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JIVA FORMAZIONE INSEGNANTI YOGA

Il dialogo interiore

La Gita contiene molti insegnamenti sullo Yoga e suggerisce una via pratica di realizzazione
dedicata alle persone che vivono nel mondo comune e che non necessariamente devono prendere i
voti della rinuncia. Arjuna, infatti, è un principe con una famiglia e dei doveri verso la sua
comunità, e il suo maestro non è un monaco o un eremita, ma un principe come lui. Krisna, pur
essendo incarnazione del dio Visnu, è egli stesso un principe, anche lui vive in una comunità sociale
e non in una grotta sull'Himalaya o in un romitaggio nella foresta. LoYoga che insegna Krisna non è
quello dei monaci, che scandiscono i momenti della giornata tra rituali, preghiere, meditazioni e che
si fonda sul ritiro dalla comunità, ma lo Yoga della gente comune. Secondo la tradizione si
distinguono tre categorie di persone: quelle che non hanno alcun controllo sulla nascita e la morte, i
saggi che hanno ottenuto il controllo sulla vita e la morte e le anime incarnate che guidano verso la
liberazione. Questi ultimi sono i soli ad essere costantemente liberi dagli effetti dei guna, queste
persone sono capaci di ispirare e insegnare con la loro sola presenza, incontrarli è già una grazia.
Ogni persona è condizionata dagli effetti dei guna, alcuni avranno tendenza ad apprezzare il mondo
materiale, altri saranno portati per l'azione, altri per gli studi. Tutte le attività ordinarie sono
influenzate da tamas e rajas, le azioni virtuose sono dovute agli effetti di sattva.
Nel sesto canto troviamo al primo verso:
B.G. Canto 6 1- Chi, senza provare attaccamento per il frutto dell'atto, esegue l'azione che gli
incombe, quegli è colui che rinunzia, l'asceta unificato; non chi trascura il fuoco sacrificale e
tralascia l'azione.
Krisna incoraggia Arjuna a raggiungere lo stato di quiete, abbandonando i frutti delle azioni. Nel
nostro mondo spesso accade che si scelga il “non fare” come opposizione al “fare”: “tanto non ne
sono capace” oppure “tanto non cambia nulla”, “meglio non fare niente, magari si aggiusta da se”. I
guna tamas e rajas controllano questo stato chiamato dagli yogi, vikarma. Rajas attiva le azioni ma
senza sattwa non vi è realizzazione ne' soddisfazione, solo delusione e sconforto. Lo yogi fa le sue
azioni senza attendersi nulla, con animo tranquillo, non commette errori, le sue azioni diventano in
questo modo una sorta di rituale, liberandolo dalla catena del karma.
3- per l'asceta che cerca di ascendere i gradi dello yoga, l'azione è, come si dice a giusto titolo, il

fattore per eccellenza, ma per colui che ha terminato l'ascesa, la qiuete, si afferma è il fattore

dominante.

4- quando non si aderisce più agli oggetti dei sensi ma agli atti, è allora che, avendo rinunziato a

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ogni progetto interessato, si è detti aver terminato l'ascesa dei gradi dello yoga.

Quando le azioni, illuminate da buddhi, sono tali da essere sempre paragonabili a un rituale

dedicato agli altri, queste non affliggono più la mente, la rendono libera, serena. Nella Gita come in

molti altri scritti dello Yoga si parla anche dell'azione come sacrificio, ma in una società moderna

quale significato può avere il sacrificio? Tradizionalmente si distinguono diverse categorie di

sacrificio: Brahma yajna, jiva atma yajna, jnana yajna, vijnana yajna, moksha jnana yajna, per

spiegare possiamo dividere il sacrificio, yajna in quattro categorie:

yajna per realizzare desideri, yajna eseguiti per aiutare altre persone, yajna per liberarsi dal karma

delle azioni commesse, lo yajna eseguito dagli yogi, il sacrificio dei samskara, le impressioni latenti

nella mente. Questo tipo di sacrificio a differenza degli altri è interiorizzato, non è compiuto

esternamente e si chiama jnana yajna, il sacrificio dei samskara produce beatitudine e pace mentale

a chi lo esegue come sadhana.

Purificare la propria mente, è sicuramente la sadhana per le persone che vivono nel mondo e che

scelgono di praticare il sentiero dell'azione. Nel sentiero della rinuncia si vive isolati nel silenzio, un

mondo in cui si è lasciato tutto, e lì la pratica è la vita; per chi vive nel mondo comune, fatto di

comunicazione, doveri, responsabilità, affetti, la pratica è necessariamente diversa, ma il risultato è

lo stesso.

7- il Se di colui che ha vinto se stesso e ha ottenuto una pacificazione rimane concentrato in

perfetto equilibrio fra i contrari: freddo e caldo, piacere e dolore, e anche onore e disonore.

8- perché il Se che trova la propria soddisfazione nel sapere dottrinale e nell'esperienza liberatrice,

che si mantiene incrollabilmente sulla cima, che ha trionfato dei propri sensi, adepto della

disciplina unitiva è detto unificato, esso per cui appaiono uguali la zolla, la pietra e l'oro.

9- colui che ha lo stesso giudizio nei confronti di esseri benevoli, amici, nemici, indifferenti, neutri,

gente odiosa, alleati, buoni e anche malvagi, quegli si distingue eminentemente.

Nel sentiero della rinuncia si ottiene la liberazione tramite pratiche intense di meditazione e

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contemplazione, l'unico desiderio è la liberazione; in quello dell'azione si hanno desideri, si ha una

famiglia, amici, lavoro, la pratica è quotidiana ed è fatta principalmente dalle azioni che vengono

eseguite e principalmente da come vengono eseguite. I due sentieri portano alla stessa meta e sono

tutte e due una scelta coraggiosa e i frutti di questa scelta valgono gli sforzi fatti.

Il messaggio profondo della Bhagavad Gita è proprio l'insegnamento della meditazione in azione, il

silenzio nell'azione, l'azione diretta verso una unica realizzazione. In questo modo si comprende che

la sessione di Yoga non finisce dopo avere arrotolato il tappetino e riposto il cuscino da

meditazione, ma che la pratica Yoga è la vita stessa. Quando gli appetiti dei sensi sono calmati,

stabilizzati, liberati dagli stimoli esterni, dimorati costantemente nella luce del sé, il sadhaka è

chiamato jivatma. In questo stato, oltre alle gioie temporanee del mondo esterno, lo yogi rimane in

uno stato di gioia perenne. Krisna avverte Arjuna di prendere coscienza della sua natura, egli è un

principe, uno kshatria, come tale si comporti, sia coraggioso e intaprenda questo sentiero.

Dovrà rispettare il suo dharma, egli non è un monaco ma un guerriero, un condottiero, è un leader.

Come i leader dovrà essere rispettoso degli altri, non giudicare, non lodare il santo e non

condannare l'empio. La purificazione dei samskara, in questo contesto diviene più che mai una

pratica necessaria, niente come le impressioni latenti della mente condizionano il vivere quotidiano.

Il risultato di una mente non purificata sarà quello delle persone comuni in cui la mente non opera

come strumento del sé profondo e come conseguenza ogni azione prodotta porterà solo la voglia di

avere di più, provocando una sensazione di perenne insoddisfazione che dovrà essere sanata con

nuove sensazioni in un circolo vizioso senza fine.

10 11 12 13 14- l'asceta deve raccogliersi incessantemente, tratto in disparte, solitario,

controllando la propria mente, non aspirando a nulla, spossessato di tutto, dopo essersi preparato

in un luogo purificato, un seggio stabile, non troppo alto né troppo basso, coperto di una stoffa, di

una pelle di antilope, o di erba sacra. Là, raccolto il pensiero in un unica punta, padronegiando le

sue operazioni mentali e sensoriali, installato nel suo seggio, si unifichi nella disciplina unitiva allo

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scopo di purificarsi; mantenendo, esso immobile, il corpo, la testa e il collo eretti a piombo e

nell'immobilità, con lo sguardo con lo sguardo concentrato sulla punta del naso, senza lasciarlo

errare in varie direzioni, con l'anima pacificata, esente dall'angoscia, fedele all'osservanza della

castità, disciplinando il pensiero col cuore e la mente colmi di me, unificato dalla disciplina

unitiva, rimanga in tale posizione, teso verso di me.

Molti pensano che per essere bravi yogi devono vivere una vita di ristrettezze e austerità, castità e

digiuni, questi yogi inesperti, che praticano con severità il loro sentiero forse non hanno compreso il

significato di “via di mezzo”. Purificarsi è necessario e mantiene il corpo sano, lo yogi esperto sa

che queste kriya si fanno in certe stagioni dell'anno e che non bisogna mai eccedere, in particolare

non si devono mai superare i propri limiti. Lo Yoga rende molto sensibili agli effetti di una

purificazione mal eseguita o a troppa severità verso se stessi, si ricerca invece il bilanciamento in

ogni parte dell'essere a ogni livello, fisico, mentale e spirituale.

20, 21- là dove il pensiero, sospeso mediante la pratica dello Yoga, cessa di funzionare, e là dove,

percependo il Sé nel Sé e mediante il Sé si trova la propria soddisfazione, là dove si prova quella

beatitudine infinita che percepisce l'intelletto, ma non i sensi, se lì ci si stabilisce fermamente, non

ci si discosta dal reale.

Krisna conduce Arjuna nella pratica meditativaò i requisiti essenziali, oltre allo stato d'animo che

abbiamo descritto, necessitano di auto disciplina. Ogni persona ha una mente diversa, per alcuni

costanza nella pratica non sarà una difficoltà, per altri sarà uno sforzo tremendo dedicare il proprio

tempo alla meditazione. Ma quale sarà l'oggetto della meditazione? Krisna suggerisce il Sé nel Sé e

mediante il Sé, ogni oggetto della mente è illusione, solo nel Sé profondo si percepisce la realtà,

questo puro Sé è atman. Ma sorge una domanda: come posso stabilire una tale connessione

profonda con qualcosa che in effetti non si può comprendere essendo immateriale, eterno, etereo?

Per concentrarsi abbiamo bisogno di un oggetto, un pensiero astratto può portare alla

contemplazione, ma per meditare abbiamo bisogno di un oggetto di meditazione, per cui

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abbandoniamo l'idea del fai da te. Solo un insegnante può guidarci in questo sentiero, anche il fiero

Arjuna ha bisogno di Krisna.

33- questo Yoga dell'equanimità che tu proclami, o distruttore di Madhu, considerando l'instabilità

della facoltà mentale, non vedo che possa instaurarsi in modo durevole.

Arjuna comprende il valore degli argomenti portati dal suo insegnante e, come tutti gli allievi, ha

dei dubbi; nei versi che seguono Krisna spiegherà nel dettaglio come ottenere effetti duraturi

tramite la progressione e la crescita nella pratica dello Yoga. Quando gli yogi parlano del controllo

mentale intendono non soltanto la mente razionale, ma anche l'inconscio, Arjuna infatti è convinto

che controllare la mente sia come tentare di controllare il vento. Lo scopo delle sadhana yoga è

comprendere le modificazioni mentali che condizionano la nostra vita. Krisna dirà ad Arjuna che

solo tramite lo sforzo sincero e la pratica costante lo yogi ottiene il samadhi, e che solo tramite il

vairagya, il distacco, può mantenere questo stato.

La comprensione di vairagya arriva quando comprendiamo quanta sofferenza porta il distacco da

un oggetto o una persona cara. Vairagya nel quotidiano diventa il modello per osservare la

progressione nella pratica, il dialogo interiore diventa oggettivo, aiuta a comprendere quanto il

mondo esterno pesa nei pensieri e nelle azioni. In questo modo possiamo iniziare a crescere

veramente, solo pochi riescono a diventare pienamente realizzati nel sentiero spirituale dello Yoga,

molti continueranno a rinascere e a sperimentare di nuovo, ma sappiamo che tutto questo lavoro

non andrà perduto. Le impressioni positive della mente saranno la base della sadhana nella

prossima reincarnazione e, in un altro tempo, in un altro corpo arriverà la liberazione. Il sentiero

spirituale è come un pellegrinaggio, si deve imparare a viaggiare leggeri, portare con se solo quello

che è veramente utile al viaggio, stabilire una meta.

45- Ora, lo yogi che compie lo sforzo tutta la sua energia, purificato da ogni macchia, giunto alla

perfezione, al termine di una pluralità di nascite, accede finalmente al destino supremo.

46-Lo yogi prevale su coloro che si dedicano alle austerità; è considerato superiore anche a coloro

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si attengono alla saggezza speculativa; supera gli eroi dell'azione. Dunque, o Arjuna, diveta yogi!

47- Meglio ancora, colui che, fra tutti gli yogi, risiede in me e, dal profndo dell'anima. Mi adora

pieno di fede, quegli lo considero come avente raggiunto la sommità dell'unione yogica.

Nell'ultimo verso Krisna parla dello Yoga della devozione. Non si tratta solo di cantare e ballare, ma di

svuotarsi per essere riempiti. Pieni dell'amore di Krisna e per Krisna, l'amore incondizionato che un

genitore dà ai figli. Dare senza chiedere nulla riempie completamente lo yogi devoto, questo sentiero è

considerato ancora superiore a quello delle austerità. È anche considerato il più difficile, dare amore

senza chiedere niente in cambio finché non si ha più niente da dare, annullarsi nel servizio agli altri,

lasciare ogni cosa solo per servire, riempiti solo dalla fede nella forza dell'amore. Chi segue questo

sentiero non deve temere niente, Krisna risiede certamente in lui.

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