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DE RIDITU SUO

(LA) (IT)
«[Roma] sospes nemo potest immemor esse tui [...] «O Roma, nessuno, finché vive, potrà dimenticarti...
| Fecisti patriam diversis gentibus unam; | profuit Hai riunito popoli diversi in una sola patria, la tua
iniustis te dominante capi; dumque offers victis conquista ha giovato a chi viveva senza leggi.
proprii consortia iuris, Urbem fecisti, quod prius Offrendo ai vinti il retaggio della tua civiltà, di tutto
orbis erat.» il mondo diviso hai fatto un'unica città.»

Il De reditu suo è un poema scritto da Claudio Rutilio Namaziano sulla decadenza dell'impero romano
d'occidente nel V secolo. De reditu suo significa letteralmente "Sul proprio ritorno": Namaziano stava infatti
facendo ritorno da Roma alla sua terra d'origine, la Gallia. Durante il viaggio descrive un impero in
decadenza, influenzato dalle numerose popolazioni barbare ormai infiltratesi in esso, narrandone le passate e
ormai perdute bellezze.

CONTENUTO
Il poema, composto in distici elegiaci, è diviso in due libri e ci è giunto incompleto. La narrazione si
interrompe al verso 69 del libro II, con l'arrivo a Luni, in Toscana; i nuovi frammenti scoperti
nel 1973 contengono parti prima ignote, con accenni alla Liguria.
Il poema inizia con la partenza di Rutilio da Roma, di cui descrive la decadenza non solo morale,
specialmente per quanto riguarda la politica imperiale e senatoria, ma anche del popolo. L'imperatore sembra
vivere una esistenza a parte dalla vita pubblica, mentre i senatori sono dediti a gozzoviglie e arricchimento. Il
popolo romano è profondamente provato dagli influssi migratori del nord Europa, specialmente i Goti, che
hanno fatto sempre più pressione su Roma dalla invasione di Alarico. Tale sfregio a Roma, come descrive
Rutilio, fa apparire il clima molto vicino a una catastrofe imminente, mentre le strade e gli edifici pubblici
non sono più sicuri. Alla descrizione della decadenza, si oppongono ricordi appassionati e lontani della
grandezza dell'Urbe. Il viaggio si sposta nella periferia romana, verso la Tuscia, dove Rutilio è costretto a
partire via mare a causa dell'inagibilità delle strade e dei ponti, specialmente riguardo al degrado della via
Aurelia. Il viaggio dunque prosegue su imbarcazione, con approdo vicino alle coste dell'Etruria, fino
in Liguria. Da lì il viaggio si conclude con l'arrivo in Gallia, superate le Alpi.
Durante il viaggio Rutilio approfitta per tracciare alcune osservazioni sull'epoca contemporanea, e sui
cambiamenti dei costumi. Innanzitutto la diffusione rapida del cristianesimo, che benché i fedeli fossero
beneficiari della legge di libertà di culto da Costantino, per Rutilio essi appaiono come gente rozza e
ignorante che vive nelle catacombe "al di fuori della luce", seguendo le strane dottrine dei vescovi. Altre
testimonianze contemporanee riguardano la commossa descrizione delle città delle province, saccheggiate
dai barbari, semidistrutte e semiabbandonate.

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