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ENCICLOPEDIA DELLE SCIENZE FILOSOFICHE IN COMPENDIO

Nell’Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, Hegel segue lo sviluppo dell’idea nei suoi tre
momenti strutturali – idea in sé (Tesi), idea fuori di sé (Antitesi), idea che ritorna in sé (Sintesi)- che
corrispondono agli ambiti della logica, della filosofia della natura e della filosofia dello Spirito. In
quest’ultima sezione assume particolare rilievo la concezione etica dello Stato come incarnazione
suprema della moralità sociale e del bene comune.

LA LOGICA
Una scienza della “pensabilità” del reale
Il Sapere assoluto, il sistema del pensiero che costituisce l’essenza della filosofia, si articola secondo
Hegel in tre momenti fondamentali: la logica, la filosofia della natura e la filosofia dello spirito.
Del primo momento ne è una rigorosa descrizione l’opera Scienza della logica il cui contenuto viene
ripreso nella prima parte dell’enciclopedia, una delle più complesse opere del filosofo. In essa Hegel
intende ricostruire la trama concettuale della realtà, cioè il sistema dei concetti più astratti, delle funzioni
universali con cui il mondo viene pensato.
Per comprendere la logica si deve partire dall’assunto hegeliano che tutto ciò che è razionale (pensiero) è
reale (essere) e viceversa.
Per Hegel la logica è indagine della realtà, dell’assoluto nel suo primo momento. La logica è un’antologia,
scienza dell’essere, metafisica. Il cambiamento rispetto alle concezioni precedenti è radicale e si spiega
con la tesi hegeliana dell’identità tra pensiero ed essere. L’identificazione dell’Assoluto con Dio fa dire,
metaforicamente, ad Hegel che la logica corrisponde a Dio prima della creazione. Da questa premessa si
deduce chiaramente che i concetti, nella logica hegeliana, non sono soggettivi cioè non sono gli strumenti
del discorso scientifico e non sono neppure le forme utilizzate dal soggetto che conosce, ma sono
oggettivi, in quanto esprimono la realtà nella sua essenza, nella sua struttura razionale.
Come tutto il sistema, anche la logica si caratterizza in senso dialettico, per il fatto che quel sistema di
relazioni tra concetti viene descritto attraverso un movimento contraddittorio del pensiero che pensa i
concetti stessi.
Hegel descrive lo svolgersi dialettico dell’assoluto come puro pensiero attraverso tre diversi livelli di
complessità logica, che designa come logica dell’essere, dell’esistenza e del concetto.

LA LOGICA DELL’ESSERE
La logica dell’essere ci illustra come il punto di partenza o la categoria con la quale noi cogliamo le cose
in modo immediato sia l’essere indeterminato. Tuttavia Hegel ne dimostra i limiti e la necessità del
superamento dell'essere in altro, in ciò che quella categoria non è ( il non-essere, appunto ).
Che cos’è l’essere? È la categoria originaria del pensiero, quella da cui deriva ogni altra. Perché pensare
non è altro che pensare qualcosa che è e che, come tale, si colloca nell’orizzonte dell’essere.
Ma di per sé l’essere non si può definire, perché nella sua genericità e astrattezza non ha alcuna
determinazione, è cioè vuoto. È proprio perché tale, perché è pura indeterminazione, l’essere richiama al
proprio contrario, il nulla, si afferma cioè come quella non essere che è la sua esatta negazione. Essere e
non essere sono opposti e identici al tempo stesso. Ma non sono concetti statici ma bensì dinamici.
Tendono cioè a convergere in una sintesi (il divenire) nella quale entrambi, essere e non essere, si
pongono in modo processuale: perché, che cos’è il divenire se non, appunto, un passare dall’essere al
non essere e dal non essere all’essere, un morire ed un nascere continui?
Essere, non essere, divenire: in questa prima triade logica taluni hanno visto come l’alba del pensiero che
cerca la luce, infatti le prime tre categorie non sono veri e propri pensieri, ma qualcosa che precede il
pensiero stesso.
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LA LOGICA DELL’ESSENZA
Il piano dei concetti non si riduce a quello dell’essere indeterminato. C’è l’esigenza di pensare ogni
essere determinato guardando al fondamento su cui esso poggia. È il campo della logica dell’essenza,
quello che Hegel ora analizza, poiché l’essenza, nella tradizione logica, è appunto ciò che una cosa è
realmente, è la cosa concepita dal punto di vista del suo fondamento.
È l’individuazione di una base più profonda, che l’essere stesso ricerca riflettendo su di sé. Ma così quella
realtà viene come a sdoppiarsi: da una parte viene vista come essenza, come ragion d’essere e, poi,
viene concepita come fenomeno, cioè come manifestazione-apparenza di quell’essenza; ed infine viene
riconosciuta come realtà in atto, unità di essenza e di esistenza.
Non è possibile, qui, seguire l’intero procedimento hegeliano, che si sviluppa attraverso un’intricata
complessa trama logica (passando attraverso le categorie di identità e differenza, diversità e opposizione,
positivo negativo, ecc). Ci limitiamo a sottolineare, ancora una volta, l’obiettivo del filosofo: superare la
contraddizione tra essenza e apparenza trovando una realtà che possa essere davvero pensata come
sviluppo e produzione di se stessa.

LA LOGICA DEL CONCETTO


Il pensiero si pensa attraverso concetti. Quindi, la logica del concetto costituisce un’ulteriore, più elevato
momento di tale consapevolezza logica.
(E’ importante non confondere il significato più comune di concetto con quello del filosofo. Per
Hegel il concetto non è la rappresentazione soggettiva delle cose, prodotta dall’intelletto, ma è
l’essenza della realtà nel suo aspetto necessario, è l’essenza stessa delle cose il concetto è il
pensiero che determina se stesso e che comprende il mondo oggettivo è effettivamente
contenuto nel soggetto conoscente. Nella logica del concetto il soggetto è il pensiero stesso, il
quale non crede più che vi sia una distanza incolmabile tra se stesso e il mondo, ma vede ormai
se stesso come la fonte dell’oggettività. Detto in altro modo, si deve partire dal pensiero per
creare il mondo oggettivo. È il tema centrale di tutto il sistema hegeliano: il concetto è la sostanza
del mondo, l’idea assoluta, la ragione, giunta alla piena e totale comprensione di sè)
L’opposizione, l’antitesi, non è più fra generici esseri determinati, oppure tra essere e apparire, ma è
contraddizione interna al pensiero stesso con cui la realtà (che è razionalità) si sviluppa.
Qui si verifica il connotato originale, paradossale, della filosofia idealistica: la realtà non è altro che il
sistema delle relazioni, la trama dei concetti con cui viene pensata. Pensata, naturalmente, in modo
universale necessario e non da un punto di vista particolare contingente, casuale. La logica del concetto,
(cioè la terza parte di questa scienza della pensabilità del reale), ha il compito di dimostrare come il
pensiero guardi ad ogni realtà particolare, comprendendola in una forma universale, in un concetto,
appunto.
La totalità logica a cui fa capo insieme di questa trama di categorie non è altro che idea.
Anche qui non seguiamo l’intero procedimento hegeliano. Resta confermato, comunque, il suo
orientamento di fondo: l’idea costituisce il momento della comprensione assoluta di qualsiasi cosa,
perché è attraverso i concetti, attraverso il sistema delle funzioni logiche con cui può essere pensata, che
la realtà diviene come trasparente a se stessa, pura forma e pensabilità.

LA FILOSOFIA DELLA NATURA

Il testo fondamentale in cui Hegel espone la propria filosofia della natura è la seconda parte
dell’Enciclopedia.

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Hegel condivide il concetto di natura della fisica empirica ma quest’ultima è in grado solo di fornire il
materiale, il lavoro preparatorio, di cui essa poi si avvale per mostrare come le diverse determinazioni
naturali si concatenano in un organismo concettuale.
Per Hegel la natura è “l’idea nella forma dell’essere altro” e quindi è essenzialmente esteriorità.
Considerata in sé, cioè nell’idea, la natura è divina; ma nel modo in cui essa si manifesta, il suo essere
non corrisponde al concetto: essa è quindi una contraddizione insoluta. La sua caratteristica è di essere
negazione, decadenza dell’idea da se stessa, perché l’idea nella forma dell’esteriorità è inadeguata a se
stessa.
Il passaggio dall’idea alla natura è considerato un rompicapo critico, perché da un lato il filosofo lo
presenta come una sorta di caduta dell’idea e dall’altro come un suo potenziamento (come un momento
necessario per giungere alla sintesi). “Sembra che nella natura ci sia qualcosa di meno, oppure di più,
dell’idea; ma che cosa precisamente non è affatto chiaro”. Una cosa è certa per Hegel che era assurdo
tentare di conoscere Dio a partire dalle opere naturali perché anche le più basse manifestazioni dello
spirito servono meglio al raggiungimento di Dio.
Comunque il concetto di natura ha una funzione importante della dottrina di Hegel. Il principio stesso
dell’identità di reale e razionale pone infatti a questa dottrina l’obbligo di giustificare e di risolvere nella
ragione tutti gli aspetti della realtà. Da una parte Hegel respinge ciò che è finito, accidentale e
contingente, legato al tempo e allo spazio ma tutto ciò deve pur trovare un qualche posto, una
giustificazione e questo posto lo trova, come momento di antitesi all’essere e nel suo superamento dello
Spirito. Nella natura, che da questo punto di vista si configura come una sorta di “ scarto – pattumiera ”del
sistema.
Le divisioni fondamentali della filosofia della natura sono: la meccanica, la fisica e la fisica organica:
- La meccanica concerne la natura come materia priva di forma, essa considera l’esteriorità, che è
l’essenza propria della natura, nella sua astrazione (spazio-tempo), nel suo isolamento (materia-
movimento), nella sua libertà di movimento (meccanica assoluta);
- La fisica concerne la natura come materia ormai determinata in forme naturali come i corpi fisici
dotati di certe proprietà; essa comprende quindi gli elementi della materia, le proprietà
fondamentali della materia (peso, coesione, suono, calore) e le proprietà magnetiche, elettriche e
chimiche;
- La fisica organica concerne la natura come vita dove ogni individualità corporea non solo ha una
forma specifica, ma ha una tendenza interna a realizzarla come totalità concreta, ossia come
organismo in cui le parti sono connesse tra loro; essa comprende la sua geologia, la natura
vegetale e l’organismo animale.

LA FILOSOFIA DELLO SPIRITO

La filosofia dello spirito è la conoscenza più alta e difficile, consiste nello studio dell’idea che, dopo
essersi estraniata da sé, sparisce come natura, cioè come esteriorità e spazialità, per farsi soggettiva e
libertà ovvero auto-creazione e auto-produzione.
Lo sviluppo dello spirito avviene in tre momenti principali:
- A) lo spirito soggettivo, che è lo spirito individuale nell’insieme delle sue facoltà;
- B) lo spirito oggettivo, che è lo spirito sopra-individuale o sociale;
- C) lo spirito assoluto ossia lo spirito che sa e conosce se stesso nelle forme dell’arte, della
religione e della filosofia.
Anche lo spirito procede per gradi, ma diversamente da quanto accade nella natura (dove i gradi
sussistono l’uno accanto all’altro), nello spirito ciascun grado è compreso e risolto nel grado superiore, il

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quale, a sua volta, è già presente nel grado inferiore (ad esempio, l’individuo non esiste accanto alla
società, ma è compreso nella società, la quale a sua volta, è presente nell’individuo fin dall’inizio ).

A) LO SPIRITO SOGGETTIVO
Lo spirito soggettivo è lo spirito individuale (del singolo) che emerge dalla natura attraverso processi che
vanno dalle forme più elementari di vita psichica alle forme più complesse. La filosofia dello spirito
soggettivo si divide in tre parti: antropologia, fenomenologia, psicologia.

L’antropologia studia lo spirito come anima. L’anima indica i legami tra spirito e natura che nell’uomo si
manifestano come carattere, come temperamento, come disposizioni psicofisiche connesse alle diverse
età della vita e alle differenze di sesso. Per Hegel le diverse età della vita sono rappresentate dall’infanzia
( tesi ) che è il momento in cui l’individuo si trova in armonia con il mondo circostante; la giovinezza
( antitesi ) che nel momento in cui l’individuo con i suoi ideali le sue speranze entra in contrasto con il
proprio ambiente;
la maturità( sintesi ) il momento in cui l’individuo, dopo l’urto adolescenziale con il mondo, si riconcilia
con se stesso, tramite il riconoscimento della razionalità del mondo. Riconciliazione che nell’estrema fase
della maturità cioè la vecchiaia porta nella inattività dell’abitudine

La fenomenologia studia lo spirito in quanto coscienza, autocoscienza e ragione così come viene
descritto nell’opera Fenomenologia dello Spirito.
La psicologia, infine, studia lo spirito cioè tutte quelle manifestazioni universali come il conoscere
teoretico, l’attività pratica e il volere libero. Per conoscere Hegel intende le determinazioni che
costituiscono il processo con cui la ragione indaga: intuizione, rappresentazione, pensiero. Per attività
pratica si intende il processo con cui lo spirito giunge in possesso di sé e diviene libero, determinandosi al
di là delle condizioni nelle quali vive e si manifesta come sentimento, impulso e felicità. Lo spirito libero è
la volontà di libertà divenuta essenziale e costitutiva dello spirito.

B) LO SPIRITO OGGETTIVO
La volontà di libertà dell’uomo trova la sua realizzazione solo nello spirito oggettivo cioè nelle istituzioni
sociali concrete intese come insieme di determinazioni sovra-individuali che Hegel raccoglie sotto
concetto di diritto: B1 diritto astratto, B2 moralità, B3 eticità.
Di tali argomenti Hegel se ne occupa non solo nell’enciclopedia, ma anche in un’altra opera lineamenti di
filosofia del diritto.

B1 Il diritto astratto
Il volere libero si manifesta come volere del singolo individuo cioè come persona fornita di capacità
giuridiche.
Il diritto astratto o formale ( che coincide col diritto privato e con una parte del diritto penale ), riguarda la
manifestazione esterna della libertà delle persone, concepite come puri soggetti astratti di diritto,
indipendentemente dai caratteri ed alle condizioni concrete che diversificano gli individui.
La persona trova suo primo compimento in una “cosa esterna”, che diventa sua proprietà. La proprietà,
però, è tale solo se vi è un reciproco riconoscimento de possesso dell’oggetto stesso tra le persone, ossia
quando vi è un contratto. (La prima istituzione giuridica)
Se vi è un diritto vi è anche la possibilità di un torto cioè di un illecito, che nel suo aspetto più grave è il
delitto. La colpa commessa richiede una pena cioè un ripristino del diritto violato. Secondo lo schema
dialettico il diritto costituisce la tesi, il delitto costituisce l’antitesi, la pena è la sintesi. La pena che è la

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riaffermazione potenziata del diritto agli occhi di Hegel costituisce una necessità oggettiva del nostro
vivere insieme.
Tuttavia, perché la pena sia correttamente formativa e non vendicativa occorre che il colpevole riconosca
interiormente l’errore. Ma quest’esigenza oltrepassa l’ambito del diritto, che riguarda solo l’esteriorità
legale, e richiama invece dialetticamente la sfera della moralità.

B2 La moralità
Una formazione vera si ha solo con la moralità: è in essa, infatti, che avviene il riconoscimento interiore di
una colpa e, perciò, la possibilità di un riscatto. Nel diritto lo spirito oggettivo opera attraverso una
costrizione esterna cioè imponendo una condotta con la forza della legge. Nella moralità, invece, lo spirito
opera nell’interiorità, cioè come volontà di superare l’egoismo ossia come volontà del bene. Mira, quindi,
ad orientare la condotta attraverso il dovere interiore della coscienza cioè attraverso dei comandi che
esprimono l’esigenza e la dimensione della universalità.
Hegel critica però una morale astratta e formale fondata solo ed esclusivamente sull’adesione della legge
perché legge. Questo tipo di morale produce una scissione tra il soggetto che deve realizzare il bene e il
bene stesso. : tale scissione si afferma come contraddizione tra dover essere ed essere, come
impossibilità di realizzare compiutamente il bene. Essa, quindi, rende astratta, generica l’idea stessa del
bene. Hegel ironizza sulla retorica del dovere e nega che i valori siano ideali non realizzati.

B3 L’eticità
La separazione tra la soggettività e il bene tipica della moralità viene annullata e risolta nella eticità, dove
il bene si attua concretamente e diviene esistente. Se la moralità è volontà soggettiva cioè interiore e
privata del bene, l’eticità, invece, è la moralità sociale ossia la realizzazione concreta del bene in forme
istituzionali come la famiglia, la società civile e lo Stato.
Il termine eticità che Hegel oppone a moralità deriva dalla parola costume(ethos) . Questa scelta del
filosofo vuole sottolineare che ogni uomo, nascendo, si colloca in un orizzonte storico-culturale che
orienterà le sue scelte. L’uomo quindi è calato in un tessuto di relazioni interpersonali e di valori che è
tenuto a rispettare: in questo senso il bene è qualcosa di concreto di determinato, fatto di regole condivise
che l’individuo gradualmente acquisisce.
Questa dimensione delle eticità era già presente nell’antica Grecia dove la vita dell’individuo era
indissolubilmente legata a quella della polis. Secondo il filosofo, però, questa unità tra individuo e stato
tipica della Grecia, si è spezzata nel mondo cristiano e moderno nel quale è subentrato l’individualismo
liberale e borghese ossia la rivendicazione dei diritti dell’individuo prima e indipendentemente da quelli
dello Stato. Il passaggio alla moralità moderna è per il filosofo, comunque, importante perché nel mondo
greco l’unità tra individuo e comunità era vissuta in modo inconsapevole mentre ciò che Hegel vorrebbe è
che l’uomo moderno in modo consapevole recuperi quell’unità di individuo e cittadino nella forma della
libertà e della consapevolezza.
A questo punto è più facile capire perché l’eticità costituisca la sintesi tra il diritto astratto (che è
coercizione giuridica esteriore) e la moralità (che è uno sterile inseguimento interiore di un bene astratto).

B3.1 La famiglia Il primo momento delle eticità è la famiglia dove il rapporto fra i due sessi assume la
forma di unità spirituale fondata sull’amore e sulla fiducia. La famiglia si articola nel matrimonio, nel
patrimonio e nell’educazione dei figli. I figli, una volta cresciuti, escono dalla famiglia originaria per dare
origine a nuove famiglie. In tal modo si passa al secondo momento dello spirito oggettivo.

B3.2 La società civile. L’insieme di tutti i nuclei familiari costituisce la società civile-che si identifica con
la sfera economico-sociale e giuridico-amministrativa del vivere insieme. La società civile è il luogo di
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incontro e scontro di interessi particolari e indipendenti, i quali si trovano a coesistere insieme. La società
civile si articola in tre momenti:
- il sistema dei bisogni che nasce dalla necessità di soddisfare i bisogni degli individui mediante la
produzione della ricchezza e dalla divisione del lavoro dando origine a differenti classi. Hegel
distingue tre classi: la classe sostanziale o naturale che ha il suo patrimonio nella terra che lavora
ossia gli agricoltori; la classe formale la cui occupazione è dar forma al prodotto naturale quindi gli
artigiani e commercianti i fabbricanti; la classe universale dei funzionari pubblici che si occupa
degli interessi universali della situazione sociale.
- L’amministrazione della giustizia riguarda le leggi e la loro tutela giuridica e si identifica col diritto
pubblico
- La polizia e le corporazioni il cui compito è provvedere alla sicurezza sociale. Hegel attribuisce
grande importanza alle corporazioni in quanto costituiscono una sorta di unità tra la volontà del
singolo e quella della categoria lavorativa a cui singolo appartiene. La categoria obbliga l’individuo
a uscire dal suo interesse singolo e privato. Proprio per questo la polizia le corporazioni anche se
in modo imperfetto, sono una prefigurazione dello Stato e fungono da cerniera dialettica tra la
società civile e lo Stato.
L’idea di porre tra l’individuo e lo Stato un terzo termine che è la società civile è una delle maggiori
intuizioni del filosofo. Tale idea sarà largamente utilizzata da altri filosofi come Marx che recupererà
l’importanza attribuita al lavoro e all’economia politica, la considerazione che il mondo moderno produce
ricchezza ma contemporaneamente miseria, la consapevolezza degli aspetti alienanti che scaturiscono
dalla divisione del lavoro.

B3.3 Lo Stato Lo Stato rappresenta il momento culminante dell’eticità: è riaffermazione dell’unità della
famiglia ( tesi) al di là della dispersione della società civile (antitesi). Infatti lo Stato rappresenta una sorte
di famiglia in grande, nella quale l’eticità di un popolo esprime se stesso. Per Hegel lo Stato sta alla
società civile come l’universale sta al particolare. Quindi lo Stato non è oppressione della società civile
ma è lo sforzo di indirizzarne i particolarismi verso un bene collettivo.
LO STATO ETICO
Hegel definisce lo Stato sostanza etica consapevole di sé poiché in quanto volontà di un popolo, lo Stato
è il vero soggetto del bene e del male, ciò che sta alla base delle scelte del singolo, condizionandole e
orientandole. Il punto di vista morale soggettivo su ciò che si deve e non si deve fare è sempre compreso
all’interno delle istituzioni dello Stato, che, educando il cittadino al rispetto delle leggi, conferisce un
contenuto effettivo alla morale.
Questa concezione etica dello Stato, inteso come incarnazione suprema della moralità sociale e del bene
comune si differenzia da:
- tutti i modelli politici che si riconoscono nella teoria liberale dello Stato. Secondo questa teoria lo Stato è
uno strumento che serve a garantire la sicurezza e i diritti degli individui. Per Hegel questo tipo di teoria
comporterebbe una confusione fra società civile e Stato poiché lo Stato sarebbe ridotto a un semplice
tutore dei particolarismi della società civile.
- il modello democratico ossia dalla concezione secondo cui la sovranità risiederebbe nel popolo. Per il
filosofo la nozione di sovranità popolare appartiene ai confusi pensieri perché il popolo, al di fuori dello
Stato, è soltanto una moltitudine informe.
A questi due modelli Hegel contrappone la teoria secondo cui la sovranità dello Stato deriva dallo Stato
stesso, il quale ha al suo interno, e non al di fuori la propria ragione d’essere e il proprio scopo. Quindi lo
Stato non è fondato sugli individui, ma sull’idea di Stato cioè sul concetto di un bene universale. In altre
parole non sono tanto gli individui a fondare lo Stato, ma lo Stato a fondare gli individui, sia dal punto di

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vista storico (infatti lo Stato è cronologicamente prima degli individui, che già nascono nell’ambito di
esso), sia dal punto di vista valoriale (in quanto lo Stato è superiore agli individui, esattamente come il
tutto è superiore alle parti).

Hegel, di conseguenza, rifiuta anche:


- tutte quelle teorie che vorrebbero far dipendere la vita associata da un contratto che scaturisce
dalla volontà arbitraria degli individui. Queste teorie per il filosofo rappresentano un insulto
all’assoluta autorità è maestà dello Stato e anche un attentato al diritto supremo che lo Stato
possiede nei confronti dei cittadini.
- Il giusnaturalismo ossia l’idea di diritti naturali esistenti prima e oltre lo Stato, affermando che “la
società è la condizione in cui soltanto il diritto ha la sua realtà”. Tuttavia il filosofo condivide con il
giusnaturalismo sia la tendenza a fare dello Stato il punto culminante del processo storico, sia la
tesi della supremazia della legge, concepita come la manifestazione più alta della volontà dello
Stato.

Lo Stato di Hegel pur essendo sovrano, non è dispotico ossia illegale, in quanto il filosofo ritiene che lo
Stato debba operare attraverso le leggi e nella forma delle leggi. A governare non devono essere gli
uomini, ma le leggi quindi, lo Stato per il filosofo si configura come Stato di diritto fondato sul rispetto delle
leggi e sulla salvaguardia della libertà formale dell’individuo e della sua proprietà.

Hegel sostiene che la costituzione, cioè l’organizzazione dello Stato, dipende e sgorga dalla vita collettiva
e storica di un popolo, infatti se si vuole imporre a priori una costituzione a un popolo come fece per
esempio Napoleone con gli spagnoli, inevitabilmente si fallisce, anche se la costituzione proposta è
senz’altro migliore di quello esistente.
Hegel identifica come modello di Stato la monarchia costituzionale moderna cioè un organismo politico
che prevede poteri distinti ma non divisi. Tali poteri sono tre legislativo, governativo e principesco
( manca, come si può notare, potere giudiziario, in quanto l’amministrazione della giustizia fa parte della
società civile ). Il potere legislativo consiste nel potere di determinare e di stabilire l’universale e concerne
le leggi come tali. Tale potere viene affidato ad un’assemblea che trova la propria espressione in una
Camera Alta in una Camera bassa. Il potere governativo o esecutivo, che comprende poteri giudiziari e di
polizia operanti a livello di società civile, consiste nello sforzo di tradurre in atto l’universalità delle leggi. A
questo compito sono adibiti funzionari dello Stato. Il potere del principe rappresenta l’incarnazione stessa
dell’unità dello Stato cioè un momento in cui la sovranità dello Stato si concretizza in una individualità
reale cui spetta la decisione circa gli affari della collettività: “la personalità dello Stato è reale se intesa
come una persona, il monarca”. Tuttavia la figura del monarca ha una funzione limitata. Il vero potere
politico nel modello costituzionale del filosofo è il potere del governo quindi la vera classe politica sono i
ministri funzionari pubblici.

In ogni caso, per Hegel la monarchia costituzionale rappresenta la costituzione più evoluta di tutte quelle
esistenti; inoltre risolve in se stessa tutte le forme classiche del governo: in sé risiedono monarchia,
aristocrazia e democrazia. Infatti il monarca è uno; il potere governativo è nelle mani di alcuni, il potere
legislativo è nelle mani della pluralità in genere.
Il pensiero politico di Hegel è una esplicita divinizzazione dello Stato anche se Dio, in senso stretto, non si
identifica con lo Stato, ma con lo Spirito Assoluto il quale, attraverso arte religione, culmina nella filosofia.
Come vita divina che si realizza nel mondo, lo Stato non trova nelle leggi della morale un limite o un
impedimento alla sua azione. Infatti il benessere di uno Stato non dipende dai principi morali ma è
superiore ad essi. Lo Stato è indipendente dai comuni principi morali.
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Inoltre soffermandosi sul rapporto tra gli Stati, Hegel afferma che non esiste un organismo superiore in
grado di regolare i rapporti tra gli Stati e di risolvere i loro conflitti. Cioè non esiste un giudice che possa
esaminare le pretese degli Stati. Il solo giudice e arbitro è la storia stessa la quale ha come momento
strutturale la guerra. Per il filosofo la guerra non solo è necessaria e inevitabile, ma ha anche un alto
valore morale. Infatti “così come il movimento dei venti preserva il mare dalla putredine, nella quale
sarebbe ridotto da una quiete durevole”, così “la guerra preserva i popoli dalla fossilizzazione alla quale li
ridurrebbe una pace durevole e perpetua”.
Abbiamo detto che unico giudice è la storia. Per il filosofo la storia non appare come un tessuto di fatti
contingenti, mutevoli, privi di razionalità, dominati dal disordine, dalla distruzione e dal male.. Ma c’è un
altro modo di intendere la storia tipico di chi è in grado di elevarsi ad un piano speculativo tipico della
ragione assoluta. In realtà il grande contenuto della storia è razionale cioè è l’assoluto stesso, è la volontà
che domina nel mondo. La storia è il luogo in cui la Ragione si dispiega e si manifesta. Il fine della storia è
che lo spirito giunga a capire chi è veramente. Lo spirito che si manifesta e si realizza nel mondo e
coincide con lo spirito del mondo che si incarna nella storia dei popoli che si succedono nei tempi. I mezzi
con cui la storia procede, sono gli individui stessi con le loro passioni. Ma anche le passioni sono
strumenti regolati e mossi dalla ragione stessa e l’azione dell’individuo si colloca all’interno dello spirito di
un popolo determinato.
In apparenza gli eroi della storia del mondo come Alessandro, Cesare, Napoleone non fanno altro che
seguire la propria passione e la propria ambizione; ma in realtà si tratta di astuzia della ragione ossia la
ragione si serve degli individui e delle loro passioni come mezzi per attuare propri fini. L’individuo quindi è
come un burattino nelle mani della ragione
Il fine ultimo della storia è la realizzazione della libertà dello Spirito. Questa libertà si realizza nello Stato;
lo Stato quindi è il fine supremo. La storia del mondo è, quindi, la successione di forme statali che
costituiscono momenti di un divenire assoluto. I tre momenti di essa cioè il mondo orientale, il mondo
greco-romano, il mondo germanico sono i tre momenti della realizzazione della libertà dello spirito del
mondo.
Nel mondo orientale uno solo è libero, nel mondo greco-romano alcuni sono liberi, nel mondo-cristiano
germanico tutti gli uomini sanno di essere liberi. Infatti la monarchia moderna abolendo i privilegi dei nobili
e pareggiando i diritti dei cittadini rende libero l’uomo. Questa libertà si può realizzare soltanto nello Stato
etico, che risolve l’individuo nell’interno di una comunità dove però il singolo non può pretendere di far
valere i propri bisogni particolari ma solo il diritto, la morale, lo Stato sono la positiva realtà e
soddisfazione della libertà.

C) LO SPIRITO ASSOLUTO
Lo spirito assoluto è il momento in cui l’idea giunge alla piena coscienza della propria assolutezza cioè
alla consapevolezza che tutto è Spirito e che nulla vi è al di fuori dello Spirito. Questo auto-sapersi
Assoluto dell’Assoluto non è qualcosa di immediato, ma risultato di un processo dialettico rappresentato
da arte, religione e filosofia. Queste attività non si differenziano per il loro contenuto, che è identico alle
tre cioè l’ Assoluto o Dio, ma soltanto per la forma nella quale ciascuna di esse rappresenta il contenuto.
L’arte conosce l’assoluto nella forma dell’intuizione sensibile, la religione, conosce l’assoluto nella forma
della rappresentazione la filosofia conosce l’assoluto nella forma del puro concetto.

C1 L’arte
L’arte rappresenta il primo gradino attraverso cui lo spirito acquista coscienza di se stesso in quanto
tramite l’arte l’uomo assume la consapevolezza di sé o di situazioni che lo riguardano mediante forme
sensibili: figure, parole, musica, eccetera. Nell’arte lo spirito vive in modo immediato e intuitivo, nella
fusione fra soggetto e oggetto, spirito e natura. Questo accade perché nell’esperienza del bello, spirito e
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natura vengono recepiti come un tutt’uno: ad esempio di fronte ad una statua greca l’oggetto cioè il
marmo è già natura spiritualizzata, cioè una manifestazione sensibile di un messaggio spirituale, e l’idea
artistica è già concetto incarnato e reso visibile.

Per Hegel la storia dell’arte si articola in tre momenti:


- l’arte simbolica, tipica delle civiltà orientali e pre-elleniche, è caratterizzata dallo squilibrio tra
contenuto e forma cioè dall’incapacità di esprimere il messaggio spirituale ossia l’Assoluto
mediante forme sensibili adeguate. Questo squilibrio si manifesta con il ricorso al simbolo e con la
tendenza allo sfarzo e al bizzarro che rappresentano l’immaturità di questo primo momento
dell’arte.
- l’arte classica e caratterizzata da un armonico equilibrio tra contenuto spirituale e forma sensibile,
attuato mediante la figura umana, che è la forma sensibile in cui l’arte meglio si rappresenta
manifesta. Tale arte classica rappresenta il culmine della perfezione artistica
- l’arte romantica è caratterizzata da un nuovo squilibrio tra contenuto spirituale e forma sensibile in
quanto lo spirito è consapevole che qualsiasi forma sensibile si usi, questa risulterà insufficiente a
spiegare il contenuto spirituale. In altre parole, se nell’arte simbolica il messaggio è così povero da
non trovare espressione figurativa adeguata, nell’arte romantica è così ricco da trovare inadeguata
ogni forma sensibile.
Questo itinerario termina con la cosiddetta crisi moderna dell’arte nella quale nessuno vede più nell’opera
d’arte l’espressione più elevata dell’idea. Si ammira l’arte si rispetta l’arte ma la si sottomette all’analisi del
pensiero per capirne le funzioni e la sua collocazione. L’autore la definisce come una cosa ormai passata.
L’espressione morte dell’arte non va interpretata come un funerale di essa, ma come l’arte sia inadeguata
a esprimere la profonda spiritualità moderna. Per Hegel ciò che è sparito e non può più tornare e la forma
classica dell’arte. Ma l’arte è e rimane una categoria dello spirito assoluto.

C2 La religione
La religione e la seconda forma dello Spirito Assoluto, quella in cui l’Assoluto si manifesta nella forma
della rappresentazione che sta a metà strada tra l’intuizione sensibile dell’arte e il concetto razionale della
filosofia.
Le rappresentazioni sono come delle metafore dei pensieri e dei concetti. Quindi la religione, non esprime
Dio o il divino in una forma materiale come avviene nell’arte, ma neppure pensa in termini concettuali puri
come avviene in filosofia.
La teologia è pensiero di Dio, in questa espressione Dio è un oggetto del pensare che l’uomo si pone
davanti come una cosa separata dal mondo e dall’uomo. Non essendo in grado di pensare
adeguatamente Dio, la religione si ferma di fronte all’Assoluto.
Diversamente dal pensiero filosofico, la rappresentazione procede in modo a-dialettico, perché è
incapace di cogliere il movimento logico del concetto. Ad esempio nel dogma della creazione Dio è
concepito come separato dalla natura che crea. In realtà la rappresentazione della creazione è metafora
di una verità filosofica, e cioè di quella che afferma che la natura è solo un momento dialettico della vita
dello spirito che si fa natura. Oppure la rappresentazione teologica per cui Dio è provvidente e governa il
mondo, non è altro che la metafora della verità filosofica secondo cui la realtà ha una sua razionalità.
Nella religione l’Assoluto è rappresentato in forma storica cioè come un evento la cui verità è accettata
sulla base dell’autorità di una rivelazione. Invece la filosofia attinge la verità non come fatto storico e
contingente ma come concetto eterno e necessario.
L’oggetto della religione è Dio, il soggetto di essa è la coscienza umana indirizzata a Dio, lo scopo è
l’unificazione di Dio e della coscienza. Il rapporto tra Dio e la coscienza avviene mediante il sentimento il

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quale fornisce la certezza dell’esistenza di Dio, ma non è in grado di giustificare questa certezza cioè di
trasformarla in una verità oggettivamente valida.
Un passo in avanti rispetto al sentimento è l’intuizione di Dio che si ha nell’arte e, soprattutto nella
rappresentazione, la quale è il modo tipicamente religioso di pensare Dio.
Lo sviluppo della religione è lo sviluppo dell’idea di Dio nell’uomo e avviene in diversi momenti:
- la religione naturale come ad esempio la stregoneria e il feticismo delle tribù primitive dell’Asia e
dell’Africa nelle quali Dio si confonde nella natura;
- Le religioni della libertà che identificano Dio come spirito libero;
- Le religioni dell’individualità spirituale nelle quali Dio appare in forma spirituale;
- La religione assoluta cioè la religione cristiana, in cui Dio o l’assoluto si rivela per quello che è,
cioè puro Spirito Infinito. Sebbene il cristianesimo sia la religione più vicina alle verità della filosofia
( infatti Cristo esprime l’identità di finito e infinito, la Trinità rappresenta la triade dialettica di idea,
natura e spirito ) essa ha comunque dei limiti.
Secondo Hegel l’unico sbocco coerente della religione è la filosofia, che parla anch’essa di Dio e dello
spirito, ma non più nella forma inadeguata della rappresentazione, bensì nella forma del concetto
Hegel intende quindi “com-prendere” la religione, cioè risolverla nella filosofia che è il superamento ma
anche la disciplina che conserva tutti i contenuti esprimendoli nella razionalità del concetto.
Per Hegel la religione è una forma necessaria della vita dello spirito ed è lo strumento con cui tutti gli
uomini possono entrare in rapporto con la verità e ad apprendere che la razionalità è la realtà e
viceversa. La religione svolge quindi una funzione educativa e preparatoria ad una vita secondo la
ragione.

C3 La filosofia e la storia della filosofia


La filosofia rappresenta l’ultimo momento dello spirito assoluto: l’idea giunge alla piena e concettuale
coscienza di sé.
Per Hegel la filosofia ha lo stesso contenuto ed esprime la stessa verità della religione cioè l’assoluto.
Anch’essa come la religione è dunque pensiero di Dio, ma con la differenza che la filosofia e la
comprensione che Dio o l’Assoluto ha di se stesso, l’autocoscienza di Dio il quale, manifestandosi
all’uomo, svela se stesso. La filosofia è quindi rivelazione totale di Dio, trasparente manifestazione nella
forma più limpida e chiara: il concetto.
Hegel ritiene che la filosofia sia una formazione storica cioè una totalità processuale che si è sviluppata
attraverso gradi o momenti che si concludono nell’idealismo, filosofia di Hegel. La filosofia non è
nient’altro che l’intera storia della filosofia giunta finalmente a compimento con lo stesso Hegel . Tutti vari
filosofi che si sono succeduti non devono essere considerate un insieme disordinato e accidentale ma
bensì come tappe necessarie per lo svelamento della verità. Coerentemente con quanto detto per Hegel
la storia della filosofia inizia con la filosofia greca e termina con la sua stessa filosofia.
“ La filosofia, che è l’ultima nel tempo, e insieme il risultato di tutte le precedenti e deve contenere principi
di tutte: essa è perciò la più sviluppata, ricca e concreta. ”. Dato questo presupposto, Hegel riconosce nel
proprio pensiero l’ultima espressione della filosofia.

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