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VITA AL DI LÀ DEL VELO
IL MINISTERO DEL CIELO
VOLUME TERZO
MESSAGGI DEGLI SPIRITI RICEVUTI
E SCRITTI DAL
REVERENDO GEORGE VALE OWEN
(1860 1931)
Titolo originale: "The Life Beyond The Veil, The Ministry of Heaven"
Copyright © 2014
Pubblicato sul sito http://aldiladelvelo.wordpress.com/
in data 22/10/2014
Traduzione di: Eva Siviero e Michelangelo Costa
UN APPREZZAMENTO DI LORD NORTHCLIFFE
Non ho avuto l’opportunità di leggere interamente La Vita al di là del Velo, ma tra i brani che ho
studiato più attentamente ve ne sono molti di grande bellezza. Mi sembra di poter dire che la
personalità del Reverendo G. Vale Owen è un elemento di grande importanza e degno di
considerazione in relazione a questi straordinari documenti. Durante la breve intervista che mi
rilasciò ebbi l’impressione di trovarmi in presenza di un uomo sincero e convinto. Non avanzò
alcuna pretesa di possedere particolari doti psichiche. Espresse il desiderio di ricevere la minima
pubblicità possibile, e rifiutò gli ingenti proventi che poteva facilmente ottenere grazie all’enorme
interesse riscosso dai suoi scritti nel pubblico di tutto il mondo.
Lord Northcliffe.
“È davvero difficile immaginare la marea di libri che trattano della vita nel Mondo Sottile, e
inondano le librerie in Inghilterra e in America. In Inghilterra erano molto popolari i libri su questo
argomento scritti dal pastore G. Vale Owen, che furono dettati da alcuni spiriti. Io possiedo due o tre
volumi della serie di comunicazioni intitolata “La Vita al di là del Velo”, e devo dire che meritano
attenzione. Non c’è dubbio che furono impartiti sotto la supervisione della Fratellanza Bianca. I
Grandi Maestri usano molti metodi per risvegliare la coscienza dell’umanità. Ogni gruppo riceve,
secondo la sua coscienza, ciò che può assimilare e che gli è più vicino.”
Lettera n. 34 del 3 dicembre, 1937. – [N.d.T.]
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INDICE
Prefazione………………………………………………………………………………… 5
Introduzione………………………………………………………………………………. 8
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20/12/17 – La Seconda Sfera – Le tre croci sul Calvario………………………………… 59
31/12/17 – Al Ponte – Nel Regno delle tenebre………………………………………….. 61
03/01/18 – L’ex giudice – Un piccolo Cristo della Quarta Sfera………………………… 63
04/01/18 – Nella tenebra più cupa – La Città della Blasfemia…………………………… 65
08/01/18 – La Città delle Miniere – Il Capitano della porta – Alle Miniere……………... 68
11/01/18 – Le Miniere……………………………………………………………………. 72
15/01/18 – Gli “spiriti in prigione” – Il Signore della Città delle Miniere……………….. 74
18/01/18 – L’uscita dalle Miniere – Il nuovo servizio del Capitano –
Il piccolo Cristo e il suo nuovo incarico……………………………………… 76
21/01/18 – Verso la Luce – Riguardo alle Miniere – Gli animali negli inferi –
Bene Supremo – Discorso di Kathleen……………………………………….. 78
25/01/18 – Ritorno alla Decima Sfera – Il Tempio della Montagna Sacra –
Il silenzio nelle Sfere superiori – Una visione del Cristo Regale…………….. 80
28/01/18 – Il diadema della devozione – Il progresso della gente di Barnabas………….. 83
01/02/18 – La Compagnia di Zabdiel – Sul futuro della gente di Barnabas………………86
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PREFAZIONE
Tutti i messaggi contenuti in questo volume apparvero nel Weekly Dispatch durante il 1920, ma
per varie ragioni editoriali non venne rispettata la loro esatta successione. Queste trentanove
comunicazioni sono ora pubblicate in ordine consecutivo e nel modo in cui furono ricevute dal
Reverendo G. Vale Owen, a cominciare dal messaggio di Kathleen la sera dell’8 settembre, 1917.
Furono registrati tutti nella sagrestia di Ognissanti a Orford, dove il Rev. Vale Owen non mancava
di recarsi ogni sera fra le 17 e le 18.30.
Ho confrontato personalmente, parola per parola, le bozze di questo volume con i manoscritti
originali. In nessun caso è stata mai alterata una parola od omesso un passaggio. Il testo originale fu
scritto dal Vicario a matita nella maniera che ho descritto nel Primo e Secondo Volume della serie.
Il Rev. Owen nella sua nota a pag. 7 racconta come nel settembre del 1917 alcuni messaggi,
compitati sulla tavoletta che usava sua moglie, lo invitavano, dopo un’interruzione di tre anni e
nove mesi, a riprendere le sedute.
Ho avuto il privilegio di esaminare le registrazioni delle comunicazioni arrivate tramite la
tavoletta. Ho scoperto che di settimana in settimana, praticamente per un periodo complessivo di
oltre tre anni, il Vicario si era mantenuto in contatto, mediante questo sistema, con Kathleen e con
molti amici e membri della sua famiglia che si trovano al di là del Velo.
Da parecchie di queste registrazioni, si nota che durante il 1917 il Vicario ricevette varie
richieste da parte di Kathleen di riprendere la scrittura dei messaggi. Quindi, il 7 settembre 1917, ho
scoperto che il Rev. Owen aveva trascritto quanto segue:
“Kathleen vuole una risposta questa sera”.
(G.V.O.: “Benissimo, l’avrà stasera fra le 17 e le 18 – va bene in Sagrestia?”).
“Sì, è perfetto, ti ringrazio molto”.
Poi la sera successiva, e circa un’ora dopo la registrazione del primo messaggio di questo
volume datato 8 settembre a firma di Kathleen, il Rev. Owen si trovava seduto nella sala da pranzo
della Canonica, e mentre osservava sua moglie usare la tavoletta, fu compitato il seguente
messaggio: “Kathleen è qui. George ti dirà come siamo andati.”
(G.V.O.: “Come pensi che siamo andati, Kathleen?”)
“Molto bene per essere all’inizio”.
Dall’attento esame dei testi registrati con la tavoletta, che riempiono numerosi taccuini, osservai
diversi passaggi illuminanti che gettano gran luce sulle comunicazioni ricevute di volta in volta dal
Rav. Owen nella sagrestia. La realtà del contatto con le persone oltre il Velo risalta vividamente in
queste registrazioni.
Hanno qualcosa che le fa sembrare perfettamente naturali. Al tempo stesso, in queste
conversazioni, vi sono così tanti riferimenti all’inviolabile intimità del focolare domestico che
difficilmente ci si può aspettare che saranno rese pubbliche.
Per il Rev. Vale Owen l’autenticità dei messaggi del presente volume non è solo una questione
vitale, ma una realtà di fatto che per lui significa tutto. So che egli è fin troppo consapevole della
tremenda responsabilità che si addossa rendendo possibile la loro divulgazione nel mondo. Ma il
fatto di conoscere il Vicario di Orford permette una profonda immersione nel lato spirituale di
queste materie. Senza cercare alcun guadagno personale, egli ha considerato un dovere sacrosanto
per la sua fede associare il suo nome a questi messaggi, e conoscere “G.V.O.”, come lo conosco io,
significa avere la certezza che lo ha fatto in tutta umiltà. Egli ha lavorato con vero cameratismo
spirituale e assoluta fede in coloro che hanno ritenuto idoneo usarlo come loro strumento. Nessuna
vita potrebbe essere più semplice di quella che il Vicario e la sua famiglia conducono nella Casa
parrocchiale di Orford; e testimoniare il loro sforzo di vivere dei propri mezzi con lo stipendio
garantito dalla Chiesa, dovrebbe essere una risposta sufficiente a coloro che hanno prontamente
insinuato che la sua inevitabile popolarità gli avesse procurato ricchezza e benessere.
Quando leggo questi scritti, spesso mi viene in mente il 12° verso del Capitolo 16 del Vangelo di
Giovanni, in cui si legge: “Ancora molte cose ho da dirvi, ma non le potete portare per ora”. Questo
5
fu detto dal Fondatore della Cristianità quasi 2.000 anni fa. Da allora il genere umano ha progredito
in molte direzioni. Un attento osservatore dell’attuale stato di progresso mondiale noterà molti segni
di risveglio spirituale, di maggiore consapevolezza e di una migliore percezione delle verità più
profonde. Può darsi che adesso ci sia qualcuno fra noi che sia finalmente capace di accettare alcune
delle molte cose la cui rivelazione ci fu promessa non appena avessimo raggiunto il grado di
progresso spirituale necessario alla loro comprensione. Può darsi che questo volume contenga
qualche elemento in più di quelle “molte cose” destinate ad ampliare la nostra visione, a rafforzare
la fede e aiutarci a realizzare meglio le meraviglie che Dio ha in serbo per tutti quelli che lo amano.
H.W. ENGHOLM.
Londra, marzo, 1921.
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Note di H.W.E. sull’identità dei comunicatori
e di altri personaggi citati in questo Volume
Come è scritto nei messaggi del 16, 17, 22 e 23 novembre, queste comunicazioni sono
pervenute da un gruppo di persone guidato da colui che viene chiamato il Leader (vedi nota a piè di
pagina a pag. 25). In uno scritto successivo * è trapelato che il nome del Leader era Arnel, un nome
che egli usava solamente nelle comunicazioni effettuate senza la collaborazione del suo gruppo di
assistenti.
Kathleen agiva come intermediario fra il Rev. Vale Owen e i suoi comunicatori. La ragione di
questo è chiaramente spiegata nel messaggio del 16 novembre (pag. 20).
Nella vita terrena Kathleen era stata una sarta, vissuta a Liverpool e morta di tubercolosi all’età
di 28 anni, nel 1893. Questa informazione, assieme ad altri dettagli che la riguardano, venne fornita
al Rev. Owen e alla sua famiglia in diversi momenti fra il 1914 e il 1920, attraverso la tavoletta
usata dalla moglie del Vicario.
È bene spiegare che Ruby, di cui si parla alle pagine 22 e 25, è la figlia del Rev. Vale Owen.
Nacque a Fairfield, Liverpool, il 26 agosto 1895, e morì nello stesso luogo il 21 novembre 1896.
Secondo i messaggi registrati con la tavoletta dalla moglie del Vicario, quando la piccola Ruby
passò dall’altra parte venne assegnata alle cure materne di Kathleen; in seguito, sempre sotto la
tutela di Kathleen, la bambina fu condotta a visitare i suoi genitori quando usavano la tavoletta. Fu
in questo modo che Kathleen prese confidenza con la famiglia Vale Owen; ecco perchè il Leader e il
suo gruppo la scelsero come amanuense per comunicare i loro messaggi al Sig. Owen nella
sagrestia di Ognissanti a Orford.
L’accenno fatto a pag. 23 a “tua madre e il suo gruppo”, si riferisce alla madre del Rev. Owen,
che morì nel 1909 e trasmise i primi messaggi al Vicario durante i mesi di settembre e ottobre 1913.
Tali messaggi sono stati raccolti nel Primo Volume de La Vita al di là del Velo, intitolato “I Reami
Bassi del Cielo”.
Zabdiel, menzionato a pag. 23, 24, 25 e 26, è colui che dettò al Reverendo gli scritti pubblicati
nel Secondo Volume, “I Reami Alti del Cielo”.
Note di G.V.O.
Quando i messaggi di Zabdiel (contenuti nel Secondo Volume) terminarono, il 3 gennaio 1914,
sapevo che quella fase del lavoro era giunta al termine, e nulla mi fu detto di ulteriori
comunicazioni. Così lasciai andare la questione fino a settembre 1917 quando, attraverso i messaggi
che giungevano tramite la tavoletta adoperata da mia moglie, fui invitato a riprendere il lavoro. Fra
l’altro, sempre verso settembre 1917, avvertivo lo stesso impulso a scrivere che avevo sentito nel
1913, quando giunsero per la prima volta i messaggi di mia madre e di Astriel, ora raccolti nel
Primo Volume de La Vita al di là del Velo.
*
Incluso nel Quarto Volume intitolato “Le Schiere Celesti”.
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INTRODUZIONE
di Sir Arthur Conan Doyle
La lunga battaglia sta per essere vinta. Il futuro non è univoco: a molti può riservare una battuta
d’arresto, ad altri una delusione, ma la fine è sicura. A coloro che erano in contatto con la verità è
sempre apparso chiaro che se un qualsiasi documento ispirato, contenente una nuova rivelazione,
potesse realmente giungere nelle mani del grande pubblico, allora certamente spazzerebbe via ogni
dubbio e ogni pregiudizio, in virtù della sua innata bellezza e saggezza. Oggi, proprio uno di questi
documenti* sta ricevendo un riconoscimento a livello mondiale e fra tutti quelli che potevano essere
scelti è il più puro, il più nobile, il più completo, ed eccelsa è la sua fonte. In verità, qui è presente la
mano del Signore!
La narrazione che abbiamo di fronte parla da sola. Non va giudicata meramente dall’esordio, per
quanto sublime si riveli, ma osservata nella bellezza che si disvela poco a poco nella narrativa, e in
un crescendo di meraviglie raggiunge livelli di splendore costante.
Non si cavilli sui dettagli, ma si valuti dall’impressione generale.
Non diventi un futile passatempo solo perchè è un argomento nuovo e insolito.
Si rammenti che non esiste opera sulla terra, neppure la più sacra di tutte, che non sia stata posta
in ridicolo a causa di certi passaggi estrapolati dal loro contesto, o per l’eccessivo risalto attribuito a
cose marginali. L’effetto complessivo sulla mente e sull’anima del lettore è il solo criterio atto a
giudicare la portata e la forza di questa rivelazione.
Per quale ragione Dio avrebbe dovuto sigillare le fonti di ispirazione duemila anni fa? Che
giustificazione abbiamo noi per sostenere una credenza così innaturale? Non è forse infinitamente
più ragionevole pensare che un Dio vivente continui a rivelare forza vivente, e che nuova
conoscenza e nuovo aiuto scaturiscano da Lui per sostenere l’evoluzione e far fronte all’accresciuto
potere di comprensione di una natura umana più ricettiva, e ora purificata dalla sofferenza?
Tutte queste meraviglie e portenti, questi straordinari avvenimenti degli ultimi settant’anni, così
evidenti e tristemente famosi, passati inosservati solo da chi aveva gli occhi bendati, sono futili di
per sè, ma sono diventati indizi capaci di destare l’attenzione della nostra mente materialista,
dirigendola verso quei messaggi di cui questo particolare scritto si può dire sia l’esempio più
completo.
Ce ne sono molti altri che presentano dettagli diversi a seconda della sfera descritta o del grado
di opacità del trasmettitore, il quale conferisce una sfumatura più o meno pronunciata alla luce nel
momento in cui essa lo attraversa. Soltanto con spirito puro si può ricevere un insegnamento
assolutamente puro, e tuttavia sarebbe meglio pensare che questo resoconto del Cielo debba essere
il più fedele possibile, per quanto le condizioni mortali lo permettano.
Sovverte le vecchie credenze religiose? Mille volte No. Anzi le espande, le chiarisce, dà loro
bellezza, riempie quegli spazi vuoti che ci hanno gettato nell’incertezza e nella confusione, e tranne
la ristrettezza dei pedanti della parola esatta che hanno perso il contatto con lo spirito, esso è
infinitamente rassicurante e illuminante.
Quanti passaggi sfuggenti delle antiche Scritture ora acquistano significato e forma visibile!
Forse cominciamo a comprendere quella “Casa con molte dimore” [San Giovanni 14: 2 – N.d.T.] e
a realizzare la “Dimora eterna, non costruita da mani di uomo” [Corinzi 2: 5,1 – N.d.T.] proprio
mentre riusciamo a cogliere un fugace bagliore di quella gloria ineffabile che la mente umana non
può concepire.
Tutto cessa di essere una lontana, elusiva visione e diventa reale, solido, sicuro, una luce chiara
dinanzi a noi che navighiamo nelle oscure acque del Tempo; essa aggiunge gioia più profonda alle
nostre ore di letizia e terge la lacrima di dolore giurandoci che non ci sono parole per esprimere la
felicità che ci attende, se solo siamo fedeli alla legge di Dio e seguiamo le nostre tendenze superiori.
*
Questo si riferisce all’intera serie di messaggi inclusi nei Volumi Primo, Secondo, Terzo e Quarto.
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Quelli che interpretano male le parole usate, diranno che il Sig. Vale Owen ha portato alla luce
tutto ciò traendolo dal suo subconscio. Possono allora spiegare, questi signori, come mai molti altri
hanno avuto le medesime esperienze, anche se di livello meno elevato? Io stesso ho compendiato in
due piccoli volumi la materia generale sull’aldilà, attingendo da numerosissime fonti. Il mio lavoro
fu svolto indipendentemente da quello del Sig. Owen, e allo stesso modo il suo resoconto non ha
avuto alcuna relazione col mio. Nessuno di noi ha potuto accedere al lavoro dell’altro. E tuttavia
dopo aver letto questo racconto, assai più grandioso e dettagliato, non trovo un solo punto rilevante
in disaccordo. Com’è possibile questa corrispondenza se lo schema generale non è basato su una
verità ispirata?
Il mondo ha bisogno di una forza motrice più potente. Il mondo prosegue la sua corsa sulla
spinta della vecchia ispirazione, come un treno che ha perduto la locomotiva. È necessario un nuovo
impulso. Se la religione fosse stata qualcosa di realmente influente e convincete, avrebbe avuto peso
nella questione più importate – ossia le relazioni fra gli stati, e l’ultima guerra non ci sarebbe stata.
Quale chiesa emerse, dunque, da quella prova suprema? Non appare chiaro che le cose dello spirito
hanno bisogno di essere riaffermate e riavvicinate alle cose della vita? Sta cominciando una nuova
era. Coloro che si sono battuti per essa possono essere scusati, se sentono un senso di deferente
soddisfazione vedendo le verità per cui hanno lottato e per cui si sono messi alla prova ottenendo
maggiore attenzione da parte del mondo. Non è un motivo di orgoglio, e ogni uomo e donna che ha
ricevuto l’onore di poter lavorare per una causa così nobile è ben consapevole che egli, o ella, è solo
un agente nelle mani di forze superiori e invisibili, ma reali e sagge. E tuttavia non saremmo umani
se non ci sentissimo sollevati nel vedere nuove fonti di forza e nel realizzare che la preziosa nave è
mantenuta più saldamente che mai lungo la sua rotta.
Sir Arthur Conan Doyle
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CREAZIONE
Febbraio, 1921.
In seguito alla ricezione di una parte dello scritto contenuto in questo volume, ricevetti i versi
riportati sopra che dovevano essere considerati come la nota fondamentale del tema generale.
G.V.O.
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L’IRREQUIETEZZA DEL MONDO
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UN RIFUGIO DI PACE NELLA SESTA SFERA
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ACQUA DI VITA –
KATHLEEN SCRIVE SU RICHIESTA DI ALTRI
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Ora, ciò che vale in questi Reami si scopre solitamente essere vero anche nella sfera terrena,
benché l’uomo comune lo percepisca con un minore grado d’intensità, a causa della sua profonda
immersione nella materia nell’attuale ciclo di evoluzione. È solo meno evidente, non meno vero.
Vedo che da qualche minuto nella tua mente si è formata una domanda. Chiedi pure, proverò a
risponderti.
Stavo pensando che tutto questo è molto remoto dai pensieri che di solito occupano la mente di
una signora. Hai detto che eri tu a scrivere con la mia mano, Kathleen. Sei sempre tu a scrivere
questo?
Sì, mio curioso amico, sono io che scrivo. Non avrai mica creduto che io avessi immaginato per
un solo minuto che ti avrebbe soddisfatto il mio discorso insulso, o lo hai pensato? Comunque mi
attrezzerò contro il ripetersi di un tale fiasco, portando con me qualche amico che mi userà come io
sto usando te. Non sono tutti uomini, ci sono anche donne, e lavorano all’unisono come una sola
voce, un solo messaggero, in modo che le parole che io scrivo siano una fusione di varie menti; fra
l’altro ci siamo amalgamati abbastanza bene, visto che siamo riusciti a controllare meglio la tua
irrequietezza. Aiutaci a tal proposito e noi pure faremo il massimo da questa parte.
E ora buona notte, con la pratica faremo maggiori progressi.
MUSICA
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IL CIABATTINO
19
Dopo un lungo viaggio, assai piacevole, ma prolungato in modo che il cambiamento potesse
avvenire quanto più dolcemente possibile, giunsero davanti alla compagnia in attesa. Li riconobbe
tutti, e loro si fecero avanti mettendosi di fronte a lui: allora seppe che poteva guidarli con
sicurezza, vedendo i loro occhi traboccanti di luce amorevole.
L’IMPORTANZA DI KATHLEEN
DIFFICOLTÀ DI COMUNICAZIONE
*
Vedi pag. 7.
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relativi alla materia e anche l’arte dell’organizzazione esteriore, che impegna tanto la vostra politica
di stato, sono le cose che vi appaiono più urgenti. E tale opera l’avete svolta molto bene, e fu
un’opera necessaria da realizzare. Fu anche necessario che i vostri maggiori sforzi fossero
concentrati su quell’aspetto delle faccende mondane. Ma ora l’opera è quasi compiuta, per quanto
concerne l’era attuale, e noi attendiamo che la vostra mente si trasformi in un canale superiore
diretto in alto verso la vita spirituale. E quando sarà così, coloro che vigilano in attesa di parlare agli
uomini, coglieranno l’opportunità e non se la lasceranno sfuggire. Quel tempo è quasi giunto, e
molte cose buone possono essere cercate e attese. Noi vediamo che la nostra battaglia più difficile
sarà superare il materialismo occidentale, e gioiamo nella dura lotta, come fai tu, e per giunta non ci
stanchiamo facilmente.
Fermiamoci qui per adesso. Vedo che sei stanco. Buona notte, amico, la pace di Dio sia con te.
*
Vedi note a pag. 7.
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facciamo passare attraverso il nostro spettroscopio – che non è proprio simile a quello di cui parlano
i vostri scienziati, ma che applichiamo agli uomini e alle loro emanazioni come gli scienziati terreni
fanno con un raggio di luce. È così che, a tua insaputa, ti abbiamo trovato e messo alla prova con
grande scrupolosità e rigore. Abbiamo fatto la nostra diagnosi, registrando accuratamente i dettagli,
per poi confrontarla con quella elaborata quando il mio signore Zabdiel si è servito di te, e anche
con la registrazione meno raffinata, ma abbastanza completa, usata all’inizio da tua madre e dai suoi
compagni per trasmetterti i loro pensieri.
Queste tre analisi ci mostrarono il tuo progresso. Vorresti che ti dicessimo in quali cose sei
migliorato, amico?
Sì, ve ne prego.
In alcuni aspetti eri progredito, in altri arretrato, soprattutto a causa della gran quantità di tempo
e di pensiero che hai consacrato al lavoro per l’attuale conflitto bellico. Considerando la situazione
generale, penso possiamo dire che abbiamo trovato in te uno strumento leggermente inferiore
rispetto a quando fosti provato qualche anno fa. Concordammo sul fatto che saremmo stati capaci di
usare la tua mente quasi come fecero gli altri. Ma era nelle cose più profonde che fosti trovato
carente – quelle che favoriscono il volo e l’estasi spirituale, e ci consentono di lavorare sulla facoltà
immaginativa, che potrebbe essere definita chiaroveggenza interiore, e sull’udito interno. Ciò
nonostante sei parso uno strumento idoneo da utilizzare e forse capace di migliorare con l’uso, e
fummo contenti di lavorare con te.
Inoltre, quando accostavamo gli estremi delle tre registrazioni poste in sequenza, abbiamo
riscontrato che le linee oscillanti del progresso non sempre combaciavano a formare linee rette
continue. C’erano delle discrepanze, e quelle relative alle ultime due registrazioni – la nostra e la
precedente – erano imputabili a noi, non a coloro che fecero l’analisi per il mio signore Zabdiel.
Non c’è da stupirsi se non comprendi il metodo che abbiamo usato. Siccome il tuo progresso non si
muove tutto nella stessa direzione, le linee s’incrociavano e s’intrecciavano l’una con l’altra, e ne
risultò confusione. Ma gli errori furono solo nostri.
Per ora ci fermiamo e speriamo di continuare l’argomento domani sera. Sei stato interrotto già
troppe volte, e non è facile guidarti questa sera. Dobbiamo cercare di migliorare la situazione, se
possiamo, in modo da evitare questi disturbi in futuro. Ci proveremo. Buona notte, amico, che Dio
ti benedica sul tuo cammino.
PREPARATIVI (CONTINUA)
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fino a raggiungere ancora la cupola. Lo ripetemmo più volte, finché la struttura non si reggeva in
piedi da sola; si trattava dell’involucro esterno, ma la sua forma era completa. Ciò che mancava, in
primo luogo, era la profondità del colore, il perfezionamento dei dettagli decorativi e, una volta
fatto questo, il consolidamento dell’intero complesso fino a renderlo così robusto da resistere per
innumerevoli secoli.
Eseguimmo la procedura più volte e per lungo tempo, facendo ogni volta degli intervalli per
rinnovare le forze; ne risultò un capolavoro delizioso, capace di infondere immensa gioia. Le sue
proporzioni, le dimensioni e perfino il disegno conferivano al Tempio una solenne magnificenza –
era una struttura di grande bellezza, sempre più incantevole man mano che ciascuno di noi
contribuiva alla sua creazione. Non sempre gli edifici sono costruiti in questo modo nelle diverse
sfere; esistono molti metodi di costruzione. Ma quando vengono realizzati così, diventano non solo
l’opera di noi costruttori ma nostri figli amatissimi, poiché possiedono la nostra vitalità e l’ideale.
Edifici del genere rispondono, fra l’altro, alle aspirazioni dei loro futuri residenti, e hanno una certa
vita, forse non completamente cosciente, ma certamente sono dotati di sensibilità. Credo potremmo
dire così: durante la permanenza di un edificio come questo, il suo funzionamento sta a noi, i suoi
creatori, come il corpo umano sta allo spirito che lo usa sia in stato di veglia che quando dorme. Noi
siamo sempre in contatto con l’attività che si svolge all’interno grazie alla sua sensibilità. E se in
futuro i membri della compagnia che lo ha creato si disperdessero nell’una o nell’altra sfera,
avrebbero sempre un punto focale di vivida e reale comunione in quell’edificio, e la gioia che ne
deriva è tale che potrai assaporarla solo quando conseguirai la capacità di creare nelle sfere celesti,
se quella sarà la tua linea di ascesa nel Regno di Dio.
Ora, quando la parte esteriore fu terminata e consolidata, rimaneva da compiere il lavoro più
minuzioso all’interno: modellare camere, saloni e tabernacoli; collocare pilastri e colonnati; creare
fontane dal perpetuo scorrere dell’acqua, e molti altri interventi di cura dei particolari. Prima
rimanemmo all’esterno e ci concentrammo sui pilastri di sostegno e sui muri divisori e, una volta
sistemati, entrammo per osservare il nostro manufatto, come direste voi, anche se a realizzarlo non
furono le mani, ma le nostre menti e i nostri cuori.
Così iniziammo a lavorare all’interno dell’edificio e, per dirla come voi, ogni giorno ci
spostavamo di stanza in stanza, di salone in corridoio, dando foggia a ciascuno, poco a poco,
secondo il progetto e lo schema originale, finchè il tutto fu ultimato e rifinito con l’abbellimento
generale.
Quale grande gioia fu per noi, quando il nostro Grande Direttore scese nuovamente dal suo alto
reame per ammirare l’opera e apprezzare i nostri sforzi. Corresse molti piccoli dettagli, applicando
in prevalenza la sua volontà creativa. Ma altri dettagli chiese a noi di ultimarli e rimodellarli allo
scopo di perfezionarci con la pratica.
Allora venne il giorno in cui il Tempio fu completato, ed egli tornò in compagnia di un altro –
un potente Signore, il cui rango era di sublimità superiore al suo e la cui autorità era tale che in
Israele sarebbe paragonato ad Aronne e ai suoi successori; per i Greci sarebbe un Gerofante; per i
Cristiani, un Arcivescovo. L’operazione che venne a compiere fu ciò che chiamereste santificazione.
Consacrazione?
Sì, è una parola che rende bene l’idea. È ciò che collega un edificio in ogni sfera – terrena o
altre – a coloro che dimorano in qualche reame superiore per avere protezione. È anche un mezzo di
grazia e potere per quelli che si serviranno di quel luogo in futuro.
Sulla terra i vostri templi non hanno che una pallidissima somiglianza con quelli di questi reami.
Ma hanno, in essenza, lo stesso proposito e funzione. In Israele la nube mostrò la comunione fra le
due sfere: la terra e la dimora di Geova. Anche in Egitto la nube fu usata nei primi tempi. Nelle
colonie greche la qualità responsiva dei templi era meno vitale, ma non mancavano di vibrazioni.
L’Islam sembra prestarsi meno di tutti a questo particolare aspetto di assistenza e conforto da parte
dei Regni celesti. Ho visitato le sfere dell’Islam qui, e trovo che questa speciale opera di comunione
e grazia sia dispensata principalmente in altri modi. Lo stesso vale nelle Chiese Cristiane, ma a un
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livello molto diverso. In alcune basiliche consacrate a Cristo, la Sua Presenza e quella dei Suoi
Servitori è quasi visibile, e penso che fra breve sarà percepita da chi ne sarà capace.
Così sulla terra avete il principio all’opera, e lo è da molti secoli a questa parte. Ma da noi i suoi
effetti sono assai più potenti e il suo agire più evidente, magnifico e carico di benedizione per
coloro che salgono i gradini dei Regni Alti del Cielo, passando di sfera in sfera.
Qual è la funzione specifica di questo Tempio?
Comincia ad essere usato per raccogliere l’energia con cui saranno battezzate le persone che
giungono dalle diverse parti della Quinta Sfera, e qualche volta anche quelli provenienti da sfere più
basse. Vengono immersi nelle sue vibrazioni di colori, bagnati nelle correnti d’acqua e nelle fontane
poste all’interno, o avvolti in reti e trame musicali e, per quanto la loro natura risponde, vengono
rinvigoriti nelle parti più deboli, o illuminati in altri aspetti dove l’intelletto è offuscato. Ricordati
però che non è semplicemente un sanatorio, direi piuttosto che è di qualità superiore. Sarà utile sia
al corpo che alla personalità; esso prepara lo spirito al viaggio che lo attende non solo nella forza
corporale, ma anche nella chiarezza intellettiva, tramite la quale più prontamente e in maggior
misura potrà trarre profitto dalla conoscenza cui deve pervenire. Inoltre si viene messi in sintonia
con le persone il cui amore e vita sono focalizzati in questo Glorioso Tempio, e che attendono i
pellegrini diretti a dimore più alte.
Tutti devono passare per quel Tempio per potere ascendere?
No, non tutti, amico, ma la maggioranza degli abitanti della Quinta Sfera. È un livello dove
taluni, anzi molti, soggiornano a lungo. È una sfera cruciale dove i vari aspetti dell’uomo devono
pervenire all’armonia e ogni dissonanza deve essere eliminata. Per molti è un mondo difficile da
attraversare, ed è consueto trovarvi parecchi motivi di ritardo. Ecco perché abbiamo eretto il
Tempio: il bisogno era grande. Essendo appena nato non è ancora pronto per servire al suo scopo, e
indubbiamente man mano che gli esperimenti procederanno certi dettagli verranno modificati.
Ma ci sono alcuni che arrivando qui, si guardano attorno e nulla trovano da apprendere o
sistemare dentro di loro. Queste persone piene di forza e calma passano oltre, spandendo
benedizioni sul loro cammino, e la via che prendono diventa più luminosa al loro passaggio; chi si
trova nei paraggi è allietato nel vederli e prende coraggio. Sulla terra può essere diverso. Ma coloro
che giungono fino alla Quinta Sfera non sono di splendore mediocre, e la bellezza di uno spirito più
bello e forte di loro non fa altro che aggiungere grazia alla loro grazia, e gli conferma la realtà della
Fratellanza Universale.
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quelle terre, pronti a sfogare la loro rabbia su chiunque capiti nel loro raggio d’azione. Così li
spronava a seguire la Bandiera che avrebbe portato dinanzi a loro senza nulla da temere, perché
quella Bandiera, che li avrebbe guidati, sarebbe stata un simbolo di grande forza per il loro lungo
cammino.
Questo era il nocciolo del suo discorso, e la gente riunita sembrava palesare uno struggente
desiderio di accettare. Stette in silenzio per qualche istante, poi dalla folla si levò una voce che
gridò: “Di quale bandiera parli? Con quali emblemi intendi adornarla, così da avere ben chiara la
guida da seguire?”.
Allora l’uomo, in piedi sul blocco di pietra in mezzo alla piazza, portò in alto la mano e cercò di
spingerla in basso per disegnare una linea, ma senza riuscirci. Tentò più volte, ma il suo braccio
sembrava paralizzarsi ogni volta che cercava di muoverlo in basso intenzionalmente. Alla fine
lanciò un forte gemito versando lacrime di dolore – fu una scena penosa per me che lo conoscevo –
e la mano gli cadde da sola pendendo molle al suo fianco. Ben presto si riprese, era di nuovo dritto
col volto pieno di fermezza. Aveva realizzato di aver disegnato nell’aria una linea verticale, e
davanti a lui brillava, lungo il percorso che la sua mano aveva tracciato cadendo, una scia
perpendicolare di luce fioca. Con grande sforzo e cautela sollevò un’altra volta la mano, la distese
lontano dalla linea, all’incirca sopra la metà della sua lunghezza, e cercò di avvicinarla e
attraversarla orizzontalmente, ma anche questa volta senza riuscirci.
Potevo leggere nella sua mente ciò che pensava. Stava cercando di tracciare per loro l’Emblema
della bandiera che avrebbero dovuto seguire, ossia il Segno della Croce. Così, preso da pietà mi
spinsi avanti, mettendomi al suo fianco. Tracciai prima la linea verticale ancora visibile. La ripassai
lentamente fino a darle una brillantezza che illuminava la piazza e i volti della gente riunita; poi
disegnai il braccio orizzontale. Ecco che allora irraggiò davanti a noi una croce, che ci copriva con
la sua luminosa radianza, e noi restavamo dietro non visti. All’improvviso sentii un urlo violento e
un diffuso lamento. Guardai attentamente. La Croce si stava affievolendo, vidi le persone prostrate a
terra contorcersi nella polvere della grande piazza, mentre cercavano di nascondersi i volti e
cancellare la memoria di quel segno. Non perché l’odiassero – erano persone già arrivate allo stadio
del pentimento – ma fu proprio il progresso che avevano fatto verso il pentimento a causare il loro
presente dolore. Il rimorso era mescolato alla sofferenza per il peccato commesso e per
l’ingratitudine, e quel rimorso aggiunse amarezza al loro dispiacere.
L’uomo accanto a me non si buttò a terra come gli altri, ma s’inginocchiò coprendosi il viso con
le mani e appoggiandosi sulle ginocchia – doppiamente prostrato nel tormento del suo pentimento.
A quel punto mi resi conto di essere stato troppo precipitoso, e quanto intendevo fare per
consolarli li aveva gettati nella disperazione, così mi diedi molto da fare per ripristinare il loro
giusto stato d’animo di calma. Una volta raggiunto, gravandomi del compito che è del mio amico,
cominciai a recitare la litania che egli aveva iniziato. Dopo lungo tempo il mio lavoro fu finalmente
coronato dal successo, ma decisi fin da subito di essere più cauto in futuro nell’usare quel potente
segno nei reami oscuri, per non causare ulteriore dolore a coloro che ne hanno già tanto da
sopportare.
Hai chiamato l’oratore tuo amico.
Sì, era mio amico. Abbiamo insegnato filosofia nella stessa università durante la vita terrena.
Visse onestamente, e non senza occasionali impulsi di generosità. Comunque era intelligente più
che devoto, e ora – beh ora è sulla via che sale e si sta comportando molto bene con i suoi
compagni.
Ebbero la loro bandiera dopo tutto, come ti ho raccontato. Non era di fattura eccellente –
semplicemente un paio di rami, alquanto storti e nodosi, come gli alberi che crescono negli ambienti
cupi, che avevano legato assieme con una corda e la chiamavano croce, anche se il braccio
orizzontale a volte piegava in alto a volte in basso. Ed era grottesco, se non fosse stato per la serietà
che mostravano e il significato che gli attribuivano; a loro importava il potere che essa
rappresentava e Colui da cui fluiva quel potere. Così lo consideravano davvero un Segno dei più
Sacri da seguire con coraggio, ma in silenzio, con timore reverenziale. E la striscia di stoffa rossa
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usata per legare i rami sventolava come un fiotto di sangue. Essi la seguivano dove la vedevano
andare nel loro lunghissimo viaggio, spesso faticoso e dolorante per i piedi, ma sempre verso le
regioni montane dove sapevano avrebbero trovato la luce.
Ti ringrazio. Prima di concludere vorrei farti una domanda a proposito del Tempio di cui hai
parlato ieri sera. Nella prima parte hai detto che la sua funzione era di aiutare le persone nella
sfera terrena. Ma dopo hai menzionato un proposito molto diverso. Sono un po’ confuso. Potresti
spiegarmelo meglio?
Ciò che abbiamo detto, amico, era vero quanto basta, sebbene non così chiaro come avremmo
voluto. La tua mente era piuttosto appesantita ieri sera. E anche oggi sei stanco. Cercheremo di
spiegarci meglio nel nostro prossimo incontro. Dio ti benedica e buona notte.
METODI DI COMUNICAZIONE
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attenti a non sprecare energia, perché abbiamo molto da fare per soccorrere gli altri, e non siamo
prodighi nello spendere neanche ciò che costituisce una riserva infinita. Di solito il nostro lavoro
riesce meglio col metodo della comunione diretta.
Per stabilirla creiamo una specie di telefono o telegrafo – come dite voi – una corda di
vibrazioni e pulsazioni fra noi e voi, formata dalla vitalità combinata della guida e di chi è guidato.
Uso parole che non amo molto, ma non riesco a trovarne altre nel tuo cervello, così ci
accontenteremo di queste. Mi riferisco a parole come “formata”, “vitalità” e consimili. È un metodo
che consente un rapporto di rispondenza continuo e sostenuto.
È come il sistema dei nervi fra il corpo e il cervello: sempre potenzialmente attivo ogni qual
volta insorga il bisogno di dare aiuto. Ogni volta che l’amato rivolge un pensiero o un desiderio alla
sua lontana guida, questa ne è immediatamente consapevole e risponde nel modo che giudica
migliore.
C’è un terzo metodo, più complicato di quelli che ti ho descritto brevemente. Lo si potrebbe
chiamare metodo universale, un nome poco adatto, ma utile allo scopo. Nel primo procedimento il
flusso di pensiero, passando dalla terra a mondi più o meno lontani, viene trattato e modificato in
ciascuna sfera durante il suo itinerario, come un continuo passaggio di corrispondenza attraverso i
continenti – solo che qui non si fanno cambi di cavalli o soste lungo la strada. Nel metodo
successivo, la linea è sempre aperta e sempre in tensione, come un telefono che usa l’elettricità; è
una linea diretta fra l’uomo sulla terra e la guida nella sua sfera. Il terzo processo si distingue dagli
altri due. Per suo mezzo ogni pensiero e azione dell’uomo vengono registrati nei cieli, e possono
essere letti occasionalmente da coloro che sono capaci di farlo. Le registrazioni sono reali e
permanenti, ma la loro forma e come vengono create ci è impossibile spiegarlo. Se nella descrizione
dei primi due metodi il significato delle parole è stato forzato, qui vengono a mancare del tutto. Ti
dico solo questo: tutti i pensieri di un uomo hanno un’attuazione e un effetto universale. Chiamalo
etere, o come vuoi, ma il fluido che pervade queste sfere è fatto di una sostanza così sensibile,
compatta e continua che se lo sfiori con un soffio a un’estremità dell’universo, l’effetto viene
registrato nell’estremità opposta. Qui, di nuovo, “estremità” non è la parola giusta da usare; il
significato che gli attribuite voi non ha alcun senso da noi. Anche se in modo poco convincente,
cerco ora d’indicarti qualcosa del suo portento attraverso ciò che il Cristo Salvatore intendeva dire
quando, più parsimonioso di me, non attribuì alcun nome al metodo in esame, ma ne parlò
solamente per come viene visto operare, in questo modo: “Non muore un solo capello sul vostro
capo, né un solo passero cade dal suo nido senza che il Padre Onnipotente non lo sappia.”
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Anche oggi è così. Poiché Egli non offrì un dono così grande per ritirarlo tanto presto dopo che
l’ultimo pasto fu consumato e il Suo Corpo messo in Croce. No, la Fonte di quel torrente di vita
operante sul Pane e sul Vino, sugli Apostoli e sui corpi degli uomini, non fu il Corpo di carne che
Lo rivestì per brevissimo tempo e che lasciò cadere come un mantello consunto dal tempo. E
neppure fu il Corpo di sostanza spirituale, tramite cui non fece altro che far fluire l’energia, come
attraverso una conduttura dall’acquedotto nelle cisterne di una città. Quella Fonte era ed è lo Spirito
Stesso, il Cristo, non importa se nel Corpo di carne o disincarnato, poiché queste condizioni non
contano nulla quando si tratta di forza e potere spirituali, eccetto che per il modo in cui si
manifestano. L’essere interiore resta immutato, qualunque forma possa assumere per apparire.
Perciò è giusto dire che il Pane e il Vino dell’ultima cena, per Suo desiderio e volontà,
divennero depositari della Sua forza vitale, mutandosi così nel Corpo e nel Sangue di Cristo.
L’attuale assenza di quel Corpo materiale è lungi dal costituire un impedimento, sarebbe quasi più
vero dire che rende più facile e diretta una simile operazione da parte Sua, proprio perché viene a
mancare un intermediario. In ogni caso si può dire, a ragione del vero, che la mancanza del Corpo
di carne non ostacola il flusso di vita che giunge da Lui alle sostanze del Pane e del Vino.
Quando perciò il Ministro del Culto, il Sacerdote, raccoglie il consenso della congregazione e
depone il Corpo e il Sangue sul Tavolo, si appella al Sacrificio di Colui che oggi vive in altissimi
cieli. Così facendo, egli in sostanza pone la sua mano sul cuore del Signore e, guardando in quei
Reami ove dimorano Angeli sovrani, guarda il volto del Padre e implora l’Amore e la fedeltà di Suo
Figlio per il bene della povera umanità, affinché tutti gli uomini possano diventare splendidi come
Lui. E se il sacerdote è di mente semplice e ha il cuore di un bambino del Regno di Dio, sentirà
sotto la sua mano il quieto ma intenso battito dell’unico incessante Cuore del Cristianesimo
moderno. Saprà che se agirà superando le proprie debolezze, la Vita che sgorga interiormente ne
sarà rinvigorita, e ogni supplica rivolta al Signore non resterà inascoltata in quella Sfera luminosa di
elevatissima purezza ed estatica santità; e come Egli promise così è pronto a mantenere, e il Suo
Cuore, sospirando, emetterà una preghiera, cosicché, per amor Suo, le vostre preghiere saranno ben
accette.
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le persone, così il sesso è un’unità composta di due generi. Uomo e donna formano un unico sesso,
come il sangue e la carne formano un solo corpo.
Per quanto possiamo capire, la ragione per cui gli Eccelsi Signori presero tale decisione fu per
consentire all’umanità di conoscere se stessa nel modo migliore. È un grande mistero di cui noi non
possediamo la chiave per dischiuderlo interamente, neanche qui. Ma capiamo che nella creazione
dei due elementi, maschio e femmina, fu reso più semplice il processo tramite cui la razza umana
potrà alla fine comprendere l’Unità dalla quale proviene, e verso la quale nuovamente si volgerà
quando calcherà la via ascendente che dalla materia porta allo spirito.
I due grandi principi contenuti nell’Unità Divina furono resi manifesti come due cose separate,
in modo da poter essere studiati nei particolari da coloro che non erano in grado di indagarli come
Unità.
E quando l’uomo pensa alla donna non fa altro che aprirsi a una comprensione maggiore di una
parte di se stesso, e la stessa cosa vale per la donna quando riflette sull’uomo. Poiché i due elementi
non erano separati nelle epoche di sviluppo che precedettero l’attuale era di materia e forma, di
conseguenza saranno di nuovo uniti nelle ere a venire.
Affinché l’essenziale unità dell’essere, sperimentata in quel remoto passato, fosse riconquistata
nelle epoche future, era necessario che entrambi gli elementi fossero inclusi in ogni individuo
destinato ad essere un esemplare dell’intera razza umana. Così si sviluppò il matrimonio, che
rappresenta il punto di svolta per il destino dell’umanità.
Da quando venne emanato dal Cuore del Supremo il primo “fiat” di quel movimento che diede
luogo a una serie di eoni di evoluzione, l’unica nota dominante che risuonava nel cosmo è stata lo
sviluppo delle diversità, fin quando non apparvero, uno dopo l’altro nell’oceano dell’esistenza, i
principi della personalità – l’individualità e la forma. L’ultimo e più estremo atto di differenziazione
fu la creazione dei due aspetti della facoltà riproduttiva, che chiamate sesso. Quello fu l’apice del
processo di diversificazione – di principio e di fatto.
Quando i due si unirono di nuovo, allora l’impulso riflesso stimolò la spinta propulsiva
dell’evoluzione e il primo passo per ritornare all’Unità dell’Essere, che è Dio, venne compiuto.
Così dalla fusione dei due elementi, nello spirito e nel corpo, ne nacque un Terzo che riunisce in
Sé i due principi in una sola Persona. Il Signore Gesù era il Figlio perfetto del genere umano e la
Sua natura, dal punto di vista spirituale, è l’unione delle virtù maschili e femminili equamente
ripartite.
Questa grande legge è vera anche da un punto di vista fisico, perché nel petto l’uomo porta il
segno gemello della sua antica natura femminile, e i fisiologi ti diranno che una simile
corrispondenza non manca nell’altra metà, che con lui forma l’unità completa del genere umano.
Con questa esperienza dei due unificati in uno, in ere future e in mondi superiori di progresso
verso lo stato di compiutezza dell’Essere, l’essere umano perfezionato giungerà a comprendere
come sia possibile che, amando il prossimo e donando con abnegazione, egli, proprio a causa di
quell’abnegazione, finisca per amare ancor più se stesso ed essere ancor più generoso verso di sé, e
imparerà che più disdegna la propria vita, più la ritrova in quelle sfere luminose ed eterne. Tu sai
Chi insegnò questo, ed Egli non parlava di cose bizzarre né dell’applicazione sperimentale di
qualche principio. Tu e noi, amico, stiamo ancora imparando questa sublime lezione, ma abbiamo
molta strada da fare prima di comprenderla appieno. Egli invece l’ha già realizzata.
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particelle residue di esperienze vissute – speranze, propositi, aspirazioni, amore e altre espressioni
dell’autentico valore interiore dell’uomo. Per l’economia del suo essere, queste particelle sono
disperse nell’ambiente circostante, e sono esterne a lui. Ma con l’avvicinarsi del cambiamento
vengono tutte attirate e riunite nella sua anima, e allora l’anima si separa premurosamente
dall’involucro materiale e resta libera, diventando a sua volta il corpo dell’uomo per la prossima
fase di progresso nei Cieli divini.
A volte però la morte arriva con uno shock e nel tempo di un attimo. L’anima allora non riesce a
completare il suo lavoro per essere vigorosa e in perfette condizioni per proseguire. Perciò è
necessario ritardare il progresso finchè gli elementi suddetti non sono stati richiamati dal corpo
materiale e debitamente incorporati in quello spirituale. In realtà, finchè questo non avviene in
modo corretto e completo, l’uomo non nasce come si conviene nello spirito. È come una nascita
prematura nella vita terrena, il neonato è allora debole e gracile, e solo col tempo si fortifica
allorché recupera le forze che gli mancavano quando venne al mondo.
Così diciamo che la Morte è un Sacramento, e in effetti è davvero sacra. Alcuni della vostra
razza – che, per inciso, sono più numerosi di quanto pensate – si sono liberati dei loro corpi terreni
senza subire quella lentissima decomposizione che rappresenta la fine agli occhi degli uomini. Ma
in entrambi i casi l’atto essenziale è identico. E perché alla morte fosse attribuito il dovuto rispetto
nella sua forma più comune, il Signore della Vita non ebbe alcuna esitazione a passare da quella
porta per entrare nella vita eterna, e con la Sua morte dimostrò che, qualunque forma e valore abbia
per gli uomini, la morte è un processo naturale che l’umanità compie spingendosi verso tratti più
alti del Fiume della Vita che sgorga dal Cuore di Dio.
LA BARRIERA DI CONFINE –
DUE GIOVANI COMMILITONI: L’ARRIVO E L’INCONTRO
*
Vedi nota a piè di pagina, pag. 26.
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Nel tuo regno di materia un muro è fatto di pietre o mattoni, diciamo. La pietra con cui è
costruito il muro non è solida nel senso di essere completamente dura e compatta. Ogni particella
che forma la pietra è in movimento, anche la vostra scienza lo ha scoperto da poco. E le particelle
stesse sono create da un moto più denso dell’etere, come chiamate l’elemento dentro cui fluttuano.
Il movimento deriva dalla volontà, e la volontà è messa in moto da una personalità. Perciò
considerando il processo in senso inverso, abbiamo: una persona o un gruppo di persone che
concentrano la loro volontà sull’etere e lo pongono in vibrazione, da quella vibrazione scaturiscono
particelle. Queste, inoltre, sotto l’influsso della volontà di altri gruppi – di gerarchie, se vuoi –
aderiscono tra loro in forma più o meno densa, e il risultato è l’acqua, la pietra o il legno. Perciò
ogni tipo di materia non è altro che la manifestazione esteriore di una personalità, e varia nella
composizione e nella densità in base al tipo di personalità che, agendo singolarmente o in gruppo
col continuo esercizio della volontà, produce una manifestazione adeguata al suo livello.
Qui vale un sistema di leggi che operano in maniera molto simile a quello che ti abbiamo
appena descritto come vigente tra i Regni spirituali e la vostra economia della materia.
Il muro di cui parliamo è prodotto e mantenuto nella sua posizione dalla forza di volontà
inerente la sfera terrena e in essa operante. Quando questa impatta sul nostro lato con la forza di
volontà propria delle Sfere sovramundane, e in esse operante, viene respinta e si condensa in un
muro cha ha un definito spessore e una consistenza palpabile per noi, che abbiamo una natura più
sensibile e raffinata, mentre per voi incarnati, dentro corpi di sostanza grossolana, è riconoscibile
solo come uno stato mentale di impenetrabile densità, che descrivete come una nuvola di
confusione, una nebbia spirituale o altri nomi.
Quando diciamo che il muro è prodotto dalla volontà degli uomini della terra, parliamo in senso
letterale della facoltà creativa dello spirito. Lo spirito è sempre creativo, e voi nella carne siete
spiriti: ognuno di voi è una scintilla dello Spirito universale, esattamente come noi. Questa nube di
vapore, quindi, che provenendo dalla terra s’infrange contro il nostro Confine, è una creazione
spirituale, proprio come quella che continuamente gli va incontro dai Reami sovramundani e la
tiene stabile al suo posto. Non è di natura o specie diversa, ha solo un diverso grado di densità.
Dunque il muro è creato dall’incontro fra superiore e inferiore, e in misura proporzionale
all’aumentare o diminuire dell’intensità dell’uno o dell’altro, esso avanza o retrocede verso la terra.
Ma è quasi sempre fermo al suo posto, e mai lontano dalla sua posizione consueta.
Con la tua domanda, amico mio, ci hai imposto il gravoso compito di dover spiegare in termini
terreni un argomento che è ancora lontano dalle indagini della vostra scienza moderna. Un giorno
quando la scienza avrà esteso i suoi confini ai regni celesti, qualcuno di voi sarà capace, forse, con
parole più familiari, di rendere semplice e chiaro ciò che noi abbiamo trovato faticoso mettere per
iscritto.
Penso di aver colto l’idea generale. Comunque, grazie per lo sforzo.
Così trovarono il giovane disteso sull’erba accanto al cancello da cui era entrato, portato da
quelli che lo avevano accompagnato fin lì. Ben presto aprì gli occhi, si guardò attorno pieno di
meraviglia e, quando ebbe abituato la vista alla nuova luce, riuscì a vedere le persone giunte per
condurlo alla seconda tappa del suo viaggio, nella sua nuova casa. La prima domanda che pose fu
alquanto bizzarra. Chiese: “Sapreste dirmi dov’è il mio gattino? L’ho forse perduto?”.
Una guida rispose: “Sì, ragazzo mio, temo proprio di sì. Ma noi possiamo regalarti un gattino
più bello e adatto a questo posto”. Il giovane stava per replicare, quando notò l’aspetto del
paesaggio e disse: “Chi mi ha portato qui? Non ricordo questo luogo. Non è come il posto in cui mi
hanno colpito”. Allora spalancò gli occhi e con un filo di voce chiese: “Dimmi signore sono forse
passato nell’altro mondo?”.
“È così, ragazzo mio”, fu la risposta, “sei nell’altro mondo. Ma non molti se ne rendono conto
così presto. Ti abbiamo osservato per tutto il tempo, ti abbiamo visto crescere, svolgere il tuo lavoro
d’ufficio, entrare nel campo di addestramento e prestare servizio nell’esercito fino a quando non
fosti ferito a morte. Sappiamo che hai cercato di fare ciò che ritenevi giusto. In generale, anche se
non sempre, hai seguito la via superiore, e ora ti faremo vedere la tua casa”.
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Rimase silenzioso qualche minuto, poi disse: “Posso fare delle domande, o è contro le regole?”.
“No, chiedi pure, siamo qui per risponderti”.
“Bene, fosti tu signore a venire da me una notte quand’ero di guardia a parlarmi della mia
imminente dipartita per l’altro mondo?”.
“No, non fu nessuno dei presenti. Ma un altro che ora ti attende poco più avanti sulla via. E se
sei forte abbastanza ti porteremo da lui. Cerca di alzarti e prova a camminare”.
Si alzò subito e si mise sull’attenti, per via dell’abitudine che aveva assunto nella vita terrena;
ma la guida sorridendo gli disse: “Mio caro ragazzo, tutto questo appartiene al passato. La
disciplina qui è molto diversa da quella che hai conosciuto finora. Consideraci tuoi amici, e vieni
con noi adesso. Riceverai degli ordini e obbedirai, ma non è ancora tempo. Quando sarà il
momento, riceverai ordini da gente superiore a noi, e obbedirai non perché temi il rimprovero, ma
per la forza del tuo amore”.
Rispose solo: “Grazie, signore”, e s’incamminò con loro in silenzio e meditando profondamente
su quanto gli era stato detto, e sulla singolare bellezza del suo nuovo paese.
Percorsero un sentiero in salita e, superata la cima della collina, scesero sull’altro versante che
era interamente ricoperto da un bosco di alberi enormi e bellissimi, ricoperto di fiori ai bordi del
sentiero, e con tanti uccellini canterini nel fogliame verde-oro. E là, su un tumulo di terra, sedeva un
altro giovane che vedendo la comitiva procedere verso di lui si alzò e gli andò incontro. Dopo aver
raggiunto il giovane soldato, gli mise un braccio sulle spalle camminando accanto a lui in silenzio,
anche l’altro rimase silenzioso.
All’improvviso il giovane soldato si fermò, spostò il braccio dell’altro e si girò verso di lui
fissandolo attentamente. Allora un sorriso illuminò il suo volto, prese entrambe le mani dell’amico e
disse: “Ma guarda, Charlie, chi l’avrebbe mai detto? Quindi alla fine non ce l’hai fatta”.
“No, Jock, grazie a Dio. Andai all’altro mondo quella notte, e in seguito mi lasciarono venire da
te per starti vicino. Ti ho accompagnato quasi ovunque, e feci il possibile per darti conforto. Poi mi
dissero che presto saresti venuto anche tu. Allora ho pensato che dovevo fartelo sapere. Mi sono
ricordato delle tue parole quando cercasti di tirarmi fuori dalle trincee nemiche per riportarmi dai
nostri, dopo che fui ferito al collo. E così ho atteso che fossi tranquillo e da solo, e ho tentato di fare
il possibile. Solo più tardi ho saputo che ero riuscito a farmi vedere da te, e a farti udire
parzialmente le mie parole circa il tuo venire all’altro mondo”.
“Ah sì, adesso si dice ‘venire’ e non ‘andare all’altro mondo’, non è vero?”.
“Questo è l’attuale stato delle cose, mio vecchio amico. E ora posso ringraziarti per ciò che hai
cercato di fare per me quel giorno”.
Così i due amici si portarono alla testa del gruppo, che rallentò la sua marcia per farli passare
avanti. E parlando con gergo familiare, com’erano soliti fare, espressero la loro amicizia reciproca.
Abbiamo scelto questo episodio per mostrarti alcune cose, fra cui le seguenti.
Nessun atto passa mai inosservato nelle sfere sovramundane. Chi compie una buona azione
viene sempre ringraziato qui da chi ne ha tratto beneficio.
Una volta giunte qui, le persone continuano a usare il linguaggio e i modi di parlare soliti di
quando erano incarnati. Alcuni di voi resterebbero scioccati nel sentire le frasi piuttosto forti che
escono dalle labbra di spiriti realmente luminosi quando rincontrano per la prima volta i loro amici
della terra. Parlo in modo particolare dei soldati che hanno combattuto la guerra, come questi due.
Qui il rango va di pari passo con il vero valore interiore, e non dipende dal ceto sociale né
dall’istruzione terrena. Di questi due, il primo arrivato era stato un manovale prima di arruolarsi, e
di famiglia povera. L’altro proveniva da una famiglia fortunata negli affari, e per alcuni anni aveva
lavorato in un ufficio commerciale preparandosi a ricoprire una posizione di responsabilità
nell’azienda di suo zio. Il loro ceto sociale non ebbe alcun valore quando uno condusse l’altro,
ferito, fuori dalle trincee nemiche. E da questo lato del velo non ha la minima importanza.
Pertanto gli amici si incontrano qui e cominciano la loro ascesa. Chi è fedele ai propri doveri
terreni è benvenuto quando raggiunge questi campi di bellezza e pace dove nessun suono della
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guerra è udito, dove nessuna ferita o dolore può penetrarvi. È il Regno della Pace dove lo stanco
viandante trova rifugio da tutte le sofferenze della terra, e la gioia di vivere abbonda.
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tempo non avesti il coraggio di dire. Nel farlo proverai vergogna, ma per loro sarà una grande gioia
e ti accoglieranno con sincero calore, poiché hanno già respirato la fragranza dell’amore che emana
dai Reami più alti e luminosi della sfera in cui sei adesso. La scelta però spetta a te. Vai, o non
andare, come ti suggerisce il tuo cuore”.
Il sacerdote tenne la testa bassa, e restò in silenzio per lungo tempo, mentre Naine attendeva.
Lottò con tutte le sue forze, e non fu di poco conto per uno come lui. Poi, non riuscendo a pervenire
ad alcuna decisione, disse che avrebbe riflettuto sulle implicazioni che ciò comportava, e deciso in
seguito. Così il suo vecchio difetto della paura e dell’esitazione lo avvolsero come un mantello e gli
impedirono di proseguire, anche se lo avesse voluto. Naine allora tornò alla sua Sfera, ma senza
portare la felice risposta per cui era stata mandata.
E cosa fece l’uomo, quale decisione prese?
Dalle ultime notizie che mi sono giunte, non aveva preso alcuna decisione. È un fatto recente e
non si è ancora concluso. Non può finire fintanto che non deciderà di sua libera volontà di compiere
ciò che è tenuto a fare. Sappi che fra coloro che partecipano ai tuoi incontri di comunione, ce ne
sono molti come lui o molto simili.
Per incontri di comunione, intendi il servizio della santa comunione o le sedute spirituali?
E se dicessimo che sono di natura simile? In effetti dal punto di vista terreno sono due cose
molto diverse. Ma noi qui non giudichiamo secondo criteri mondani. Coloro che partecipano all’una
o all’altra lo fanno con un proposito identico: entrare in comunione con noi e col nostro Maestro, il
Cristo. Ciò è sufficiente per noi.
Ma torniamo al nostro sacerdote. Ti chiedi perché fu mandata una donna a svolgere quella
missione, e a ragionare con un sacerdote-teologo sul lavoro e sulla condotta della sua vita.
Risponderemo a quello che vediamo nella tua mente.
La risposta è abbastanza semplice. Nella vita terrena egli aveva una sorella che morì dopo pochi
anni di vita, mentre lui sopravvisse e divenne un uomo. Questa donna era quella bambina. Egli
l’aveva amata moltissimo, e se fosse stato in piena sintonia con la parte superiore di sé, l’avrebbe
riconosciuta in tutta la sua splendente bellezza di donna matura. Ma i suoi occhi erano impediti e la
sua vista indebolita, così ella se ne andò senza essere riconosciuta.
In verità, siamo tutti parte di una sola famiglia, uniti nella gioia e nel dolore, e dobbiamo per
forza di cose bere il calice come fece Lui, che bevve il calice dei peccati e dell’amore del mondo,
della gioia e del dolore.
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esseri non dissimili dagli uomini. Anche sui pianeti di altri sistemi vivono esseri simili agli uomini.
In altre costellazioni sono presenti creature plausibilmente collegate a Dio e a Cristo, che possono
comunicare con il loro Creatore, come fanno gli uomini. Ma essi non hanno forma umana e non
usano metodi umani di comunicazione del pensiero che voi chiamate parole. Tuttavia la relazione
che intercorre fra il Creatore, il Suo Cristo e quegli esseri, è la stessa che sussiste fra Loro e voi. Era
necessario, e lo è ancora che Cristo si manifesti a loro di tanto in tanto nella forma in cui essi si
sono evoluti. Ma in tal caso Egli si presenta non come Gesù di Nazareth, in forma umana, che a loro
non sarebbe di aiuto in quanto sconosciuta. Quando li visita Egli assume la loro stessa forma,
usando metodi di comunicazione e processi razionali loro propri. Questo era evidente tranne a
coloro che, dopo aver gettato nel vuoto dello spazio la teoria geocentrica in senso materiale, si sono
legati addosso quella teoria in senso spirituale, e come mummie fasciate faticano a muoversi e a
vedere che oltre il loro piccolo mondo ne esiste un altro di immenso valore per il Creatore, come lo
è questa nostra piccola terra.
Sappi dunque che il Cristo di Galilea non fu altro che l’espressione terrestre del Cristo
Universale, pur rimanendo sempre il vero Cristo.
Ora arriviamo alla conclusione, anche se il nostro racconto non ricopre neppure la decima parte
della gloriosa e splendida storia del poema, dell’avvicendarsi degli eoni, della nascita, del
matrimonio e della creazione dei soli e delle stelle che sorridono ai loro figli minori di oggi.
Il Cristo allora discese nella materia mentre la materia si condensava – per precipitazione, se
vuoi – per l’intervento di forze spirituali energizzanti. Egli fu incorporato nella vita minerale,
perché grazie a Lui tutta la materia sussiste. Fu racchiuso nella rosa e nel giglio, e l’intero reame
vegetale fu pervaso dalla Sua vita, e per Suo mezzo la bellezza e l’incanto di quel regno divenne
tale che si elevò dalla materia muovendo verso la ragione, ma al suo culmine sfiorò solo l’orlo della
veste che ricopre l’attività razionale. Si manifestò anche nella vita animale della terra, perché gli
animali, come gli uomini, sono parte della Sua evoluzione. Ma la suprema espressione della Sua
volontà fu il genere umano. E col tempo Egli uscì dal mondo invisibile per entrare in quello visibile.
Egli, che aveva fatto l’uomo, fu a Sua volta fatto uomo. Egli, da cui l’uomo discese per esistere e
perdurare, diresse la mente alla materia, e il Suo pensiero si manifestò in Gesù di Nazareth. Così
Egli fu l’Unto del Signore poiché, facendosi uomo, divenne il Figlio dell’Uomo che Lui Stesso
aveva creato.
Ciò ti basti, amico. Per le altre domande dovrai attendere il nostro prossimo incontro. L’unione
di Dio col Cristo ha originato te in quanto uomo, amico mio; rallegrati per quello che impari e aiuta
gli altri a realizzare lo splendore del loro stato di figli e del loro destino.
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L’ASCESA DI CRISTO – IL REGNO DEL FIGLIO
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IL TEMPIO DELLA MONTAGNA SACRA –
IL VEGGENTE ASSEGNA UNA MISSIONE AL LEADER E AL SUO GRUPPO
*
Il Tempio della Montagna Sacra è descritto nel messaggio di Zabdiel, datato 2 gennaio 1913, e si trova nel Secondo
Volume intitolato “I Reami Alti del Cielo”.
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Non nel senso che ti abbiamo appena descritto. No; quella condizione atmosferica intensificata
non è sempre presente lassù, ma viene creata nei periodi in cui stanno per arrivare coloro che sono
prossimi ad avanzare di grado. Attendemmo un istante sotto il loggiato, quindi uscì uno dei
luminosi abitanti di quel Luogo Sacro, un Custode del Tempio, che c’invitò a seguirlo dentro.
Esitammo a farlo, perché nessuno del nostro gruppo era mai entrato nel santuario. Ma egli sorrise, e
il suo sorriso ci confortò, allora entrammo senza timore. Non si stavano svolgendo cerimonie in
quel momento, di conseguenza non eravamo in pericolo di venire in contatto troppo diretto con
forze che per noi sarebbero state come la luce del sole sugli occhi di un uomo intento a fissare il
disco solare di mezzogiorno senza filtri.
Percorremmo un lungo colonnato, e i pilastri su entrambi i lati supportavano un grande
architrave che correva dal porticato all’interno del Tempio. Sopra di noi non c’era un tetto, ma il
vuoto dell’infinito stesso – la volta celeste, come dite voi. Le colonne avevano diametro e altezza
notevoli, e la trave in cima era riccamente decorata, nel basamento e nella facciata, con simboli che
non riuscimmo a decifrare. Solo un elemento del disegno fui personalmente in grado di riconoscere,
era il viticcio e le foglie della vite, ma senza frutti, la qual cosa mi sembrava del tutto coerente in
quel punto, che era semplicemente un corridoio come lo era l’intero Tempio, cioè un luogo di
passaggio da una sfera all’altra, e non un luogo di realizzazione o coronamento. In fondo a quel
lungo e ampio corridoio pendevano delle tende, davanti alle quali fummo fermati mentre la nostra
guida proseguì avanti, poi tornò e ci invitò a entrare. Accedemmo alla stanza successiva, e
realizzammo che si trattava solo di un’anticamera e non della grande sala centrale. Questa si trovava
sul nostro cammino e vi entrammo non dall’ingresso principale, ma da un accesso laterale. Era un
locale molto ampio anche in altezza; al centro, davanti alla porta da cui entrammo, il tetto aveva
un’apertura quadrata. Il resto era coperto. Girammo a destra e percorremmo tutta la stanza fino in
fondo, poi la nostra guida ci ordinò di fermarci davanti a un trono, e ci rivolse queste parole:
“Fratelli miei, siete stati chiamati per ricevere l’incarico di svolgere una missione nelle sfere basse.
Se avrete la buona volontà di attendere l’arrivo del nostro fratello, il Veggente, egli vi spiegherà
meglio cosa si richiede al vostro gruppo”.
Mentre aspettavamo, uscì da dietro il trono un altro uomo. Era più alto della nostra guida, e
quando si muoveva sembrava circondato da una foschia blu-oro cosparsa di zaffiri. Venne avanti e
ci prese ognuno per mano; nel toccare le sue dita diventammo consapevoli (parlandone in seguito
fra noi) della presenza di un altro mondo all’interno della Decima sfera, come una sorta di essenza
concentrata della sua condizione, tanto che penetrando la sua circonferenza eravamo in contatto con
ciò che accadeva nell’insieme di quel vasto reame e in ogni sua parte.
Sedemmo sui gradini attorno al Trono, e il Veggente stava dinanzi a noi davanti al Trono. Ci
parlò di cose che non riuscirei a farti capire pienamente, poiché non fanno parte della tua
esperienza, e persino noi iniziavamo appena a comprenderle. Poi disse cose che invece possiamo
raccontarti con profitto.
Ci disse che fra la gente che guardava Gesù di Nazareth sulla Croce, c’era l’uomo che lo aveva
tradito a morte.
Intendi dire che era là di persona?
Sì, in carne e ossa. Non riuscì a tenersi lontano, ma non si avvicinò troppo, quanto basta per
vedere in faccia il morente, l’Uomo del Dolore. La corona era stata rimossa, e sulla fronte aveva
gocce di sangue, anche i capelli erano macchiati di sangue. E mentre il traditore guardava il volto e
la figura di Gesù, s’insinuò nella sua anima una voce beffarda che disse: ‘Avresti potuto seguirLo
nel Suo Regno e là assumere un alto ruolo di potere, ora invece andrai nel Regno del Suo
avversario, dove potrai avere ciò che richiedi. Egli ti ha abbandonato. Ora andrai dove Lui non ti
sarà vicino per ripagarti di come Lo hai servito”.
Così le voci lo investirono ed egli si sforzò di non credere a loro, e cercò di fissare il volto
dell’Uomo in Croce. Bramava e tuttavia temeva quegli occhi che mai più sarebbe stato capace di
guardare senza provare vergogna. Gli occhi del Cristo morente erano troppo deboli per vedere
Giuda tra i presenti. Le voci continuavano a martellare, si prendevano gioco di lui, lo adulavano
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sottilmente, e alla fine, nell’oscurità che pervase il luogo, corse via e si fermò a morire in un luogo
dove trovò solitudine e un albero. Si tolse la cintura e s’impiccò all’albero. Così i due morirono lo
stesso giorno, pendenti da un legno, e la luce della terra si spense per entrambi nella stessa ora.
Quando entrarono nelle sfere spirituali erano entrambi coscienti, e s’incontrarono ancora una
volta. Tuttavia nessuno dei due parlò – Egli si limitò a posare il suo sguardo su Giuda, come fece
con Pietro, lasciandolo temporaneamente nel crogiolo del dolore e dell’angoscia, finché questo non
avesse compiuto la sua azione ed Egli sarebbe potuto tornare portando il perdono. Come fece con
Simon Pietro, quando questi fuggì nella notte piangendo amaramente, così fece ora con Giuda, che
allontanò lo sguardo da Lui e si dileguò barcollando, con le mani sugli occhi, in quella notte
funesta.
E come fece con Simon Pietro sofferente nella sua contrizione e nel bisogno estremo, così agì
con colui che, nella sua desolazione, Lo aveva tradito e, come con Simon Pietro, non lo lasciò senza
conforto per tutto il tempo, ma andò a cercarlo e nella pungente angoscia del suo dolore, lo
benedisse col perdono.
Questo e altro ci disse il Veggente. Ci invitò a restare un po’ nel Santuario del Tempio per
meditare sulle sue parole, e nel frattempo raccogliere le forze per poter uscire e raccontare la storia,
ripetendola – assieme ad altre cose che ci disse – ogni volta fosse stato necessario farla udire ai
peccatori, allorché nel buio della disperazione avessero perso la speranza del perdono del loro
Maestro tradito, perché peccare significa tradire.
Ma che genere di missione dovevamo svolgere te lo diremo la prossima volta, adesso sei
sfinito, e abbiamo avuto qualche difficoltà a trasmetterti persino questo.
Possa il Salvatore dei peccatori, il Compassionevole, essere vicino a tutti gli uomini caduti nelle
tenebre, fratello mio, poiché sono molti in terra e in spirito che hanno estremamente bisogno del
Suo conforto. La Sua misericordia ti accompagni.
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mantello, in modo che potessi vedere e registrare ciò che ognuno portava nel cuore, comprendere di
ciascuno l’indole e le necessità, e cos’era meglio dire per aiutarli.
Mi rivolsi a loro nel complesso, e nel contempo a ciascuno singolarmente, continuando però a
considerarli come un’unità. Parlai dell’opera di ricomporre le diversità e di raccogliere le sparse
scintille d’amore in un unico grande sole di bellezza, che deve assorbire ed emanare la luce
infuocata dell’Altissimo che è perfetta Bellezza e perfetto Amore. Quindi parlai dei traditori Simon
Pietro e Giuda, e del loro pentimento, il primo nella vita terrena dove sperimentò il suo breve
inferno con risultati così buoni che il rimorso di mille anni fu condensato in un solo mese e potè
rivendicare il perdono – che gli spetta di diritto oggi come allora – e la riammissione nella santa
famiglia del Padre.
Parlai anche dell’altro che non si pentì fin quando Colui, che egli aveva brutalmente tradito
nella sua folle disperazione, venne condannato a morte, e di come, col suo carattere impulsivo e la
costante disperazione, si gettò fuori dal mondo dove nulla era accaduto di quanto aveva pianificato.
Dissi di come giunse al pentimento solo dopo che il Cristo manifesto, Gesù di Nazareth, era disceso
nei profondi orridi delle oscure montagne infernali in cerca del gregge perduto, per parlare a lui e
agli abitanti di quei luoghi cupi – dove la tenebra si tocca – della Redenzione che a Lui piacque
offrirci, Lui che era Luce e Amore, e che, attraverso l’Unto, proiettò i Suoi raggi d’Amore negli
spazi vuoti di ineffabile immensità per sondarli, e persino dentro quegli stessi lugubri inferni. E
mentre Lo guardavano ai loro occhi fu concesso di percepire la luce primigenia che alcuni di loro
avevano visto per moltissimi anni, finché non caddero in un oblio quasi totale dimenticando cosa
fosse quella luce e a cosa potesse somigliare. Egli emanava una luce tenue e delicata, adatta alla
loro attuale vista, e uno dopo l’altro si prostrarono ai Suoi piedi; le lacrime rigavano i loro volti
luccicando come diamanti di rugiada al sole, irradiate dalla Sua luce. Dissi che fra loro c’era Giuda
il traditore, e fu perdonato e, come Simon Pietro, solo in seguito venne a sapere che aveva ottenuto
l’amorevole perdono del Signore.
Così, figlio mio, essi mi ascoltavano e cominciarono a capire il mio discorso sul profitto
derivato dall’essere in armonia con l’Amore e col Potere di Dio, e sulla perdita quale prolifica fonte
delle innumerevoli difficoltà che hanno tormentato i figli degli uomini, dovuta alla mancanza di
obbedienza nei Suoi confronti.
Allora conclusi in silenzio, in silenzio li lasciammo, e uscimmo dalla sala e dal collegio per
proseguire il nostro viaggio. I pretori ci vennero rapidamente appresso con parole di sincera
gratitudine, alle quali rispondemmo con la nostra benedizione. Quindi ci apprestammo a partire.
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In effetti è così che avviene in questi reami. Non è come sulla terra. I fiori, il muschio e i prati
riacquistano rapidamente il loro decoro, e appena ci si rialza è difficile vedere dove si era stati
adagiati. Parlo della Quinta Sfera, ma non è così in tutti i mondi, perlomeno in quelli più vicini alla
terra.
Poi continuò: “Tuttavia la preoccupazione del Creatore è quella di essere equanime nel valutare
il valore delle anime umane e delle percosse che hanno subito. Perché qualunque opera è Sua e solo
Sua, in verità. E ora vieni, fratello, ti mostrerò ciò che non sei stato capace di vedere per mancanza
di fede. Ora comincerai a dubitare della saggezza della tua opinione, e quel dubbio è il seme della
fede nella bontà di Colui il cui Regno è Amore, e la Luce di quel Regno è la Sua Saggezza”.
Quindi mi condusse lungo un sentiero laterale del bosco verso una collina. La risalimmo fino a
superare le cime degli alberi, dove fui capace di vedere il panorama distante. Osservando, vidi sulla
pianura lontana il Tempio della Sfera. Dalle aperture della volta uscivano brillanti fasci di luce, che
si univano in un solo raggio attorno alla cupola centrale. Ciò avveniva a causa delle pratiche
spirituali esercitate da coloro che erano riuniti al suo interno.
Poi si levò al centro della cupola la figura di un Uomo, che ascese fino alla sua sommità. Si
trattava del Cristo. Era vestito tutto di bianco, solo i piedi rimanevano scoperti. In breve tempo una
tinta rosa cominciò a colorare il Suo abito, assumendo un tono sempre più scuro, fino a diventare di
un intenso rosso cremisi. La fronte era contornata da un diadema di rubini rosso vivo, anche i
sandali erano ornati di rubini. Mentre teneva le mani protese in avanti, vidi sul dorso di ciascuna
una grande pietra rossa luccicante, e mi resi conto cosa significava per me quella visione. Se prima
Lo vidi circondato da un incantevole candore, ora scintillava di un ammagliante rosso cremisi, e la
sua straordinaria bellezza mi fece provare un’estasi da restare senza fiato.
Mentre Lo osservavo, si addensò attorno a Lui una nuvola dorata, tempestata di zaffiri e
diamanti, e dietro di Lui si ergeva, sopra la Sua testa, una larga fascia verticale color rosso sangue.
Un’altra fascia, con la stessa intensità e tonalità di colore, attraversava orizzontalmente quella
verticale, circa all’altezza del Suo petto, ed Egli stava davanti alla croce in tutto il Suo regale
splendore.
Sulla pianura sottostante la gente si accalcava per catturare uno scorcio di quella gloria. I loro
volti e vestiti risplendevano della luce proiettata dal Suo corpo, che sembrava rivolgere un appello
al sacrificio e alla fiducia necessaria per intraprendere il servizio. Poiché coloro che si offrivano per
compiere l’opera dovevano uscire e patire, ma senza sapere nulla del mistero della sofferenza. Molti
erano inginocchiati con le teste abbassate in attesa di risposta, ed Egli scelse questi dicendo loro di
recarsi nel Tempio dove gli avrebbe dato la parola per la missione. Poi scomparve nel Tempio
attraverso la cupola e non lo vidi più.
Avevo dimenticato l’uomo al mio fianco e per un po’ restai inconsapevole della sua presenza
dopo che la visione era sfumata. Allora mi girai verso di lui e vidi che la sofferenza aveva segnato il
suo volto con profondi solchi. Eppure non facevano parte del presente, ma del passato, e per quello
che evocavano lo rendevano ancora più amabile.
Non riuscii a parlargli e rimasi fermo in silenzio. Fu lui a parlare: “Fratello mio, sono venuto da
un mondo molto più luminoso di questa tua sfera per portarti a vedere l’Uomo del Dolore nel Suo
splendore. Liberamente volle soffrire per raccogliere su di Sé la sofferenza e farla Sua. Senza quel
dolore la Sua bellezza mancherebbe di qualcosa che invece oggi possiede. E le sofferenze che
danno a Lui tanta dolcezza sono le stesse che, nel loro stato rude e primitivo, inondano la terra di
patimento e gli inferi di tormento. Ma non sono che afflizioni passeggere, che toccano chiunque
passi sotto la loro ombra. Fratello mio, noi non possiamo penetrare tutto il grande Cuore di Dio. Ma
possiamo, come abbiamo appena fatto, ricevere ogni tanto un lampo di ragione scintillante, e allora
la difficoltà perde alcuni suoi aspetti più sinistri e sorge la speranza che un giorno saremo capaci di
comprendere meglio.
“Ma finchè non verrà l’alba di quel giorno, sono contento di sapere che Chi venne dal Cuore del
Padre uscì bianco e puro, e con risoluto proposito affrontò il compito che lo attendeva percorrendo
il sentiero fra le torbide nubi del peccato e dell’ostilità che si raccolgono attorno alla terra. Non
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solo, ma Egli andò negli inferi in cerca dei sofferenti, e a causa della loro angoscia anch’Egli soffrì;
poi l’Uomo del Dolore tornò presso i Gradini del Trono Paterno, avendo portato a termine la
missione. Ma non tornò com’era partito. Andò nella bianca purezza della santità, e ritornò
ammantato di rosso cremisi come Principe-Guerriero e Vincitore. Il sangue versato non era di un
altro, ma solo il Suo. Una battaglia strana davvero, e nuova nella misteriosa storia del mondo, quella
in cui il condottiero, incontrando il suo nemico, rivolge la spada verso se stesso, e tuttavia ne esce
vincitore per aver versato il proprio sangue.
“Così, aggiungendo quei rubini alla Sua corona e la tinta rosata del sacrificio alla Sua persona,
tornò più splendido di quando partì. E ora il dramma della Sua discesa nella materia è solo come il
momentaneo disagio del muschio su cui siedi senza darti pensiero, che resta intatto nel perenne
vigore della sua crescita e fioritura.
“Egli, venendo da alti Cieli di Luce e Potere, che superano la nostra capacità di giudizio, ci
svela la grandezza del sacrificio di sé – Egli è garanzia per me della buona saggezza di Dio.
“A proposito della tragedia del peccato e della folle ribellione dell’Inferno – anche quelli che
vissero nelle contrade oscure fanno ritorno con qualcosa. Quando coloro che, dopo aver lasciato la
via maestra dell’obbedienza per cercare un altro padrone, escono dalle tenebre per amore di Dio e di
Suo Figlio si ritrovano con qualcosa che è prezioso e dolce per loro, perché li lega più stretti al
Signore. Sì, fratello mio, un giorno capirai meglio quella saggezza. Sii paziente fino ad allora. Ma
passerà molto tempo prima che tu possa comprendere. Non riuscirai tanto facilmente né tanto
presto, come fu nel mio caso, a scandagliare questo profondo mistero, perché tu non sei affondato in
quelle profonde caverne di rimorso e agonia. Ma io ho abitato laggiù, e sono passato per quella via”.
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erano incarnati. Era là avanti dove stavano andando. Abbracciava sia i cieli che la terra, come
all’inizio di tutte le cose, quando dalla Mente di Dio uscirono i cieli e la terra.
“Così vi parlo, e vi chiedo di considerare gli altri come vostri fratelli. Pensate alla diversità di
questi tre uomini sulle Croci del Calvario: il Perfetto e i primi due redenti all’inizio della Sua Vita
trionfante. Ciò dimostra quale sia la volontà di Dio: che tutte le persone, di ogni ceto e luogo della
terra, siano uno col Cristo, e uno con Colui che è maggiore del Cristo. Dunque, ora vi chiedo di
trovare fra voi delle differenze come quelle che sussistono tra Gesù di Nazareth e l’Iscariota, o gli
altri sulla croce al Suo fianco. E così, riflettendo, fratelli miei, vedrete che il Padreterno, la cui
tollerante saggezza consentì agli uomini di dividersi, li condurrà ancora una volta nella Casa Celeste
della Sua Gloria, perché di tutte le Sue glorie la maggiore è l’amore, e l’amore unisce ciò che l’odio
vorrebbe dividere”.
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L’EX GIUDICE – UN PICCOLO CRISTO DELLA QUARTA SFERA
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E se vorrà scendere dal suo alto seggio, troverà una folla entusiasta ad accoglierla. Quindi, buon
giorno signore”. E si girò ridacchiando verso la folla per averne l’approvazione.
Allora si alzò un altro, andò verso di lui e lo prese in disparte. Costui era rimasto seduto fra loro
e, come gli altri, indossava un abito grezzo e scolorito. Ma nei suoi modi c’era una gentilezza e
persino qualche traccia di grazia che ci sorprese. Gli parlò per un istante, poi tornarono assieme da
me, e costui mi disse: “Signore, quest’uomo non ha compreso affatto il significato delle tue parole,
e neppure che tu sei davvero venuto a dare conforto e non a provocare risentimento. È così poco
pentito che ti ha rivolto parole sconvenienti e indecorose. Gli ho detto che voi due, un tempo, non
eravate degli estranei. Parlagli ancora con la tua dolcezza, ma non di sua moglie, perché egli non
tollera di essere stato abbandonato, come chiama l’assenza di lei in questo posto”.
Fui molto colpito dal suo discorso, espresso con tanta calma, mentre attorno a noi brulicavano
rumori riottosi, grida e bestemmie provenienti dai gruppi accanto ai fuochi sulla landa. Lo ringraziai
e restai con l’uomo che un tempo conoscevo. Sentivo che i miei sforzi dovevano dirigersi su di lui
in particolare: avevo la ferma convinzione che se fossi riuscito a impressionarlo, saremmo stati
capaci, tramite lui, di destare l’interesse dei suoi compagni per il loro futuro cammino, ed egli mi
sembrava la figura dominante e più importante fra loro.
Così lo presi per il braccio e lo chiamai per nome sorridendo, poi ci allontanammo a fare una
passeggiata. A poco a poco lo indirizzai a parlare della sua vita terrena, delle sue speranze, delle
imprese e dei fallimenti, e alla fine parlammo di certi suoi peccati. Non li ammise prontamente, ma
prima di lasciarlo mi permise di riprenderlo su due questioni, e confessò che avevo ragione. Era una
grande conquista. Gli chiesi di riflettere bene su tutto quanto, come gli avevo suggerito, e se lo
avesse desiderato lo avrei cercato per parlargli nuovamente. Allora afferrai la sua mano con una
stretta forte e risoluta, e lo lasciai da solo. Lo vidi sedersi, raccogliere le ginocchia al mento e
abbracciarsi le gambe, mentre fissava il fuoco con profonda introspezione.
Comunque non volevo partire senza aver parlato con l’altro, che sembrava maturo per trasferirsi
in una regione più intonata al suo animo penitente. Non riuscii a trovarlo subito; alla fine lo vidi
seduto in disparte su un tronco di un albero in compagnia di una donna, intenta ad ascoltare con
grande interesse il discorso che lui le rivolgeva.
Vedendomi arrivare si alzò, mi venne incontro, e io gli dissi: “Amico mio, ti ringrazio per la tua
valida mediazione; con il tuo tempestivo aiuto sono riuscito a scuotere quell’infelice, al contrario di
prima. Conosci meglio di me l’indole di questi tuoi compagni, e hai usato la tua esperienza con
grande efficacia. Ora, cosa mi dici della tua vita e del futuro?”.
“Sono io che ti ringrazio, signore”, replicò a sua volta, “e non occorre che mi dilunghi con te
sulla mia identità. Io non sono di questa regione, signore, ma appartengo alla Quarta Sfera; ho
scelto di servire, per quanto posso, in mezzo a queste povere anime smarrite”. “Vivi qui
stabilmente?”, gli domandai sbalordito. “Sì, da molto tempo. Ma quando la pressione diventa troppo
gravosa, ritorno alla mia casa e vi resto il tempo necessario per rimettermi in forze, poi vengo di
nuovo in questo posto”. “Quanto di frequente?”, gli chiesi. “Da quando sono venuto la prima volta,
circa 60 anni dopo aver lasciato la terra, sono tornato alla mia casa nove volte. Diverse persone che
conobbi sulla terra vennero qui nel periodo iniziale, nessuno è venuto di recente; ora sono tutti
stranieri. Ma io continuo a inventarmi modi per aiutarli, uno alla volta”.
Di fronte a questo rimasi fortemente colpito e imbarazzato. Io e i miei compagni avevamo
viaggiato fin là e pensavamo fosse un’impresa virtuosa. Ma colui che avevo davanti mi richiamò
alla mente un Altro, che mise da parte il Suo splendore e svuotò Se Stesso per riempire gli altri.
Fino a quel momento non avevo realizzato appieno cosa significasse dare la vita per i propri amici;
sì, e per amici come questi, e vivere con loro nelle terre dell’ombra e della morte. Egli mi guardava
e vide alcuni dei pensieri che mi passavano nella mente e, prendendo la mia vergogna su di sé, disse
pensosamente: “Egli fece molto per me – moltissimo – e a un costo enorme”.
Allora prendendo le sue mani, replicai: “Fratello mio, mi hai insegnato una lezione dal Libro
dell’Amore divino. Il Cristo va oltre la nostra comprensione con la Sua Bellezza maestosa e il Suo
Amore così dolce e inclusivo. Noi non Lo possiamo capire, ma solo venerare con ardore. E visto
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che le cose stanno così, è di grande profitto incontrare un uomo che sa vivere come un piccolo
Cristo. E questo, mi pare, l’ho incontrato in te”.
Egli abbassò semplicemente la sua bionda testa in segno di rispetto, e mentre lo baciavo sulla
testa dove i capelli si dividono, mormorò rivolto a se stesso: “Se fossi degno – se solo fossi degno di
quel Nome”.
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stesso motivo. Quelle miserabili megere, le donne nello squallore del loro abbigliamento vistoso,
che chiamò gentildonne, e che invitò a seguirlo come le pecore il loro pastore, anch’esse, per la
paura, lo approvarono con acclamazioni e si alzarono per seguirlo mentre si apprestava a salire la
grande scalinata.
Dopo aver fatto il primo gradino, appoggiando il bastone su quello successivo, si fermò, si voltò
indietro e lentamente discese scalino dopo scalino fino in fondo; aveva visto che l’intera folla si era
rannicchiata nella sala senza respirare, presa da stupore, con un misto di speranza e paura. Ciò era
dovuto alla visione che avevano scorto in cima alle scale. Giacché noi eravamo là, e avevamo
assunto gran parte del nostro naturale splendore, per quanto possibile in quell’ambiente. Una dama
della nostra compagnia stava una mezza dozzina di gradini sotto di noi. Una ghirlanda di smeraldi
le brillava sulla fronte circondando la sua chioma castano chiaro, e sulla spalla il gioiello del suo
ordine splendeva luminoso e verace della sua propria virtù. Indossava una cintura d’argento. E tutto
ciò risaltava sullo sfondo di quei grossolani e pacchiani gioielli indossati dalla folla davanti a lei.
Nelle braccia teneva un mazzo di gigli bianchi. Se ne stava là, esibendo la purezza della femminilità
nella sua perfetta bellezza, sfidando il volgare cinismo con cui il precedente oratore parlò del genere
femminile.
Dopo averla contemplata a lungo, una donna tra la folla si sfogò in un pianto che cercò di
soffocare nel mantello. Anche le altre si lasciarono andare di fronte alla comparsa della loro perduta
femminilità, e la sala fu pervasa dai lamenti delle donne – oh com’erano disperati da sentire in quel
luogo di miseria e schiavitù, tanto che pure gli uomini cominciarono a coprirsi i volti, crollare a
terra, e premere la fronte nella fitta polvere del pavimento. A quel punto il Governatore prese in
mano la situazione, vedendo il suo potere in pericolo. Pieno di rabbia cominciò a calpestare i corpi
delle donne facendosi strada per arrivare a colei che aveva innescato i loro lamenti. Allora decisi di
scendere in basso e gli gridai: “Ferma la tua mano e vieni da me”.
Al che egli si girò e con ghigno beffardo disse: “Ma tu, mio signore, sei il benvenuto. Vieni in
pace fra noi. Questi miseri vigliacchi sono troppo abbacinati dalla luce della gentildonna alle tue
spalle, e io cerco solo di riportarli alla ragione, in modo che possano darti il benvenuto che meriti”.
Allora gli dissi con durezza: “Smettila, e vieni qui”. Venne da me, e continuai: “Ti sei macchiato
di blasfemia nel proferire i tuoi discorsi e nell’ostentare questi tuoi ornamenti. Togliti l’empia
corona che indossi e posa il bastone pastorale. Come osi farti beffe di Colui che chiama questi Suoi
figli e che tu tieni prigionieri con le catene della paura!”. Egli ubbidì, poi mi rivolsi ad alcuni
uomini vicini con tono più gentile: “Siete stati codardi troppo a lungo e quest’uomo vi ha tenuti
schiavi, nel corpo e nell’anima. Egli sarà condotto in una città dove governa uno più potente e
malvagio di lui. Voi, che finora lo avete servito, fate quanto vi ordino. Spogliatelo del mantello e
della cintura che ha indossato per scimmiottare Colui che un giorno dovrà diventare suo Sovrano e
Signore”.
Poi attesi, e quattro di loro si fecero avanti e cominciarono a slacciargli la cintura. Lui s’incollerì
furiosamente, ma io gli avevo tolto il bastone e lo tenevo appoggiato sulla sua spalla, e attraverso
quel tocco sentiva il potere che era dentro di me e smise di lottare. Così imposi la mia volontà su di
lui; gli ordinai di uscire dalla sala e andare nell’oscurità esterna, dove le guardie lo attendevano per
condurlo in una lontana contrada dove lo avrebbero trattato allo stesso modo in cui egli aveva
trattato gli altri.
Dopodiché invitai la folla a sedersi attorno alla sala e, una volta fatto, chiamai il cantante del
nostro gruppo. Egli alzò la sua potente voce e riempì il salone di melodia. Mentre cantava i cuori di
quelle persone cominciarono a battere più liberamente, non essendo più tenuti al guinzaglio della
paura da colui che videro essere così impotente nelle nostre mani. E la luce cominciò a perdere il
suo vivo rossore facendosi più delicata, un senso di maggiore pace pervase il luogo e bagnò i loro
corpi bollenti e febbricitanti con la sua brezza rinfrescante.
Quale canto intonò per loro?
Una canzone gioiosa e vivace – inneggiante lo spirito della primavera, la luce del mattino che
irrompe di notte attraverso le sbarre della prigione, e il melodioso canto liberatorio degli uccelli,
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degli alberi e dei mormoranti corsi d’acqua. Non fece parola della santità o delle qualità divine, non
laggiù, non a quel tempo. La prima medicina necessaria era stimolare le loro personalità a realizzare
la libertà dal loro recentissimo stato di schiavitù. E così cantava della gioia di vivere, del piacere
della fratellanza. Certo non divennero gioiosi, ma riuscirono ad essere meno disperati.
In seguito ci prendemmo cura di loro, gli demmo istruzioni, poi venne il giorno in cui la sala fu
piena dei devoti di Colui contro il quale avevano sentito bestemmiare un tempo quando vivevano
nella letargia della paura. Non era una cerimonia di adorazione come quelle propizie a persone che
vivono in uno stato di bontà superiore. Ma le loro misere voci, prive di armonia, contenevano una
nota di speranza che era dolcissima per noi, che tanto avevamo faticato per dipanare i dubbi e
placare i loro terrori.
Allora altri vennero a prendere il nostro posto per rafforzarli e incoraggiarli fin quando non
furono pronti a intraprendere il viaggio, lungo e difficoltoso, ma sempre verso l’aurora dell’est,
mentre noi proseguimmo per la nostra prossima destinazione.
Avevano tutti la stessa disposizione d’animo?
Quasi tutti amico, quasi tutti. Solo a pochi mancò la fiducia. E ora ti dirò una cosa che troverai
strana e inverosimile. Alcuni scelsero di seguire il loro Capo nella sua degradazione. Tanto si erano
uniti a lui nella malvagità, che non riuscirono a trovare nulla nel proprio carattere che permettesse
loro di decidere in autonomia. Così lo seguirono nella caduta come lo avevano servito nella sua
spaventosa gloria di potere. Solo alcuni finirono in questo modo, mentre pochi altri se ne andarono
altrove per conto loro. Ma la stragrande maggioranza rimase e apprese di nuovo quelle verità che
avevano abbandonato da lungo tempo. E l’antica storia fu così nuova e meravigliosa che fu
commovente vedere la loro reazione.
Cosa accadde al Governatore?
Egli vive ancora in quella lontana città dove le sue guardie lo condussero. Non ha fatto passi
avanti, essendo tuttora di intento cattivo e molto malvagio. Persone come lui, amico mio, sono
difficili da muovere verso le cose superiori.
Hai parlato delle sue guardie. Chi erano?
Tocchi uno dei temi più difficili da comprendere, finchè non avrai appreso di più sui modi della
Saggezza di Dio e della Sua Sovranità. Per farla breve, sappi che Dio è Sovrano non solo in Cielo
ma anche negli Inferi, e in tutto l’Inferno è Lui e solo Lui a governare. Gli altri dominano
localmente, ma Egli regna su tutti loro. Le guardie di cui ti ho parlato appartenevano alla città in cui
fu mandato il Governatore. Sono uomini malvagi e avversi al loro Creatore. Ma non sapendo quale
giudizio era stato pronunciato per la vittima che tenevano in pugno, e che questo era per la sua
salvezza finale, fecero la nostra volontà senza indugio. E qui, se scavi abbastanza in profondità,
puoi trovare la chiave di molte cose che avvengono sulla terra.
Tanti pensano che i malvagi operino fuori dai confini del Regno di Dio; e che il male e le
sciagure siano manifestazioni ingiuste della Sua energia dinamica. Entrambi però vengono usati da
Lui, e persino i malvagi sono inconsapevolmente costretti a realizzare i Suoi piani e propositi
ultimi. Ma questa è materia troppo vasta da trattare ora.
Ti auguro buona notte, la nostra pace sia con te, amico.
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scorgerai un’altra fase del principio di cui ti abbiamo parlato: il reclutamento di coloro che si
ribellano a servire lealmente il loro vero Re.
Senza il loro permesso?
Senza la loro opposizione. Anche quelli persi nelle tenebre più profonde non oppongono la
volontà alle autorità inviate loro da chi li osserva presso i celestiali rifugi di Vita e Luce, e sono
costretti a servire Cristo Re. E quando tornano sui loro passi verso il sole del Grande Giorno, dopo
aver pagato i loro debiti, anche questo verrà iscritto nel libro dei meriti della vita, visto che, benché
inconsapevoli, si sono conformati alla santità e, anche se per poco, non hanno seguito la loro
abitudine di ribellarsi alla Volontà di Dio.
Ma il Governatore di cui mi hai parlato nell’ultima seduta, non era uno di questi a quanto pare.
Tuttavia fu usato, in un certo senso.
Fu usato, certo, perché con la sua disfatta dimostrò ai suoi ex sudditi che esisteva un potere più
grande del suo. Fu mostrato inoltre che il male fatto non resta impunito per sempre, perciò altri pesi
vengono posti sull’altro piatto della bilancia, affinché si raggiunga l’equilibrio e la giustizia sia in
tal modo ristabilita. Ma questo non sarà annoverato tra i suoi vantaggi, perché la sua volontà era
contro di noi, e fu sopraffatto fino al discredito. Tuttavia, giacché la punizione gli fu assegnata, in
parte, per i crimini commessi, una volta espiata sarà sottratta dalla somma totale dei suoi debiti e, in
senso contrario, ricordalo, andrà parimenti a incrementare il suo rendiconto positivo.
La tua domanda ha un certo fondamento, amico. In verità a quel governatore fu imposto, con
l’arresto, un trattamento di costrizione contro la sua volontà, e ciò avvenne quando la sua opera di
malvagità fu ritenuta sufficiente per il proposito di coloro che gli consentirono di esercitare la sua
crudeltà fino a quel punto. Ecco perché fummo mandati e guidati in quella sala. Non ne sapevamo
nulla a quel tempo, ma agimmo per come ritenemmo opportuno, in base all’analisi delle circostanze
che trovammo laggiù. Tutto era stato pianificato da coloro che ci mandarono in missione.
E ora, se vuoi, continueremo il nostro racconto descrivendoti alcuni dei luoghi che
incontrammo, delle persone, le loro condizioni e vicende, e come ci comportammo con loro. Nel
nostro viaggio ci imbattemmo in parecchie colonie dove gente di mentalità simile cercava di
associarsi. Fu triste vederli vagare di paese in paese in cerca di una compagnia capace di alleviare la
loro solitudine, e scoprire ben presto che l’amicizia reciproca non si era saldata in misura stabile, e
quindi riprendere a vagare nel deserto per fuggire da coloro a cui avevano creduto di offrire qualche
possibilità di benessere e piacevole confidenza.
Scoprimmo che quasi in ogni colonia c’era un capo – e talvolta più di uno, pressoché uguali
nella forza di carattere – che dominava sugli altri, e li teneva in schiavitù col terrore. Uno di questi
regnava su una città a cui giungemmo dopo un lungo viaggio attraverso una regione desolata e
desertica. La città era circondata da una massiccia muraglia, e occupava un’area vasta. Appena
superammo le mura di cinta, la guardia davanti all’entrata ci intimò l’alt. Una pattuglia di dieci
soldati sorvegliava la porta d’ingresso principale, che era di grandi dimensioni e con doppio
battente. Erano tutti di statura gigante, per la grande malvagità che avevano sviluppato. Ci
ordinarono di fermarci e ci domandarono: “Come siete giunti fin qui?”. “Abbiamo attraversato il
territorio desertico”, rispondemmo al loro capitano. “E quali affari vi portano in questa città, cari
signori e gentiluomini?”, disse garbatamente, poiché era stato un uomo colto nella vita terrena e
aveva conservato i tratti formali delle buone maniere, anche se ora erano tinti di malizia e tono
beffardo, com’è d’abitudine per la maggior parte degli abitanti dei luoghi tetri.
Alla sua domanda risposi, in nome della compagnia: “Abbiamo una missione di soccorso per i
lavoratori delle miniere che il tuo padrone tiene schiavi”.
“Un proposito molto attraente per il vostro viaggio”, disse in tono affabile, cercando di
ingannarci. “Quelle povere anime lavorano così duramente che sono ben disposte verso qualunque
buon amico si interessi alla loro esistenza e alle loro afflizioni”.
“E alcuni”, continuai io, “sono anche pronti a partire da questo posto, e liberarsi dal giogo che il
tuo padrone usa per incatenarvi tutti, ciascuno al suo livello”.
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All’improvviso la sua faccia mutò d’espressione, da sorridente divenne buia e minacciosa, e i
denti che mostrava si fecero simili a quelli di un lupo famelico. Con il cambiamento d’umore scese
attorno a lui una foschia più densa. Chiese: “Vuoi forse dire che anch’io sono tenuto in schiavitù?”.
“Sei schiavo e prigioniero del tuo padrone, che è lui stesso uno schiavo e guida di schiavi”.
“E lui farà di te uno di noi, poiché presto sarai fra coloro che scavano per estrarre l’oro e il ferro
per il nostro signore”, ribatté immediatamente.
Dopodiché si voltò e ordinò alle sue guardie di legarci e portarci al palazzo del loro sovrano. Ma
io, che ero più vicino a lui, appoggiai la mano sul suo polso destro e questo contatto gli procurò un
intenso dolore, al punto che lasciò cadere la spada che aveva prontamente alzato su di noi.
Continuavo a tenerlo a freno, mentre l’unione delle nostre aure creava un senso di agonia e
turbamento nella sua anima, ma non nella mia, giacché avendo maggiore forza spirituale restai
indenne laddove lui pativa tormenti. Queste dinamiche spirituali dovresti studiarle, se vorrai, fra le
persone incarnate che ti sono vicine. È un principio di applicazione universale, come scoprirai se lo
indaghi. Allora gli dissi: “Non siamo di queste sfere oscure, signore. Veniamo da un luogo
illuminato dalla Presenza di Colui che ti diede la Vita, Vita che tu hai violato per intenti malvagi.
Per te non è ancora tempo di ottenere la libertà da queste mura e dalla tirannia dei crudeli padroni
che vivono qui”.
Allora ruppe la sottile corazza del suo portamento signorile e pianse pietosamente: “Perché non
posso andarmene anch’io liberamente da questo inferno e dal diavolo che qui domina? Perché gli
altri sì e io no?”.
Replicai: “Tu non sei ancora giudicato degno. Osserva ciò che facciamo in questo posto, non
opporti alla nostra volontà, ma aiutaci nell’impresa che dobbiamo realizzare, e quando ce ne saremo
andati, riflettici sopra e a lungo, e forse persino tu troverai in noi un po’ di benedizione”.
“Benedizione”, sogghignò con tono sgradevole. Poi disse più sobriamente: “Ebbene, cosa vuoi
che faccia, buon signore?”.
“Voglio che ci conduci alle bocche delle miniere”.
“E se mi rifiutassi?”.
“Ci andremo da soli, e tu perderai un beneficio”.
Allora fece una breve pausa poi, vedendo che poteva esserci l’opportunità di un tornaconto,
affermò: “E perché no? Se c’è da ricevere una ricompensa, perché non io che per primo ho
rischiato? E lui sia ancora più dannato nella sua dannazione, se questa volta si oppone e ostacola la
mia azione”. Quindi cominciò a camminare e noi lo seguimmo, intanto mormorava fra sé e sé: “Lui
è sempre in disaccordo con i miei progetti. È sempre pronto a ostacolare la mia volontà. Non è
soddisfatto nonostante tutta la malvagità che ha mosso contro di me”, e così via, finchè bruscamente
si girò verso di noi dicendo: “Chiedo il vostro perdono, gentiluomini. Qui siamo spesso confusi
quando invece le nostre menti dovrebbero essere più limpide. Probabilmente è il clima, o forse il
troppo lavoro. Seguitemi, cortesemente, vi porterò dove troverete ciò che andate cercando”.
Volubilità, cinismo e asprezza trapelavano dal suo discorso e dal portamento; ma da quando lo
ebbi in pugno era più sottomesso e non ci oppose resistenza, così lo seguimmo. Percorremmo
alcune strade dove vedemmo case a un solo piano, disposte senza uno schema o un ordine
particolare; erano separate da zone aride prive di erba e vegetazione, oppure ricoperte da un prato
rozzo e malsano, o da arbusti con sterpi e rami disseccati dal vento di scirocco che soffiava intorno
a noi, anche se eravamo dentro la città e alle sue alte mura di cinta. Quel vento caldo proveniva in
gran parte dalle miniere verso le quali ci stavamo avvicinando.
Questi tuguri erano luoghi dove gli schiavi facevano una breve pausa, intercalata a lunghi
periodi di lavoro forzato. Passammo oltre, e ben presto giungemmo presso una grande bocca di cava
che conduceva nelle viscere della regione. Ci avvicinammo, e sentimmo uscire folate di un vento
pregno di odori così ripugnanti, bollenti e fetidi che arretrammo per prendere tempo e raccogliere le
forze. Quindi rafforzammo i nostri cuori ed entrammo dirigendoci in basso. Il Capitano continuava
a farci strada, ora in silenzio e in grande angoscia spirituale, come ci accorgemmo dalla sua
andatura, con le spalle ricurve persino mentre percorreva il sentiero in discesa. Vedendolo in quello
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stato, lo chiamai ed egli, fermandosi, lanciò un’occhiata indietro e in alto verso di noi, il suo volto
era tetro e sofferente.
“Perché sei diventato così triste, mia guida? Hai assunto un aspetto infelice da quando ti sei
avvicinato all’ingresso delle miniere”.
“Signore”, rispose con tono dimesso, “una volta anch’io lavoravo con piccone e badile in queste
fornaci infernali, e la paura di un tempo mi assale ancora”.
“Allora cerca nel profondo della tua anima un grano di pietà per quelli che ora lavorano qui,
dove una volta anche tu hai sofferto penosamente”.
Si accasciò su un masso ai margini del sentiero, vinto dalla stanchezza, e replicò al mio discorso
con strane parole: “No, no, bisogna che loro abbiano pietà di me, non io di loro. Il loro destino è
l’inferno, ma il mio è un inferno raddoppiato dieci volte”.
“Come può essere dal momento che sei sfuggito dalla schiavitù delle miniere per entrare in uno
stato di servizio migliore agli ordini di colui che chiami tuo signore?”.
“Pensavo fossi grande in saggezza”, replicò con un sorriso amaro, “e tuttavia non capisci che
fuggire da uno stato di servitù verso una posizione superiore di comando, è come togliersi una
giacca di pelle e mettersene un’altra fatta di rovi e spine”.
Allora mi vergognai di me stesso, perché avevo appena imparato una lezione magistrale da
aggiungere alle altre apprese nella nostra esperienza in quelle lande oscure dell’inferno. Chi vive
nelle tenebre della morte aspira sempre a una sorte più favorevole, e si aggrappa ad ogni occasione
per sottrarsi alla schiavitù con la promozione a qualche posto di autorità. Ma una volta conquistato
quel posto, si accorge che l’incanto svanisce nel miasma della paura, trovandosi a contatto più
stretto col demonio, che con la sua brutalità e spietata malvagità si è impadronito del potere più
grande. Allora, il miraggio scompare, e la speranza muore con l’illusione. Tuttavia essi continuano
tenacemente a voler avanzare di grado e, soddisfatta la loro ambizione, si contorcono più di prima
nell’agonia della frenetica disperazione.
Ebbene, fu in quel momento che me ne resi conto, guardando quell’uomo davanti a me
completamente abbattuto e stremato nella sua miseria per i molti ricordi suscitati da quel luogo
orrendo. Era così pietoso da vedere in quello stato di enorme sofferenza, che gli dissi: “Fratello mio,
è forse degna di un essere umano questa vostra vita?”.
“L’essere umano” replicò “l’ho ripudiato dal momento che ho preso servizio qui”– o meglio mi
è stato tolto da coloro che mi spinsero qua dentro. Oggi non sono un uomo, ma un demonio che
prova piacere a fare il male, e prospera sommando crudeltà su crudeltà, guardando come gli altri
sopportano ciò che ho sopportato io”.
“E questo ti fa piacere?”.
Restò a lungo in silenzio, poi disse: “No”.
Allora gli posi la mano sulla spalla, questa volta non opponendo la mia aura alla sua, ma con
compassione, e aggiunsi: “Fratello mio”.
Al che balzò in piedi guardandomi con ferocia, e gridò: “Non hai detto quella parola prima! Mi
stai prendendo in giro come gli altri, come facciamo qui tra noi?”.
“No”, dissi, “tu chiami colui che servi qui ‘tuo signore’. Tuttavia il suo potere è illusorio come
illusoria è l’autorità che hai ricevuto dalle sue mani. Ora sei a un passo dal rimorso, e sebbene non
ci sia grande merito nel rimorso, tuttavia esso è un uscio che fa entrare nella stanza del dolore per il
peccato commesso. Quando avremo concluso il nostro lavoro e ce ne saremo andati, pensa a tutto
quello che è successo fra noi, e vedrai che a ragion veduta ti ho chiamato fratello mio. E se allora mi
invocherai, ti manderò il mio aiuto – è una promessa. E ora andiamo giù, fino alle miniere.
Vogliamo portare a termine il nostro lavoro e uscire. È opprimente per noi stare qui”.
“Opprimente per voi? Come potete soffrire voi che venite per libera scelta, e non in
conseguenza dei vostri crimini?”.
Allora gli diedi la risposta che lo avrebbe aiutato se l’avesse afferrata: “Credi a me, fratello mio,
credi a uno che ha visto Lui. Mentre uno di voi scende in queste oscure galere dell’Inferno e si
prepara a soffrire, Lui lassù porta sulla spalla un rubino rosso come il sangue. Quando scorgiamo
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quel segno e guardiamo i Suoi occhi, sappiamo che anch’Egli soffre. E noi, che al nostro livello
seguiamo la Sua impresa di salvare gli uomini, siamo contenti che ci permetta di stare al passo con
Lui almeno in questo, perchè anche noi possiamo soffrire, sebbene il Suo dolore ci sia sconosciuto.
Così non meravigliarti che la tua sofferenza sia la nostra, o che ora ti chiami fratello. Egli, col Suo
amore, che ha riversato su tutti noi come un unico immenso oceano, ci ha resi tali”.
LE MINIERE
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lungo il tunnel verso la porta successiva; poi la sua voce divenne più fievole man mano che si
allontanava da noi in direzione della grande grotta che anche noi dovevamo raggiungere.
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No, no, figlio mio. Non è così. Non travisare le mie parole. Chiedi ciò che vuoi; le tue domande
potrebbero essere poste da molti, e tu parli per loro.
Dunque egli era là, il re indiscusso di tutta quella marmaglia, ed erano in migliaia stipati dietro
di lui e al suo fianco. Ma attorno a lui veniva lasciato uno spazio, per non essere troppo vicini al suo
braccio. Nella mano sinistra stringeva una pesante frusta nodosa dall’aspetto raccapricciante, e su
questa essi lanciavano spesso un rapido sguardo per poi distoglierlo altrettanto rapidamente. Noi
restavamo in silenzio, ed egli esitava a parlare: era abituato da tanto tempo a rivolgersi agli altri con
autorità e prepotenza, ma quando ci vide gli mancò il coraggio di parlare, poichè avevamo un
aspetto tranquillo al contrario dell’aria spaventata e tremante degli altri lì presenti. Stando in attesa
gli uni di fronte agli altri, notai dietro di lui un uomo legato e tenuto stretto da due guardie come
quelle che incontrammo alla Porta principale. Lo fissai più attentamente poiché era nella penombra,
e mi resi conto che si trattava della nostra guida, il Capitano. Allora feci subito qualche rapido passo
avanti passando accanto al Governatore, e incidentalmente toccai la lama della sua spada, quindi mi
misi davanti ai due che tenevano il Capitano legato e ordinai: “Liberate quest’uomo e lasciatelo
venire dalla nostra parte!”.
A queste parole il Sovrano scoppiò di rabbia e cercò di levare la sua spada contro di me. Ma la
tempra aveva abbandonato la lama, che ora pendeva floscia come erba bagnata, e lui fissandola con
raccapriccio lo riconobbe all’istante come il segno che la sua autorità aveva perso potere. Non
avevo intenzione di farne un fantoccio da deridere, ma gli altri, i suoi schiavi, videro il lato comico
della situazione, non con ironia ma con malizia, e dai locali nascosti si sentirono scoppi di risa e
sbeffeggi. Allora la lama avvizzì e si staccò, completamente marcita, dall’impugnatura, ed egli la
scaraventò in un punto fra le rocce dove qualcuno rideva più di altri. Mi girai di nuovo verso le
guardie, e queste slegarono in fretta il prigioniero e lo portarono da noi.
Immediatamente il Governatore assunse un’aria di finta maestà, si inchinò cortesemente verso
di me, poi verso la mia comitiva. In verità quest’uomo è destinato nei secoli a diventare un grande
servitore di nostro Padre, allorché la sua malvagità sarà rivolta al bene.
“Signore”, disse, “sembra che tu abbia il privilegio di un potere maggiore del mio. Ad esso mi
inchino, e vorrei sapere cosa intendi fare con me e con questi miei servitori che mi servono così
bene e di buon grado”. Nonostante il grande autocontrollo, non poteva evitare di far trapelare, ogni
tanto, il suo recondito spirito di sprezzante malizia. È sempre così in quelle regioni infernali; tutto è
falsità – tranne la schiavitù.
Gli dissi della nostra missione, e lui replicò: “Non ero stato informato del tuo rango, altrimenti ti
avrei dato il benvenuto in modo più adeguato. Ma poiché sono stato negligente, voglio rimediare
con solerzia. Seguitemi, io stesso vi guiderò alle Porte della mia Città. Seguitemi, gentiluomini,
mentre vi faccio strada”.
E così lo seguimmo, attraversando cave e lavorazioni, e giungemmo all’ultima delle porte più
piccole che davano sulle scale conducenti alla botola tramite cui eravamo scesi nelle miniere.
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che nessun male può resistergli e restare indenne. Sapevamo cosa fare senza ricevere consigli o
indicazioni, così ci prendemmo per mano e c’innalzammo verso la luce e la vita del nostro ambiente
naturale. La condizione più grossolana che avevamo assunto era dovuta al fatto di poter interagire in
quelle regioni nella guisa dei loro abitanti. Ma mentre eravamo concentrati, la nostra condizione
mutò gradualmente, i nostri corpi assunsero una natura più sublimata, e così passammo all’esterno
delle mura, tornando nella piazza davanti alla Porta principale, in attesa del ritorno della nostra
compagnia.
Non vedemmo più il governatore. Sapevamo che aveva pianificato di catturare nuovamente le
persone che avevamo liberato dalla sua schiavitù; vennero persino inviati messaggeri nelle regioni
confinanti con la città allo scopo di radunare un grande esercito, che fu fatto avanzare su tutti i
fronti per punire coloro che avevano osato mettere in ridicolo la sua autorità. Comunque non ho
niente di drammatico da dirti, amico mio – nessuno scontro d’armi, né suppliche di pietà, nessun
arrivo di un esercito di guerrieri luminosi in soccorso. Tutto accadde in modo molto banale e piatto,
in questo modo: in quella finta Sala del Trono egli radunò la sua corte, e dopo avere acceso le
fiaccole alle pareti e appiccato dei falò al centro della sala per illuminarla, rivolse un grande
discorso ai suoi loschi cortigiani. Allora la porta dell’anticamera venne solennemente aperta e noi
fummo invitati a entrare per ricevere i suoi onori. Ma quando si accorsero che la stanza era vuota, la
sua vendetta fu vanificata, e la sua vergogna fu evidente davanti ai nobili di corte. Tutto ciò fu la
conseguenza dei suoi piani e delle sue azioni, allora egli crollò completamente, mentre gli altri lo
deridevano vedendolo umiliato in quel modo. Battute perfide circolavano fra loro mentre se ne
andavano lasciandolo solo e sconfitto, seduto sul suo trono di pietra.
Ricordati, amico, che in questi stati ribelli la tragedia e la farsa grossolana si contendono la
scena ovunque vai. Tutto è vuota finzione, perché tutto si oppone all’Unica Realtà. Così questi finti
sovrani sono serviti dai loro sudditi in finta umiltà, e sono circondati da finti cortigiani la cui
adulazione trafigge in profondità con le frecce avvelenate del cinismo e del dileggio scurrile.
NOTA
Fine del messaggio del 18 gennaio, 1918.
Qui mancano le pagine del manoscritto originale (una seduta).
– Le persone salvate furono consegnate alle cure del “Piccolo Cristo” che, con il Capitano come
Luogotenente, fondò una Colonia in una regione a parecchia distanza dalla Città delle Miniere. La
colonia è formata da coloro che furono portati fuori dalle Miniere assieme ad altri, uomini e donne,
raccolti in Città. Di questa colonia si parla ancora nelle sedute del 28/01/18 e del 01/02/18.
H. W. ENGHOLM.
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naufragherebbe nello spazio, e nelle eternità muterebbe in confusione senza giungere a
compimento.
Così, per quanto potenti siano i Signori delle Tenebre, non sono Onnipotenti. Questa è una
prerogativa di Dio, e Sua soltanto. Avendo Egli una perfetta conoscenza della sua Potenza, sa fino a
che punto può concedere licenza alla progenie ribelle, a cui è permesso allontanarsi per qualche
eone finchè, con la loro capitolazione finale, volontaria e incondizionata, daranno prova della
supremazia dell’Amore. Allora la relazione reciproca fra l’Alfa e l’Omega sarà chiarita, e la
Saggezza di Dio manifesta.
Amico mio, potrei dirti tante cose di quell’aspetto del Regno dei Cieli che conosciamo solo
parzialmente, e con un linguaggio più adatto di quello terreno. Temo quindi di non poterti dire altro
che questo. Ma se hai un’altra domanda, chiedi pure.
Grazie; ma non su questo argomento.
Allora per il momento sarà sufficiente. Penso che Kathleen abbia in mente di dirti qualcosa,
perciò le lasceremo esporre i suoi dolci pensieri ritirando dalla sua sfera la nostra più poderosa
influenza, in modo che il suo stesso bellissimo sé sia libero di suggerirle ciò che deve dirti. È molto
gentile e paziente come nostra amanuense, e la ringraziamo sinceramente per il volenteroso servizio
che ci offre.
Ci incontreremo di nuovo quando avrai la possibilità di stare in nostra compagnia. Buona notte,
amico mio. Lo Splendore di Dio sia con te e con la tua gente, che è avvolta nella luce più di quanto
ne sia consapevole. E un giorno sarà rivelata a loro e a te.
25 gennaio, 1918.
5.25-7.43 p.m.
Giungemmo al Ponte dal lato buio, lo attraversammo e arrivammo sui pendii che salgono alle
sfere progressive; là ci riposammo un po’ riesaminando il lavoro che avevamo svolto. Qui
incontrammo un messaggero della nostra regione, il quale ci portava notizie delle azioni intraprese
lassù riguardo alla nostra missione. Da quando lasciammo la Decima Sfera non avevano mai perso
il contatto con noi; mise in evidenza quelle situazioni di particolare bisogno in cui coloro che
vigilavano su di noi dalle alte dimore, sentirono la necessità di aprire un canale immediato di aiuto e
consiglio. Talora ne fummo consapevoli, in altri casi ne avevamo il sospetto, ma la maggior parte di
questi interventi avvennero in situazioni di estrema tensione, quando tutte le nostre facoltà erano
concentrate a risolvere le difficoltà contingenti, e dunque non fummo in grado di riconoscere
l’effettivo soccorso esterno che giungeva a influenzare le circostanze. Dato che in basso, nelle
regioni più tenebrose, ci eravamo ampiamente adattati alle condizioni locali, dovevamo tollerare
alcuni limiti dell’anima operante nel gravoso ambiente che allora ci attorniava. Lo stesso vale per te
nella sfera terrena, amico mio, e se tu non realizzi sempre l’aiuto inviato, ciononostante ti viene
concesso e dispensato quando ne hai bisogno.
Ora sorvolerò sul viaggio di ritorno, e ti parlerò del nostro arrivo alla Decima Sfera.
Sulle colline distanti ci venne incontro una comitiva di cari amici che attendevano il nostro
rientro con grande gioia, e non vedevano l’ora di ascoltare le nostre avventure. Strada facendo gli
raccontammo della missione, finchè non arrivammo alla grande pianura davanti al Tempio della
Montagna Sacra, quindi salimmo fino al Porticato. Fummo condotti dentro, e ci dirigemmo nella
grande Sala Centrale del Santuario, dove trovammo radunate un gran numero di persone. Erano
inginocchiate in adorazione del Sublime Invisibile, e non si mossero mentre entravamo in silenzio
fermandoci dietro di loro.
Voi non sapete cosa sia il silenzio sulla terra. Nel mondo terreno non esiste un silenzio perfetto.
Non potete lasciarvi i suoni alle spalle. Ma qui nella Decima Sfera, e in quel momento nel
Santuario, c’era il Silenzio in tutta la sua maestosa meraviglia. Se tu potessi volare lontano dalla
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terra, ti allontaneresti gradualmente dai suoni della superficie terrestre. Ma ci sarebbe sempre il
rumore dell’attrito atmosferico a violare il silenzio. E perfino oltre quella fascia atmosferica
sentiresti il suono dell’etere, in quanto elemento potenziale, allorché il pianeta risponde alla forza di
gravità di un altro pianeta. Superato il Sistema Solare, nel vuoto spaziale fra questo e altri sistemi, ti
avvicineresti all’idea di silenzio, mentre la terra sarebbe lontana milioni di anni luce, perduta alla
vista, inavvertita e quasi sconosciuta. Ma l’etere sarebbe presente, e benché le tue orecchie non
udirebbero nulla, sappi che al reame dell’etere si accede dall’anticamera dell’atmosfera, e il suono è
un elemento prossimo all’etere e gli è strettamente affine.
Bisognerebbe raffinare l’etere dieci volte attraverso un processo di sublimazione per ottenere
l’atmosfera che abbiamo qui nella Decima Sfera; e il Silenzio non è qualcosa di passivo, ma di
attivo negli effetti che produce su coloro che si bagnano nel suo oceano. Il silenzio qui non è
assenza di rumore, è la Presenza di Colui che è Silente. È un’entità vibrante, di pulsazione così
rapida che quiete e Silenzio sono una cosa sola. Non riesco ad essere più chiaro, poiché non è
possibile per te, confitto come sei nel tuo elemento più grossolano, immaginare, persino in minima
misura, la condizione a cui prendemmo parte non appena entrammo nella grande Sala del Tempio.
In seguito, attraverso il corridoio ci raggiunse il Veggente che, prendendomi per mano, ci
condusse verso l’Altare in fondo alla Sala dov’era posto il Trono, e da cui si era accomiatato da noi
all’inizio del nostro viaggio.
Eravamo un po’ affaticati, con i cuori ricolmi di quanto avevamo visto in quei remoti regni delle
tenebre. I nostri volti mostravano i segni delle tante battaglie combattute per la vittoria – ti ho
raccontato solo poche vicende della nostra impresa, non l’intera storia. Eravamo soldati usciti
dall’incessante guerra fra il bene e il suo opposto. Ma le nostre ferite e cicatrici sarebbero ben presto
sfumate nell’armonia, e il nostro aspetto sarebbe divenuto più aggraziato di quanto fosse prima di
quell’esperienza.
È lo stesso processo avvenuto per il nostro Regale Principe e Guida che ci ha mostrato la via
alla Bellezza dello Spirito quanto dell’aspetto del corpo. Egli, infatti, nelle cui vesti si legge ancora
la lezione del Sacrificio nella sua alta dignità, è così incantevole che non riesco a dipingere la Sua
grazia con parole terrene – e neppure sovraterrene.
Così ci fermammo di fronte all’altare, stando a una certa distanza, poi c’inginocchiammo anche
noi per venerare la Fonte dell’Essere, il Supremo, che si manifesta a noi solo in Forma Presenza, e
raramente, ma di solito tramite il suo Unto che è più in sintonia col nostro attuale stato, in virtù
della Sua Umanità.
Allora, finalmente, avendo ricevuto il segno, sollevammo tutti la testa e guardammo verso
l’altare. Il segno era un senso della Presenza che ardeva dentro e intorno a noi. In piedi alla sinistra
dell’Altare, con l’Altare alla sua destra, vedemmo il Figlio dell’Uomo. Questi non si presenta mai
due volte con la stessa identica foggia. C’è sempre qualche dettaglio nuovo da cogliere che cattura
la mente e trasmette il suo significato.
Allineati sulla Sua testa, con le mani incrociate sul petto, erano fermi, sospesi in silenzio, sette
grandi Angeli. Non avevano gli occhi chiusi, ma le palpebre erano abbassate, e sembravano fissare
il pavimento leggermente dietro di Lui. Indossavano finissime vesti di tinta variopinta. A dire il vero
le vesti non erano realmente colorate, ma suggerivano il colore senza manifestarlo. Erano colori
inesistenti sulla terra, e fra essi ce n’erano alcuni simili ai vostri viola, oro, cremisi chiaro (non rosa,
ma cremisi chiaro, come ho detto), è difficile da capire per te perciò sorvoliamo, un giorno capirai –
e blu; rimandavano solo a questi colori, pur avendo grande splendore. Sotto le sottilissime vesti, i
loro corpi nudi parevano di un’incomparabile bellezza. Erano talmente elevati nella santità che gli
abiti sprigionavano una lucentezza irraggiungibile da alcun vestito, per quanto ornato possa essere.
La testa era cinta da una corona di luce – una luce viva che, irraggiando, mutava man mano che i
loro pensieri assumevano una disposizione verso l’esaltazione, l’amore o la pietà. E tanto
equamente intonata e simile era la loro mente, che persino il più lieve cambiamento di pensiero
influenzava quei diademi di luce i quali, fra l’altro, proiettavano un bagliore rosso cremisi attraverso
una veste blu, o un bagliore d’oro attraverso una veste viola.
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Il Cristo, in piedi accanto all’Altare, era più visibile, e anche i dettagli dei Suoi lineamenti ci
erano più distinguibili di quelli degli Angeli presenti. Sulla testa portava una doppia corona, una
dentro l’altra. La più ampia ed esterna era color porpora, quella interna era bianca mista cremisi.
Stanghette d’oro univano le due in una sola struttura, e fra queste c’erano zaffiri di finissima fattura,
e la luce che emanava creava una nube attorno alla Sua testa. Indossava una veste d’argento
scintillante con sopra un mantello color porpora-cremisi – un colore inesistente sulla terra. In vita
portava una cintura di metallo, colore argento e rame. Sto facendo del mio meglio per descriverti il
Suo aspetto, e per farlo devo usare strani miscugli di parole terrene, e persino così non riesco ad
ottenere il risultato voluto. Sul petto una collana di rubini gli reggeva il mantello attorno alle spalle.
In una mano teneva una verga variopinta, che appoggiò con estrema grazia sull’altare. La mano
sinistra era posata sul fianco, col pollice dentro la cintura, così che il mantello era spostato indietro
su quel lato. La grazia della Sua figura era intonata alla gentilezza del Suo volto.
Il Suo volto somigliava all’immagine convenzionale che abbiamo dei Suoi ritratti?
Poco, amico, solo un po’. Devi sapere che i lineamenti del Suo volto non sono sempre identici
nei dettagli ogni volta che si manifesta, anche se nelle linee essenziali non cambiano. Per come lo
vidi allora, aveva il volto di un Re. L’Uomo del Dolore era presente, ma dominava la Regalità. Ci
apparve come uno che ha conquistato il Suo Regno. I segni della battaglia si erano trasformati nella
calma che viene dalla realizzazione. Ti stai chiedendo se aveva la barba, come nei dipinti che avete
di Lui. Non quella volta. In realtà, nelle 15 o 16 volte che L’ho visto non portava mai la barba. Ma
ciò non significa nulla. Non c’è motivo per cui non dovrebbe apparire con la barba, e di tanto in
tanto può farlo, anche se io non l’ho mai visto così. Ed è tutto quello che posso dire.
Mentre Lo guardavamo, assieme agli Angeli sopra di Lui, Egli ci parlò. Non capiresti il
significato del discorso che rivolse alla grande congregazione riunita. E quando cominciò a
rivolgersi a noi quindici, appena tornati, pronunciò queste parole, ma senza articolare i suoni come
si fa sulla terra: “E voi, che siete stati laggiù in quelle estreme contrade oscure, sapete bene che la
Mia presenza pervade anche quei luoghi. Non posso manifestarmi alle Mie anime perse che vivono
là, tranne che in parte e rare volte. Ma dopo essere entrato nei regni di manifestazione oggettiva del
Padre Mio, prima di tornare su questa via di progresso, mi recai in quei luoghi, come avete fatto voi,
e parlai a molte persone, le quali si destarono nell’udire la Mia voce, e un gran numero fissò lo
sguardo verso questi reami. Ma alcuni si allontanarono da Me attratti verso sfere più buie, non
potendo sopportare gli effetti provocati dalla Mia Presenza, che da allora si impresse più
intensamente nell’atmosfera di quelle regioni, e così deve rimanere. Voi non avete raggiunto il covo
di coloro che fuggirono da Me allora. Ma io sono anche con loro, ed essi saranno qui con Me un
giorno.
“Ebbene, Miei zelanti apostoli, che date seguito alla Mia missione, io ho osservato la vostra
opera dal Mio mondo. Non siete usciti illesi dalla battaglia. Anch’io ricevetti colpi. Non sempre
quelle persone hanno riposto fiducia nell’onestà del vostro proposito, quando avete richiamato gli
uomini verso la luce solare di queste sfere. Anche di Me dissero che non agivo bene, ma portavo il
male. A volte i vostri cuori si sono riempiti di dolore nel vedere le sofferenze dei nostri fratelli di
quelle lande buie. A volte vi siete avviliti fino al punto da chiedervi perchè il Padre è chiamato così
– in certi momenti, soprattutto quando l’angoscia degli altri vi opprimeva col suo carico di dolore,
quasi a schiacciarvi. Miei amati compagni di lavoro in quelle terre lontane, rammentate che anch’io,
come per tutte le altre cose, ho scandagliato le profondità dell’esperienza umana. Anch’io conobbi
le tenebre quando lo sguardo del Padre si allontanò da me”.
Discorreva quietamente, con tono calmo e misurato, e mentre parlava il Suo sguardo sembrava
perdersi in una foschia, in una lontana rimembranza, come se raccontando queste cose fosse là in
mezzo a quelle persone, commiserandole e soffrendo con loro in quei remoti e cupi luoghi, e non
qui nel Santuario circondato dalla bellezza della santità e dello splendore dei sette fulgidi Angeli
che brillavano sopra di Lui. Però non c’era sofferenza nelle Sue parole, solo grande regalità,
compassione e dominio su tutto il male di cui parlava. Ritorno ancora al Suo discorso, per quanto
riesco a tradurtelo:
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“Ora, ogni volta che venerate la bontà e il generoso amore del Padre, vi darò da indossare un
segno a suggello del vostro viaggio, del servizio compiuto e del patimento che avete sopportato”.
Egli parlava del nuovo gioiello che da allora fu aggiunto al diadema di adorazione che
indossavamo.
Quindi sollevò la mano sinistra e lentamente fece movimenti circolari sulle teste della
moltitudine inginocchiata, dicendo: “Miei nunzi, nel prendere congedo da voi vi comunico la
prossima missione che vi attende qui. In questo incarico sarò con voi per aiutarvi, essendo una
grande impresa quella che vi affido. Non abbiate fretta di cominciarla, ma una volta iniziata, siate
strenui e risoluti nel portarla a compimento in modo adeguato, affinché non sia necessario che altri,
più avanzati di voi in conoscenza e potere, debbano intervenire a porvi rimedio. Invocatemi e io
risponderò. Ma non interpellatemi più di quanto occorre. Questa missione dovrà servire non solo al
progresso delle sfere inferiori, ma anche per mettervi alla prova. Ricordatelo, e impegnatevi al
massimo ricorrendo alla forza che è in voi. Tuttavia non lasciate che la missione venga guastata per
il mancato appello rivolto a Me, perché sarò pronto a rispondervi. Che il buon esito del compito che
vi accingete a intraprendere abbia per voi importanza maggiore del vostro avanzamento, poiché
l’opera appartiene a Me e al Padre Mio”.
Quindi alzò la mano destra in segno di benedizione e insieme di venerazione, e molto
lentamente affermò: “Dio È.”
Così dicendo, nell’atto di ritirarsi verso le sfere superiori, Lui e i Sette Angeli gradualmente
svanirono alla nostra vista, lasciandoci apparentemente soli nel Silenzio. Ma in quel Silenzio c’era
la Sua amata Presenza, e noi ne eravamo rapiti, sapendo che il Silenzio era la Sua voce. Quindi
restammo immobili mentre Lui parlava, e così facendo udimmo e rendemmo omaggio.
Lunedì 28 gennaio,1918.
5.24-7.06 p.m.
Il nostro viaggio e la missione si conclusero come ti abbiamo raccontato. Hai delle domande da
porci a proposito di quanto ti abbiamo detto? Mi sembra di vedere che alcuni interrogativi stanno
prendendo forma nella tua mente, e questo è il momento giusto per darvi risposta.
Sì, vorrei farti alcune domande. Innanzitutto, cosa intendevi dire con diadema della devozione,
o qualunque fosse l’espressione che hai usato nel tuo ultimo messaggio?
Nessuna emozione, nessun pensiero rimane senza manifestazione esteriore. Tutto ciò che vedi
attorno a te sulla terra è una manifestazione del pensiero. Tutto il pensiero fa capo all’Essere, da cui
origina tutta la vita. Ogni pensiero che viaggia dall’esterno verso l’interno trova in Lui il suo punto
focale. In senso inverso, Egli è la Fonte di tutto il pensiero, e a Lui il pensiero ritorna in un circolo
infinito. Negli intervalli, questo flusso di pensiero attraversa la mente di Personalità con vari gradi
di potere, fedeltà e unità con Lui. Questa corrente di pensiero, passando attraverso Principi,
Arcangeli, Angeli e Spiriti, si manifesta attraverso loro verso l’esterno, in Cieli, Inferni,
Costellazioni di Soli, Sistemi solari, Razze, Nazioni, Animali, Piante, e in tutte le entità che voi
chiamate “cose”. Tutte le cose vengono in esistenza oggettiva per mezzo di esseri pensanti, allorché
i loro pensieri, diretti esteriormente, assumono un’espressione tangibile ai sensi di coloro che
abitano la sfera in cui dimorano i pensatori, o con cui sono in contatto.
Non solo, ricordati inoltre che i pensieri di ciascuno, in ogni sfera, che sia la Terra, gli Inferi o i
Cieli, sono manifesti a quelli capaci di percepirli secondo il loro livello di potere. Ma è ugualmente
vero dire che tutti i tuoi pensieri, amico mio, sono registrati qui, nei Cieli bassi, e nelle regioni più
sublimi che pulsano all’unisono col battito dello stesso Cuore dell’Altissimo e Santissimo,
dell’Universale e Supremo.
Ciò che vale per l’universale, vale anche per il particolare. Quindi i pensieri di una comunità
nelle regioni celesti si manifestano nella temperatura e nella tinta dell’atmosfera. (Uso parole
terrene, le sole che possono trasmetterti quanto intendo dirti). Così la qualità e il livello della
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persona si rivelano qui in più di una maniera: dal tessuto, dalla foggia e dal colore dei suoi abiti;
dall’immagine, dalla statura e struttura del suo corpo, dalla tinta e lucentezza dei gioielli che
indossa.
Perciò, tornati dalla missione nelle lontane regioni oscure, avendo assimilato nella nostra
personalità qualità che prima ci mancavano, ci venne dato un altro gioiello da incastonare nel nostro
diadema.
Questo gesto da parte del Cristo non fu di natura arbitraria. Qui tutto è compiuto con rigorosa e
puntuale giustizia, ma nei modi più incantevoli. Ho chiamato questa corona il nostro diadema di
devozione perché non sempre è visibile sulla testa, ma solo quando i nostri pensieri ed emozioni
sono concentrati sulla devozione. Allora appare sui nostri capelli, chiusa dietro le orecchie. Tutti i
gioielli che l’adornano non sono frutto di una scelta, bensì rivelano le qualità che abbiamo
sviluppato nel nostro progresso di sfera in sfera. E quella volta ci venne dato un altro segno come
risultato delle nostre conquiste nelle sfere inferiori, dove svolgemmo la missione.
Il significato di gioielli e gemme è molto più profondo di quanto puoi comprendere, persino se
te lo potessi esprimere a parole. Un giorno vedrai la loro bellezza, ne scoprirai il simbolismo, la vita
che li anima e il loro potere. Ma non ora. Diciamo che ciò è sufficiente per il momento. Vuoi pormi
la prossima domanda?
Grazie, Leader. Puoi dirmi qualcosa della Colonia in cui avete portato la gente salvata, che
affidaste all’uomo che chiamerò il Piccolo Cristo?
Hai fatto bene a chiamarlo così; egli è degno di quel nome.
Sì. Assieme ad alcuni compagni che vennero con me in quel viaggio, ho visitato la sua Colonia
diverse volte, come gli promisi. Scoprii che non aveva deluso le mie aspettative. Questo annotalo
bene: io sono pienamente soddisfatto del suo lavoro. Ma questa era la sua prova, e il risultato non fu
esattamente quello che speravo. È molto interessante per me andare laggiù di tanto in tanto, o
ricevere i rapporti dei miei emissari che vi si recano in mio nome, portandomi notizie di ciò che
accade.
Durante la mia prima visita scoprii che avevano costruito una Città in modo abbastanza
ordinato, anche se gli edifici erano rozzi e di scarsa qualità a causa dei materiali disponibili in quella
regione. Sembravano mancare di completezza. Diedi la mia approvazione per ciò che avevano fatto,
li incoraggiai verso ulteriori sforzi, e li lasciai lavorare al progetto per conto loro.
Col tempo mi accorsi che il Piccolo Cristo – per comodità lo chiamerò “Barnabas” e ciò servirà
bene allo scopo – mi accorsi dunque che il suo potere non stava nella leadership del comando, ma
piuttosto nella sua persuasiva guida amorevole. Egli esercitava un grande potere in mezzo alla sua
gente, essi aumentarono la loro comprensione e, con lo sviluppo, furono in grado di ricambiare. Egli
abbondava in saggezza, ma non nel comando. La sua saggezza lo mise in grado di vedere le proprie
mancanze, e grazie alla sua umiltà fu capace di riconoscerlo prontamente, senza vergognarsi. Così,
mentre trattava le faccende più profonde e spirituali, come fa tutt’ora, affidava in misura sempre
maggiore il compito di organizzazione al suo luogotenente, il Capitano. Questi ha una personalità
davvero forte, e un giorno risplenderà nei Cieli di luce come un potente Principe, dotato
dell’audacia per compiere grandi cose in modo magnifico; sarà un uomo di grandi imprese.
Lentamente egli risvegliava in quei poveri cervelli ottenebrati le capacità che una volta
possedevano sulla terra nei loro mestieri, e li persuase a lavorare. Fabbri, falegnami, incisori,
muratori, architetti, ma anche artisti e musicisti, ciascuno con la propria vocazione. Ogni tanto
andavo là e trovavo la Città migliorata nell’ordine e nell’aspetto, e la gente più felice. Scoprii anche
un’altra cosa.
Quando li condussi fin là, uscendo dai luoghi di maggiore oscurità, la luce era solo un debole
bagliore sulla landa. Ma ogni volta che tornavo in Città notavo che luce e visibilità aumentavano, e
la Città diffondeva i suoi raggi sulla regione circostante. Era un effetto della pacifica attività di
Barnabas stesso. Fu lui che tese lo spirito di ciascun membro del suo popolo verso il proprio reale
destino. Con l’amore accendeva le loro aspirazioni spirituali e, man mano che queste si facevano
più concrete, le persone stesse aumentavano la loro luce che, nascendo da dentro, irradiava
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all’esterno: il risultato si osservava nell’incrementata e sempre crescente luminosità dell’ambiente
in cui vivevano.
Così i due, coordinando lealmente i propri poteri a quelli dell’altro, avevano fatto grandi cose, e
presto ne faranno ancora di maggiori, con mia grandissima gioia e per la gioia di tutti quelli che
soffrirono con me, percorrendo i sentieri oscuri di quell’Ade in cerca delle anime che avevano
perduto la strada.
Non vengono mai molestati dagli abitanti delle regioni vicine?
Alla tua domanda, figlio mio, come fra breve ti dirò, rispondo di no. Nessuno li molesta adesso,
né osa farlo. Ma all’inizio, quando erano deboli e meno capaci di affrontare i loro nemici, subivano
ripetuti attacchi.
Te lo racconterò più avanti. Prima voglio dirti una cosa che ti sembrerà strana. Ricorderai i
144.000 redenti di cui scrive San Giovanni. Sì; ebbene il numero di quelli che salvammo era lo
stesso. Ti domandi come e perché avvenne? La cosa fu decisa nelle consulte formate da coloro che
concepirono quell’impresa; essi appartengono a sfere molto superiori alla mia e il loro proposito mi
è sconosciuto, ma riguarda future epoche di sviluppo. Vorresti sapere se quella gente ha una qualche
relazione con gli altri redenti di Giovanni. No, non in maniera diretta almeno. Indirettamente c’è
una ragione, e si scoprirà nel futuro sviluppo di quella compagnia, che più tardi formerà un nuovo
dipartimento celeste indipendente – mi capisci se mi esprimo così? Non un nuovo Cielo, no, ma un
nuovo dipartimento celeste.
Ora vengo alla tua domanda. All’inizio erano molto ostacolati e tormentati dai clan vicini, che
arrivando e scoprendo ciò che facevano, gli ringhiavano insulti e se ne andavano. A loro volta
riportavano la notizia ad altri clan, e squadre di lavoratori subirono molti assalti quando capitava
l’occasione. Poi gli attacchi minori cessarono per un lungo periodo. Intanto il Capitano,
recuperando pian piano la sua antica prontezza e abilità, aveva posizionato delle sentinelle sulle
collinette periferiche e nelle torrette di guardia intorno al perimetro della città. Tramite queste
sapeva se stava per incombere una battaglia, quando da quelle postazioni scorgevano i vari clan
raccogliersi in un grande esercito, addestrare i loro soldati, e agire con smodata ostentazione
rivolgendo discorsi gloriosi alle schiere, come è d’uso fare in quelle terre dove la realtà è tutta
falsata.
Ma la nostra gente cresceva costantemente in forza e splendore, e quando venivano attaccati
riuscivano a respingere i loro nemici. Fu una battaglia lunga e molto aspra di forze e volontà. Ma
vinsero, poiché erano destinati a vincere e, per quanto ti possa suonare strano e paradossale, fu una
battaglia vera ed estenuante. Un grande aiuto gli venne dalla loro accresciuta luminosità personale e
ambientale. Questa luce era molto penosa per i loro avversari, immersi com’erano in una maggiore
oscurità; essi gridavano come degli ossessi in preda al dolore, quando entravano nel raggio d’azione
e venivano trafitti dall’imperturbabile aura di quella Città e della sua Colonia fatta di gente in
costante evoluzione.
Il miglioramento procede tutt’ora e, in misura del loro crescente splendore, la Colonia si è
gradualmente allontanata dal suo stato originario, accostandosi alle sfere di luce. In tal modo
osservo il principio operante in questi reami: la relazione reciproca fra stato interiore e ambiente,
ma per te può essere difficile da intendere – se non impossibile. Quindi non mi dilungherò. Dirò
solo che i loro oppositori trovarono più arduo avvicinarsi, mentre i Coloni scoprirono che ad ogni
tentato assalto, l’aura protettiva della Città era cresciuta e continuava ad aumentare, e le truppe
nemiche si vedevano costrette a interrompere la loro avanzata sempre più lontano.
Così qualche piccola squadra si stabilì in aree limitrofe progressivamente più illuminate per
lavorare e coltivare le terre, piantare boschi e scavare miniere. Le miniere erano le ultime di cui si
occupavano, la gente rifuggiva alla sola idea perchè troppo carica di tristi ricordi. Ma il metallo era
necessario, e alcuni coloni più audaci e determinati cominciarono l’estrazione, scoprendo che
lavorare come schiavi o come uomini liberi aveva un effetto molto diverso su di loro. E ora non
mancano volontari ben felici di aiutarli.
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Pertanto, mentre aumentano in bontà, aumenta anche la luce attorno alle loro abitazioni e in
Città. Quella è la loro forza, poiché è segno che progrediscono verso una condizione superiore, e ciò
significa che possiedono maggiore potere. Ecco perché i loro nemici sono incapaci di raggiungerli e
recare danni.
Figlio mio, questo annotalo bene: può vivere felice anche colui che durante il suo pellegrinaggio
terreno è contornato da nemici. E ricorda che i nemici, incarnati o disincarnati che siano, non
differiscono in nulla da quelli che circondano la Città di Barnabas; cosicché anche su scala più
vasta, man mano che l’influsso della Città si estende in misura costante verso la luce, i loro
oppositori sono lasciati sempre più indietro nelle tenebre, in basso.
Il mio amore è con te, figlio mio. Hai la nostra benedizione.
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Questo, comunque, posso dirlo. Mi hai ricordato che ti accennai al nostro numero, che era di
quindici. Ti dissi, inoltre, che i quindici erano composti da due gruppi di sette più me stesso come
Leader. Se pensi a noi come due gruppi, ciascuno composto da sei membri, con un Capo, e a quelli
sotto le dipendenze di un Governatore che amministra un intero Dipartimento, capirai allora che la
nostra formazione di quindici era completa. Troverai interessante osservare questa nuova Colonia
dei Reami Celesti. Tu hai preso parte al suo inizio, o almeno al primo sviluppo, e senza dubbio sarai
sempre coinvolto nel suo progresso.
In che senso ho preso parte al suo sviluppo?
Ma certo. Tu sei lo strumento tramite cui è stato divulgato sulla terra un resoconto dell’attuale
condizione della gente di queste sfere. Le anime buone e premurose che lo leggeranno, pregheranno
per queste persone e avranno pensieri benevoli sia per loro che per noi che le aiutiamo. Così tu e
altri li sosterrete nel loro sviluppo.
Temo di non avere ancora pensato di pregare per loro.
Perché non hai avuto il tempo di riflettere sull’effettiva realtà di ciò che hai scritto su nostra
richiesta. Quando lo farai pregherai per loro, o vorrà dire che mi sono sbagliato su di te. Anzi, ti
chiedo di farlo.
Certamente, farò così.
Sì, e quando passerai da questa parte, vedrai quella Gente con i tuoi occhi, e gioirai per l’aiuto
che gli hai dato. Essi saranno pronti per un grande avanzamento solo dopo molto tempo che tu sarai
venuto qui con noi. Prega per loro, quindi, e molti ti saranno grati e ti ricambieranno con il loro
amore, come amano colui che diede la sua benevola comprensione quando ne avevano tanto
bisogno, come ora. Parla di loro, pensa a loro come alla Gente di Barnabas.
Perché non pensare a loro come alla tua gente, Leader?
No amico, essi non sono ancora la mia gente. Corri troppo veloce. Forse un giorno sarà così e lo
spero: li considero figli miei, miei pargoli indifesi, nati in mezzo ai morti. Nel tuo cuore puoi
immaginare cosa significhi questo per me. Ti chiedo dunque di pregare per loro e di inviargli dolci
pensieri d’amore, fai lo stesso anche per Barnabas e il Capitano. Sono tutti tuoi fratelli, figlio mio, e
tu, tramite noi, sei stato posto in reale contatto con loro. Chiedi ad altri di pregare per loro.
Grazie per avermi spiegato ciò che temo di aver trascurato.
Sì, e prega anche per le altre persone di cui ti abbiamo parlato, perché hanno disperato bisogno
di preghiera e di soccorso che li conforti – parlo dell’ex Dominatore dell’oscura Città delle Miniere,
e degli altri di cui ti accennammo. Se gli uomini della terra si rendessero conto di quanto aiuto
possono dare pregando per gli abitanti degli Inferi, renderebbero più lievi i mali di cui essi stessi
soffrono. Sollevando quei poveri spiriti verso la luce e mitigando la loro angoscia, ridurrebbero il
numero dei malvagi e la malvagità di quegli spiriti che si lanciano sulla terra per tormentare i loro
simili e, tramite loro, l’intero genere umano.
È cosa buona per gli uomini guardare in alto e cercare di raggiungere la luce. Ma ancora più
lodevole è guardare in basso verso quelli che hanno disperato bisogno di forza per superare le loro
infelici sfere. Ricordati, amico, che il Cristo fece questo molto tempo fa, e così Essi fanno oggi.
Figlio mio, possa il Signore darti quel dono generoso che mandò allora sulla terra. E possa Egli
intonare il tuo spirito e le tue azioni con la mente di Colui che lo portò. Intendo dire quel Munifico
Dono del Padre, che Suo Figlio un tempo recò agli uomini in questa oscura sfera terrena, e che
ancora oggi elargisce e per sempre.
Ricordalo, e allora non potrai far altro che dare agli altri quanto tu stesso hai ricevuto, per tua
grande gioia e serenità.
Nota. – Altri messaggi pervennero la sera del 5 febbraio 1918, con una o due interruzioni, fino
al 3 aprile 1919, e sono pubblicati nel IV Volume de La Vita al di là del Velo, intitolato “Le Schiere
Celesti”.
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