convivenza. 45.000/30.000 anni fa, Neanderthal scompare improvvisamente.
Diverse ipotesi:

- estinti per uccisione dai Sapiens

- scarsa competitività culturale - estinti

- culturalmente ‘colonizzati’

In effetti, si stanno trovando forme ibride.

HOMO FLORESIENSIS [uomo di Flores] - Isola di Flores in indonesia. Donna sui 30 anni, alta un
metro, cranio piccolo: potrebbe discendere da Herectus come il Sapiens, ma essere una “specie-
sorella” rispetto al Sapiens, cioè linea evolutiva differente. In effetti, queste isole sono già state
indicate come casa di derive genetiche di specie animali e vegetali altrove estinte, e tendenti al
nanismo.

Cosa ci insegna? La probabilità dell’evoluzione non-lineare, l’importanza del mono/


poliregionalismo

HOMO SAPIENS - Siamo noi! compare 200.000 anni fa. Struttura scheletrica più leggera,
ingrandimento dell’encefalo [1400 cm cubi medi], mento prominente, niente toro occipitale, volta
cranica alta.

Ipotesi poliregionalista: Sapiens deriverebbe dall’evoluzione parallela di Erectus, Neandertalensis,


Heidelbergensis, poi unificate per fusione continuo mescolamento genetico. La prova sarebbe la
somiglianza fra alcune popolazione in determinate regioni attuali e i loro antenati Erectus del
luogo!

Ipotesi monoregionalista: Sapiens si sviluppa in Africa 200mila anni fa in un luogo preciso, poi
colonizza. Quindi, la variabilità presente oggi nella specie sarebbe un fenomeno recente.

QUESTIONI APERTE NELLA FILOGENESI UMANA

L’ANELLO MANCANTE CONTINUA A MANCARE - Prima delle tecniche molecolari, si stimava


che la divergenza dagli scimpanzé potesse essere 7 milioni di anni. Oggi si è arrivati: fra 5 e 7
milioni, in Africa è vissuto un primate all’origine di due linee evolutive: una che attraverso le specie
dei generi Ardipitecus, Australopitecus, Homo, arriva all’uomo; l’altra porta alle due specie di
scimpanzé attualmente viventi.

Ha giocato molto un pregiudizio: premettere che la nostra è quella che si è evoluta di più: quindi,
guardando agli scimpanze, pensiamo che “assomiglino di più” al genitore comune. Questo si è
manifestato soprattutto nell’ipotesi del momento di comparsa del bipedismo: se pensiamo che,
se noi siamo bipedi e gli scimpanzé no, allora il bipedismo è nostro peculiare, quindi l’antenato
comune non lo aveva. Nel frattempo abbiamo trovato Ardipitecus Ramidus, Orrorin Tugenensis,
Saelantropus Tcadensis, che sembrano già parzialmente bipedi: allora sono nostri antenati!

Ma… o abbiamo sviluppato il bipedismo rapidissimamente dopo la separazione, oppure…


abbiamo già trovato l’anello di congiunzione e non l’abbiamo riconosciuto.

IL DIBATTITO SULLA NEOTENIA - Molte riflessioni autorevoli anche filosofiche a riguardo. Ne ha


parlato diffusamente Louis Bolk: negli stadi adulti dell’umano permangono caratteristiche che
sono proprie dello stadio fetale delle grandi antropomorfe. Nei primi decenni del Novecento si
pensava che le somiglianze si spiegassero con il principio della Ricapitolazione: l’embrione si
sviluppa (ontogenesi) ripercorrendo le tappe della filogenesi. L’ipotesi della fetalizzazione di Bolk
si contrappone notando che l’adulto umano mantiene caratteristiche filogeneticamente antiche
dei nostri parenti prossimi… insomma, che nello sviluppo ontogenetico umano ci sia un
rallentamento

L’EVOLUZIONE DEL CERVELLO UMANO

CENNI ANATOMICI - Il cervello dei vertebrati è complesso da molti punti di vista. Tre gruppi di
animali dispongono di cervelli complessi: artropodi, cefalopodi, vertebrati. Artropodi e cefalopodi
lo hanno che si sviluppa a partire da due corde di nervi che si estendono in tutto il corpo; i
vertebrati a partire da un’unica corda dorsale.

Nello sviluppo dell’embrione umano, l’ontogenesi dell’encefalo ripercorre in larga misura la


filogenesi. Verme - pesce - mammifero - primate, poi prosencefalo (in particolare corteccia) e
cervelletto, che sono caratteristiche unicamente umane.

CENNI SULLE SPECIALIZZAZIONI DELL’ENCEFALO UMANO - In sezione sagittale, l’encefalo è


quindi composto da una successione di strati, eventi struttura e funzione diverse, la cui
stratificazione ripercorre in larga misura la filogenesi con gli strati più antichi in posizione profonda
e quelli più recenti in posizione superficiale.

Esistono due grandi teorie sul funzionamento del cervello: secondo la prima, modello aerale,
ciascuna parte è specializzata in un’unica funzione. Le funzioni cognitive avanzate emergono
come articolazione di funzioni specializzate. Quindi, il processo cognitivo è l’articolazione
complessa e di secondo grado di funzioni basilari specializzate: quanto più queste sono precise e
strutturate, tanto la cognizione sarà potente.

Il secondo modello, “modello unitario”: nelle funzioni avanzate, il cervello si comporta in modo
unitario. Alla base, la notevole plasticità della neocorteccia: abbiamo prove che se lesionata in un
punto, è possibile che la funzione venga trasferita in un’altra zona cerebrale.

Oltre a questo, si è osservata una specializzazione funzionale delle prestazioni cognitive avanzate:
l’emisfero destro controlla le ricezioni e risposte di tipo olistico, spaziale ed emozionale, il sinistro
le analitiche, sequenziali, linguistiche. Però è osservata anche la vicariazione di funzioni, in caso di
danneggiamento di uno o dell’altro.

In ciascun emisfero, quattro lobi: parietale [associazione sensoriale], frontale [controllo del
comportamento motorio], temporale [memoria], occipitale [visione]. All’interno dei lobi, diverse
aree preposte a funzioni specifiche.

CERVELLO E LINGUAGGIO - Nella competenza linguistica in generale, il cervello si comporta


come organo unitario. Due aree deposte specificamente: Broca e Wernicke.

Il carattere peculiare del genere Homo è una marcata tendenza all’ìncremento delle dimensioni
encefaliche. Questa è stata una vera e propria tendenza evolutiva per due milioni di anni.
L’incremento di encefalizzazione ha portato modifiche conseguenti: assottigliamento della scatola
cranica, appiattimento del volto, denti più stretti tra loro (meno spazio) bocca più piccola…

SOLO UNA QUESTIONE DI DIMENSIONI? L’ENCEFALIZZAZIONE RELATIVA - La


proporzionalità cervello/dimensioni corporee ha una certa costanza nei mammiferi inferiori, ma
non è rispettata dai Primati, più ricchi di massa encefalica.

Se il cervello aumenta in sovrannumero rispetto all’aumento evolutivo della massa corporea, un


po’ sarà appunto dedicato al controllo delle nuove caratteristiche degli organi sviluppati, ma avrà
dei neuroni in sovrannumero che possono organizzarsi in schemi più complessi.

ENCEFALIZZAZIONE SELETTIVA - Alcune parti in una specie possono essersi sviluppate più di
altre: negli umani si è sviluppata di più la neocorteccia (funzioni superiori) per esempio a scapito
dei lobi occipitali (vista).

L’EVOLUZIONE DEGLI ALTRI APPARATI DI GESTIONE DEL LINGUAGGIO - L’innervazione dei


muscoli toracici e addominali per esempio si è molto sviluppata: probabile per sostenere un
controllo della respirazione a riposo che permette l’articolazione del linguaggio.

GLI STRUMENTI LITICI

UNA SELVA CLASSIFICATORIA - Paleolitico, mesolitico, neolitico designano proprio tappe


progressive dell’evoluzione tecnica del nostro genere. E’ bene precisare che non si tratti di
culture, ma di modi tecnici, impiegati da gruppi diversi, forse anche da specie diverse e perfino -
per un certo momento - da generi diversi.

Si seguono per complessità, questo è evidente.

Gli scimpanzé e altre grandi antropomorfe e alcuni mammiferi, usano regolarmente attrezzi: alcuni
trovati, altri preparati consapevolmente.

PALEOLITICO INFERIORE, INDUSTRIA OLDUVAIANA - La prima industria ominide, attrezzi in


pietra scheggiata. Il candidato più probabile resta Homo Habilis, ma non è certo. Fioritura: Africa
2,4 / 1,7 milioni di anni. Estremamente semplice: sfruttamento di bordi taglienti [riduzione litica].
Quarzo, basalto, selce. Servivano nella lavorazione del legno, della pelle, macellazione.

PALEOLITICO INFERIORE, INDUSTRIA ACHEULEANA - Sviluppata in Africa, associata a


Ergaster, Erectus, Heidelbergensis e prime forme Neandertalensis. 1, 6 milioni / 100.000. Si
sovrappongono largamente a quelli olduvaiani, e poi ai musteriani (niente vieta di continuare a
produrre attrezzi più semplici anche dopo!). Come l’oluduvaiana, scheggia la pietra-base, ma poi
la lavora con martelli di osso e corna. Lo lavora simmetricamente e su entrambe i lati. Non sono
ancora attrezzi “specializzati” - vengono usati per varie funzioni.

Secondo alcuni la complessità presume una certa articolazione linguistica, ma è un’ipotesi.

PALEOLITICO MEDIO, INDUSTRIA MUSTERIANA - A differenza delle altre, lavora non solo la
pietra base, ma anche le “schegge” che saltano via, facendo attrezzi più piccoli con potenziale
diverso (raschiatoi, attrezzi denticolati..)

PALEOLITICO SUPERIORE - 40.000 / 10.000 associato al solo Homo Sapiens. Rottura con i
precedenti. Però un dato: Homo Sapiens compare circa 200.000, mentre il Paleolitico superiore
comincia a produrre reperti nel 40.000 —> per lunghissimo tempo Homo Sapiens non ha prodotto
segni della sua superiore capacità cognitiva! L’innovazione tecnica principale è la produzione di
strumenti specializzati, in relazione a tecniche (esempio di caccia) specifiche.

Il dato fondamentale: a un certo punto c’è il “passaggio” al simbolico: se un raschiatoio ha una


funzione immediata, la “statuetta” o l’ornamento non paiono averne; e così strumenti musicali,
dipinti…

diverse ipotesi

a) rivoluzione culturale avvenuta a un certo punto tra i Sapiens

b) scarto nell’evoluzione cerebrale - non a livello macro-anatomico

c) processo graduale

d) analoghe tendenze culturali erano anche tra i neandertal

ARTE RUPESTRE

Cioè che ha come supporto la roccia. Particolare densità in Spagna cantatrice e Francia sud-
ovest. Si pensava che fossero dei falsi, perché male si accordavano con l’idea di ‘primitivo’ data
al loro bellezza… I più antichi scoperti: sudafrica 75.000 anni. Particolarità in europa: sorta nel
periodo di compresenza Sapiens/Neandertalensis.

DATE CHE SLITTANO - Enorme difficoltà di datazione: possibilità di contaminazioni successive;


problema del C14 —> può calcolare solo quei colori che contengono carbonio… Le prime
manifestazioni potrebbero anche essere neandethaliane.

Termina intorno al 10.000 quando vengono fondati i primi villaggi agricoli —> concomitanza fra
rivoluzione NEOLITICA e abbandono arte rupestre.

CARATTERISTICHE - Vanno osservati nella luce in cui sono stati eseguiti: le torce. Assenti
elementi di paesaggio. Soprattutto grandi mammiferi, disegnati in modo realistico, mentre gli
umani sono stilizzati!

Segni geometrici ricorrenti, anche e soprattutto all’ingresso delle grotte (rituali? pannelli di
indicazione?)

INTERPRETAZIONI - Classica: pratica esoterica e propiziatoria: i cacciatori maschi si riunivano in


luoghi segreti nel cuore della montagna per propiziare la caccia disegnavano per analogia.

Moderna: si è osservato che non sono scene di caccia. Da qui, poi, non si sa molto… però occhio
al luogo comune. E’ possibile che l’arte rupestre fosse un fatto comune, quotidiano, e che quei
luoghi fossero abitazioni.

DIVENTARE UMANI PER VIA ONTOGENETICA

NOTE EPISTEMOLOGICHE: LE DUE ANTROPOLOGIE CONVERGONO - Nel capitolo


precedente, dopo aver analizzato i dati della paleoantropologia, abbiamo concluso che non è
l’anatomia in sé ad averci fatti umani, neanche quel particolare tratto anatomico delle dimensioni
encefaliche. Il processo di ominazione non è estrinseco all’umanità: non c’è l’emergere di una
cultura a un certo punto, indossata come un abito. Biologia e cultura sono nella nostra filogenesi
recente, coestensive: l’umanità come la conosciamo compare quando la mera appartenenza alla
specie non è piu sufficiente a garantire la sopravvivenza.

Questa interpretazione dei dati dell’antropologia biologica è confermata dall’altro corno della
disciplina: l’antropologia culturale. La principale invariante ricavata dall’antropologia culturale è la
necessità per ogni gruppo umano secondo linee che non sono rigidamente pre-scritte da uno
sviluppo biologico rigido. “Lavorare i piccoli” per farli diventare adulti.

Possiamo pensare alla biologia umana come una configurazione altamente potenziale, che ha
bisogno di plasmazione.

Lo sviluppo ontogenetico non può essere separato né dalla storia nella specie né dalla storia del
contesto-

Per cominciare, c’è una storia filogenetica: una configurazione che non ha obbedito ad alcun
finalismo.

Poi, c’è una storia ontogenetica: le condizioni particolari dello sviluppo individuale.

Gli umani diventano umani specifici: anche all’interno di contesti molto ristretti, come quello
famigliare, perché ogni individuo riceve stimoli differenti.

ESOGESTAZIONE

PREMATURI E MOLTO LENTI - L’ontogenesi umana è lenta. Gli individui della specie Homo
impiegano tempi lunghi per diventare adulti. Mammiferi superiori, in particolare i primati, sono
lunghi. Se passiamo alle grandi antropomorfe, ancora di più. Gli Homo, più di tutti (anche se
relativamente poco di più dei Pan).

E’ lento, per cominciare, lo sviluppo ontogenetico intrauterino: 7 mesi e mezzo per i Pan, 9 noi.
Anche dopo la nascita, gli scimpanzè un po’ più veloci: adolescenza a 8 anni. Noi 10-12 fino ai 16
(culturale, la fine!).

A cosa serve un tempo di accrescimento così lungo? A cosa serve l’infanzia?

La biologia teorizza le differenze riproduttive in strategia r e strategia K. La strategia K, da un


punto di vista adattazionista, è assurda! A meno di fare intervenire la cultura. Fare intervenire la
cultura nella filogenesi ed ontogenesi di una specie significa uscire dalla schizofrenia “natura e
cultura”, fra processo anatomo-fisologico e processo emotivo-cognitivo. L’infanzia è proprio
questo: la testimonianza della storicità del divenire della specie.

QUEL CHE SERVE PER CRESCERE - Dopo il parto, c’è ancora una esogestazione. I neonati
umani sono “aperti”, poco definiti: il debole confine fra uomo e ambiente, resta a lungo tempo
sfumato. Per tutto questo periodo, è il contesto a dover garantire che il bambino non abbia a
patire minacce esterne come minacce di presa di forma per dispersione (vuoto relazionale).
L’esogestazione continua a provvedere di tutto ciò che fino al parto era garantito dalla gestazione:
nutrimento, calore, protezione… Ma anche, la messa in forma psichica, collettiva, culturale.

Spesso si sono appiattite le cure parentali sopra quelle materiali: in realtà, su molti livelli, la
fisiologia umana dipende dall’ambiente affettivo, psichico, culturale, sociale.

Aneddoto di Federico II.

Ancora: Lytt Gardner, ha mostrato il nanismo per deprivazione affettiva.

Studi sugli orfanotrofi: la qualità delle cure è più importante, per sopravvivenza e sviluppo, della
qualità del cibo.

Se nei primi mesi di vita non vengono esposti al linguaggio, non lo apprendono più (feral children).

PLASMAZIONI

SECULAR TRENDS - Negli ultimi 100 anni la statura media degli italiani è cresciuta 11
centimetri. Troppo rapida per pensare mutazione. Spiegazioni interlacciate: alimentazione,
condizioni generali di vita, igiene… Ma luce elettrica: attiva la produzione di GHT, ormone della
crescita, prolungando giornalmente la fase favorevole alla crescita.

IL CORPO CHE FUNZIONA - Per quanto riguarda l’anatomia, la conformazione muscolo


scheletrica degli occidentali dipende da un lunghissimo allenamento alla posizione seduta:
preferenza per attività intellettuali, 10 anni minimi di scuola dell’obbligo…

ALIMENTAZIONE - Le pratiche alimentari “fanno” i soggetti in profondità. La differenza tra edibile


e commestibile, è culturale: edibile (si può mangiare a livello fisiologico); commestibile: la nostra
cultura lo mangia, lo trova appetibile. E la storia culturale di un popolo - quindi dei suoi individui -
plasma anche dal punto di vista genetico. Esempio emblematico la lattasi.

Fallimento degli aiuti di latte in polvere agli africani… hanno addirittura peggiorato la situazione.

Quel che mangiamo ci fa ‘bene’ soprattutto se siamo abituati ontogeneticamente a mangiarlo. La


“dietologia” andrebbe definita: studio delle ‘buone pratiche’ alimentari occidentali.

Così, diete e digiuni ci sembrano pratiche mortificanti, correlate a un cristianesimo oscurantista,


legate alla diffidenza cristiana per la materia, e proiettiamo anche su altre popolazioni! Non
vediamo più l’esercizio ascetico: modificazione del corpo, dello stato mentale e di
concentrazione…

TECNICHE DEL CORPO - Come si fanno le cose: come si cammina, come si parla, come si
mangia, sorride, gesticola… Questo insieme è l’habitus psicologico: che ha ovvie ricadute anche
sulla fisiologia!

Studio di Marcel Mauss “Dove ho visto signorine camminare come queste infermiere americane…
al cinema! tornato a parigi…”.

LA PROSSEMICA - 1966 Edward T. Hall pubblica “La dimensione nascosta” testo fondativo
della “prossemica”: studio della percezione dello spazio da parte degli umani, e analisi
dell’organizzazione spaziale delle interazioni. Se il nostro corpo termina con la pelle, i suoi confini
dinamici e relazionali sono più ampi e variabili.

Quattro “bolle”:

1. zona intima - avambraccio - circa 50cm. Si sente l’odore, si vedono le caratteristiche della
pelle… zona dell’abbraccio, del sussurro, della totale intimità.

2. zona personale - braccio teso.

3. zona sociale - distanza con estranei e sconosciuti. Contatti solo visivi e uditivi.

4. zona pubblica - insegnante che fa lezione… voce più alta.

TEORIE IMPLICITE

DORMIRE, FORSE SOGNARE - Non c’è alcun comportamento umano, dal più “percepito come
fisiologico” a quello complesso, che non derivi da una teoria culturalmente determinata, che ha
impresso le sue insegne sui soggetti che a quella cultura appartengono.

Pensiamo ad esempio al sonno: il rito preparatorio, le condizioni della stanza, il genitore che
mette a letto il piccolo, che prima lo fa lavare… Ecco, il contesto infantile del sonno, si fa,
nell’adulto, condizione del sonno.

STARE FRA GLI ALTRI - La plasmazione investe anche le cose più invisibili: la struttura
pulsionale e l’impianto emotivo. A lungo certa psicologia ha cercato le “emozioni nucleari”,
universali. Non le ha trovate: anche le emozioni sono imbevute di cultura. Le emozioni si
costruiscono nella relazione con gli altri, secondo le specifiche modalità di un collettivo.

Il senso del pudore, evidentemente storico culturale! I nobili se si mostravano svestiti era un gesto
di benevolenza…

Insomma: l’europeo attuale è pulsionalmente differente da un europeo del Cinquecento o


Medioevo… Possiamo ripercorrere alcune tappe storiche del costume, come l’ascesa della
borghesia che si ‘distingue’ dai nobili per raffinamento - ad esempio nel lavarsi, odorare…

LA FORMA DEI SENSI - Persino percezione e organizzazione dei sensi, differiscono


culturalmente… Alcuni dicono l’equilibrio è un senso, alcuni olfatto e gusto sono un senso unico,
altri tatto della pelle e percezione del corpo sono diverse…

NORMA, NORMALITA’, NORMATIVA - Concetto di “normalità”. Vocabolo semanticamente


ambiguo, trappola semantica che imprigiona concetti differenti. Di solito: aurea mediocritas,
ovvero appartenenza al gruppo di coloro che non sono stigmatizzabili: cioè, riconoscimento
sociale della stessa!

Se lo trattiamo come concetto statistico, sarà una curva con accelerazione forte verso i valori
mediani. Allora, normale, è una curva… non ha “confini”. Ancora: l’individuo che ha tutte le
caratteristiche al centro della curva, è statisticamente anomalo!

PER FINIRE, UNA NOTA - In questo contesto antropologico di plasmazioni multiple, i dati più
recenti delle neuroscienze assumono il loro pieno valore. Contro la vecchia idea della tabula rasa:
il cervello del neonato è un potenziale sovrabbondante. Lo sviluppo sembrerebbe fatto per
“sfrondamento” del potenziale, non per accrescimento.

FRA SALUTE E MALATTIA

NOTE EPISTMOLOGICHE - Nel capitolo precedente abbiamo visto come e fino a che punto la
traiettoria biografica (e quindi culturale) plasmi il nostro essere, facendo di noi esseri storici fin nel
funzionamento del genoma. Questo significa, infine, che nessuna “natura” vergine può essere
svestita dai rivestimenti culturali che la longeva separazione ontologica fra il corpo (la res extensa
naturale) e la mente (res cogitans variabile, non oggettivabile) non ha più corso.

Quando parliamo di salute e malattie, spesso diamo per scontati dei presupposti, quelli della
medicina occidentale - biomedicina, che però ha nei suoi presupposto l’idea di essere la sola
riuscita ad afferrare la verità naturale soggiacente, le leggi eterne del corpo.

La medicina nasce nel Seicento sui tavoli dei teatri anatomici: nasce su corpi morti. Questo da un
imprinting: è a grande agio con patologie organiche (cioè visibili), molto meno con patologie
osservabili nei sintomi ma non in sé.

ANTROPOLOGIA MEDICA - Studio dei concetti riguardanti le idee di salute e malattia all’interno
di una data cultura. Compare solo negli anni Cinquanta del novecento. Alla fine della seconda
guerra mondiale, c’era la prospettiva di un mondo finalmente unificato… impensabile che il timbro
non fosse quello dell’Occidente. E sotto l’egida dell’OMS molti antropologi furono coinvolti in
questa idea di “portare la salute”.

Il primo ostacolo evidente: non bastava portare i rimedi: venivano usati ‘integrandoli’ nel loro
sistema, cioè in un modo che all’occidentale sembrava insensato. Quindi, bisognava rendere
adatte queste culture a riceverle…

Gli oggetti - e le tecniche - non sono neutri. Le idee stesse di farmaco, di corpo, di dolore, sono
produzioni storiche.

ETNOMEDICINA - L’entrare in contatto con diversi sistemi terapeutici, portò alla nascita dell’
Etnomedicina. Fondamentale tappa di questo processo di relativizzazione. Studiando i rimedi
tradizionali… l’occidente trova ciò che è consono alla sua prospettiva!!! In breve: scova dei nuovi
principi attivi. Ingresso di certe piante nel circuito farmacologico… popolazioni che si curavano
con quelle, si ritrovano a coltivarle industrialmente, e magari neppure a poterne più fare un uso
libero, per i copyright industriali…

1978, Conferenza Internazionale sull’Assistenza Sanitaria di Base ——> “Dichiarazione di Alma


Ata”, pone un ‘vincolo’: sostegno alle medicine tradizionali, ma….. escludendo le ciarlatanerie!!!
E… come riconoscerle scientificamente?… Passaggio teorico cruciale. Isolando il principio attivo
da tutti gli altri elementi, tra cui magari la figura del guaritore stesso, il rituale…

Si apre la questione e riflessione sull’EFFETTO PLACEBO.

GLI ORIENTAMENTI TEORICI DELL’ANTROPOLOGIA MEDICA - Lungo gli anni Sessante risultò
evidente la necessità di leggere la malattia secondo una modalità del tutto diversa da quella della
medicina occidentale.

Tre grandi modalità di approccio all’antropologia medica critica

1) Teoria medico-ecologica - La salute è valutata come misura di un adattamento ambientale


efficacemente realizzato e può essere studiata attraverso modelli ecologici. Testimonia lo sforzo
degli antropologi per strappare salute e malattia all’interiorità dell’individuo

2) Teoria culturale - Modello esplicativo che, attraverso precise interazioni culturali e sociali,
riunisce una serie di fenomeni disparati (i sintomi) e da loro un nome collettivo all’interno di un
quadro di senso (malattia). In questo modello la malattia è conoscibile solo attraverso una serie di
azioni interpretative che presuppongono modalità particolari di interazione fra biologia, pratiche
sociali e sistemi culturali di significazione.

3) Antropologia medico-critica - aka Political economy medical anthropology. L’idea secondo


cui l’ineguaglianza sociale e i meccanismi di potere e sfruttamento costituiscono fattori primari
nella determinazione della salute e dei sistemi di cura, e quindi anche delle malattie. Condizioni
ambientali, occupazionali, economiche, politiche che determinano l’insorgenza e il successivo
decorso delle patologie.

Esempio lettura dell’ “obesità” —> 1 —> disequilibrio di adattamento all’ambiente alimentare; 2
—> condizione patologica in alcuni sistemi, desiderabile in altri… ; 3 -----> si presenta in modo
maggiore nelle classi a basso reddito…

DISEASE, ILLNESS, SICKNESS - Un’utile distinzione concettuale è stata introdotta


dall’antropologia medica anglosassone:

- illness: la malattia per come si presenta a chi la patisce.

- desease: diagnosi, leggibilità della malattia in un manuale di riferimento

- sickness: dimensione sociale della malattia, il modo in cui viene recepita, gestita…

UN CASO DI STUDIO: L’ANTROPOLOGIA DEL DOLORE

CARTESIO, ANCORA - Lo sguardo antropologico (non dare per scontato il punto di vista come
se fosse assoluto) può essere applicato anche a un fenomeno in apparenza tutto naturale come il
dolore.

Un primo dato sorprendente: l’Occidente contemporaneo opera un rimozione pressoché totale


del dolore. Il dolore non si condivide, non si mostra. In occidente, il dolore è un oggetto privo di
senso.

Si capisce presto che si tratta di una ‘rimozione’ e non di un ‘superamento’, da due fattori:
diffusione della sofferenza mentale e assenza di qualsiasi riflessione sul piacere.

Il dolore per noi è una percezione non passibile di lavorazione. E’ “sempre gratuito”.

Invece di un superamento della partizione fra dolore fisico e spirituale che passasse per
l’integralità della storia soggettiva, ci troviamo oggi di fronte a una sorta di “collasso cartesiano”
che riduce tutto il dolore al polo fisico - ovvero che si presti all’interpretazione meccanicista.

STORICITA’ DEL DOLORE - Cominciamo dalla ricca serie di studi che hanno esaurientemente
mostrato la connessione fra la percezione del dolore e l’antropopoiesi: culturalità del dolore.

L’abitudine cambia la percezione del dolore. L’inevitabilità e la rassegnazione al dolore lo


farebbero sopportare meglio (studio sugli sherpa e americani in trekking in Nepal…).

L’ambiente modula il rapporto con cui il malato “assume” la sua condizione: meno analgesici e
tempo di recupero a una camera d’ospedale con vista sul parco…

L’ansietà abbassa la soglia di percezione del dolore. La personalità…

Anestesia da combattimento.

Insomma: il dolore si impara. La plasmazione culturale ne determina le modalità, sopportabilità e


soprattutto il senso (il quale a sua volta…)

RIMEDI CONTRO IL DOLORE - Il dolore ha innescato ovunque la ricerca a modi per lenirlo,
anche nelle medicine tradizionali.

ORIZZONTI DI SENSO - Si può andare ancora oltre. Abbiamo visto come diverse condizioni
“culturalmente determiante” spostino anche drasticamente la soglia del dolore, restando tuttavia
entro la soglia implicitamente negativa del dolore. Ma il senso può essere lavorato, fino ad aprirlo
a una soglia positiva.

Il dolore può essere:

1) sintomo - di malattia, trasformazione, crisi tra due momenti di normalità differenti

2) soglia - di accesso a differenti stati di coscienza… ayahuasca.

3) mezzo . agente positivo di trasformazione, assunzione di una nuova posizione con maggior
potere.

LA FOLLIA DEGLI ALTRI: INTRODUZIONE ALL’ETNOPSICHIATRIA

ALLE RADICI - Se la biomedicina nasce sul tavolo anatomico come ricerca di oggettività
organica, la disciplina che ha patito di più il raggiungimento attraverso questa prassi della soglia
di “scientificità” è la psichiatria. Per oltre un secolo, il tentativo di fondarla su base organica è
stato fatto regolarmente e fallito. Poi, i danni, le malformazioni… sono passate alla neurologia.
Questa distinzione fra scienza hard e soft ha i suoi segni evidenti: il DSM V ha rinunciato a
qualsiasi ipotesi eziologica sulle malattie psichiche, limitandosi a descrivere i sintomi.

In generale, a seconda della cultura, il senso che viene attribuito alla sofferenza mentale è
estremamente variabile. Per i Greci la follia non fu solo il baratro della ragione, ma anche l’incontro
con sfere nascoste della nostra mente.

Mentre l’età moderna è andata verso la prima interpretazione, altri gruppi umani hanno visto in
queste manifestazioni qualcosa che non rientra nel nostro concetto di malattia.

L’etnopsichiatria è disciplina non solo di psichiatri, ma psicologi, etnologi…. proprio per questo
crossing di campi.

PSICHIATRIA, CULTURE E ‘CULTURE BOUND SYNDROMES’ - La quarta edizione del DSM


introdusse le culture bound syndromes, disordini culturalmente specifici. Si tratta di sindromi che
combinano sintomi somatici e sintomi psichici all’interno di un quadro diagnostico, considerate
come malattia riconoscibili solo all’interno di una specifica cultura o società.

Amok - sud est asiatico: un giovane offeso, non riesce a metabolizzare. Si isola, prende un’arma
rituale, corre accoltellando la folla, si accascia.

Susto - america latina: uno spavento danneggia chi lo subisce, strappandogli via un pezzo di
spirito. Sintomi nervosi forti.

Malocchio - Mediterraneo: efficace maledizione lanciata da sguardo malevolo.

FRA FREUD E MALINOWSKI - Freud tenne in gran conto il suo complesso di Edipo come punto
nevralgico. In contesti matrilineari Malinowski rilevò le inadeguatezze del complesso di Edipo, che
relegò alla famiglia patriarcale monogamica.

ERNESTO DE MARTINO: ALCUNI RACCORDI DI BASE - Importanti connessioni fra


antropologia, psicanalisi, psichiatria, storia delle religioni sono presenti nell’esperienza di campo e
riflessione di Ernesto de Martino. Il mondo magico - prolegomeni a una storia del magismo
delinea una storia mitico-esistenziale del magismo, modalità di risposta degli umani alla crisi della
presenza nel mondo. Nelle realtà contadine del Mezzogiorno: intrecciato di questione di
posizionamento politico.

Come studiare questi oggetti che non ‘stanno’ nelle categorie della scienza? Quale è il problema
specifico: non si può “ridurre” il ‘magico’ ad altro, serve un rispetto epistemologico - che per De
Martino non è la parapsicologia della quale dubita. Si avvale di una raffinata ricerca di equipe
multidisciplinare, dove uno degli oggetti stessi - e preliminare - è la modalità di ricerca stessa —>
superamento delle compartimentazioni disciplinari.

Tarantismo - Lo studio della tensione fra la spiegazione biomedica-scientifica e l’ammissione di


variabili di ordine storico-culturale portano de Martino a riconoscere l’autonomia magico
simbolica del tarantismo. L’etnografo considera il fenomeno in termini di ethos. Il tarantismo viene
descritto come un dispositivo culturale di sicurezza in grado di scongiurare la possibilità di perdita
della presenza a seguito di una crisi.

Nascono questioni come: è possibile alla psicologia e psicanalisi gestire fenomeni così, nati in altri
contesti?

Potrebbero piacerti anche