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Tutto è nell’insegnamento del Cristo.
Se noi sappiamo leggere i Vangeli con uno spirito aperto e comprensivo,
saremo meravigliati da ciò che vi scopriremo.
Romolo Mantovani
Il Mistero del Golgota
di Antonio Bigliardi
Ottava edizione

2012
© Natura, Amore e Vita
La Croce,
che sembra innalzarsi da terra,
in realtà pende dal cielo,
come abbraccio divino che stringe l' universo.
La Croce si rivela come il centro,
il senso e il fine di tutta la storia e di ogni vita umana.
Giovanni Paolo II
Ecco, il mio servo avrà successo,
sarà onorato, esaltato e molto innalzato.
Come molti si stupirono di lui
- tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto
e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo -
così si meraviglieranno di lui molte genti;
i re davanti a lui si chiuderanno la bocca,
poiché vedranno un fatto mai ad essi raccontato
e comprenderanno ciò che mai avevano udito.
Presentazione
Alleluia.
Celebrate il Signore, perché è buono;
perché eterna è la sua misericordia.
Salmo 118
Nel cuore dell’uomo è custodita una Stella, piena di Vita, colma di Gioia. Quella Stella che
ha preceduto e ha indicato ai Magi la Via per trovare la Verità: il Cristo liberatore, la
sorgente della salvezza e della felicità.
Per raggiungere lo splendore che ogni nostra azione dovrebbe avere, dobbiamo sempre
interrogarci riguardo al nostro cammino, dobbiamo sempre chiederci se stiamo percorrendo
il sentiero della Verità e della Vita, il percorso della Bontà e dell’Amore.
Quando si accende la Stella, tutta l’Anima viene irradiata di lucente forza e di Gioia
incontenibile, nasce un nuovo Cuore, abitato e visitato dallo Spirito Santo.
Dopo aver incontrato la Luce del Mondo non si è più soli, e questo ci permette di rivolgere
lo sguardo e attingere a nuove forze, forze di Comunione con Lui, forze che ci danno il
Coraggio di vedere la Vita in modo nuovo, il Coraggio di cambiare strada, proprio come
fecero i Magi al ritorno da Betlemme: presero un'altra Via.
Anche Tu, se vuoi entrare nella Vita, devi seguire la strada che ti porta ad essa; attraverso
quella fiamma verde che è un filo d’erba calpestata da tutti, puoi apprendere il miracolo
della vita nascente. Vieni e seguimi, dice Gesù anche ora, a Te. Ma Tu sei libero, proprio
come era libero il primo uomo, puoi decidere. Devi chiedere alla Tua coscienza, alla
Coscienza di Vita, se le Tue azioni sono veramente libere e per chi lo sono.
Siamo veramente liberi quando seguiamo l’esempio del Cristo che è vero Amore, poiché la
Libertà è la massima espressione dell’Amore Universale che vive per sempre di Luce nella
Verità.
In questo cammino verso la Libertà, possiamo scorgere la presenza operante, il disegno e la
mediazione, l’aiuto e la disposizione, il favore e il soccorso gratuito, l’amorevole Bontà
infinita della Provvidenza Divina, in un dipinto ad opera d’arte, che illustra un Dono
d’Amore e che è intessuto di Sapienza e di Grazia, identificate attraverso la Fede cosciente.
La Provvidenza Divina è il divenire che conduce alla Perfezione: esige da noi con insistenza
che liberiamo noi stessi dall'antica schiavitù, per rinascere in Cristo.
Anche il dolore può essere una grazia. L’uomo non è nato per vivere nella sofferenza,
tuttavia può scoprirne il senso salvifico. La sofferenza non è un male che distrugge ma è un
bene creativo che eleva, corregge e converte, è una prova, un’educazione redentiva poiché,
legata all’amore, crea il bene ricavandolo dal male, conducendo una forza che avvicina alla
Gloria eterna in unione con Cristo.
Il male entra nell’uomo attraverso la seduzione e la menzogna, rendendo l’essere umano uno
schiavo incosciente. Tuttavia, secondo le parole che Giovanni Paolo II scrive nella sua
bellissima Enciclica “VERITATIS SPLENDOR”: «nessuna tenebra di errore e di peccato
può eliminare totalmente nell’uomo la luce di Dio Creatore» e ancora: «tutti i
condizionamenti e gli sforzi per imporre il silenzio non riescono a soffocare la voce del
Signore che risuona nella coscienza di ogni uomo: è sempre da questo intimo sacrario della
coscienza che può ripartire un nuovo cammino di amore, di accoglienza e di servizio alla
vita umana».
Il Figlio di Dio è apparso per mostrare all’uomo come trarre dal male un bene più grande.
Egli è questa Luce che illumina, trasforma e redime il male con il bene, con quella virtù più
forte della morte che è l’Amore, seguendo la Vita. È questa, ci ha detto Benedetto XVI a
Colonia, durante la XX Giornata Mondiale della Gioventù: «la fissione nucleare portata nel
più intimo dell’essere – la vittoria dell’amore sull’odio, la vittoria dell’amore sulla morte.
Soltanto questa intima esplosione del bene che vince il male può suscitare poi la catena di
trasformazioni che poco a poco cambieranno il mondo».
Quindi, in tutti i campi, il male va vinto rinforzando e sviluppando quel bene, quel terreno
fertile che ancora è presente in chi sembra guidato dal male. Abbiate fede nella Grazia e
Provvidenza Divina poiché proprio attraverso la Fede, Voi aprite quella porta che permette
ai raggi di entrare nella vostra casa, nel vostro corpo, nella vostra anima. Aprite le finestre
della vostra casa al Sole, del vostro corpo alla Vita, della vostra anima all’Amore.
Ecco allora che Voi iniziate ad agire, non più burattini mossi da altri con le loro formule e
ricette, ora siete Voi che agite, seguendo l’esempio di chi ci ha liberato per sempre. Proprio
questo agire è già Grazia operante, è il primo passo della vostra trasformazione nella Luce
della Verità «Confidate e sperate nei meriti di Gesù e così anche l'umile argilla diverrà oro
finissimo da risplendere nella reggia del re dei cieli. San Pio da Pietrelcina».
La vera comunione: l’unione dell’uomo con il Cristo, è ciò che si chiama “Grazia Divina”;
ogni anima è chiamata a diventare la sposa del Verbo.
Leggiamo qualche parola dal Diario di Santa Faustina Kowalska: «La mia anima è simile
all’acqua limpida, in cui vedo tutto, sia la mia miseria, sia la grandezza delle grazie di Dio e
da questa conoscenza veritiera il mio spirito si rafforza in una profonda umiltà. Espongo il
mio cuore all’azione della Tua grazia, come un cristallo ai raggi del sole, come una goccia di
rugiada nel calice di un fiore. S’imprima nel mio cuore la Tua immagine divina, e Tu che
abiti nella mia anima fa che attraverso me s’irradii la Tua divinità».
Il vero centro della vita è davanti a noi, il Cristo è il suo centro in tutte le anime umane, così
il centro cristico è ovunque. Ciascun Figlio dell’Uomo è chiamato a divenire Figlio di Dio,
poiché ciascun uomo è un Cristo in potenza.
Pensa a quali e quante azioni Tu sei in grado di compiere per il Bene universale, per aiutare
Te stesso, l’Uomo e tutto il Creato.
Circonda la Terra con tutto l’Amore che hai e che aspetta di crescere e di moltiplicarsi, porgi
il Tuo capo, dai spazio all’Incontenibile; ho visto lo Spirito scendere dal Cielo come una
colomba bianca, posarsi su di Lui. Sì, quella colomba bianca che Tu hai liberato dalla
finestra, voleva liberamente posarsi sul Tuo capo, voleva e vuole tornare a volare con Te.
Uomo, accendi la Stella che è in Te, fai risplendere la Tua Luce interiore, alimentala con
l’Amore.
Prefazione alla ottava edizione
Ecco, concepirai un figlio,
lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.
Luca 1, 31
La strada che porta alla contemplazione, la Gerusalemme celeste, è lunga e irta di difficoltà
e pericoli. Solo chi ha una grande fede ed è costante la può percorrere.
Walter Hilton
…dalla Terra una Stella cominciò a brillare nel regno spirituale…
Rudolf Steiner
Questo è uno degli studi più importanti che ho intrapreso riguardo la figura di Gesù Cristo;
una ricerca continua e interminabile, frutto di collaborazione tra gli uomini ed ispirata dallo
Spirito Santo.
Ho inserito i frutti in un primo momento nel libro: Concerto per la Salute. Il tema è stato
quindi oggetto di una mia conferenza intitolata: La Luce del Golgota. Ho pubblicato poi la
prima edizione in internet come: Il Mistero del Golgota.
I calcoli matematici e astronomici sono stati eseguiti con il programma planetario Starry
Night, fissando le date e le coordinate di locazione terrestre come indicato di seguito.
La situazione astronomica e planetaria della Settimana Santa, interamente vagliata,
evidenzia la particolare eclissi parziale di luna, adombrata dalla terra, tra le stelle della
Vergine: Alfa Virginis, ovvero Spica, la spiga di grano recisa, ed Epsilon Virginis, ovvero la
vendemmiatrice. Nei Cieli di quei giorni vi è l’esatta ripetizione di ciò che è avvenuto sulla
Terra in tutta la Settimana Santa. Il frutto del frumento viene spezzato, il frutto della vite
viene versato e distribuito a tutti, ogni uomo riceve questo Sole che feconda l’anima,
parzialmente oscurata, ma piena di Vita. Da questa creazione spirituale ne esce un corpo
rigenerato la cui mediatrice e corredentrice è la Vergine Madre sul cui capo ruotano le Stelle
del Cielo.
Questa ottava edizione è stata ulteriormente ampliata e rivista, alla luce del mio cammino
personale e comunitario, con nuove ed interessanti rivelazioni riguardanti l'Eucaristia che si
aggiungono alle altre contenute nelle edizioni precedenti, senza stravolgere il lavoro, ma
sempre integrandolo, come fosse una Scala che si erge verso il Cielo.
La lettura del lunghissimo e bellissimo testo in 10 volumi di Maria Valtorta: “L’Evangelo
come mi è stato rivelato”, ha contribuito ulteriormente alla stesura di questa VIII edizione e
osserva attentamente il clima e l'atmosfera di quei giorni, specialmente tutte le stazioni della
Via Crucis e anche il telo di lino che ha avvolto il corpo di Gesù: La Sindone.
Tutti i punti salienti del Mistero vengono resi ancora più vivi dalle descrizioni
particolareggiate di Maria Valtorta, nominata la penna di Dio, dalle cui parole escono
illuminati questi Misteri, fin nei colori e nei profumi che aprono il cuore e la mente alla
Parola creatrice. In particolare questa ottava edizione, descrive nei minimi particolari
l'Eucaristia, il cielo, il momento della Crocifissione, i seguenti tuoni e fulmini, la
deposizione dalla Croce, l’unzione di Gesù e la Sacra Sindone, la Risurrezione.
Ho reso particolarmente chiaro il cammino al Calvario, integrandovi anche le bellissime
meditazioni, orazioni e preghiere di Giovanni Paolo II riguardanti le XIV stazioni della Via
Crucis del 1993; 2000 e 2003.
Proprio in questo senso, ecco come si è espresso il Santo Padre: « Il commento alle stazioni
lascia trasparire sullo sfondo della Passione di Gesù il dramma del "mistero di iniquità"
sempre subdolamente in atto nel mondo e, insieme, il grande "mistero della pietà" non meno
presente e silenziosamente operante.
Dolore e angoscia investono milioni di uomini e interi popoli in modo tale da far recepire
quest'ora della storia proprio come l'"ultima ora".
L'uomo, lasciandosi accecare e dominare dal male, calpesta la propria dignità, si fa nemico
della vita e, in ogni scelta di violenza e di corruzione, condanna a morte se stesso. Proprio in
questo rivela la sua estrema miseria e il suo bisogno di incontrarsi con la divina
Misericordia.
Quasi a rendere visibile e tangibile il volto della divina compassione, si trova sui sentieri del
nostro tempo, come lungo la via del Calvario, la donna. Allora: Maria, Veronica, le donne di
Gerusalemme, le altre Marie ... Oggi: ogni donna che, abitata dallo Spirito, ancora sa
accogliere e custodire nel cuore la Parola di vita e donarsi come supplemento di grazia e di
amore, di pietà e di consolazione.
Percorrendo con umiltà e con fede le stazioni della Via Crucis, potremo forse sentirci in
qualche misura coinvolti nel devastante "mistero di iniquità", ma ancor più scoprirci
teneramente avvolti nel grande mantello della Pietà. Potremo riconoscerci responsabili della
crocifissione di Cristo, ma anche scorgere nel volto dell'Uomo dei dolori le profonde e
segrete ferite del nostro cuore e sperimentare l'infinita bontà del Signore nell'incontro con il
mistero della Chiesa vergine e madre. Mistero che si disvela particolarmente nelle donne
sante che appartengono alla nobile stirpe di Maria e che anche in quest'ora buia della storia
stanno sotto la croce di ogni uomo con una illimitata capacità di compatire e di perseverare
in quella speranza che le spinge a portare al sepolcro fragranza di aromi - olio di
consolazione - per fare di ogni mattino il giorno radioso di Pasqua, il canto della vita risorta
».
Di Giovanni Paolo II sono pure le allocuzioni finali alle Via Crucis citate in bibliografia.
Devo poi ringraziare profondamente anche Romolo Mantovani che mi è stato
particolarmente utile con i suoi studi sul Cristo: La Lumière du Golgotha e La Résurrection
de Jésus, ed anche le meditazioni scritte assieme a Lucie Piazzo. Ecco come si è espresso
Romolo Mantovani nei riguardi di Giovanni Paolo II: « Il Papa attuale è il solo uomo capace
di riunire tutte le religioni del mondo, di farne un solo blocco di potenza spirituale che si
opponga alla forza ignorante e criminale del materialismo per realizzare il grande ideale
Umano: la Fraternità. È tutto pronto, la salvezza viene. Perché Gesù Cristo ha vissuto nel
mondo e pronunziato la sua Parola. Questo, il mondo non può dimenticarlo. Ma sappiamo
anche che è molto dissimulata, nascosta, questa Parola, che bisogna estrarla come un tesoro
dal fondo di una miniera. Occorrono degli operai, degli uomini che vogliano cercarla,
scavare per trovarla, e che si lascino mettere sulla traccia del Cristo senza più scostarsene.
Tali sono gli uomini che preparano la strada del Signore ».
Affinchè il Mistero si sveli nei cuori e ci porti alla Sua costante Presenza nella vita è
indispensabile seguire la via della purificazione e della fede. La purificazione del cuore e
della coscienza è la condizione necessaria per la comunione con il Signore, come Egli stesso
ha mostrato attraverso la lavanda dei piedi. I Misteri diventano luminosi agli occhi della
fede. La fede è l’esempio e la base della scuola di Maria; Maria è la fede in persona, è un
vero modello, è la Madre della Chiesa universale, questo corpo mistico che, dolcemente
unito a noi, ce ne rende parte, ci unisce e continuerà a risplendere per sempre.
Antonio Bigliardi
L’impulso del Cristo
Il Cristo, o figlio umano, è in Te!
E ovunque tu sia, ovunque tu vada:
Io Sono in Te la forza della redenzione,
che apporta anche la guarigione del tuo corpo.
Il Vangelo di Gesù

Dove vi è il Cristo, i beni della vita non appartengono al singolo, ma pur restando fecondi
per il singolo individuo, assumono nello stesso tempo il carattere di un bene comune a tutta
l’umanità.
Rudolf Steiner

…è stato deposto nella Terra e nel cuore degli uomini un seme che soltanto nel corso
dell’evoluzione potrà dare frutti sempre più importanti.
Mario Viezzoli
Nei momenti di sconforto, di tenebra, bisogna ricercare con il ricordo quella luce che vive
in ognuno di noi e dice: “ non sei solo, Io sono con te e tu in noi ”, allora la tua vita
risplenderà di Spirito nella Luce del Cristo.
Antonio Bigliardi
Il Cristo è l’intermediario armonizzante, l’Essere centrale d’Amore riequilibratore «l’Essere
che porta con sé la forza del superamento e della guarigione. Walter Holtzapfel».
Attraverso l’evento del Golgota, l’impulso del Cristo è penetrato e si è unito alla Terra
fluendo nell’evoluzione dell’umanità.
L’ideale di ogni cristiano è di raggiungere la perfezione e la fraternità, questa trasformazione
coinvolge l’intero essere le cui cellule si rinnovano costantemente, in continuazione,
trasmettendosi impronte di memoria che per essere luminose devono venire vivificate dalla
luce della coscienza spirituale «possiamo farci da parte e diventare il Sacro Calice, che si
abbandona e abbraccia il Cuore di Cristo. Qui gli impegni personali non esistono più, e il
nostro spirito fiorisce e viene baciato dalla beatitudine che lo circonda. In qualche modo,
come per magia, ci risvegliamo per scoprirci di nuovo in Paradiso. In questo luogo non
esistono desideri, ma solo il riconoscimento che tutto esiste. Qui la Grazia diviene la forza
propulsiva e riceviamo la conferma che tutto ciò che viene compiuto nel nome dell’amore ha
sempre buon esito. Qui la paura scompare e, vinti dall’amore, ci sentiamo finalmente
realizzati, completi e perfetti, in sincronia con il respiro oltre la vita. Questa è l’iniziazione
del Cuore di Cristo, nella quale offriamo il nostro cuore al Divino affinché possa servirsene
per irradiare il suo splendore. In questo spazio non esistono più domande, ma solo flussi e
riflussi della sorgente di energia che è così amorevole, così sapiente e reale, che ci
sciogliamo nella sua sfera come gocce nell’oceano. Jasmuheen».
L’impulso del Cristo è portatore di equilibrio, d’amore e centralità con cui rinnoviamo ed
eleviamo i nostri corpi «l’impulso del Cristo può agire soltanto attraverso la libertà umana,
che non impone violentemente agli uomini di riconoscerlo, ma aspetta che gli uomini stessi
liberamente lo riconoscano per porlo al centro della coscienza come specchio e come
supremo modello; aspetta che essi divengano gradatamente sempre più capaci di
armonizzare le loro azioni con il carattere della grandiosa azione cosmico-terrestre da Lui
compiuta. Mario Viezzoli». Il seme divino, quello che rende uguali, liberi e fratelli
nell’anima, esiste in ognuno e lo si può far germogliare con la coscienza.
Allora l’impulso del Cristo sarà libero e irradierà totalmente la Vita nella Luce della
Fratellanza Universale.
Il Mistero del Golgota
Ora lo vedo amor mio
è nei tuoi occhi
quel raggio di sole.
Dal film: “Il primo cavaliere”
di Jerry Zucker
I Misteri si rinnovano continuamente.
Il Sole è una croce in movimento che ruota mossa dalla forza dello Spirito. La croce forma
una porta che si collega al cuore, pulsante per forza d’Amore…
Risulta importante ora, portare a conoscenza e far luce su alcuni aspetti fondamentali della
vita di Gesù, da cui possiamo trarre grandi insegnamenti.
Rivolgiamo le nostre ricerche sul 3° anno del ministero cristiano di Gesù e precisamente le
concentriamo in quei giorni che vanno dalla Domenica delle Palme alla crocifissione del
Venerdì.
Betania che significa “casa della nave” è il villaggio scelto come dimora da Gesù in questi
giorni.
È un luogo protetto, come ad esempio l’attuale Parigi (città delle luci), il cui nome deriva da
Bar-Isis , “vascello di Iside”, luogo protetto dalle acque, nave che galleggia sul mare,
coscienza che cammina sulle acque astrali «all’umanità si impone una scelta: o dormire con
Selene, o svegliarsi con Iside. Mark Hedsel».
L'atmosfera è quella di primavera dove la vita appare rinascere e la terra si apre ai raggi
dell'amore «l'uomo ha trovato la vita, quando si attacca a Colui che è Egli stesso la vita.
Allora molte cose in lui possono essere distrutte. La morte può toglierlo dalla biosfera, ma la
vita che la trascende, la vita vera, quella rimane. In questa vita che, distinguendola dal bios,
Giovanni chiama zoe, l'uomo deve inserirsi. È la relazione con Dio in Gesù Cristo che dona
quella vita che nessuna morte è in grado di togliere. Benedetto XVI».
DOMENICA 10° giorno del mese Nisan 29 Marzo 33
Betania ( Casa della Nave ) ; Luna 78% (Leone)
Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
La mattina del primo giorno della settimana, la Domenica, giorno del Sole e del Signore,
Gesù comunica ai suoi compagni l’intenzione di andare a Gerusalemme. Ormai è quasi
Aprile e questo ci viene confermato da Maria Valtorta che così descrive il contesto della
natura in questo giorno: «Gesù cammina fra i frutteti in fiore e gli uliveti tutti in fiore.
Paiono fiori persino le argentee foglie degli ulivi così imperlate di rugiada, che scintilla
percossa dal primo raggio dell’aurora e mossa da un lieve vento profumato. Ogni fronda è
un lavoro d’orafo, e l’occhio ne guarda ammirato la bellezza. I mandorli, già tutti coperti del
loro verde, emergono dalle masse biancorosate delle altre piante da frutto e sotto le viti
mostrano i frastagli delle prime foglie tenerelle, così lucide e setose che sembra siano una
scaglia di smeraldo sottilissimo o un brandello di seta preziosa. In alto, un cielo di un
turchese scuro, unito, placido, solenne. Ovunque canti di uccelli e profumi di fiori. Un’aria
fresca ristora e allieta. È veramente la letizia d’aprile che ride per ogni dove».
Il Messia (dal libro del Profeta Zaccaria)
giubila, figlia di Gerusalemme!
Ecco, a te viene il tuo Re.
Egli è giusto e vittorioso,
umile, cavalca un asino,
un puledro figlio d’asina.
e i cavalli da Gerusalemme,
l’arco di guerra sarà spezzato,
annunzierà la pace alle genti,
il suo dominio sarà da mare a mare
e dal fiume ai confini della terra.
Al vicino villaggio di Betfage (casa dei fichi) distante 800 metri, troveranno un’asina legata
ad un albero con accanto il suo piccolo puledro, il proprietario conosceva Gesù. L’asino
rappresenta il corpo fisico ed era una cavalcatura autorevole. L’asino liberato può
rappresentare anche la nostra persona che viene cavalcata da Gesù stesso, il quale ci guida
verso la gloria.
Il simbolo dell’asina con accanto il suo puledro è un’antica forma di definire il segno
zodiacale del cancro, raffigurato ora con una doppia spirale che si avvolge e si svolge o con
un granchio, è un simbolo di cambiamento ed identificava anche il sole nella sua massima
altezza, dalla quale ridiscendeva, come l’iniziato che dopo aver raggiunto una vetta, inizia a
scendere per distribuire le proprie conoscenze al prossimo. La costellazione del cancro ha
due stelle chiamate asino boreale e asino australe con al centro un ammasso stellare aperto
(M44) chiamato presepe o alveare, ma anche mangiatoia, quel luogo (situato nel ventre di
ognuno) dove in una notte fredda è avvenuta la nascita di Gesù, al centro tra il bue e l’asino,
che rappresentano il fegato e la milza, il coraggio e l’entusiasmo.
L’iniziazione del Cancro rappresenta il punto di svolta del cambiamento.
Così slegano l’asina e la portano a Betania dove dimorava anche Lazzaro e insieme si
dirigono verso Gerusalemme.
Domenica delle Palme
Ecco i Misteri pulsano,
si apre la Settimana Santa,
il Principe della Pace
entra in Gerusalemme,
annuncia il giorno del Signore,
nel cuore del mondo,
avvolto dalle verdi palme,
tra i rami di olivo,
segno della Vita che rinasce,
nel sole gioioso della primavera.
Ci troviamo in un clima di grande clamore poiché il risveglio di Lazzaro, avvenuto pochi
giorni prima, aveva destato molta curiosità tra la gente.
Lungo la strada vi erano radunate molte persone che gettavano mantelli a terra, altri
tagliavano dei rami di palma e li adagiavano sul cammino, proprio come un’entrata
trionfale, i bambini avevano in mano ghirlande di fiori e rami di ulivo, molti gridavano dalla
gioia.
Il suo spirito è refrattario a tutte le cerimonie e segni esteriori, ma eccezionalmente
quell’anno, il giorno delle Palme, Gesù fa a Gerusalemme un’entrata trionfale, che suscita
maggiormente la gelosia dei sacerdoti e li incita a prendere provvedimenti.
Gesù continuamente ci insegna attraverso l’esempio, ci mostra in precedenza ciò che dovrà
accadere in futuro.
Il giorno delle Palme è la Domenica, Gesù stesso ha indicato e voluto che quel giorno fosse
festeggiato come il giorno del Signore, anche per questo motivo, la Domenica prima della
Risurrezione, egli compie l’entrata trionfale in Gerusalemme. Fatevi un quadro
immaginativo di questo avvenimento ed ecco, davanti a voi, il quadro solare, gioioso e
festivo della Domenica, che sarà poi illuminato dalla Luce della Risurrezione. In
Gerusalemme vi è il caos, ma anche la gioia per questo ingresso nel grande giorno della
settimana, il giorno della gioia, la Domenica, segno di trionfo, di rinascita e di Risurrezione.
Questa entrata trionfale sull’asina, segna l’inizio del processo legato allo Spirito,
simbolicamente significa l’abbandono dal mondo materiale per entrare definitivamente nella
gloria del regno di Dio, attraverso l’anima umana che diviene il tempio del divino
«riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella
medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore. Corinti 2
- 3,18». È il risveglio, in cui l’anima prende coscienza della sua spiritualità, della sua
divinità, che spinge il Figlio dell’Uomo come persona umana, verso una nuova nascita,
come Figlio di Dio: Spirito Divino. In questo momento, tutte le forze del male si voltano
contro le forze del bene, per deviarlo dalla loro via.
Prima di entrare in Gerusalemme, Gesù ebbe la visione della sua distruzione, operata poi
realmente nel 70 d.C. dall’imperatore Flavio Vespasiano, il quale fece circondare la città con
un muro lungo oltre 7 Km, costruito dai suoi legionari in soli tre giorni per poi, dopo averla
isolata e portata alla fame, distruggerla provocando migliaia di morti. A questa immagine
Gesù pianse.
Giunti al tempio di Gerusalemme, questo era pieno di gente, vi erano anche ammalati che
Gesù guarì per mezzo del Verbo, imponendo le mani. Vi erano anche tanti bambini che
cantavano, mentre l’ira dei sacerdoti cresceva, il mondo lo stava seguendo. Poi, quando
giunse la sera, tornarono a Betania.
LUNEDI’ 11° giorno del mese Nisan 30 Marzo 33
Betania ( Casa della Nave ) ; Luna 86% (Leone)
Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo.
Al mattino del Lunedì, giorno della Luna, si incamminano per Gerusalemme, lungo la
strada, a Betfage, vedono un albero di fichi colmo di foglie ma senza frutti. Il fico, che
compie un ciclo di fioritura occulto, rappresenta il vecchio insegnamento.
Gesù parla all’albero: “torna alla terra e sii tu stesso cibo per gli altri”, poi proseguono il
cammino.
Nel tempio vi erano venditori e mercanti, sembrava un mercato, così Gesù indignato, inizia
a cacciare i mercanti e disperdere la folla, apre le gabbie degli animali e getta tutto a terra
provocando l’ira dei sacerdoti.
Tutto il giorno predicò e guarì gli ammalati, al commercio e agli affari Gesù contrappone la
sua bontà risanatrice, la sua scuola dell'amore. Poi la sera tornarono a Betania.
MARTEDI’ 12° giorno del mese Nisan 31 Marzo 33
Betania ( Casa della Nave ) ; Luna 92% (Vergine)
Mentre avete la luce credete nella luce, per diventare figli della luce.
Nelle prime ore del Martedì, giorno di Marte, Gesù e i dodici iniziano il cammino per
Gerusalemme, arrivati a Betfage vedono l’albero di fichi che è seccato, inaridito, quasi come
bruciato dal fuoco. Gli apostoli si stupiscono ma egli insegna che anche la natura ascolta ed
è in contatto vivo con la parola. Gesù parla della fede che sposta le montagne la quale può
venire solo da uomini di cuore.
Ma la vicenda del fico è anche un insegnamento di ciò che spetterà a chi rifiuterà il Cristo,
ora il nuovo insegnamento dell’amore è rappresentato dalla vite.
La via del Cristo è la via dell’amore che deve necessariamente dare i suoi frutti e questi non
sono mai per se stessi. Nella parabola dei vignaioli perfidi abbiamo lo stesso messaggio: i
frutti dell’amore vanno donati, mentre i vignaioli che hanno tenuto tutto per sé finiscono nel
fuoco purificatore.
Giunti al tempio i sacerdoti si fanno avanti chiedendo il perché e con quale permesso ieri
scacciò i mercanti dalla piazza.
Inizia così il primo vero diverbio, ma Gesù risponde ponendo un’altra domanda
imbarazzante sulla provenienza di Giovanni il precursore alla quale non ottiene risposta.
Inizia così a raccontare una serie di parabole e discorsi che fanno incollerire anche i farisei.
La lotta è ingaggiata e il calvario comincia per Gesù, egli sente approssimarsi la sua fine
terrestre e decide di donare ai suoi discepoli, gli ultimi e i più importanti suoi insegnamenti.
Verso sera si dirigono al monte degli ulivi dove Gesù inizia la sua rivelazione; eccone alcuni
passi:
“La Luce splende, camminate nella Luce mentre avete ancora la Luce, affinché gli uomini
possano sapere che siete Figli della Luce. Io vengo come una Luce sul mondo, chi crede in
me cammina nella Luce, la Luce della Vita. Chi mi conosce farà ciò che io ho fatto e cose
ancora più grandi e allora io verrò. Non vi lascio soli, ma nel Cristo, che è l’Amore di Dio
reso manifesto agli uomini. Se dimorate nel Cristo e Cristo dimora in voi e se tenete le mie
parole entro il vostro cuore, voi siete la Via, siete discepoli sulla Via e conoscerete la Verità
e la Verità vi renderà Liberi. Rimanete uniti, nel mio amore. Attraverso il Cristo voi stessi
diventerete Vita, Luce, Amore e Verità. Padre Nostro, che sei nei Cieli, sopra di noi ed in
noi, in Te tutto è nell'Unità. Sia sempre santificato il Tuo Nome. Venga il Tuo Regno in
Sapienza, Amore e Giustizia. Si compia la tua Volontà, come in Cielo così in Terra. Rendici
quotidianamente partecipi del Tuo Pane e del frutto della Tua Vite vivente. Come Tu
perdoni, anche noi perdoniamo, grazie alla Tua Bontà, e nell'ora della tentazione Tu ci
guidi e ci liberi dal male, perché sei Amore immortale. Poiché Tuo è il Regno, la Forza e la
Gloria: in principio, ora e sempre, d'eternità in eternità. Amen”.
Poi ritornano a Betania.
MERCOLEDI’ 13° giorno del mese Nisan 1 Aprile 33
Betania ( Casa della Nave ) ; Luna 96% (Vergine)
Chi crede in me, crede in colui che mi ha mandato, chi vede me, vede colui che mi ha
mandato.
Al mattino del mercoledì, giorno di Mercurio, Gesù e i dodici partono per il monte degli
ulivi dove passano sette ore in preghiera e rivelazioni, poi ritornano a Betania, in casa di
Simone, un lebbroso purificato da Gesù. Qui è stata preparata la cena in una sala tutta
bianca, decorata da rami di melo e pero in bocciolo e fiore, candidi come la neve, ma con un
lieve ricordo di rosa che fa pensare a neve sfiorata da un bacio d’aurora. Il giorno volge al
crepuscolo e questa cena sembra un pranzo di nozze, la tavola è coperta di frutti, verdura;
nell’aria vi è il profumo dei fiori di primavera, dalle finestre della sala si possono ammirare
le palme stormenti nel vento della sera che cala…
Vi era anche Maria Maddalena che prese un’ampolla di prezioso alabastro giallo rosato,
ripiena di profumatissimo olio di nardo (una pianta della famiglia delle valerianacee) e,
ponendosi alle spalle di Gesù, inizia a versarne alcune gocce di liquido filante sul suo capo,
cospargendone tutte le ciocche, le stende e poi le riavvia col pettine che si leva dai capelli.
La testa di Gesù splende come un oro cupo, lucidissimo dopo quest’unzione, la luce si
riflette sul capo come su un casco di bronzo ramato bellissimo, il profumo inebriante e acuto
penetra nelle narici, sale e si sparge intenso e buonissimo in tutta la stanza. Maria ripete il
gesto d’amore di una sera lontana. Si inginocchia a terra, scioglie le fibbie dei sandali di
Gesù e scalza i piedi di Lui e, tuffando le lunghe dita della bellissima mano nel vaso, ne trae
quanto più unguento può, e lo stende, lo sparge sui piedi nudi, dito per dito, poi la pianta e il
calcagno e su, al malleolo, che scopre gettando indietro la veste di lino, per ultimo sul dorso
dei piedi, indugia là sui metatarsi dove entreranno i chiodi tremendi, insiste sinché non trova
più balsamo nel cavo del vasello, e allora lo infrange al suolo e, libere le mani, si spunta le
grosse forcine, si scioglie svelta le trecce e asporta, con quella matassa d’oro, viva, morbida,
fluente, quanto supera dell’unzione dai piedi, stillanti balsamo, asciugandoli poi con i suoi
capelli sciolti.
Maria calza di nuovo i sandali a Gesù e bacia ogni piede prima e dopo averlo calzato.
Giuda, guardando all’aspetto economico, la rimproverò di avere sprecato tanto olio
profumato, ma Gesù, posando la sua mano sul capo di Maria Maddalena, disse che questo
gesto, attuato prima della sua morte, sarebbe stato un dolce ricordo di lei ovunque si trovino
gli uomini: “L’Amore è la Luce. Ella sente che io sto per morire e ha voluto anticipare al
mio corpo le unzioni per la sepoltura. In verità vi dico che là dove sarà predicata la Buona
Novella sarà fatto ricordo di questo suo atto d’amore profetico. In tutto il mondo. In tutti i
secoli. Volesse Iddio far di ogni creatura un’altra Maria, che non calcola valore, che non
nutre attaccamento, che non serba un ricordo anche minimo del passato, ma distrugge e
calpesta ogni cosa della carne e del mondo, e si infrange e si sparge, come fece del nardo e
dell’alabastro, sul suo Signore, e per amore di Lui. Non piangere, Maria. Io te lo ripeto in
quest’ora: Tutto ti è perdonato perché tu hai saputo amare totalmente.
Tu hai scelto la parte migliore. E non ti verrà tolta. Và in pace. I pascoli dell’amore saranno
il tuo cibo in eterno”.
Intanto i sacerdoti e i farisei erano impegnati a organizzare la cattura di Gesù, lo volevano
catturare lontano dalla folla, avendo paura di una ribellione e prima della pasqua ebraica,
che sarebbe stata celebrata nel giorno di sabato.
Conoscevano Giuda e la sua propensione al denaro, con lui si accordarono per incontrare
Gesù in un luogo isolato con la scusa di un colloquio in privato con i sacerdoti. Giuda
avrebbe dovuto farlo riconoscere attraverso un bacio. Egli accettò il denaro offerto e tra sé
pensò che in questo modo Gesù avrebbe avuto l’occasione di parlare e di chiarire le varie
divergenze, inoltre pensava che in caso di pericolo Gesù avrebbe usato i suoi poteri per
sparire se fosse stato catturato, come già aveva fatto altre volte.
GIOVEDI’ 14° giorno del mese Nisan 2 Aprile 33
Betania ( Casa della Nave ) ; Luna 99% (Vergine)
Come il Padre mi conosce, io conosco il Padre; per il mio gregge do la mia vita.
«Un nuovo mattino. Così sereno! Così festoso! Non ci sono più neppure le nuvole rare che
ieri vagavano lentamente sul cobalto del cielo. Non c'è neppure l'afa pesante che ieri era
gravosa tanto. Una brezza sottile alita sui volti. E sa di fiori, sa di fieni, sa di aria pulita. E
smuove lentamente le foglie degli ulivi. sembra voglia far ammirare l'argenteo delle fogliette
lanceolate e spargere fiori, piccoli, candidi, odorosi, sui passi di Cristo. Maria Valtorta».
La mattina del giovedì, giorno di Giove, Gesù chiama a sé Pietro, Giovanni e Giacomo,
indirizzandoli a Gerusalemme dove, alla porta della fontana, troveranno un uomo con una
brocca in mano (simbolo del segno zodiacale dell’acquario), di nome Nicodemo, che gli
ospiterà per la cena Pasquale.
L’iniziazione dell’Acquario rappresenta l’uomo che versa l’umile acqua d’amore
purificatrice.
Giunti nella sala, Gesù prese un catino d’acqua e lavò i piedi a tutti i 12 apostoli, poi li
asciugò e soffiò su di loro dicendo: “ Possano questi piedi camminare nella giustizia, essi
rappresentano il vero simbolo della comprensione ”.
Sul piano fisico, noi sappiamo che attraverso i piedi il corpo umano si scarica continuamente
dalle tossine, anche per questa ragione Gesù e i suoi discepoli erano sempre a piedi nudi nei
sandali, è infatti un bene lavare i piedi e farli respirare.
Sul piano spirituale, il corpo umano è il riflesso dell’anima e i piedi, la parte che è più in
contatto con la vita materiale, la più sollecitata.
Anche l’anima deve essere purificata dalla corrente spirituale che dirige la terra e che si
chiama Cristo, Egli si trova già nell’anima superiore, dobbiamo divenire puri come il Padre
e fare corpo con Lui, divenire Uno con Lui.
Lavando i piedi, Gesù mostra un insegnamento d’amore che ciascuno deve avere verso il
suo prossimo, non dobbiamo giudicare e, al contrario di vedere il male davanti a noi, cercare
di purificare e trovare il bene, constatarlo «quella selva è tanto angosciosa che la morte lo è
poco di più; ma per parlare del bene che trovai in essa, parlerò di altre cose che vi ho viste.
Dante Alighieri».
Dirigiamo il nostro sguardo al risollevarsi dell’uomo e aiutiamolo in questo, con l’unità,
abbracciamolo d’amore.
Noi dobbiamo essere umili e pieni d’amore fraterno, al fine di diventare strumenti attraverso
i quali lo spirito può agire in favore dei nostri fratelli.
Con la lavanda dei piedi, viene toccata anche la questione sociale, affermando l’uguaglianza
assoluta in tutto, vivente sul piano dello spirito. Inoltre la legge di unità spirituale, che può
essere praticata attraverso l’umiltà. Sappiate essere umili come il piccolo fiore dei boschi
che, in mezzo ai ciuffi d’erba dona il suo profumo a tutta la Creazione, senza domandare
altra cosa che un poco di luce e di sole per potersi elevare verso l’Eterna espressione di Vita
«tra tutti i fiori, il fiore umano è quello che ha più bisogno di Sole. Jules Michelet».
Essere cristiani non è solamente avere compreso attraverso l’umiltà, la grande legge
d’amore, è soprattutto saperla mettere in pratica e viverla, poiché è solamente vivendola che
noi saremo felici.
Egli si indirizza alla moltitudine, cercando di donare fiducia e coraggio e facendole
comprendere che può raggiungere la perfezione. Vuol far comprendere al popolo, che il
divino è nei cuori di ciascuno e che ogni Maestro non può essere più grande di Dio nel cuore
dell’uomo. È Dio solo che dobbiamo ascoltare e prendere per Maestro.
La purificazione è la pulizia dell’anima, attraverso la comprensione provata e solidamente
radicata nell’uomo. Questa esperienza è necessaria a tutte le anime umane che dopo aver
compreso, devono mostrare la capacità di vivere e fare unicamente il bene, senza alcun
interesse personale «Il Signore, e soltanto il Signore, può lavare i piedi e purificare le
coscienze umane, perché a ciò è necessaria la forza della redenzione, cioè la forza del
sacrificio che trasforma l’uomo dall’interno. A ciò è necessario il sigillo dell’Agnello di Dio,
impresso nel cuore dell’uomo come un bacio misterioso dell’amore. Giovanni Paolo II».
Durante la cena Gesù rivela chi a breve lo avrebbe tradito, il quale si alza da tavola
allontanandosi e mentre esce viene ripreso con le parole: “Fai velocemente quello che devi
fare”.
Segue la Comunione con il pane e il vino che rappresentano il corpo e il sangue di Gesù, il
pane della Vita e il sangue della nuova alleanza. La cena con il pane e il succo d’uva era già
un’usanza degli esseni, la comunità che Gesù frequentava.
L’ULTIMA CENA DI GESÙ CON I SUOI DISCEPOLI
La conversione sostanziale del pane e del vino nel suo corpo e nel suo sangue pone dentro
la creazione il principio di un cambiamento radicale, come una sorta di « fissione nucleare
», per usare un'immagine a noi oggi ben nota, portata nel più intimo dell'essere, un
cambiamento destinato a suscitare un processo di trasformazione della realtà, il cui termine
ultimo sarà la trasfigurazione del mondo intero, fino a quella condizione in cui Dio sarà
tutto in tutti (cfr 1 Cor 15,28).
Benedetto XVI
dal Vangelo di Giovanni:
Capitolo 13
La lavanda dei piedi
Annunzio del tradimento di Giuda
L’addio
Capitolo 14
Capitolo 15
La vera vite
I discepoli e il mondo
Capitolo 16
La venuta del Paraclito
Non ve le ho dette dal principio, perché ero con voi.
L’annunzio di un pronto ritorno
In verità, in verità vi dico: Se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà.
Capitolo 17
La preghiera di Gesù
L’EUCARISTIA
Per Cristo, con Cristo e in Cristo,
a te, Dio Padre Onnipotente
nell’unità dello Spirito Santo
ogni onore e gloria,
per tutti i secoli dei secoli
Amen
***
Istituendo il sacramento dell'Eucaristia, Gesù anticipa ed implica il Sacrificio della croce e
la vittoria della risurrezione. Al tempo stesso, Egli si rivela come il vero agnello immolato,
previsto nel disegno del Padre fin dalla fondazione del mondo, come si legge nella Prima
Lettera di Pietro (cfr 1,18-20). Collocando in questo contesto il suo dono, Gesù manifesta il
senso salvifico della sua morte e risurrezione, mistero che diviene realtà rinnovatrice della
storia e del cosmo intero. L'istituzione dell'Eucaristia mostra, infatti, come quella morte, di
per sé violenta ed assurda, sia diventata in Gesù supremo atto di amore e definitiva
liberazione dell'umanità dal male.
Benedetto XVI

EUCARISTIA
Comprendete nei vostri cuori: tutto ciò che racchiude in sé la vita possiede la forza, l’amore
e la sapienza di Dio e tutto ciò che vive, vive perché Dio vi dimora.
Dio è il Tutto in ogni cosa. La Sua forza è indivisa in ogni cosa. Perciò Dio è Tutto nel tutto.
Dio è in ogni forma creata, è Tutto nel tutto. Tutto ciò che vive sulla terra, ogni forma
materiale, racchiude quindi in sé la forma spirituale, ciò che è stato creato da Dio, ed ha
pertanto in sé tutto ciò che è in Dio, quindi Tutto nel tutto.
Questa è la Mia parola A e Ω
Luminosa e vivificante Fonte di Salvezza, Sorgente della Grazia, magnifico Dono d’Amore,
così immenso da annullare tempo e distanza, nutrimento Divino, Pane degli Angeli, Tesoro
inestimabile, Forza generatrice di Unità, il Cuore del mondo in Cristo diviene Uno e con
Maria si veste di Bellezza, di feconda Bontà e di eterna Dolcezza.
Sacrificio immanente che supera l’Anima e veicola l’Io versato per Voi oltre i confini del
corpo, preparandolo ad unirsi completamente alla Luce dello Spirito così da portarsi in alto
alla destra di Dio.
In merito alla transustanziazione riporto alcune essenziali e importanti riflessioni di
Giovanni Paolo II: Colui che si nutre di Cristo nell'Eucaristia non deve attendere l'aldilà per
ricevere la vita eterna: la possiede già sulla terra, come primizia della pienezza futura, che
riguarderà l'uomo nella sua totalità. Nell'Eucaristia riceviamo infatti anche la garanzia della
risurrezione corporea alla fine del mondo: « Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue
ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno » (Gv 6,54). Questa garanzia della
futura risurrezione proviene dal fatto che la carne del Figlio dell'uomo, data in cibo, è il suo
corpo nello stato glorioso di risorto. Con l'Eucaristia si assimila, per così dire, il “segreto”
della risurrezione. Perciò giustamente sant'Ignazio d'Antiochia definiva il Pane eucaristico «
farmaco di immortalità, antidoto contro la morte ». L'Eucaristia è davvero uno squarcio di
cielo che si apre sulla terra. È un raggio di gloria della Gerusalemme celeste, che penetra le
nubi della nostra storia e getta luce sul nostro cammino.
Nell'Eucaristia ti sei fatto "farmaco d'immortalità": dacci il gusto di una vita piena, che ci
faccia camminare su questa terra come pellegrini fiduciosi e gioiosi, guardando sempre al
traguardo della vita che non ha fine.
Davvero, nell'Eucaristia, ci mostra un amore che va fino « all'estremo » (cfr Gv 13, 1), un
amore che non conosce misura.
Mysterium fidei! Se l'Eucaristia è mistero di fede, che supera tanto il nostro intelletto da
obbligarci al più puro abbandono alla parola di Dio, nessuno come Maria può esserci di
sostegno e di guida in simile atteggiamento. Il nostro ripetere il gesto di Cristo nell'Ultima
Cena in adempimento del suo mandato: « Fate questo in memoria di me! » diventa al tempo
stesso accoglimento dell'invito di Maria ad obbedirgli senza esitazione: « Fate quello che vi
dirà » (Gv 2,5). Con la premura materna testimoniata alle nozze di Cana, Maria sembra
dirci: « Non abbiate tentennamenti, fidatevi della parola di mio Figlio. Egli, che fu capace di
cambiare l'acqua in vino, è ugualmente capace di fare del pane e del vino il suo corpo e il
suo sangue, consegnando in questo mistero ai credenti la memoria viva della sua Pasqua, per
farsi in tal modo “pane di vita” ».
Mettiamoci, miei carissimi fratelli e sorelle, alla scuola dei Santi, grandi interpreti della vera
pietà

eucaristica. In loro la teologia dell'Eucaristia acquista tutto lo splendore del vissuto, ci « contagia »
e, per così dire, ci « riscalda ». Mettiamoci soprattutto in ascolto di Maria Santissima, nella quale il
Mistero eucaristico appare, più che in ogni altro, come mistero di luce. Guardando a lei conosciamo
la forza trasformante che l'Eucaristia possiede. In lei vediamo il mondo rinnovato nell'amore.
Contemplandola assunta in Cielo in anima e corpo, vediamo uno squarcio dei « cieli nuovi » e della
« terra nuova » che si apriranno ai nostri occhi con la seconda venuta di Cristo. Di essi l'Eucaristia
costituisce qui in terra il pegno e, in qualche modo, l'anticipazione: « Veni, Domine Iesu! » (Ap
22,20).
Nell'umile segno del pane e del vino, transustanziati nel suo corpo e nel suo sangue, Cristo
cammina con noi, quale nostra forza e nostro viatico, e ci rende per tutti testimoni di
speranza. Se di fronte a questo Mistero la ragione sperimenta i suoi limiti, il cuore
illuminato dalla grazia dello Spirito Santo intuisce bene come atteggiarsi, inabissandosi
nell'adorazione e in un amore senza limiti.
La Chiesa ha ricevuto l'Eucaristia da Cristo suo Signore non come un dono, pur prezioso fra
tanti altri, ma come il dono per eccellenza, perché dono di se stesso, della sua persona nella
sua santa umanità, nonché della sua opera di salvezza. Questa non rimane confinata nel
passato, giacché « tutto ciò che Cristo è, tutto ciò che ha compiuto e sofferto per tutti gli
uomini, partecipa dell'eternità divina e perciò abbraccia tutti i tempi ».
Quando la Chiesa celebra l'Eucaristia, memoriale della morte e risurrezione del suo Signore,
questo evento centrale di salvezza è reso realmente presente e « si effettua l'opera della
nostra redenzione ». Questo sacrificio è talmente decisivo per la salvezza del genere umano
che Gesù Cristo l'ha compiuto ed è tornato al Padre soltanto dopo averci lasciato il mezzo
per parteciparvi come se vi fossimo stati presenti. Ogni fedele può così prendervi parte e
attingerne i frutti inesauribilmente. Questa è la fede, di cui le generazioni cristiane hanno
vissuto lungo i secoli. Questa fede il Magistero della Chiesa ha continuamente ribadito con
gioiosa gratitudine per l'inestimabile dono. Desidero ancora una volta richiamare questa
verità, ponendomi con voi, miei carissimi fratelli e sorelle, in adorazione davanti a questo
Mistero: Mistero grande, Mistero di misericordia. Che cosa Gesù poteva fare di più per noi?
Davvero, nell'Eucaristia, ci mostra un amore che va fino « all'estremo » (cfr Gv 13, 1), un
amore che non conosce misura.
«Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti
e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli (...) Nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è
il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Lc 10, 21-22). Queste
parole del Vangelo di San Luca, introducendoci nell'intimo del mistero di Cristo, ci
consentono di accostarci anche al mistero dell'Eucaristia. In essa il Figlio consostanziale al
Padre, Colui che soltanto il Padre conosce, Gli offre in sacrificio se stesso per l'umanità e
per l'intera creazione. Nell'Eucaristia Cristo restituisce al Padre tutto ciò che da Lui
proviene. Si realizza così un profondo mistero di giustizia della creatura verso il Creatore.
Bisogna che l'uomo renda onore al Creatore offrendo, con atto di ringraziamento e di lode,
tutto ciò che da Lui ha ricevuto. L'uomo non può smarrire il senso di questo debito, che egli
soltanto, tra tutte le altre realtà terrestri, può riconoscere e saldare come creatura fatta a
immagine e somiglianza di Dio. Nello stesso tempo, dati i suoi limiti di creatura e il peccato
che lo segna, l'uomo non sarebbe capace di compiere questo atto di giustizia verso il
Creatore, se Cristo stesso, Figlio consostanziale al Padre e vero uomo, non intraprendesse
questa iniziativa eucaristica.
Il sacerdozio, fin dalle sue radici, è il sacerdozio di Cristo. E Lui che offre a Dio Padre il
sacrificio di se stesso, della sua carne e del suo sangue, e con il suo sacrificio giustifica agli
occhi del Padre tutta l'umanità e indirettamente tutto il creato. Il sacerdote, celebrando ogni
giorno l'Eucaristia, scende nel cuore di questo mistero. Per questo la celebrazione
dell'Eucaristia non può non essere, per lui, il momento più importante della giornata, il
centro della sua vita.
dal Vangelo di Matteo:
Capitolo 26
dal Vangelo di Marco:
Capitolo 14
dal Vangelo di Luca:
Capitolo 22
L’ultima Cena rappresenta un grande insegnamento, occorre rimarcare almeno tre fatti:
1) L’azione di rendere grazie, insegnato nell’eucaristia. Spesso abbiamo radicata l’idea che
tutto ciò che possediamo, che ci appartiene, lo dobbiamo a noi stessi. Occorre invece molta
riconoscenza per tutto quello che si trova sulla terra «ogni istante della nostra esistenza è il
frutto del lavoro di molte persone, e di quello silenzioso ed instancabile della natura infinita.
Carlo Guglielmo»; «l’eucaristia è sempre celebrata sull’altare del mondo. Essa unisce il
cielo e la terra. Comprende e pervade tutto il creato. Giovanni Paolo II».
2) Il Corpo e il Sangue: il corpo è qualcosa di essenziale e va inteso come Corpo del Suo
Insegnamento, il pane essenziale della vita, alimento indispensabile per il sostentamento del
corpo umano. Il pane di vita è l’insegnamento che egli apporta per la vita dell’anima.
Mangiare il pane della vita significa assimilare e mettere in pratica il suo insegnamento,
compiere la sua volontà. Il sangue, strumento dell’io, è il sangue dell’alleanza cristiana,
consistente in amore circolante nelle vene fino a divenire vita manifesta, attraverso il dono
di sé al servizio degli altri. Colui che assimila l’insegnamento cristico, come assimila il pane
che mangia o il vino che beve, riceve la semenza di una nuova vita. Una nuova nascita si
stabilisce in lui, un legame spirituale indissolubile l’unisce al Padre attraverso questo
nutrimento cristico. L’essenza del Cristo si risveglia ed egli può compiere la volontà e le
opere del Padre e manifestare l’amore puro verso tutte le creature.
3) Distribuire il pane: significa donare al prossimo, distribuire tutto nel tutto. Si può fare la
carità anche con un dolce sorriso che è un tesoro, un cuore aperto sul Sole e sull’Amore;
oppure elargendo una buona parola, incoraggiando; donare realmente, coscientemente e
sempre, oltre ai soldi, una parte di voi stessi, del vostro cuore, della vostra anima. Ecco la
comunione che vuol dire “unione con” o più precisamente “come uno”. L’insegnamento di
Gesù: “siate uno, come Io e mio Padre siamo uno”, la grande legge di unità e d’amore.
Identificandosi si diventa parte del fenomeno stesso. “Siate uno”, noi possiamo realizzare
questo con l’amore. Impariamo così a rendere grazie, a nutrirci del suo insegnamento e
infine a donare. Questo è amore puro, amore totale di tutto l’essere, Amore Creatore «il
creatore d’ogni cosa, l’Amore, è pure l’onnipotente riparatore d’ogni cosa. Jules Michelet».
Mediante l’Amore si trasforma il mondo.
All’uscita dalla sala, una guardia romana annunciò a Gesù di seguirlo da Pilato per un
colloquio.
Pilato infatti lo voleva proteggere e difendere dall’imminente cattura, così lo invita alla fuga
immediata in quanto la folla incitata dai sacerdoti lo vuole catturare, ma egli non accetta la
protezione delle guardie di Pilato e si volatilizza raggiungendo i 12 al ruscello di Cedron.
Al di là del ruscello vi era un frutteto caro a Gesù, con una collinetta sacra, chiamata
Getsemani il cui nome significa “torchio d’olio” poiché era circondata da ulivi.
_______L’agonia nel Getsemani_______
L’ora delle tenebre sta per iniziare.
La notte è fredda e tenebrosa, il cielo è variopinto di nubi, dalle quali spunta, coperta a tratti,
la luna, ormai quasi piena, fulgida e luminosa, ce lo conferma più volte Maria Valtorta che
insiste su questo punto come non mai: dal lato d’oriente, vi è ancora oscurità, un’oscurità
perfetta, mentre dall’altro lato la luna comincia a fare bianco il sommo delle case che sono
tutte chiuse e buie come case abbandonate, ecco che il latteo argenteo della luna scende a far
belli anche i ciottoli e la terra; nel frutteto vi era più oscurità, superata dalla mobile luce
rossastra delle torce; così Gesù disse di sostare al ruscello e andò con Pietro, Giovanni e
Giacomo (rappresentanti della Trinità) al Getsemani.
Pietro è legato alla figura del Padre Celeste - Potere – Tempo - Verità.
Giovanni è legato alla figura del Figlio – Cristo – Amore - Bellezza.
Giacomo è legato alla figura dello Spirito Santo – Madre Natura – Pensiero - Bontà.
Gesù istruisce i tre sui Misteri della Vita, poi chiede a loro di rimanere svegli e se ne va solo
nell’oscurità.
Gesù prosegue sino ad un grosso masso. Proprio sopra al grosso sasso si spenzola un ulivo
tutto nodoso e contorto. Pare un bizzarro punto interrogativo messo dalla natura a chiedere
qualche perché. I rami folti sulla cima danno risposta alla domanda del tronco, dicendo ora
di sì col piegarsi verso terra, ora di no dimenandosi da destra a manca, sotto un vento lieve
che passa a ondate fra le fronde e che a volte sa soltanto di terra, a volte di quell'odore
amarognolo dell'ulivo, alle volte di un misto profumo di rose e mughetti che non si sa da
dove possa venire. Oltre il sentieruolo, in basso, sono altri ulivi, ed uno, proprio sotto al
masso, fenduto da qualche fulmine eppure sopravvissuto, o scosciato per non so che causa,
ha del tronco iniziale fatto due tronchi che salgono come le due aste di un grande V in
stampatello, e le due chiome si affacciano al di qua e al di là del masso, come volessero
vedere e velare nello stesso tempo, o fare ad esso una base di un grigio argento tutto pace.
Gesù si ferma lì. Non guarda la città che appare là in basso, tutta bianca nella luce lunare.
Anzi le volge le spalle e prega a braccia aperte a croce, col volto alzato verso il Cielo. Egli è
nell'ombra, avendo la luna quasi a perpendicolo sul capo, è vero, ma anche la folta ramaglia
dell'ulivo fra Lui e la luna, che appena filtra fra foglia e foglia con occhiellini ed aghi di luce
in perpetuo movimento.
Una lunga, ardente Preghiera. Ogni tanto ha un sospiro e qualche parola più netta. È una
preghiera fatta dallo sgorgare del suo amore e del suo bisogno. Un vero discorso fatto al
Padre suo. «Tu lo sai... Sono il tuo Figlio... Tutto, ma aiutami... L'ora è venuta... Io non sono
più della Terra. Padre mio. Non per Me. Per l'uomo, che è tua creazione e che volle rendere
fango anche la sua anima. Io getto nel mio dolore e nel mio Sangue questo fango, perché
torni l'incorruttibile essenza dello spirito a Te gradito... Ed è dovunque. Egli è il re questa
sera. Nella reggia e nelle case. Fra le milizie e nel Tempio... La città ne è colma, e domani
sarà un inferno...».
Gesù si volge, si appoggia con la schiena al masso e incrocia le braccia. Guarda
Gerusalemme. Il viso di Gesù si fa sempre più mesto. Mormora: «Pare di neve... ed è tutta
un peccato. Anche in essa quanti ho guarito! Quanto ho parlato!... Dove sono quelli che mi
parevano fedeli?»...
Gesù curva il capo e guarda fisso il terreno coperto di una erbetta corta e lucida di rugiada.
Ma, per quanto abbia il capo chino, comprendo che piange, perché delle gocce lucono nel
cadere dal volto al suolo. Poi alza il capo, disserra le braccia, le congiunge tenendole al
disopra del capo e agitandole così unite.
Poi si incammina. Torna verso i tre apostoli seduti intorno al loro fuocherello di sterpi. E li
trova mezzo addormentati. Pietro si è addossato ad un tronco con le spalle e, con le braccia
conserte sul petto, ciondola con la testa nelle prime caligini di un robusto sonno. Giacomo è
seduto, con il fratello, su un radicene che affiora e sul quale hanno messo i mantelli per
sentirne meno le gobbe, ma, nonostante siano scomodi più di Pietro, sono anche loro
sonnecchianti. Giacomo ha abbandonato la testa sulla spalla di Giovanni e questo ha piegato
la sua su quella del fratello, come se il dormiveglia li avesse immobilizzati in quella posa.
«Dormite? Non avete saputo vegliare un'ora sola? Ed Io ho tanto bisogno del vostro
conforto e delle vostre preghiere!».
I tre sobbalzano confusi. Si sfregano gli occhi. Mormorano una scusa, accusando lo sforzo
del digerire come causa prima di questo loro sonnecchiare: «È il vino... il cibo... Ma ora
passa. Un momento è stato. Non avevamo voglia di parlare e questo ci ha portati al sonno.
Ma ora pregheremo a voce alta e non succederà più».
«Sì. Pregate e vigilate. Anche per voi ne avete bisogno».
«Sì, Maestro. Ti ubbidiremo».
Gesù torna via. La luna che gli batte in volto, così forte nel suo chiarore d'argento che rende
sempre più pallida la veste rossa come la velasse di una polvere bianco lucente, mi fa vedere
il suo volto sconfortato, addolorato, invecchiato. Lo sguardo è sempre dilatato, ma pare
appannato. La bocca ha una piega di stanchezza.
Torna al suo masso ancor più lento e curvo. Si inginocchia appoggiando le braccia al masso,
che non è liscio ma a mezza altezza ha come un seno, quasi fosse stato lavorato apposta
così, e su questo breve seno è nata una pianticina, che mi pare di quei fioretti simili a piccoli
gigli, dalle fogliette piccole, tonde ma dentellate agli orli e polpute e i fiorellini minuti sugli
esilissimi steli. Sembrano piccoli fiocchi nevosi spruzzanti il grigio del masso e le fogliette
verde scuro. Gesù appoggia le mani lì presso e i fiorellini gli vellicano la guancia, perché
Egli appoggia il capo sulle mani giunte e prega. Dopo un poco sente il fresco delle piccole
corolle, alza il capo. Le guarda. Le carezza. Parla loro: «Voi siete pure!... Voi mi date
ristoro! C'erano anche nella grotticella della Mamma questi fiorellini... e Lei li amava perché
diceva: "Quando ero piccina, diceva mio padre: 'Tu sei un giglio così piccino e tutto pieno di
rugiada celeste'"... La Mamma! Oh! Mamma mia!». Ha uno scoppio di pianto. Col capo
sulle mani congiunte, ricaduto un poco sui calcagni, lo vedo e l'odo piangere, mentre le mani
stringono le dita e le tormentano l'una all'altra. Sento che dice: «Anche a Betlemme... e te li
ho portati, Mamma. Ma questi, chi te li porterà più?...».
Poi riprende a pregare e a meditare. Deve essere ben triste la sua meditazione, angosciosa
più che triste, perché per sfuggirla Egli si alza, va avanti e indietro, alzando il volto,
abbassandolo, gestendo, passandosi sugli occhi, sulle gote, sui capelli, le mani con mosse
macchinali e agitate, proprie di chi è in grande angoscia. Dirlo non è niente. Descriverlo è
impossibile. Vederlo è andare nella sua angoscia. Gestisce verso Gerusalemme. Poi torna ad
alzare le braccia verso il cielo come per invocare aiuto.
Si leva il mantello come avesse caldo. Lo guarda... Ma che vede? I suoi occhi non guardano
altro che la sua tortura, e tutto serve a questa tortura, ad aumentarla. Anche il mantello
tessuto dalla Madre. Lo bacia e dice: «Perdono, Mamma! Perdono!». Pare lo chieda alla
stoffa filata e tessuta dall'amore di mamma... Se lo rimette. È in uno strazio. Vuole pregare
per superarlo. Ma con la preghiera tornano i ricordi, le apprensioni, i dubbi, i rimpianti... È
una valanga di nomi... città... persone... fatti... È la sua vita evangelica che gli sfila davanti...
e gli riporta Giuda traditore.
È tanto l'affanno che urla, per vincerlo, il nome di Pietro e Giovanni. E dice: «Ora verranno.
Sono ben fedeli loro!». Ma "loro" non vengono. Chiama di nuovo. Pare terrorizzato come
vedesse chissà che.
Fugge veloce verso il luogo dove è Pietro e i due fratelli. E li trova più comodamente e
pesantemente addormentati intorno a poche braci che, ormai morenti, hanno solo dei zig e
zag di rosso fra il grigio della cenere.
«Pietro! Vi ho chiamati tre volte! Ma che fate? Dormite ancora? Ma non sentite quanto
soffro? Pregate. Che la carne non vinca, non vi vinca. In nessuno. Se lo spirito è pronto, la
carne è debole. Aiutatemi...».
I tre sono più lenti a svegliarsi. Ma infine lo fanno e, con occhi imbambolati, si scusano. Si
alzano, prima mettendosi seduti, poi mettendosi proprio ritti.
«Ma guarda!», mormora Pietro. «Non ci è mai accaduto! Deve essere proprio stato quel
vino. Era forte. E anche questo fresco. Ci si è coperti per non sentirlo (infatti si erano coperti
coi mantelli anche sul capo) e non si è più visto il fuoco, non si è avuto più freddo, ed ecco
che il sonno è venuto. Dici che hai chiamato? Eppure non mi pareva di dormire tanto forte...
Su, Giovanni, cerchiamo dei rametti, muoviamoci. Ci passerà. Sta' sicuro, Maestro, che ora
poi!... Resteremo in piedi...», e getta una manata di fogliette secche sulle braci, e soffia
finché la fiamma risuscita, e la alimenta con i rami di rovo portati da Giovanni, mentre
Giacomo porta un grosso ramo di ginepro, o simile pianta, che ha tagliato da un macchione
poco discosto, e lo unisce al resto.
La fiamma si alza alta e gioconda illuminando il povero viso di Gesù. Un viso veramente di
una tristezza che non si può guardare senza piangere. Ogni fulgore di quel volto è annullato
in una stanchezza mortale. Dice: «Sono in un'angoscia che mi uccide! Oh! sì! L'anima mia è
triste sino a morirne. Amici!... Amici! Amici!». Ma, se anche così non dicesse, il suo aspetto
direbbe che Egli è proprio come uno che muore, e nel più angoscioso e desolato abbandono.
Pare che ogni parola sia un singhiozzo...
Ma i tre sono troppo carichi di sonno. Sembrano quasi ebbri tanto vanno traballando ad
occhi semichiusi... Gesù li guarda... Non li mortifica con rimproveri. Scuote il capo, sospira
e torna via. Al posto di prima.
Prega di nuovo in piedi, con le braccia in croce. Poi in ginocchio come prima, col volto
curvo sui piccoli fiori. Pensa. Tace... Poi si da a gemere e singhiozzare forte, quasi prostrato
tanto è rilassato sui calcagni.
Nei momenti più difficili non ha nessuno con lui.
Gli altri dormono.
Gli altri, è l’Umanità che, al posto di accettare l’insegnamento d’Amore che l’Uno gli
apporta, dormono nella letargia della materia, senza sapere ancora liberare il proprio Spirito.
L’umanità sembra veramente in letargo, assopita nelle brame della materia.
Egli è solo con la coscienza di vita, vede tutte le sofferenze che dovrà subire a causa
dell’incomprensione degli uomini. Vede la condanna, il martirio, la salita al calvario, la
lunga agonia, la morte, la sofferenza di sua Madre e dei suoi Fratelli. Vede le sofferenze di
tutta l’Umanità, come conseguenza dell’incomprensione. Globuli di sudore e sangue
scendono dalla fronte sulla terra. Chiama il Padre. Sempre più affannosamente... «Oh!»,
dice. «È troppo amaro questo calice! Non posso! Non posso! È al di sopra di quanto Io
posso. Tutto ho potuto! Ma non questo... Allontanalo, Padre, dal tuo Figlio! Pietà di Me!...
Che ho fatto per meritarlo?».
Davanti a tutto questo male che lo sommerge, Egli si prosterna con il viso a terra, la
personalità esce: “Padre allontana questo calice amaro”.
Il Figlio dell’Uomo non avrebbe voluto questo. Ma dopo breve tempo il Figlio di Dio dice:
“che la Tua volontà sia fatta e non la mia”, la coscienza cristica parla. Gesù accetta il
sublime sacrificio della sua personalità, della sua morte corporale per compiere la volontà
del Padre. Diventa uno con Dio, e unito non può morire, diventa parte dell’Eterno. Poi si
riprende e dice: «Però, Padre mio, non ascoltare la mia voce se essa chiede ciò che è
contrario alla tua volontà. Non ricordarti che ti sono Figlio, ma solo servo tuo. Non la mia,
ma la tua volontà sia fatta».
Rimane così qualche tempo. Poi ha un grido soffocato e alza un viso sconvolto. Un attimo
solo, poi piomba al suolo, proprio volto a terra, e resta così. Uno straccio d'uomo su cui
preme tutto il peccato del mondo, su cui si abbatte tutta la Giustizia del Padre, su cui scende
la tenebra, la cenere, il fiele, quella tremenda, tremenda, tremendissima cosa che è
l'abbandono di Dio mentre Satana ci tortura... È l'asfissia dell'anima, è l'essere sepolti vivi in
questa carcere che è il mondo, quando non si può più sentire che fra noi e Dio vi è un
legame, è l'essere incatenati, imbavagliati, lapidati dalle nostre preghiere stesse che ci
ricadono addosso irte di punte e sparse di fuoco, è il dare di cozzo contro un Cielo chiuso in
cui non penetrano né voce né sguardi della nostra angoscia, è l'essere "orfani di Dio", è la
pazzia, l'agonia, il dubbio d'essersi sino allora ingannati, è la persuasione di essere scacciati
da Dio, di esser dannati. È l'inferno !...
Gesù geme, fra rantoli e sospiri proprio d'agonia: «Niente!... Niente!... Via!... La volontà del
Padre! Quella! Quella sola!... La tua volontà, Padre. La tua, non la mia... Inutile. Non ho che
un Signore: Iddio santissimo. Una legge: l'ubbidienza. Un amore: la redenzione... No. Non
ho più Madre. Non ho più vita. Non ho più divinità. Non ho più missione. Inutilmente mi
tenti, demonio, con la Madre, la vita, la mia divinità, la mia missione. Ho per madre
l'Umanità e l'amo sino a morire per lei. La vita la rendo a Chi me l'ha data e me la chiede,
supremo Padrone di ogni vivente. La divinità l'affermo essendo capace di questa espiazione.
La missione la compio con la mia morte. Nulla ho più. Fuorché fare la volontà del Signore,
mio Dio. Va' indietro, Satana! L'ho detto la prima e la seconda volta. Lo ridico per la terza:
"Padre, se è possibile passi da Me questo calice. Ma però non la mia, la tua Volontà sia
fatta". Va' indietro, Satana. Io sono di Dio».
Vede tutte le sofferenze future ed è raggiunto dallo sconforto, il lato umano esce, cade a terra
e sente di non farcela, la tensione è fortissima, la fronte è bagnata di sudore e sangue (un
fenomeno fisiologico chiamato ematidrosi).
Soffre per i dolori passati e futuri di tutti, per il Calvario dei Suoi Fratelli, gli Uomini.
Poi non parla più altro che per dire fra gli ansiti: «Dio ! Dio ! Dio!». Lo chiama ad ogni
battito di cuore, e pare che ad ogni battito il sangue trabocchi. La stoffa tesa sulle spalle se
ne imbibisce e torna scura, nonostante il grande chiarore lunare che lo fascia tutto.
Pure un chiarore più vivo si forma sul suo capo, sospeso a circa un metro da Lui, un chiarore
così vivo che anche il Prostrato lo vede filtrare fra le onde dei capelli, già pesanti di sangue,
e il velo che il sangue fa agli occhi. Alza il capo... Splende la luna sul povero volto, e ancora
più splende la luce angelica simile a quella del diamante bianco azzurro della stella Venere.
E appare tutta la tremenda agonia nel sangue che trasuda dai pori. Le ciglia, i capelli, i baffi,
la barba sono aspersi e cospersi di sangue. Sangue cola dalle tempie, sangue sgorga dalle
vene del collo, sangue gocciano le mani, e quando Egli tende le mani verso la luce angelica
e le ampie maniche scorrono in su, verso i gomiti, appaiono tutti sudanti sangue gli
avambracci di Cristo. Nel viso, solo le lacrime fanno due righe nette fra la maschera rossa.
Si torna a levare il mantello e si asciuga le mani, il volto, il collo, gli avambracci. Ma il
sudore continua. Egli si preme più e più volte la stoffa sul volto tenendola premuta con le
mani, ed ogni volta che cambia posto, sulla stoffa rosso scura appaiono nette le impronte
che, umide come sono, sembrano essere nere. L'erba del suolo è rossa di sangue.
Gesù pare prossimo a mancare. Si slaccia la veste al collo come si sentisse soffocare. Si
porta la mano al cuore e poi al capo e se l'agita davanti al volto come per farsi vento,
tenendo la bocca dischiusa. Si trascina contro il masso, ma più verso lo scrimolo del balzo, e
si appoggia con la schiena ad esso, stando con le braccia pendenti lungo il corpo come fosse
già morto, la testa penzoloni sul petto. Non si muove più.
La luce angelica decresce piano piano. Poi viene come assorbita nel chiarore lunare.
Gesù riapre gli occhi. Alza a fatica il capo. Guarda. È solo. Ma è meno angosciato. Allunga
una mano. Tira a Sé il mantello, lasciato abbandonato sull'erba, e torna ad asciugarsi il volto,
le mani, il collo, la barba, i capelli. Prende una larga foglia, nata proprio in riva al ciglio,
tutta bagnata di rugiada, e con quella finisce di pulirsi, bagnandosi volto e mani e poi
asciugandosi da capo. E ripete, ripete con altre foglie, finché ha cancellato le tracce del suo
tremendo sudore. Solo la veste, e specie sulle spalle e alle pieghe dei gomiti, al collo e alla
cintura, ai ginocchi, è macchiata. Se la guarda e scuote il capo. Guarda anche il mantello.
Ma lo vede troppo macchiato. Lo piega e lo pone sul masso, là dove esso fa cuna, presso i
fioretti.
Con fatica, come per debolezza, si rigira mettendosi in ginocchio. Prega appoggiando il capo
sul mantello, su cui sono già le mani. Poi si puntella al masso, si alza e, ancora lievemente
barcollando, va dai discepoli. Il suo viso è pallidissimo. Ma non è più turbato. È un viso
pieno di divina bellezza, pure essendo esangue e mesto oltre il solito.
I tre dormono saporitamente. Tutti avvolti nei mantelli, sdraiati affatto, presso il fuoco
spento, si sentono respirare profondamente in un principio di sonoro russare.
Gesù li chiama. Inutile. Deve chinarsi e scuotere generosamente Pietro.
«Cosa è? Chi mi arresta?», dice questo emergendo, sbalordito e spaventato, dal suo mantello
verde scuro.
«Nessuno. Sono Io che ti chiamo».
«È mattina?».
«No. È quasi terminata la seconda vigilia».
Pietro è tutto ingranchito.
Gesù scuote Giovanni, che ha un grido di terrore vedendo su di lui curvo un volto di
fantasma tanto è marmoreo. «Oh!... Mi parevi morto!».
Scuote Giacomo, e questo, che crede che sia il fratello che lo chiama, dice: «Hanno preso il
Maestro?».
«Non ancora, Giacomo», risponde Gesù. «Ma alzatevi ormai e andiamo. Chi mi tradisce è
vicino».
I tre, ancora imbambolati, si alzano. Si guardano intorno... Ulivi, luna, usignoli, venticello,
pace... Null'altro. Seguono però Gesù senza parlare. Anche gli altri otto sono più o meno
addormentati intorno al fuoco spento.
«Sorgete!», tuona Gesù. «Mentre Satana viene, mostrate all'insonne e ai suoi figli che i figli
di Dio non dormono!».
«Sì, Maestro».
«Dove è, Maestro?».
«Gesù, io...».
«Ma che è stato?».
E fra arruffate domande e risposte si rimettono i mantelli...
Insieme raggiungono gli altri discepoli al ruscello, anche loro dormivano.
Nel frattempo in lontananza si scorgono delle lanterne, molte sono le torce accese, è in
arrivo un gruppo di uomini con Giuda, armati di spade e bastoni.
Sono un'orda di banditi camuffati da soldati, facce da galera torte in ghigni da demoni. Vi è
anche qualche campione del Tempio.
Gli apostoli balzano tutti in un angolo. Pietro davanti, e dietro in gruppo gli altri. Gesù resta
dove è.
Giuda si accosta sostenendo lo sguardo di Gesù, che è tornato il lampeggiante sguardo dei
suoi giorni migliori. E non abbassa il volto. Anzi si fa vicino con un sorriso da iena e lo
bacia sulla guancia destra.
«Amico, e che sei venuto a fare? Con un bacio mi tradisci?».
Giuda curva per un attimo la testa, poi la rialza... Morto al rimprovero come ad ogni invito
al pentimento. Gesù, dopo le prime parole ancora dette con imponenza di Maestro, prende il
tono accorato di chi si rassegna ad una sventura.
La sbirraglia, con un clamore di urla, viene avanti con funi e bastoni e cerca di impadronirsi
degli apostoli, oltre che di Cristo. Meno Giuda Iscariota, si intende.
I discepoli diventano timorosi e vorrebbero fuggire, così Gesù si dirige da solo ad incontrarli
chiedendo: “ perché siete qui, chi cercate? ”;
“cerchiamo Gesù che chiama se stesso il Cristo”, Gesù risponde: “ECCOMI (Me Voici),
SONO IO”, alza le mani e con un potente pensiero porta gli eteri allo stato di luce, così che
tutto il frutteto era splendente. Sono parole di una potenza incredibile, di una forza
invincibile. Sono parole magiche pronunciate di fronte al male:
“SONO IO” come dire, il Cristo, potenza spirituale universale.
Nessun male può avere presa davanti a queste parole.
Non vi saranno più guerre.
«Sono Io». La voce è un tuono. Davanti al mondo assassino e a quello innocente, davanti
alla natura e alle stelle, Gesù si rende questa testimonianza, aperta, leale, sicura, direi che è
lieto di potersela dare.
Ma, se avesse sprigionato un fulmine, non avrebbe potuto fare di più. Come un fascio di
spighe falciate, tutti cadono al suolo. Restano in piedi solo Giuda, Gesù e gli apostoli, che
davanti allo spettacolo dei soldati abbattuti riprendono fiato, tanto che si avvicinano a Gesù
con delle minacce così esplicite per Giuda che questo fa un balzo, appena in tempo per
sfuggire al colpo maestro della spada di Simone, e invano inseguito da pietre e bastoni,
lanciatigli dietro dagli apostoli non armati di spada, fugge oltre il Cedron e si infosca nel
nero di un viottolo.
Tutti si fermarono, alcuni fuggirono, altri ricaddero a terra, i più coraggiosi rimasero e
quando la luce impallidì, Gesù chiede di nuovo calmo e solenne: «Alzatevi. Chi cercate?
Torno a chiedervi».
« cerchiamo l’uomo venuto dalla Galilea che chiama se stesso il Cristo: Gesù Nazareno».
«Ve l'ho detto che sono Io», dice con dolcezza Gesù. Sì, con dolcezza. «Lasciate dunque
liberi questi altri. Io vengo. Riponete le spade e i bastoni. Non sono un ladrone. Stavo
sempre fra voi. Perché non mi avete preso allora? Ma questa è la vostra ora e quella di
Satana...».
Ma, mentre parla, Pietro si accosta all'uomo che già tende le funi per legare Gesù e mena un
maldestro colpo di spada. Se l'avesse usata di punta, lo sgozzava come un montone. Così
non fa che staccargli quasi l'orecchio, che resta penzoloni fra un gran gemere di sangue.
L'uomo grida dicendosi morto. Vi è tumulto fra chi vuoi venire avanti e chi ha paura
vedendo luccicare spade e pugnali.
«Riponete quelle armi. Ve lo comando. Se volessi, avrei gli angeli del Padre a difendermi. E
tu, guarisci. Nell'anima per prima cosa, se puoi». E, prima di tendere le mani alle corde,
tocca l'orecchio e lo rende sano.
Venne così preso e incatenato ma subito le catene si spezzarono, stavano per bastonarlo
quando Pietro usò la spada e ferì uno di loro, ma Gesù gli disse di gettare la spada, anche il
fatto di impugnare una spada viene condannato dalla legge del pensiero creatore; “chi di
spada ferisce, di spada perisce”. Il pensiero è di un’importanza capitale e causa uno shock di
ritorno. Con il tocco della mano, Gesù guarisce il ferito e dice a coloro che gli eran venuti
contro, sommi sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: “Siete usciti con spade e
bastoni come contro un brigante? Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete steso le
mani contro di me; ma questa è la vostra ora, è l’impero delle tenebre”. Poi si consegna
liberamente, allora tutti si dirigono verso Gerusalemme.
Anche i discepoli stavano per essere catturati, Giovanni fu l’ultimo a fuggire, il suo mantello
venne ridotto a pezzi e fuggì quasi nudo, ma anche loro marciarono verso la città.
Il tempio era pieno di farisei e scribi che avevano giurato come testimoni contro Gesù.
La domestica che custodiva le chiavi della porta del tempio, conosceva Giovanni e gli
permise di entrare mentre Pietro rimase fuori, ella chiese se era un seguace dell’uomo
arrestato, ma Pietro rispose di no e rimase nel cortile esterno. Un’altra domestica che serviva
nel tempio gli chiese se conosceva quell’uomo, ma Pietro rispose di no. Anche uno degli
uomini che avevano catturato Gesù gli disse di averlo visto in sua compagnia, ma egli negò
per la terza volta e proprio allora un gallo cantò ricordandogli le parole del maestro sul suo
rinnegamento. La coscienza lo colpì, uscì nella notte e pianse amaramente.
VENERDI’ 15° giorno del mese Nisan 3 Aprile 33
Gerusalemme ( nel tempio ) ; Luna Piena in Bilancia parzialmente eclissata
Vegliate e pregate per non cadere in tentazione.
Occorre tenere ben presente che nella notte di venerdì, giorno di Venere, Gesù rimase
sempre sveglio e vigile, non dormì affatto.
Iniziò l’interrogatorio che era presieduto da Caifa, egli viene accusato di essersi dichiarato
re, di profanazione della legge e di aver minacciato la distruzione del tempio.
Volevano lapidarlo e crocifiggerlo. Gesù non si difese, allora gli venne chiesto direttamente:
“sei tu il Cristo, Figlio di Dio?”; “se rispondessi sì, tu non mi crederesti, se rispondessi no
sarei un bugiardo, ma io ti dico che verrà un tempo in cui tu vedrai il Figlio dell’Uomo sul
trono del potere giungere dalle nuvole del cielo”.
Allora Caifa si lacerò i vestiti e il popolo si scagliò su Gesù sputandogli in viso e colpendolo
con le mani. Essere Figlio di Dio significa che Dio dimora in lui, per cui non sono più
necessari i sacerdoti, le chiese, i riti, le religioni, ed egli rappresenta un pericolo per loro. È
per questa ragione che i preti dichiarano la sua morte, per salvare la loro chiesa e il loro
potere.
Gli coprirono gli occhi con una benda e lo colpirono dicendo: “tu che sei un profeta, dicci
chi è stato a colpirti”. Fu così giudicato colpevole con la sentenza di morte ma per poterlo
crocifiggere occorreva la firma del governatore romano quindi Gesù venne condotto da
Pilato, il quale però, dopo un breve interrogatorio, non lo trova colpevole e poiché Gesù
viene dalla Galilea, deve essere giudicato dal governatore di Galilea Erode che in quei giorni
si trovava a Gerusalemme.
Ma anche lì Gesù non risponde, Erode allora si incollerì, chiamò le sue guardie per farlo
torturare.
Venne colpito ripetutamente, gli posero in testa una corona di spine, indosso un mantello
rosso e in mano un giunco spezzato, poi lo derisero.
Infine venne rinviato da Pilato con una lettera in cui Erode gli cedeva il giudizio finale.
Pilato non trovava colpe tali da meritare la morte così disse che lo avrebbe fatto flagellare e
poi liberato in seguito.
Gli ebrei gridavano pieni d’ira chiedendo la crocifissione, allora egli si ritirò in riflessione.
Arrivò sua moglie Claudia, una donna devota scelta tra i Galli di Francia, la quale lo
consigliò di rilasciare Gesù poiché aveva visto tutto in una visione chiara e nitida sulla sua
innocenza, ella lo implorò di ascoltarla circa l’importanza della sua premonizione, Pilato
pianse.
_______La flagellazione_______
Per calmare il popolo con una punizione esemplare che lo impietosisse, Pilato diede l’ordine
di flagellare Gesù.
Il Signore venne trascinato bruscamente vicino al corpo di guardia del pretorio, dove si
trovava la colonna di marmo munita di anelli e ganci, destinata alla flagellazione dei
condannati. Gli strapparono violentemente il mantello rosso, facendo quasi cadere a terra
Gesù che aveva i brividi e tremava, anche perché la notte era stata più fredda del solito. Lo
fecero denudare davanti alla folla e allo sguardo della Madre che era immersa nel dolore.
I carnefici, legarono le mani di Gesù ad un grande anello fissato alla sommità della colonna,
stirando talmente il corpo che i piedi non toccavano più completamente a terra.
Iniziarono a flagellarlo con delle verghe flessibili. Dorso, gambe e braccia venivano lacerati
e contusi pesantemente. I gemiti dolorosi di Gesù erano soffocati dal clamore della folla che
continuava a sfogare la propria ira su un uomo innocente.
I carnefici bevevano vino rosso e si alternavano, utilizzando anche bastoni nodosi coperti di
punte che laceravano la carne a sangue. Presto quel santo corpo fu ricoperto di macchie nere
e rosse, il sangue colava a terra ed egli tossiva e si muoveva in un tremito convulso, tra il
furore e le ingiurie dei presenti.
Gesù venne allora slegato e girato col dorso contro la colonna. Ripresero a fustigarlo
utilizzando dei flagelli con cinghie di cuoio alla cui estremità vi erano degli uncini di ferro
che strappavano la pelle graffiando profondamente tutto il corpo.
Gesù, ormai stremato al suolo, guardava i suoi carnefici ebbri, con gli occhi pieni di sangue,
tutto il pavimento di pietre era bagnato di sangue e lacrime, vino e sudore.
Quando fu liberato dalla colonna, il Signore strisciava a terra per riprendersi la fascia che gli
aveva cinto i fianchi, ma i carnefici gliela spingevano sempre più lontana, costringendolo a
contorcersi al suolo. Allora lo rimisero in piedi, gli gettarono un vecchio mantello color
porpora sulle spalle e sul capo gli misero una corona di rami spinosi. Il Signore era
orribilmente sfigurato, inoltre era tormentato dall’arsura e dalla febbre, causata dalle
numerose ferite. Tremava tutto e le sue carni erano dilaniate fino all’osso, la lingua era
ritratta convulsamente e solo il santo sangue che gli colava dalla fronte rinfrescava la sua
bocca riarsa.
Allontanatasi la folla, la santa Vergine e Maria Maddalena si avvicinarono alla colonna e
asciugarono dal suolo il sangue di Gesù con alcuni teli, inviati dalla moglie di Pilato,
Claudia.
Pilato tenta un ulteriore mossa per cercare di salvare Gesù: era usanza tra gli ebrei, il giorno
prima della festa di Pasqua, di liberare un condannato e di scacciarlo in terre straniere.
Questo serviva da capro espiatorio in quanto quell’uomo si assorbiva tutte le colpe del
popolo per quell’anno e credevano in questo modo che i peccati sarebbero stati rimessi, così
ad ogni primavera essi scelgono un prigioniero e gli fanno portare via i loro peccati.
Pilato pensò di rendere questa credenza come la causa della liberazione di Gesù, si rivolse
alla folla in attesa chiedendo di liberare Gesù e crocifiggere Barabba (il nome significa figlio
del padre), un criminale accusato di omicidio, anche il popolo era chiamato a scegliere tra
coscienza e personalità, tuttavia tutte le voci volevano libero Barabba (la folla non ha la
coscienza del Figlio e Bar Abba mostra perfettamente incarnato il livello spirituale di una
certa classe corrotta) che già da tempo aspettava questo momento ed aveva comprato la sua
libertà.

_______La Via Crucis, LaVia Dolorosa_______


La giustizia mossa dall’odio induce l’uomo a creare il suo inferno.
Percorrendo la Via della Croce, veniamo folgorati da due certezze: la certezza del potere
devastante del peccato e la certezza del potere sanante dell’Amore di Dio.
Percorrendo la Via della Croce, làsciati prendere per mano da Maria: chiediLe una briciola
della sua umiltà e della sua docilità, affinché l’Amore di Cristo Crocifisso entri dentro di te
e ricostruisca il tuo cuore sulla misura del Cuore di Dio.
Angelo Comastri
Dal libro del profeta Isaia:
Quarto canto del servo del Signore
sarà onorato, esaltato e molto innalzato.
- tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto
e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo -
i re davanti a lui si chiuderanno la bocca,
poiché vedranno un fatto mai ad essi raccontato
e comprenderanno ciò che mai avevano udito.
Capitolo 53
A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore?
e come una radice in terra arida.
Non ha apparenza né bellezza
per attirare i nostri sguardi,
non splendore per provare in lui diletto.
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia,
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
si è addossato i nostri dolori
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dá salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
ognuno di noi seguiva la sua strada;
il Signore fece ricadere su di lui
l’iniquità di noi tutti.
e non aprì la sua bocca;
era come agnello condotto al macello,
come pecora muta di fronte ai suoi tosatori,
e non aprì la sua bocca.
chi si affligge per la sua sorte?
Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi,
per l’iniquità del mio popolo fu percosso a morte.
con il ricco fu il suo tumulo,
sebbene non avesse commesso violenza
né vi fosse inganno nella sua bocca.
Quando offrirà se stesso in espiazione,
vedrà una discendenza, vivrà a lungo,
si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
e si sazierà della sua conoscenza;
il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà la loro iniquità.
dei potenti egli farà bottino,
perché ha consegnato se stesso alla morte
ed è stato annoverato fra gli empi,
mentre egli portava il peccato di molti
e intercedeva per i peccatori.
PREGHIERA INIZIALE
di Giovanni Paolo II
dalla Via Crucis anno 2000
Sera del Venerdì Santo.
Da venti secoli
la Chiesa si riunisce in questa sera,
per ricordare e rivivere
gli eventi dell'ultima tappa
del cammino terreno del Figlio di Dio.
Oggi, come ogni anno,
la Chiesa che è in Roma
si raccoglie al Colosseo,
per seguire le orme di Gesù,
il quale "portando la croce,
si avviò verso il luogo del Cranio,
detto in ebraico Golgota" (Gv 19, 17).

Ci troviamo qui,
nella convinzione che la via crucis del Figlio di Dio
non fu un semplice avvicinarsi
al luogo del supplizio.
Crediamo che ogni passo del Condannato,
ogni suo gesto e ogni sua parola,
ed anche quanto hanno vissuto e compiuto
coloro che hanno preso parte a questo dramma,
ci parlano incessantemente.
Anche nel suo patire e morire
Cristo ci svela la verità su Dio e sull'uomo.
In quest'anno giubilare
vogliamo riflettere con particolare intensità
sul contenuto di quell'evento,
affinché esso parli con una forza nuova
alle nostre menti e ai nostri cuori,
e diventi fonte della grazia
di un'autentica partecipazione.
Partecipare significa avere una parte.
Che cosa vuol dire avere una parte
nella croce di Cristo?
Vuol dire sperimentare nello Spirito Santo
l'amore che la croce di Cristo nasconde in sé.
Vuol dire riconoscere, alla luce di questo amore,
la propria croce.
Vuol dire riprenderla sulle proprie spalle e,
sempre in virtù di questo amore, camminare...

Camminare attraverso la vita,


imitando colui che "si sottopose alla croce,
disprezzando l'ignominia,
e si è assiso alla destra del trono di Dio" (Eb 12, 2).
Preghiamo.

Signore Gesù Cristo,


colma i nostri cuori con la luce del tuo Spirito,
affinché, seguendo te nel tuo ultimo cammino,
conosciamo il prezzo della nostra redenzione
e diventiamo degni di partecipare
ai frutti della tua passione, morte e resurrezione.
Tu vivi e regni nei secoli dei secoli.
Amen.
PREGHIERA INIZIALE
di Giovanni Paolo II
dalla Via Crucis anno 2003
Via Crucis della comunità ecclesiale dell'Urbe
convocata presso il Colosseo,
tragico e glorioso monumento della Roma imperiale,
testimone muto di potenza e di dominio,
memoriale di eventi di vita e di morte,
dove sembrano risonare, quasi interminabile eco,
urla di sangue (cf. Gn 4, 10)
e parole imploranti concordia e perdono.
Via Crucis del Venticinquesimo anno del mio Pontificato
quale Vescovo di Roma e Pastore della Chiesa universale.
Per grazia di Dio nei venticinque anni
del mio servizio pastorale
non ho mai mancato a questo appuntamento,
vera Statio Urbis et Orbis,
incontro della Chiesa di Roma
con pellegrini venuti da tutte le parti del mondo
e con milioni di fedeli che seguono la Via Crucis
attraverso la radio e la televisione.
Anche quest'anno,
per rinnovata misericordia del Signore,
sono con voi per ripercorrere nella fede
il tragitto che Gesù compì dal pretorio di Ponzio Pilato
alla cima del Calvario.
Via Crucis,
abbraccio ideale tra Gerusalemme e Roma,
tra la Città amata da Gesù
dove egli donò la vita per la salvezza del mondo,
e la Città sede del Successore di Pietro,
che presiede alla carità ecclesiale.
Via Crucis, cammino di fede:
in Gesù condannato a morte
riconosceremo il Giudice universale;
in Lui carico della Croce, il Salvatore del mondo;
in Lui crocifisso, il Signore della storia,
il Figlio stesso di Dio.
Notte del Venerdì Santo,
notte tiepida e trepida del primo plenilunio di primavera.
Siamo riuniti nel nome del Signore.
Egli è qui con noi, secondo la sua promessa (cf. Mt 18, 20).
Con noi è anche Santa Maria.
Ella fu sulla vetta del Golgota
quale Madre del Figlio morente,
Discepola del Maestro di verità ,
nuova Eva presso l'albero della vita,
Donna del dolore
associata all'"Uomo dei dolori che ben conosce il patire " (Is 53, 3),
Figlia di Adamo, Sorella nostra, Regina della pace.
Madre di misericordia,
ella è china sui suoi figli,
ancora esposti a pericoli e affanni,
per vederne le sofferenze,
udire il gemito che si leva dalla loro miseria,
per recare conforto e ravvivare la speranza della pace.

Preghiamo.
Guarda, Padre santo,
il sangue che sgorga dal costato trafitto del Salvatore;
guarda il sangue versato da tante vittime
dell'odio, della guerra, del terrorismo,
e concedi benigno che il corso degli eventi nel mondo
si svolga secondo la tua volontà nella giustizia e nella pace,
e la tua Chiesa si dedichi con serena fiducia
al tuo servizio e alla liberazione dell'uomo.
Per Cristo nostro Signore.
I Stazione
Gesù è condannato a morte
MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
"Sia crocifisso!".
Signore Gesù, questo grido di condanna,
questo urlo disumano,
continua a levarsi contro di Te
da una folla concitata, irresponsabile,
suggestionata e accecata dal male.
Non Te, che ora sei l'Eterno Vivente,
ma se stesso l'uomo condanna alla morte,
quando non si cura che prevalga l'ingiustizia,
quando sceglie violenza e corruzione,
quando calpesta il piccolo e l'innocente
e getta la propria dignità umana
come un rifiuto nelle immondizie.
Lungo i secoli la negazione della verità ha generato sofferenza e morte.
Sono gli innocenti a pagare il prezzo dell'ipocrisia umana.
Le mezze misure non sono sufficienti. Né basta lavarsi le mani.
La responsabilità per il sangue del giusto rimane.
Fu per questo che Cristo pregò con tanto fervore per i suoi discepoli di tutti i tempi: Padre,
"consacrali nella verità. La tua parola è verità" (Gv 17, 17).
ORAZIONE
Cristo, che accetti una condanna ingiusta,
concedi a noi e a tutti gli uomini del nostro tempo
la grazia di essere fedeli alla verità
e non permettere che su di noi
e su quanti verranno dopo di noi
cada il peso della responsabilità
per la sofferenza degli innocenti.
A te, Gesù, giusto Giudice,
l'onore e la gloria nei secoli senza fine.
Amen.
Dalla folla si alzava un clamore demoniaco, sembrava impazzita, piena di collera e si
minacciava una rivolta civile, allora Pilato prese una ciotola d’acqua e lavandosi le mani
disse:
“quest’uomo non è colpevole, io proclamo la mia innocenza, se volete versare il suo sangue
esso ricadrà sulle vostre mani e non sulle mie”.
“E così sia” risposero gli ebrei, Pilato tremava come una foglia, liberò Barabba ma non
diede il consenso ai soldati di crocifiggere Gesù che fu così consegnato agli ebrei. Caifa
allora decise di lapidarlo fino alla morte, lo portarono dietro alla porta della città dove
venivano uccisi i criminali, verso una collina chiamata Golgota o luogo dei teschi, ma
appena fuori dalla porta della città iniziarono a colpirlo con pugni e pietre.
Davanti agli interrogatori egli non si difende, ma utilizza le accuse per convertirle in parole
di verità. Gesù stupisce tutti, disorienta gli accusatori e i carnefici, mai un gesto di difesa, di
paura, di timore. Questo è il vero insegnamento del Figlio di Dio: dobbiamo imparare ad
opporre l’Amore al disprezzo, a resistere coraggiosamente e volontariamente a tutte le
sofferenze, a restare impassibili sotto i colpi delle prove terrene, a non deviare la nostra
strada malgrado i dolori fisici e morali, a restare in piedi quando gli altri ci colpiscono, ad
essere se stessi ad ogni istante.
Così si acquista la comprensione larga e profonda della Vita, la penetrazione del sentimento
d’unità che ci unisce a tutti gli esseri e a tutte le cose e che ci fa agire come uomini
veramente coscienti: cristiani.
Pilato è l’unico che prende coscienza del potere spirituale, ma non riesce a sostenerlo e si
lava le mani da questa responsabilità. Più volte nella vita ci troviamo di fronte ad eventi atti
ad aprire la coscienza, a prendere conoscenza del potere spirituale, ma non riusciamo ad
accettarlo né a sottometterci e ce ne laviamo le mani credendo di liberarci, ma altre prove ci
attendono, per farci arrivare alla verità.
II Stazione
Gesù è caricato della croce

MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
Gesù, nostro Signore,
l'intera tua esistenza sulla terra
fu un cammino di umiliazione e di croce.
A portare il legno del supplizio
ti eri già addestrato a Nazareth
nella quotidiana fatica del lavoro
e poi andando per le città e i villaggi
ad annunziare ai poveri il Regno dei cieli,
il tuo Regno, che non è di questo mondo.
Il tuo carico, Signore, siamo noi,
noi, duri di cuore e lenti a capire,
noi, quando addossiamo agli altri
il peso della nostra cattiva coscienza,
quando davanti a ogni forma di povertà
e a ogni grido di aiuto
rimaniamo nella paralisi
della nostra viltà e del nostro disimpegno.
Segno di una morte infame, riservata alla categoria più bassa degli uomini, la croce diventa
una chiave.
D'ora in poi, con l'aiuto di questa chiave, l'uomo aprirà la porta delle profondità del mistero
di Dio.
Per opera di Cristo che accetta la croce, strumento della propria spoliazione, gli uomini
sapranno che Dio è amore.
Amore sconfinato: "Ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché
chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Gv 3, 16).
Questa verità su Dio si è rivelata mediante la croce.
Non poteva rivelarsi in altro modo?
Forse sì. Dio tuttavia ha scelto la croce.
Il Padre ha scelto la croce per il Figlio suo, e il Figlio l'ha presa sulle spalle, l'ha portata sul
monte Calvario e su di essa ha offerto la sua vita.
"Nella croce c'è la sofferenza,
nella croce c'è la salvezza,
nella croce c'è una lezione d'amore.

Dio, chi una volta ti ha capito,


null'altro desidera, null'altro cerca".
(Canto quaresimale polacco).
La Croce è segno di un amore senza limiti!
ORAZIONE
Cristo, che accetti la croce dalle mani degli uomini,
per fare di essa
il segno dell'amore salvifico di Dio per l'uomo,
concedi a noi e a tutti gli uomini del nostro tempo
la grazia della fede in questo infinito amore,
affinché, trasmettendo al nuovo millennio
il segno della croce,
siamo autentici testimoni della redenzione.
A te, Gesù, sacerdote e vittima,
la lode e la gloria nei secoli.
Amen.
Mentre Gesù era a terra tutto contuso e lacerato, arrivarono le guardie di Erode per
crocifiggerlo, Caifa e gli altri sacerdoti diedero il consenso. Gli misero la pesante croce di
legno, costruita per Barabba, sulle spalle (una vera croce, solida, perfettamente incastrata
nell’incrocio dei due bracci e ben rinforzata con chiodi e bulloni, oltre 84 Kg) e lo spinsero
con la punta delle spade verso la collina del Golgota. Gesù era curvo e ferito in tutto il
corpo, vacillava e camminava stentatamente a piedi nudi. Stanco e sfinito, reggeva la croce
abbracciandola sulla spalla destra mentre con la mano sinistra allontanava la lunga veste di
lana bianca che gli ostacolava il passo. Quella robusta veste era stata preparata da Maria ed
era tessuta tutta d’un pezzo con un unico filo, senza cuciture da cima a fondo.
Gesù abbraccia la croce e la bacia, così come abbraccia tutto il mondo per aiutarci a
percorrere la via dell’amore.
III Stazione
Gesù cade la prima volta

MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
Le tue cadute, Signore Gesù,
sono un mistero di compassione verso di noi:
è infatti nella nostra umana debolezza
che Tu hai voluto patire.
"Lo spirito è pronto - hai detto - ma la carne è debole".
Tu, Dio-il Forte, sei caduto sotto la croce
perché ogni uomo sappia riconoscere la propria fragilità
e non confidi in se stesso,
ma trovi nella tua grazia
la forza di rialzarsi e riprendere il cammino
portando dietro a Te la sua croce.
Tu sei sempre là dove c'è un uomo che vien meno;
ti poni, pietoso, sotto di lui
perché non cada sui sassi della strada,
ma sopra di Te, Roccia di salvezza.
Gesù cade sotto la croce. Ciò avverrà per tre volte sul cammino relativamente breve della
"via dolorosa".
Cade per lo sfinimento. Il corpo insanguinato dalla flagellazione, il capo coronato di spine.
Tutto questo fa sì che gli manchino le forze.
Cade, dunque, e la croce con il suo peso lo schiaccia contro la terra.
Occorre ritornare alle parole del profeta, che vede in prospettiva questa caduta secoli prima.
È come se la contemplasse con gli stessi suoi occhi: dinanzi al Servo del Signore, a terra
sotto il peso della croce, mostra la vera causa della sua caduta. Ecco, "Dio pose su di lui i
peccati di noi tutti".
Sono stati i peccati a schiacciare a terra il divin Condannato.
Sono stati essi a decidere il peso della croce, che egli porta sulle sue spalle.
Sono stati i peccati a determinare la sua caduta.

Cristo a stento si rialza per riprendere il cammino.


I soldati che lo scortano cercano di stimolarlo con grida e colpi.
Dopo un attimo il corteo riparte.
Gesù cade e si rialza.
In questo modo, il Redentore del mondo si rivolge senza parole a tutti coloro che cadono. Li
esorta a rialzarsi.
"Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per
il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siamo stati guariti" (cfr 1 Pt 2, 24-
25a).
ORAZIONE
Cristo, che cadi sotto il peso delle nostre colpe
e ti rialzi per la nostra giustificazione,
ti preghiamo,
aiuta noi e tutti coloro che sono schiacciati dal peccato
a rimetterci in piedi
e a riprendere il cammino.
Dacci la forza dello Spirito,
per portare con te la croce della nostra debolezza.
A te, Gesù, schiacciato dal peso delle nostre colpe,
la nostra lode e il nostro amore nei secoli.
Amen.
Appena iniziata la salita, trascinato dai suoi carnefici, Gesù procede a stento, ansando. La
via è piena di sassi, pietre sconnesse e buche, tranelli per i suoi piedi vacillanti e una tortura
per le sue spalle colme di piaghe, per il suo capo coronato di spine sul quale scende
perpendicolare un sole ardente esageratamente caldo, che ogni tanto si nasconde sotto un
tendone plumbeo di nubi. Gesù è congestionato dalla fatica, dalla febbre e dal caldo, dagli
urli della folla, inciampa e cade dolorosamente per la prima volta a terra sotto il peso della
lunga croce. Viene ripetutamente colpito a calci e frustate per farlo rialzare e di nuovo sul
capo gli viene conficcata la corona di spine che si era staccata.
Egli cade sotto al peso dei peccati, della superbia e dell’orgoglio. Ma proprio attraverso
questo sacrificio, questa umiltà che si abbassa per raccoglierci, noi riusciamo a risollevarci.
Pur essendo di natura divina, Gesù si spoglia e assume la condizione di servo di Dio, simile
agli uomini, ubbidiente fino alla morte e alla morte di croce.
IV Stazione
Gesù incontra sua madre

MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
Signore Gesù,
lungo la via della croce,
nell'ora della solitudine e dell'abbandono,
non poteva mancare Lei, la tua Madre.
Fin dalla tua infanzia portava nel cuore
la profonda ferita di quella parola
e la custodiva in silenzio
perché vergine, in Lei, era anche il dolore.
Possa non mancare mai ad alcun uomo che soffre
un cuore di madre vigile, pietosa,
una presenza di tenerezza e di consolazione.
Possa ogni figlio riconoscere la madre,
e ogni madre accompagnare il figlio
nell'arduo cammino della vita
in una fedeltà che non si arresti
nemmeno davanti all'estremo sacrificio.
"Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco, concepirai un figlio, lo
darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore
Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il
suo regno non avrà fine" (Lc 1, 30-33).
Maria ricordava queste parole. Ritornava spesso ad esse nel segreto del suo cuore.
Quando sulla via della croce incontrò il Figlio, forse proprio queste parole le vennero alla
mente. Con una forza particolare.
"Regnerà... Il suo regno non avrà fine...", aveva detto il messaggero celeste.
Ora, mentre vede il Figlio, condannato a morte, portare la croce sulla quale dovrà morire
potrebbe, umanamente parlando, domandarsi: come dunque possono compiersi quelle
parole? in quale modo regnerà sulla casa di Davide? E come potrà essere che il suo regno
non abbia fine?
Umanamente, sono domande comprensibili.
Maria però ricorda che allora, dopo aver udito l'annuncio dell'Angelo, aveva risposto:
"Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1, 38).
Ora vede che quella sua parola si sta compiendo come parola della croce. Perché madre,
Maria soffre profondamente.
Tuttavia risponde anche ora come aveva risposto allora, all'annunciazione: "Avvenga di me
quello che hai detto".
In questo modo, maternamente, abbraccia la croce insieme al divin Condannato.
Sulla via della croce Maria si manifesta come Madre del Redentore del mondo.
"Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c'è un dolore simile al mio dolore,
al dolore che ora mi tormenta" (Lam 1, 12).
È la Madre Addolorata che parla,
la Serva obbediente fino alla fine,
la Madre del Redentore del mondo.
ORAZIONE
O Maria, tu che hai percorso
la via della croce insieme col Figlio,
straziata dal dolore nel tuo cuore di madre,
ma sempre memore del tuo fiat
e intimamente fiduciosa che colui a cui nulla è impossibile
avrebbe compiuto le sue promesse,
impetra per noi e per gli uomini delle future generazioni
la grazia dell'abbandono all'amore di Dio.
Fa' che, di fronte alla sofferenza, al rifiuto, alla prova,
anche se prolungata ed aspra,
non dubitiamo mai del suo amore.
A Gesù, tuo Figlio,
onore e gloria nei secoli.
Amen.
Maria, mossa dall’estremo desiderio di vedere Gesù, di condividere con lui ogni momento,
si fece accompagnare da Giovanni in uno dei luoghi presso i quali doveva passare suo figlio.
Egli arrivò di fronte a lei che piangeva ed era coperta da un mantello azzurro. Gli occhi di
Gesù incontrarono quelli della Madre come l’Amore si incontra con la Misericordia, come il
sangue si incontra alle lacrime. Gli occhi della Madre e del Figlio si penetrano come un Sole
che irradia sull’acqua e tutto rinnova al suo passaggio. Cerco il tuo volto poiché sei la Via
che apre il cuore al concepimento del Tesoro nascosto nella Luce dei tuoi occhi.
La Misericordia mossa dall’amore, porta l’uomo in Paradiso, alla fonte della Vita.
Attraverso la Misericordia noi edifichiamo quella scuola della Pace che è intima comunione
con Dio e gustiamo quella gioia che è il frutto e lo splendore dell’Amore.
V Stazione
Il Cireneo aiuta Gesù a portare la croce
MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
Signore Gesù,
il tuo invito è molto esigente!
Noi vorremmo seguirti sulla via della Vita,
ma tu ci fai passare per la via della morte!
È qui che noi ci scontriamo
con le nostre viltà e le nostre paure.
Per evitare di incontrarci con la realtà della croce,
noi, induriti nel cuore, deviamo il cammino
e chiudiamo gli occhi davanti alle tue sofferenze
che continuano nei nostri fratelli.
Abbiamo bisogno anche noi, come Simone di Cirene,
che qualcuno ci sospinga intensamente
a caricarci, con amore, pure della croce degli altri.
Potremo così sperimentare la grande forza
che scaturisce dal sostenere insieme, con fede invitta,
le molteplici prove della vita.
In un canto quaresimale risuonano queste parole: "Sotto il peso della croce Gesù accoglie il
Cireneo". Sono parole che lasciano intravedere un totale cambio di prospettiva: il divin
Condannato appare come qualcuno che, in un certo senso, "fa dono" della croce.
Non è stato forse lui a dire: "Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di
me" (Mt 10, 38)?
Simone riceve un dono.
Ne è diventato "degno".
Ciò che agli occhi della folla poteva offendere la sua dignità, nella prospettiva della
redenzione gli ha invece conferito una nuova dignità. Il Figlio di Dio l'ha reso in modo
singolare compartecipe della sua opera salvifica.

Simone ne è consapevole?
L'evangelista Marco identifica Simone di Cirene come "padre di Alessandro e Rufo" (15,
21).
Se i figli di Simone di Cirene erano conosciuti nella primitiva comunità cristiana, si può
ritenere che anch'egli, proprio mentre portava la croce, abbia creduto in Cristo. Passò
liberamente dalla costrizione alla disponibilità, come intimamente raggiunto dalle parole:
"Chi non porta la sua croce con me, non è degno di me".
Portando la croce, fu introdotto alla conoscenza del vangelo della croce.
Da allora questo vangelo parla a tanti, innumerevoli cirenei, chiamati nel corso della storia a
portare la croce insieme a Gesù.
ORAZIONE
Cristo, che a Simone di Cirene
hai conferito la dignità di portare la tua croce,
accogli anche noi sotto il suo peso,
accogli tutti gli uomini
e dona a ciascuno la grazia della disponibilità.
Fa' che non distogliamo lo sguardo da coloro
che sono schiacciati dalla croce della malattia,
della solitudine, della fame, dell'ingiustizia.
Fa' che, portando i pesi gli uni degli altri,
diventiamo testimoni del vangelo della croce,
testimoni di te,
che vivi e regni nei secoli dei secoli.
Amen.
Gesù non riusciva a camminare, così le guardie romane chiamarono un uomo della folla per
aiutarlo e misero la trave sulle spalle di Simone da Cirene, un conoscente di Gesù, per
portarla fino al calvario. Simone condivide il peso della croce e più cammina, più capisce
che si tratta di una grazia essere al fianco di chi gli ha toccato il cuore. Questa condivisione,
continuamente completa quello che manca, è un aiuto che diamo per la salvezza del mondo.
Ogni volta che aiutiamo chi soffre, aiutiamo Gesù a portare la croce, ricostruendo il suo
corpo che è la Chiesa universale.
L’insegnamento di Gesù con la passione non è un insegnamento di passività e
rassegnazione, al contrario, egli dona l’esempio di una attitudine estremamente positiva e
nuova, di una attività nel vero senso dell’amore puro. È l’attitudine sublime di colui che ha
coscienza del Cristo in sé, che è maestro del suo corpo fisico come un artista è maestro del
suo strumento, per realizzare un’opera d’arte. Le tre cadute sotto il peso della croce
rappresentano le tre cadute dell’anima umana: della personalità, dell’intelletto, e della
coscienza, sotto il peso dell’esperienza terrestre, prima di arrivare al sacrificio della sua
personalità, che lo porterà alla gloria.
La croce simbolizza le due correnti: quella orizzontale, la materia, il temporale; quella
verticale lo spirito, che devono incrociarsi al centro, il cuore, e irradiare, attraverso le
estremità, le mani, per manifestarsi in opere d’amore.
Giuda pensava che all’ultimo Gesù si sarebbe liberato per mezzo dei suoi poteri, ma
vedendolo sanguinare e soffrire in quel modo, andò nel tempio, trovò i sacerdoti che gli
avevano dato le monete e gliele scagliò per terra, poi uscì dal tempio e si impiccò, la corda si
ruppe velocemente e Giuda fu seppellito in un campo, comprato dai sacerdoti con le stesse
monete gettate da Giuda, in seguito il campo venne adibito a luogo di sepoltura per quanti
non avevano il diritto a giacere nei loro sacri cimiteri.
VI Stazione
La Veronica asciuga il volto di Gesù

MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
Nessun volto è più bello del tuo, Signore Gesù,
che sei venuto a mostrarci lo splendore
della gloria del Padre.
Eppure sulla via della croce,
sfigurato dalla bruttezza dei nostri peccati,
nemmeno d'uomo avevi più l'aspetto.
Fu lei, allora, a guardarti con lo sguardo del cuore;
fu lei, la pia Veronica, ad asciugarti il volto insanguinato;
e tu glielo donasti allora, impresso nel velo,
pieno di fascino nel silente mistero.
Quel gesto di virile coraggio e femminile gentilezza
fu come lo svelamento della tua identità,
o Cristo, Figlio di Dio!
Nella nostra società in cui ogni puro e delicato sentimento
è calpestato e fatto oggetto di volgarità e di disprezzo,
la donna sia ancora e sempre, o Signore,
un supplemento di grazia e di bontà,
una sacra icona da cui irradia
la tua divina, consolatrice bellezza.
Veronica non appare nei Vangeli. Questo nome non viene menzionato, benché vengano fatti
i nomi di varie donne che compaiono accanto a Gesù.
Può essere, dunque, che il nome esprima piuttosto ciò che la donna fece. In effetti, secondo
la tradizione, sulla via del Calvario una donna si fece strada tra i soldati che scortavano Gesù
e con un velo asciugò il sudore e il sangue sul volto del Signore. Quel volto restò impresso
nel velo; un riflesso fedele, una "vera icona". A questo si collegherebbe il nome stesso di
Veronica.
Se è così, questo nome, che rende memorabile il gesto compiuto da questa donna, racchiude
allo stesso tempo la più profonda verità su di lei.
Un giorno, suscitando la critica degli astanti, Gesù prese le difese di una donna peccatrice,
che aveva versato sui suoi piedi olio profumato e li aveva asciugati con i capelli.
All'obiezione che venne fatta in quella circostanza rispose: "Perché infastidite questa donna?
Essa ha compiuto una azione buona verso di me (...). Versando questo olio sul mio corpo, lo
ha fatto in vista della mia sepoltura" (Mt 26, 10. 12). Si potrebbero applicare queste parole
anche alla Veronica.
Si manifesta così la profonda eloquenza dell'evento.
Il Redentore del mondo dona a Veronica un'autentica immagine del suo volto.
Il velo, su cui resta impresso il volto di Cristo, diventa un messaggio per noi. In un certo
senso esso dice: Ecco come ogni atto buono, ogni gesto di vero amore verso il prossimo
rafforza in chi lo compie la somiglianza col Redentore del mondo.
Gli atti d'amore non passano. Ogni gesto di bontà, di comprensione, di servizio lascia nel
cuore dell'uomo un segno indelebile, che lo rende sempre più simile a colui che "spogliò se
stesso, assumendo la condizione di servo" (Fil 2, 7).
Così si forma l'identità, il vero nome dell'uomo.
ORAZIONE
Signore Gesù Cristo,
tu che hai accettato
il gesto disinteressato d'amore di una donna
e in cambio hai fatto sì
che le generazioni la ricordino
con il nome del tuo volto,
concedi che le opere nostre,
e di tutti coloro che verranno dopo di noi,
ci rendano simili a te
e lascino al mondo il riflesso del tuo infinito amore.
A te, Gesù, splendore della gloria del Padre,
lode e gloria nei secoli.
Amen.
Serafia era una bella donna coraggiosa che assisteva il doloroso cammino di Gesù, più volte
aveva ricevuto l’impulso di confortarlo anche attraverso un sorso d’acqua. Era giunto il suo
momento, lo vide stanco che grondava di sudore, lacrime e sangue; Serafia gli porse da bere
ma venne impedita dai soldati, allora gli asciugò il viso con il telo di lino che aveva sulle
spalle, sul quale rimase impresso il volto formato dai liquidi delle entità fisico-eterica,
astrale ed Io del corpo. Da quel giorno venne chiamata Veronica come vera icona.
Ciò che si è impresso in quel telo si imprime in ogni cuore puro e limpido come l’acqua,
grazie alla potenza dell’amore che attira ciò che emana.
VII Stazione
Gesù cade la seconda volta

MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
La prima caduta di un uomo
può suscitare sentimenti di pena e comprensione,
la ricaduta, invece, suscita spesso scandalo e indignazione.
Chi potrà mai conoscere il mistero di umiltà
nascosto nel tuo ripetuto venir meno lungo la via,
Gesù, uomo dei dolori?
Davvero tu hai voluto essere provato in ogni cosa
come noi, eccetto il peccato.
Proprio per l'amore che ti ha spinto
a rivestirti delle nostre infermità
sei diventato per noi fortezza e scudo di difesa
contro gli assalti ricorrenti del male.
Cadremo, sì, cadremo forse tante volte ancora
sotto la sferza della tentazione,
ma Tu ci sosterrai, Signore,
e ci farai di nuovo camminare a testa alta,
partecipi della tua regale dignità.
Ecco, nella polvere della terra sta il Condannato. Schiacciato dal peso della sua croce. Le
forze lo abbandonano sempre più. Ma pur a fatica si rialza, per continuare il cammino.
Che cosa dice a noi, uomini peccatori, questa seconda caduta? Più ancora della prima,
sembra esortare a rialzarci, a rialzarci un'altra volta sulla nostra via della croce.
Cyprian Norwid ha scritto: "Non dietro a se stessi con la croce del Salvatore, ma dietro al
Salvatore con la propria croce". Massima breve, ma che dice moltissimo. Spiega in quale
senso il cristianesimo sia la religione della croce.
Lascia intendere che ogni uomo incontra quaggiù il Cristo che porta la croce e cade sotto di
essa.
A sua volta Cristo, sulla via del Calvario, incontra ogni uomo e, cadendo sotto il peso della
croce, non cessa di annunziare la buona novella.
Da duemila anni il vangelo della croce parla all'uomo.
Da venti secoli Cristo, che si rialza dalla caduta, incontra l'uomo che cade.
Lungo questi due millenni molti hanno sperimentato che cadere non significa la fine del
cammino.
Incontrando il Salvatore, si sono sentiti da lui rassicurare: "Ti basta la mia grazia; la mia
potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza" (2 Cor 12, 9).
Si sono rialzati confortati ed hanno trasmesso al mondo la parola della speranza che sgorga
dalla croce.
Oggi, varcata la soglia del nuovo millennio, siamo chiamati ad approfondire il contenuto di
questo incontro.
È necessario che la nostra generazione rechi ai secoli futuri la buona novella del nostro
rialzarci in Cristo.
ORAZIONE
Signore Gesù Cristo,
che cadi sotto il peso del peccato dell'uomo
e ti rialzi per assumerlo su di te e cancellarlo,
da' a noi, uomini deboli,
la forza di portare la croce della quotidianità
e di rialzarci dalle nostre cadute,
per recare alle generazioni che verranno
il Vangelo della tua potenza salvifica.
A te, Gesù, sostegno della nostra debolezza,
la lode e la gloria nei secoli.
Amen.
La salita al Calvario appariva lunga e faticosissima, era costella da sassi, pietre e anche
fango. Uomini e donne assistevano ai lati della strada ostacolando il cammino, mentre i
legionari romani a cavallo scortavano il condannato, un trombettiere precedeva il corteo e ad
ogni crocevia suonava la sentenza di morte. Costretto a passare vicino ad una grande pietra,
Gesù barcollando inciampò nuovamente e cadde rovinosamente a terra con entrambi i
ginocchi e la croce sulla schiena.
La caduta dell’uomo assume forme e aspetti sempre nuovi, il Signore cade nella polvere e
nel fango per venirci incontro, egli ci guarda nel cuore per farci risvegliare, cade per
rialzarci.
VIII Stazione
Gesù incontra le donne e i pastori

MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
Una donna aveva un giorno versato sui tuoi piedi, Gesù,
lacrime di amore e pentimento.
Ancora una donna - e si chiamava Maria -
durante un'ultima cena
aveva versato sul tuo capo profumo di nardo purissimo...
Ora ti vengono incontro, piangenti,
le "figlie di Gerusalemme",
le donne della stirpe di Rachele,
per fare su di Te l'accorato lamento.
Sì, è ben giusto che Tu sia pianto
come un figlio primogenito, il più caro, votato alla morte.
Ma Tu le inviti a piangere sulla loro sorte di madri desolate,
di madri spogliate,
come alberi da frutto investiti dalla bufera.
Sono una moltitudine, queste donne, sopra la terra...
Piangono, sì, piangono, le madri
su quest'ora tragica della nostra storia,
ma in seno a Te e in seno alla tua Madre
versino il fiume delle loro lacrime,
perché ogni dolore abbia la sua compassione,
la grazia dell'amore che redime.
Se, mentre seguiamo Cristo sulla via della croce, si desta nei nostri cuori la compassione per
la sua sofferenza, non possiamo dimenticare quell'ammonimento.
"Se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?".
Per la nostra generazione, che si lascia un millennio alle spalle, più che di piangere su Cristo
martoriato, è ora di "riconoscere il tempo in cui è visitata".
Già risplende l'aurora della risurrezione.
"Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza" (2 Cor 6, 2).
A ciascuno di noi Cristo rivolge queste parole dell'Apocalisse: "Sto alla porta e busso. Se
qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con
me. Il vincitore lo farò sedere presso di me, sul mio trono, come io ho vinto e mi sono assiso
presso il Padre mio sul suo trono" (3, 20-21).
ORAZIONE
Cristo, che sei venuto in questo mondo,
per visitare tutti coloro che attendono la salvezza,
fa' che la nostra generazione
riconosca il tempo in cui viene visitata
e abbia parte ai frutti della tua redenzione.
Non permettere che su noi
e sugli uomini del nuovo secolo
si debba piangere perché abbiamo respinto
la mano del Padre misericordioso.
A te, Gesù, nato dalla Vergine Figlia di Sion,
onore e gloria nei secoli eterni.
Amen.
Verso il calvario, le due Marie, Miriam ed altre donne di Gerusalemme, piangevano vicine al
Signore; Gesù gli disse: “Non piangete su di me, perché se trattano così il legno verde che
avverrà di quello secco? Non piangete, perché sebbene io vada via, passando per la porta
della croce, nel primo giorno della settimana, sollevate i vostri cuori, poiché vi incontrerò al
sepolcro”.
Emergono dietro le macerie di un muretto franato un gruppetto di pastori. Desolati, stravolti,
polverosi, stracciati, essi chiamano a loro, con la forza degli sguardi, il loro Maestro. Ed Egli
gira il capo, li vede… li fissa come fossero volti di Angeli, pare dissetarsi e fortificarsi col
loro pianto, e sorride…
Gesù non vuole i nostri pianti sentimentali che ci mantengono statici e immobili, egli ci
porta ad agire verso una conversione di vita che rende responsabili lavoratori del bene, viva
speranza, tralci viventi della vera vite che portano i frutti della vita eterna.
IX Stazione
Gesù cade la terza volta

MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
Signore Gesù, nello schianto della terza caduta
riconosciamo il crollo delle nostre presunzioni.
Tu ci vuoi insegnare ad attendere la salvezza
unicamente da Dio nostro Padre.
Il tuo silenzio di umiltà e il tuo mite patire
ci fanno intuire il segreto della forza interiore
che spinge avanti il tuo cammino di filiale obbedienza.
Possa questa tua forza d'amore
comunicarsi al cuore di ogni uomo
affranto sotto i colpi della prova,
al cuore di ogni giovane ricaduto
nel baratro dell'alienazione...
Venga spezzato il giogo di ogni schiavitù
e, risollevati dal tuo perdono,
tutti gli uomini possano ristorarsi
alla fonte viva del tuo eterno Amore.
Ecco, Cristo è nuovamente stramazzato a terra sotto il peso della croce. La folla, curiosa,
osserva se ancora avrà la forza di rialzarsi.
San Paolo scrive: "Pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua
uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo
simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla
morte e alla morte di croce" (Fil 2, 6?8).
La terza caduta sembra esprimere proprio questo:
la spoliazione, la kenosis del Figlio di Dio,
l'umiliazione sotto la croce.
Ai discepoli Gesù, aveva detto di essere venuto non per essere servito, ma per servire (cfr
Mt 20, 28).
Nel Cenacolo, chinandosi fino a terra e lavando loro i piedi, aveva come voluto abituarli a
questa sua umiliazione.
Cadendo a terra per la terza volta sulla via della croce, ci grida ancora a gran voce il suo
mistero.
Ascoltiamo la sua voce!
Questo Condannato, a terra sotto il peso della croce, nei pressi ormai del luogo del supplizio,
ci dice: "Io sono la via, la verità e la vita" (Gv 14, 6). "Chi segue me, non camminerà nelle
tenebre, ma avrà la luce della vita" (Gv 8, 12).

Non ci sgomenti la vista di un Condannato, che cade a terra sfinito sotto la croce.
Questo esteriore manifestarsi della morte, che si sta avvicinando, nasconde in sé la luce della
vita.
ORAZIONE
Signore Gesù Cristo,
che per la tua umiliazione sotto la croce
hai rivelato al mondo il prezzo della sua redenzione,
da' agli uomini del terzo millennio
la luce della fede,
affinché riconoscendo in te
il Servo sofferente di Dio e dell'uomo,
abbiano il coraggio di seguire lo stesso cammino,
che, attraverso la croce e la spoliazione,
porta alla vita che non avrà fine.
A te, Gesù, sostegno della nostra debolezza,
onore e gloria nei secoli.
Amen.
Gesù portava lentamente la croce assieme a Simone nel punto di massima salita verso la
collina del Golgota. Arrivati quasi in cima, Gesù barcollando ebbe una flessione per
sfinimento, cadde ancora battendo il capo sotto il peso della croce perché veramente
stremato. Il volto sulle pietre nella polvere e la croce sulle spalle feriteIl Cireneo, maltrattato
e sfinito, avrebbe voluto aiutare Gesù a rialzarsi, ma i carnefici lo scacciarono dalla
montagna oltraggiandolo. Con lui furono fatti allontanare tutti quelli del corteo dei quali non
si aveva più bisogno.
Gesù si è rialzato anche da questa nuova caduta, il suo esempio è vera speranza che
dobbiamo portare al mondo intero, dobbiamo rialzarci continuamente utilizzando tutte le
nostre forze poiché quando ci aiutiamo egli ci aiuta. In Te noi ci salviamo, qualsiasi forza
dell’opposizione non ha accesso ad un Io compenetrato dal Cristo.

X Stazione
Gesù è spogliato delle vesti

MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
Sei entrato nel mondo spogliandoti della tua gloria
di Figlio di Dio, per nascere figlio dell'uomo.
In quest'ora decisiva di tutta la storia
anche la tua umanità viene spogliata da mani profane...
Il tuo corpo, quel vergine corpo che si era formato
nel grembo immacolato della Vergine,
è denudato e fatto oggetto di irriverenza e di volgarità.
Eppure Tu sei Re; Tu sei l'unico Signore del mondo!
Vedere Te è vedere la luce,
toccare Te è toccare il fuoco.
Come oseremo guardarti
noi, che ti abbiamo buttato addosso
il fango del nostro peccato?
Portando su di Te la nostra vergogna,
Tu ci rivesti della tua santità.
La tua tunica inconsutile è la veste nuziale
che doni alla tua dilettissima Chiesa.
"Assaggiatolo, non ne volle bere" (Mt 27, 34).
Non volle calmanti, che gli avrebbero annebbiato la coscienza durante l'agonia.
Voleva agonizzare sulla croce consapevolmente, adempiendo alla missione ricevuta dal
Padre.
Ciò era contrario ai metodi usati dai soldati incaricati dell'esecuzione. Dovendo inchiodare
alla croce il condannato, essi cercavano di attutire la sua sensibilità e la sua coscienza.
Nel caso di Cristo non poteva essere così. Gesù sa che la sua morte in croce deve essere un
sacrificio di espiazione.
Per questo vuole conservare la coscienza vigile sino alla fine.
Privo di essa non potrebbe, in modo completamente libero, accettare la piena misura della
sofferenza.
Ecco, egli deve salire sulla croce, per offrire il sacrificio della Nuova Alleanza.
Egli è Sacerdote. Deve entrare mediante il proprio sangue nelle dimore eterne, dopo aver
operato la redenzione del mondo (cfr Eb 9, 12).
Coscienza e libertà: sono gli attributi irrinunciabili di un agire pienamente umano.
Il mondo conosce tanti mezzi per indebolire la volontà ed offuscare la coscienza.
Occorre difenderle gelosamente da tutte le violenze!
Lo stesso legittimo sforzo di attutire il dolore va compiuto sempre nel rispetto della dignità
umana.
Bisogna comprendere profondamente il sacrificio di Cristo, occorre unirsi ad esso per non
cedere, per non permettere che la vita e la morte perdano il loro valore.
ORAZIONE
Signore Gesù,
che con totale dedizione hai accettato la morte di croce
per la nostra salvezza,
rendi noi e tutti gli uomini del mondo
partecipi del tuo sacrificio sulla croce,
affinché il nostro esistere e il nostro operare
abbiano la forma di una partecipazione
libera e consapevole
alla tua opera di salvezza.
A te Gesù, sacerdote e vittima
onore e gloria nei secoli.
Amen.
Giunti al Golgota, la cui locazione terrestre è 31°46’ di Latitudine Nord e 35°14’ di
Longitudine Est, vi erano già due uomini crocifissi legati con corde, quattro guardie romane
(le stesse che lo avevano flagellato da Erode), spogliarono Gesù (il re del cielo deve morire
nudo sulla terra) e lo misero sulla croce legandolo, con la corona di spine sulla testa.
Umiliato e spogliato della veste bianca tessuta da Maria, da quella veste così ben fatta che
appare indivisibile, tanto che i soldati tirano a sorte per ricevere gratuitamente e senza sforzo
quello splendore di Dio che non è più tale una volta allontanato dalla Fonte, senza la nostra
attiva partecipazione. Quella veste di luce è la Tua Grazia che opera attraverso noi e che
riceviamo dalla Fede cosciente in Te; è il Tuo Corpo che ci hai donato e che ci doni
nell’Eucaristia.
XI Stazione
Gesù è inchiodato alla croce

MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
Come una vite rigogliosa che la bufera
ha spogliato dei suoi verdi pampini,
così Tu, appeso al legno della croce,
sei divenuto spettacolo al cielo e alla terra.
Il tuo corpo esteso in dimensione cosmica
è tutto dono e tutto accoglienza.
E l'antico nemico è ancora lì, puntualmente,
per tentare l'ultimo disperato attacco.
"Scendi... ! Salva te stesso!".
Signore Gesù, se Tu fossi sceso dalla croce
noi tutti saremmo perduti;
se Tu avessi mostrato la tua divina potenza,
non sarebbe sgorgato sul mondo il fiume di grazia
che rigenera i credenti a vita nuova.
Benedetto quel legno per mezzo del quale
Tu stesso ti sei inchiodato al volere del Padre
a salvezza di tutti noi!
"Hanno forato le mie mani e i miei piedi, posso contare tutte le mie ossa" (Sal 212, 17?18).
Si compiono le parole del profeta.
Inizia l'esecuzione.
I colpi degli aguzzini schiacciano contro il legno della croce le mani e i piedi del
Condannato.
Nel carpo delle mani i chiodi vengono infissi con prepotenza. Quei chiodi terranno appeso il
condannato fra gli inesprimibili tormenti dell'agonia.
Nel suo corpo e nel suo animo sensibilissimo, Cristo soffre indicibilmente.
Insieme con lui vengono crocifissi due veri malfattori, uno alla sua destra e l'altro alla sua
sinistra. Si compie la profezia: "È stato annoverato fra gli empi" (Is 53, 12).
Quando gli aguzzini alzeranno la croce, inizierà una agonia che durerà tre ore. Bisogna che
si adempia anche questa parola: "Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me" (Gv 12,
32).
Che cosa "attira" in questo Condannato in agonia sulla croce?
L'immagine di una sofferenza tanto intensa desta certamente compassione. Ma la
compassione è troppo poco per indurre a vincolare la propria vita a colui che è appeso alla
croce.
Come spiegare che, generazione dopo generazione, questa terrificante visione abbia attirato
innumerevoli schiere di persone che hanno fatto della croce il distintivo della loro fede?
Di uomini e donne che per secoli hanno vissuto e dato la vita guardando a questo segno?
Cristo attira dalla croce con la potenza dell'amore,
dell'Amore divino, che non si è sottratto al dono totale di sé;
dell'Amore infinito, che ha innalzato da terra sull'albero della croce il peso del corpo di
Cristo, per bilanciare il peso dell'antica colpa;
dell'Amore sconfinato, che ha colmato ogni assenza di amore e ha permesso all'uomo di
trovare rifugio nuovamente tra le braccia del Padre misericordioso.
Cristo innalzato sulla croce attiri anche noi, uomini e donne del nuovo millennio!
All'ombra della croce, "camminiamo nella carità perché anche Cristo ci ha amato e ha dato
se stesso, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore" (cfr Ef 5, 2).
ORAZIONE
Cristo innalzato,
Amore crocifisso,
riempi i nostri cuori del tuo amore,
affinché riconosciamo nella tua croce
il segno della nostra redenzione
e, attratti dalle tue ferite,
viviamo e moriamo con te,
che vivi e regni con il Padre e con lo Spirito,
ora e nei secoli senza fine.
Amen.
Gesù era legato alla croce, tuttavia gli ebrei lo volevano inchiodato, così le guardie lo
trafissero con i chiodi, trapassandogli le mani e i piedi, poi gli offrirono una bevanda
sedativa a base di aceto e mirra, ma Gesù rifiutò.
_______Crocifissione_______
dall'Evangelo di Maria Valtorta
...Gesù, che aveva gli occhi chiusi, all'acuto dolore ha un grido e una contrazione, e spalanca
gli occhi nuotanti fra le lacrime. Deve essere un dolore atroce quello che prova... Il chiodo
penetra spezzando muscoli, vene, nervi, frantumando ossa...
Ma Gesù non grida più, ha solo un lamento roco dietro le labbra fortemente chiuse, e
lacrime di spasimo cadono per terra dopo esser cadute sul legno.
Ora, quelli che erano seduti sul petto di Gesù si alzano per spostarsi sui ginocchi, dato che
Gesù ha un movimento involontario di ritirare le gambe, vedendo brillare al sole il
lunghissimo chiodo, lungo il doppio e largo il doppio di quello usato per le mani. E pesano
sui ginocchi scorticati, e premono sui poveri stinchi contusi, mentre gli altri due compiono
l'operazione, molto più difficile, dell'inchiodatura di un piede sull'altro, cercando di
combinare le due giunture dei tarsi insieme.
Per quanto guardino e tengano fermi i piedi, al malleolo e alle dita, contro il cuneo, il piede
sottoposto si sposta per la vibrazione del chiodo, e lo devono schiodare quasi, perché, dopo
essere entrato nelle parti molli, il chiodo, già spuntato per avere perforato il piede destro,
deve essere portato un poco più in centro. E picchiano, picchiano, picchiano... Non si sente
che l'atroce rumore del martello sulla testa del chiodo, perché tutto il Calvario non è che
occhi e orecchie tese, per raccogliere atto e rumore e gioirne...
Gesù si è saldato al mondo come alla croce, possa questa ulteriore prova donarci la
possibilità di trovare quel legame che ci consente di scoprire la vera Libertà.
Alzarono la croce al centro tra gli altri due condannati e sopra la sua testa, venne affissa una
tavoletta di legno con scritto: Gesù il Cristo, Re degli ebrei.
I sacerdoti si incollerirono quando lessero queste parole poiché avrebbero voluto leggere:
colui che si riteneva Figlio di Dio, ma Pilato disse: “ciò che ho scritto, ho scritto, lasciatelo
stare”.
_______Crocifissione_______
dall'Evangelo di Maria Valtorta
Il sole è strano. Di un giallo rosso d'incendio. E poi pare che l'incendio si spenga di colpo
per un nuvolone di pece che sorge da dietro le catene giudee e che corre veloce per il cielo,
scomparendo dietro ad altri monti. E quando il sole ritorna fuori è così vivo che l'occhio non
lo sopporta che male.
Nel guardare vede Maria, proprio sotto il balzo, che tiene alzato verso il Figlio il suo volto
straziato.
Gesù tace. Anelante per lo sforzo della posizione, per la febbre, per lo stato cardiaco e
respiratorio, conseguenza della flagellazione subita in forma tanto violenta, e anche
dell'angoscia profonda che gli aveva fatto sudar sangue, cerca trovare un sollievo,
alleggerendo il peso che grava sui piedi, sospendendosi alle mani e facendo forza con le
braccia. Forse lo fa anche per vincere un poco il crampo che già tormenta i piedi e che si
tradisce con il tremito muscolare. Ma lo stesso tremore è nelle fibre delle braccia, che sono
sforzate in quella posizione e devono essere gelate nelle loro estremità, perché poste più in
alto e abbandonate dal sangue, che a fatica giunge ai polsi e poi ne geme dai buchi dei
chiodi lasciando senza circolazione le dita. Specie quelle della sinistra sono già cadaveriche
e stanno senza moto, ripiegate verso il palmo. Anche le dita dei piedi esprimono il loro
tormento. Specie gli alluci, forse perché meno è leso il loro nervo, si alzano, si abbassano, si
divaricano.
Il tronco, poi, svela tutta la sua pena col suo movimento, che è veloce ma non profondo, ed
affatica senza dare sollievo. Le coste, molto ampie e alte di loro, perché la struttura di questo
Corpo è perfetta, sono ora dilatate oltre misura per la posizione assunta dal corpo e per
l'edema polmonare che certo si è formato nell'interno. Eppure non servono ad alleggerire lo
sforzo respiratorio, tanto che tutto l'addome aiuta col suo muoversi il diaframma, che sempre
più si va paralizzando.
E la congestione e l'asfissia aumentano di minuto in minuto, come lo indicano il colorito
cianotico che sottolinea le labbra, di un rosso acceso dalla febbre, e le striature di un rosso
violaceo, che spennellano il collo lungo le giugulari turgide e si allargano fino sulle guance,
verso le orecchie e le tempie, mentre il naso è affilato e esangue, e gli occhi affondano in un
cerchio che è livido dove è privo del sangue colato dalla corona.
Sotto l'arco costale sinistro si vede l'urto propagato dalla punta cardiaca, irregolare, ma
violento, e ogni tanto, per una convulsione interna, il diaframma ha un fremito profondo che
si rivela da una distensione totale della pelle, per quanto può stendersi su quel povero Corpo
ferito e morente.
Il Volto ha già l'aspetto che vediamo nelle fotografie della Sindone, col naso deviato e
gonfio da una parte; e anche il tenere l'occhio destro quasi chiuso, per il gonfiore che è da
questo lato, aumenta la somiglianzà. La bocca, invece, è aperta, con la sua ferita sul labbro
superiore ormai ridotta ad una crosta.
La sete, data dalla perdita di sangue, dalla febbre e dal sole, deve essere intensa, tanto che
Egli, con mossa macchinale, beve le stille del suo sudore e del suo pianto, e anche quelle del
sangue che scende dalla fronte fin sui baffi, e si bagna con queste la lingua...
La corona di spine gli vieta di appoggiarsi al tronco della croce per aiutare la sospensione
sulle braccia e alleggerire i piedi. Le reni e tutta la spina si arcua verso l'esterno, stando
staccato dal tronco della croce dal bacino in su per forza di inerzia che fa pendere in avanti
un corpo sospeso come era il suo.
Gesù parla per la prima volta: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno!».
Questa preghiera vince ogni timore in Disma. Osa guardare il Cristo e dice: «Signore,
ricordati di me quando sarai nel tuo Regno. Io è giusto che qui soffra. Ma dammi
misericordia e pace oltre la vita. Una volta ti ho sentito parlare e, folle, ho respinto la tua
parola. Ora me ne pento. E dei miei peccati me ne pento davanti a Te, Figlio dell'Altissimo.
Io credo che Tu venga da Dio. Io credo nel tuo potere. Io credo nella tua misericordia.
Cristo, perdonami in nome di tua Madre e del tuo Padre santissimo».
Gesù si volge e lo guarda con profonda pietà, ed ha un sorriso ancora bellissimo sulla povera
bocca torturata. Dice: «Io te lo dico: oggi tu sarai con me in Paradiso».
Il ladrone pentito si mette calmo e, non sapendo più le preghiere imparate da bambino,
ripete come una giaculatoria: «Gesù Nazareno, re dei giudei, pietà di me; Gesù Nazareno, re
dei giudei, io spero in Te; Gesù Nazareno, re dei giudei, io credo nella tua Divinità».
Ed ecco che la croce è ritta sulla sinistra collina del Golgota o luogo dei teschi, luogo di
morte. Una nube rossastra si pone davanti al sole. L’atmosfera terrestre diviene pesante, dei
fluidi neri sono presenti su tutta la vallata. Più che mai egli si sente solo. Tutto intorno si
erge un silenzio profondo, vogliono udire i suoi gemiti, ma Gesù tace davanti ai suoi
carnefici, come ha fatto davanti ai giudici, il suo sangue gocciola sulla terra, l’aura terrestre
è in trasformazione.
L’agonia comincia.
Le moltitudini ebraiche, le guardie e i condannati, sfidavano Gesù a scendere dalla croce e
lo deridevano. Non hanno compreso che tutta la sua grandezza, tutta la sua divinità,
risiedono giustamente nel fatto che egli non usa i poteri per se stesso. Egli ha usato i suoi
poteri unicamente per aiutare e amare gli altri. È attraverso questo sacrificio che egli diviene
sublime e divino, attraverso questo atto d’Amore Umano Infinito, attraverso il suo esempio,
che egli può donare all’umanità i mezzi per salvarsi.
Questo amore puro e grandioso, debordante della sua personalità, per donarsi interamente ai
suoi fratelli. Gesù è unicamente tutto e manifesta questo grande amore potente per gli altri.
Anche crocifisso non cessa di amare con una grande tenerezza, malgrado tutte le immense
sofferenze.
La terra sente per la prima volta, le divine parole rivolte al cielo: “Padre perdonali, poiché
non sanno quello che fanno”. Anche durante la morte egli conferma il suo insegnamento:
“amate i vostri nemici”. Per essere cristiani non è importante appartenere a una religione, ma
è indispensabile saper perdonare quelli che ci hanno fatto del male, o meglio, amarli. E
amando, voi vivificate tutto intorno a voi. Per essere dei veri cristiani occorre appartenere
alla religione dell’amore «amare significa essere abitati dall’amore. O. Mikhaël Aïvanhov».
Anche i due ladroni insultano Gesù poiché loro furono obbligati a portare la croce fino alla
sommità. Ma uno di essi intende e riconosce l’anima piena d’amore e di luce. La frase
pronunciata da Gesù, gli penetra profondamente come una stella nella notte e opera una
comprensione d’una vita nuova, egli indirizza a Gesù una preghiera che viene esaudita: “tu
sarai con me in Paradiso”.
Ai piedi della croce

Tu Maria
Madre di Dio
ci attiri
ci accogli
ci sostieni
verso la Risurrezione
e la Vita
Vi erano molte donne vicino, ai piedi della croce, anche sua Madre con Giovanni e a lui
disse: “Figlio, ecco tua Madre”, e a lei disse: “Donna, ecco tuo figlio”. Maria diventa la
nuova Madre dell’Umanità. Attraverso Maria si rinasce. Così ogni donna può sentirsi madre
di fronte a un bimbo, ed ogni bimbo può vedere una madre in ogni donna. Questa è la
Chiesa Universale del Cristo, dove l’Amore e la Fratellanza vengono messi al primo posto
nella vita, dove la Pace e la Vita regnano sovrani nel rispetto reciproco, conformando i nostri
passi sull’esempio di Gesù. La Chiesa Cattolica è quella che più fedelmente ha custodito la
Memoria portando nel presente questo Amore che vuole abbracciare e redimere l’umanità.
Al di là di tutti gli errori umani, cerchiamo di partecipare a questo Corpo Vivente che
sempre si rinnova maturando, poiché umano, ma è costellato di persone Sante, sia al suo
interno che fuori. Questo è il nostro compito, riconoscere la Verità e diventare Fratelli,
superando le divisioni; l’unità ci porta al Padre che ci ama immensamente, eterna è la sua
Misericordia.
XII Stazione
Gesù muore in croce

MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
Il potere delle tenebre sembra prevalere:
Tu, Uomo-Dio, tragicamente solo,
sospeso tra la terra e il cielo,
sei l'arbitro della storia.
Questa è l'ora "zero".
Il tuo grido di morente
lacera lo spessore grigio del tempo
e dischiude per noi le soglie radiose
dell'eterno regno dei viventi.
Il gemito del tuo morire
affidandoti alle mani del Padre,
diventa grido di gioia nel cuore della Madre Chiesa
per la nascita dell'uomo nuovo.
Grande è questo mistero!
E Maria, tua-nostra madre, in consapevole silenzio,
presso la tua croce, sta.
"Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno"(Lc 23, 34).
All'apice della passione Cristo non dimentica l'uomo, specialmente non dimentica coloro
che sono direttamente causa della sua sofferenza. Egli sa che l'uomo, più di ogni altra cosa,
ha bisogno d'amore; ha bisogno della misericordia che in questo istante si espande sul
mondo.
"In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso"(Lc 23, 43).
Gesù risponde così alla richiesta del malfattore, appeso alla sua destra: "Gesù, ricordati di
me quando entrerai nel tuo regno" (Lc 23, 42).
La promessa di una nuova vita. Ecco il primo frutto della passione e dell'imminente morte di
Cristo. Una parola di speranza all'uomo.
Ai piedi della croce stava la Madre, e accanto a lei il discepolo, Giovanni evangelista. Gesù
dice: "Donna, ecco il tuo figlio!", e al discepolo: "Ecco la tua madre!".
"E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa"(Gv 19, 26-27).
È il testamento per le persone più care al suo cuore.
Il testamento per la Chiesa.
Gesù morente vuole che l'amore materno di Maria abbracci tutti coloro per i quali egli dà la
vita, l'intera umanità.
Subito dopo, Gesù esclama: "Ho sete" (Gv 19, 28). Parola da cui traspare la terribile arsura,
che brucia l'intero suo corpo.
È la sola parola che manifesta direttamente la sua sofferenza fisica.
Poi Gesù aggiunge: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Mt 27, 46; cfr Sal
213, 2). Sono le parole del Salmo con cui egli prega. La frase, nonostante il suo tenore,
evidenzia la sua unione profonda con il Padre.
Negli ultimi istanti della sua vita sulla terra, Gesù dirige il suo pensiero al Padre. Il dialogo
si svolgerà ormai soltanto tra il Figlio che muore e il Padre che accetta il suo sacrificio
d'amore.
Quando giunge l'ora nona, Gesù grida: "Tutto è compiuto!" (Gv 19, 30).
Ecco, è giunta a compimento l'opera della redenzione.
La missione, per la quale è venuto sulla terra, ha raggiunto il suo scopo.
Il resto appartiene al Padre:
"Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito"(Lc 23, 46).
Detto questo spirò.
"Il velo del tempio si squarciò in due..." (Mt 27, 51).
Il "santo dei santi" nel tempio di Gerusalemme viene aperto nell'istante in cui vi entra il
Sacerdote della Nuova ed Eterna Alleanza.
ORAZIONE
Signore Gesù Cristo,
tu che al momento dell'agonia
non sei rimasto indifferente alla sorte dell'uomo
e insieme al tuo ultimo respiro
hai affidato con amore alla misericordia del Padre
gli uomini e le donne di tutti i tempi
con le loro debolezze ed i loro peccati,
riempi noi e le generazioni future
del tuo Spirito d'amore,
affinché la nostra indifferenza non renda vani in noi
i frutti della tua morte.
A te, Gesù crocifisso, sapienza e potenza di Dio,
onore e gloria nei secoli eterni.
Amen.
_______Crocifissione_______
dall'Evangelo di Maria Valtorta
Il cielo si fa sempre più fosco. Ora difficilmente le nubi si aprono per fare passare il sole.
Ma anzi si accavallano a più e più strati plumbei, bianchi, verdognoli, si sormontano, si
dipanano secondo i giucchi di un vento freddo, che a intervalli scorre il cielo e poi scende
sulla terra e poi tace di nuovo, ed è quasi più sinistra l'aria quando tace, afosa e morta, di
quando fischia tagliente e veloce.
La luce, prima viva fin oltre misura, si va facendo verdastra. E i volti prendono bizzarri
aspetti. I soldati, sotto i loro elmi e nelle loro corazze, prima lucenti ed ora divenute come
appannate nella luce verdastra e sotto il cielo di cenere, mostrano i duri profili come
scalpellati. I giudei, per la maggioranza bruni di pelle e capelli e barba, paiono degli
annegati, tanto il loro volto si fa terreo. Le donne sembrano statue di neve azzurrastra per il
pallore esangue che la luce accentua.
Gesù sembra illividire sinistramente come per inizio di decomposizione, quasi fosse già
morto. La testa gli comincia a pendere sul petto. Le forze mancano rapidamente. Trema,
nonostante la febbre che lo arde. E nella sua debolezza mormora il nome che prima ha solo
detto nel fondo del cuore: «Mamma!», «Mamma!». Lo mormora piano, come in un sospiro,
quasi fosse già in un lieve delirio che gli impedisca di trattenere quanto la volontà vorrebbe
trattenere. E Maria, ogni volta, ha un atto infrenabile di tendere le braccia come per
soccorrerlo.
Molti cominciano a impressionarsi della luce che sta fasciando il mondo, e qualcuno ha
paura. Anche i soldati accennano al cielo e ad una specie di cono, che pare di lavagna tanto è
cupo e che si leva come un pino da dietro una vetta. Sembra una tromba marina. Si alza, si
alza e pare che generi nubi sempre più nere, quasi fosse un vulcano eruttante fumo e lava.
È in questa luce crepuscolare e paurosa che Gesù da a Maria Giovanni e a Giovanni Maria.
Curva il capo, poiché la Madre si è fatta più sotto alla croce per vederlo meglio, e dice:
«Donna, ecco tuo figlio. Figlio, ecco tua Madre».
Maria ha il volto ancor più sconvolto dopo questa parola che è il testamento del suo Gesù,
che non ha nulla da dare alla Madre se non un uomo, Egli che per amore dell'Uomo la priva
dell'Uomo-Dio, nato da Lei. Ma cerca, la povera Madre, di non piangere che mutamente,
perché non può, non può non piangere... Le stille del pianto gemono nonostante ogni sforzo
per trattenerle, anche se la bocca ha il suo straziato sorriso, fissato sulle labbra per Lui, per
confortare Lui...
Le sofferenze crescono sempre più. E la luce sempre più decresce.
Intanto il sangue colava nella terra e alle 16 la luna piena cresceva già interamente coperta
dall’ombra terrestre e parzialmente eclissata nel cielo che si faceva sempre più scuro
«attraverso l’ombra della Terra guardiamo in quello che pare essere il nulla: in realtà è il
luogo in cui danzano gli angeli. Mark Hedsel», vediamo così l’immagine della falce
lunare in ombra dalla quale esce un disco nero, l’impero delle tenebre sembra aver
supremazia, ma nello stesso tempo entra nella terra un cerchio d’oro, una Luce
d’Amore, una Forza Solare; in quel momento Gesù pronuncia l’inizio del salmo 22
“Preghiera del giusto morente”, ed esclama: “Padre (Dio – Sole) perché mi hai
abbandonato”, l’essere umano deve subire l’abbandono di tutti i soccorsi esteriori per
ritrovarsi nella sua anima pura. Ritrovarsi significa conoscersi e afferrare da noi il punto
medio d’equilibrio che ci permette di avanzare stabilmente anche sui terreni più impervi; è
come riuscire a camminare sull’acqua.
Nell’estremo isolamento Gesù entra in comunione con il Padre, quando si ha la sensazione
di essere abbandonati da tutti e da tutto, allora si ritrova il Padre. E in questo momento di
solitudine, tuttavia il Padre è vicinissimo, se il Padre è nell’anima del figlio, il divino è in
tutte le creature.
Gesù pregò ininterrottamente fino alla morte. I suoi gemiti sommessi interrompevano
appena le preghiere e i passaggi dei salmi e dei profeti, che egli recitò nei momenti della sua
passione.
Salmo 22
“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Tu sei lontano dalla mia salvezza”:
sono le parole del mio lamento.
grido di notte e non trovo riposo.
tu, lode di Israele.
hanno sperato e tu li hai liberati;
sperando in te non rimasero delusi.
infamia degli uomini, rifiuto del mio popolo.
storcono le labbra, scuotono il capo:
lo liberi, se è suo amico”.
mi hai fatto riposare sul petto di mia madre.
dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio.
poiché l’angoscia è vicina
e nessuno mi aiuta.
mi assediano tori di Basan.
come leone che sbrana e ruggisce.
sono slogate tutte le mie ossa.
Il mio cuore è come cera,
si fonde in mezzo alle mie viscere.
la mia lingua si è incollata alla gola,
su polvere di morte mi hai deposto.
mi assedia una banda di malvagi;
hanno forato le mie mani e i miei piedi,
Essi mi guardano, mi osservano:
sul mio vestito gettano la sorte.
mia forza, accorri in mio aiuto.
dalle unghie del cane la mia vita.
e dalle corna dei bufali.
ti loderò in mezzo all’assemblea.
gli dia gloria la stirpe di Giacobbe,
lo tema tutta la stirpe di Israele;
né sdegnato l’afflizione del misero,
non gli ha nascosto il suo volto,
ma, al suo grido d’aiuto, lo ha esaudito.
scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.
loderanno il Signore quanti lo cercano:
“Viva il loro cuore per sempre”.
tutti i confini della terra,
si prostreranno davanti a lui
tutte le famiglie dei popoli.
egli domina su tutte le nazioni.
davanti a lui si curveranno
quanti discendono nella polvere.
E io vivrò per lui,
Si parlerà del Signore alla generazione che viene;
al popolo che nascerà diranno:
“Ecco l’opera del Signore! ”.
Poi disse: “ho sete”, Gesù ha sete d’Acqua d’Amore e Vita, è libertà che vola verso la
Divinità.
Un soldato romano immerse una spugna nell’aceto con mirra e la pose sulle sue labbra.
Alle 18 la terra iniziò a tremare e Gesù pronuncia le sue ultime parole: “Mio Dio, Padre,
tutto è compiuto - nelle tue mani rimetto la mia anima e il mio spirito”.
_______Crocifissione_______
dall'Evangelo di Maria Valtorta
Le sofferenze sono sempre più forti. Il corpo ha i primi inarcamenti propri della tetanìa e
ogni clamore di folla li esaspera. La morte delle fibre e dei nervi si estende dalle estremità
torturate al tronco, rendendo sempre più difficoltoso il moto respiratorio, debole la
contrazione diaframmatica e disordinato il movimento cardiaco. Il volto di Cristo passa
alternativamente da vampe di rossore intensissimo a pallori verdastri di morente per
dissanguamento. La bocca si muove con maggiore fatica, perché i nervi sovraffaticati del
collo e del capo stesso, che hanno per decine di volte fatto da leva al corpo tutto puntandosi
sulla sbarra trasversa della croce, propagano il crampo anche alle mascelle. La gola, enfiata
dalle carotidi ingorgate, deve dolere ed estendere il suo edema alla lingua, che appare
ingrossata e lenta nei movimenti. La schiena, anche nei momenti che le contrazioni
tetanizzanti non la curvano ad arco completo dalla nuca alle anche, appoggiate come punti
estremi al tronco della croce, si arcua sempre più in avanti, perché le membra divengono
sempre più pesanti del peso delle carni morte.
La gente vede poco e male queste cose, perché la luce è ormai di un cenere cupo, e solo chi
è ai piedi della croce può vedere bene.
"Gesù si affloscia, un certo momento, tutto in avanti e in sog.is basso, come già morto; non
ansa più, la testa gli pende inerte in avanti, il corpo dalle anche in su è tutto staccato facendo
angolo con le braccia alla croce.
Maria ha un grido: «È morto!». Un grido tragico che si propaga nell'aria nera. E Gesù
appare realmente morto.
Un altro grido femminile le risponde e nel gruppo delle donne vedo un tramestio. Poi una
decina di persone si allontanano sostenendo qualche cosa. Ma non posso vedere chi si
allontana così. È troppo poca la luce nebbiosa. Sembra di essere immersi in una nube di
cenere vulcanica fittissima.
A gran fatica, puntandosi una volta ancora sui piedi torturati, trovando forza nella sua
volontà, unicamente in quella, Gesù si irrigidisce sulla croce, torna eretto come fosse un
sano nella sua forza completa, alza il volto guardando con occhi bene aperti il mondo steso
ai suoi piedi, la città lontana, che appena si intravvede come un biancore incerto nella
foschia, e il cielo nero dal quale ogni azzurro ed ogni ricordo di luce sono scomparsi. E a
questo cielo chiuso, compatto, basso, simile ad una enorme lastra di lavagna scura, Egli
grida a gran voce, vincendo con la forza della volontà, col bisogno dell'anima, l'ostacolo
delle mascelle irrigidite, della lingua ingrossata, della gola edematica: «Eloi, Eloi, lamma
scebacteni!».
La gente ride e lo scherza. Lo insulta: «Non sa che farne Dio di Te! I demoni sono maledetti
da Dio!».
Altri gridano: «Vediamo se Elia, che Egli chiama, viene a salvarlo».
E altri: «Dategli un poco d'aceto, che si gargarizzi la gola. Fa bene alla voce! Elia o Dio,
poiché è incerto ciò che il folle vuole, sono lontani... Ci vuoi voce per farsi sentire!», e
ridono come iene o come demoni.
Ma nessun soldato da l'aceto e nessuno viene dal Cielo per dare conforto. È l'agonia
solitària, totale, crudele, anche soprannaturalmente crudele, della Grande Vittima.
Tornano le valanghe di dolore desolato che già l'avevano oppresso nel Getsemani. Tornano
le onde dei peccati di tutto il mondo a percuotere il naufrago innocente, a sommergerlo nella
loro amaritudine. Torna soprattutto la sensazione, più crocifiggente della croce stessa, più
disperante di ogni tortura, che Dio ha abbandonato e che la preghiera non sale a Lui...
Ed è il tormento finale. Quello che accelera la morte, perché spreme le ultime gocce di
sangue dai pori, perché stritola le superstiti fibre del cuore, perché termina ciò che la prima
cognizione di questo abbandono ha iniziato: la morte. Perché di questo per prima cosa è
morto il mio Gesù, o Dio, che lo hai colpito per noi! Dopo il tuo abbandono, per il tuo
abbandono, che diventa una creatura? O un folle, o un morto. Gesù non poteva divenire
folle, perché la sua intelligenza era divina e, spirituale come è l'intelligenza, trionfava sopra
il trauma totale del colpito da Dio. Divenne dunque un morto: il Morto, il santissimo Morto,
l'innocentissimo Morto. Morto Lui che era la Vita. Ucciso dal tuo abbandono e dai nostri
peccati.
L'oscurità si fa ancora più fitta. Gerusalemme scompare del tutto. Lo stesso Calvario pare
annullarsi nelle sue falde. Solo la cima è visibile, quasi che le tenebre la tengano alta a
raccogliere l'unica e l'ultima superstite luce, posandola come per una offerta, col suo trofeo
divino, su uno stagno di onice liquida, perché sia vista dall'amore e dall'odio.
E dalla luce non più luce viene la voce lamentosa di Gesù: «Ho sete!».
Vi è infatti un vento che asseta anche i sani. Un vento continuo, ora, violento, pieno di
polvere, freddo, pauroso. Penso quale spasimo avrà dato col suo soffio violento ai polmoni,
al cuore, alle fauci di Gesù, alle sue membra gelate, intormentite, ferite. Ma proprio tutto si è
messo a torturare il Martire.
Un soldato va ad un vaso dove i satelliti del boia hanno messo dell'aceto col fiele, perché col
suo amaro aumenti la salivazione nei suppliziati. Prende la spugna immersa nel liquido, la
infila su una canna sottile eppure rigida, che è già pronta lì presso, e porge la spugna al
Morente.
Gesù si tende avido verso la spugna che viene. Pare un infante affamato che cerchi il
capezzolo materno.
Maria, che vede e certo pensa questa cosa, geme, appoggiandosi a Giovanni: «Oh! ed io
neppure una stilla di pianto gli posso dare... Oh! seno mio, che non gemi latte? Oh! Dio,
perché, perché così ci abbandoni? Un miracolo per la mia Creatura! Chi mi solleva per
dissetarlo del mio sangue, posto che latte non ho?...».
Gesù, che ha succhiato avidamente l'aspra e amara bevanda, torce il capo, avvelenato dal
disgusto di essa. Deve, oltretutto, essere come del corrosivo sulle labbra ferite e spaccate.
Si ritrae, si accascia, si abbandona. Tutto il peso del corpo piomba sui piedi e in avanti. Sono
le estremità ferite quelle che soffrono la pena atroce dello slabbrarsi sotto il peso di un corpo
che si abbandona. Non più un movimento per sollevare questo dolore. Dal bacino in su, tutto
è staccato dal legno, e tale resta.
La testa pende in avanti tanto pesantemente che il collo pare scavato in tre posti: al giugolo,
completamente infossato, e di qua e di là dello sternocleidomastoideo. Il respiro è sempre
più- anelante, ma interciso. È già più un rantolo sincopato che un respiro. Ogni tanto un
colpo di tosse penosa porta una schiuma lievemente rosata alle labbra. E le distanze fra una
espirazione e l'altra diventano sempre più lunghe. L'addome è già fermo. Solo il torace ha
ancora dei sollevamenti, ma faticosi, stentati... La paralisi polmonare si accentua sempre più.
E sempre più fievole, tornando al lamento infantile del bambino, viene l'invocazione:
«Mamma!». E la misera mormora: «Sì, tesoro, sono qui». E quando la vista che si vela gli fa
dire: «Mamma, dove sei? Non ti vedo più. Anche tu mi abbandoni?», e non è neanche una
parola, ma un mormorici che appena è udibile da chi più col cuore che con l'udito raccoglie
ogni sospiro del Morente, Ella dice: «No, no, Figlio! Non ti abbandono io! Sentimi, caro...
La Mamma è qui, qui è... e solo si tormenta di non poter venire dove Tu sei...».
È uno strazio... E Giovanni piange liberamente. Gesù deve sentire quel pianto. Ma non dice
niente. Penso che la morte imminente lo faccia parlare come in delirio e neppure sappia
quanto dice e, purtroppo, neppure comprenda il conforto materno e l'amore del Prediletto.
Longino — che inavvertitamente ha lasciato la sua posa di riposo, con le mani conserte sul
petto e una gamba accavallata, ora una, ora l'altra, per dare sollievo alla lunga attesa in piedi,
e ora invece è rigido sull'attenti, la mano sinistra sulla spada, la destra regolarmente tesa
lungo il fianco, come fosse sui gradini del trono imperiale — non vuole commuoversi. Ma il
suo volto si altera nello sforzo di vincere l'emozione, e gli occhi hanno un luccicore di
pianto che solo la sua ferrea disciplina trattiene.
Gli altri soldati, che giocavano a dadi, hanno smesso e si sono drizzati in piedi, rimettendosi
gli elmi che avevano servito ad agitare i dadi, e stanno in gruppo presso la scaletta scavata
nel tufo, silenziosi, attenti. Gli altri sono di servizio e non possono mutare posizione.
Sembrano statue. Ma qualcuno dei più prossimi, e che sente le parole di Maria, mugola
qualcosa fra le labbra e scrolla il capo.
Un silenzio. Poi, netta nell'oscurità totale, la parola: «Tutto è compiuto!», e poi l'ansito
sempre più rantoloso, con pause di silenzio fra un rantolo e l'altro, sempre più vaste.
Il tempo scorre su questo ritmo angoscioso. La vita torna quando l'aria è rotta dall'anelito
aspro del Morente... La vita cessa quando questo suono penoso non si ode più. Si soffre a
sentirlo... si soffre a non sentirlo... Si dice: «Basta di questa sofferenza!», e si dice: «Oh!
Dio! che non sia l'ultimo respiro».
Le Marie piangono tutte, col capo contro il rialzo terroso. E si sente bene il loro pianto,
perché tutta la folla ora tace di nuovo per raccogliere i rantoli del Morente.
Ancora un silenzio. Poi, pronunciata con infinita dolcezza, con ardente preghiera, la
supplica: «Padre, nelle tue mani raccomando lo spirito mio!».
Ancora un silenzio. Si fa lieve anche il rantolo. È appena un soffio limitato alle labbra e alla
gola.
Poi, ecco, l'ultimo spasimo di Gesù. Una convulsione atroce, che pare voglia svellere il
corpo infisso, coi tre chiodi, dal legno, sale per tre volte dai piedi al capo, scorre per tutti i
poveri nervi torturati; solleva tre volte l'addome in una maniera anormale, poi lo lascia dopo
averlo dilatato come per sconvolgimento dei visceri, ed esso ricade e si infossa come
svuotato; alza, gonfia e contrae tanto fortemente il torace, che la pelle si infossa fra coste e
coste che si tendono, apparendo sotto l'epidermide e riaprendo le ferite dei flagelli; fa
rovesciare violentemente indietro, una, due, tre volte il capo, che percuote contro il legno,
duramente; contrae in uno spasimo tutti i muscoli del volto, accentuando la deviazione della
bocca a destra, fa spalancare e dilatare le palpebre sotto cui si vede roteare il globo oculare e
apparire la sclerotica. Il corpo si tende tutto; nell'ultima delle tre contrazioni è un arco teso,
vibrante, tremendo a vedersi, e poi un grido potente, impensabile in quel corpo sfinito, si
sprigiona, lacera l'aria, il «grande grido» di cui parlano i Vangeli e che è la prima parte della
parola «Mamma»... E più nulla...
La testa ricade sul petto, il corpo in avanti, il fremito cessa, cessa il respiro. È spirato.

Ora è in tutti noi.


Un soldato mosso dalla compassione, vedendo tanta agonia, prese una lancia e gli trafisse il
costato, la lancia entrò tra le costole a destra e arrivò fino al cuore; tutto era compiuto.
Tutto è compiuto
L’esempio di un uomo
diventa una scuola di vita
per l’umanità.

Gesù è morto, ma il Cristo è vivente.


Egli è veramente “UNO”, con la coscienza cosmica.
Egli si sente “UNO”, con tutti gli uomini, che fanno parte di lui e lui con loro, nell’anima.
Con il suo incommensurabile amore, egli prende spiritualmente le loro vite nella sua e le
trasforma.
Essendo elevato fino alla coscienza d’unità suprema, egli può donare tutto ciò che ha
conquistato.
Può scendere in ciascuna anima che voglia riceverlo, che voglia elevarsi ed aprirsi al divino.
La vera comunione: l’unione dell’uomo con il Cristo, è ciò che si chiama “Grazia Divina”.
Il vero centro della vita è davanti a noi, il Cristo è il suo centro in tutte le anime umane, così
il centro cristico è ovunque. Ciascun Figlio dell’Uomo è chiamato a divenire Figlio di Dio,
poiché ciascun uomo è un Cristo in potenza.
Affinché questo Cristo si risvegli, tutte le persone umane dovranno vivere, in linee generali,
gli stessi passaggi della passione di Gesù, affrontare e vincere tutti i timori, tutti i dolori,
tutte le prove e la morte stessa, senza alcun altro aiuto che la coscienza chiara del divino in
sé.
Gesù non ha voluto la sua morte per salvare l’umanità, la sua morte è stata voluta dai
sacerdoti della chiesa di quell’epoca, che vedevano in lui, un troppo potente riformatore.
Allora non è il sacrificio di una vittima innocente che può redimere gli uomini, redimere da
cosa? Dal peccato originale? Dogma servente da maschera a una creazione incompresa:
l’origine dell’umanità.
Il valore sublime del suo atto è stato di avere coscientemente accettato la morte, che egli non
meritava, senza reagire, senza lamentarsi, ma perdonando e insegnando, attraverso
l’esempio e il sacrificio della propria vita per amore altrui. Attraverso il suo esempio ha
mostrato all’Umanità come può salvarsi, ha tracciato un cammino per vincere le tenebre.
Non sono le preghiere indirizzate a un “Dio” che salveranno l’Umanità, ma unicamente le
buone azioni, la dedizione, l’amore che noi avremo per gli altri «l’amore che non vuole
imporre nulla è una forza immensamente potente. Carlo Guglielmo».
Egli ha saputo vivere questa filosofia dell’Amore Puro fino all’ultimo sospiro e al di là della
sua morte corporale.
Gesù, morto alla vita della forma per elevarsi alla vita infinita, eterna, con la coscienza
radiosa di una morte volontariamente accettata, ma vinta, egli attinge la potenza di aiutare
veramente tutti gli uomini, suoi fratelli e infondere la sua vita a ciascuna anima che lotta e
spera.
Le sue azioni di vita spirituale possono compiere una vasta e rapida trasformazione del
genere umano che non si abbandoni al fanatismo religioso o all’egoismo «bisogna
abbandonare i sentieri delle valorizzazioni umane e là, nei sentieri nascosti, nell'intimità
della mia espressione universale, camminare con me, e superarli nella gioia ardente
dell'amore. Questo sentimento profondo, pure straziante il cuore, matura e nobilita l'anima,
la rendono atta alla comprensione progressiva e totale, scoprendo a poco a poco lo sfavillìo
gioioso e vitale del verbo amare. Lucie Piazzo».
Gesù aveva compreso che per salvare l’umanità doveva mostrare come si deve amare,
poiché è solamente attraverso l’amore che l’umanità potrà salvarsi, un amore illimitato che
superi il sentimento della famiglia, della nazione, della razza e si trasformi in Amore
Universale per tutti gli uomini, al fine di preparare la futura epoca dell’uomo e la futura
Umanità Divina.
Gesù comprende che non può vincere il profondo egoismo radicato nel cuore degli uomini,
che attraverso l’esempio del più grande sacrificio di se stesso. Il suo Insegnamento è un
Esempio Vivente di grandezza spirituale fusa con la divinità.
La sofferenza di Gesù fu immensa, attraverso la sua elevata sensibilità, medianità e
chiaroveggenza, soffrì come uomo e anche come Figlio di Dio, abbracciando in Lui,
idealmente, tutto il male dell’umanità.
Il Mistero del Golgota non è che la liberazione dell’io dall’egoismo della persona, morire
dall’essere apparente per vivere nell’essere eterno. Tutto il dramma del Golgota non è che
un dramma d’amore e di coscienza. Con il suo esempio, ci insegna l’abbandono della
religione esteriore del tempio del Padre, per realizzare la vera religione, quella del santuario
spirituale interiore della coscienza, del cuore. L’umanità attuale sta arrivando alla sommità
del suo calvario, nel momento in cui gli avvenimenti esteriori sembrano suonare il rintocco
di morte, il cristianesimo illuminerà la marcia degli uomini verso un avvenire radioso
«all’uomo della nostra epoca, ebbro di quel progresso esteriore del quale le forze aberranti si
sono servite per togliergli la coscienza della sua spiritualità e per fargli dimenticare il Cielo,
all’uomo della nostra epoca spetta proprio il compito di conoscere se stesso nella luce di
quell’Immagine che, attraverso il Mistero del Golgota, il Cristo stesso ha deposto in lui
come un seme. È in quella luce che l’uomo della nostra epoca deve riprendere
coscientemente nelle proprie mani le sorti dell’evoluzione dell’Umanità. Se non fa questo,
tradisce e rinnega se stesso, rinnega l’Immagine divina che giace in lui. Le forze aberranti,
nemiche della giusta evoluzione dell’Umanità, hanno messo nelle mani dell’uomo le chiavi
della morte. Per avere queste chiavi all’uomo è bastato servirsi della pura intelligenza. Per la
conquista delle chiavi della vita, la pura intelligenza non basta; le astrazioni, i filosofemi che
l’intelletto può formulare sono del tutto insufficienti, anzi, ridevoli nella loro inadeguatezza.
Occorre tutta la disposizione dell’anima e dello Spirito, occorre una volontà potentemente
determinante affinché l’uomo possa ridestarsi dal profondo torpore in cui ristagna,
beffardamente circondato da tutti i più geniali trovati della tecnica, per riprendere nelle
proprie mani il suo destino. Egli non è stato collocato sulla Terra per diventare
semplicemente terra della Terra, ma per spiritualizzare la Terra, per continuare, nell’azione
sostenuta dalla buona volontà e illuminata dalla Divina Immagine deposta in lui, per
consentire quell’accensione, quell’espansione spirituale della Terra che è stata iniziata dal
Cristo stesso nel compiere il Mistero del Golgota. Mario Viezzoli».
La potente ondata di vita spirituale e divina apportata dal Cristo sulla terra, ha trasformato la
sua aura e trasformerà gli uomini che, dopo tante sofferenze, comprenderanno le ragioni e lo
seguiranno. Allora l’uomo non sarà più un lupo per i suoi simili, ma un Fratello.
In questo momento le religioni non hanno più nulla da insegnare, poiché vi è un solo Dio per
tutti: l’Amore, e un solo tempio, la cui volta è formata dal Cielo e l’altare dal cuore di tutti
gli Uomini.
La Resurrezione di Gesù
Ecco la primavera che ritorna;
così nei vostri cuori,
tutto deve rinascere
al fuoco dell’amore.

Lucie Piazzo
L’Io nasce dal fuoco.
Walter Holtzapfel
Fondato è il regno dell’eternità,
nell’amore e nella pace termina la lotta,
trascorso è il lungo sogno di dolore,
Sofia è, in eterno, sacerdotessa dei cuori.

Novalis
Il suo volto brillò come il sole.
Matteo 17,2
Quando portiamo i nostri pensieri e i nostri sentimenti a colloquio con le pure luminose
regioni dell’universo per costruire le forze di pace, armonia, bellezza, amore e vita, attiriamo
in noi vere energie di resurrezione. Risorgere alla Vita, alla sorgente di Vita pura, che saprà
trovare il cammino che conduce l’Eterno. Tutto è Evoluzione, tutto è Vita, tutto è
Trasformazione. Trasformiamo le azioni in bontà per mezzo dell’educazione, diventando
comprensivi per amare e assai umili per sapere educare.
L’evento centrale dell’evoluzione umana, prosegue con la spiritualizzazione del corpo fisico.
La terra venne scossa fortemente, il tempio di Gerusalemme tremò, molti scesero giù dal
Golgota, presi dalla paura poiché la terra si apriva.
_______Terremoto e fulmini_______
dall'Evangelo di Maria Valtorta
La Terra risponde al grido dell'Ucciso con un boato pauroso. Sembra che da mille buccine
dei giganti traggano un unico suono e su questo tremendo accordo ecco le note isolate,
laceranti dei fulmini che rigano il cielo in tutti i sensi, cadendo sulla città, sul Tempio, sulla
folla... Credo che ci saranno stati dei fulminati, perché la folla è colpita direttamente. I
fulmini sono l'unica luce saltuaria che permetta di vedere. E poi subito, e mentre durano
ancora le scariche delle saette, la terra si scuote in un turbine di vento ciclonico. Il terremoto
e l'aeromoto si fondono per dare un apocalittico castigo ai .bestemmiatori. La vetta del
Golgota ondeggia e balla come un piatto in mano di un pazzo, nelle scosse sussultorie e
ondulatorie che scuotono talmente le tre croci che sembra le debbano ribaltare.
Longino, Giovanni, i soldati si abbrancano dove possono, come possono, per non cadere.
Ma Giovanni, mentre con un braccio afferra la croce, con l'altro sostiene Maria che, e per il
dolore e per il traballio, gli si è abbandonata sul cuore. Gli altri soldati, e specie quelli del
lato che scoscende, si sono dovuti rifugiare al centro per non essere gettati giù dai dirupi. I
ladroni urlano di terrore, la folla urla ancora di più e vorrebbe scappare. Ma non può.
Cadono le persone l'una sull'altra, sì pestano, precipitano nelle spaccature del suolo, si
feriscono, rotolano giù per la china, impazziti.
Per tre volte si ripete il terremoto e l'aeromoto, e poi si fa l'immobilità assoluta di un mondo
morto. Solo dei lampi, ma senza tuono, rigano ancora il cielo e illuminano la scena dei
giudei fuggenti in ogni senso, con le mani fra i capelli, o tese in avanti, o alzate al cielo,
schernito fino allora e di cui ora hanno paura. La oscurità si tempera di un barlume di luce
che, aiutato dal lampeggio silenzioso e magnetico, permette di vedere che molti restano al
suolo, morti o svenuti, non so. Una casa arde nell'interno delle mura e le fiamme si alzano
dritte nell'aria ferma, mettendo un punto di rosso fuoco sul verde cenere dell'atmosfera.
La Pasqua ebraica era ormai alle porte, mancavano poche ore al sabato.
Giuseppe di Arimatea e Nicodemo (l’uomo dalla brocca), andarono dal governatore Pilato
per chiedere il permesso di avere il corpo di Gesù e poterlo quindi posare in un sepolcro,
egli acconsentì.
XIII Stazione
Gesù è deposto dalla croce
Via Crucis, Scuola Veneta - Sec. XVIII
Cattedrale - Padova

MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
Sotto la croce, pronta a raccoglierti
come il grappolo maturo staccato dalla vite,
sta la tua Madre: calice traboccante di amore e di dolore.
Ma anche altre donne - le più fedeli -
rimangono a guardarti,
il cuore in piena per l'empatia con la tua morte
e il tacito dolore di Maria.
Ti sono presenti, in esse, tutte le madri,
tutte le figlie, le spose, le sorelle,
tutte le donne, ministre di carità e di consolazione.
Di loro Tu hai sempre bisogno
nella persona di chi soffre, di chi muore.
Suscita ancora, Signore Gesù,
donne della stirpe di Maria,
icone viventi della tua tenera pietà,
perché, dalla culla alla tomba e anche oltre,
ogni umana creatura possa sentirsi amata
e custodita, nel tuo santo Nome,
in seno alla santa madre Chiesa.
Hanno restituito nelle mani della Madre il corpo senza vita del Figlio. I Vangeli non parlano
di ciò che ella ha provato in quell'istante.
È come se gli Evangelisti, col silenzio, volessero rispettare il suo dolore, i suoi sentimenti e i
suoi ricordi. O, semplicemente, come se ritenessero di non essere capaci di esprimerli.
È stata soltanto la devozione plurisecolare a conservare l'immagine della "Pietà", fissando
così nella memoria del popolo cristiano l'espressione più dolorosa di quell'ineffabile legame
d'amore sbocciato nel cuore della Madre il giorno dell'annunciazione e maturato nell'attesa
della nascita del divin Figlio.
Quell'amore si è rivelato nella grotta di Betlemme,
è stato sottoposto alla prova già durante la presentazione al tempio,
si è approfondito insieme con gli eventi conservati e meditati nel suo cuore (cfr Lc 2, 51).
Adesso quest'intimo legame d'amore deve trasformarsi in un'unione che supera i confini
della vita e della morte.

E così sarà lungo tutto l'arco dei secoli:


gli uomini si fermano presso la statua della Pietà di Michelangelo; si inginocchiano davanti
all'immagine della Mesta Benefattrice (Smetna Dobrodziejka) nella chiesa dei Francescani,
a Cracovia, dinanzi alla Madre dei Sette Dolori, Patrona della Slovacchia;
venerano l'Addolorata in tanti santuari in ogni parte del mondo. Essi apprendono così il
difficile amore che non fugge di fronte alla sofferenza, ma si abbandona fiduciosamente alla
tenerezza di Dio, a cui nulla è impossibile (cfr Lc 1, 37).
ORAZIONE
Salve, Regina, mater misericordiæ;
vita, dulcedo et spes nostra, salve.
Ad te clamamus...
illos tuos misericordes oculos ad nos converte.
Et Iesum, benedictum fructum ventris tui,
nobis post hoc exilium ostende.
Impetraci la grazia della fede, della speranza e della carità,
affinché anche noi, come te,
sappiamo perseverare sotto la croce
fino all'estremo respiro.
Al tuo Figlio, Gesù, nostro Salvatore,
con il Padre e con lo Spirito Santo,
ogni onore e gloria nei secoli dei secoli.
Amen.
Giuseppe aveva preparato un olio prezioso a base di Aloe e Mirra per ungere il corpo del
Signore. Assieme a Nicodemo si diressero sul Golgota.
_______Deposizione_______
dall'Evangelo di Maria Valtorta
Maria alza il capo dal petto di Giovanni e guarda il suo Gesù. Lo chiama, perché mal lo vede
nella poca luce e coi suoi poveri occhi pieni di pianto. Tre volte lo chiama: «Gesù! Gesù!
Gesù!». È la prima volta che lo chiama per nome da quando è sul Calvario. Infine, ad un
lampo che fa come una corona sopra la vetta del Golgota, lo vede, immobile, tutto pendente
in avanti, col capo talmente piegato in avanti, e a destra, da toccare con la guancia la spalla e
col mento le coste, e comprende. Tende le mani che tremano nell'aria scura e grida: «Figlio
mio! Figlio mio! Figlio mio!». Poi ascolta... Ha la bocca aperta, pare voglia ascoltare anche
con quella, come ha dilatati gli occhi per vedere, per vedere... Non può credere che il suo
Gesù non sia più...
Giovanni, che anche lui ha guardato e ascoltato, ed ha compreso che tutto è finito, abbraccia
Maria e cerca allontanarla dicendo: «Non soffre più».
Ma, prima che l'apostolo termini la frase, Maria, che ha capito, si svincola, gira su se stessa,
si curva ad arco verso il suolo, si porta le mani agli occhi e grida: «Non ho più Figlio!».
E poi vacilla e cadrebbe se Giovanni non se la raccogliesse tutta sul cuore, e poi egli si
siede, per terra, per sostenerla meglio sul suo petto, finché le Marie, non più trattenute dal
cerchio superiore di armati — perché, ora che i giudei sono fuggiti, i romani si sono
ammucchiati sulla piazzuola sottostante commentando l'accaduto — sostituiscono l'apostolo
presso la Madre.
La Maddalena si siede dove era Giovanni, e quasi si adagia Maria sui ginocchi, sostenendola
fra le braccia e il suo petto, baciandola sul volto esangue, riverso sulla spalla pietosa. Marta
e Susanna, con la spugna e un lino intrisi nell'aceto, le bagnano le tempie e le narici, mentre
la cognata Maria le bacia le mani chiamandola con strazio, e appena Maria riapre gli occhi, e
gira uno sguardo che il dolore rende come ebete, le dice: «Figlia, figlia diletta, ascolta...
dimmi che mi vedi... Sono la tua Maria... Non mi guardare così!...». E poiché il primo
singhiozzo apre la gola di Maria e le prime lacrime cadono, ella, la buona Maria d'Alfeo,
dice: «Sì, sì, piangi... Qui con me, come da una mamma, povera, santa figlia mia»; e quando
si sente dire: «Oh! Maria! Maria! hai visto?», ella geme: «Sì, sì,... ma... ma... figlia... oh!
figlia!...». Non trova più altro e piange, l'anziana Maria. Un pianto desolato, a cui fanno eco
tutte le altre, ossia Marta e Maria, la madre di Giovanni e Susanna.
Le altre pie donne non ci sono più. Penso siano andate via, e con esse i pastori, quando si udì
quel grido femminile...
Spuntano da dietro la roccia Giuseppe e Nicodemo. Certo si erano rifugiati lì, dietro il riparo
del monte, per salvarsi dai fulmini. Vanno da Longino. «Vogliamo il Cadavere».
«Solo il Proconsole lo concede. Andate, e presto, perché ho sentito che i giudei vogliono
andare al Pretorio ed ottenere il crucifragio. Non vorrei facessero sfregio».
«Come lo sai?».
«Rapporto dell'alfiere. Andate. Io attendo».
I due si precipitano giù per la strada ripida e scompaiono.
È qui che Longino si accosta a Giovanni e gli dice piano qualche parola che non afferro. Poi
si fa dare da un soldato una lancia. Guarda le donne tutte intente a Maria, che riprende
lentamente le forze. Esse hanno, tutte, le spalle alla croce.
Longino si pone di fronte al Crocifisso, studia bene il colpo e poi lo vibra. La larga lancia
penetra profondamente da sotto in su, da destra a sinistra.
Giovanni, combattuto fra il desiderio di vedere e l'orrore di vedere, torce per un attimo il
viso,.
«È fatto, amico», dice Longino e termina: «Meglio così. Come a un cavaliere. E senza
spezzare ossa... Era veramente un Giusto!».
Dalla ferita geme molt'acqua e un filino appena di sangue già tendente a raggrumarsi. Geme,
ho detto. Non esce che filtrando dal taglio netto che rimane inerte, mentre, se vi fosse stato
del respiro, si sarebbe aperto e chiuso nel moto toracico addominale...
Mentre sul Calvario tutto resta in questo tragico aspetto, Giuseppe e Nicodemo scendono per
una scorciatoia per fare più presto.
Affrettano la corsa verso la città.
La città è in preda del terrore. Gente che vaga battendosi il petto. Gente che fa un salto
indietro o si volge spaventata sentendo dietro una voce o un passo.
È raggiunto il Pretorio. E solo qui, mentre attendono di essere ricevuti dal Proconsole,
Giuseppe e Nicodemo riescono a sapere il perché di tanti terrori. Molti sepolcri si erano
aperti sotto la scossa tellurica, e c'era chi giurava averne visto uscire gli scheletri, che per un
attimo si ricomponevano con parvenza umana e andavano accusando i colpevoli del deicidio
e maledicendoli.
Comprendo che lo crede ancora vivo. Né si ricrede altro che quando un soldato, urtandolo
con l'asta, dice: «Alzati e taci. Non serve! Dovevi pensarci prima. È morto. E io, pagano, te
lo dico: Costui, che voi avete crocifisso, era realmente il Figlio di Dio!».
Il palmo sinistro è schiodato. Il braccio cade lungo il Corpo, che ora pende semistaccato.
Dicono a Giovanni di salire lui pure, lasciando le scale alle donne. E Giovanni, montato
sulla scala dove prima era Nicodemo, si passa il braccio di Gesù intorno al collo e lo tiene
così, tutto abbandonato sul suo òmero, abbracciato dal suo braccio alla vita e tenuto per la
punta delle dita per non urtare l'orrendo squarcio della mano sinistra, che è quasi aperta.
Quando i piedi sono schiodati, Giovanni fatica non poco a tenere e sostenere il Corpo del
suo Maestro fra la croce e il suo corpo.
Maria si pone già ai piedi della croce, seduta con le spalle alla stessa, pronta a ricevere il suo
Gesù nel grembo.
Ma schiodare il braccio destro è l'operazione più difficile. Nonostante ogni sforzo di
Giovanni, il Corpo pende tutto in avanti e la testa del chiodo sprofonda nella carne. E,
poiché non vorrebbero ferirlo di più, i due pietosi faticano molto. Finalmente il chiodo è
afferrato dalla tenaglia e estratto piano piano.
Giovanni tiene sempre Gesù per le ascelle, con la testa rovesciata sulla sua spalla, mentre
Nicodemo e Giuseppe lo afferrano uno alle cosce, l'altro ai ginocchi, e cautamente scendono
così dalle scale.
Giunti a terra, vorrebbero adagiarlo sul lenzuolo che hanno steso sui loro mantelli. Ma Maria
lo vuole. Si è aperta il manto, lasciandolo pendere da una parte, e sta con le ginoc-chia
piuttosto aperte per fare cuna al suo Gesù.
Mentre i discepoli girano per darle il Figlio, la testa coronata ricade all'indietro e le braccia
pendono verso terra, e struscerebbero al suolo con le mani ferite se la pietà delle pie donne
non le tenessero per impedirlo.
Ora è in grembo alla Madre... E sembra uno stanco e grande bambino che dorma tutto
raccolto sul seno materno. Maria lo tiene col braccio destro passato dietro le spalle del Figlio
e il sinistro passato al disopra dell'addome per sorreggerlo alle anche.
La testa è sulla spalla materna. E Lei lo chiama... lo chiama con voce di strazio. Poi se lo
stacca dalla spalla e lo carezza con la sinistra, ne raccoglie e stende le mani e, prima di
incrociarle sul grembo spento, le bacia, e piange sulle ferite. Poi carezza le guance, specie là
dove è il livido e il gonfiore, bacia gli occhi infossati, la bocca rimasta lievemente storta a
destra e socchiusa.
Vorrebbe ravviargli i capelli, come gli ha ravviato la barba ingrommata di sangue. Ma nel
farlo incontra le spine. Si punge per levare quella corona e non vuole farlo che Lei, con
l'unica mano che ha libera, e respinge tutti dicendo: «No, no! Io! Io!», e pare abbia fra le dita
il capo tenerello di un neonato, tanto va con delicatezza nel farlo. E quando può levare
questa torturante corona, si curva a medicare tutti gli sgraffi delle spine con i baci.
Con la mano tremante divide i capelli scomposti, li ravvia e piange, e parla piano piano, e
asciuga con le dita le lacrime che cadono sulle povere carni gelide e sanguinose, e pensa di
pulirle col pianto e col suo velo, che è ancora ai lombi di Gesù. E ne tira a sé una estremità,
e con quella si da a detergere ed asciugare le membra sante. E sempre torna in carezze sul
volto, e poi sulle mani, e poi carezza le ginocchia contuse, e poi risale ad asciugare il Corpo,
su cui cadono lacrime e lacrime.
È nel fare questo che la sua mano incontra lo squarcio del costato. La piccola mano, coperta
dal lino sottile, entra quasi tutta nell'ampia bocca della ferita. Maria si curva per vedere,
nella semiluce che si è formata, e vede. Vede il petto aperto e il cuore di suo Figlio. Urla,
allora. Sembra che una spada apra a Lei il cuore. Urla, e poi si rovescia sul Figlio e pare
morta Lei pure.
La soccorrono, la confortano. Le vogliono levare il Morto divino e, poiché Ella grida:
«Dove, dove ti metterò, che sia sicuro e degno di Te?», Giuseppe, tutto curvo in un inchino
riverente, la mano aperta appoggiata sul petto, dice: «Confortati, o Donna! Il mio sepolcro è
nuovo e degno di un grande. Lo dono a Lui. E questo, Nicodemo, amico, già nel sepolcro ha
portato gli aromi, che egli questo vuole offrire di suo. Ma, te ne prego, poiché la sera si
avvicina, lasciaci fare... È Parasceve. Sii buona, o Donna santa!».
Anche Giovanni e le donne pregano in tal senso, e Maria si lascia levare dal grembo la sua
Creatura, e si alza, affannosa, mentre lo avvolgono nel lenzuolo, pregando: «Oh! fate
piano!».
Nicodemo e Giovanni alle spalle, Giuseppe ai piedi, sollevano la Salma avvolta non solo nel
lenzuolo, ma appoggiata anche sui mantelli che fanno da portantina, e si avviano giù per la
via.
Maria, sorretta dalla cognata e dalla Maddalena, seguita da Marta, Maria di Zebedeo e
Susanna, che hanno raccolto i chiodi, le tenaglie, la corona, la spugna e la canna, scende
verso il sepolcro.
Sul Calvario restano le tre croci, di cui quella di centro è nuda e le due altre hanno il loro
vivo trofeo che muore.
Dopo aver collocato le scale dietro alla croce, Giuseppe e Nicodemo vi salirono, con il
martello tolsero i chiodi delle mani e dei piedi; ad ogni colpo, le donne che erano sedute ai
piedi della croce, provarono fremiti di angoscia. Gesù venne così schiodato e fatto scendere
lentamente.
_______La Sacra Sindone_______
Antonio Bigliardi da Anna Katharina Emmerick - Maria Valtorta
Dopo la deposizione, il santissimo corpo di Gesù venne ricoperto con un panno di lino dalle
ginocchia ai fianchi, poi fu deposto fra le braccia della Madre addolorata. La Vergine era
seduta al suolo sopra una coperta, col dorso appoggiato su alcuni mantelli arrotolati. Aveva
il ginocchio destro un poco rialzato, sul quale riposava il santo capo di Gesù, il cui corpo era
steso sul sudario.
Ella baciava e adorava quel corpo orribilmente sfigurato e insanguinato, contemplandone le
profonde piaghe e i terribili patimenti, mentre Maria Maddalena abbandonava delicatamente
il volto sui suoi sacratissimi piedi.
Nel suo indicibile dolore la santa Vergine conservava una magnifica prontezza d’animo. Ella
non poteva lasciare il corpo di suo Figlio in quell’orribile stato, perciò incominciò a
cancellare le tracce degli oltraggi che aveva sofferto.
Con estrema delicatezza gli tolse la corona di spine, aprendola dal lato posteriore, quindi
posò la corona vicino ai chiodi.
Maria lavò il capo e il volto insanguinato del Signore, passando la spugna bagnata sui suoi
capelli per toglierne il sangue raggrumato. Via via che ella detergeva il santo corpo del
Figlio, contemplandone le numerose piaghe, aumentavano la compassione e la tenerezza per
le immani sofferenze che egli aveva subito.
La santa Vergine gli lavò le piaghe del capo, il sangue gli riempiva gli occhi, le narici e le
orecchie, con una spugna e un piccolo lino steso sulle dita della mano destra. Allo stesso
modo gli pulì la bocca semiaperta, la lingua, i denti e le labbra.
Poi la santa Madre suddivise la capigliatura di suo Figlio in tre parti, una per ogni tempia e
l’altra dietro il capo. Quando ebbe sgrovigliati i capelli davanti e li ebbe resi lucidi e lisci, li
fece passare dietro le orecchie. Una volta ripulito il capo, dopo aver baciato il Figlio sulle
guance, passò infine a ripulire il collo, le spalle, il petto, il dorso, le braccia e le sue tenere
mani piagate.
La Madonna addolorata lavò e ripulì, una ad una, tutte le numerose e orribili piaghe. Allora
solamente le fu possibile vedere in tutti i minimi particolari gli spaventosi martìri subiti dal
Figlio. Maria medicava tutti i graffi e le punture della corona di spine con i suoi baci,
versando lacrime che cadevano sul gelido corpo tutto contuso e ferito, lacrime e lacrime
d’Amore immenso, quasi a colmare quell’intensa sete che il Figlio ha sofferto, senza avere
una sola goccia d’acqua come conforto, lacrime cadono su Gesù, bagnando anche quel telo
di lino che avvolgerà il santissimo corpo.
Al lato sinistro del petto si trovava una piccola piaga, da cui era uscita la punta della lancia;
al lato destro si apriva la larga ferita dov’era entrata la lancia che aveva attraversato il cuore.
Maria Maddalena, in ginocchio, aiutava Maria, senza lasciare i piedi del Signore. Li
bagnava per l’ultima volta con le sue lacrime, li asciugava con la sua capigliatura e vi
appoggiava il suo pallido volto.
Il santissimo corpo, che aveva assunto un colore bianco bluastro, perché freddo e
dissanguato al suo interno, riposava sulle ginocchia di Maria, la quale, lavati il capo, il petto
e i piedi del Figlio, li coprì con un velo e iniziò a passare il balsamo profumato su tutte le
sante piaghe. Maria santissima gli unse anche i capelli, poi prese nella sua mano sinistra
entrambe le mani di Gesù e le baciò con profondo amore, alla fine riempì con un unguento i
larghi buchi prodotti dai chiodi, e lo stesso fece con la profonda piaga del costato.
Il profumo che viene cosparso in abbondanza sul corpo di Gesù, dovrebbe essere il nostro
profumo della conoscenza di Cristo nel mondo intero.
Quando la santa Vergine ebbe passato tutte le ferite, avvolse il capo nei lini, ma senza
coprire ancora il volto. Ella chiuse gli occhi semiaperti del Signore, lasciando riposare sopra
la sua mano; poi gli chiuse anche la bocca, baciò il santo corpo e accostò il suo viso a quello
del Figlio. Ella abbracciò per l’ultima volta le sante spoglie di Gesù e se ne distaccò con
profonda commozione.
Il corpo del Salvatore tutto spalmato di mirra, unguenti e olio aromatico profumato, venne
adagiato su un lino lavorato a maglia, la Sindone, stesa su una tavola di pietra, il telo viene
poi ripiegato sul corpo di Gesù. Egli scompare sotto la grossa tela della Sindone. Ora è una
forma coperta da un telo ben aderente al corpo. Gesù ormai è annullato, la sua forma si
confonde sotto il lino, sembra un lungo mucchio di tela, più stretto ai vertici e più largo al
centro, appoggiato sul grigio della pietra. Maria piange più forte.
Versarono acqua di mirra su tutto il santo corpo e, trattandolo con rispettoso amore, gli
fecero riprendere la sua lunghezza, perché le ginocchia erano rimaste sollevate come al
momento della morte sulla croce.
Successivamente l’unsero bene e lo riempirono di aromi e di pacchetti d’erbe, che misero in
abbondanza tra le gambe per tutta la loro lunghezza. Il tutto fu cosparso con una polvere
preziosa che Nicodemo aveva portato con sé.
Inginocchiatasi vicino al volto di Gesù, la Madonna gli avvolse strettamente un lino
finissimo intorno al capo e alle spalle. Aveva ricevuto questo lino dalla moglie di Pilato, e lo
portava avvolto al collo sotto il mantello.
Maria, riempì di erbe, di aromi e di polvere odorosa lo spazio tra le spalle e le guance del
Signore, mentre Maddalena versava un flacone di balsamo nella piaga del costato. Poi le
spoglie vennero messe nel grande lenzuolo funebre acquistato da Giuseppe d’Arimatea.
Mentre rendevano l’estremo omaggio alla santa salma di Gesù, l’immagine del Cristo
apparve impressa sul lenzuolo funebre (la Sindone) che lo ricopriva.
Le contusioni feroci dei reni sono state l’agente chimico più potente nel miracolo della
Sindone. Quei reni, demoliti e franti dai flagelli, non hanno più potuto lavorare, filtrare, e
l’urea si è accumulata e sparsa nel sangue, nel corpo, provocando le sofferenze da
intossicazione uremica e il reagente che trasudando dal Cadavere fissò l’impronta indelebile
sulla tela.
XIV Stazione
Gesù è posto nel sepolcro

MEDITAZIONE
di Giovanni Paolo II
Sul monte Calvario è sceso, con la sera, un grande silenzio.
Il dolore non ha più lacrime, non ha più parole
mentre, avvolto nel bianco lenzuolo,
il corpo del più bello tra i figli dell'uomo
viene deposto nella roccia scavata a sepolcro.
Giuseppe di Arimatea, discepolo buono,
compie per il suo dolce Maestro
gli ultimi gesti dell'umana pietà
e della religiosa devozione.
Ora il re dorme, vigilato da guardie,
ma non è sepolta con Lui l'intrepida speranza.
Sì, perché dopo il suo intimo tormento
egli vedrà la luce,
dopo essersi offerto in espiazione,
gli darà una lunga discendenza (cf Is 53, 10-11).
Nel cuore della notte
il seme si prepara a germinare;
già l'aria si va profumando di n uova primavera:
ne hanno un presagio, indugiando là, nel giardino,
l'ardente Maria di Magdala e l'altra Maria...
"Fu crocifisso, morì e fu sepolto...".
Il corpo senza vita di Cristo è stato posto nel sepolcro. La pietra sepolcrale non è tuttavia il
suggello definitivo della sua opera.
L'ultima parola non appartiene alla falsità, all'odio e alla sopraffazione.
L'ultima parola verrà pronunciata dall'Amore, che è più forte della morte.
"Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce
molto frutto" (Gv 12, 24).
Il sepolcro è l'ultima tappa del morire di Cristo nel corso dell'intera vita terrena; è segno del
suo supremo sacrificio per noi e per la nostra salvezza.
Ben presto, ormai, questo sepolcro diverrà il primo annuncio di lode e di esaltazione del
Figlio di Dio nella gloria del Padre.
"Fu crocifisso, morì e fu sepolto, (...) il terzo giorno risuscitò da morte".
Con la deposizione del corpo senza vita di Gesù nel sepolcro, ai piedi del Golgota, la Chiesa
inizia la veglia del Sabato Santo.
Maria conserva nel profondo del cuore e medita la passione del Figlio;
le donne si danno appuntamento per il mattino del giorno dopo il sabato, per ungere con
aromi il corpo di Cristo;
i discepoli si raccolgono, nel nascondimento del Cenacolo, finché non sia passato il sabato.
Questa veglia terminerà con l'incontro presso il sepolcro, il sepolcro vuoto del Salvatore.
Allora il sepolcro, testimone muto della risurrezione, parlerà.
La pietra ribaltata, l'interno vuoto, le bende per terra,
questo sarà ciò che vedrà Giovanni, giunto al sepolcro insieme con Pietro:
"Vide e credette" (Gv 20, 8).
Ed insieme a lui credette la Chiesa,
che da quel momento non si stanca di trasmettere al mondo questa fondamentale verità della
sua fede:
"Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti" (1 Cor 15, 20).
Il sepolcro vuoto è segno della definitiva vittoria
della verità sulla menzogna,
del bene sul male,
della misericordia sul peccato,
della vita sulla morte.
Il sepolcro vuoto è segno della speranza che "non delude"(Rm 5, 5).
"La nostra speranza è piena di immortalità" (cfr Sap3, 4).
ORAZIONE
Signore Gesù Cristo,
che dal Padre, nella potenza dello Spirito Santo,
sei stato condotto dalle tenebre della morte
alla luce di una nuova vita nella gloria,
fa' che il segno del sepolcro vuoto
parli a noi e alle generazioni future
e diventi fonte di viva fede,
di carità generosa
e di saldissima speranza.
A te, Gesù, presenza nascosta e vittoriosa
nella storia del mondo,
onore e gloria nei secoli.
Amen.
Infine lo posero in un sepolcro ancora nuovo, costruito nella roccia e situato in un giardino
ricco di fiori, vicino alla casa di Giuseppe.
Coricarono il corpo su una roccia coperta di erbe aromatiche, quindi uscirono dalla grotta e
fecero rotolare un masso davanti all’ingresso.
Caifa aveva inviato un gruppo di uomini per assicurarsi che il corpo di Gesù fosse nella
tomba.
Nella notte il giardino si illuminò tanto che alcuni fuggirono dalla paura.
Il corpo fisico è anima manifesta ma l’anima vive anche senza il corpo fisico.
La materia è energia in movimento che si dissocia lentamente ma continuamente dagli atomi
che la compongono. Questo processo può essere accelerato sia nel senso della
disintegrazione che della materializzazione.
La terra tremò di nuovo, grosse crepe si aprivano nella terra e questa accolse il corpo fisico
del Signore; Colui che libera e apre le coscienze.
Meditazione conclusiva di Giovanni Paolo II
La croce è un segno visibile del rifiuto di Dio da parte dell’uomo. Il Dio vivente è venuto in
mezzo al suo popolo mediante Gesù Cristo, suo eterno Figlio, che è diventato uomo: figlio
di Maria di Nazaret.
Ma “i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1,11).
Hanno ritenuto che dovesse morire come un seduttore del popolo. Davanti al pretorio di
Pilato hanno sollevato il grido ingiurioso: “Crocifiggilo, crocifiggilo” (Gv 19,6).
La croce è diventata il segno del rifiuto del Figlio di Dio da parte del suo popolo eletto; il
segno del rifiuto di Dio da parte del mondo. Ma in pari tempo la medesima croce è
diventata il segno della accettazione di Dio da parte dell’uomo, da parte di tutto il Popolo
di Dio, da parte del mondo.
Chiunque accoglie Dio in Cristo, lo accoglie mediante la croce. Chi ha accolto Dio in
Cristo, lo esprime mediante questo segno: egli si segna infatti col segno della croce sulla
fronte, sulle braccia e sul petto, per manifestare e per professare che nella croce egli ritrova
di nuovo tutto se stesso: anima e corpo, che in questo segno abbraccia e stringe Cristo e il
suo regno.
Quando, nel centro del pretorio romano, Cristo si è presentato agli occhi della folla, Pilato
lo ha additato dicendo: “Ecco l’uomo” (Gv 19,5). E la folla rispose: “Crocifiggilo!”.
La croce è diventata il segno del rifiuto dell’uomo in Cristo. In modo singolare camminano
di pari passo il rifiuto di Dio e dell’uomo. Gridando “crocifiggilo”, la folla di
Gerusalemme ha pronunciato la sentenza di morte contro tutta questa verità sull’uomo, che
ci è stata rivelata da Cristo, Figlio di Dio.
È stata quindi respinta la verità sull’origine dell’uomo e sul fine del suo pellegrinaggio
sulla terra. È stata respinta la verità circa la sua dignità e la sua più alta vocazione. È stata
respinta la verità sull’amore, che tanto nobilita e unisce gli uomini, e sulla misericordia che
solleva anche dalle più grandi cadute.
Ed ecco che qui, in questo luogo in cui - secondo una tradizione - gli uomini a causa di
Cristo venivano oltraggiati e condannati a morte - nel Colosseo - è stata messa, da molto
tempo, la croce in segno della dignità dell’uomo, salvata dalla croce. In segno della verità
sull’origine divina e sul fine del suo pellegrinare. In segno dell’amore e della misericordia
che sollevano dalla caduta ogni volta, in un certo senso, rinnovando il mondo.
Ecco la croce: ecco il legno della croce (“Ecce lignum crucis”).
Essa è il segno del rifiuto di Dio e il segno dell’accettazione di lui. Essa è il segno del
vilipendio dell’uomo, e il segno della sua elevazione. Il segno della vittoria.
Cristo ha detto: “Io quando sarò elevato da terra (sulla croce), attirerò tutti a me” (Gv
12,32).
Siamo venuti, sul far della notte del Venerdì Santo, a queste rovine del Colosseo romano,
che è stato teatro del rifiuto di Dio e del vilipendio dell’uomo mediante la croce. Ed ecco
essa è diventata il simbolo dell’accettazione di Dio in Cristo crocifisso, e della più grande
dignità dell’uomo.
Siamo venuti noi, i figli di questo secolo che è diventato di nuovo teatro di tale rifiuto di Dio
da parte dell’uomo, come forse raramente è capitato nella storia. È diventato teatro
dell’offesa e dell’oppressione dell’uomo in tanti vari modi.
Siamo qui venuti, e i nostri pensieri si soffermano presso la croce il cui mistero permane e
la cui realtà si ripete in circostanze sempre nuove, in mezzo ai segni dei tempi, sempre
nuovi.
Questo rifiuto di Dio da parte dell’uomo, da parte dei sistemi, che spogliano l’uomo di
questa sua dignità che egli possiede da Dio in Cristo, di questo amore che soltanto lo
Spirito di Dio può diffondere nei nostri cuori, questo rifiuto, ripeto, verrà bilanciato,
dall’accettazione, intima e fervente, di Dio che ha parlato a noi nella croce di Cristo? Verrà
bilanciato questo rifiuto dall’accettazione dell’uomo in questa sua dignità e in questo
amore, il cui inizio sta nella croce?
Ecco la principale domanda che sgorga dal cuore dell’uomo che, il Venerdì Santo, è
raccolto accanto alla croce presso il Colosseo e segue le orme della “via crucis” di Cristo.
Però, la via di Cristo e la sua croce non sono soltanto una domanda, sono un’aspirazione,
un’aspirazione perseverante ed inflessibile e un grido, un grande grido dei cuori.
Gridiamo quindi e preghiamo con Cristo:
“Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34).
“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 27,46).
“Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,46).
Gridiamo e preghiamo come facendo eco a queste parole di Cristo:
Padre, accoglici tutti nella croce di Cristo; accogli la Chiesa e l’umanità, la Chiesa e il
mondo.
Accogli coloro che accettano la croce; coloro che non la capiscono e coloro che la evitano;
coloro che non la accettano e coloro che la combattono nell’intento di cancellare e di
sradicare questo segno dalla terra dei viventi.
Padre, accoglici tutti nella croce del tuo Figlio!
Accogli ciascuno di noi nella croce di Cristo. Senza guardare a tutto ciò che passa nel cuore
dell’uomo, senza guardare ai frutti delle sue opere e degli avvenimenti del mondo
contemporaneo, accetta l’uomo!
La croce del tuo Figlio rimanga il segno dell’accoglienza del figliol prodigo da parte del
Padre.
Rimanga il segno dell’alleanza, dell’alleanza nuova ed eterna.
Egli ha rivelato l’amore del Padre nel suo amore. Dall’altezza della sua Croce ha il diritto
di parlare agli uomini di tutti i tempi “Chi vede me vede il Padre”! (cf. Gv 14,9).
Egli ci ha rivelato mediante la sua Croce e la sua passione il Padre di tutti i figli prodighi.
Egli ci ha rivelato mediante la sua morte, che nel mondo c’è l’Amore – l’Amore: più forte
della morte. E più forte del peccato. Egli ci ha rivelato Dio, “ricco di misericordia” (Ef
2,4). Egli ha aperto dinanzi a noi la via della speranza.
Ed ecco: noi, che al termine del Venerdì Santo romano ci troviamo vicino al Colosseo,
presso la Croce dei secoli, desideriamo per mezzo della tua Croce e della tua Passione, o
Cristo, gridare oggi verso questa Misericordia, che in modo irreversibile è entrata nella
storia dell’uomo, nel nostro intero mondo umano – e che nonostante le apparenze di
debolezza è più forte del male. È la più grande potenza e forza sulla quale possa
appoggiarsi l’uomo, minacciato da tante parti.
Sì. Sulla Croce Cristo si è dimostrato Signore: ha accettato la morte ed ha dato la vita.
Non è semplicemente “morto”, ma “ha dato la vita”.
“Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15, 13)
Egli ha dato la vita!
Ha accolto la morte ed ha dato la vita.
Le sue ultime parole sulla Croce: “Padre, nelle tue mani consegno! . . . consegno il mio
spirito” (cf. Lc 23, 46). Ha dato la sua vita per noi. Per tutti gli uomini. “Noi” siamo
soltanto una piccola parte di tutti coloro, per i quali Cristo ha dato la vita. Non vi è un
uomo, dall’inizio sino alla fine del mondo, per il quale egli non abbia dato la vita.
Egli ha dato la vita per tutti. Ho redenti tutti. La Croce è segno della redenzione universale:
“ecce enim propter lignum venit gaudium in universo mundo”.
“Venit gaudium . . .”.
La Croce è la porta, attraverso la quale Dio è entrato definitivamente nella storia
dell’uomo. E permane in essa.
La Croce è la porta, attraverso la quale Dio incessantemente entra nella nostra vita.
Proprio per questo ci segniamo col segno della Croce, e diciamo contemporaneamente “nel
nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”.
E mentre tracciamo il segno della Croce sulla fronte, tra le spalle e sul cuore, pronunciamo
anche le parole.
Queste parole sono un invito a Dio, affinché venga. E le uniamo al segno della Croce,
perché Dio entri nel cuore dell’uomo mediante la Croce.
E così egli entra in ogni lavoro, pensiero e parola: in tutta la vita dell’uomo e del mondo.
La Croce ci apre a Dio. La Croce apre il mondo a Dio.
E nel segno della Croce è data anche la benedizione.
Così fanno Vescovi e sacerdoti. Così fanno i genitori sul bambino. Per la Croce di Cristo
aspettiamo il bene definitivo da Dio stesso e tutti i beni che a quello ci avvicinano.
Tutto ciò è espresso da ogni benedizione. Anche da quella che tra breve vi impartirò.
“Stat crux, dum volvitur orbis”.
Tutto passa; permane la Croce tra il mondo e Dio.
Mediante la Croce Dio permane nel mondo.
“Crucem tuam adoramus, Domine”.
Carissimi fratelli e sorelle!
Che questo giorno del Venerdì Santo, dedicato al mistero della Croce, che noi oggi abbiamo
meditato, ci avvicini sempre più al Dio Vivente: Padre, Figlio e Spirito Santo.
Il segno della morte di Cristo vivifichi in noi la sua presenza e la sua forza.
Amen.
Ecco il legno della croce.
Ecco il legno sul quale Cristo, Figlio del Dio vivente, Cristo, Figlio di Maria di Nazaret, ha
compiuto la redenzione del mondo.
La Chiesa adora oggi questo legno salvifico e al tempo stesso si rivolge ad esso con umile
preghiera: “O crux, ave, spes unica!”.
“O croce di nostra salvezza, albero tanto glorioso . . . Or piega i tuoi rami frondosi,
distendi le rigide fibre, si allenti quel rigido legno che porti con te per natura: accogli su un
morbido tronco le membra del Cristo Signore” (Antifona e inno del Venerdì Santo).
La croce sostiene col suo abbraccio mortale il corpo di Cristo, fino a che “tutto è
compiuto”. Solo allora essa restituisce il corpo morto alla Madre dolorosa, e inizia la
sepoltura del Crocifisso.
Tale mistero dell’abbraccio mortale della croce col corpo del Figlio di Dio continua nella
storia del mondo.
E continua anche la gloria della redenzione legata per sempre alla croce del Calvario.
Quindi la Chiesa - e in essa il Vescovo di Roma, quale indegno custode di questo
inscrutabile Mistero - grida agli uomini del passato e del futuro; grida soprattutto a tutti i
contemporanei: “Venite adoremus! Venite adoremus!”: da tutti i confini della terra; da tutti
i continenti; da tutte le nazioni e razze; da tutte le lingue e culture.
Uomini di ogni età e professione, in qualsiasi stato della vostra esperienza umana vi
troviate, qualunque sia il prezzo che pagate nella vostra vita, qualunque sia il peso che
grava sulla vostra coscienza, qualunque sia il vuoto che minaccia il vostro spirito.
Venite! Venite!
Adoriamo insieme la croce di Cristo, che si è legata inseparabilmente alla storia di questa
terra.
Adoriamo insieme la croce su cui è morto il Figlio di Dio! Per mezzo di questa croce Dio
non morirà mai nella storia dell’uomo!
“In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso” (Lc 23, 43). Chi è quel Crocifisso che
parla in questo modo a un altro condannato? Non è lo stesso Gesù di Nazaret che all’inizio
della sua missione messianica diceva: “Il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al
Vangelo” (Mc 1, 14-15)? Ecco, al termine del suo ministero messianico, raccoglie il frutto
anche nell’anima del malfattore convertito: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo
regno” (Lc 23, 42).
Le parole di Gesù sono una risposta proprio a questa domanda. Fratello, il regno di Dio è
vicino, il regno di Dio è nella tua anima.
Ed ecco - dall’alto della croce - una nuova parola del Figlio dell’uomo. Di quanta
importanza è questa parola che in un certo senso completa l’intero Vangelo! Quanto
profondamente nasce dal cuore del Vangelo!
“Donna, ecco il tuo figlio . . . Ecco la tua madre” (Gv 19, 27).
La Madre perde il figlio e, al tempo stesso, riceve un figlio; riceve molti figli e molte figlie.
Tutti e tutte coloro, a cui il Figlio ha dato la potenza “di diventare figli di Dio” (Gv 1, 12);
figli nel Figlio.
Il discepolo riceve la Madre. La Chiesa riceve la Madre. L’umanità riceve la Madre.
È meravigliosa la ricchezza della quale ci arricchisce colui, che per noi è diventato povero.
“Ho sete” (Gv 19, 28).
Sì. Hanno sete le labbra secche, il palato e la lingua arsi dalla febbre dell’agonia.
Ancor di più ha sete l’anima di Cristo. Sete infinita che abbraccia tutto. Sete che, sin
dall’inizio, va fino al termine e oltre il termine: fino a “quando il Figlio gli sottometterà
ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti” (cf. 1 Cor 15, 28).
“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”? (Sal 22, 2).
Con queste parole inizia il salmo 22, e il Figlio dell’uomo che muore sulla croce, il servo di
Jahvè della profezia di Isaia, inizia a pregare con le parole di questo salmo. Però fino a che
punto arrivano queste parole? Come può Dio essere abbandonato da Dio? Il Figlio dal
Padre? Dal punto di vista umano ciò sembra impossibile e inconcepibile.
Tuttavia in Dio . . .
Quando il Figlio è abbandonato dal Padre nello Spirito Santo, in quell’abbandono è
contenuta la pienezza definitiva di quell’amore che salva: la pienezza dell’unità del Figlio
con il Padre nello Spirito Santo.
“Tutto è compiuto!” (Gv 19, 30).
Una volta dal salmo sono emerse queste parole: “Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua
volontà” (cf. Sal 40, 8-9). Queste parole sono passate attraverso l’agonia nel Getsemani:
“Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua
volontà” (Lc 22, 42).
Ed ora le stesse parole ritornano al termine, per posarsi come il sigillo sulla vittima della
redenzione: “Ecco io vengo” . . . “tutto è compiuto”.
“Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23, 46). Gesù Cristo, Figlio dell’uomo,
accetta la morte umana, l’eredità del primo Adamo. Questa morte del corpo è “la consegna
dello spirito” a Dio.
Ogni morte umana trova il suo modello nella morte di Cristo: è il consegnare lo spirito a
colui che ha creato l’uomo per l’immortalità.
Il Figlio di Dio, che come vero uomo consegna lo spirito, si unisce mediante questo col
Padre nello Spirito Santo, che è l’amore reciproco del Padre e del Figlio: è il loro eterno
soffio.
La morte e l’amore si incontrano al termine del sacrificio della croce. In questo fatto ha il
suo inizio la vittoria della croce. L’amore vince attraverso la morte.
Al termine del venerdì santo siamo tornati ancora una volta sotto la croce di Cristo sul
Calvario. Abbiamo meditato le parole, che egli ha pronunciato dall’alto della croce.
Lasciando questo luogo, portiamole con noi come testamento della nostra redenzione.
“Ti adoriamo o Cristo e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il
mondo”. Amen.
La via della liberazione giunge a buon fine solo attraverso la verità. Colui che morì sulla
croce, disse: “conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8, 32). Proprio per questo
è andato sulla croce.
Nella croce è racchiusa fino in fondo la verità sul peccato dell’uomo. Sul peccato del
mondo. E per quanto l’umanità voglia respingere questa verità, per quanto tenti di
cancellare nelle coscienze e nei costumi il senso del peccato, la croce darà sempre
testimonianza a questa verità.
“Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede
in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3, 16).
Il Verbo Crocifisso! Il Figlio, che è venuto nel mondo: “non è venuto per condannare il
mondo, ma per salvare il mondo” (cf. Gv 12, 47).
O uomo del ventesimo secolo! Non ti scostare dal tribunale della croce di Cristo! La croce è
il tribunale della salvezza. La croce è la parola di vita eterna. Questa parola è stata
pronunciata una volta per sempre tra il cielo e la terra. Tra Dio e l’uomo. Dio non ha
revocato questa parola. Questa parola non tramonta.
Dove l’uomo è colpito ed ucciso, è Cristo stesso che viene offeso e crocifisso. Mistero di
dolore, mistero di amore sconfinato!
Restiamo in silenzioso raccoglimento di fronte a questo insondabile mistero.
“Ecce lignum crucis...”, “Ecco il legno della Croce, a cui fu appeso il Cristo, Salvatore del
mondo. Venite, adoriamo!”.
Mentre le tenebre della notte già incombono, eloquente immagine del mistero che circonda
la nostra esistenza, noi gridiamo a Te, Croce della nostra salvezza, la nostra fede!
Signore, un fascio di luce si sprigiona dalla tua Croce. Nella tua morte è vinta la nostra
morte e ci è offerta la speranza della risurrezione.Aggrappati alla tua Croce, noi restiamo
in fiduciosa attesa del tuo ritorno, Signore Gesù, nostro Redentore!
“Acclamiamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua
venuta”.
Amen!
Uomini e donne del nostro tempo, volgete lo sguardo verso Colui che è stato trafitto! Egli
per amore ha dato la sua vita per noi. Fedele e docile alla volontà del Padre, Egli ci è di
esempio e di incoraggiamento. Proprio per questa sua obbedienza filiale, il Padre "l'ha
esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome" (Fil 2,9).
"In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum", "Padre nelle tue mani affido il mio
spirito". Queste sono le parole, questo è l'ultimo grido di Cristo sulla Croce. E' la parola
che chiude il mistero della Passione e apre il mistero della liberazione attraverso la morte,
che si realizzerà nella Risurrezione. E' un'importante parola. La Chiesa, consapevole della
sua importanza, l'ha assunta nella Liturgia delle Ore e ogni giorno la conclude con queste
parole: "In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum".
Oggi vorremmo mettere queste parole sulle labbra dell'umanità alla fine del secondo
millennio, alla fine del ventesimo secolo. I millenni non parlano, i secoli non parlano, ma
parla l'uomo, parlano migliaia, miliardi di uomini che hanno riempito questo spazio che si
chiama ventesimo secolo, questo spazio che si chiama millennio. Vogliamo oggi mettere
queste parole di Cristo sulle labbra di tutti questi uomini che sono stati cittadini del nostro
ventesimo secolo, del nostro secondo millennio, perché queste parole, questo grido di Cristo
sofferente, la sua ultima parola non solamente chiude: questa parola apre. Significa
un'apertura sul futuro.
"Padre, nelle tue mani affido il mio spirito". Questa parola apre.
"Padre, nelle tue mani affido il mio spirito" - sia anche l'ultima parola per ciascuno di noi,
quella che ci aprirà all'eterno.
“Christus factus est pro nobis oboediens usque ad mortem, mortem autem crucis” “Cristo
per noi si è fatto obbediente fino alla morte, e alla morte di croce” (Antifona del Breviario;
cfr Fil 2,8). Con queste parole, la liturgia del Venerdì Santo riassume quanto si compì sul
Golgota, duemila anni or sono. L'evangelista Giovanni, testimone oculare, racconta gli
eventi dolorosi della Passione di Cristo. Narra la sua dura agonia, le sue ultime parole:
“Tutto è compiuto!” (Gv 19,30), e la trafittura del suo costato con una lancia da parte di un
soldato romano. Dal petto squarciato del Redentore uscì sangue ed acqua, prova non
equivoca della sua morte (cfr Gv 19,34), e dono estremo del suo amore misericordioso.
La Croce, nella notte del dolore e dello smarrimento, è fiaccola che tiene viva l'attesa del
giorno nuovo della resurrezione. Alla Croce di Cristo guardiamo con fede, questa sera,
mentre per mezzo di essa vogliamo gridare al mondo l'amore misericordioso del Padre per
ogni uomo.
Sì, oggi è il giorno della misericordia e dell'amore; il giorno in cui s'è compiuta la
redenzione del mondo, perché il peccato e la morte sono stati sconfitti dalla morte salvifica
del Redentore.
Divin Re Crocifisso, il mistero della tua morte gloriosa trionfi nel mondo.
Fa' che non perdiamo il coraggio e l'audacia della speranza dinanzi ai drammi dell'umanità
e ad ogni ingiusta situazione che mortifica l'umana creatura, redenta dal tuo sangue
prezioso.
Anzi, con vigore più saldo, fa' che questa sera proclamiamo: La tua Croce è vittoria e
salvezza, “quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum”, perché con il tuo sangue e la
tua passione hai redento il mondo!
"Ed ecco si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero" (Lc 24,31). Alle sue parole, i cuori dei
due viandanti sconsolati acquistano serenità e cominciano ad ardere di gioia. Riconoscono
il loro Maestro allo spezzare del pane.
Possano anche gli uomini di oggi riconoscere, come loro, allo spezzare del pane, nel
mistero dell'Eucaristia la presenza del loro Salvatore. Possano incontrarlo nel sacramento
della sua Pasqua, ed accoglierlo come compagno del loro cammino. Egli saprà ascoltarli e
confortarli. Saprà farsi loro guida per condurli lungo i sentieri della vita verso la casa del
Padre.
Come staccare lo sguardo da Gesù, che muore sulla Croce? Il suo viso martoriato suscita
sconcerto. Afferma il Profeta: "Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi,
non splendore per potercene compiacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei
dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia" (Is 53,2-3).
Su quel volto s'addensano le ombre di tutte le sofferenze, le ingiustizie, le violenze subite
dagli esseri umani di ogni epoca della storia. Ma ora, dinanzi alla Croce, le nostre pene di
ogni giorno, e persino la morte, appaiono rivestite della maestà di Cristo abbandonato e
morente.
Il volto del Messia sanguinante e crocifisso rivela che Dio si è lasciato coinvolgere per
amore nelle vicende tormentate dell'umanità. Il nostro non è più un dolore solitario, perché
Egli ha pagato per noi con il suo sangue versato sino all'ultima goccia. E' entrato nella
nostra sofferenza e ha infranto la barriera del nostro pianto disperato.
Nella sua morte acquista senso e valore la vita dell'uomo e persino la sua stessa morte.
Dalla Croce Cristo fa appello alla libertà personale degli uomini e delle donne di tutti i
tempi e chiama ciascuno a seguirlo sulla strada del totale abbandono nelle mani di Dio. Ci
fa riscoprire persino la misteriosa fecondità del dolore.
"Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto" (Sal 4,7).
Mentre si scioglie la nostra assemblea, continuiamo a meditare sul mistero di questo Volto
che innumerevoli artisti, lungo i secoli, hanno raffigurato impegnando ogni loro maestria.
Oh, se gli uomini si lasciassero intenerire dai suoi tratti inconfondibili! In quel Volto santo
possono trovare adeguata risposta i tanti interrogativi e dubbi che agitano il cuore umano.
Dalla contemplazione del Volto amorevole del Figlio di Dio fatto uomo è possibile trarre la
forza per superare le ore del buio e del pianto. Dal Calvario una pace divina inonda
l'universo in attesa della gloria della Pasqua.
Vergine Maria, che sei rimasta intrepida sotto la Croce e hai raccolto in grembo il corpo
esanime di Gesù, aiutaci a capire che il nostro soffrire è partecipazione preziosa alla
Passione del tuo divin Figlio, che per amore nostro "si è fatto obbediente fino alla morte e
alla morte di croce". Guida i nostri passi a calcare le sue orme indelebili, che ci
condurranno allo stupore e alla gioia della sua risurrezione.
Gesù morendo ha tolto il velo davanti ai nostri occhi, ed ora la Croce svetta sul mondo in
tutto il suo splendore. Il silenzio pacificante di Colui, che l'umana cattiveria ha appeso a
quel Legno, comunica pace ed amore. Sulla Croce muore il Figlio dell'uomo, facendosi
carico del peso d'ogni umana sofferenza e ingiustizia. Sul Golgota muore per noi Colui che
con la sua morte ha redento il mondo.
"Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto" (Gv 19,37).
Si avverano nel Venerdì Santo le parole profetiche che l'evangelista Giovanni, testimone
oculare, riferisce con meditata precisione. Al Dio fatto uomo, che per amore ha accettato il
supplizio più umiliante, guardano moltitudini d'ogni razza e cultura. Quando gli occhi sono
guidati dall'intuizione profonda della fede, riconoscono nel Crocifisso il «testimone»
supremo dell'Amore.
Dalla Croce Gesù raccoglie in un unico popolo giudei e pagani, manifestando la volontà
del Padre celeste di fare di tutti gli uomini un'unica famiglia radunata nel suo nome.
Nel dolore lancinante del Servo sofferente s'avverte già il grido trionfante del Signore
risorto. Il Cristo sulla Croce è il Re del nuovo popolo riscattato dal peso del peccato e della
morte. Per quanto contorto e confuso possa apparire il corso della storia, noi sappiamo
che, camminando sulle orme del Nazareno crocifisso, giungeremo alla meta. Fra le
contraddizioni di un mondo spesso dominato dall'egoismo e dall'odio, noi, i credenti, siamo
chiamati a proclamare la vittoria dell'Amore. Oggi, Venerdì Santo, testimoniamo la vittoria
di Cristo crocifisso.
Crucem tuam adoramus, Domine!
Sì, Ti adoriamo, Signore innalzato sulla Croce tra la terra e il cielo, Mediatore unico della
nostra salvezza. La tua Croce è il vessillo della nostra vittoria!
Ti adoriamo, Figlio della Vergine Santissima, ritta accanto alla tua Croce, in coraggioso
atteggiamento di condivisione del tuo sacrificio redentore.
Per mezzo del Legno su cui sei crocifisso è venuta nel mondo intero la gioia - Propter
Lignum venit gaudium in universo mundo. Di questo noi siamo oggi ancor più consapevoli,
mentre già il nostro sguardo si proietta verso il prodigio ineffabile della tua risurrezione.
"Adoriamo, Signore, la tua Croce, lodiamo e glorifichiamo la tua santa resurrezione!".
Eccolo il legno della croce, ecco il mio cuore, ecco il mio corpo, che si sarà dato per voi,
Mistero della Fede. Non poteva inventare questo Mistero, questa Realtà, l’uomo, lo poteva
solamente rivelare Dio solo. L’uomo non ha questa possibilità di donarci vita dopo la
morte, la morte nell’ordine umano è l’ultima parola. La parola che viene dopo, parola della
Risurrezione, è solamente quella che viene da Dio. Oggi, è già Cristo deposto dalla croce,
sepolto, e viene sigillato il suo sepolcro, e domani in tutto il Mondo, in tutto il Cosmo, in
tutti Noi, sarà un profondo silenzio. Auguro a tutti voi di vivere sempre più profondamente,
di vivere e anche di testimoniare…
Venit hora! Era giunta l'ora! L'ora del Figlio dell'uomo.
Come ogni anno, percorriamo davanti al Colosseo romano la Via crucis di Cristo e
partecipiamo a quell'ora in cui si è compiuta l'opera della Redenzione.
Venit hora crucis! "L'ora di passare da questo mondo al Padre" (Gv 13, 1). L'ora della
straziante sofferenza del Figlio di Dio, una sofferenza che, a venti secoli di distanza,
continua a commuoverci intimamente e ad interpellarci. Il Figlio di Dio è giunto a quest'ora
(cfr Gv 12, 27) proprio per donare la vita a vantaggio dei fratelli. E' l'ora dell'offerta - l'ora
della rivelazione dell'infinito amore.
Venit hora gloriae! "E' giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo" (Gv 12,23). Ecco
l'ora in cui a noi, uomini e donne di ogni tempo, è stato fatto il dono dell'amore più forte
della morte. Stiamo sotto la croce sulla quale è inchiodato il Figlio di Dio, affinché con il
potere che il Padre gli ha dato sopra ogni essere umano Egli dia la vita eterna a tutti coloro
che gli sono stati affidati (cfr Gv 17,2).
Non è dunque doveroso in questa ora rendere gloria a Dio Padre "che non ha risparmiato il
proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi" (Rm 8, 32)?
Non è tempo di glorificare il Figlio che "umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla
morte e alla morte di croce" (Fil 2,7)?
Come non dare gloria allo Spirito di Colui che ha resuscitato Cristo dai morti ed ora abita
in noi per dare la vita anche ai nostri corpi mortali (cfr Rm 8,11)?
Quest'ora del Figlio dell'uomo, che viviamo il Venerdì Santo, rimanga nella nostra mente e
nei nostri cuori come l'ora dell'amore e della gloria.
Il mistero della Via crucis del Figlio di Dio sia per tutti fonte inesauribile di speranza. Ci
conforti e ci fortifichi anche quando giungerà la nostra ora.
Venit hora redemptionis. Glorificemus Redemptorem!
Amen.
Sì, adoriamo e benediciamo il mistero della croce del Figlio di Dio, perché è proprio da
quella morte che è scaturita una nuova speranza per l’umanità.
L’adorazione della Croce ci rimanda ad un impegno al quale non possiamo sottrarci: la
missione che San Paolo esprimeva con le parole "Completo quello che manca nella mia
carne ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa" (Col 1, 2-4). Offro
anch’io le mie sofferenze, perché il disegno di Dio si compia e la sua parola cammini fra le
genti. Sono a mia volta vicino a quanti, in questo momento, sono provati dalla sofferenza.
Prego per ciascuno di loro.
In questo giorno memoriale del Cristo crocifisso guardo e adoro con voi la Croce e ripeto le
parole della liturgia: "O crux, ave spes unica!" Ave, o Croce, unica speranza, donaci
pazienza e coraggio e ottieni al mondo la pace!
La Risurrezione
Il segreto della Risurrezione
è nel nostro quotidiano rapporto con Dio,
Amore e Vita.
Il segreto della Risurrezione
consiste nell’accogliere nel nostro cuore l’Amore di Cristo,
più forte della morte.
L’Eucaristia rappresenta questo grande dono d’Amore
da rinnovare ogni giorno.
Gesù è Risorto.
Gesù è veramente Risorto,
sempre presente tra noi, ci vuole vivi e ci salva,
ci libera, ci guarisce, ci unisce, ci illumina e ci guida nella via della Vita,
ci tocca e ci ama con una potenza invincibile.
Alleluia
Antonio Bigliardi
Ogni potere mi è stato dato in cielo e in terra.
Andate dunque, ammaestrate tutte le genti,
battenzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo,
insegnando loro ad asservare tutto ciò che vi ho ordinato.
Ed ecco: io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo.
Matteo 28, 18-19
Il giorno seguente prima dell’alba, un tuono annunciò l’arrivo di un temporale, un fulmine
colpì il sigillo posto sulla pietra della tomba che cadde di lato. Questo fulmine era un Angelo
il cui aspetto pareva simile alla folgore e la sua veste candida come la neve bianca e
risplendente.
L’Angelo ribaltò la pietra di lato e vi si sedette sopra. La pietra del sepolcro simbolizza le
preoccupazioni e l’attaccamento alle cose materiali dell’umanità. L’Angelo, che è lo Spirito,
uno Spirito di Luce, può sollevare la pietra, spostarla e sedervisi sopra, superando la materia
per vivere la vera vita nella felicità.
Il corpo spirituale di Gesù si materializzò per un attimo al sorgere del sole, i suoi occhi
videro il sole nascente dell’aurora (Rugiada d’Oro), ora la tomba era vuota, era rimasto
solamente il telo.
I soldati corsero a Gerusalemme dai sacerdoti i quali decisero di mantenere la notizia in
segreto, così si accordarono tra di loro per diffondere la voce che incolpava i discepoli della
sparizione del corpo.
La mattina del primo giorno della settimana, la Domenica, le due Marie e Miriam si
diressero verso il sepolcro del Signore per profumarlo con gli oli e le spezie, appena arrivate
trovarono le guardie terrorizzate e videro la tomba vuota, Maria Maddalena corse verso
Gerusalemme per comunicare la notizia ai discepoli, sulla strada trovò Pietro, Giovanni e
Giacomo e con loro ritornò nel giardino dove vi era il sepolcro.
Il corpo fisico di Gesù era scomparso, le vesti erano piegate ordinatamente. Nelle vicinanze
vi era un uomo che pareva essere un giardiniere, Maria si avvicinò a lui per chiedere
spiegazioni sulla sparizione del corpo ed egli rispose: “Madre, perché piangi?”, lo sguardo
di Maria diventò radioso, anche Miriam vide il Signore ed egli disse: “vi avevo detto che vi
avrei riviste il primo giorno della settimana”. Poi andò verso Maria Maddalena e a lei disse:
“Perché cerchi il vivo tra i morti, Io sono risorto, guarda il mio volto”, Maria lo riconobbe
ed era colma di gioia, i suoi occhi si illuminarono e stava per abbracciarlo ma Gesù la fermò
dicendole: “Non toccarmi ora”.
Il corpo di Luce non aveva ancora attirato completamente la materia per la sua
manifestazione. Seguendo le leggi della natura, sappiamo che uno spirito si può
materializzare integralmente in presenza di “medium” che gli forniscono i mezzi per
manifestarsi.
Il Cristo ci dice: “Io sono l’Amore, Io sono la Resurrezione e la Vita eterna, sentimi nella tua
anima, cercami nel tuo cuore. Quando tu mi sentirai vivente nel tuo cuore, allora potrai
toccarmi e sarai unito a me”.
Ella andò a cercare di nuovo i discepoli che si erano allontanati e gli raccontò ciò che aveva
visto, non tutti credettero, pensavano avesse avuto una visione.
In quel momento arrivò Gesù dicendo: “Sono Io”.
Il corpo fisico può essere completamente spiritualizzato e assumere qualsiasi forma in base
alla propria volontà. Gesù è ritornato assumendo una forma familiare al gruppo dei
discepoli.
Pietro, Giovanni e Giacomo erano stupiti e fremevano dalla gioia e dal desiderio di
raccontare quello che avevano visto agli altri, ma quando li trovarono, loro non credettero.
Giunta la sera, gli apostoli andarono a Betania in casa di Simone, Tommaso non era con
loro.
Gesù arrivò e dimostrò di non essere un fantasma, i discepoli increduli indietreggiarono
impauriti, ma egli si fece toccare e mangiò con loro e allora infine credettero. Poi Gesù
scomparve.
La forma fisica si materializzava alla velocità della luce per qualche minuto e poi spariva.
Rispondendo alla Leggi della Natura e della Vita, non esclusive ma accessibili a tutti, la
comunicazione tra il mondo visibile e quello invisibile, risulta possibile grazie alla Legge
d’Amore. La Legge della Resurrezione rimane la stessa per tutti gli uomini.
Nel tempio di Gerusalemme vi erano molti sacerdoti, un uomo arrivò vestito da pescatore e
chiese cosa era accaduto a Gesù. Risposero che era stato crocifisso poiché era un uomo
pericoloso ed il corpo venne in seguito rubato dai suoi discepoli. Allora il pescatore chiese:
“avete qualche testimone dell’accaduto?”, i sacerdoti dissero di avere molti uomini come
testimoni ma subito il pescatore disse: “ascoltatemi, io sono un testimone, io ero nel giardino
di Siloam e nessuno dei vostri uomini ha visto rubare il corpo dal sepolcro, poiché egli è
risorto dalla morte”. A quel punto i sacerdoti, i farisei e gli scribi, andarono incontro a
quell’uomo per mandarlo fuori dal tempio, ma in quell’istante il pescatore si trasformò in
una Radiosa Luce che fece cadere a terra dallo stupore quanti lo minacciavano «il bene
autentico fa sentire minacciati quelli che sono all’estremo opposto dello spettro morale.
Charles Spencer».
Spaventati videro così Gesù - il Re Pescatore - che disse: “Questo è il mio corpo che voi
avete lapidato e crocifisso, osservate le mie mani, i miei piedi, il mio fianco, guardate le
ferite, venite e toccatemi, Pace ad ognuno di voi”. Poi scomparve.
Anche Tommaso fu informato dell’evento straordinario, ma come gli altri, non credette.
La Domenica seguente i discepoli si trovarono di nuovo in casa di Simone a Betania, giunse
anche Gesù e disse a Tommaso: “Amico mio è giunta l’ora di conoscere, vieni e guardami
da vicino”, Tommaso si avvicinò, alzò lo sguardo e riconobbe Gesù, come una rosa bagnata
dalla rugiada, tra lacrime di gioia, lo vide sparire nella Luce.
Ora tutti i discepoli erano saldi nella fede.
Cristo, l’essere solare, universale principio ed esempio d’Amore e Salute, dal Mistero del
Golgota il Cristo diventa lo spirito della terra contenuto in essenza nell’uomo dove ne
amplifica l’Io, portandolo dall’iniziazione di Gesù (saggezza-Io superiore) contenuta nel
Natale, all’iniziazione macrocosmica del Cristo (amore-Io autentico) contenuta
nell’Epifania.
Gesù fu il primo uomo ad accogliere il Cristo e a dimostrare la Resurrezione. Gesù ha
dimostrato la sopravvivenza dell’anima e la possibilità di manifestarsi sul piano terrestre
dopo la morte.
L’uomo resuscita avanzando spiritualmente. L’uomo muore per resuscitare in Cristo,
diventando impersonale spirito libero e puro.
La Resurrezione ha luogo in primavera dove tutta la natura rinasce. Il seme trova la morte
apparente e nella terra germina e rinasce ad una nuova vita. Così la morte della personalità
egoista lascia germogliare l’Amore puro del Cristo.
Nel corpo fisico è contenuta l’essenza della Resurrezione, questa essenza viene risvegliata
dall’azione dello Spirito Santo, dal Pensiero di Dio nell’uomo, dalla bontà, la Volontà rende
possibile l’azione dello Spirito, quando la Volontà dell’uomo e quella di Dio sono UNA, la
Resurrezione diventa realtà «la Pasqua ci parla della vita nella vita, del potere della
Resurrezione che agisce nell’essere umano. Dobbiamo dunque, assumendo questo potere nel
nostro Io, essere attivi in tutto il nostro essere, purificando il nostro corpo astrale e
portandolo ad un livello superiore, lavorando sul corpo eterico e, infine, attraverso un Io
rafforzato, dominare il corpo fisico. L’Evento del Cristo c’è stato per l’umanità intera, ma
l’esperienza della Resurrezione richiede la nostra collaborazione. Peter Button».
Il corpo fisico muore per effetto della corruzione dell’anima, ma attraverso il Cristo,
attraverso l’amore noi possiamo redimere l’anima e risorgere poiché l’amore è più forte
della morte, questa comprensione, una volta giunta a manifestazione, risveglia il corpo di
gloria o corpo della resurrezione che è un corpo di luce assolutamente puro e immortale.
Il corpo fisico corrotto deve essere purificato, indicativamente un giorno di vita pura ne può
purificare un anno, per questo Gesù si è ritirato nel deserto per 40 giorni prima del suo
ministero del Cristo.
Il deserto è quel luogo dove si è soli, e nello stesso tempo è un luogo colmo di luce e calore,
in cui si viene messi alla prova dalle tentazioni, ma proprio perché si è soli che può
costituire un’esperienza veramente utile e sincera per raccogliere elementi luminosi e
raggiungere la libertà «portare l’anello del potere vuol dire essere soli. J.R.R. Tolkien».
Dopo la purificazione del corpo fisico viene la purificazione dell’anima, attuata attraverso
l’amore con la legge di affinità, per cui un’anima pura attira necessariamente sentimenti
puri, elevati «la legge di affinità ci permette di attirare dall’oceano cosmico gli elementi
migliori, i più radiosi, i più sottili, per costruire il nostro corpo di gloria, il corpo
dell’immortalità, il corpo della luce che si trova in ognuno di noi. O. Mikhaël Aïvanhov».
In seguito abbiamo la purificazione dello spirito ottenuta tramite il pensiero, un pensiero
cosciente e vivente d’amore che, fluendo attraverso il sangue, si manifesta nella volontà ed è
questa la nuova iniziazione a cui si arriva dopo aver superato le altre. Con la purificazione
dello spirito, tutto il corpo verrà spiritualizzato e, come la terra si trasformerà in un corpo
solare d’amore, così il corpo umano diventerà uomo spirito in grado di risorgere attirando
materia per la sua manifestazione la quale può assumere qualsiasi forma vivente.
La Resurrezione dei morti è il risveglio spirituale, il passaggio dall’errore alla Verità, al
quale ogni uomo può arrivare attraverso uno sforzo personale e individuale di comprensione
che conduce alla liberazione dalla morte, dal cerchio del karma terrestre. «Siate liberi» ci
dice il Cristo, «tutti gli uomini faranno ciò che Io ho fatto poiché Io Sono eternamente
vivente nel cuore di tutti».
Tutto il mondo può ascoltare e comprendere le parole di Verità.
L’ascensione rappresenta il ritorno sulle ali della Luce alla casa del Padre, alla quale segue
l’invio dello Spirito Santo che ora è parte della Terra, festeggiato nella Pentecoste.
Gesù ci ha mandati per aprire le porte dell’alba (sunrise); ha aperto una porta sull’Infinito,
sul regno misterioso della Luce e della Vita eterna «fissare gli occhi sul volto di Cristo,
riconoscerne il mistero nel cammino ordinario e doloroso della sua umanità, fino a coglierne
il fulgore divino definitivamente manifestato nel Risorto, è il compito di ogni discepolo di
Cristo. Contemplando questo volto, splendido come il sole, ci apriamo ad accogliere il
mistero della vita trinitaria, per sperimentare sempre nuovamente l’amore… Giovanni Paolo
II».
Attraverso Cristo, tutti gli uomini potranno entrare nella Luce e nella Vita.
La Chiesa Cristiana è il regno del Sacro Uno entro l’anima, reso manifesto; è la vita
condotta con Cristo in Dio, ognuno è libero di accedervi camminando nell’unità verso gli
orizzonti dell’amore, della salvezza e della Pace Creatrice.
La Chiesa Universale
La Fede purifica,
trasforma, fortifica,
guarisce, salva, santifica.
Antonio Bigliardi
Non sia turbato il vostro cuore.
Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me.
Giovanni 14, 1
…allora il Cielo trasfigurato, la Terra trasfigurata e l’umanità perfetta, raccolta attorno al
suo Cristo trasfigurato, canterà il suo eterno inno di lode e di ringraziamento al Padre
nella potenza dello Spirito Santo. Amen
Paolo Serafini
La Chiesa universale è una realtà viva e operante fondata dal Cristo
attraverso la cooperazione della Madre e dei discepoli.
A Pietro disse:
«tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa,
e le porte dell’inferno mai prevarranno contro di essa.
A te darò le chiavi del regno dei cieli:
qualunque cosa legherai sulla terra sarà legata anche nei cieli;
e qualunque cosa scioglierai sulla terra sarà sciolta anche nei cieli».
A Giovanni disse:
«Figlio, ecco tua Madre».
Questa frase è rivolta a tutti gli uomini di buona volontà
perché trovino in Maria
la Madre dei Cristiani
che di generazione in generazione
è Fonte di Grazia e di Maternità
nello Spirito Santo.
La Madre delle Madri ha dato alla luce la Sorgente della Vita,
proprio in virtù della sua Purezza,
della sua Umiltà,
della sua Fede Cosciente nell’opera del Padre celeste.
Maria è un vero modello,
è quella Porta sempre aperta che conduce al Cristo,
è quella Porta che dobbiamo liberamente spalancare,
trovando nella Chiesa la Madre dell’Amore,
la Sposa di Cristo,
la Regina dell’Universo.
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