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LAVORAZIONE PER ASPORTAZIONE DI MATERIALE

Con la lavorazione per asportazione di materiale non faccio nient’altro che utilizzare un
utensile dotato di una certa velocità di avanzamento che durante il moto esplica delle forze
sul materiale così da asportarlo. Qual è il vantaggio di questa lavorazione?

Nella fonderia ho un’elevata semplicità a fronte di sprechi di materiali ridotti (recupero di


volta in volta il materiale non direttamente usato) e grandi velocità specie nel caso in cui uso
forme permanenti. A seconda della velocità di raffreddamento tale lavorazione dava
determinate caratteristiche meccaniche e in particolar modo andavo a controllare le
dimensioni e l’orientamento del grano in modo tale da ottener dei getti, seppur partendo dallo
stesso materiale di base, con diverse prestazioni meccaniche. Addirittura riusciamo a
controllare la dimensione del grano ad opera della velocità di raffreddamento, riusciamo ad
avere una direzione preferenziale dei grani (migliorare il comportamento a creep) e riusciamo
perfino ad ottenere un monocristallo. La fonderia è la lavorazione che sicuramente mi
permette di avere un maggiore controllo sulla microstruttura del materiale.

Anche la deformazione plastica riesce ad incrementare notevolmente le caratteristiche


meccaniche dato che permette di orientare i piani di scorrimento in un certo modo e a
seconda dell’orientamento di tali piani di scorrimento si potevano avere diverse
caratteristiche meccaniche del materiale. Di fatto se ho un materiale isotropo, a seguito di una
deformazione plastica (specie nella laminazione), vado a ottenere un materiale anisotropo che
quindi avrà delle resistenze meccaniche differenti a seconda dell’orientazione. Oltre a questo
aspetto la deformazione plastica ci permette di ottenere dei materiali che hanno delle
caratteristiche meccaniche superiori; nella trafilatura per esempio abbiamo un incremento
delle caratteristiche meccaniche del materiale grazie al fenomeno dell’incrudimento. Ogni
qual volta che vado ad effettuare una lavorazione per deformazione plastica su dei materiali
che hanno un comportamento incrudente, sicuramente incrementerò le prestazioni
meccaniche; se vado invece ad utilizzare dei processi a caldo o se uso un materiale
perfettamente plastico non otterrò un aumento della resistenza meccanica dato che gli atomi
si riorganizzano in maniera tale da eliminare le dislocazioni e quindi il fenomeno
dell’incrudimento. Con un unico stampo riesco ad ottenere una geometria molto simile a
quella finale; in tal caso le finiture superficiali sono molto più elevate di quelle che ottengo in
fonderia.

Utilizzo l’asportazione di materiale ogni qual volta che devo realizzare delle geometrie
particolarmente complesse e ogni qual volta che devo ottenere delle finiture superficiali
molto spinte. Maggiore sarà lo spessore del truciolo (materiale da asportare) maggiori
saranno le forze da impiegare; in qualche maniera ho un limite al di sopra del quale non
riesco ad andare. Ciò si traduce nell’avere delle lavorazioni molto lente; se la fonderia e la
deformazione plastica hanno delle lavorazioni veloci, nell’operazioni di asportazione di
materiale la velocità è bassa. Quindi l’andrò ad applicare se ho un numero di pezzi limitato o
delle geometrie molto complicate. Normalmente l’asportazione di materiale avviene a valle di
un processo sicuramente fusorio o di deformazione plastica. Un esempio è rappresentato dalla
produzione di un albero motore o di un blocco motore: attraverso la fonderia si realizza il

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pezzo con una geometria grosso modo simile a quella di progetto e dopo di che, per esempio
nel caso dell’albero, nelle zone in cui andrò a inserire i cuscinetti andrò ad effettuare delle
lavorazioni per deformazione di materiale. Cerco di ridurre il più possibile il sovrametallo da
asportare per ridurre i tempi di produzione.

Possiamo avere diverse tipologie di asportazione di materiale: lavorazioni di tornitura,


lavorazioni di fresatura (es.trapano), lavorazioni di foratura e di piallatura.

Il discorso è molto complicato e quindi si fanno subito delle semplificazioni per andare a
studiare i meccanismi che ne stanno alla base. In particolare si considera che l’asportazione di
materiale avvenga attraverso un taglio libero ortogonale. Vado a utilizzare l’utensile che è
una sorta di cuneo avente una larghezza maggiore rispetto a quella della zona da lavorare:

Tale lavorazione prende il nome di taglio libero ortogonale poiché il truciolo è vincolato al
materiale solo secondo un lato (libero) e perché la direzione del tagliente è perpendicolare
alla direzione della velocità di taglio (ortogonale). Il fatto che l’utensile sia più largo del
pezzo ci sta a indicare che posso trascurare gli effetti di bordo. La velocità di taglio si
mantiene costante. Il tagliente dovrebbe essere perfettamente affilato ma tale assunzione è
lontana dalla realtà perché andare a realizzare una superficie perfettamente affilata (a spigolo
vivo) è da un punto di vista tecnologico impossibile e assumendo che sia possibile, nel
momento in cui venga utilizzato per la prima volta, questo si andrebbe a smussare a causa di
una forza sulla superficie puntuale molto elevata. Di fatto gli utensili non presenteranno uno
spigolo vivo ma avranno un raggio di raccordo. Abbiamo definito il tagliente come uno
spigolo tra il petto e il dorso dell’utensile; il petto è laddove scorre il truciolo mentre il dorso
è la superficie dell’utensile che si affaccia sulla superficie lavorata del pezzo. Realmente non
abbiamo un singolo tagliente; se sto facendo delle operazioni di tornitura avrò un tagliente
principale e uno secondario. Una punta di trapano presenta minimo due taglienti in maniera
tale da evitare vibrazioni durante la lavorazione; la presenza di un solo tagliente è usata per
lavorazioni particolari quali la limatura e la piallatura. Quindi anche la condizione di unico
tagliente è abbastanza una forzatura così come quella di tagliente perfettamente affilato: è
l’unico modo tuttavia per semplificare la trattazione.

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L’utensile andrà a esercitare delle forze lungo la verticale e lungo l’orizzontale, quelle dirette
orizzontalmente permettono di spingere l’utensile contro il materiale invece la forza verticale
permette di far avanzare l’utensile all’interno del materiale.

La differenza tra la sezione prima della lavorazione e la sezione del pezzo dopo la
lavorazione ci da la quantità di materiale che sto asportando. Lo spessore rimosso prende il
nome di profondità di passata che come già anticipato ha un certo limite oltre il quale non
possiamo andare. Il materiale che si va a staccare andrà a scorrere lungo il petto dell’utensile,
questo ci fa già capire che sicuramente la zona del petto (dove scorre il truciolo) sarà la zona
maggiormente usurata in quanto è una superficie sulla quale si ha lo scorrimento fra due
materiali. Sul dorso, ovvero sulla superficie che si affaccia sul piano lavorato, non c’è usura
perché abbiamo un certo angolo α (angolo di spoglia inferiore) sempre maggiore di 0; se
fosse uguale a 0 avrei sicuramente lo strisciamento del dorso rispetto al piano lavorato (α = 0,
dorso parallelo alla superficie lavorata). Io ho applicato una certa tipologia di forze e quindi
avrò un ritorno elastico del materiale, quindi se il dorso fosse parallelo alla superficie
lavorata, avrei un contatto tra l’utensile ed il materiale e quindi potrei rovinare la superficie o
tutt’al più andare a usurare rapidamente il dorso. Evitiamo che vi sia contatto tra la superficie
lavorata e il dorso poiché diamo la possibilità al materiale di effettuare il suo ritorno elastico.
L’angolo β è l’angolo formato tra il petto e il dorso che in qualche maniera ci da l’indicazione
sulla robustezza dell’utensile. Più β è piccolo, minore sarà la resistenza dell’utensile (un
coltello con una lama sottile sarà in grado di tagliare meglio ma resisterà meno a
sollecitazioni esterne) e viceversa. Un altro angolo importante è γ (angolo di spoglia
superiore) che è l’angolo formato tra la normale alla superficie del pezzo lavorata e la
superficie del petto. Fissato α, se γ aumenta l’utensile sarà sempre più affilato (minor β);
quindi possiamo già intuire in qualche maniera che γ ci andrà a dare delle informazioni circa
la resistenza del materiale che si andrà opporre all’avanzamento dell’utensile (più è stretto
l’utensile minore sarà la resistenza).

Come avviene la lavorazione? Sicuramente so che avviene la rottura del materiale, ma questa
rottura avviene a seguito di una deformazione plastica o a seguito di una rottura fragile del
materiale? Inizialmente si pensava che il materiale si andava a rompere a seguito di una
rottura fragile perché la deformazione del materiale avviene ad elevate velocità; se infatti la
velocità di deformazione all’interno del materiale è molto elevata in qualche modo passo da
un comportamento duttile a uno fragile. Facendo delle analisi più accurate si notarono alcuni
fenomeni; il primo fenomeno riscontrato era una grande produzione di calore durante
l’asportazione del materiale che si pensava essere totalmente legata allo sfregamento del
truciolo sul petto. Mediante analisi più accurate si dimostrò tuttavia che questa quantità di
calore non poteva essere generata dall’attrito e quindi fu necessario ricercare un altro
fenomeno in grado di generare calore. Si arrivò così alla conclusione che tale calore venisse
prodotto durante la deformazione plastica ad opera quindi del movimento di atomi,
movimento causato da fenomeni d’attrito. Si tratta di una teoria astratta dato che non
riusciamo effettivamente a calcolare la misura dell’attrito lungo i piani di scorrimento quindi
potrebbe ancora non convincere del tutto. Tuttavia eseguendo delle analisi direttamente sul
truciolo è stato osservato che la sezione del truciolo era maggiore rispetto alla profondità di

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passata. Ciò di fatto non può essere spiegato da un comportamento fragile del materiale in
quanto non viene concesso tempo agli atomi di spostarsi e di conseguenza si spezza
fragilmente. Facendo delle prove di durezza sul truciolo si notò che la durezza del truciolo è
maggiore di quella del materiale; ciò significa che il materiale ha subito l’incrudimento e
quindi si sottolinea il fatto che il materiale ha subito una deformazione plastica. Inoltre se
vado a vedere la finitura superficiale del pezzo noto che questa è molto spinta e che dipende
dai parametri di taglio quali la velocità di taglio e dalla profondità di passata. Anche questo ci
sta a dire che in qualche modo che non ho una rottura fragile perché in una rottura fragile la
frattura superficiale è situata in corrispondenza dei bordi grano e che quindi la rottura è
collegata all’aspetto micro-strutturale. In definitiva quindi la rottura non avviene in maniera
fragile ma per deformazione plastica nonostante vi siano elevate velocità di taglio o di
deformazione del materiale.

Prima di andare a analizzare direttamente il fenomeno è importante andare a capire la


tipologia del truciolo.

A seconda del numero di sistemi di scorrimento (materiale duttile o fragile) il materiale da


luogo a un truciolo differente. In particolare un materiale duttile avrà un truciolo fluente
perché avrà dei piani di scorrimento in tutte quante le direzioni e quindi a seguito della
lavorazione darà luogo ad un truciolo lungo e continuo poiché non si viene a raggiungere la
rottura sui piani di scorrimento. Durante la lavorazione, sebbene non conosco le
caratteristiche del materiale, riesco a capire se il materiale è duttile o fragile. Se nella
lavorazione per deformazione plastica dovevo lavorare dei materiali con comportamento
duttile in questo caso riesco invece a lavorare tutte le tipologie di materiale, anzi addirittura è
meglio andare a lavorare dei materiali duri poiché vanno in qualche modo a dar luogo a una
maggiore finitura superficiale. Non riesco a controllare ottimamente la deformazione plastica
dato che non riesco a prevedere il movimento degli atomi (flusso plastico) che mi darà dei
problemi sulla finitura. Nell’asportazione di materiale l’uso di materiali duri sicuramente mi
permetterà di avere un maggior controllo sulla dimensione (minori piani di scorrimento e
quindi minori spostamenti autorizzati). Nel momento in cui ho un truciolo fluente questo
scorre sul dorso in maniera continua e quindi avrò elevate temperature sul dorso che
genereranno un riscaldamento dell’utensile che a sua volta comporterà una diminuzione della
resistenza dell’utensile stesso. Dato inoltre che i trucioli fluenti sono molto lunghi si possono

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andare a incastrare tra il dorso e la superficie lavorata andando quindi a rovinare la finitura
superficiale. In generale, nell’asportazione di materiale, è più semplice andare a lavorare dei
materiali duri.

PRINCIPI FONDAMENTALI DEL PROCESSO DI TAGLIO

Come detto andiamo ad analizzare la condizione più semplice ovvero quella di taglio
ortogonale e in particolare andiamo a considerare il piano HKLM ortogonale al tagliente
situato al centro del materiale in modo quindi da tralasciare gli effetti di bordo.

C’è un altro angolo fondamentale ϕ formato tra la superficie lavorata e il segmento OA che
rappresenta l’interfaccia tra il truciolo e il materiale del pezzo (dove avviene sostanzialmente
la rottura del materiale e che quindi coincide con il piano di scorrimento).

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OA è il segmento che va a unire la superficie da lavorare con la superficie lavorata, se ϕ
aumenta questo cateto diminuirà (la passata di profondità non cambia).

Siccome la rottura del materiale avviene per deformazione plastica quell’angolo ϕ andrà a
individuare il piano sul quale gli atomi andranno a scorrere. La prima cosa che voglio andare
ad analizzare è il fatto che a seguito dell’asportazione di materiale il truciolo andrà ad avere
uno spessore maggiore rispetto alla profondità di passata, voglio quindi andare a misurare la
variazione effettiva dello spessore. Per fare questo introduco il fattore c definito come fattore
di ricalcamento:

Il coefficiente di ricalcamento mostra quanto il pezzo sta aumentando il suo spessore. La


deformazione avviene sempre in corrispondenza del materiale che sto asportando (no
sull’utensile) e si tratta di uno stato di deformazione bidimensionale dato che il truciolo
incrementa la sua altezza e la sua larghezza; la deformazione lungo la direzione del pezzo è
nulla. Le forze sono tutte quante applicate all’interno del piano considerato e quindi non
abbiamo uno stato tensionale tridimensionale bensì bidimensionale.

s rappresenta la profondità di passata ovvero lo spessore di materiale che voglio asportare


mentre è l’altezza del truciolo. La prima cosa che sappiamo è che il volume si dovrà
conservare e quindi:

spessore x larghezza x lunghezza

Lo stato de formativo è piano e quindi la larghezza del truciolo sarà uguale alla larghezza del
pezzo:

Posso quindi vedere il fattore di ricalcamento o come rapporto tra le altezze o come rapporto
tra le lunghezze:

La profondità di passata risulterà minore rispetto allo spessore del truciolo poiché sto facendo
una sorta di compressione, d’altra parte invece la lunghezza del truciolo sarà minore rispetto
a quella del materiale da asportare. Per forza di cose quindi il fattore di ricalcamento (sia in
funzione dello spessore che della lunghezza) sarà minore di 1. Minore sarà il fattore di
ricalcamento maggiore sarà la deformazione plastica che ho applicato, se il fattore di
ricalcamento sarà addirittura pari a 1 la deformazione plastica che sto applicando è
minimizzata al massimo.

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Cerco di andare a collegare il fattore di ricalcamento con il piano di scorrimento e quindi
mettere in relazione la variazione di spessore con l’angolo ϕ. In particolare dico che lo
spessore s lo posso vedere come il piano di scorrimento OAsenϕ mentre sarà uguale a
OAsen(ϕ-γ):

Alla fine ottengo che:

Già riesco a capire che posso risalire all’angolo di scorrimento conoscendo il fattore di
ricalcamento e conoscendo l’angolo di spoglia superiore; in particolare l’angolo di spoglia
superiore andrà a influire sull’angolo di scorrimento che a sua volta andrà a influire
sull’entità della deformazione plastica. ϕ è l’angolo di scorrimento ovvero l’angolo su cui
avverrà la rottura che come possiamo notare dalla formula è proporzionale all’angolo γ, se γ
aumenta significa che ho un utensile più affilato e ciò implicherà che ϕ sarà più grande; se ϕ
aumenta il segmento OA sarà sempre più piccolo e pertanto vado a minimizzare le forze
applicate: la rottura avviene a seguito di una deformazione plastica quindi a seguito dello
scorrimento degli atomi lungo il piano di scorrimento, se OA è più piccolo significa che ho
meno atomi e quindi la forza che dovrò applicare per portare a rottura il materiale sarà
necessariamente minore.

Se γ = 0 ovvero se uso un utensile non affilato (petto parallelo alla normale della superficie
lavorata) ottengo:

se ϕ = 45° c = 1 e se il fattore di ricalcamento sarà pari a 1 sono andato a minimizzare la


deformazione plastica dato che non ho avuto nessun incremento dell’altezza del truciolo.

MODELLO DI PIJSPANEN

L’asportazione di materiale avviene a seguito di una deformazione plastica e in particolare il


primo modello proposto che tiene conto della deformazione plastica è il modello di pijspanen
del 1937. Questo modello ipotizza che l’asportazione di materiale avviene a seguito di una
deformazione plastica e va a considerare il materiale formato da tante lamelle rigide che
hanno la possibilità di scorrere lungo un unico piano di scorrimento definito ϕ.

Realmente un materiale ha un numero di piani di scorrimento maggiore di 1 che sono


determinati dal numero di sistemi di scorrimento e quindi dal reticolo cristallino (da come
sono orientati). Nell’asportazione di materiale la velocità di deformazione è talmente tanto
elevata che gli unici atomi che si andranno a spostare saranno gli atomi che si troveranno su

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un piano di scorrimento parallelo all’angolo ϕ; gli altri atomi saranno talmente tanto rallentati
che non hanno la possibilità quindi di deformarsi plasticamente. Anche se il materiale
presenta un numero di piani di scorrimento superiore, a seguito delle elevate velocità di
deformazione (velocità di taglio), è corretto considerare un unico piano di scorrimento sul
quale gli atomi tenderanno a muoversi più facilmente.

Questo modello è tanto più vero quanto saranno maggiori le velocità di taglio. Secondo
questo metallo quindi abbiamo questo materiale costituito da tante lamelle che si andranno a
spostare lungo il piano di scorrimento. L’altezza della lamella è costante ( = cost) dato che
abbiamo detto che in quella direzione è rigida; l’unica cosa che potrebbe variare è lo
spostamento che il materiale compie durante la deformazione e dipende pertanto dalla
geometria dell’utensile.

Sapendo che la deformazione a taglio non è nient’altro che una tensione tangenziale applicata
lungo i piani di scorrimento; non considero ε che definisce trazione e compressione bensì
che definisce la deformazione a taglio. In particolar modo dovremmo considerare la tanγ ma
dato che lavoriamo per piccoli angoli posso direttamente usare γ.

La deformazione plastica può essere calcolata valutando lo scorrimento che il materiale


subisce attraversando il piano di scorrimento.

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Ottengo che:

La deformazione plastica di taglio è proporzionale a 2 contributi: al piano di scorrimento


(angolo ϕ) e all’entità di affilamento dell’utensile (angolo γ).

Normalmente il materiale tenderà ad occupare il più piccolo livello energetico e quindi gli
atomi si sposteranno nella direzione nella quale si avrà minor lavoro; devo andare quindi a
minimizzare la deformazione plastica facendo la derivata di in dϕ e ponendola uguale a 0:

Così facendo ottengo la prima relazione fondamentale; siccome il rapporto tra ϕ e γ deve
rimanere costante (in base a tale relazione), se io aumento γ (utensile più affilato) aumenta ϕ
e quindi se aumenta ϕ il piano sul quale sta avvenendo lo scorrimento sta diminuendo, se
diminuisce la lunghezza del piano devo spostare meno atomi e quindi applicare meno forze.

Ho finalmente spiegato il motivo per il quale un coltello affilato taglia di più e quindi perché
è necessario applicare minori forze: questo perché andrà a diminuire la lunghezza del piano di
scorrimento.

Posso riportare i seguenti andamenti della deformazione di taglio al variare dell’angolo ϕ; in


particolare avrò che quando γ = 45° avrò la minima deformazione . Ogni qual volta il piano
di scorrimento non corrisponde a quello di minimo spostamento, la deformazione plastica
sarà maggiore. Tutto questo quando γ = 0. Nel momento in cui va a aumentare γ (utensile
sempre più affilato) la forza che dovrò applicare sarà minore.

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Come prima cosa vado a usare un utensile che abbia γ = 0 (angolo di spoglia superiore nullo);
attraverso la minimizzazione del lavoro per γ = 0 ho un angolo ϕ = 45° e in tal caso la
deformazione plastica è minima: se il materiale ha i piani di scorrimento orientati secondo
un angolo di 45° effettivamente la deformazione plastica che devo imprimere al materiale per
far avvenire la rottura è più piccola. Se il materiale invece presenta dei piani di scorrimento
diversi rispetto al piano di scorrimento ϕ vuol dire che devo applicare delle forze maggiori le
quali andranno a introdurre una maggiore deformazione plastica. Con γ = 0 per andare a
minimizzare le forze (individuare il minimo) abbiamo fatto la derivata e abbiamo visto che
la deformazione plastica è minima se il piano di scorrimento soddisfa la relazione:

Se il materiale ha i piani di scorrimento disposti a 45° effettivamente sto facendo un minor


lavoro e quindi sto introducendo sostanzialmente una minima deformazione plastica. Tuttavia
non è detto che i piani di scorrimento del materiale combacino perfettamente con ϕ e quindi
man mano che mi discosto da ϕ = 45° la forza e la deformazione plastica aumentano. Non a
caso quindi nelle curve riportate nel grafico, in corrispondenza di ϕ = 45° (quando ) ho
il minimo dell’andamento parabolico.

Cerchiamo ora di capire che cosa capita al variare dell’angolo di spoglia superiore γ (al
variare di quanto è affilato l’utensile). In particolare vediamo che se l’utensile è affilato (γ >
0) l’angolo ϕ diventerà più piccolo e quindi diminuirà di conseguenza la lunghezza del
piano di scorrimento in modo tale che disponendo di meno atomi la forza che dovrò applicare
sarà minore. Se diminuisce γ diminuisce sia la deformazione plastica e in più diminuisce
anche la forza che devo applicare perché il segmento OA è più corto.

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CINEMATICA DEL MATERIALE

Un altro aspetto da considerare nel momento in cui facciamo l’asportazione di materiale è


un’analisi cinematica ovvero un’analisi legata alle velocità. E’ la prima volta che la facciamo;
nella deformazione plastica le velocità erano abbastanza contenute mentre in questo caso dato
che le velocità di taglio che introduco sono elevate ne devo tener conto. A seconda della
velocità di deformazione plastica o di sollecitazione il materiale diventava più resistente e
meno duttile. Se la velocità di asportazione è molto elevata è un vantaggio o uno svantaggio?

Se vado verso una velocità di taglio più elevata il materiale si comporta in maniera più dura e
quindi il contenuto del lavoro che devo fare per la deformazione plastica sarà più contenuto e
quindi posso usare delle potenze minori e avrò sicuramente una maggiore finitura
superficiale. Se aumenta la velocità la curva diventerà un po’ più alta e quindi la resilienza
(lavoro necessario per portare a rottura il materiale) diminuirà. A noi interessa la velocità di
taglio ovvero la velocità con cui si muove il tagliente nella direzione orizzontale che è un
parametro noto dato che la sto imprimendo io con la macchina. Poi mi interessa la che è la
velocità con cui il truciolo si sta muovendo sull’utensile. Se la velocità non è elevata, a causa
dell’attrito, c’è la possibilità che il truciolo si possa saldare con l’utensile stesso, quindi
incrementando la velocità ho meno fenomeni di adesione. D’altra parte però se incremento la
velocità si assiste a un incremento della temperatura e quindi ci sarà il fenomeno della
diffusione. E’ anche molto importante la velocità degli atomi lungo il piano di scorrimento
così da capire quale sia il fattore di correzione sulla resistenza del materiale; sappiamo che la
curva σε è influenzata dalla velocità di deformazione (o di scorrimento) e in particolare se la
velocità è maggiore il materiale risentirà di una maggiore resistenza meccanica. Nota la
velocità di scorrimento possiamo risalire a quanto più è resistente il materiale, ciò ne terremo
conto durante la trattazione dinamica del materiale.

La velocità di scorrimento degli atomi sarà:

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Considerando lamelle rigide x non varia nel tempo e quindi sostanzialmente dovrò derivare
solo . Lo scopo è quindi quello di determinare . Ho la velocità di taglio, ho la velocità con
cui il truciolo si sposta sull’utensile, faccio la sommatoria dei vettori e attraverso la regola dei
segni mi ricavo

Per quanto riguarda (velocità con cui il truciolo si muove sull’utensile) la trattazione è
semplice perché sappiamo che il volume si dovrà conservare:

velocità con cui il materiale va contro l’utensile per la sua sezione = velocità di uscita per la
sezione finale

La velocità finale sarà uguale quindi alla velocità di taglio moltiplicata per il rapporto di
ricalcamento.

A questo punto per trovare , noto il triangolo delle velocità ottengo:

La velocità di scorrimento sarà uguale alla velocità di taglio per il ricalcamento (basta
valutare lo spessore del truciolo e la profondità di passata) per una rapporto trigonometrico
tra gli angoli γ e ϕ. Rispetto a tutte quante le lavorazioni già viste, queste velocità di
scorrimento sono le più elevate.

DINAMICA DEL TAGLIO

Non manca altro che andare a capire la forza che deve possedere l’utensile per andare ad
effettuare la suddetta operazione di taglio. Cerchiamo quindi di valutare la forza con cui devo
mantenere in moto l’utensile nella direzione parallela del piano della superficie lavorata. Il
nostro scopo sarà di individuare la forza tangenziale (di taglio) con cui andare a muovere
l’utensile e la forza normale che mi permette di mantenere l’utensile a contatto con la
superficie lavorata. Il problema risulta essere abbastanza complicato, tuttavia possiamo
ricorrere a delle semplificazioni:

- Posso immaginare l’utensile come un elemento isolato col quale abbiamo un contatto
con il materiale di base attraverso il piano di scorrimento e un contatto con il truciolo
in corrispondenza del petto.

Sicuramente esisteranno delle forze di azione-reazione, e dato che stiamo considerando un


elemento isolato, istantaneamente l’equilibrio delle forze dovrà essere pari a 0.

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Vado inoltre a immaginare un punto di contatto tra utensile e truciolo nel quale avrò una
determinate forza risultante (vettore ); la stessa identica considerazione la vado a fare lungo
il piano di scorrimento, dove vado a individuare un’altra forza risultante (vettore ). Il
materiale (truciolo) dovrà essere in equilibrio e pertanto posso asserire che le due risultanti
giaceranno lungo la medesima direzione ma presenteranno versi opposti. Nel disegno
sovrastante le reazioni vincolari sono state accentuate; realmente dovrebbero giacere in
prossimità dell’apice del tagliente. A tal punto scomponiamo tali risultanti in determinate
direzioni. Nel caso dell’utensile voglio capire quale sia la forza tangenziale F che
sostanzialmente è la forza di attrito che si genera all’interfaccia truciolo-utensile dovuto allo
scorrimento del primo sul petto dell’utensile; una volta nota la forza tangenziale risalgo
dunque a quella d’attrito così da valutare l’usura dell’utensile. Da una parte mi interessa
l’entità della componente tangenziale F, ma d’altra parte mi interessa la componente normale
N poiché in tal modo capisco quanto è sollecitato a compressione l’utensile e quindi se
l’utensile riesce a supportare o meno l’operazione di taglio (è sottoposto a pressioni elevate);
N è dovuta quindi alla pressione che petto e truciolo esercitano reciprocamente l’uno
sull’altro e la sua valutazione pertanto permette di verificare se la sua intensità è tale da
provocare danni sull’utensile. Altre componenti che ci interessano particolarmente sono la
ovvero la forza di taglio (forza che permette di far avanzare l’utensile all’interno del
materiale e quindi sarà parallela al piano di lavoro) e la componente normale : è ovvio che
l’utensile man mano che avanza dentro il materiale oltre ad avere una forza che si oppone a
tale avanzamento, avrà anche una componente che tenderà ad allontanarlo dalla superficie
lavorata. In tal modo capiamo quali sono le tipologie di forze che dobbiamo adottare
sull’utensile affinché si verifichi la lavorazione. Accanto a tali componenti, assumono grande
importanza anche . sarà la componente della tensione tangenziale (lungo il piano
di scorrimento) che devo applicare su ogni singolo atomo per far avvenire lo spostamento
lungo il piano di scorrimento moltiplicato per il numero di atomi coinvolti; indica qual è la
forza che realmente devo utilizzare per far avvenire la deformazione plastica del materiale. In
particolare si ha la deformazione plastica quando sul piano di scorrimento si raggiunge un

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determinato valore di tensione tangenziale detta tensione dinamica di scorrimento è la
componente della forza normale al piano di scorrimento.

La determinazione di è importante per la valutazione dello stato di sollecitazione cui


il materiale è sottoposto nella zona di scorrimento. concorre direttamente nella
determinazione di , infatti, come già visto nel caso dell’estrusione dei materiali, andando ad
applicare uno stato di compressione uniforme sul materiale, incremento la duttilità dello
stesso e quindi la tensione tangenziale necessaria per provocare il taglio. Da un punto di vista
microscopico ciò è spiegato con un avvicinamento degli atomi rispetto la direzione normale
al piano di scorrimento, il quale è responsabile di un aumento delle forze attrattive che si
esplicano tra gli atomi stessi, le quali determinano un incremento dell’opposizione allo
scorrimento: dove a è il parametro di cella e indica la distanza degli atomi in
direzione normale al piano di scorrimento.

MODELLO DI MERCHANT

Anziché considerare entrambe le risultanti R, prendo soltanto la forza risultante presente tra il
piano di scorrimento e l’utensile, e come accennato in precedenza la vado a considerare
applicata direttamente sull’apice del tagliente:

Considerata la risultante R in questione vado a riportare tutte le proiezioni sui piani prima
individuati. In particolare:

F è la forza tangenziale inerente all’utensile lungo il petto del tagliente inclinata di γ rispetto
alla normale alla superficie.

N è la componente normale sempre inerente all’utensile.

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L’angolo ρ corrisponde all’angolo di attrito ovvero al rapporto tra la forza tangenziale e
quella normale: . Nella trattazione dinamica è stato pertanto introdotto qualcosa di nuovo: si
è tenuto conto anche degli attriti, cosa che sino ad ora non era stata fatta.

Si scompone poi la forza R in una componente parallela alla superficie lavorata (forza di
taglio) e in una normale alla superficie da lavorare ; si tratta delle forze che devo fornire
all’utensile per far avvenire il taglio.

In ultimo va considerata la componente lungo il piano di scorrimento e quella normale a


tale piano detta . E’ importante conoscere la componente normale al piano di scorrimento
perché ci fa capire quant’è l’incremento del (tensione tangenziale) che devo applicare
lungo il piano di scorrimento per far avvenire il movimento degli atomi.

Si utilizza questa trattazione di tipo grafica per andare a ricavare le relazioni tra le varie
componenti della forza. A tale scopo si traccia una circonferenza avente come diametro
proprio la forza risultante R; si può subito notare che tutte le proiezioni precedentemente
ricavate sono inscritte nella circonferenza tracciata. Una volta che riesco a visualizzare questo
aspetto geometrico posso risalire all’entità delle componenti in funzione della risultante R e
degli angoli ϕ, ρ e γ.

La deformazione plastica avverrà soltanto lungo i piani di scorrimento; nel dettaglio gli atomi
si andranno a spostare nel momento in cui viene applicata una tensione tangenziale tale da
spostare il mio atomo da una posizione iniziale a una intermedia; fintanto che non raggiungo
una tensione critica non avverrà lo scorrimento degli atomi.

La forza di scorrimento sarà uguale al prodotto tra la tensione critica e la sezione:

La sezione OA sarà quella deformata plasticamente lungo il piano di scorrimento; la


posso vedere come la sezione della superficie da lavorare (o passata di profondità) diviso
il sen ϕ: dire altezza o dire superficie è la stessa cosa dato che lo spessore è costante.

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Ho trovato mediante una visione grafica in funzione della risultante R:

D’altra parte invece sappiamo che:

Uguagliando le due espressioni ed esplicitando la risultante R:

Noto il fattore R lo vado ad inserire all’interno dell’espressione della componente di taglio


e normale :

Il mio obiettivo è quello di calcolare le forze di taglio e normale ovvero quelle forze che devo
applicare direttamente all’utensile per far avvenire il movimento. Il problema è che tali forze
sono in funzione del che è la caratteristica meccanica del materiale al taglio, in funzione
dell’angolo γ che indica le caratteristiche geometriche dell’utensile, ma anche in funzione
degli angoli ρ e ϕ. L’angolo ϕ è un dato incognito che posso andare a determinare attraverso
delle prove sperimentali nelle quali vado sostanzialmente ad effettuare un’asportazione di
truciolo così da quantificare il fattore di ricalcamento dal quale poi è possibile risalire fino a
ϕ.

A volte non è del tutto agevole eseguire questa prova pertanto è opportuno ricorrere
all’utilizzo di un principio molto semplice  il piano di scorrimento si dispone in maniera
tale da andare a massimizzare la componente tangenziale ; il materiale si andrà a disporre
in maniera tale da minimizzare il contenuto energetico. Numericamente parlando ciò equivale
a dire che:

Castel 27 Pagina 16
Rispetto a Pijspanen dove 2ϕ – γ = la novità fondamentale è rappresentata dalla presenza
del fattore d’attrito ρ. Da un punto di vista sperimentale questa relazione non è del tutto
verificata, maggiore è la pressione (componente normale Ns sul piano di scorrimento) che si
esercita sul materiale maggiore sarà la discrepanza da tale assunzione. Nel momento in cui il
materiale è sottoposto simultaneamente ad una tensione di compressione e ad una tensione a
taglio, la tensione critica che dobbiamo applicare per promuovere lo spostamento atomico
aumenta. Non a caso τ critico viene espresso in funzione della densità degli atomi sul piano di
scorrimento e della distanza del piano di scorrimento dall’atomo; nel momento in cui
comprimo avvicino gli atomi e quindi la tensione tangenziale da applicare risulterà essere
maggiore.

2° MODELLO DI MERCHANT

Realmente la tensione che dovrò applicare per far muovere il materiale sarà uguale a:

dove l’aliquota K , dovuta alla compressione, comporta un valore aggiunto di tensione


tangenziale poiché gli atomi si stanno avvicinando. in questo caso non è nient’altro che
ovvero la componente normale lungo il piano di scorrimento.

Tenendo conto di questo aspetto, derivando come al solito, ottengo:

dove k è la costante di proporzionalità che mi da la tensione tangenziale con la tensione


normale. C è la costante di Merchant e tiene conto delle caratteristiche meccaniche del
materiale, tiene conto di quanto la componente normale va a influire sulla componente
tangenziale: quantifica l’incremento della tensione tangenziale a seguito di uno stato
tensionale di compressione.

Castel 27 Pagina 17
metodo inverso

Dato che la relazione di Merchant è di difficile applicazione in pratica, si tende a misurare


direttamente le componenti verticale e orizzontale che vado ad applicare direttamente
sull’utensile ( ) attraverso delle celle di carico, poi andando a delineare le proiezioni
lungo la normale al petto dell’utensile e lungo il prolungamento del petto stesso (tangenziale
al petto) riesco a determinare altre importanti relazioni in modo da risalire all’angolo d’attrito
ρ che sappiamo essere il rapporto tra la forza tangenziale e la forza normale:

La trattazione precedente era molto complicata poiché non partiva dal calcolo della forza
normale e di taglio ma arrivava alla determinazione di una forza di taglio e normale
attraverso un’analisi dei vari parametri del materiale (angoli e caratteristiche del materiale).
In questa trattazione si procede diversamente: si parte dalla considerazione di conoscere la
forza di taglio e quella normale. A noi interessa se l’utensile resiste e quindi dobbiamo
considerare la componente normale all’utensile N e la componente tangenziale F; la
componente tangenziale indica l’usura dell’utensile mentre quella normale indica se l’utensile
ha una sezione tale da resistere. Per andare a valutare la componente tangenziale non devo
fare altro che la proiezione di lungo la direzione tangenziale al petto (lungo F); stessa cosa
per la componente . Dalla forza normale e di taglio sono arrivato alla valutazione della
forza normale N e tangenziale F all’utensile: se l’utensile riesce a supportare quel carico e
quanto sarà l’usura dell’utensile.

Mediante Merchant vado a determinare la forza di taglio e la forza normale andando a


conoscere la geometria dell’utensile γ, ϕ e ρ  metodo indiretto

Il metodo diretto invece parte dalla misura diretta della forza di taglio e della forza normale,
note queste forze riesco a risalire a ρ mediante il quale risalgo a tutti quanti gli angoli.

Castel 27 Pagina 18
RELAZIONE DI KRONEMBERG PER ACCIAI (METODO DEL KS)

Nell’ambito industriale, tutto quanto sino ad ora asserito, viene messo da parte dato che
fortunatamente è possibile ricorrere alla relazione di Kronemberg che permette di considerare
la forza di taglio come il prodotto tra Ks e A. Con Ks si indica la pressione specifica di taglio
la quale viene opportunamente reperita in particolari tabelle proprie di ogni materiale; in
questo caso A è la sezione del truciolo e quindi non indica più la sezione del materiale da
asportare ne tanto meno la sezione del piano di scorrimento. La sezione del truciolo è uguale
all’avanzamento per la profondità di passata.

Posso pertanto risalire pertanto alla forza di taglio:

Sapendo che:

Nota la forza di taglio, attraverso alle relazioni sino ad ora studiate, risalgo alla
determinazione di tutti gli angoli e di tutte le componenti che mi interessano.

POTENZE DI LAVORAZIONE

La forza di repulsione è la forza normale all’utensile che quindi tende a staccare l’utensile
dalla superficie lavorata. Ovviamente la velocità di repulsione deve essere nulla affinché
l’utensile non si stacchi dalla superficie lavorata.

Castel 27 Pagina 19
Pertanto quindi la potenza di lavorazione terrà conto soltanto della potenza di taglio e della
potenza di avanzamento:

VARIABILI DI PROCESSO NELLA FORMAZIONE DEL TRUCIOLO

Rimane ora da capire come agiscono alcuni parametri sull’asportazione di materiale:

angolo di spoglia frontale γ: se γ aumenta, aumenta di conseguenza ϕ e quindi diminuisce la


lunghezza del piano di scorrimento così da avere una minore deformazione plastica. Così
facendo minimizzo la deformazione plastica in modo da rendere più agevole l’asportazione di
materiale. Nel caso di materiali duttili conviene lavorare con utensili che abbiano γ grandi o
piccoli? Siccome ho un materiale duttile che quindi si deforma plasticamente, devo in
qualche maniera contenere quella deformazione plastica e per fare questo utilizzo un utensile
maggiormente affilato (maggiore angolo di spoglia superiore). Il fatto di usare γ elevati
comporta una minore lunghezza del piano di scorrimento OA (maggiore ϕ) e quindi
sostanzialmente una sorta di limitazione della deformazione plastica all’interno del materiale.
Se ho un materiale duro posso usare un γ piccolo; un materiale duro non si deforma
plasticamente e quindi non c’è bisogno di andare a minimizzare l’entità della deformazione
attraverso un utensile più affilato perché già per conto suo il materiale non si deformerà
plasticamente. Un materiale duro inoltre ha un σ di snervamento molto elevato e quindi avrò
a che fare con un’elevata pressione di taglio; per evitare pertanto la rottura dell’utensile devo
disporre di una sezione più ampia e quindi un β maggiore che a sua volta implica un angolo
di spoglia superiore più piccolo. In caso di alluminio γ si approssima intorno ai 30°, nel caso
di materiali duri posso anche avere degli angoli negativi in modo da andare a massimizzare la
sezione utile dell’utensile (normale al petto).

altezza di sovrametallo che deve essere rimossa (profondità di passata): prima di


cercare di capire l’influenza della profondità di passata è importante verificare se durante la
lavorazione si venga a formare il tagliente di riporto.

Il tagliente di riporto non è nient’altro che parte del materiale che sto lavorando che si andrà a
saldare con l’utensile (attrito adesivo); una volta formatasi tale saldatura si originerà una sorta
di riporto di materiale. Questo riporto di materiale tenderà a farmi passare da un γ piccolo a
un γ più grande; se ho un tagliente di riporto il piano di scorrimento si andrà ad accorciare. Il
tagliente di riporto mi permette ancora di più di minimizzare la deformazione plastica. La
temperatura gioca un ruolo chiave nella formazione del tagliente di riporto, ma d’altra parte
se le temperature sono molto elevate (maggiori di 600°) il tagliente viene asportato (si
distrugge). Quindi da una parte la temperatura porta alla formazione del tagliente di riporto,
però se la loro entità è molto elevata il tagliente di riporto si andrà a distruggere. Cerchiamo
ora di capire come questa evenienza influenza lo spessore.

In caso di profondità di passata elevata, il segmento OA sarà più lungo, quindi se il numero di
atomi coinvolti sarà maggiore avrò dei fenomeni d’attrito maggiori (produzione di calore
maggiore). Man mano che aumenta la profondità di passata aumenta il numero di atomi

Castel 27 Pagina 20
coinvolti nello spostamento; quando vado a fare una deformazione plastica ci saranno degli
attriti interni del materiale da vincere, se il numero di atomi è maggiore, il calore che si andrà
a sviluppare sarà maggiore. In caso quindi di tagliente di riporto, a causa delle alte
temperature, le sue caratteristiche decadono e si arriva alla rottura stessa. Un incremento
dello spessore da asportare determina un maggiore apporto di calore che superato un valore
limite causa la distruzione del tagliente di riporto. Abbiamo visto dalla curva σε che
all’aumentare della temperatura la resistenza diminuisce e quindi quelle forze, già per conto
loro, possono portare alla rottura del tagliente di riporto.

Nel caso di assenza del tagliente di riporto invece un aumento dello spessore da asportare
determina ancora una volta un incremento della temperatura per una sempre maggiore
lunghezza del piano di scorrimento, però in tal caso non avendo il tagliente di riporto dovrà
diminuire la componente ρ dell’attrito. Se diminuisce ρ, sto aumentando ϕ e quindi una
minore lunghezza del piano di scorrimento; i trucioli risulteranno meno deformati. Come si
può ben notare tale trattazione risulta essere un po’ forzata: se io aumento la temperatura ho
una maggiore diffusione e quindi dovrei avere un coefficiente d’attrito maggiore. Tuttavia se
consideriamo invece il tagliente di riporto avrò che la superficie di contatto (tra utensile e
truciolo) sta diminuendo e pertanto dovrà necessariamente diminuire anche ρ.

Il tagliente di ritiro è un fenomeno auspicabile poiché va a evitare l’usura sull’utensile:


fintanto che il tagliente di riporto è adeso alla superficie va bene, nel momento in cui il
tagliente di riporto si stacca dalla superficie va a creare dei problemi. Se si lavora a
temperature relativamente basse il tagliente di riporto è favorevole, se vado a temperature
elevate che portano a rottura il tagliente di riporto ho seri problemi.

larghezza di taglio: la larghezza di taglio non va ad influire sulla formazione del truciolo.

velocità di taglio: la velocità di taglio gioca un ruolo fondamentale. In particolare se vado a


considerare il diagramma che mette in relazione l’inverso del fattore di ricalcamento con la
velocità di taglio solitamente espressa in m/min noto un andamento discontinuo.

Castel 27 Pagina 21
Tra A e B io sto aumentando la velocità (considero in tal caso velocità inferiori a quelle di
spostamento degli atomi); normalmente aumentando la velocità incrementa anche la
temperatura del materiale facilitando in tal modo la diffusione e quindi sostanzialmente la
nascita del tagliente di riporto. Se si forma il tagliente di riporto γ aumenta e quindi diminuirà
il piano di scorrimento; per questo motivo abbiamo un andamento decrescente fino a B. B è
caratterizzato da una temperatura di circa 300°, da 300° in su (aumentando quindi la velocità)
l’apporto di calore sarà maggiore e quindi si avrà la rottura del tagliente di riporto: le
temperature sono talmente tanto elevate che le caratteristiche meccaniche del materiale
decadono fortemente e avviene quindi l’asportazione del tagliente di riporto in
corrispondenza del punto C. Una volta che non abbiamo il tagliente di riporto teoricamente
siamo portati a dire che se vado a velocità ancora più elevata sicuramente le forze dovranno
incrementare, ma così non è. Se vado a considerare la zona in cui avviene la deformazione
plastica noto che in caso di velocità molto elevate la deformazione invece di partire in
prossimità di un angolo partirà da .

Da C in poi siccome le velocità di sollecitazione sono talmente tanto elevate, il materiale


presenterà un ritardo nella risposta: la velocità di deformazione sarà maggiore della velocità
di spostamento degli atomi. L’incremento di velocità oltre il punto C quindi determina un

Castel 27 Pagina 22
ritardo della deformazione plastica; abbiamo inoltre più o meno lo stesso ritardo anche nel
momento in cui vado a considerare la sezione di uscita. La presenza del ritardo della risposta
fa si che il volume di materiale interessato dalla deformazione plastica diminuisce e quindi
avrò un minor numero di atomi coinvolti con un conseguente utilizzo di forze minori.

In definitiva l’andamento tra A e C lo spieghiamo attraverso la formazione del tagliente di


riporto, da 300°C in poi il tagliente di riporto si distrugge, a 600°C (punto C) si è totalmente
distrutto. Nel momento in cui incremento ulteriormente la velocità ho un ritardo della
deformazione plastica che mi sta a indicare che sto coinvolgendo un minor volume di
materiale nella deformazione e quindi che devo applicare una forza più piccola.

Nel primo tratto (da A a C) la velocità di sollecitazione è minore della velocità di


deformazione (velocità con cui si muovono gli atomi); dopo C la velocità aumenta e quindi
sostanzialmente mi dovrei aspettare un minor contributo di temperatura ma non è così.

Quello che non riesco a capire è perché il tagliente di ritiro a un certo momento si forma e poi
si va a rompere, man mano che aumenta la velocità teoricamente sarei portato a dire che il
coefficiente d’attrito diminuisce e che quindi non si dovrebbe avere la formazione del
tagliente di riporto. Teoricamente quindi il tagliente di riporto non si dovrebbe mai formare
dato che la tendenza a formare le saldature è sempre minore all’aumentare della velocità;
quello che vedo è che l’aumento della velocità produce un aumento della temperatura (non
causata dall’attrito sul petto) dovuta sostanzialmente ad aumento dell’attrito all’interno del
materiale. La causa di questa generazione di calore non è da imputare allo scorrimento del
truciolo sul petto ma ai fenomeni che si verificano internamente al materiale ovvero al
movimento degli atomi direttamente all’interno del piano di scorrimento  ci sono degli
attriti che generano un aumento della temperatura, quindi si avrà una maggiore tendenza nel
formare saldature e quindi la formazione del tagliente di riporto. Dopo 300°C il tagliente di
riporto inizia a rompersi dato che il materiale possederà una minore resistenza meccanica; già
la sollecitazione sul tagliente è sufficiente per rompere le saldature.

Se aumenta la temperatura aumenta la duttilità del materiale ma al tempo stesso aumenta


anche la velocità di deformazione; da una parte un aumento della duttilità tenderebbe a far
calare le forze per far avvenire la deformazione plastica, però l’incremento notevole di
velocità di deformazione (o di taglio) determina un incremento della resistenza meccanica del
materiale. Le macchina a controllo numerico che sono quelle attualmente più utilizzate sono
caratterizzate da elevate velocità di taglio e pertanto dal grafico precedentemente riportato ciò
significherebbe necessitare di forze al taglio minori. Questo ci porterebbe a dire che la
potenza (prodotto tra forza di taglio e velocità di taglio) di queste macchine dovrebbe essere
più bassa, realmente non è così poiché l’incremento della velocità è maggiore del decremento
che ho sulla forza di taglio.

tipologia di materiale lavorato: in caso di materiale duttile C aumenterà notevolmente e


quindi aumenterà di conseguenza l’angolo di scorrimento. Se aumenta la durezza del
materiale, aumenta il lavoro che devo spendere per la deformazione plastica dato che
aumenta e quindi si avrà un minor angolo di attrito. Se ho un materiale duro, dalla teoria

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adesiva, sappiamo che è più difficile far passare gli atomi da un materiale all’altro e quindi è
più difficile far avvenire la diffusione. Un materiale duro tenderà a formare meno saldature e
quindi in questo caso sarà minore il coefficiente d’attrito (minore ρ), se è minore il
coefficiente di attrito dovrà quindi aumentare ϕ (dalla relazione precedentemente ricavata
considerando γ costante) e quindi diminuire la lunghezza del piano di scorrimento.

materiale utensile: è opportuno usare un utensile composto da materiale duro; se si usasse


un utensile duttile a seguito delle sollecitazioni potrebbe andarsi a deformare plasticamente.
In caso di materiale duro l’attrito è piccolo (ρ basso) e quindi aumenterà ϕ (mantenendo γ
costante): minore lunghezza del piano di scorrimento e deformazione plastica minimizzata.

lubro-refrigerazione: nell’asportazione di materiale uso un lubrificante sostanzialmente per


andare a diminuire ancora di più l’angolo ρ. Raffreddo, diminuisce quindi la diffusione, metto
un liquido che si interpone tra gli atomi, diminuisco ρ e aumento ϕ. Così facendo minimizzo
la deformazione plastica.

FENOMENI DI USURA DELL’UTENSILE

Prima di analizzare nel dettaglio le varie tipologie di lavorazioni per asportazione di materiale
è molto importante osservare ciò che succede sull’utensile a seguito della lavorazione stessa.
Quando abbiamo accennato alla teoria di taglio ortogonale abbiamo detto che l’utensile
dovrebbe essere perfettamente affilato ma ciò risultava essere un’astrazione dato che
altrimenti si sarebbero venute a delineare delle tensioni eccessive puntuali in grado di
cambiare immediatamente la geometria dell’utensile. Di fatto quindi si usano degli utensili
che presentano un determinato raggio di raccordo. Tuttavia anche con l’utilizzo del raggio di
raccordo, dopo un certo intervallo di utilizzo dell’utensile, si possono generare delle
variazioni dimensionali della geometria dell’utensile. Se ho una variazione della geometria
dell’utensile, questo aspetto va ad influire notevolmente sul processo di asportazione del
materiale, perché andrebbe a cambiare la finitura superficiale ma andrebbero a cambiare
anche gli angoli e quindi la forza di taglio (ovvero la potenza assorbita dalla macchina).

Il mio scopo è quello di mantenere il più possibile sottocontrollo i fenomeni legati all’usura
dell’utensile. Esistono diverse tipologie di usura:

usura abrasiva: l’abbiamo già incontrata nel caso della teoria abrasiva dove l’usura abrasiva
era causata da uno strisciamento tra 3 corpi dove all’interno c’era la presenza di elementi più
duri. Anche durante l’asportazione di materiale avviene la stessa cosa: nel momento in cui
vado ad usare per l’asportazione di materiale dei semilavorati realizzati per fonderia dove
sulla cui superficie esterna a causa delle elevate temperature si vanno a formare degli ossidi
(particelle più dure), tali particelle dure andranno a contatto con l’utensile generando dei
solchi veri e propri. sarebbe buona norma andare a proteggere il materiale durante la fase di
immagazzinamento in maniera tale da limitare il più possibile i fenomeni di usura.

usura per diffusione: l’usura per diffusione è tipica di alcuni materiali che vengono utilizzati
per realizzare l’utensile, in particolare è tipica del carburo di tungsteno. Il carburo di
tungsteno reagisce alle elevate temperature (addirittura fino a 600-700°C); a tali valori

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termici il materiale presenta un’elevata attività con l’ossigeno e quindi inizia a ossidare. Tali
ossidi sono debolmente legati alla superficie e quindi tendono ad essere portati via. Per
limitare tale tipologia di usura per diffusione posso usare lubrificanti (acqua e olio) che oltre
a ridurre il coefficiente di attrito permettono di abbassare le temperature raggiunte
dall’utensile: viene sostanzialmente utilizzato per andare a mantenere bassa la temperatura
dell’inserto e quindi per evitare processi chimici di ossidazione del materiale.

usura per adesione: l’usura per adesione va a determinare la formazione del tagliente di
riporto. Se si forma il tagliente di riporto e rimane fermo (non si rompe) mi andrà a
proteggere l’inserto; il problema si ha quando si rompe. La rottura sappiamo avvenire in
prossimità del materiale meno duro; realmente sarei portato a dire che il supporto sarà più
resistente del materiale da lavorare. In questo caso tuttavia abbiamo un tagliente di riporto
formato dallo stesso materiale che sto lavorando ma questo presenterà una maggiore durezza
a causa dell’incrudimento; a priori quindi non sappiamo quale materiale risulti essere meno
duro.

usura per deformazione plastica: può avvenire una variazione della geometria a seguito di
una deformazione plastica dovuta ad un’elevata pressione agente sul tagliente; quindi si può
verificare un’usura a seguito del continuo scorrere del materiale sul petto dell’utensile.

usura per fatica: sostanzialmente ne esistono due tipologie: una legata alla ripetute
variazioni di forza e una legata alle variazioni termiche. Abbiamo quindi due effetti: un’usura
di tipo termico e una di tipo dinamico.

Perché l’usura di tipo termico può generare delle cricche?

Innanzi tutto per la presenza del continuo susseguirsi tra dilatazioni e contrazioni, ma oltre a
questo c’è un altro aspetto molto importante. Se ho un’elevata velocità di raffreddamento
potrebbero verificarsi direttamente all’interno del materiale delle zone che si troveranno a
temperatura maggiore ed altre zone che si troveranno a temperature minori; quando un
materiale presenta zone con temperature differenti si creano delle tensioni, se si creano delle
tensioni di trazione il materiale tenderà a formare delle cricche. Tanto più saranno veloci
questi cicli termici e tanto maggiore sarà la velocità di propagazione delle cricche.

Ruolo della temperatura sui fenomeni dell’usura

La temperatura da una parte gioca un ruolo fondamentale con l’attrito ma d’altra parte gioca
un ruolo fondamentale sulla resistenza dell’utensile; un utensile sottoposto a temperature
elevate presenterà un basso e quindi andrà più facilmente in deformazione plastica e più
sarà maggiore l’usura perché sarà maggiore la possibilità di far diffondere il materiale. I
materiali per questo motivo si sono evoluti: prima si parlava di acciai rapidi che avevano una
durezza costante fino ad una temperatura di 300-350°C, attualmente si usano carburi
sintetizzati (es. carburo di cobalto) che arrivano fino a 800°C. A seconda della velocità di
lavorazione, maggiore sarà il calore e quindi maggiore dovrà essere la resistenza a caldo del
materiale.

Castel 27 Pagina 25
Cerchiamo ora di capire effettivamente quali sono le tipologie di danno che posso avere
sull’utensile, in particolare vado a osservare un utensile in cui ho un tagliente principale e uno
secondario dove il truciolo andrà a scorrere sulla faccia superiore:

usura sul fianco e ad intaglio: si tratta di un’asportazione del fianco; in corrispondenza del
tagliente avrò un aumento del raggio d’accordo. Il tagliente è la zona in cui avviene il primo
contatto con il materiale e pertanto il primo danno che si può avere è rappresentato dall’usura
proprio in corrispondenza del tagliente.

microscheggiatura: Può derivare da moti vibrazionali; in tal caso avrò una forza discontinua
che genererà degli impulsi i quali provocheranno delle scheggiature sull’utensile dato che
sappiamo essere un materiale duro e pertanto poco resistente agli urti. Si può arrivare alla
rottura dell’inserto totale.

microfessurazione: la microfessurazione deriva invece da fenomeni di usura termica o


dinamica; si creano delle piccole cricche scaturenti da dei cicli a fatica di natura termica e
dinamica.

craterizzazione: si viene a delimitare un cratere ovvero un avvallamento lungo il petto. In


questo caso tale fenomeno deriva direttamente dallo scorrimento del truciolo sul petto.

deformazione plastica: è causata sostanzialmente da un’elevata forza di taglio che va a


creare una tensione molto elevata sull’inserto il quale anziché rompersi va a deformarsi
plasticamente.

L’unica tipologia di danno che non va a generare variazione sul profilo, sul tagliente e sulla
finitura superficiale è la craterizzazione poiché va a coinvolgere solo la zona in cui scorre il
truciolo. Teoricamente quindi la forma del cratere non va a pregiudicare la finitura
superficiale del pezzo.

Castel 27 Pagina 26
CRITERI DI USURA PER LA DETERMINAZIONE DELLA DURATA

Facendo riferimento ad un utensile da tornio l’usura si manifesta nel modo seguente:

α: angolo di spoglia inferiore

γ: angolo formato dalla normale della superficie lavorata e il petto

Il cratere si realizza laddove il truciolo scorre sul petto. Il labbro di usura si andrà a
determinare in corrispondenza dell’apice del tagliente.

Devo trovare dei parametri che mi permettano di andare a evidenziare in maniera qualitativa i
livelli di usura sull’utensile in modo che attraverso questi parametri posso dire che l’utensile
è troppo consumato e deve essere cambiato o perché mi genera una finitura superficiale
troppo scabra (molto limitante) o perché questo cratere è talmente tanto vasto che appena
l’utensile ha uno squilibrio sulle forze si potrebbe verificare la rottura dell’utensile.

Quindi un primo controllo verrà fatto sulla superficie non interessata dal cratere perché
questa superficie mi determina un’elevata finitura superficiale, l’altro controllo viene fatto sul
cratere perché nel momento in cui questo cratere è molto grande mi diminuirà la sezione
dell’utensile e quindi potrebbe andare a rottura.

I parametriche vengono presi in considerazione sono essenzialmente tre:

 VB: tiene conto dell’usura sul lato di usura, quindi quanto è usurata questa zona, non
è nient’altro che l’estensione del labbro di usura.
 KM: distanza dal tagliente iniziale e la massima profondità del cratere
 KT: tiene conto della profondità del cratere

Castel 27 Pagina 27
Quindi andiamo a caratterizzare l’usura attraverso questi tre parametri e notiamo che questi
tre parametri dipendono da alcuni fattori. Il primo parametro che vado a prendere è VB.
Quindi, a livello sperimentale, prendo l’utensile con una determinata geometria e lo metto in
lavorazione, faccio delle prove a velocità differenti e quindi quando vado a riportare il
volume d’usura in funzione del tempo alle varie velocità ottengo, ottengo questa tipologie di
curve:

Noto che su VB, all’aumentare della velocità diminuirà il tempo di durata dell’utensile. Se
aumento la velocità passo da a e avremo una diminuzione del tempo. Quindi se vado a
scegliere un determinato VB e pertanto vado a tracciare una retta orizzontale, noto che quello
che verrà lavorata a velocità più alta avrà un grado di usura per tempi minori, diminuendo la
velocità mi aumenteranno i tempi. Vado a riportare tutto quanto su una scala logaritmica e
noto che abbiamo delle rette parallele e man mano che aumenta la velocità queste rette
tenderanno ad avvicinarsi all’asse delle Y . Velocità più alte, tempi di durata minori.

Quindi VB ha una diretta relazione con la velocità, perché? Quando la velocità aumenta,
aumenta la temperatura perché aumenta l’attrito lungo il piano di scorrimento. Aumentando
la temperatura, aumenterà anche la temperatura dell’utensile quindi la zona interessata
potrebbe andare a deformarsi plasticamente ossia cambierà la geometria. Se aumenta la
velocità poi, il materiale tende a essere più duro quindi le tensioni tenderanno ad aumentare e
cosi aumenterà ancora di più la deformazione plastica.

L’usura abbiamo visto che dipende direttamente dalla velocità di taglio. Un altro parametro
da considerare è KT. Nella stessa identica maniera vado a fare delle prove, utilizzando lo
stesso identico materiale. Faccio variare le velocità e negli istanti di tempo vado a misurare i
valori di KT. Noto che nel primo diagramma ho sempre delle rette e sul diagramma doppio-
logaritmico abbiamo delle rette tutte parallele tra loro. All’aumentare della velocità anche in
questo caso il KT tenderà a essere maggiore.

Castel 27 Pagina 28
Invece il Km risulta totalmente indipendente dal tempo ma dipende esclusivamente dalla
velocità di taglio e dall’avanzamento.

Se andiamo a riportare sullo stesso diagramma l’andamento di KT E VB in funzione delle


velocità noto qualcosa di interessante: il KT andrà a raggiungere un minimo tra 20-30 m/min
per poi ricrescere. Perché si manifesta questo minimo?

Sappiamo che il KT si trova sul petto. Quando aumenta la velocità sul petto si forma il
tagliente di riporto, quindi tra 3 metri e 30 metri fino a 300°C ho la formazione del tagliente
di riporto. Questo tagliente di riporto va a proteggere il petto, quindi non ho più strisciamento
tra il truciolo e l’utensile ma tra il truciolo e il tagliente di riporto, quindi lo va a proteggere
(non ho un’asportazione, al limite questa sarà molto contenuta). Da 30 a 150 metri il tagliente
di riporto si va a rompere perché aumentano le temperature; man mano che si rompe il
tagliente di riporto incrementa KT.

Mentre VB ha un andamento più complicato, infatti abbiamo un innalzamento poi ricade e


poi riaumenta. Aumentando la velocità di sollecitazione aumenta la velocità di deformazione,
se aumenta la velocità di deformazione aumentano le tensioni e quindi il tagliente tenderà ad
andare maggiormente in deformazione plastica e quindi si andrà ad usurare. Poi cala perché
le temperature sono più elevate, quindi il materiale diventa più lavorabile e dunque avrò
bisogno di meno pressioni, quindi il tagliente sarà meno sollecitato e si avrà cosi un
decadimento di VB. Oltre un certo valore il calore sarà elevato anche sull’utensile, anche
l’utensile cosi tenderà a deformarsi plasticamente e di conseguenza VB aumenterà di nuovo.

Ripetendo: tra 3 e 20 abbiamo un incremento di VB perché man mano che la velocità


aumenta, aumenta la velocità di deformazione del materiale e quindi aumenteranno le forze di
taglio in gioco e quindi l’utensile andrà maggiormente in deformazione plastica, quindi
tenderà maggiormente a formare il labbro di usura. Dopo un certo valore la produzione di
calore è talmente tanto elevata che porta il materiale a uno stato più morbido che tenderà a
lavorarsi meglio quindi avrò bisogno di meno forze. Da quel punto in poi le pressioni
sull’utensile tenderanno di nuovo a calare quindi abbiamo di nuovo un decadimento del
valore di usura e quindi di VB.

Castel 27 Pagina 29
Se continua ad aumentare la velocità oltre che si andrà a scaldare il materiale, si andrà a
scaldare anche l’utensile; l’utensile raggiunge elevate temperature, diminuisce la durezza a
caldo dell’utensile e quindi questo andrà in deformazione plastica formando di nuovo il VB.

Devo determinare dei criteri di usura che mi diranno quando andare a cambiare l’utensile. Il
cambio di utensile si potrà verificare per esempio perché si raggiunge la rottura che dipende
dalla sezione trasversale dell’utensile quindi dipende da quanto è alto il cratere. Quindi si
prende:

Se il valore è maggiore di 0,1 si potrebbe verificare la rottura dell’utensile

Si potrebbe usare anche un altro parametro che è VB e va a influire maggiormente sulla


finitura superficiale. VB viene fissato pari a 0,3. Se ho un valore superiore a 0,3 la finitura
superficiale è scadente e quindi devo cambiare l’utensile.

Se sto facendo una lavorazione di sgrossatura dove non mi interessa il valore della
finitura superficiale posso andare a utilizzare KT/KM, se invece a me interessa la finitura
superficiale vado a utilizzare il criterio VB minore di 0,3.

Se andiamo a riportare queste curve, quindi come varia VB al variare della temperatura è
molto più restrittiva la condizione di VB pari a 0,3.

Quindi si raggiunge prima VB = 0,3

Quindi quello che normalmente viene preso come parametro è VB < 0,3.

Castel 27 Pagina 30
LA RELAZIONE DI TAYLOR

Cerchiamo di capire quali strumenti abbiamo a disposizione per andare a capire l’usura
dell’utensile.

La prima relazione fondamentale è la relazione di Taylor:

 v = velocità di taglio espressa in m/min;


 T = tempo di durata del tagliente dell’utensile espresso in minuti;
 n = coeff. di durata dell’utensile;
 V1 = velocità di taglio espressa sempre in metri al minuto che determina una durata
dell’utensile pari a 1 minuto. Se sto lavorando un materiale alla velocità di taglio V1
dopo un minuto ottengo un labbro di usura pari a 0,1 mm.

Si vanno sperimentalmente delle prove a velocità differenti, si vanno a riportare tutti i vari
punti su un diagramma V-T e cosi riesco a determinare una retta (diagramma doppio
logaritmico)

La pendenza della retta sarà uguale a -1/n.

Tanto maggiore sarà il numero di prove che vado ad effettuare, tanto maggiore sarà
l’accuratezza dell’approssimazione lineare.

Nelle lavorazioni di asportazione di taglio i parametri di taglio non comprendono soltanto la


velocità di taglio ma anche la profondità di passata e l’avanzamento. Anche questi parametri
hanno il loro peso nel calcolo dell’usura, dunque viene riportata la relazione di Taylor
generalizzata:

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 a = avanzamento (mm/giro)
 = velocità specifica di taglio che consente una durata dell’utensile pari a 1 minuto
nel momento in cui il prodotto

 p = profondità di passata (mm)

Anche qua per determinare la retta si fa lavorare un inserto variando la velocità di taglio. Sul
diagramma doppio-logaritmico ottengo delle rette parallele.

Una volta che conosco 1/n e V1 ossia le intercette, vado a disegnare gli altri diagrammi.

In un caso vado a vedere quello che capita cambiando la velocità di passata, lasciando variare
l’avanzamento, poi faccio la stessa cosa all’inverso. Ottengo:

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Vengono fornite direttamente dal produttore dell’utensile delle tabelle. A seconda della
tipologia di materiale che sto lavorando avrò vari valori di V1, quindi vari valori sia
dell’esponente di Taylor sia della velocità di taglio che determina la durata dell’utensile pari a
1 minuto. E’ interessante che ci saranno dei fattori dei correzione che posso utilizzare per
passare dalla durata di 1 minuto alla durata di 30 minuti (moltiplico quindi V1 per questi
fattori) perché normalmente la velocità consigliata di taglio avrà una durata che va da 7 a 15
minuti.

Ci saranno dei fattori dei correzione che posso utilizzare per passare dalla durata di 1 minuto
alla durata di 30 minuti perché normalmente la velocità consigliata di taglio avrà una durata
che va da 7 a 15 minuti.

Perché la velocità di durata dell’utensile V1 viene espressa in funzione del materiale che sto
lavorando e in funzione del materiale dell’utensile? Il fenomeno di usura dipende dall’attrito,
l’attrito dipende dalla diffusione e la diffusione sarà maggiore quando ho maggiore pressione
e quando i materiali sono simili. Quindi possiamo dire che l’attrito dipende dalla natura dei
due materiali, quindi è normale che devo tener conto dell’utensile e del materiale che devo
lavorare.

Quando vado a utilizzare l’utensile, mi vengono dati dei valori massimi di profondità di
passata, velocità etc.. perché oltre quei valori l’utensile potrebbe rompersi in maniera
precoce.

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Esercizio 2

In questo caso dobbiamo quindi risalire alla durata dell’utensile nel momento in cui questo
viene usato per una prima lavorazione con determinati parametri di taglio e successivamente
con dei parametri di taglio differenti. Coi primi parametri di taglio è noto che l’utensile viene
utilizzato per 12,5 minuti; quanto sarà quindi la vita dell’utensile nel momento in cui variamo
i parametri di taglio?

Poiché rimane sempre lo stesso, vado a calcolare come prima cosa la durata che avrebbe
l’utensile qualora fossero usati i primi parametri di taglio:

Dopo di che so che l’utensile, con tali parametri, è stato utilizzato per 12,5 minuti e pertanto
posso risalire alla vita residua dell’utensile (quanto l’utensile può ancora lavorare):

Ora però devo tener conto che le velocità di taglio sono differenti; quello che so è che
rimane costante dato che sto lavorando con il medesimo materiale (stesso utensile) e quindi
posso andare a uguagliare i primi 2 membri dell’equazione di Taylor.

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Esplicito il tempo che voglio trovare e al posto di usare che è la durata del primo
utensile devo necessariamente andare ad utilizzare il ovvero la durata residua dell’utensile
(l’utensile è già stato utilizzato e per tenerne conto uso il :

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Esercizio 3

Dato che è considerata la stessa coppia materiale in lavorazione e materiale dell’utensile la


velocità risulterà essere invariata; pertanto dall’equazione generalizzata, sostituendovi la
relazione semplificata , si ricaverà l’entità di per poi utilizzarla per la
valutazione della velocità di taglio nel caso d’interesse. La costante dell’equazione
generalizzata che esprime la vita dell’utensile sarà:

Per cui la velocità di taglio nelle condizioni desiderate è:

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