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CAESAR VALLEJO - Thomas Merton lo chiamava "il più grande poeta universale, dopo Dante", e il poeta,

critico e biografo Martin Seymour-Smith, una delle principali autorità della letteratura mondiale, ha detto di
lui: "... il più grande poeta del XX secolo, in qualsiasi lingua"

César Abraham Vallejo Mendoza nacque a Santiago de Chuco, un villaggio andino del Perù il 16 marzo del
1892 (anche se ancora oggi la data è incerta). Cresce in questo piccolo paese che all’epoca contava meno di
duemila abitanti e distava cinque giorni di viaggio da Lima, la capitale del Perù. Era il più piccolo di undici
fratelli, fin da bambino conobbe la miseria, ma anche il calore del focolare, lontano dal quale si sentiva
irrimediabilmente orfano. Facendo proprio il desiderio della famiglia di avviarlo al sacerdozio, cominciò gli
sudi in un collegio cattolico. A questo particolare percorso di studi, dobbiamo proprio la presenza di
abbondanti vocaboli biblici e liturgici nelle sue poesie, ma anche l'ossessione di César per il mistero della
vita e della morte. Dopo essersi diplomato al Collegio San Nicolas, si inscrisse alla facoltà di lettere
all'Università Nazionale di Trujillo, dove si riuscì a laureare soltanto 1915 nonostante le ripetute interruzioni
degli studi per lavorare in una piantagione di canna da zucchero. Durante il periodo dove lavorava come
contadino si rese conto di come venivano sfruttati i lavoratori: questa fu un'esperienza che influì sulla sua
visione sia politica che estetica della sua poestica.

Subito dopo la laurea si trasferì a Lima, dove lavorò come insegnante e dove si avvicinò ai membri della
sinistra intellettuale, riuscendo anche a pubblicare il suo primo libro di poesie ‘Los heraldos negros’. Alla
morte della madre nel 1920 tornò a Santiago de Chuco dove venne accusato ingiustamente di furto e
incendio durante una rivolta popolare. Così venne imprigionato per 105, prima di essere rilasciato
dimostrando la propria innocenza. È proprio in questo periodo che maturano le poesie contenute in “Trilce”
(pubblicata soltanto tre anni dopo-1923), la sua opera più famosa, considerata un momento fondamentale
nel rinnovamento del linguaggio poetico ispano-americano. Qui César si allontana dagli schemi tradizionali
di scrittura, incorporandovi alcune novità delle avanguardie letterarie e realizzando una angosciosa e
sconcertante immersione in abissi della condizione umana che mai prima di allora erano stati esplorati.

Nel 1923, dopo aver perso il posto di insegnante a Lima, partì per l'Europa, stabilendosi a Parigi, una volta
partito non farà mai più ritorno in Perù. In Europa comincia a vivere solo di quel poco che gli frutta qualche
articolo scritto per i giornali sudamericani.
Quegli anni furono caratterizzati da un'estrema povertà e intensa sofferenza fisica e morale. Con amici
come Huidobro, Gerardo Diego, Juan Larrea e Juan Gris, partecipa ad attività dell’avanguardia, ma presto
giunge a rinnegare il suo stesso “Trilce”.
Nel 1928 va per la prima volta in Russia e incontra il poeta Vladimir Majakòvskij. Seguono anni di
vagabondaggi in tutta Europa. Dal 1932 in poi risiede a Parigi, ma per un breve periodo nel 1937 si sposta in
Spagna mentre vi infuria la guerra civile.

Nell’anno successivo, che poi si rivelerà il suo ultimo, decise, dopo non “aver voluto” scrivere poesie per
quindici anni, di comporre i “Poemi umani” e le quindici liriche sulla guerra civile “Spagna, allontana da me
questo calice’’. Nel marzo del 1938 viene ricoverato in ospedale. Analisi del sangue, radiografie, esami, non
rivelano niente. É estenuato, soffre di febbri violente e infine muore senza che i medici riescano a capire di
che cosa. Egli muore a Parigi, nello stesso anno, in un giorno di pioggia, come aveva profetizzato in “Pietra
bianca su una pietra nera”, una delle sue poesie più famose. Infine vien e sepolto nel Cimitero di
Montparnasse.

PIETRA NERA SU PIETRA BIANCA – titolo originale ‘piedra negra sobre piedra blanca’ martedì 19 aprile
1938,

Una caratteristica del tutto singolare della stilistica di Cèsar Vallejio è il suo dialogare intimo, silenzioso e
profondo con la morte, o meglio, con il senso della morte. Nella poesia ‘pietra nera su pietra bianca’ si
spinse in questo misterioso dialogo, a tal punto da predirne e descriverne la propria morte, attraverso
questo sentimento perenne di sofferenza che tracciò fin dall’inizio le linee principali del suo destino. César
se deve morire vuol morire a Parigi, nel bel mezzo di una giornata di pioggia, senza fretta, in un giorno
preciso, forse di autunno, di giovedì. Nella poesia abbiamo da una parte il dolore, dall'altra la solitudine,
data probabilmente dalla morte delle persone a lui più care.

Cesar Vallejio ci presenta appunto Parigi come un luogo dove voler riposare per sempre, alludendo così ad
una specie di locus amoenus, cioè un luogo dove poter finalmente riuscire a trovare quella serenità, che
nella vita terrena non ha trovato. Il locus amoenus, (tradotto letteralmente “luogo felice, sereno, ameno”)
indica, nella tradizione letteraria classica, il topos di un luogo ideale, in mondo un perfetto ed estraneo alle
tensioni del mondo urbano e cittadino. Qui si svolge la vita serena e pacifica di contadini-pastori che si
dedicano al canto, al suonare il flauto per accompagnare le loro giornate e alla poesia. Nelle letterature
classiche, è un elemento assai ricorrente: basti pensare all’isola di Calipso in cui sosta Ulisse nell’Odissea
omerica, o alle Bucoliche virgiliane, dove è il genere stesso a prevedere uno stretto legame tra il testo
letterario e la rappresentazione di un paradiso terrestre felice e protetto. Nella poesia di Vallejio però
questo particolare topos letterario, in un certo senso non allude a questo paradiso terrestre dove l’uomo
ritrova il contatto con la natura e perciò con la propria pace interiore, bensì ad un luogo ideale dove
trascorrere il proprio sonno eterno. Infatti Cesar in Parigi ritrova questa caratteristica, da lui ritenuta molto
importante, per riuscire a raggiungere una tranquillità ed una serenità che durante la sua esistenza terrena
non è riuscito a trovare in nessuna parte dopo l’allontanamento dalla famiglia e la perdita delle persone a
lui care.

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