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1 “se qualcuno in precedenza (in passato).

O giudici, si sorprendeva di quale fosse il motivo per cui di fronte


a tante ricchezze dello Stato e tanta grandezza dell’impero non si trovavano abbastanza numerosi cittadini
con forte e grande animo che osassero offrirsi per la salvezza propria di fronte al pericolo per lo stato della
città (cittadinanza) e per la libertà comune, questo periodo ancor di più si potrebbe sorprendere se si
potesse trovare un solo buono buono e forte cittadino che da solo o timido o solo per se stesso piuttosto
che per la res pubblica potesse esporsi (portare consiglio). infatti affinchè non prendiate in considerazione
di ricordare pensando su qualunque situazione potete guardare con un sol colpo d’occhio coloro che col
Senato, con tutti i buoni cittadini sollevarono lo Stato afflitto e lo liberarono dalla ruberia interna, mesti
(infeliti) afflitti colpevoli, e che devono battersi per la vita, per la fama, per la cittadinanza, per i propri beni
e per i figli. Quelli che invece hanno violato, messo a ferro e fuoco, turbato e distrutto tutte le cose divine e
umane (iperbole) non solo svolazzano lieti e spavaldi (o endiadi lietamente spavaldi) ma tramano anche un
pericolo contro i più forti e ottimi cittadini, e non temono nulla per se stessi”

2 “e in questa situazione tanto ci sono delle cose veramente indegne, quanto niente è meno sopportabile
del fatto che non attraverso i loro banditi e non attraverso uomini corrotti dalla povertà o dalla scelleratezza
ma attraverso voi contro di noi, attraverso (anafora per) ottimi cittadini contro ottimi (parallelismo) cittadini
tentano di portare il pericolo. E coloro che non riuscirono a distruggere con le pietre, con le armi, con le
fiaccole, con la violenza dei gruppi armati, ritengono che fra loro distruggeranno costoro con la vostra
autorità, con la vostra santità, con i vostri giudizi. Io dunque o giudici con quella voce che avevo per rendere
grazie e per ricordare coloro i quali si erano resi benemeriti presso di me e ritenevo che bisognasse usarla
per beneficio di quelli e ora questa (voce) sono costretta a usarla per allontanare i pericoli (perifrastica
passiva- per i pericoli che devono essere allontanati) di quelli, e dunque (questa voce sempre) serva a
coloro (iis) per opera dei quali è stata restituita a me, a voi, al popolo romano.”

3 “e sebbene da Quinto Ortensio Ortalo, uomo famosissimo ed eloquentissimo, è stata già perorata la
causa di Sestio, e nulla è stato tralasciato da questo o ciò che bisognava lamentare riguardo lo stato o ciò
che bisognava discutere in relazione al reo, tuttavia comincerò a parlare, né la mia difesa sembrerà
soprattutto a quello, grazie al quale fu ristabilito che non mancasse a nessun altro cittadino. E io così
stabilisco, o giudici che saranno sollevate(partis esse susceptas) da me in questa causa e in questo
momento estremo del discorso le parti della pietà piuttosto che della difesa, del lamento piuttosto che
dell’eloquenza, del dolore piuttosto dell’ingegno.”

4 “E così se io agirò con troppa violenza o con più libertà di quelli che hanno parlato prima di me chiedo a
voi che congediate a questa mia orazione tanto quanto ritenete che si debba concedere al giusto dolore e
alla giusta iracondia. Infatti né questo dolore può essere più congiunto a questo compito di quello mio
sollevato dal pericolo di un uomo che si è reso benemerito presso me né l’ iracondia va maggiormente
lodata quella quanto questa che è sollevata per la scelleratezza di quelli che giudicarono contro tutti i
difensori della mia salvezza che bisognasse addirittura sollevare una guerra.”

5 “ma poiché altri risposero (discussero) per i singoli crimini io dirò di tutta la situazione di Publio Sestio, del
suo tipo di vita, della sua natura, delle sue abitudini e dell’incredibile attaccamento a confronto dei buoni, e
sul tentativo di salvaguardare la salute pubblica e la pace e cercherò, se riuscirò mai a conseguirlo questo
risultato, cioè che in questa confusa e generale difesa niente da me sembra (videatur) tralasciato dalla
vostra indagine né niente di ciò riguarda l’imputato né niente di ciò che riguarda lo Stato. E poiché il
tribunato di Publio Sestio è stato collocato dalla fortuna stessa quando in gravissime circostanze della
popolazione e nella vera e propria rovina della sconfitta della repubblica non comincerò rivolgendomi a
quelle cose che sono le grandi amplissime circostanze prima di parlare quali inizi e di quali origini queste
così grandi lodi in una situazione così grave si sono generate .
6 “ Publio Sestio è nato da un genitore o giudici , un uomo , come tutti voi ricordate, saggio e rispettoso e
severo , il quale quando fu eletto tribuno della plebe primo fra uomini nobilissimi in tempi migliori non
tanto volle accedere agli onori rimanenti più di quanto più sembrarne degno. Essendo di questo parere
Sestio condusse in sposa la figlio di Caio Albino che è uomo onestissimo e visibilmente famoso, da cui ha
avuto questo fanciullo e una figlia che è gia sposata. Da questi 2 (padre e suocero) fu talmente apprezzato, (
da questi due uomini) di vecchio stampo e probi, che fu amato e soprattutto apprezzato da entrambi
costoro. La morte della figlia strappò al suocero Albino questo nome ma non strappò l’affetto di quello nel
legame e la benevolenza. E ancora oggi così ama quello che voi con estrema facilità potete da questa
frequentazione di lui e da questa sollecitudine facilmente giudicare.

7 “condusse in sposa, quando il padre era ancora vivo, la figlia di Lucio Scipione un uomo ottimo ma anche
sfortunatissimo. Specchiata in questa situazione si pose la pietà di Sestio a tutti gradita, per il fatto che
immediatamente partì per Marsiglia dove potesse vedere e consolare il suocero, esiliato dalla
tempesta(flutti) dello stato giacente in terre lontane che era opportuno che stesse sulle tracce dei suoi avi,
egli portò la figlia affinchè quello con la sua vista insperata e con l’abbraccio se non tutto, almeno una
qualche parte del suo dolore deponesse, e sostenne nei più grandi e frequenti doveri anche lo strazio di
quello finchè visse e anche la solitudine della figlia. Io posso dire molte cose sulla liberalità, sui doveri
familiari, sul tributato militare e sulla sua moderazione nella magistratura provinciale ma mi si riversa
(observatur) dinanzi agli occhi l’autorevolezza nei riguardi dello stato, che mi attira a se e che mi esorta
tralasciare le cose minori.

8 “questo fu questore di Caio Antonio, mio collega, o giudici, per sorteggi, ma per solidarietà nei suoi
pensieri (nelle sue decisioni) mio. Come io interpetro sono impedito dal rispetto di un certo dovere
(religioso) dall’esporre quante cose Publio Sestio, dal momento che era con il mio collega , ha sentito, ha
riportato a me (ad me detulerit) e quanto anche abbia in qualche maniera previsto. Ma io non dico nulla a
proposito di Antonio eccetto una cosa e cioè che mai ha voluto sedare (sminuire) mentendo oppure
sollevare tergiversando con sommo pericolo e timore della popolazione né la paura comune di tutti né il
proprio sospetto di alcuni su di lui stesso. Se voi eravate soliti davvero elogiare la mia indulgenza verso di lui
(Antonio) nel sostenere e nel moderare e allora ci deve essere una lode pari per Sestio, il quale così tanto
osservò questo suo console che e quello un buon questore e quello un buon cittadino è sembrato per tutti
buoni.
9 “quello stesso (Sestio) quando quella congiura esplose dalle tenebre e dalle località nascoste e svolazzava
armati e con molta evidenza ( a volto aperto) giunse con l’esercito a Capua, città che sospettavamo a causa
delle molteplici possibilità di quella guerra che fosse tentata (temptari= corrotta) da quella empia e
scellerata mano ( manipolo) . Lui (Sestio) scacciò (eiescit) a precipizio Caio Mevolano, tribuno militare di
Antonio, da Capua, e quest’uomo corrotto e non oscuro a Pesaro e che era coinvolto (e si sapeva) anche in
quella congiura a Pesaro e in altri parte del territorio gallico. Quando lui stesso (Sestio) si curò che fu
cacciato via e ( exterminandum) da quella città Caio Marcello non era venuto solo a Capua ma in verità si
era circondato quasi per un intenzione di prendere le armi in un gruppo di gladiatori. E per questo motivo
( il fatto che Sestio aveva sventato l’organizzazione di alcuni simpatizzanti) anche allora quel consesso di
Capua( cioè un gruppo di cittadini che erano contrari all’adesione di Capua alla congiura – perché non c’era
un adesione ufficiale – anzi i dignatari e i decurioni erano contrari al coinvolgimento di Capua), i quali a
causa della salute e della stessa città con il consolato mio conservata (adottavit) scelsero me come unico
patrono e quindi resero massimamente grazia presso di me a Sestio, e in quella stessa circostanza quegli
stessi uomini cambiato nome dichiarano coloni e decurioni i più grandi e i più famosi e i migliori tra i
cittadini il beneficio di Sestio ( testimonio) con una loro testimonianza dichiarano e condannano il pericolo
le loro stesse decisioni.

10 Leggi o Sestio cosa hanno decretato i decurioni di Capua così che quella che è una voce puerile possa già
comunicare qualcosa ai vostri nemici in modo tale che si veda quando si sarà rinforzata che cosa sarà in
grado di fare. Io non ritengo che quello che è stato deciso( decretum expressum) a causa della familiarità o
del rapporto di clientela o di ospitalità o di ambizione o di raccomandazione , ma ritengo ( anaforicamente
lo stesso verbo) la memoria di un pericolo superato e ancora attestazione di un grandisso beneficio, voci di
un obbligo presente rievocazione di un passato evento( tempo passato).

11 e in quelle stesse circostanze(in quegli stessi tempi), quando già Sestio aveva liberato Capua e il senato e
tutti i buoni cittadini avevano allontanato (extrassissent) la citta una volta presi oppressi i nemici pubblici
sotto la mia guida dei pericoli più gravi io richiamai (accessivi) Sestio da Capua con quell’esercito che allora
aveva con se. Lette le lettere costui con incredibile velocità volò in citta immediatamente e dunque affinchè
possiate ricordare le atrocità di quel tempo ascoltate le lettere e richiamate dunque la vostra memoria alla
conoscenza ( consapevolezza) di quel timore superato. Con l’avvento di Sestio tra i nuovi trbuni della plebe
furono bloccati l’impeto e i tentativi di quella restante congiura e i quali tribuni della plebe desideravano in
quella parte finale del mio consolato distruggere ( vexare) quelle cose che io avevo compiuto.

12 e dopo che si capii durante il tribunato della pleba di marco Catone che era un uomo fortissimo e ottimo
e che difendeva la res pubblica, che il senato da se stesso e il popolo romano senza che neanche il presidio
militare facilmente proteggeva (tueri) con la sua autorevolezza dignità di coloro che avevano difeso la
salute comune dal suo pericolo,Sestio con quell’esercito con somma velocità seguii Antonio. E dunque io
che cosa dovrei dire delle azioni con cui lui questore ( SEstio) ha spinto il console ad operare in un certo
modo, quali stimoli abbia mosso verso quell’uomo che era appassionato( ambizioso) forse di vittoria, ma
tuttavia timoroso della fine ( esito comune e incerto delle guerra) ? sarebbe lungo da dire ma lo dirò
brevemente: se l’animo eccellente di Marco Petronio eccellente per l’amore dello stato e non fosse anche
la virtù (prestans) eccelsa (fondamentale) nei riguardi dello stato e non ci fosse una somma autorevolezza
presso i soldati, non un eccellente abilità nell’arte militare né fosse stato d’aiuto (hadiuntur) a questo (ei)
Publio Sestio nello spingere Antonio, Esortarlo,accusarlo, e rimproverarlo in quella guerra (illo in bello)
(esset datus) sarebbe stato dato luogo all’inverno e quindi ne mai Catelina che dalle nevi dell’appennino e
da quelle zone fredde era venuto fuori e che si era trasferito ( aveva passato) l’intera estate sui colli di
Puglia e aveva cominciato a depredare le case dei pastori non senza molto sangue sarebbe crollato e senza
una totale distruzione dell’intera Italia.
13 e dunque questo è il coraggio(l’atteggiamento) che Sestio portò al tribunato così che tralasciò la
questura Macedonia ( insieme ad Antonio) e verrò finalmente alle cose più attinenti( ad priora). Sebbene
non sarebbe da omettere la singolare integrità provinciale di cui io successivamente ad oggi ho visto le
tracce in Macedonia queste tracce non lasciate in superficie della memoria con leggerezza per una
testimonianza di breve durata ma fissate alla memoria eterna di quella provincia. In verità tralasciamo tutte
queste cose in modo tali che tuttavia le lasciamo a voi che le potete tuttavia intuire guardare e osservare:
ma al tribunato che egli stesso chiama a sé e che in qualche modo assorbe il mio intero discorso veniamo.

14 di questo tribunato è stato detto già da Quinto Ortensio a tal punto che (ut) lorazione di costui non
sembra solo una difesa contenere dai crimini ma anche a indicare l’autorevolezza e la disciplina degna di
memoria per la gioventù che vuole gestire la cosa pubblica. Ma tuttavia poichà l’intero tribunato di Sestio
nient’altro se non il mio nome e la mia causa ha sostenuto. Ritengo per me sia necessario che su quelle
stesse cose non ci sia da discutere troppo sottilmente ma certamente lamentarsi( debbano essere
lamentate) con maggiore dolore. Se infatti in questo discorso io volessi inveire con maggiore violenza verso
quegli uomini chi non me lo dovrebbe concedere che cosichè essi per con il furore del colpo dei quali io
sono stato violato se io li dovessi incalzare con libertà della voce?( chi potrebbe non concedermi di inveire
con la libertà della mia voce di ora nei confronti di quegli uomini della violenza dei quali io sono stato
aggredito?) . ma io aggirò con moderazione e sarò utile piuttosto alla circostanza di quello che al mio
dolore: se qualcuno di nascosto dissenta della nostra salvezza se invece coloro che fecero qualcosa in
qualche circostanza e ora tacciano e stanno in silenzio che io anhce possa dimenticarli; se invece alcuni si
mostrano con insolenza finchè si potrà sopportare sopportiamo né il mio discorso offenderà qualcuno se
non coloro che a tal punto si metteranno in mostra ( offriranno palcoscenico) che sembrerà che non tanto
noi gli siamo andati contro volutamente ma che quasi ci siamo inciampati.

15 ma è necessario prima che io cominci a parlare del tribunato di sestio che io esponga il naufragio dello
stato nell’anno immediatamente precedente nel quale i fatti le parole e le decisioni di Sestio si trovano
concentrati per raccogliere e ripristinare la salvezza comune. Quell’anno già si volgeva contro lo stato, o
giudici, quando era stato teso un arco soltanto verso di me, con grande rivolgimento e con timore di molti,
così come diffusamente gli ignari delle cose vere dicevano mentre invece in verità contro tutto lo stato
(l’arco era stato teso) , per il passaggio alla plebe di un uomo folle e colpevole, arrabbiato con me, ma
molto più contrario nemico della pace e della salvezza comune. Un uomo celeberrimo e per me molto
amico nel respingere molte cose , Pompeo, lo avevo costretto(devixerat) con ogni tipo di promessa che
quello (Clodio) non avrebbe fatto nulla contro di me durante il tribunato: ma quello, nato dal confluire di
ogni scelleratezza (empio), ritenne (arbitratus est) che poco egli avrebbe violato poco il patto se non avesse
terrorizzato con un proprio pericolo personale il garante del pericolo altrui.

16 il console sciolse (solvit) improvvisamente con una legge curiata ( transitio ad plebem) quella terribile
selvaggia belva che era invece precedentemente era vincolata dagli auspici, legata dalla tradizione e
costretta da leggi sacrosante: o come pure io ritengo, perché fu pregato di fare ciò, oppure, come qualcuno
riteneva, irato con me, e certamente ignaro e imprudente rispetto a così grandi scelleratezze imminenti e
così grandi mani. Ma questo tribuno della plebe felice nello sconvolgere lo stato intero non certo per le sue
stesse forze, quali infatti potranno essere le forze in uno stile di vita di quel tipo(genere di uomo) che è
insano per le scelleratezze fraterne e per gli stupri (rapporti incestuosi) con le sorelle quindi per ogni
inaudita libidine insano?
17 ma fu forse quasi una fortuna (un caso) fatale che quel cieco e folle tribuno della plebe si trovasse –
come posso chiamarli consoli? Potrei io forse chiamare con questo nome gli eversori di questo stato, i
traditori della vostra dignità, i nemici di tutti i buoni, i quali ritenevano che si dovesse distruggere il senato,
colpire l’ordine equestre, estinguere ogni diritto e ogni istituzione degli antenati e che quelli si erano ornati
con le fasce e con tutte le altre insegne nel sommo onore e del sommo potere? Di costoro, o dei immortali!
Se anche voi non volete ricordare le scelleratezze e le ferite cocenti allo stato guardate il volto e
l’atteggiamento nell’animo: infatti davanti le vostre menti si pareranno più facilmente i fatti di costoro se
voi vi metterete davanti agli occhi la faccia stessa di questi.

18 uno (Gabinio) che era pieno di unguenti con la chioma arricciata e che disprezzava i propri stessi alleati
degli stupri e gli antichi corruttori e della sua giovane età, tronfio per i puteali e la folla di usurai, da cui un
tempo era stato spinto ad attaccarsi (ad esceret) alla colonna dei debiti quasi come se si trovasse in una
sorte di tempesta di scilla, e si era rifugiato nel porto del tribunato e disprezza i cavalieri romani e
minacciava il senato, si vendeva con prestazioni e da questi stessi compratori andava dicendo egli era stato
risollevato affinchè non andasse in tribunale a sostenere una causa di imbroglio elettorale e ( da questi
stessi) andava dicendo che sperava una provincia anche se il senato non andava d’accordo. E in ogni caso
seppure non l’avesse presa riteneva che sarebbe rimasto in ogni modo incolume”

19 l’altro (Pisone) o dei buoni! Come incedeva tetro, quanto trasandato, quanto terribile nell’aspetto!
Avresti potuto dire che fosse uno di quei personaggi barbuti esempio di quello antico potere e quindi
sostegno della Repubblica. Vestito in maniera grezza con questa nostra porpora plebea e quasi nera con
una chioma così crespa che sembrava in procinto di spazzare via Seplasia, nella quale Capua ricopriva il
duumvirato per accrescere la propria immagine. Che cosa posso dire io del suo sopracciglio? Il quale per il
fatto che allora non sembrava tanto un sopracciglio agli uomini ma addirittura un pegno per lo stato. C’era
così tanta autorevolezza nel suo sguardo e così tanta contrazione della fonte cosicchè a quel sopracciglio
quell’anno(58) sembrasse attaccarsi come se fosse un garante.

20 era questo tra tutti il discorso: è certamente un grande e fermo pilastro per lo stato, ho finalmente cosa
opporre a quel flagello e quel fango e ancora col volto infrangerà l’avidità (la leggerezza) e la colpa del suo
collega; il senato avrà in quest’anno chi seguire; non mancherà un conduttore e una guida per i buoni. Gli
uomini soprattutto si congratulavano con me per il fatto che io avrei avuto contro il tribuno della plebe ed
eccessivo non solo un amico e un congiunto e anche un solido (severo) onesto console. E l’uno dei due non
ingannò nessuno. Chi infatti poteva pensare che tenesse il timone (la guida) di un così grande impero e che
mantenesse il timone dello stato in un gorgo così grande e tra i frutti un uomo che era venuto fuori
all’improvviso da lunghe tenebre di postriboli e stupri e che era assuefatto (confectum) al vino alle mollezze
e agli adulteri quando lui stesso quando ogni speranza era stato posto in un altissimo posizione di comando
grazie alle manovre altrui e che non solo ubriaco non riusciva (non poteva) vedere la tempesta ma
nemmeno quella luce che per lui era insolita?

21 l’altro invece ingannò molti da molti punti di vista. Infatti era raccomandato per la sua stessa nobiltà
secondo l’opinione comune, abile adescatrice. Noi tutti sempre siamo favorevoli alla nobiltà, e perché è
utile allo Stato che ci sono uomini nobili che siano degni dei loro antenati e perché ha valore presso di noi la
memoria degli uomini illustri e che si sono resi benemeriti nei confronti dello Stato. Ma poiché questo
(Pisone) sempre lo vedevano triste, taciturno, trasandato, e incolto, e per il fatto che vedevano che la
frugalità (essere poco incline al lusso)ingenerata dalla famiglia con questo stesso nome che portava, lo
favorivano, ne gioivano e chiamavano all’integrità dei suoi avi quest’uomo per le loro stessa speranze
dimentichi della famiglia materna (Piacenza =Gallia Cisalpina= in pis. Bracata).
22 ma io inverso e dirò la verità, o giudici, non avrei mai ritenuto che vi fosse tanto in quest’uomo un tale
grado di scelleratezza quanto io stesso ho percepito (sensi) insieme con la repubblica. Io già saevo che si
trattava di un uomo da poco e leggero (levem contrario gravitas) che era affidato alla falsa opinione degli
uomini fin dalla sua adolescenza. Infatti l’animo di questo dal volto e le sue scelleratezza dalle pareti della
casa erano celate. Ma questa copertura ( velo, sipario, obstructio) non è né lungo (durevole né forte così
che non possa essere guardato da occhi attenti 8curiosi). Noi vedevamo il suo tipo di vita, la sua inattività, la
sua inerzia e soprattutto coloro i quali si erano avvicinati un po' di più vedevano quelle nefandezze che
stavano dentro (inclusas – nell’intimità). D’altro canto proprio il discorso di questa persona ci dava le
opportunità con le quali potessimo comprendere il senso più recondito di questa persona

23 quest’ uomo dotto lodava non so che filosofi né infatti poteva dire il nome di questi ma tuttavia lodava
soprattutto coloro i quali erano definiti più di altri essere i primi pensatori e celebratori del piacere; e non
andava tanto cercando da quale circostanza e in che modo (si doveva realizzare), aveva divorato (metafora
cibo) questa stessa parola con tutte le parti dell’animo e del corpo e diceva che costoro predicavano ogni
cosa che è proprio del sapiente fare per un vantaggio individuale e che non è opportuno che un uomo
bensano si occupi dello stato e che quindi non vi è nulla di più opportuno (prestabilius) di una vita oziosa
piena e ricca di piaceri; diceva che coloro i quali predicavano che bisognava mettersi a servizio dell’onore ,
mettersi a servizio dello Stato, e che la ragione della funzione pubblica (officium) era alla base della vita
intera e che non bisognasse agire per il proprio benessere personale e che non bisognasse affrontre i
pericoli in nome della patria o non bisognasse ricevere ferite e né andare incontro alla morte, (diceva che
coloro che dicevano ciò) erano pazzi (vaticinari) e folli.

24 ma da tutte queste continue e quotidiane conversazioni e per il fatto che io vedevo con quali uomini
viveva nella parte più nascosta della casa e quindi che questa stessa casa fumava (emanava) questo tipo di
cose tanto che odorava (intrisa) di molte prove di questo discorso, allora io mi resi conto di questo: niente
di buono da quelle sciocchezze bisognava aspettarsi e che da quelle certamente niente di male bisognasse
temere. Ma la cosa è così o giudici, se ad un piccolo giovane o un debole anziano tu dai una spada, questo
stesso a nessuno nuoce per il suo stesso impeto (forza), mentre invece se (questa persona) avrà accesso a
un corpo nudo di un uomo fortissimo potrebbe con quella stessa lama e con la stessa forza del ferro ferire
così con uomini senza nervo (deboli) il consolato fu dato come una spada che di per sé non avrebbe potuto
colpire nessuno ma quegli uomini armati dalla funzione del sommo potere allora ferirono a morte lo Stato.
Fecero un patto evidente a tutti con il tribuno della plebe (clodio) affinchè essi stessi avessero da lui le
provincie, che volevano, l’esercito e il denaro, nella quantità che volevano, con questo accordo se primi
essi stessi (i consoli) avessero consegnato lo Stato afflitto e impotente al tribuno della plebe. Dicevano
inoltre che questo patto poteva essere sancito come un colpo fatto col mio sangue.

25 essendo stata fatta questa cosa apertamente né infatti si poteva nascondere o dissimolare una
nefandezza così grande vennero promulgate nello stesso tempo delle proposte (rogationes) da quello
stesso tribuno relative sia alla mia condanna sia relative alle province consolari nominative. (Lex Clodia de
capite civis romani e de provinciis consolaribus). A questo punto tutto il senato ansioso, voi cavalieri romani
sollevati, e tutta l’italia in sommossa, tutti i cittadini di ogni ordine e grado ritenevano che bisognasse
chiedere aiuto ai consoli e al sommo potere a vantaggio dello stato, ma dal momento che quelli soli (i due
consoli) erano invece, oltre a quel furioso tribuno della plebe, due tempeste per lo Stato, i quali andavano
in aiuto a favore della Patria che stava crollando ma anzi si rammaricavano del fatto che quella crollasse
troppo tardi. Presso di questi con molti lamenti dei buoni cittadini ci si lamentava e allora anche con
preghiere verso il senato cosicchè si prendessero carico della mia causa (semore i consoli) e che facessero
qualche cosa ed infine riferissero al Senato: non solo negando, ma anche facendosi gioco (dei lamenti e
delle obiezioni che i buoni cittadini largamente ponevano ai consoli) perseguivano ampiamente (i consoli)
tutti (i migliori) di questo stesso ordine.
26 e quindi all’improvviso da qui sul Campidoglio una incredibile moltitudine giunse da tutta la città e da
tutta l’italia rietnnero che bisognasse difendere con la veste mutata(in segno di lutto) tutti quanti per me e
per ogni tipo di altra ragione con una decisione privata per il fatto che lo stato mancava dei suoi reggitori
(comandanti). In quello stesso momento il senato si trovava nel tempio della concordia, in quello stesso
tempio che rappresentava la memoria del mio consolato, quando l’intero consesso (ordine) piangendo
pregava il console riccioluto (gabinio) in fatti quell’altro (pisone) severo e ruvido se ne stava volutamente a
casa e con quanta superbia allora quell’uomo dappoco (di fango caeno), teste, ripudiò le preghiere di quel
illustrissimo ordine e le lacrime dei più illustri cittadini! E così quella sorta di rovina per la patria così
disprezzò me! (riferito a Gabinio) e che cosa infatti dovrei dire “patrimonio”, che quello perse, sebbene
facesse imbrogli (quaestum) dappertutto? Voi, dico, (perentorio forte gestualità) veniste in senato e voi
tutti cavalieri e buoni cittadinicon la veste mutata e voi vi siete gettati per la mia testa ai piedi di un turpe
lenone dal momento che siete stati rigettati con le vostre preghiere da quello stesso mascalzone e invece
un uomo di incredibile lealtà e grandezza d’animo e di costanza L. Nennio riferì al senato a proposito della
salvezza dello stato e in gran numero il senato stesso ritenne che bisognasse vestirsi a lutto per la mia
salvezza.

27” o quel giorno nefasto o giudici per il senato e per tutti i buoni cittadini luttuoso per l’intero stato e
oltretutto grave per me e per interno dolore, glorioso per la memoria della posterità. Che cosa infatti
ciascuno può assumere come cosa più illustre rispetto a tutto il passato( la storia) più illustre del fatto che
(quam) per un solo cittadino (Cicerone) tutti i buoni e tutto il senato con un accordo privato e con un
accordo pubblico hanno cambiato la veste? Ed allora questo cambio ( della veste in funzione del lutto) non
è stato fatto a causa di una richiesta di perdono( deprecationis) ma a causa del lutto. A chi infatti avresti mai
potuto chiedere misericordia dal momento che tutti si erano vestiti a lutto e dunque il solo segno di essere
malvagi era chi non aveva cambiato la veste? Con questa mutazione della veste fatta così grande
manifestazione di luttto da parte della popolazione tralascio(omitto) cosa quel tribuno che è predone di
tutte le cose divine umane fece, lui che aveva ordinato che si recassero tutti i più nobili giovani e tutti i più
onesti cavalieri romani che erano stati supplici per la mia salvezza e le avevo offerti alle spade e alle
sassaiole di tutti i suoi sottoposti: faccio riferimento ai consoni alla lealtà dei quali la repubblica si sarebbe
dovuta aggrappare .

28” agitato svolazza via dal senato con animo e con volto non meno perturbato di quando pochi anni a
dietro era caduto in un gruppo di creditori(Gabinio). Convoca un’assemblea ; tiene un discorso tale quale lui
che è console mai un’eventuale Catilina vincitore avrebbe avuto: “ errano gli uomini se anche allora
ritengono che il senato abbia ancora qualche potere nello stato e di infatti i cavalieri avrebbero
pagato( daturos poenas) la pena di quel giorno nel quale erano, mentre io che ero console , con le spade sul
clivo capitolino ; è venuto il tempo per quelli che avevano tenuto per se-e alludeva ai
congiurati(chiaramente)- e quindi cioè di vendicarsi. Se avesse solo detto queste parole già sarebbe stato
degno di ogni condanna infatti questa stessa orazione colpevole( perniciosa ) del console avrebbe già
potuto distruggere lo stato, invece guardate cosa ha fatto.
29” in un’assemblea mandò in esilio (Relegatio) lucio lamia il quale era ( legato d’affetto) lui stesso con me
in grande familiarità per la quale in modo particolre(Unice) amava me come il suo stesso padre e allora
avrebbe desiderato per lo stato persino esporsi alla morte e legiferò (decise) che fosse allontanato Lucio
Lamia dalla città per duecentomila passi per il fatto che ( quod) aveva osato lamentare per un cittadini
benemerito per un amico per lo stato stesso . e quindi cosa si potrebbe fare con quest’uomo o dove
potresti relegare un cittadino tanto inopportuno o ancora meglio un nemico tanto scellerato? Lui che, così
per omettere infatti tutte le altre cose che sono comuni a lui con quel suo collega che è selvaggio e
disonesto, quelle cose congiunte e comuni, questo solo ha di proprio (di Gabinio) e cioè il fatto che abbia
espulso dalla città e abbia relegato non dico un cavaliere romano non soltanto un uomo molto illustre e per
bene non solo un cittadino fedelissimo allo stato, non solo uno che piangeva in quella stessa circostanza
insieme con il senato e con tutti i buoni cittadini la sorte dell’amico e dello stato, ma un cittadino romano
senza alcun processo ha scacciato via dalla patria con un editto.

53” ma così ritornerò a ciò che è per me in questa orazione il fine di tutto, in quell’anno la repubblica aveva
sofferto tutti i malanni per la scelleratezza dei consoni, da prima in quello stesso giorno che fu per me
funesto, luttuoso per tutti i buoni quando io mi strappai dal amplesso della patria e dal vostro sguardo,
quando per paura del vostro pericolo, non del mio dinanzi al furore di un uomo, dinanzi alla scelleratezza,
dinanzi alla perfidia e dinanzi ai colpi e alle minacce mi piegai e abbandonai(reliquissem) la patria che a me
era carissima, a causa della carità della stessa patria, quando quella mia caduta (sventura) tanto orribile.
Tanto grave tranto improvvisa non solo gli uomini ma anche le case della città e i tempi piansero, nessuno
di voi volle più guardare il foro, nessuna lacuria nessuno la luce: quello stesso giorno,aggiungo, che dico
giorno ? in quella stessa ora e in quello stesso istante di tempo fu chiesta la rovina per me e per lo stato, la
provincia per Gabinio e per Pisone. Per gli dei immortali custodi e protettori di questa e città dell’impero
quali mostri in quella repubblica, quali scelleratezze vedeste era esiliato il cittadino il quale aveva difeso la
repubblica in virtù dell’autorità del senato con tutti i buoni, e espulso non per qualcos altro ma per questo
stesso crimine (accusa). Era esiliato allora senza processo con la violenza, con le pietre, con le armi, con una
scatenata banda di schiavi; la legge era stata portata dinanzi al foro devastato e deserto e catturato da servi
e dai sicari, e questa legge che affinchè non fosse portata il senato si era cambiato la veste .

54” in tanta commozione della popolazione i consoli no tolleravano che almeno la notte passasse tra la mia
situazione(partenza) e la loro preda. Io appena atterrito, che essi già volavano a bere il mio sangue e a
dividere le spoglie della repubblica non ancora spirata non parlo delle manifestazioni di Giubilo, dei
banchetti, della divisione del pubblico denaro dei benefici della speranza delle promesse della rapina e della
letizia dei pochi nel lutto di tutti(generale). Mia moglie era perseguitata , i figli erano cercati per la morte ,
mio genero, il genero Pisone , era cacciato come supplice ai piedi dal console Pisone , i beni erano
saccheggiati ed erano divisi ai consoli, la casa bruciava sul palatino; i consoli banchettavano. Si rallegrassero
pure dei miei guai, ma almeno si fossero commossi per il pericolo della città.
55” ma mi allontanerò dalla mia causa per farvi ricordare le altre calamità di quell’anno infatti potete così
facilmente vedere quanta forza di tutti i rimedi si richiedesse ai magistrati dell’anno seguente, ci furono una
moltitudine di leggi di quelle le quali sono state portate, tanto in verità quelle proposte. Infatti quelle
messe in vigore sotto quei consoli stessi dirò in silenzio(tancenti)? Anzi in verità favorevoli, affinchè il
controllo censorio e l’alto giudizio della santissima magistratura fosse tolta dalla repubblica affinchè le
associazioni fossero ricostituite contro il senato consulto non solo quelle antiche, ma fossero create
innumerevoli altre nuove da quel solo brigante , affinchè fosse sottratta quasi una quinta parte delle
entrate frumentarie bonificando sul prezzo sei assi e un terzo per moggio ( remissis senis et trientibus) ,
affinchè a gabinio il favore di quella sua Celicia, che per se aveva mercanteggiato se avesse tradito la
repubblica fosse data la Siria, e a quest’unico divoratore era concesso di scegliere due volte e di cambiare la
provincia con il mutare della legge .

56” lascio la parte quella legge che abolii tutti i diritti delle religioni degli auspici dei poteri di tutte le leggi
che si devono interpellare sul diritto e sui tempi delle leggi , (abolii )con una sola proposta; tralascio tutta la
piaga(politica) interna : anche le nazioni straniere vedevamo perturbate dalla follia di quell’anno in virtù di
una legge tribunizia , il sacerdote della grande madre cibele in pessinunte fu cacciato e spogliato del
sacerdozio , il sacrario santissimo e degli antichissimi riti fu venduto a peso d’oro a brogidaro, Un uomo
corrotto e indegno di quella religione(culto) soprattutto avendolo voluto per se non per devozione ma per
oltraggiarlo (profanarlo) chiamati come re dal popolo coloro i quali non avrebbero mai chiesto ciò dal
senato ; condotti esuli abisanzio colpiti quando cittadini immuni(da ogni condanna uguale cato e cic) si
bandivano dalla cittadinanza .

57” il re tolomeo, che se ancora non era stato chiamato come alleato dallo stesso senato era tuttavia
fratello di quel re il quale nelle stesse condizioni era stato conferito questo onore dal senato era con lo
stesso sangue e con gli stessi valori, con la stessa amicizia di alleanza e infine era re se non alleato però non
nemico pacato quieto e fedele nell’impero del popolo romano godeva del regno paterno e avito in un
regale ozio : ora, non pensando nulla su ciò e non avendo nessun sospetto fu proposta al voto di quella
stessa plebaia una legge per la quale veniva nela maestà della porpora, dello scettro e di ogni altra insegna
regale, messo senz altro a disposizione di un pubblico banditore e per ordine di quel popolo romana che
anche ai re vinti soleva restituire i regni , egli re amico , senza che gli fossi imputata nessuna colpa senza
alcuna preventiva intimidazione diventava con tutti i suoi beni proprietà pubblica.

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