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ANN O XIX • N.1\- 12 NO VE MBRE-DICEM BRE 1949 F ASC ICOLO N.

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L A Po R TA O RIEN T A LE
R IVISTA GI U LI A NA DI ST ORI A P OLITI C A ED ARTE ~
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CARLO GOLDONI E GLI ATTORI
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I COMICI DELL'ARTE
-LA COMPAGNIA IMER (1734-,743)

La comm edia italia na , come letteratura , e sistette dal Cinquecento in


poi nei libri e nelle rappresenta zioni sa ltuarie d i q ua lche gruppo d i dile t-
tanti; come spettacolo, v isse n elle compagnie dei cornici dell' a r te che si
creavano da sé le commedie recitando. Il teatro italìano nacque poichè
l'autore e g li a!tori si furono incon trati e accompagnati., e questo avvenn e
con Carlo G oldoni. Ci voleva lo scrittore che non fosse a ttore, ma, come
il Goldoni, avesse propensione ,simpatia e stima per gli attori, ne cono-
scesse le q uali!à buone e cattive e s i m ettesse in mezzo a loro a collabora -
re a l · miglioramento o, se preferiamo usare il termin e classico e storico,
alla «riforma» del teatro. Egli fu per sua confessione un cattivo recitante,
ma d i n a!ura appassiona to e curioso d el teatro; ricco di esperienze prati-
che e d i cognizioni le tterarie e teoriche, più che di solito non · gli -si v oglia-
no riconoscere, coordinate in un agile e lucido temperamento d i ·uomo e di
artista; non credette di sminu ire e comprorÌ:letter~ la sua d ig nità d i avvo-
cato e di console (a nzi ci tenn e a qualificarsi, sul fron tispizio d elle com.me~
die col titolo di «avvocato») con l'accostarsi agli a ttori e far vita in comu ne
con loro; però con -loro non •Si confuse, e conservò intatto il proprio criterio
di scrit:ore e di commediografo.
Nei Mémoires egli ha raccontato la sua vita e la sua op era cOme
in una colossa le azione scenica, sapientemente d istribuita n ei suoi ele-
menti d i preparazione, di sos!a, di sorpresa, di soluzione. Vi sono in certo
modo cinque atti, di varia ampiezza: il primo si ch iude col colloquio con
l"a tlore Casali in Milano. il secondo con la vi-sita del Pantalone d'Arbes
in Pisa, il terzo e il quarto in Venezia con l'ul!imo d i carnevale del 1751
(I pe ttegolezzi delle donne) e con Una de!le ultime sere del carnevale nel
I 762, il q uinto con la rappresentazione del Bo urru bknfaisa n t in Parigi.
Non vi manca nemmen o q ualche fan tas!ica a llegoria come quella dell'au-
spicio di spettacoli e d ovizie , goduto sin che vis.se il nonno, H quale dai
documenti è dimostrato che gli premorì. Egli riassunse così la sua v oca-
zione d i poe ta dram~atico: -:so che ho p fincipiaio senz'animo d i c on tin ua-
re , e ho continuato senza pote r più finire >. · ,
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Però questa prefornnazione dell'autore dJ teatro è giustificata dalla


vocazione chicrramente definitasi attraverso casi vari ed anche apparente-
mente avversi, che lo portò alla riforma del teatro italiano. Ne lla sua vita,
negli studi, nelle professioni, nelle dlmore egli sembra abbandonarsi alla
CIVVentura e tuttavia ritorna sempre, di conscia volontà, al teatro, sino a
che, chiarite a sè s tesso la tendenza e la capacità d el proprio spirito,
acquistate le necessarie esperienze genera li e particolari, entra in quella
eh' era la sua via destinata .
La ,commedia del!' arte» era allora, come fu ripetuto del !eatro ita-
liano sino ad oggi, in crisi, soprattutto sotto la concorrenza del melodram-
ma. Questo a lla cui formazione cooperano e confluiscono tutte le arti, è lo
spettacolo per eccellenza che richia ma ed a llerra le folle ; alla prima im-
provvisa pienezza e disordinata e lussureggiante vegetazione del Seicento
stava succedendo un processo di sfrondamento, semplificazione, regola-
zione per opera di Apostolo Zeno e di Pielro Metastasio .

Che il Goldoni da bambino abbia g iocato con le marionette, da ra-


gazzo abbia composto una commedia e recitato in un gruppo di costanei,
da adolescente sia penetrato nella retroscena ed abbia cercato la fami-
gliarità d ei comici, non sarebbero ancora fatti sufficìenti perchè dovesse
sboccare nella carriera del poeta comico, se a questi non fossero successi
altri molto più significa!ivi del suo contatto con gli a ttori, che noi possiamo
seguire nelle sue notizie autobiografiche ita liane (così quelle contenute
nelle Prelazioni ai diciassette tomi dell'edizione Pasquali, come le a ltre nel-
le Introduzioni a lle singole commedie) meglio c he nell'autobiografia fran-
cese, perchè in questa doveva tener conto del pubblico particolare cui
erano già per il fatto della lingua rivolte, in quelle, più vicine all'avveni-
mento, 1a memoria gli soccorre meglio, e perdurava in lui quell'interesse
per gli attori; che poi non gli convenne di mettere troppo in vista.
Nella primavera del 172 1 a Rimini, dove fu collocato dal padre
a studiare filosofia, ebbe occasione di sentire un intiero corso di commedie
e di conoscere anche davvicino i camici e la loro vita. Parecchi anni
dopo scrisse che v i giunse «una compagnia di cattivi comici a rappresen-
tare le loro tristi commedie», ma allora g li parve uno zucchero e fu
contento dJ fornirli di dialoghi, soliloqui e simili ornamenti da commedia
dell'arte: il suo primo contributo se non proprio a riformarla, almeno a
non guastarla. Però Florindo dei Maccheroni, il capocomico e primo amo-
roso, un napolitano, era, a dir del Bartoli, un comico che unir sapeva alla
prontezza delle parole l'argutezza dei .sali; e giocava meravigliosamente
delle •Scene insieme col Pulcinella.
Negli anni successivi fu assiduo frequentatore di tea:ri. Nell'estate
del 1722 si trova a Venezia a far pratica nello studio dello zio avvocato
Indrich : «l'abitazione del zio era vicinissima a l teairo d i San Samuele,
dove 'in quel temp0 brillava la miglior compagnia de' commedianti di
Italia, ed io sacrilicavo ad essi il mio piccolo tesoretto, e tu~te le sere· che
mì restavano in libertà, cercavèr mille preteSti per isfuggire dal !avelino e
correr al mio diletto teatro, . Nelle vacanze del 1724 non voleva saperne
di abbandonare Venezia, e certo per la s!essa ragione. Dal!' estate del J 725
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al carnevale ~el 1726, in Udine, dove si trovava per studiare diritto civile
e economico, 11 teatro era la solita sua distrazione . Nelle vacanze del 1727
il_padre s~ serv.e del teatro per dissipare un s uo proposito, non molto con-
s,sten te, di farsi frate. Nel 1729, in Feltre, conobbe la compagnia d i Carlo
Veronese, di cui troverà a Parigi la figlia, allora ancora non nata la fa-
mosa servetta Cam illa: «la compagnia non era cattiv a ; il d irettor~ mal-
grado il suo occhio d i vetro, sosteneva le parti di primo amoroso:.'. Con
lui era una sua antica c onoscenza, Florindo dei Maccheroni, che per e sser
vecchio non recitava ,se non da re nella tragedia, da padre n obile nella
commedia; certo lo condusse sul palcoscenìco e gli presentò i compagnl
d'arte.
Il G oldoni si pose a lla testa di alcuni d ilettanti e fece loro recita re,
naturalmente senza la musica, due melodrammi del Metastasio a modo
di tragedie, la Didone abbandonata e l'Artaserse (nei Mémoire; il SirceJ
e scrisse per loro due lnt'ermezzi comici Il buon vecchio e La cantatrice
senza musica come pare anche questi. Il Goldoni indica il primo nel
Catalogue des pièces, come comédie en deux actes, en prose, e probabil•
men te fu tale c:mche il secondo, prima di diventare La pelarina.
S eguono gli a nni della morte del padre (9 marzo 1731), della laurea
(22 ottobre 1731), della pra!!ca avvocatile (1 0 maggio 1732), nei quali ebbe
minor tempo e d occasione d i indulgere a lla passione del teatro; anzi la
sua nuova posizione sociale gli sembra poco conciliabile con l'esercizio
dell'autor comico e intanto che attende i clienti,... si mette a scrivere una
tragedia lirica o dramma per musica che si voglia dire, nella lusinga di
ritrarn e un lauto c omp ens o. Ogni tanto avviene nella vi!a del Goldoni un
colp o di scena, c he, a dispetto di tutte !re le unià aristoteliche, lo balestra
fuori d i Venezia e lo mette a contatto con le altre parti d'Italia, di cui vie--
ne a conoscere la d iversità del t0mperçrrnento e l'unità del costume. Così.
nel febbraio del 1733 capi!a in Milano ed ha modo di far conoscere a l-
l'impresario ed ai cantanti di quel teatro la sua Amalassunta. La loro di~
sapprovazione per la nessuna c orrispondenza agli usi teatrali è così recisa
e drastica ch'e g li brucia il manoscritto e si rivolge risolutamente al · teatro
comico, a l quale l'aveva consigliato di dedica rsi iì conte Parmenione Tris-
sino di Vicenza. Con lui aveva esaminato le condizioni del teatro italiano
e d'accordo avevano concluso che il ten!ativo d i riforma compiuto da Sci-
pione Maffei era stato troppo violento e «bisogn.:::1va condurre a poco e
po::::o gli spettatori a gustare il meglio per innamorarli del buono >.

L'episodio dell'Amalassunta, molto noto a~traverso la sceneggiata


norrazione dei Mémoires, de terminò per esclusione la strada de l G oldoni;
egli la trovò, alcuni mesi dopo, ne-1 conta tto con la Compagnia comica
dell'Anonimo e nei colloqui con l'attore Casali. Anonimo si faceva chia-
mare un bizzarro medico di valore, Buonafede Vitali, che da ciarlatano
vende va i suoi specifici e dava i suoi consulti in piazza, accompagna_n-
dosi per richiamo ad una comp~g~a comica cosiddetta «~alante:» che ~i
sera dava regolari rappresentaz1om nel teatro. Il Goldom, con.ente p iu
degli a ttori che delle loro comiche rappresentazioni, s 'introd.uss·e sulla
scena, fece amicizia con alcuni di loro e passava U su o tempo ad esami-
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nare i loro caratteri, i loro c ostumi ed i loro maneggi. Si strinse in fami-


gliarità con Gae tano Casali, ottimo a ttore che faceva il p rimo amoroso
col nome di Silvio. Scrive il Goldoni: , Trovando il Casali uomo onesto e
civile, ed il meglio istruito degli altri nel suo mestiere, mi legai c on esso
lui partìcolarmente, gli svelai la mia inclinazione per li comici componi-
menti, il desiderio ch'io aveva di far una prova del m io talento, ed il
bisogno ch'io aveva di sapere, se i commedianti aveano delle regole così
insulse e così stravaganti, come avea trova to fra i musicisti. Il Casali è
uomo serio, ma non risparmia i termini, q uando si tratta di dire la verità.
Mi ha fatto un de ttaglio esatto delle regole non della Commedia, ma da\
Commedianti, che mi ha fatto talvolta ridere e talvolta a rrabbiare . La
regola pi ù ridicola d elle a ltre, e che mi ha p iù disgustato, è questa : Le
prime donne, i primi amorosi non cedono le p rime parti a nessuno. Sieno
vecchi, cadenti, non lasciano di rappresentare le parti d i giovani amanti,
di semplici giovanette, e che la c ommedia precipiti, e che il teairo perisca,
piuttosto che perdere il diritto del loro pos!o. Questo non è ancor tutto. Se
la prima donna è di carattere dolce, inclinata a l patetico, e- che la prima
parte di una commedia o di un'opera sia di un personaggio coUe.rico, tra-
sporta to, furioso, la prima at!rice preferisce di rendersi odiosa a l pubblico,
piuttosto che cedere ad una seconda la parte che meglio le converrebbe.
· Gli uomini fanno lo stesso.... Ma (dissi io allora) chi facesse un componi-
mento nuovo, e lo desse ai comici, e li pregasse di arrendePsi a lla distri-
buzion delle parti? ... Non Signore (m'interruppe il Casali), voi n cn fareste
niente. Vo i riuscire ste a far cedere i comici in tutti gli altri articoli delle
loro regole; ma in questo non lo sperale•. A questo punto il Goldoni non
si ritirò scoraggiato, come aveva fatto dinnanzi alle pretese d ei cantanti;
prese posizione con un a±teggiamento che fu decisivo per la sua rHorma
artistica ed cmche per la sua vita.
«Bisognerebbe dunque (ripresi a dire) comporre un' opera precisa-
m ente adattata ai caratteri personali di quei che devono rappresen!arla.
- Oh' sì (rispose), sì certamente, se un autore volesse a ciò suggettarsi,
sarebbe quasi certo della riusci!a. In fa tti il Casali avea gran ragione di
così parlarmi. L'ho provato in- seguito per ·esperienza. Sono i comici tutti,
e buoni e cattivi, e italiani e francesi, inflessibili su questo punto, e tutte
le opere teatrali che h o p oi composte, le h o scritte per que lle persone ch 'io
conosceva, col caratiere sotto g li occh i di quegli attori che dovevano rap-
presentarle, e ciò, cred'io, ha molto contribuito allb: buona riuscita de ' miei
componimenti, e tanto mi sono in ques:a regola abituato che, trovato l'ar-
gomento di una commedia, non di.segnava da prima i personaggi, per poi
cercare gli attori, ma cominciava ad esaminare gli attori, per poscia im-
maginare i caratteri degl'interlocutori. Questo è uno de' mi.ei secreti». E'
un secreto che può servire solo a chi ha la forza artistica del Goldoni; ma
intanto lo obbligava ad entrare durevolmente in m ezzo ai comici, sovver-
tirne le regole e le abiì.udini, aiu tmli a scoprire in sé spiriti, finezze, capa-
cità Jatenti nell'inerzia del mestiere, e lavora re sul vivo come i pittori che
nei quadri storici o fantas!ici riproducon o i ritra tti d elle persone loro
vicine; qualcosa di simile [acevano in quel tempo i maestri dì m us ica
quando •ricevevano l'incarico di musicare un libretto per un determ:nato
complesso di cantanti, ed adattavano alle voci e alle possibilità di quelli
la tessitura delle parti. Occorreva però nel commediografo un'abilità d i
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istruire e formare i c omici, qu~e egli a llora non sapeva di p ossedere. Ed


il Goldoni stett~ ancora ad esaminare e controllare se ste sso, ed attese
quindici anni prima d i legarsi definìtivamente c on gli attori. Eg,li era facile
ed avventato nel compromette rsi in imprudentì impegni, ma· sapeva ·es'Ser
a cuto ed avveduto, quasi timoroso n elle risoluzioni definiti.ve, come fu
l'abbandono di ogni a ltra attività e la dedizione completa al teatro; come
fu il matrimon io, così •s aggio e felice, con Nicoletta Connio.

Nella Compagnia dell' Anonimo il G oldoni fece le s ue prime espe-


rienze d irette con la commedia dell'arte , cioè con i comici ed i loro usi;
vi conobbe l'indefiniìto oscuro disagio degli a ttori migliori, c ome il Casali,
che -senti.vano manca rsi il terreno sotto i p iedi e cercavano di resis tere alla
frana con ogni loro v olontà. Le prime parti vi erano tenute da bravi arti-
sti: l'amoroso Gae tano Casa li, il Panta lone Francesco Rubini, la donna
che pare fosse Marta Davia; g li a ltri valevcmo molto meno, e non ce ne
sono rimdsti i nom i. 11 Goldoni che a llora fungeva da segretario p resso il
Residen te Vene to e dedicava al .teatro tu tto il tempo libero, scrisse per
loro una quantità d i soliloqui, d i rimpro veri, di d isperazioni, di dialoghi,
di dichia razioni e d i concetti amorosi, fornì l'i ntermezzo destina to a richia-
ma re il pubblico co n la musica, e cioè I sdegni amorosi tra Bettina putta
de campielo e Buleghin barcariol venezian , divenuto p iù tardi 11 gondo-
liere, e s'impegnò d i scrivere una tragicommedia: tutto come si v ede en! ro
i limiti del tea :ro dell'arte . L'affare della tragicom media andò così : sentì
invitare, cioè a nnunziare per sei g iorni di seguito il Belisario, ch e alla
rappresentazione fu una cosa scellera ta . Ne ridevan o com e d i una b irl:-o-
nata anche i comici; ed il Gold oni chiede con tono p atetico_: Perchè anm.m-
ziarlo con tanta pompa, se sapevate ch'egli è cattivo, - Il Casali risp::>se:
Voi non sapete le regole ; q ues!a chiamas i un' arrostita. Vuol dire che,
quando si vuol fa re una piena, si invitc;x il popolo sei giorni prima; noi
facciamo il possibi'le, perchè piaccia , e se non p iace, non è colpa n ostra.
Ma il danaro non torna ind ietro. - Ed il Goldoni conclude : Ora cap 's co
che cos'è l'arrostita. Mi d ispiace che avete arrostito anche me e che avete
abbrustolato e ridotto in cenere il povero Belisario. - Il Casali, che ama-
va le p:rrti eroiche, sos!enute, imperios-e, ne approfittò per pregarlo: Voi,
Signore, voi dovres te render l'onore a questo gran Capitano e cominciar
da quest'opera la carriera che desiderate in traprendere. - Il G oldoni ac-
colse la proposta di ripulire ed accomodare quel disgraziato Belisario. Ne
aveva già compìu:o il p rimo atto, quan do una ventata di avvenimenti lo
tolse di là e lo depose, la sera d el 6 luglio 1734, nell'arema di Verona,
dove recitavano i comi.ci del teatro veneziano a San Samuele _ Q ui con-
viene riprodurre il suo racconto: «Osserva i che l'udi torio rideva, ma al-
cuni ch e mi erano pil1 vicini, e che rideano più sgangheratamente degli
altri, diceano al tempo stesso ai commedianti: Baroni! [cioè «birbanti» J -
Rideano, e lor diceano baroni. Pensai a llora a l m io antico progetto, e di-
ce-a fra me st8'SSo: Ohi s 'io potessi arrivare a tanto di far gridare gli s,pet-
tatorl senza che dicesser Baroni!
Era in questo pensier conceTltra to, quando la voce d i un a ttore, che
mi parea di conoscere, mi risvegliò. Q ual fu la mia sorpresa, quando vid i
su quel iea tro il mio Gaetano Casali, ch'io avea lascia to in Milano con la
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.compagnia dell'A nonimo, e per il quale composto aveva ìl mio Belisario [


Abbandono immediatamente il m io posto; monto sul palco; attendo ch'ei
finisca la scena; entra, mi vede , mi abbraccia e mi doma nda nuove di
Belisario. Con qual con ten!o appres'egli ch'io l'aveva finito! Mi prende
per mano e m i presenta a:ll'Imer, suo came rata e dire ttore d ella Com pa-
gnia, e mi annunzia per un autore, da cui si potea sperar d e lle c ose b uo-
ne, e specialmente un Belisario nove llo. Sare bbe egli in g rado di com~
porre degl'intermezzi? disse subi;o il direttore . Sì, rispose il Casali, ne h a
composti per noi a Milano, e la Cantatrice ed il Gondoliere sono le p rime
prove del s uo talento. - Bravo, soggiunse l'!mer, bravissimoi se vorrà
im p legarsi per noi... » Le cantatrici degli interme zzi eopraggiungon o e gli
si raccomandano; il g iorno dopo in casa dell'Imer il ·Goldoni legge a 1uHi
gli attori il suo Belisario.
Alla fine d ella lettura - narra il Go'ldoni - d 'lm er con g ravità mi
strinse la mano assicurandomi della sua approvazione, ed il Casali inte-
nerito n on p oteva parlare. Mi domandarono alcuni se sarebbero stati
assai f.ortuna ti per recitare eglino i primi la mia tragedia. Il Casali rispose
con un p oco di vanità: Il signor G old oni l'ha scritta per m e·. Accordai
ch'era ~ero, ed ei la prese e la portò seco, e si ritirò nella sua camera per
copiarla. Partiti g li altri, resta i solo coll'Imer. Questi era un uomo colto e
pol_ito, il cÌuale non contento della sua sorte in Genova, dov'era nato, si
diede all'arte d el comico, nella q uale potea far spiccare ii suo talento e
sodcUsfare il suo genio, portato ad una viia più comoda e più brillante.
Riusd p assabilmente nella pa rte degli amorosi; rr.a come era g ross o e
picciolo, e ·di collo corto, la sua figura non gli dava alcun vantaggio. Sa-
re bbe stato eccellente per i Car::i:'.teri, ma in quel tempo non .;-ra~o in cre-
dito le com.medie ài cotai genere, e come g l'intermezzl erano stati abban-
donati dagl'imPresari delle opere in musica, pe.r sosHtuirvi i gran balli,
pensò l'lmer d 'in trodurli nelle tragedie, rappresentate dai comici. Ciò g li
riuscì a meraviglia; ed egli unìto a due donne da lui istruite, facevano la
principale fortuna di quel teatro [ di Michele Grimani a San Samue le ], e
gli riuscì col s uo merito e colla sua condotta di guadagnar l'anim o e il a
confidenza de1 Cavalier proprietario, il q ua le gli conservò non solo gli
onori e g li u tili di p rimo mnoroso, ma lo fece direttore e quasi dispotico
della Compagnia•. Il Goldoni acce ttò di scrivere gli intermezzi ; ed osser-
va: «Eg li è vero ch'io avrei più volentieri composte delle commedie cli ca-
rattere, ma pensai che, quantunque g l'intermezzi non sie-n o che c ommedie
abbozzate, sono però suscettibili di tutti i caratteri più comici e più origi-
nali, e che ciò potea servirmi d i p rova e d i esercizio, per trattarli u n gior..
no più distesamente e più a fondo nelle grandi commedie» . E così fu:
neg li intermezzi si trovano, a cdsì d ire, le ann obzion i , g li appun ti, g li
schizzi di personaggi e di motivi che ritroviamo, svolti con arte magistrale,
più tardi nelle commedie. E' un p o' q uel c he fece il Pirande llo con le nc-
velle, da cui trasse gli elementi per le commedie e le azioni cinemato·
g rafiche.
Il Goldoni rimase a Verona, ospite d ell'lmer, e questi sulla fine del
settembre, quand o il teatro <Sta va per riaprirsi a lla consueta s tagione au-
tunnale, lo condusse nel p roprio calesse da posta a Venezia e lo alloggiò
nella p ropria casa. «Era - egli ricorda - un 'ora d i notte, quando colà
a rrivammo: sortii di casa immediata men te; e a ndai a fare una corsa per
CARLO GOLDONI E GLI ATTORI 249

la cit!à. Volli subito rivedere il mio Ponte di Rialto, la mia Merceria, la


mia Piazza San Marco, la m ia Riva degli Schiavoni. Che bel piacere in
tempo di notte trovare le strade illuminate e le botteghe aper!e e un'af-
fluenza di pcpclo come di giorno, e un'a bbondanza di viveri dappertutto,
sino e dopo la mezza notte, come trovasi in altre città la mattina cd mer-
cato! Che a llegria, che vivacilà in quel minuto p opolo! Cantano i vendi-
tori spacciando le merci o le frutta loro: cantano i garzoni ritornando dalle
botteghe a lle loro case: cantano i gondolieri aspettando i padroni : cantano
per terra e ·p er acqua, e càntasi non per vanità ma per g ioia» . E' come il
presentimento d ell'inizio di una nuova vita: il primo di nove anni (1734-
1743), il tempo p iù allegro della sua vita, forse il più felice, non il più glo-
rioso, che trascorse tra i comici di cui . ass~ondava le tendenze, tra gio-
v ani «servette» e cantcmti, che gli facevano la corte per essere curate
sulla scena; divertendosi nei viaggi coi quali seguiva la compagnia; e
infine il tempo q uando si ammogliò (22 agos to 1736).

Il giorno dop o dell'arrivo si recò alla provci di una commedia nuo-


va dell'Arlecchino. Più tardi - racconta - .fui presentaJto da ll'Imer a Sua
Eccellenza il signor Miche le Grim ani, il secondo de' cinq ue fratelli padro-
ni del teatro di San Samuele; e il Cavaliere di cuore n obìle e- generoso,
e di maniere dolci e sO<IV'i, mi accolse con estrema bon tà; e a ll'insinua-
zione dell'Irner mi stabilì p er Compositore, c on un onorario non molto con-
siderabile, ma che poteva bastarmi per il mio bLsogno d'allora>. In segui-
to di tempo glì aggiunse J'inçarico di rimaneggiare, adattare e poi anche
scrivere i libretti dei drammi serii per ·m usica, che si rappresentavano nei
due teatri di San Samuele e di San G iovanni Crisostomo e, col 1737, gli
affidò la direzione d ella stagione di musica che si dava nel secondo tea-
tro per la fiero dell'Ascensione.
Il poeta prese contatto con i maestri di musica ·per erudirsi in quelle
regole che non aveva osservato nell'Amalassunta. Ms ravigliò il grande
mae stro ab. Vivaldi, il cui incontro è descritto in una vivacissima scena dei
Mémoires, c on la pron!ezza, la facilità e la perfezione con cul ebbe cam-
biate le parole in un'arietta (primavera 1735): più tardi (primavera 1740)
sottopose al giudizio di Apostolo Zeno un suo melodramma e ne rìce ve tte
avvertimenti e consiglì. Rimaneggiò il Cesa:-e in Egitto del Bussani ed
«assassinò», dice lui, la Griselda dello Zel1o; scnss-e per il San Samuele
La generosità politica (maggio 1736), Gustavo Primo Re cii Svezia (26 mag-
gio 1740), Sta/ira (l i maggio 1741) e per il San Crisostomo Orante re de'
Sciti (carnevale 1741), Tdgrane (autunno 1741), e, semb ra, a nche il Giustino.
Ma anche per i comici dell'Imer che, come sappiamo, si sen1iva por-
tato alla musica e vi rìcorse per s ostenersi contro la concorrenza àei melo-
drammi, ebbe parecchio da a dat!are e scrivere; anzi è proprio nel teatro
S. Samuele che dall' q: ffitermezzo» si svolge la commedia giocosa in m u-
sica. Per la Compcrgnia di quel teatro il Goldoni scrisse gli «intermezzi»
La pupilla (ott. 1734), La birba (curnovale 1735), L'ipocondriaco (ott. 17351,
Il Wosofo (au.lunno 1735), Monsieur Peliton (carne vale 1736), La bottega da
caffè e L'amante cabala (autunno 1736), Amor la l' uomo cieco (maggio
1741); il ,divertimento per musica, La /ondazion di Venezia (autunno 1.735),
250 ATTÌLIO GENTILE
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il «dramma eroicomico» Aristide (autunno 1735), ì1 «dramma comico in
musica» Lugrezia Romana in Costantinopoli {carnevale 1737), e infine la
«commedia per musica» La contessina {autunno 1742).
Tuttavia persisteva nel proposito di dedicarsi alla commedia, ma
intanto indulgeva ai gusti, alle predilezioni, alle consuetudini degli at:ori,
dei qua li dà l'e lenco e notizie particolareggiate. Molti ·furono !ra loro i
cambiamenti; ne do il loro stato a l principio delle quaresime 1734 e 1738.

1734 1738
primo amoroso di titolo
e dire ttore, Giuseppe Imer- Giuseppe !mef'
primo amoroso Antonio Vita.J,ba, Ottavio Giusewe Simonetti
secondo amoroso Gaetano Co-sali, Sflvio Gaetano C:isali, Silvio
terzo amor oso Tommaso Monti G a spare Zorni
prima donna Andriano Bas10n ::1, detta la Maria Bastona, figlia, Aur-eli.a
Bastona vecchia
prima donna a vicenda: Cecilia Rutti, la Romana Cecilia Rutti, la Remano
seconda donna Giov.::mna Casanov~, Zanetta Antonia Sacchi, Beatrice
o la Buranella
l erro donna Paolina Imer Paolina Imer
servetta Pontremoli Andriano Sacchi, SmE<roldincr
primo VGcchio Andrea Cortini, Pm1ta!one Francesco Bruna Golinelli,
Pantalone
secondo vecchio Giuseppe Monti, Dollore Ro drigo Lombardi, Dottore
primo · zanni Pi-stra Gandini, Brighella Forlunalo Colombo, Br'.ghella
secondo zanni Antonio Co.atanlini, Arlecchino Antonio Sacchi, Trulfaldmo
canlolricj Agnese delle Serenata, Rosina CoSta
glie di Pietro Amurat
Marianna Imer Marianna Ime r
Teresa Imer Teresa Irner

Le parti serie e rano miglior{ che non quelle da maschera, e ripor-


tarono un vero trionfo nella recita del Belisario (24 novembre 1734). Dice
di loro il G oldoni: ,Il mio Casa li era fatto apposta per il carattere di Giu-
stiniano, e sostenea egregiamente q uel personaggio, grave, in:elligente
ed umano. Teodora imperatrice, vana, ,superba e feroce, non p oteva esser
meçrlio rappresentata: la Bastona 1a sostenea a meraviglia, e s'inves1iva
sì bene di quel cara ttere odioso, che più e più volte i gondolieri ch'erano
nel parterre, la caricavan d'ingiurie ch'erano insulti alla par '.e rappresen•
tàta ed applausi a-lla brava aitric<?. La Romana faceva p iangern nella par-
te tenera ed interessan'.e di Antonia; ed il Vitalba, malgrado qualche li-
cenza comica, ch'egli si prendeva di qua ndo in quando, sosteneva talvol•
ta con forza ed a rte maèstra la dignità di un capitano valoroso, in trepido
e perseguitato» . Alle parti serie toccaya, come dicono i c ommedianti, di
giocar le maschere, rcioè sostenere le scene giocose colle quattro maschere
e farle risaltare e brillare, ma talvolta il Vitalba (ed anche la Bas:ona)
cercava d i cavar la risata, e non esitava a rovinare la c ommedia, quan-
do il potea riuscir di fa r ride re . Quegli attori domandavano al Goldoni
la tragedia, ed egli ne scrisse loro parecchie che però chiamò «trag icom·
medie», ripulendo da lle volgarità e da:lle sguaia taggini i soggetti tradi-
zionali ra,ppresenlati dai comici dell'arte : Rosmonda {carnevale 1735),
Don Giovanni Tenorio (24 febbraio 1736), Rinaldo di Mont' Albano (16 d ic.
1737), Enrico re di Sicilia (26 d ic. 1737), e mise In versi la prosa nella
quale, ad uso dei comici, il Pariati ave,v a ridotto il melodram ma Griselda
CARLO GO[OONI E GLI A'ITORI 251

d i Apostolo Zeno (estate 1735), introducendo per il suo Casali la parte


del padre, un vecchio tenero, prudente, d iscreto.

Sin allora s'era accontentato d i àssGcondare le consuetudini dei


comici a nche in quella aspirazione di miglioramento ch e osc uramente
si faceva strada in alcuni d i loro. D'altra parte gli aitori che aveva a s ua
disposizione,, n on erano i più facilmente educabili. Il Pantalone Andrea
Cortini, com'egli riferisce , «non era buon parlatore, ma gran Jazzista e
ottimo per li zanni, e contraffaceva assai bene i personaggi ridicoli, e so-
prattutto era cmnmirobile nelle scene di spavento e di agJazione» . Giu-
seppe Monti, Dottore, riusciva bene nel carattere di Pe; ronio, cicè una
maschera bolognese, «uomo di buona fede, facile a lasciarsi inganna re:. .
Pie:ro Gandini, Brighella, era un o struordinario trasformista, «arrivato in
una s ola rappresentazione a cambiare d:ciot!o volta d'ahto, di figura e
di linguaggio, e sosteneva -m irabilmente diciotto caraJeri diversi.» A ntonio
Costantini, Arlecchino, «aveva degli adornamenti che attiravano il basso
popolo, era gran saltatore·, e giocava ·mirabilmente sopra la corda». Non
erano certo questi gli attori, da c ui, per studiati che li avesse, po'.esse
sperare più d i quello che s 'erano avvezzi a dare, nè tali da ccnlribuira
al formarsi di quella commedia di carat!ere, ch'era l'aspirazione del
Gold oni. Egli ne diede un piccolo ma esplicito annunzio per l'inaugura -
zione della s tagione autunna le del 1735: «richiedevasi un cornp li,mento. Io
desiderava di ·farlo; ma la Bastona (la p rima attrice), che aveva il suo
recitato trent'anni di se guito in tutti i pa esi dove erosi presentata, non si
curava d'impararne un nuovo. Mi venne in mente di fare una novità» . E
precisamente dedicò tu tta la p rima serata alla presentazione della Com-
pagnia con un triplice spettacolo. La prima parte era un'acca demia lette-
raria in cui ciascun attore lesse un comp onimento in lede di Venezia o
dell'uditorio, dopochè il capocomico ebbe tenuto tm discorso sui dDveri
dei c omici, cioè una specie di t:prograrnma» del G oldoni. Seguì una com-
media in un atto affidata crll'Ar/ecchino, il Campagnani, che se la cavò
inolto male. Da terza parte servì il «diverUrnento musicale» La fondazion
di V enezia , nel quale cantò, si può clire, tutta b: compagnia; l'Imer, l'A-
gnese delle Serenate, la Passa lac qua, il Gandini brighe/la, il Campagna-
ni arlecchino e il Casa li. L'anno seguente, 1736, Ieee rioetere La fon.dazion
di Venezia e vi premise «La gara tra la Commedia ~ la Muslca», dove
la prima reclamava i propri diritti di fronte a lla second a ; in questo p ro-
logo è chiaramente delineato il suo proposito di · sollevare la Commedia
dal discredito nel quale era stata rid otta dal ba.ldanzoso e prepotente
trionfo nella Musica, con un atteggiamento non diverso da quello del-
l'Alfieri che si compiacque dei suoi versi, duri e sten tati, ma !(non ccmtati» ,
che d ovevano far pensare gli Italiani.
Dice la Commedia alla Musica :
Non andrai sempre fastosa.
Verrà un dì che l'orgogliosa
Fronte tua sa prò um iliar.
E l'altra:
Ve rrà un dì, ma inktnto fremi.
252 ATIILIO GENTILE

Fra le d ue si p one il Genio dell'Adria , cioè il pubblico venezia no


concludendo che la commedia aveva bisogno, per rialzarsi, della m usica.,
e la -musica stessa doveva in trodurre «nei suoi drammi qualche comica
azione». In questa fiducia il Goldoni continuava a scrivere «interm ezzi»
musicali per i comici e si acconciava alle loro esigenze teatra•li.
La Compagnia aveva cambiato in tre anni già il terzo Arlecchino;
l'ultimo «in grazia della figura era conosciuto nell'arte comica col norre
d i Figurina; non aveva altro di buono che questa .sua decantata figura,
e restò nella compagnia la primavera e l'estate, e per Venezia sostituirono
un a ltro•. Con la quaresima del 1738 entrò nella C ompagnia Antonio
Sacchi, il famoso Truffaldino; con la moglie Antonia Bea trice e con la so-
reHa Andriano Smeraldina; ne furono a ccresciu!i val ore e fama alla
compagnia, ma n on favorita l'opera del Goldoni, che riferisce: «la noviià
del Sacco celebre nel suo personaggio, metteva ancora in magg ior cre-
dito le recite a ll'improvviso e non ,poteva sperarsi di tentar le commedie
scritte . Mi lasciai anch'io pemuadere dalla bravura d e' c ornici a dar
loro una commedia a sogge tto, e come tanto più piacevano, quant'erano
più caricate d 'accidenti e d' intrigo, ne feci una intitolata : Cento e q uattro
accidenti in una notte». Ed aggiWlse anche Le trentadue dis grazie di Ar-
lecchino.
Il Gold oni aveva !entato dapprima di educare e formare alla pro-
pria scuola la seconda donna Tonina Ferramenti, entrata nella Campa-
gnia n ella quaresima del 1736, m a ella morì di parto p ochi mesi d opo. La
supplì, pur conservando il suo ruolo la servetta Elisabetta Passalacqua;
il poeta, da lei sedotto e burlato, non le creò alcuna parte se non per
vendetta quella cli Elisa del Don Giovanni Tenorio. Con la quaresima del
1738 si trovò a disporre di un giovane attore che lo interessò: Francesco
Bruna, detto Golinelti; così ne parla: ,Passabile era il Golinelti colla ma-
schera di Pantalone, ma riusciva mirabilmente senza la maschera nel
personaggio di Veneziano giovane brillante gioioso, e specialmente nella
commedia dell'arte che chiamavasi il Paroncin . - L'osservai a tten~ame-nte
sopra la scena, l'esaminai ancora meglio a lla tavola, alla conversazio-
ne, al passeggio, e m'1 parve uno di quegli attori che io rmdava cercandc-».
Compose una commedia con un carattere per lui, Momolo cortesan (pub-
blicata col titolo L'uomo di mondo), ma ne scrisse solo la .s ua parte e
qualche dialogo fra lui e le parti serie, lasciando gìi altri e l'Arlecchino
princig:rlmente (era il Sacco!) in libertà di supplire all'improvviso alle
:ixrrti loro. La commedia riuscì a p erfezio ne {autunno 1738»; l'a nno se--
guent<> fece per lui un'altra commedia Momolo sulla Brenta (pubblicata
col titolo Il prodigo); il nome del personaggio è il medesimo, però il
carattere ne è cambiato in spensie ra to dissipa!ore. La lezione che in
questa occasione gli diede, è molto istruttiva per farci conoscere il me-
todo del Goldoni: egli racconta: •Siccome una gran parte di quella com-
m edia era a soggetto, egli ha fatto credere agli amici che anche la parte
sua era opera del suo talento, e che tutlo quel rhe diceva, Io d icea a llo
improvviso. Tutti non pensano che chi parla all'improvvise> non d ice sem-
pre le .stesse cose, e m olti non badavano che il _suo discorso era sempre
il medesimo, e g li credevano. Piccato anch'io, non so se d all'amor pro-
prio, o se dall'amor della verità, ho immaginato di trovar la via cli umi-
liarlo, e cli farlo in pubblico. Ho scritto dunque intieramente il Prodigo
CARLO GOLDONI E GLI AITOR! 253

sulla Bre1;ta, e poi ho •r icavato dalla commedia Io scheletro, o s ia il sog-


getto, e l ho dato ai comici, ·tenendo nascosta la commedia scritta. Tro-
varono il sogge tto buono; accennai qualche cosa per istruire gli attori so-
pra quel che dovevan dire; la commedia andò in scena, e non dispiacque;
ma il Golinetti a ndò in !erra, perdette affatto il suo spiri to, la sua facondia,
e non riconoscevan p iù quel bravo Momolo che li aveva incantati.. Ri-
tirai la commedia tre giorni dopo, ed il medesimo giorno diedi ai comici
l'altra ch'io aveva scritto; e copiale le parti, e provata e rappresentata,
comparve un'altra, e riuscì sì bene che niente più si poteva desiderare.
Il Gohnetti confessò il suo torto, riacquistò il suo credito di buon attore,
senza usurparsi quello di autore; e tutti i comici cominciarono allora a
conoscere la differenza che vi è dal dialogo studiato a quello che sorte
a caso da varie teste, da varii umori non sempre felici, e quasi sempre
Ira loro discordi•. Il prodigo ebbe venti repliche.

Il Goldoni, dopo il matrimonio, cercò di esimersi dal -seguire la


Corpagnia in terraferma; non jXlfe che tornasse alla pratica dell'avvccato,
tuttavia nel 1739 si assunse l'incarico di un'inchiesta sul conto del vicario
del feudo di Sangll.inetto dei n obiluomini Lion Cavazza, e nel gennaio del
1741 divenne console della Repubblica d i Genova in Venezia. Non pa-
rendogli conveniente che il Ministro di una Repubblica fosse stipendiato
da comici, rinunciò all'emolumento annuo del S. Samuele e conservò
quello onorifico di S. Giovanni Crisostomo. Egli scrive: «Dispiacque ai
comici il vedermi da lor separato; promisi che non li avrei · privaii del
tutto de' miei componimenti., di che il .m io genio naturale e costante potea
assicurarli. Dimandai grazia sollanto per gl'intermezzi che mi avevano
estremamente annoia to, e continuai a dar loro qualche commedia a titolo
di regalo,. E difatti, per la primavera del 17 41 fornì loro li mercante fallito,
(pubblicato col tito lo La bancarotta) con maggior numero di parti scritte
che non nelle precedenti commedie, appoggiato al Pantalone G olinelti;
aveva ripulito in esso un antico scenario sconciaio dagli attori e rappre,-
sentalo con ardito realismo la delinq uenza dei falliti in malafede e di
quelli che contribuìscono ai loro disordini. Per questa commedia diede
una prova della sua capacità di istruttore nonchè di" commediografo; egli
raccon ta: «Mi sono provaio per la prima volta in questa commedia, s'era
possibile di tirar partito de' personaggi i meno abili ed i meno inl3lli-
genti, dando loro una parte taglìata sul loro dosso ed adattata a lle loro
forze; cosa che mi pareva utile per il teatro, e che mi è riuscita felicemE.nte.
Eravi in quella Compagnia la moglie del comico Majani, buona donna
ed onesta, ma che non aveva mai recitato; ed era reputata da tutti inca-
pace di recitare la parte la più facile e la più comune, a causa di una
freddezza estrema che non poteva cmreggere a causa dell'esteriore che
niente poteva promettere, e della strettissima pronuncia bolognese che
conservava. Quando ho proposto di farla recitare, tutti si misero a ridere,
ed •ella non lo voleva, ed. il marito era quasi montato in collera, non v o-
lendo che la moglie sua si mettesse in ridicolo; e veramen:e non lo meri-
tavano i d i lei buoni costumi, ed io non avrei osato di farlo; ma la mia
intenzione era non solo di farla recitare, ma d i far che piacesse, ed in fatti
rìus cì uno dei più dilettevoli personaggi della commedia». E' il personaggio
254 ATIILIO GENTILE
- -- -- - - ·-----·-··· ··-·---·-- · -·-·- "··- · ~ - - -
di Graziosa nelle scene III-VI dell'atto III , c he riesce a mos trare il p roprio
carattere ed a ... farsi applaudire, non dicendo altro che gnor sì, qnor no e
nol so.
Con: .Ja quaresima del 1742 Antonio Sacchi, disgustato, a bbandona
improvvisamente con tutta la fam iglia la Compagnia che n& viene me-
nomata e squilibrata. Nel ruolo della servetta sottentra la fioren tina Anna
Boccherini, «giovane di bell'aspeUo, viva, brillante e che p rometteva mol-
tissimo in un tal mestiere». Il Goldoni le rivolge la _propria attenzione e
simpatia , conta di farne un 'at!rice d a poter colloca re come protagonista
in una commedia e scrive per lei La donna di garbo. Egli racconta: «Os-
servai recitare la Baccherìni s ervetta; e mi p iacque il s uo spirito e la sua
maniera; e quantunque non fosse che principian~e, vidi che, bene istru:ta
ed aiutata da qualche buona commedia, poteva f.igurare assai 1::ene -
e divisai di formar que-sta donna secondo il sistema eh' io aveva in capo,
e che non aveva ancora potuto a modo mio soddisfare». Erano proprie
delle servette le trasformazioni, ma egli immaginò per lei una donna che
non· con adattamenti esteriori e con mascherature, bensì con diversi at-
teggiamenti dell'animo sa insinuarsi nella fiducia d i persone, di cui abbi-
sogna l'amicizia e la protezione. La commedia doveva rappresentarsi
nel carnevale del f743 , ma l'attrice Bastona insorse contro l'assegnazione
alla .servetta dì quella parte che veramente sin da l nome d i Rosaura era
da protagoni-s!a e spettava a lla prima donna; di conseguenza se ne ritardò
la recita e fu promessa alla Baccherini nel giro d i terraferma; il Goldoni
per assistervi attendeva di raggiungere la Compagnia in Genovà, ma ri-
cevette la notizia della morte della giovane attrice . La Bastona si impoCronì
della parte e ne riportò un grande successo. Il Goldoni, sballottato da una
a ltra ventata, che finì col porlCII'lo a Pisa, non v ide rappresentare questa
sua prima commedia d i carattere, interamen te scritta, che appena quattro
anni dopo.

Ho segui!o la compagnia nei suoi varii cambiamenti, perchè se ne


formasse spontaneomente l'im:Pressi.one della vicendevole azione in ter-
corsa tra i comici ed ti! Goldoni. Ma ora credo utile di ricapitolare tutta la
serie d egli attori, a ggruppati per ruoli e di completarne le figure con le
notizie che di loro s i possiedono e sono dovute soprattutto al Goldon i.

PRIMO AMOROSO: •di titolo , e direttore fu Giuseppe Imer; di lui


ci viene offerto un ritratto in una strofe tta dell'Amante cabala (atto III,
scena III):
Di statura è alquanto ·basso
Ma di corpo alquan ~o grasso,
Di varo1e ricamato.
Tondo ha il viso e delicato,
Era diret.tore zelante e fattivo, ma non certo tagliato, a lmeno nella
sua età a impersonare un giovane innamorato; e unicamente brillava
negl'«intermezzh: «non sapea di musica, ma cantava passabilmente, ed.
:::q>prendeva ad orecchio la p arte, l'intonazione ed il tempo, e suppliva al
diletto della scienza e della voce coll'abilità persona le, colle car-icature
degli abiti, e colla cognizion dei caratteri che ,sapeva ben sostenere;» pa-
CARLO GOLDONI E GLI ATTORI 255
- -- - - - -- -- - - - - - - -- - - - -- ~
rimenti riusciva b ene nelle fig ure ridicole delle commedie. Morì in Ve ne-
zia nel 1758.

PRiMO A MOROSO : Antonio Vitalb a , , Otta vio• , pa dovano, aitore


«il p iù brillante , il p iù vivo c he siasi veduto sop ra le scene, e n iuno me-
glio d i lui ha saputo giocar le maschere,-» non era, come abbiamo visto,
sempre corretto; «eppure piaceva a l pubblico ed era l'idolo di Venezia», e
lo fu a nche de lla Passala cqua, che cercava d'altra parte d i lus ingare il
G oldoni, per a ssicurarsene p artì d' effetto sulla scena. Morì ne l 1758 in Bo-
log na, d 'e!à non avanzata.
Nel 1738 g li s uccesse Giuseppe Sim onehti, na to in Lucca nel 1703,
morto fo Venezia n el 1773: s i ammogliò c on Anna Sacchi ,sorella di Truf-
faldin o , e con la . famiglia Sa cchi a b bandonò la compa gnia nel 1742. Fu
sostituito da Francesco Maiani cOttavio», na!o in Bologna nel 17 18; da
sarto che era e filodrammatico, entrò in arte c on ottimo success~. Il G ol-
doni lo ritroverà come p rimo amoroso nella Compagnia d i San Luca in-
sieme con un fi glio ed una fig lia . De lla m og lìe abbiam o vìsto come il
G oldoni la p ortasse quasi a forza sulle scene creando per lei i-l personag-
gio d i Graziooc,.

SECONDO AMOROSO: fu , per tutto il temp o, Gaetano C a sali •Sil-


vio» , lucchese-, caro e ,fedele a l Goldoni, che ce ne dà il seg uen~e ritra tto :
«Quest'onorato galantuomo, provveduto d 'intelligenza e di capacità n s :
me snere, d i bella sta tura e d i buona voce, parlando b ene , e c on una prc-
n unzia avvan:•aggiosa e grata, non ha m a i a vuto buona d isposizione per
la parte de ll'amoroso. Una certa se rietà ne l sembiante , una certa d urezza
nella persona, un'inclinazione involontaria del fianco e della spalla verso
il personaggio con cui recitavo:, lo faceva no scompa rire-, malg rad o le b e lle
cose ch'egli d iceva; all'incontro nelle trag edie riusd va mirabilmen:·s , e
soprattutto n elle p arti g ravi. Del resto poi il più at:'ento, il più ze lante c:>
mica della Compag nia; sempre il p r imo O!l teatro, sempre il primo alle
prove, ves tendosi colla maggior verità, secondo i cara tteri che d ovea so-
stenere, e tanto internandosi in quelli che, quando aveva intorno l'abito
di G ius tiniano n on degnava rìspondere a chi glì parlava». Recitò p oi col
Sacco; morì nel 1767.

TERZO AMOROSO : fu Tom maso M on ti, bolognese, figlio di G iuse~-


pe, che nella s!·essa Compag nia faceva il Dottore ; tu tt'e due ne uscirono
con la quare sima de l 1736; d i lui giudica il G oldoni: , ca ttivo c omico, fi n-
chè fece la parte dell'a moroso, e divenuto eccellente, qua ndo d opo la
morte di suo p adre prese la maschera d i Dottore, ne l qual pe rsonaggio la
sua g rassa e goffa figura non disd iceva, anzi lo re ndeva di p iacevole
carica tura». Passò a Napoli nella Compagnia di Don Carlo, p oi in q uella
del ,Medebach ; m orì nel 1757 . ·
Nel 1736 gli so!1entrò Gaspare Zorni «non supe rio re al Monti in
a bilità~·.

PRIMA DONNA : fu A ndriana Bastona, veneziana, d ella ,la Basto-


na vecchia• per distingue rla da lla figlia. Così scrive d i lei il Goldoni : .•era
256 AITILIO GENTILE

una bra va a ttrice, una brava a morosa, del carattere di Vitalba; e vecchia,
com'ella era, si conservava brillan!'e e vivace ,sopra la scena, un poco
troppo anch'ella nelle parti serie ed in teressanti cercando, come il suddetto
comico, di p orre tutto in ridicolo. Mi ricordo che, rappresentando ella la
parte di Rosmonda in una tragedia mia che Rosmonda era intitolata,
mancando la ballerina che danzava fra gli atti, e gridando il p opolo:
FurlaI)a, i urlaIJa! ch'è il ballo favorito dei Veneziani, sortl la Bastona ve-
stita all'eroica, e Rosmondìa ballò la Furlana ,.
Nel 1736 le sotientrò la figlia Marta Bastona , ,moglie di Girolamo
Foccheri, comica eccellente quan to sua madre; m a che, otTe l'avvantag•
gio dell'età, aveva quello di una maniera più nobile d i recitare. Ella fu
p resa p er prima donna a vicenda c olla «Romana», com'era sua m adre» .
Nel 1748 passò a ,Dresda e vi morì intorno al 1763 . Del marito il Bartoli,
che lo chiama Focari, dice che s'impiegava con la moglie nelle compa-
gnie in q ualità di rammentatore, p erò più tardi si fece anche attore. Pro-
babilmente fu anche nella Compagnia d i San Samuele .

PRIMA DONNA A VICENDA: fu, per ~ tti gl\ anni, Cecilia Rutti det-
ta «la Romana», brava attrice, come scrisse il Goldoni, c he «conserva va
nella sua e tà avanzata un resto di quella -bellezza c h e la rese amabile n e'
suoi begli anni e ch e meritò le a ttenzioni dell'Imperatore G iuseppe [morto
nel 1711]. Ella non valeva gran cosa nelle commedie dell'arte: ma era
e::;cellente nelle parti tenere delle tra gedie, conservando ancora una gra-
zia ·ed una d e licatezza nel gesto, ne lla voce e nell'espressione che la fo ce~
va no p iacere. ed applaudire ».

SECONDA DONNA: Giovanna Casanova, detta ,Zane tta, o la , Bu-


ranella» nata in Venezia intorno a l 1709, fu madre del fa m igerato avven-
turiero Gia como; «giovane, vedova e bella; non aveva grande abilità per
la c omica; ma, essendo la ben veduta e la prediletta dell'Imer, la rese
utile ,e qua si necessaria a l tecrtro, facendola cantare ed instruendola negli
intermezzi. Ella ne sapeva di musica quanto il suo maestro; a nzi, menò
pronta di lui, stuonava ed andava fuori di tempo con ma ggiore facilità;
ma piace facilmente una bella e giovane, e tutto le si passa, in gra zia
di que' vezzi e d i quella freschezza che incantano gli spettatori» . Rimase
nella compagnia sol!anto un anno, passò a Dresda e vi mori nel 1776.
Le successe Tonina Ferramonti, piena di promesse spezzate dalla
morte dopo pochi mesi, nell'agosto del 1735. Fu sostituita dall'at trice
Vidini , «più bella della Ferramonti, ma non così brava nè così virtuosa»,
che durò poco; la servetta Pass-alocqua, liberata dal peso d egl'intermezzi,
recitava da seconda donna , q uando occorreva , sino alla quaresima del
1738. Allora il ruolo fu regolarmente coperto da Antonia Franchi Sacchi
«Beatrice», moglie del ·Truffaldino; nel 1742 rimase di n uovo vacante•.

TERZA DONNA: fu, per tutti gli a nni, Paolina Imer, moglie de l
capocomico, della quale il Goldoni asseverò, per distrazione, d i avere . : ba-
stantemente parlato», ma non mi è riuscito di trova rne nemmen o una pa-
rola. Lei e le figlie, Marianna e Teresa, che cantavano negl'inte rme zzi,
sono ricordate con malignità da Giacomo Casanova.
CARLO GOLDONI E GLI ATTOR! 257

SERVETTA: il ruolo fu coperto successivamente da quattro attrici,


di cui le prime tre, abili, •ma entro i limiti tra dizionali, non offersero al
Goldoni e lementi per la sua riforma. La Pontremoii «brava, e ccellente::e ,
dopo un a nno se ne andò in Sa,ssonia; Elisabet-.o: Passalacqua, durata
tre a nni ,veniva impiega:u negli in!ermezzi; teme.va il confronto con una
giovane Martineììi, mancata presto per morte-, ed usò delle sue artL fen1-
minili per a cquistarsi il G oldoni e sostenersi nelle rcrppresentazioni. Egli
ne fu preso, ma accortosi di e sser cercato solo per interes::.e, se ne vendicò,
come sappiamo, facendole recitare la parte di Elisa nel Don Giovanni
Tenorio, ed altro non scrìsseper lei; la Fassalacqua m orì n ella miseria,
circa nel 1760, a Fìinale d i Modena. Nel 1738 le succes se Adriana Sacchi
(nata intorno al 1707, mor ta in Venezia ne! 1776) •Smerald ina», sorella del
Truffaldino; «servet!u p ronta e vivace, aveva la -più fina conoscenza de l-
l'arte», ma al trimenti non s i poteva educare secondo le intenzicni del
Goldoni che di lei dice : «eccettuata qualche caricatura, sos!-eneva b enis-
simo l'impiego di cam-eri9ra». Nella Compagnia si maritò l'anno seguente,
con il «Dottore» Rodrigo Lombardi, e con lui e con -tut!tr la famiglia se
ne andò nel 17 42. Anna Baccherini, che le sottentrò ed inspirò al G oldoni
La donna di garbo, già sa ppia mo c om e improvv sa mente morisse nella
estate del 1743.

PRIMO VECCHIO (PANTALONE): fu, sino a l 1738, Andrea Cortini


del Lago di Garda; era, come abbiamo già vis to un pe rfetto attore della
arte. Gli succedette un attore di ben allTo valore Francesco Bruna Golinetti
(o Colli.n e tti, come lo· registra il Rasi nel suo Dizionario dei Com\ci), v ene-
ziano (1710-1 767). Sapp iamo qual partito ne !raesse il Goldoni; con lui
cominciò a ricavare dal Pantalone il protagonista, e particolarmente la
figura del «cortesan» veneziano, che ricompare, so tto varii aspetti, in
molte commedie, anche nella Donna di garbo come «Momolo», veneziano,
studente di Bologna, che vi recita un vivace sonetto in d ialetto in torno al...
non ammogliarsi. Nell'anno 1748 passò a Varsavia.

SOCONDO VEO:::HIO (DOTTORE): fu, per d ue anni, Giuseppe


Monri, bolognese che, come abbiamo g ià visto, sosteneva anche la m a -
schera di «Petronio». Gli succes se Rodrigo Lom bardi, bologne,se, «egre-
gio c om ico e degnissimo galan:tiuamo»; uscito nel 1742, seguì poi la Com
pagnia Sacc hi; morì a Parma nel 1749. Il Goldoni non dice da chi fosse
sostituito, ad ogni modo il Dottore nella Donna di garbo n on porta alcun
cognome, mentre 111elle precedenti si chiama «Lombardi».

PRIMO ZANNI (BRIGHELLA): Pietro Gandini, veronese , era, come


s'è visto, un abiUssimo e famoso trasformista. Il G oldoni lo ritroverà nella
compagnia d el teatro d i San Luca, specìalista nei p ersonaggi delle rs. vec-
chie rìdicole» , e puntiglioso marito della prima donna cinquantenne che
pretendeva di fare le parti da. giovanetla. Nel 1755 passò a Dresda, poi a
Parigi, dove mori intorno al 1760. Gli seguì nel 1738 Fortunato Colombo,
fèrrarese ;di lui scrive il G oldoni: «non aveva gli a domamenti del suo
antecessore, ma sosteneva m eglio il suo personaggio, e lavorava assai
bene la commedia dell'arte , ; mori in Alba d i Piemonte intorno al 1761.
258 A1iILIO GENTILE

SECONDO ZANNI (ARLECCHINO): in questa maschera si susse-


guirono più di cinque attori, a cominciare da Antonio Costantini, figlio di
un famoso Arlecchino, ma soprattut!o abile saltatore di corda. Dopo un
anno lo sostituì un certo Campagnani, dilettante milanese de' migliori,
riuscito mediocremente da «arlecchino»; il Goldoni gli ritagliò una parti-
cina, nella quale si fece applaudire, nel Don Giovanni Tenorio: era cCa-
rino» ,in cui rappresentò sè stesso («Carlino»), ingenuo amante tradito.
Sappiamo come fosse sostituito dal comico fig urina, e questi, dopo alcuni
mesi, da un altro o da altri; finalmente nel 1738 entrò Antonio Sacchi: ,il
migliore Arlecchin o d 'Italia, che, recitando col nome di ,1ruffaldinc ,
unisce alle grazie del suo p e rsonaggio tutto il talen to necessario ad un
bravo comico, e dice le cose più brillanti e le più spiritose del m ondo» ,
anzi il' Goldoni aggiunge: «se tutte le maschere avesse ro il ta le n to del
Sacchi, le commedie a ll'improvviso sarebberò de li:?:iose» . Tuttavia nonna-
sconde che facilmente indulgeva all'osc enità, e il c omrr.edicgrafo dovette
adattarsi all'incorreggibile personalità del comico; e da lui proviene quel
certo immorale realismo del «:Truffaldino» (ed anche di «Smeraldina») che
è in Momolo cortesan. Al suo posto entrò, nel 1742, Giuseppe Falchi, •il
quale essendo all'attua le servizio dell'Elettor di Baviera, aveva ottenuto
un anno di congedo per rivedere i parenti. suoi »; pare che fosse grazioso
e vivace, quale si mostra nella Donna di garbo.

CANTANTI PER GLI INTERMEZZI: furono G iuseppe Jmer con le


figlie Marianna e Teresa, la Zanetita Casanova, la Passalacqua, Agnese
delle Serenate, moglie dell'armeno Pietro Amurat, che e ra s:ata la can-
ta trice di moda delle Serenate; vi aveva fatto ricorso lo stesso Goldoni
per una certa n hpo!·e come racconta nel Cap. XXV della I!' parte dei
Mémoires: «la sua bella voce, chia ra e sonora, e la sua vivacità e pron-
tezza, quantunque niente sapesse ella pure di musica, ·la faceano ammi-
rare e piacere». Nel 1736 fu scritturata Rosina Costa, cgiovane, non bella,
ma spiritosa, che sapeva un poco di musica, ed aveva una voce angePca
ed una abili ~à sorprendente».

Anche dalla rapida rassegna dei comici c he il Goldoni ebbe a col-


laboratori nel teatro di San Samueie (1734-1743), si mostra con quanta
abilità ed intelligenza egli sapesse valersi delle loro doti ag,li intendimenti
ed agli scopi della riforma i'eatrale, di cui sempre m sg-lio gli si delineava
la meta e gli si schiarivano i mezzi. Tutta via pareo voler diventare un
diplomatico e un uomo di varii affari, per non dire un affari sta, quando,
per cavarsi dagli im brogli nei quali era caduto pe r causa della truffa del
capitano Raguseo (già si vedeva auditore miltarel ), scappò con la mo·
glie da Venezia il 18 settembre del 1743. Impigliatosi nel trambusto d i una
guerra, visse alla ventura per un anno, e tut'.avi.a in uno stato di ca~ma e
sorridente letizia com'era vissu:·o a Venezia, anch.t? in momenti che per
altri sarebbero stati disperati, come quando .fu abb::mdonato con la mog-lie
dal vetturino in mezzo a lla campagna deserta. Ed è ìl teatro che gli
sorride e lo aiuta a sbarcare il lunario: a Bologna si incontra con l'attore
Ferramonti che lo fa lavorare per il teatro e lo conduce al Campo spa-
gnuolo di Rimini, d ove agiva una buona compagnia di ca.miei d i norma-le
CARLO = LDONI E GLI ATTORI 259

composizione: la prima amorosa, un'attrice eccellente, ma molto avan-


zata in e tà, la servetta Colombina, b runa, fresca e b izzarra, prossima a
partorire, l'Arlecchino, un cerio Bigoltini, molto abile nella sua parte e
insuperabile nelle me!:amorfosi. Il Goldoni compone per lui uno scenario
«Arlecchino imperatore della luna». Entrati in Rimini gli Imperiali, con-
tinuò ad occuparsi coi comici e fu direttore della stagione d 'opera. Nel
settembre de l 17 44 a rrivò a Pisa, vi si stabilì, trovò quiete e pace e rip re se
onorevolmen te la professione dell'avvocato. Vennero a cercarlo i com-i d,
presso i qua li era ormai consciula la sua passione di ripulire il teatro e
la sua abilità ne l servirli: nel 1745 il Sacchi ricevette da lui lo scenario
«Il servitore d i due padroni;e, e «Il figlio d'Arlecchino perduto e ritrovato»,
nel 1747 il D'Arb es ottenne il , Tonin bella grazia,. ·
Finalmente, a più di quarant'anni, ma!uro d'età, d i esperienze, d!
ricordi, di cognizioni, di riflessioni d a.Hetti, d i p ropositi con tutta la sua
energia, sorretta e nu!rita da una sorridente, cordiale bonomia, entrò nel-
la g rande prova della riforma del teatro, a l cui fascino sin allora s'era
peritato d i cedere. Egli si recava a Venezia, ed era là, come scrive lui
stesso sulla fine della prima parte dei Mémoires, che- avrebbe gettato le
fondamenta d'un teatro italiano, che m olti augura van o ed avevano ten -
talo, ma ancora non esisteva. Lo attendono fatiche, ansie, dolori, lotte e ...
la gloria .
ATTILIO GENTILE

NOTA. - Non ho voluto appesantire il testo can.1 i minuti r'ferim enti d eile cilazion/, ·1e
quali sono desunte di prefeienza dalle Prelazioni autob'.oqraliche dei dickrsseJte tomi della
edizione Pasquali, riprodotte nell' edizione v;aneziana del Cen tenario, che offre agl! studi
goldoniani un materfale di i.ncomparabJ'Ie ricchezza. Giuseppe Ortolani le ha dedicato con
generosa larghezza il frutto di più che ci.nquant'anni. di ricerche . e di mecUtazioni; e così
nel più manifesto contributo delle dotte Note s toriche, eh€' in par!e· furono JorniJ.e a.n che da
CeSare Musa tti e da Edgardo Madda1Ma , come nel grave ed impegnati'vo lavoro dell.'ordl\-
name.n/o che implica la integrale conoscE7lZO de!J'inil'n?ta produzione goldoniana e la deter-
minazione d ella sua intriaata cronologia.
SILVIO BENCO
N E I RICORDI GIOVANI LI D I U N A MICO

Il più lontano ricordo risale al 1880 circa , quando egli, più anziano
d i me di d ue anni., ne aveva sei, ed io ero un moccioso che -s'attaccava
ancora alle gonne della mcomma.
Si andava ta,Ivolta in vi,sita dai Benco c he abitavano in u n m agni-
fico appartamento sopra il negozio di manifatture Tavolato, in Piazzetta S.
Giacomo, all' imbocco di città vecchia, con vista s ul Corso. Ricordo l'ampio
poggi.uolo dal quale noi bimbi si vedeva il brulichio della gen te, e di Car-
nevale la ressa opprimente in torno a l-le carrozze, dinanzi al-la «pasiicceria
Wiinsch con gabinetto cinese». Sotto quel poggiuo!o sostava pure la pre-
cessione del Corpus Domini per il terzo Vangelo, e allora noi a ttendevamo
con ansia la salva ·che sparava la scorta mHitare in giacca bianca.
Se le mamme erano buone amiche, i nostri padri erano pure buoni
conoscenti, perchè, dopo ,la morte dell'avv. Arrigo Hor'.is, la ditta di mio
padre ricorreva, per pareri legali, all'avv. Giovanni Benco, uomo integer-
rimo e professionista molto apprezzato. Ma dell'avv. Benco, ,sempre in gi-
ro, attivissi.mo, non ricordo che vagamente l'a lta, agilissima figura e la
barbetta bionda , intravviste una sola volta .
Erano a llora ancora temPi buoni per le nostre famiglie: ,mia madre,
allieva della Corai:n, suonava il pianoforte con grande .passione; la Si-
gnora Benco si occupava molto di l"etteratura, e così i loro discorsi non
degeneravano nelle . solite volgari chiacchiere. Se io ero piu ttoS'::0 timido
ed anche lento, Silvio e ra uno -spiriteUo che non poteva stare quieto; con
scatti im'.provvisi compariva e scompariva, sia per mostr are qualche g io-
cattolo, sia per farsi dare del pane dalla cuoca, in seguito, poi, per stuz-
zicrae i suoi fratel,Uni, con risatine, lazzi e salti che mi lasciavano sbalor-
dito e me -lo rendeva interessante. Ma egli non dava confidenza a nessuno
perchè già aveva del cara ttere e a volte era scontroso.
Precocemente cresciuto, Silvio venne su un po' smilzo, d 'una agi-
lità portentosa. Biondo di capelli, con occhi =urri chiari, ardi1.i, già a llo-
ra dimostrava un'intelligenza particolare. Quando la marmma lo ripren-
deva e per la mkllesima volta l'ammoniva a stare quieto, egli faceva il
musine, ma poi al più presto le si avvicinava, e, serio serio a lei si ap-
poggiava finchè essa, riavviatigli i capelli, gli faceva qualche carezza.
In generale con gli altri :bimbi Silvio era sostenuto, e si può irmnaginare
con quale gioia in seguito vide crescere la sorel1a ed i fratel,U, con i quali
finalmen te potava godere più intimamente i:utti i giuochi. Non rmì. erano
però i tiri che faceva -loro, inventati già allora dalla s ua inesauribile fan-
tasia e da un innato isenso umoristico.
SILVIO BENOO NEI RIOORDI GIOVANILI 261

La famiglia Benco, imparentata con i Bartoli, con i Sardos e i


marchesi Gravisi·Barbabianca di Capodistria, con i Pre sel, viveva con
discreta agiatezza, e già cresce-vano aSSieme a Silvio i fig,li Diomede, Lu-
cilla, Giordano e Almerico, quando nel 1884 venne a rattristarla una
sventura. Ricordo perfettamente, perch è essendo p r~en!:e ne rimasi prc-
fondamen te impressionato: essendosi fatto l'albero di Nata le in casa Ben-
co con a bbondanti leccornie e doni, Silvio, indemoniato come il solito, volle
saltare da terra sul tavolo per procedere 1ui alla ripartizione, ma non vi
giunse, avendo calcolato ma-le il salto, e si diede una furi osa botta in uno
stinco. Egli cadde q ua si in svenimento, poi sembrò che g li imp::rcchi di
acqua vegeto.-mìnerale giovassero. Invece dovette rimcmere a letto aggra-
vandosi sempre più il male, che da periostite degenerò in osteomielite e
richiese infine un'operazione moHo seria. Tutta la vita H nostro buon Silvio
dovette penare per quella d isgra zia e sottoporsi varie volte ad operazio-
ni; ma è da allora pure lo -sto i. cismo che gli permise di -superare le duris-
sime proye cui l'avverso destino d oveva sottoporlo, s toicismo e forza
d'animo che, quantunque minorato, lo sorres sero sì da poter divenire uno
dei pi ù appassionati escursionisti del nostro Carso e uno dei migliori cit-
tadini.
Due anni dopo (1 886) l'avv. Giovanni Benco -spirava consunto da
una strana malattia che aveva fat!:o accorrere al suo capezzale anche· de t
medici celebri come il prof. Billroth. Un anno egli aveva penato e tre-
mendo fu il vuoto dopo la sua morie in quanl'o che, d~interessato e idea-
lista com'era, lasciò la famiglia in ristrettezze penose mentre appunto i
fig.Jioletti, t utti ·in tenera età, per 11 loro sviluppo e poi per i loro studi,
avrebbero abbisognato d'una certa disponibi,lità di mezzi. Varie volte ci
pensai nella mia maturità ed anche ne parlai con la signora Giuseppina
Prese}, chè con SHvio o Diomede, non avrei osa to toccare- queU'argomen-
to, e la risposta fu sempre: il miracolo dell'amore materno. La s ignora
Giovannina, come chia,mavamo la madre di Silvio, fu meravigliosa. Con
eroi-smo ammirevole essa seppe s uperare ogni strazio e operare per il
bene dei suoi /ig.Ji, ed eroica si dimostrò pure nel 1903, quando le m orì
la bella Lucilla, d; 17 anni, dalle lunghe treccie bionde e il d olce viso
soffuso di ra ssegnazione, e sei anni dopo Giordano, appena laureato!
Quanto sofferse quella madre meravigliosa, qua nto i suoi figli che v ede-
vano accanirsi in tal modo la sorte avversa. Ma quest'ultima in terreno
buono, non genera mal seme, ed ·i fi gli infatti non tralignarono .
Ho de!io c he l'intelligenza di Silvio e ra precoce, e noi ragazzini
provavamo per lui un senso di rispeHo. Ancor -prim ò: d i frequentare la
scuola elementare eg-li .sapa-va scrive·re a stampatello, imi.t-:xnd o i caratteri
dei giornali. Af-tentis,simo seguiva i discorsi che si facevano intorno a lui,
per cui -s pesso la signora Benco lo mandava a giocare a-ltrove, per e ssere
più libera nel conversare con le amiche . Ma lui ncn ci teneva ai giocat-
toli altro che ,se con essi p oteva divertire gli a,mici , e a l-lora faceva parlare
i fantocci e le bambole con smorfie che ci -facevano scoppiar dalle risa.
Straordinari-e erano poi certe sue trovate, per cui tutti eravamo dominat i
da lui. Non -so come ,Silvio los,se venuto a sapere q ualcosa dello spirit\-
1,mo e di fantm,rni, ma è certo che per qualche teonpo la sua estrosa fan-
tasia ne rimase impressionata. Vive-va ancora suo p:::tdre, quindi egli avrà
avuto intorno agli undici anni, q uando sì pensò, per divertirsi, di incutere
262 ANTONIO ALISI

spavento ai fratellini che su per g iù tutti avevano ancora paura del buio,
Quando tutti erano c oricati e già il sonno li prendeva, improvvisamente
Silvio, ammantato n el suo lenzuolo s'ergeva sul letto emettendo lugubri
voci, poi gettando lungi da sè la scatola dei «domino» , fino aUora nasco-
sta ,sotto il cuscino, e facendoli rotolare a terra, provocava W1 grande
fragore che svegliava tutti e li faceva inorridire. Va da sè che Ja mamma
accorre va a rime.li.ere l'ordine energica1I11ente e che lo ,s pettro riceveva la
1ezione che si meritava.
Visto che quelle apparizioni in breve avevano p erduto ogni e ffica-
cia, Silvio mutò programma e passò al giornalismo. Sì, Silvio divenne
spontaneamente giornalista a dodici anni, sia per mantene re 1n sagge,.
zio.ne fratelli e amici con i suoi farmosi spettri, sia per un interno impul-so
d i effondere l'animo suo. Il giornale da lui creato, , La Serpentana,, una
specie di sibilla o strega ideata dalla sua ,fervida fantasia, u sciva in una
copia sola, tutta scritta a mano da lui, poi anche da Romeo Bartoli, q ua le
collaboratore mattacchione, e passava di mano in mano f.ra gli amici. La
carta era quella commerciale a rettangolini, e v'era anche qualche figura
misteriosa. Usciva irregolarmente, da prima ogni tre mesi e mi sembra
d urasse, con apparizioni sempre più rare, fino al 1888, perchè ricordo di
aver visto in un numero, rimasto poi in •mano di Attilio Prese l, delle satire
non più tanto infantili.
Più tardi Silvio e Romeo inbasiirono anche un dramma in versi che
fu le tto ed entusiasmò .il fratello Diomede ancora giovanissimo, ma tanto
truce per l'influenza della let!ura dei romanzi di W alter Scott e della
lnvemizio, c he poi fu dimenticato senza rimpianti. Giova però ricordare
questi lontani fruiti deH'intelligenza di Silvio per comprendere qualche
lato del suo carattere irrequieto, gli impulsi c he lo agitavano continua-
mente e che poi con studi più metodici, da solo egli seppe domme,

Gli antichi amici di casa non si d isini'eressarono della tanto pro~


vata famiglia e particolarmente pel povero Silvio che aveva dovuto inter-
rompere gli ,s tudi ginnasiali, ma come ,poteva, sempre stuHava e leggeva
mollo. Alla fine del 1889 e per buona parte del 1890 fu costre tto a letto
dalla sua gamba, ma già ormai parecchi degli amici di suo padre erano
convinti delle sue capacità eccezionali. Più d i tutti s'interessarono G iu-sep-
pe Caprin e Riccardo Zcmnpieri, che, d'intesa col direttore Reggio, lo fece-
ro entrare nella redazione dell',Indipendente,.
A sedici cnmi egli venne così a contatto con i più strenui patriotti,
con dotti e con uomini politici, -ma non insuperbì, nè si lasciò fuorvi~e.
Seppe affinare sempre più il suo fervido ingegno, acquistare una sensibi-
lità eccezionale p er tutte le ricchezze del nostro idioma e della nootra.
letteratura: conoscendo il tedesco, il francese e nnglese, egli potè man
memo approfondire la conoscenza dei testi originali e a llargare il suo
orizzonte arti-stico.
Fu detto che Benco st fosse lasciato sedurre dall'immag inifico vate
della Pescara, ma, se m a i, ciò non durò a lungo. Ricordo ch'egli ce ne
parlava, d opo lattici a lcuni brani, con fare ilare e un riso sarcastico tal.i,
SILVIO BENCO NEI RICORDI GJOV ANILI 263

da comprendere eh' egli non ,sl lasciava ingannare da q uanto non 'era che
puro forma e non sostanza(').
Ma vorrei ritorn,are ai nostri anni giovanili.
Dovrebbe essere stato intorno al l 892, quando Carlo Coretti uscì
dal Casie,llo d i Gradisca gravemente leso ai polmoni. Negli ultimi due
anni lo si era costretto a disegnare carte geografiche per il ministero del-
la guerra austriaco ad un «patacòn» (4 soldì) a lla settimana, sicchè egli
soffriva anche agli occhi. Il Corelti frequentò un breve tempo la famiglia
Presel, e così lo conobbi anch'io. Silvio Benco accorse subito perchè
a nch'egli per l'affare dei petardi, pe r il quale il· C<;,reiti era stato =ndan-
nato, aveva passato Wl brutto quarto d' ora. Con emozione ascoltavamo
ciò che il Coretti ci raccontava delle sue peripezie. Non l'avrebbero arre-
-stato s'eçJli non avesse giocato un .liro ai poliziotti che lo pedinavano da
leimpo: entrò dalla porta laterale inferiore della chiesa di S. Antonio nuo-
vo e di corsa uscì dal la porta laterale opposta, lasciando che essi lo
cercassero in chi.esa, nei confessionali, nel coro, nella cantoria, in sagre-
stia. Questo scherzo e il fatto ch:egll per diletto si dedicava alla piro-
tecnica, bastar ono per d ichiararlo colpevole . ·
Le visite a lla famiglia Prese! divennero abituali anche quando
Carlo Coretti era già partito per Roma (2 ) . Si chiacchierava di tutt'o, si
studiavano testi, si discuteva, e argomenti non mancavano mai, parchè
tutti eravamo avidi di apprender-e. Ci accomunava la passione per la
stçi-ria, per lo sviluppo d ella nostra città natale, e particolarmente per la
·letteratura e la musica. Si cominciò a frec:ruentare i loggioni del Comu-
nale, del Rossetti e del Filodrammatico. Ma anche ci attraeva tutto ciò
che a noi triestini, ordinariamente costretti a vivere tu1ta la settimana in
locali chiusi, offrivano il vicino Carso col suo particolare fascino e l'Istria
settentrionale. Con costanza e con una parsimonia spartana percorremmo
in tutti i sensi e c on qualsiasi tempo, erborizzando (3 ), raccogliendo insetti,
visitando grotte, tutti i dintorni, talvolta a l seguito d&ll'indimenticabile
d ott. Marchesettl, direttore del Museo di storia naturale. Silvio faceva
parte d' un'altra corriitiva di escursionisti da:men1ooili, ma alcune volte ci
inèontrconmo , dopo avere percorso dei bei chilometri; egli era tutt'altro,
a llora, a-ll'aria aperta, più sciolto, ila,r e, rosso in vi~o, con gli occhi sfavil-
lanti, pronto alle focezie, felice di poter superare le difficoltà del cammi-
no: era la vittoria fisica che lo equiparava agli al tri. Lo comprendevo, e
mi sembrava più caro.
In casa Presel, Sìlvio s'era abituato, discorrendo, a scarabocchiare
con la penna degli spassosi pupazzi di elegan!oni d'ambo i sessi notati
in città. Ed ogni foglio con comica serietà eglì datava e firmava_ C ol tem-
po q uel foglietti raccolti con affetiuosa cura dal cugino Attilio Prese!,
erano tanti che si pensò d i formare un fascicolo. Sulla copertina di esso
allora Silvio scrisse ridendo il titolo: ,Per la barca di Caron te», che ci
piacque molto.
In seguito, ai convegni così intimi di Casa Prese1, troppo lontana
dal centro p er Silvio, egli intervenne sempre meno, gìacchè s'era formato
un a ltro gruppo simile •fra suoi amici, nella casa dell'altro suo cugino
Romeo Bartoli, . nella via S. Lazzaro, più vicino al centro e più access~bi-le
per· Silvio. Colà ver=ente abitava la sorella di Romeo, Pia, mari\ata
264 ANTONIO ALfSI

Hillebrcmd, che ospitava affettuosamen te il suo un po' s trambo fratello.


Intorno al 1895 dunque, i Prese! ed io trasmigrammo colà p e r partecipare
alle radunanze del pomeriggio d'ogni giovedì frequen tate da una decina
di amici di Romeo, di cui alcuno più anzianotto, ma sempre g iovanil•
mente entusiasta.
Anche lì si discuteva di tut:o, ognuno portando il suo contributo
alla conversazione, partìcolarmEnte di mus-ica, chè Re-me,,o era un pianista
appassionato, e di letteratura . Ricordo il M.' CureHi, fratello de!Ja festeg.
gio ia cantante-, profondo conoscitore della più svariata mu sica e accom-
pagnatore insuperabile al pianofor:·e ; l'orig:nale e piacevolissi·mo dott.
Gia ngiacom o Manzutto, critico coscienzioso di musica e versatissimo nel-
la storia dell'Istria; il M.0 Paini, che dopo Giacomo Rota diede un nuovo
impulso a lla musica corale e persuase il Bartcli a studiarla e dedicarvisi.
Egli era anche un o!timo org.:rnis ta. Ricordo hl M. Bianchi., p rimo violino
0

del Comunale, che promosse la formazione d'un quartetio nella stanza di


Romeo, mentre questi e tl dott. Manzutto vollero che quei concerani aves.
sero un più p ratico scopo, cioè servire allo s tudio degli elementi sinfonici
d'ogni pezzo che si sarebbe suonato. Così udimmo o sul piano, o suonali
dal quartetto, pezzi d i Wagner, di Saint-Saens, di Brcrhms, di Tschaikow•
sky, di Debussy, di Massenet, di Puccini e a ltri, con soste nei punti sa•
lienti, discussioni., ripetizioni particolareggiate, sì da p oter penetrare nello
spirito della musica e negli intendimenti dell'autore. S'accaloravClno il
Manzutto, il dott. Teodoro Costan\ini (detto Tiacca, da «Theodor)j, come
a ll'Università era registrato con grande suo disappuno), mentre ten '.avano
di ragionare Romeo e il Paini, ma si quie tavano quando l' o·ttima signora
Pia ci faceva servire con del vino un enorme vassoio con una piramide
fragrante di pane appena sfornato. Nella l ettera1ura :J.a magna pars spet-
tava a Silvio, in ispecie quando c 'inform a va di q ualche nuova pubblica-
zione e leggeva e commentava qualche b rano. Conoscemmo cos-ì Baude-
laire, Sar Péladan e i cavalieri della Rose..Croix, Verlaine, ma anche
poesie e prose nazionali. Egli ci fece apprezzare le litografie del Daumìer,
le incisioni di Félicien Rops, i disegni di Bakst, le opere dei. preraffae-liti
inglesi, a ggiungendo le -sue argute osservazioni. Era un'acca demia senza
nome e senza pretese che affinò i nostri gusti, ma a llora a Trieste v'era-
no ancora altri gruppi ·simili di giovani che aspiravano a perfezionare le
loro nozioni e sarebbe bello che altri li rievocasE-e.

Sarebbe sciocco però, come ordinariamente avviene nelle biografie


di uomini d istinti, che il Benco oltre tu!b la sua vita fosse stato un santo,
un compassato asceta. Magnanimo, paziente e tollerante con lutti, egli fu
però costantemente nemico d ella volgarità per artstocrazia dello spirito,
come del resto si nota in tutti i suoi scritti. E ciò gli imped.ì di precipitare
nella crapula, quando a lcuni amici gaudenti lo trascinarono in qualche
cbaraccada•, o per bere il vino nuovo l'invitavano a qualche «fraia» nei
dintorni. Di aneddoti allegri se ne racco!1tavano molti a llora, ma che Sil-
vio ne fosse il protagonista di qualcuno non mi consta. D'altra parte era
veramente molto preso dalla sua professione, dalle letture, dagli studi
necessari (ed egli n'era convinto) p er completare la sua cultura; e le tante
SILVIO BENCO NEI RICORDI GIOVANILI 265

scia gure familiari di certo non p otevano che trattenerlo, per cui la spen-
sierata vita d i gaudente per lui può restringersi quasi a lla necessità pro-
fessiona le del giornalista che deve conoscere e sa pere valutare q uel lato
del'1a vita sociale. Un bicchiere d i buon !errano chi non lo gusta? E quan-
do passavano quei fiori d'eleganza ch'ercmo allora le nostre sartine, chi
non ci lasciava gli occhi?
Silvio non .si r isparmiava. Oltre al lavoro di redazione svolto sem-
pre con la massima scrupolosità durante il giorno (quando fu pa·ssato a l
,Piccolo,, l'orario durava fra le undici di sera e le due o le tre del
ma ttino) egli frequentava conferenze, concerti, spe·ttacoli teatraìi, aveva
contatti con personalità, faceva recensioni d'opere letterarie, leggeva,
manteneva la corrispondenza con altri letterati. Per di più faceva gite
lunghe e faticose, mangiava irregolarmente e poco, dormiva poco. Dove-
v a giungere all'esaurimS-n!o, e infatti per un paio di mesi per ordine me-
dico egli dovette sospendere la sua a ttività, con nostra grande appren-
sione, perchè lo vedeva mo ridotto all'ombra di se stesso.
E invece, miracolo della resistenro fisica, eccDlo tornare a salu-
tarci. Partiva :pieno d 'entusiasmo per Parigi, con doppio inc-arico, deUa
redazione del suo giornale e del Comune, per redigere degli articoli per
il primo, ed un rapporto p er il secondo, co::1 certo agio, perchè volevano
ch'egli si rimettesse completamenle.
Enumerare g.li amici e conoscenti di Silvio Benco,, vorrebbe dire
fare i nomi degli uomini d'ingegno e più notevoli della Trieste d el tempo.
Egli gcxieva della p iù ampia ed affettuosa stima già dai p rimi anni della
sua attività giornalistica, d i uomini ben p iù anziani di lui ed e sperti. E si
che fisicamente il buon Silvio non era di certo un Adone, anzi talvolta il
suo tipo biondo, certi a tte-:;;rgiamenti d ella faccia stanca, le sofferenze co-
s tantemente occultate anche davanti i più intimi, potevano essere giudi-
cate svantaggiosamente da chi n on l'avesse conosciuto. Ma v'erano istan-
ti nei quali -l'abitua le manto d i frigidezza, nel quale eg.Ji s 'avvolgeva per
· istintiva ris erva!ezza, s'apriva, e allora si poteva godere l'uomo gentile,
colto, affabile e buono, veramente buono, che mai volle nè seppe profit·
tare delle circostanze, o del suo ascendente, nè p er sè, nè per i suoi. E
ques to è quel Silvio Benco che qui ho voluto ricordare.

ANTONIO ALISI

NOTE
(I) Eppure il caso volle che SUvto entro:sse . in ~orrisponde,nza con Gabriele . d' Ann.unzio. Questi
•P-:tlrocinò pre&so l'editore Treves la pubbllcaz1one del s uo rommuo •La Fiamma fredda•.
( 2) L'ho riveduto ne l 1917 a Roma ol'mCti ammogliato .c on figli con un impi-ego decoroso, p erò
soffer,ante d 'asma. Morì nel 1934.
(3) AÙilio Prese! e ra un a.p,po,s5ionalo botanico.
DUE EROI D ELL'IRRED ENTISMO TRIESTINO
R. TIM E U S E S. SLATAPER

Il dramma di Trieste irredenta - che doveva ,,fociare con la guer-


ra del '15 ·nella soluzione per allora decisiva, la redenzione· - fu vissuto
nei primi anni del .~mcolo da molti dei nostri. Ma a noi può apparire ogq i
c ome fosse vivo e palpitante specialmente nell'anima dei due giovani
triestini, che prima d ella guerra avevano tentalo, pur tra contrasti e incom-
prensioni, di affermarsi nella vita poliiica della loro città: Ruggero Timeus
e Scipio · Slataper. Con preparazione e tendenze d iverse, essi d oveva no
sacrificarsi per que lla che pareva a loro la verità: che Trieste cioè avesse
dato troppo poco sang ue nelle guerre del Risorgim ento per meritarsi la
redenzione. E pensavano - come purtroppo è - c he solo col sangue s i
seg:r:tano le tappe nel c a mmino d e lla storia.
Nel ' 15 il T1meus aveva v entitrè e lo .Sla taper ventisette anni. La
vita d'ambedue questi eroi si ruppe - come -lo Slataper aveva presentito
- alla somm ità. Erano tutt'e d ue ingegni d'eccezione e con loro, se m ai
era vero che Trieste no n avesse avuto grandi figu re ideali ne-1 suo pas-
sato, · si rilX{gava ad u sura di quella presunta mancanza.
La città d'Oberdan offriva però anche il sangue di altri, e molti, ·
eroi più umili per meritarsi degnamente il riscatto.

Chi, ricercando gli .scritti che ci hanno lasciato questi due triestin i,
tenti di tracciarsene un profilo, deve s!upire anzitutto di fronte alla l oro
maturità precoce, che si rivela in ambedue fin dall'età di sedici o dicias-
sette anni, quando cioè altri adolescenti come loro, in altro paese o in
epoche più tranquille, avrebbe-re provato l'ì-ngegno in futili esercitazioni
letterarie o a r:istiche, forse esaurendovisi. Ma l'ambiente li disrraeva dal-
l'oziosità per riporta rli subito a lla concreta realtà, ch'era necessariamente
ed essenzialmente di naiura politica. In una terra di confine, si sa, a nche
il più umile cittadino, e fino - direi - la più modesta massaia sono
a ttratti nell'orbita della lo!ta politica, c he la cap8lino a nche ne lle man ife-
stazioni più semplici del vivere Cotidiano. L'ingegno d'eccezione, poi, è
add irittura travolto dal d ramma che urge con la necessità di una solu-
zione e se anche l'anima sia p iuttosto d 'artista, non può d issimularsi l'~i-
stenza del problema politico, che s'insinua in ogni a\tività e orienta tiran;
nicamente verso quel ca·m po ogni a ltra velleità di s tudi o di passioni.
DUE EROI DELL' IRREDENTISMO TRIESTINO 267

Lo Slataper (come un altro giovane suo coetaneo, Carlo Stuparich,


che apparve come l'anima più potenzialmente poetica di qu~l tempo, nè
però si sottrasse al destino comune: Carlo Stuparich · fu anch'egli tra i
gloriosi .caduti} era certo es-s enzial•m ente artista.
Il Timeus, _
i nvece (come un altro caduto, maggiore d'età e più ma-
turo d'esperienza, lo Xydias) era nato uomo politico: soffriva a doversi
occupare di letteratura pura (quando dovè p reparare la tesi su Marziale,
ch'egli non considerò cerio gran cosa, o quando si lasciò andare a b uttar
giù due romanzi, d'impostazione però politri.ca e che non volle poi pubbli-
care}, ma invece godeva a fare il polemista o a ricercare delle basi fi1o-
sofiche alle sue teorie.
Ma vediamoli, ora, singolarmente.

Il Timeus viene da una famiglia di patrioti istriani e trova già in


casa l' «·humus» poli!ica. Tra i primi ricordi della sua infanzia sono gli
echi di una vittoria elettorale e di una d isfatta militare tutte due italiane,
cioè la vittoria del partito nazionale a Trieste, l'anno nefasto di Adua. Del
primo anno di scuola elementare - com'eqli nota - gli è rimasto il solo
ricordo di aver preso a pugni un compagno, che voleva affermare la
superiorità dell'Austria sull'l!alia.
La scuola media fu, a nche per lui , quel Ginna sio comunale che
l'Austria non volle si chiamasse «Dante» e donde uscirono per tanti anni
quasi tutti i miglior.i ingegni di. Tries.!e. La scuola, pur tra le pastoie che
l'i~perialregio governo vi poneva, riusciva ad essere una fucina di intre--
pidi JXItrioti. (Lo Slataper, anima romcmticarnente ribelle e incapace di
comprendere la necessi!à legalitaria, propugnata dagli anziani, scfiverà
della sua insoHerenza scolastica).
Il Tjmeug andò un anno a Graz, ma non potè durare n e_ll'ambiente
austriaco e corse a risciacquarsi a Roma (come lo Slataper correrà a
Firenze). ·
Nella c apitale l'ambiente politico è a llora vivo di nuovi ferm enti e
tra i g iovani del gruppo nazionalista che si -sta affermando, il Timeus
entra dapprima con tiillidità, ma poi è accolto trionfalmente . ed è ammi-
rato per la sua preparazione già solida e atta ad aMronlare tutti i vari
problem i della politica nazionale . La sua a ttività è continua nell'«Idea
nazionale .. , di cui diviene uno dei redattori più quotati, col nom·e d i Fa ure.
Il suo compito speciale è di mostrare all'Italìa la su.a Trieste. Ogni pro-
blema egli tratterà con chiarezza e linearità mirabili, res:Ondo- caposaldo
de lle sue teorie il concetto dell'interesse della Na zione superiore ad ogni
altro. L'imperialismo italiano sarà il suo c redo.
E fedele a questo suo pensiero, ch'egli considerava come una mis-
sione, quando si vedranno i prodromi della guerra inevitabile , egli con-
durrà 9"iornalmente la sua battaglia per l'intervento, polemizzando con
tutte le categorie dei neutralisti oppositori con argomenti solidi ed efficaci.
I suoi .scritti - lucidi e semplici - sono il preludio all'azioI?,e. Coe-
rente, egli s'arruolerà volontario e offrirà la vita per il suo ideale.
figura lineare, luminosa, moralmente ineccepibile.
268 GIUSEPPE SECOLI

Più interessante cerio, perchè più ricca di luci e ombre è invece la


figura dello Slataper. Scipio è nato poeta. A sei anni sorge dal letto per
godersi l'estasi di un'aurora e se la ricorderà tan!i anni dopo. Forse da
quella remota impressione nascerà più tardi, inconsciamente, la deliziosa
favola, che egli scriverà per i bimbi, dove un petalo di rosa finisce dopo
varie vicende col diffondersi nel cielo e farvi nascere l'aurora.
La natura, infa tti,- sempre gli parla come può parlare ai poeti.: il
Carso sterile, nudo, desolato sarà la sua passione di romantico in ritardo.
La letteratura - prevalentemente la tedesca con Nietzsche, Hebbel,
Wagner, Goethe, Ibsen - lo affascina, ma egli reagisce col suo estro
latino e ne viene l'interpretazione originale, la quale resta segnata feli~
cemente negli studi critici, nella sua autobiografia lirica, nel suo episto-
lario. Fra i vociani si sente stonato, barbcrro, ma da quell'unione di in-
gegni disparatissimi e sempre in fermento trae l'i,m pulso a creare con
maggior vigore e ad allargare ìl suo orizzonte culturale dal-la città alla
nazione.
Fu avvertito giustamente dall'amico che più g li si è sentito vicino
e dopo la morie l'ha fatto conoscere, che nello Slaìa per si deve cercare
l'uomo. L'aveva asserito lui stesso: «prima di tutto sono uomo. Poi sono
poeta (e non letterato). Poi sono ir'.estino».
C'è infatti in ogni suo a tto, e in ogni sua parola, anzitutto questo
valore etico che si sovrappone a ogni altro valore e confonde un po'
il nostro giudizio.
Gli anni son passa!i anche per l'opera di quesio nostro scrittore, nè
ci può far ve-lo, poi, la nostra tries tinità, che pur dovrebbe però servirci a
capirio meglio degli altri.
Per noi più che nel noto e - voglia e non voglia - frammentario
1tM-io Carso», il lirismo caldo e ·s incero del .p oeta appare in tan te pagine
dell'-epistolario, dove persino certi b rani che poi andarono nel libro con-
servano un valore maggiore, contesti come sono naturalmente nel diario
lirico che costituiscono le lettere alle tre amiche.
Scipio, natura di maschio for:e e ribelle, ha cercalo nelle lettere
a queste tre donne, che la sorte gli fece diversamente amare, di darsi
con la più spregiudicata sincerità e talora con una nudità spaventosa.
Il diario che ne risulta è drammatico spesso e sempre interessante, per-
chè tesiimonianza di vita di uno che anche filosofando non -può fa,r
tacere la sua anima di poeta.
Gioietta è stata la sua passione disperata, che gli ha dato !'eb-
brezze e l'esalicrzioni più forti, ma anche, dopo il suicidio, l'ha fatto
poeta.
Gigetta, l'anima materna, che poi sarà la sua compagna fino a.lla
morte dell'eroe, gli dà la quiete dopo la tempesta. Il fiume straripa!o rien-
tra finalmente tranquillo nel suo let!o. Scipio, che aveva sognato
nietzschianamente tantì Sogni di grandezze divine, trova la sua pace
nella sereni!à della famiglia e lascia alla sua donna un bimbo ch'egli
non vedrà (e che assai più tardi avrà anch'egli quasi la stessa sorte del
padre).
DUE EROI DELL' IRREDENTISMO TRIESTINO 269

Elody è l'amica intellettuale, che, più sacrificata, coadiuva e guida


nel v ulcanico entusiasmo di lavoratore il poe!a. A lei egli vorrebbe in•
segnare la pace e l'ordine, ch'egli non riesce quasi mai ad avere . Nelle
le ttere a Elody per noi è tracciata come in diagram ma tutta l'evoìuzione
spiritua le dello Slataper, che si confessa tranquillamente a ll'arnica con
un candore che talora sorprende.
Vi è in q uei;;te lettere anche l'enunciazione del programma di la,
varo ch'era il vangelo slataperiano: la creazione di un centro di educa-
zione, una comunità d'amici che avrebbero dovuto spargere per il mondo
la nuova parola dell'amore e della fratellanza. Sarà la conclusione, ideo-
logicamente mazziniana, del «Mio Carso• in cui tut ta l'esperienza di vita
de1 g-iovane triestino sembra sia decisamente confluita.
Ma il poeta troverà d'un tratto la soluzione ai diba:tuti problemi
politici, che l'hanno tanto tormen!a1o, negli avvenimenti storici che coin-
volgera nno la sua cit tà in quella guerra, ch'egli non a vrebbe forse pen-
sata e voluta così presto, ma che in momenti disperatì aveva invocato
come la sua salvezza, pe-r esse.re veramente «lui» prima di morire. Da
ragazzo, «quando amava la patria, non concepiva in reatà che Oberdan Y>,
ma poi riaffrontando con magg iore- esperienza il problema dell'irreden-
tismo, il suo sentimentalismo umanitario (favorito dalle meditazioni di un
socialista solita rio che con un libro molto discusso Clveva influito molto
sulla sua evoluzione spirituale) l'aveva portato fino a sognare, per a b-
battere il nemico «numero uno» cioè l'Aus tria, una tesi di conciliazione
rn?-1 conflitto con gli slavi, convin to che la civiltà italiana non si sarebbe
las~a!a tanto facilmen te sommergere dall' invadente marea slava.
~a posizione del partito nazionale, illogica per cui come queila
dei socialisti, doveva esser superata con una concezione che, più che
politica, oggi sembra di essenza morale: mazzinianamente conciliante.
Ma l'evoluzione avveniva nell'anim o ribelle e passionale in con-
tinua polemica con tutti. Nelle «le-t!ere triestine», che a poco più di venti
anni scrisse sulla «Voce,,, lo Slataper è aspro censore e il panorama
culturale della sua città è troppo offuscalo dall'esu beranza giovanile dello
scrittore. Nel gettar le sassate egli s'è lasciato prendere un po' troppo
la mano dalla passione polemica (e un po' fors'anche dalla compiacenza
dello scrivere forte, vocianamente). Egli ha davanti .a sè, per confronto,
una città come Firenze, con la tradizione di cultura !ra le maggiori nel
mondo; d'altro canto il giovane triestino ha già covato il sogno per la
sua città, che vorrebbe centro di cultura europea. Nella spietata analisi
della vita culturale triestina, egli si trova di fron te a più di un'iniziativa
felice ed è costret!o a d ammetterlo, per quel suo vantato amore della
verità, anche se contrasti alla tesi che si è ingenuamente posto, p er
cui Trieste non avrebbe !radizioni di cultura.
Le dettere» destarono un certo scalpore nell'ambiente nazionale
triestino e fu considerato come un «enfani terribile». Ma tutto più tardi
gli sarà perdonato da quegli stessi concittadini, che allora tanto spre-
gi udicalamente aveva attaccati .
Quando all'orizzonte politico apparve il problema balcanico, lo
Sla taper vidè subito e chiaramente d ove andasse a mira re la politica
austriaca e intuì le ripercussione per l'avvenire dell'Italia e di Trieste,
no GIUSEPPE: SECOLI

e allora egli non seppe scorgere altra soluzione che quella che fa ta lmente
si .c,bbe.
fu tra i primi a convincersi della necessità dell'intewen!o. E tutto
se stesso diede a prepararlo nella coscienza degli italiani indecisi. Ogni
polemica personale sparve di fronte a lla necessità dell'ora e anche le
parole' ~rosse, che s'eran dette col Timeus, egli dimenlicò . Fu primo lo
SlataF: ad abbracciare l'avversario onesto, che aHora, come lui, era
animato dalla stessa passione.
Pochi mesi dopo (il Timeus il 14 settembre e lo Slataper il 3 dicem-
bre del '15) la morte li ghermiva sul campo e prima che potessero vedere
il -loro sogno della redenzione di Trieste divenire finalmente una realtà:

GIUSEPPE SECOLI
L'APPENDICE LETTERARIA
DELL' ,, OSSERVATORE TRIESTINO"
NEL PERIODO PREPARATORIO AL 1848

Quando si p arla d el p rimo periodo della storia ris orgimentale trie-


stina, è ormai luogo comune citare la Favilla, il periodico romantico che
visse dal 3 1 luglio 1836 a l 31 dicemvre 1846 ('). La sua a ttività più che
decennale abbe certo notevole importanza nella vita della città, n e lla
formazione d e lla -sua coscienza pubblica('); e dovrebbe essere valutata
di là d a lla vita triestina, quando si pensi che a l cenacolo della Favilla
s'era andato formando, da pochi mesi dopo la sua venuta a Trieste (che
è del d icembre 1837) all'estate 1847, quel Francesco Dall'Ongaro che rag-
giunse poi fama nazionale specialmente per i suoi -stornelli politici, i
quali cooperarono validamente nall'orien trae l'opinione pubblica italiana
verso ,lo spiri.io c he animò la nazione nel 1848; oppure quando si pensi
che a llo s tesso cenacolo s'era andato lomnando, anche lui dalla sua ve-
!luta a Trieste, d i pochi mesi pos teriore a quella del Dall'Ongaro, Pacifico
Valussi, il quale pure raggiunse .fama fuori della nostra città, con una
attività giornalistica volta anch'essa a raggiungere le mete del risorgi-
mento italiano.
Ma, dalla morte della Favilla fino all'esplos ione del quaranto tto -
fino a quella fiorita di giornali fra cui s'erge, p rimo fra gli a ltri per fie -
rezza e per in±rétnsigenza di programma m azziniano e quindi (per quanto
concerne ,10 spirito dell'epoca} per estremismo in senso unitario, il Gior-
nale di Trieste - nel campo deJ-l'attivifà giornalistica ben poco s'usa dire.
E' luogo comune, dopo che le ricordò G iuseppe C,a,prin nei suoi
Tempi andati (3) , ricordare le vignette con cui il Mengotli ('' ) ornò le sue
carte da. gioco. E' luogo comune, dopo la pubblicazione del Diritto d'Italia
su Trieste e l'lstria d i Francesco Sa lata ('), ripetere due periodi tratti dal-
l' Osservatore Triest.ino; vale a dire dcrl giornale ufficiale o semiufficia le
del go:verno austriaco.
Il primo, apparso nel numero del 18 febbraio 1848 - quindi dopo
la rivoluzione d i Palermo, se p ur prima di quella d i Parigi - d ice: , L'Istria
è paese poco noto all' Italia, e pure le appa·r :ien-e per posizione geografica,
per ,lingua, p er c ostumi,. per memorie , per desìderì ( 6)•.
L'altro, d el 24 marzo successivo - e quindi dopo 'la rivoluzione d i
Vienna e q uella di Milano, dopo le d imostra zioni triestine per la ccncessa
costituzione ed i-1 ten!ativo insurrezionale di Giovanni Orlandini, che · è
della sera precedente - così suona: «Trieste e l'Istria sono una sola p::1~·
272 GIULIANO GAETA

tria: patria italiana, che dall'Adriatico stende le sue braccia ad una


patria più va-sta (1).»
Periodo, questo secondo, in cui nel volume del Salata, presumibil-
mente per errore tipografico, la p arola «ls!ria» fu s ostituita da'1la JXIrola
«Italia», e che, pur così conciato, fu ripetuto da molti scritori fino .a p oco
tempo fa.
Q Senza dire che il Salata, con ogni probabiltà per ragioni pro;:agan-
distiche, l'aveva riprodotto sì insieme con a ltri pericdi di cui faceva parte,
ma non tutti. L'articole!to l'aveva purgato d i uno d i tali periodi, ne~
quale c'eran o delle asser7joni che potevano, ai nostri giorni, sembrare
contrastanti od attenuanti lo spirito risorgimentale dei periodi citati; a s-
serzioni che, in opera di carattere storico, se:;ondo noi vanno spiegate con
·lo spirito, con le dot!rine, sia pure con la mancanza di c oncetti chiari nelle
masse e nel g iornalismo che sono una caratteristica dell'epoca, ma non
vanno soppresse. Tanto più che, in ultima analisi, fa cendo in questo se-
co:1du modo, ci si poteva acc orgere che il presun:o contrasto o non esi-
steva, o, mutatis mutandis, era lo stesso che si manifes tava in altre cWà
ita liane, non differentemente animate di Trieste da spirito d' indipendenza,
di ]!bertà, di unione nazionale.
E' infatti il concetto d'unione nazionale che, nel ,periodo ri,sorgimen-
ta.le che va fino ai moti del quarantotto, è, neHa nazione s!essa, presa
n9'~ suo insieme, q uanto mai vago e confuso. Si chiarirà più tardi e,
nelle masse almeno, crediamo di non errare affermando che· sarà pre-
corso dagli eventi; e se l'opìnione pubblica d 'un subito si adeguerà ad
essi, sarà per un fat!o semplicissimo, che cioè, se pure nei più mancava
una vera e chiara coscienza unitaria, non mancava invece il sentimento,
l'aspirazione, conscia od inconscia che fosse, all'unità d'Italia.
Quest'aspirazione, è ben noto, la si sente neHa Favilla, per q uanto
anche lì vela!a da certi residui di quel cosmopolitismo commerciali-stico
settecentesco che non è raro ritrovare nel risorgimento n ostro, il quale
nel cosmopolitismo stesso ha delle lontane radici. Poi, è noto, la stessa
aspiirazione la troviamo nel quarantotto cominciando daH'Osservatore
Triestino, diretto fin dal 1843 dal Valussi ('). Il quale, più •tardi ebbe a van-
tarsi di avervi riporta ti, tradotti, gli articoli più importanti dei giornali stra-
nieri, mettendoli al servizio della causa Uberale (9), ma, ch'io sappia, non si
vantò di quello che, a mio parere, sarebbe H suo merito maggiore, vale
a dire l'aver dato al suo giornale un'appendice che rientra in pieno
nel giornali-smo romantico. A scorrerla noi vi troveremo degli articoli, o
dei passi di articoli, molto interessanti, dai quali si può rilevare che con-
cetti o frasi note per essere state scritte sui gìorna-li del q uarantotto non
erano affatto nuove nel giornalismo !riestino, e che, anzi, non occorreva
ricercarle neppure in un periodico letterario, ma bastava, per trovarle,
leggere l'appendice che si trova a piè pagina del giornale d'informazioni
~ ocale.
Veramente non sempre l'appendice aveva a vuto un s1:10 posto
fis-so nel giornale. Se noi consul~iamo la cot-lezione del primi cinque mesi
del 1843 dell'Osservatore, trovic,mo che l'appendice un suo posto fi sso non
-l'ha nel trisetti.rnanale triestino. E trovia mo pure che l'appendice si occupa
di .commercio e di navigazione, d'industria e d i statistica, di agraria e di
GIORNALISMO TRIESTINO NEL 1848 273

zoot_e-cnica, di scavi e d'antichità, ma se assume·. un carattere politico, esso


è decisamente antiliberale. Il 14 gennaio, una critica 1eatrale del NabuCco,
la quale portava la data del giorno precedente, si sforzava e-videnternente
di sminuire il successo trionfale che l'opera verdiana aveva ottenuto sulle
scene del teatro Grande('").
Il 18 apri·le, un'ode firmata da «Giuseppe de Lugnani i. r. profes-
sore e civico bibliotecario», scritta pe-r la solennità del giorno successivo,
cinquantenario della nascita di Ferdinando I d'Austria, non mancava di
usare, per l'imperatore absburgico; versi come questi :
ccE il plauso t'accompagna
1
«D ltalia e di Larnagna.»

Il 29 aprile ed 11 4 maggio, due puntate di un articolo intitolato


«L'Arciduca Ccrrlo», fratello del defunto imperatore Francesco I, che il 2
aprile aveva solennemente festeggiato a Vienna il cinquan!esimo anni-
versari6 del ricevimento dell'ordine militare di lv1aria Teresa. E' qui spe-
cialmente esaltato l'eroismo dell'arciduca nelle guerre napoleoniche.
«Non fuvvi gran nome della Francia d'allora, Jourdan, Moreaux,
Bernadotte, Desaix, Maooena, eoc.,» dice l'ar!icolistc: nella puntata ap-
parsa il 29 aprile, «il cui splendore non fosse offuscato od eclissato da
quello dell'Arciduca. Tutti furono da lui vinti in venti battaglie e l'Arcidu-
ca ha un'alira volta salvata la Germania. Noi accenniamo a questi fatti
nella doppia mira, primieramente per coloro che nutrono ancora un dub-
bio se l'Austria sia fuori o dentro della Germania, e per dimostrare come
inoltre anche la più valorosa difesa di un solo stato tede,sco non basti
a proteggere i confini della patria. I fasci dei Romani dovrebl:ero essere
lo stemma comune di tutte le popolazioni tedesche.»
Ma una svolta decisa si ha nell'appendice dell'Osservatore de-1 2
giugno dello stesso anno. Da questo momento l'appendice trova il suo posto
fis•so a piè pagina, e un nuovo spirito comincia a pervaderla: lo spirìto
risorgimentale.
Col 2 giugno era stato chiamato a dirigere l'Osservatore Pacifico
Val-ussL Giuseppe Stefani (1 1 ) ci narra c ome, dopo lunghe irattative, nel
1843 il Lloyd (") aveva ottenuto l'appalto delle stampe governative, e co-
me il relativo confrat:o comprendeva «le stampe era.rialL il foglio degli
annunci e l'Osservatore Triestino, che a-llora contava 360 abbonati». Il
Valussi, che aveva iniziato la sua carriera professionale a Trie&te quale
«estensore e correttore de;l Giornale del Lloyd (13 )', passava alla direzione
del più anziano dei giornali ìtaliani triestini (1 "') ({con lo stipendio di l00D
fiorini l'anno».
Che con la nuova direzione l'Osservatore abbia avuto notevole im-
pulso è fuor di dubbio. Significativa pure la lode fct'ans- del Tommaseo (15 ).
Ritornando allo Stefani, diremo che questi soggiunge:
«A collaborare col Valussi nella redaZi,one- dell'Osservatore venne
chiamato Girolamo Fanti, un giovane bellunese che da qualche anno
viveva a Trieste dando lezioni private e collabòro:ndo con novelle e- con
articoli didascalici alla Favilla. Carattere antico, lavoratore assiduo, mae-
stro val"ente, che lasciò del propri.o Valore bellissima testimonianza ne'
214 GIULIANO G AETA

molti distinti allievi, il Fanti amò i suoi sogni, la vita solitaria, la propria
libertà. Così lo descrive il Boccardi (16 ) quando a Tri.este non si poteva
esaltare l'opera oscura ma tenace di cospiratore, l'ardente costanza d ella
sub: fede mazzinìana.»
Ma po,i vennero altri c ollaboratori importanti, specie per quell' ap-
pendice che ora stiamo esaminando.
Il 2 giugno, giorno in cui il Valussi assume la direzione dell'Osser-
vatore, troviamo nell'appendice di tale .giornale l_a p rima puntata di uno
studio su « Venezia e Trieste•, dovuto al Va lussi stes,so. La s econda pun-
tata appare sul giornale del 4, la terza ed ultima su quello del 7. Come
s'usava allora, la fìrma del Valussi si trova appena in calce a ll'ultima
puntata.
Il Valussi si rifà ad ,un articolo inserito nel giornale de l Lloyd, e
scritto coll'intenzione di opporre fatti e ragioni a ll'opinione falsa e pregiu-
dizievole radicata in a lcuni, i quali la rivalità d elle d ue piazze marittime
Venezia e Trieste non sanno o non vogliono scorgere al comune vantag-
gio d'ambed.ue, ma inducono al loro reciproco dann0». Quindi soggiunge
che tornare sul,l'argomento parrebbe superfluo, dopo quello che g ià s'era
detto, «ma poichè ree-enti dispute parvero rinfrescare le sconsigliate ani-
mosità, c'è pur d'uopo ridirne qualcosa, onde per p a rte nostra non m an-
chi che si tenti ogni via a ravvicinare gl'in!eressì d i due città, che ad
cmdare d i conserva nòn poSiSono che guadagnarci» .
La tesi sostenutrr dal Valussi è degna di nota. Quella ,forma inno-
cente dell'elogio e dell'esaltazione dei concittadini che si disJnguono in
opere meritorie di bene pubblico o in qua lche attività intellettua~e:. in cui
Paolo Ettore Santangelo (") trova ,il primo barlume di un sentimento
patrio, è già di gran lunga superata. Ed è pure superata la foP!Ila d'esal-
tazione del comune e della provincia (che in tal caso è l'Istria), la difesa
dei loro diritti d'autonomia che trovano le -l oro basi nella geografia e nella
storia oosurta a coscienza già in Domenico Rossetti., e che h a lrovato 1a
sua espressione.· giornalistica nell'Archeografo Tri'estino, p eriodico annua-
le del Rossetti ,s tesso (18 ), ·assurta a coscienza pure in Pie:ro Kandler, il
quale per ora se ne fa apostolo dall'appendice dell'Osservatore ("), per
poi, nel 1846, fondare iol suo settimanale, L'Istria . Il tentativo di superare
i malintesi fra d ue città italiane, capoluoqhi (per usare un termine m oder-
no) di due :regioni italiane (e ques!o tentativo non sarà senza seguito, 0
talune mcmifestazioni di reciproca .simpatia fra le due città adriatiche
preoccuperanno, ancora prima del 1848, i governanti austriaci), è un nuo-
vo ·p asso per il raggiungimento d i una coscienza nazionale un Earia che
a ·TTieste è fatto, nel caso presente, non già per opera del giornale ro-
mantico locale, ma per opera del giornale d'in!ormazioni più ,l etto della
città, il qua.le ha bensì una sua parte, la prima, non ufficiale, ma che
nella seconda parte porta il titolo di Foglio Uffizia/e (") e, per concessione
speciale, può fregiarsi, e si fregia dliatti, dello stemma del-l'impero.
Non crediamo sia da dar ·soverchia importanza al faito che, nella
terza puntata, de-I 7 g iugno, il Valussi parl i di Venezia e di Trieste come
dei ,due porti p rincipali dèH'lmpero,, facend o' capire al lettore che - egli,
GIORNALISMO TRIESTINO NEL 1848 275

col riavvicinamento delle due cit!à non intende prospettare untr soluzione
politica estranea all'Austria. Ma poche righe dopo si fa fau tore di una
unione doganale italiana dalla quale nè Venezia nè Trieste dovrebbero
essere escluse, e dall'aspirazione a quest'unione dogana-le, ci sembra tra-
sparisca con sufficien!e chiarezza pe:;:- il lettore stesso l'aspirazione a lla
unione nazionale politica: «Ne' varii stati d 'Italia si comincia a val utare
al g iusto i danni che p rovengono ad essi dagli ostacoli di ogni ·specie
frapposti a l libero svolgimento d e l loro commercio e delle industrie; ivi
pure si riconoscono gl'indubi!ati vantaggi che da un'unione doganale
dovrebbero immed.iatamente a .tutti provenire: e non è un preparare l' av-
veramento d i questo voto comune, il fare c he prima concordino gli animi
e le volontà nel.J'a iutarsi a vicenda? La na!ura ha assegnato alla Penisola
una posizione tale, che al ,procedere dell' incivilimento nell'Affrica e nel-
l'Asia, Ja sua p rosperità marittima e commercia le non potrebbe fa llirle,
se non p er un'assoluta inerzia ed ignoranza de' figli -suoi! E forse, che
quelli pos:i all'estremo lembo dell'Adriatico avranno della posizione i
maggiori v an taggi, p erchè n on hanno a gareggiare coHa concorrenza de'
vicini: se però, quel che speriamo non avvenga mai, ciò non ,serva a ren-
derli neghittosi o confidenti d i troppo nella necessità, anzichè nel proprio
senno, e nell'energia d e' loro sforzi cospiranti.»
L'Istria costituisce un argomento che particolarmente attra e i colla-
boratori dell'appendice. -11 9 gi ugno ne parla il Kand ler, sotto il pseudo-
nimo di Pietro Ceruti, nell'articolo «Sulla p opolazione delol'Istria e x-veneta».
Più tardi a ltri tratta sulle possibilità di miglioramento dell'a gricoltura
istriana.
Il ·10 settembre, un impo rtante articolo di C. D. F., iniziali dalle quali
facilmente traspare il nome d i Carlo De Franceschi.
«L'amore del suolo natale», d ice l'articolista, «è incontrastabHmenle
uno de' più nobilì e fecondi sentimenti, che fu in ogni tempo sorgente di
azioni generose, d i stupende prodezze, di sagrifizi pressochè incredibili, e
tra g li stimoli più potenti a promuovere il benessere e l'inciviUmento de'
propri concittadini. Soltanto le anime fredde, atte a nulla, e gli egoisti,
attivi unicamente per sè stessi, n on s i sentono infiammato il cuore da que-
sto s acro fuoco, e la loro stupido e ambiziosa indifferenza collo specioso
vocabolo del cosmop,olitisano cercano palliare.»
Ma, soggiunge l'articolista, un siffatto rimprovero non può esser
rivolto agli istriani. Ciononostante «udimmo mo1ti stranieri, i quali, cono-
sciuta un. po' più da vicino l'Istria , trovarono sì generale, sì ardente ne'
suoi abitatori l'amor patrio, meravigliare che fervido prorompa in parole
soltanto, e in atti sì ra ramente manifestisi». Questi stranieri stimarono
giusto rimproverare gli istriani di non far nu.Ha «per -sollevare la provin-
cia dalla misera sua condizione agricola, indus!ria~e e commerciale - di
non progredire nella coltura intelle ttuale col dedicarsi nelle pubbliche
scuole ag,li st ud j, per poi cuoprire gl'impieghi, ora tenuti quasi esclusiva-
mente da st.ranii, e l'amoroso e sercizio dei quali da parte d'indigeni cono-
scenll l'indole degli abitanti, le circostanze e i bisogni del paese produr-
rebbe p iù pronti i vantaggi - d i non pensare ad illustrare storicame n te
questa nobilissima terra - di non adoprara in nulla concordi unendo le,
benchè piccole, forze parziali a utili fini comuni - e di starci a l contrario
276 GIULIANO GAETA

neghiltosi a d aspEllta.re che altri per noi si sbracci; tonmentcmdo frattanto


noi s tessi col desiderio di tempi m igliori, i quali n on da a ltri, che da n oi
medesimi devono e ponno venir preparati» .
La causa di questa situazione p olitica va ricercata p rima nella
divisione dell'Istria in c omuni indipendenti, poi n ella d iversi!à dei sovra ni
cui essi furono soggetti mentre s i conservava «per soprappiù la separa-
zione municipale», sicchè «il nome d' Istria aveva presso i suoi abitatori
un significato geografico soltcmto, de signante loro il punto deH'orbe, in
cui erano situati i loro municipìi l' uno all'altro avversi» .
E un a ccenno alla p ace di Campoformido (che non è specificamente
citata) :
«I politici rivolgimenti riunirono hnal:mente sotto uno scettro la
squarciata provincia ~ ed il venire riguard a ta e trattata come un tutto,
e l'uniformUà delle leggi nuove, e la pubblica sicurezza p er esse guaren-
tita, e le strade costruite non poterono a meno di avvicinare ed unire
anche le idee e le volontà degli abitanti, fa cendoli a poco a poco dimen-
ticare le rivali!à antìche, perchè più non vi -sussistevano i motivi, aprendo
a l loro patriottism o un più vasto campo. d 'azione; e sanandoli, d irò così,
da quell'intellettuale miopis,mo, .per cui nulla vedevano, nulla bramavano
che fosse oltre la cerchia della meschina loro città. E d i/fatti il municipa-
lismo si dilegua: non solo i giovani s'infiammano. al n ome d' Istria, comu-
ne patria, ma i vecchi puranche, deposti, come cosa v ieta, i pregiudizi
antichi offronsi la mano d i fratelli da Trieste a Promontore, dal O uarnero
al Golfo di Venezia.>
Ecco anche qui d unque che non solo il conce!to di JXItria comunale
è d ecisamente superato da un concetto di patria provinciale, rna che an-
che q uesto è in via di superamento, e se chiaro non è ancora l'accenno
alla nazione in1era così c om'è modernamente intssa, la nazione che va
,da ques!'Istria estrema all'altro estremo d'Italia, dal Timavo al Lllibs,o• ,
così come sarà intesa in seguito, e come vedremo scritto in quest' appen-
dice ,m edesima, pur tuttavia a d u na visione d i patria inte rregiona le si è
già giunti con sufficiente chiarezza.
Il passato grava sì che i risUiltati o.tternuti in Istria, com e- l'articolista
ha esposto, sono finora scarsi. Ma n on si fermerà qui. «Noi ra ggiun-
gemmo appena i primi stadii della via che abbìamo a percorre re sino
alla me ta.» C'è «la nocessità d 'una storia e statistica is tricme»: bisogna
eccitare «gli amanti d e1la patria a stringer~i insieme per compilarle» .
« Un popolo che ignora ciò che fu , di rado potrà giusta mente va -
lutare la presente sua cond izione - e se questa .ben non comprende,
non gli sarà da to di scorgere di qual grado d i perfeceionamen!o ella
sarà in foturo c apace, e p e r quali vie debba cercar di raggiung erlo. Il
jXlssato produsse il presente, questo partorirà l'avvenire. Stud iamo ciò che
fwnmo e ciò che siamo; ed. allora sapremo ciò che p ossiamo d iventare.
Se la storia ci avrà insegnato che le nostre c ontrade era no un d ì fiorenti
p er p roprie rlsorse,anche indipendentemente dalle condizioni .politiche che
le favoreggiavano, se n'avrà chia rite la vice nde per cui c add emmo nella
attuale oscurità; se la statistica ci porrà -sott'occhio il vero nostro s tato
a ttua le, i nostri bisogni, le forze - a llora potremo noi con fiducia di si-
GIORNALISMO TRIESTINO NEL 1848 277

curo succe-sso dar alacremente opera ad adottare i mezzi per produrre un


fortuna to avvenire.»
L'articolo, sul finire, parla dell'ignoranza suÌle cooe d'Istria, da parie
di scrittori vari : si cita un italiano ed un francese, per passare infine alla
lettera di un viaggiatore tedesco apparsa sul numero 309 del 1842 del-
l'AJJgemeine Zeitung. Q uest'ultimo giungeva al punto di insegnarci «che
le belle d onne d i Dignano usano fra tutte le slave forse la più vaga foggia
di vestire - e sì che i.l vestito s tesso, le fisionomie ed il linguaggio, se
-l'avesse in!eso, dovecmlo far accorto che le belle d ignanesi sono italiane
i talianissi:rne» .
Poco d opo, il ,22 settembre, nella seconda puntata dell'articolo
, Biografie degli Illustri Istriani>, il prof. Vincenzo de Castro tratta sul
modo d i fare la storia istriana. Anche in auesti consigli d i metodologia
storica si sen te l'apporto dei tempi nuovi, 1~ spirito del risorgimento. Egli
dice che «se l'erudizione si adopera d i raccogliere i ifa:tti, non lo faccia
come in pùJssalo per narrarli, ma per interrogarli, e dedurne morali con-
seguenze».
Quindi: «La c ritica pertanto tenga luogo àella cronaca, la verità
dell'ipocrisia, la filosofia della m orta erudizione.•
Dopo d i che il de Castro non sa teI1I11inare il suo scritto s enza d ire
che per tutto quanto egli asserisce lo conforta l'esempio «di alcuni inge-
gni nobilissimi, che vanno in queste appendici illustrando una terra ita-
liana, non inferiore forse a nessun altra per memorie romane, per uo-
mini chiarissimi, per mitezza d i clima» , ecce-tera, «e da ultimo per l'indole
-soave e l'ingegno svegliato de ' suoi abitatori». E dopo d'aver tributato
una lode ,;,;Q colui che fece il primo questo foglio interprete dei b isogni
de lla nostra patria», promette d'intraprendere la narrazione della vita «di
que' nostri fratelli, che in qua-lunque m a niera concorsero al bene, alla
istruzione, al-la gloria» dell Istria. «L'amore di oatria,» conclude, «che
vivo senti.amo nell'a nimo, valgaci la benevolenza- de' nostri concitta d ini!»
li de Castro inizia, di fatto, sull'appendice dell'Osservatore, le sue
,Biografie degli Illustri Istriani> . Di Gian Rinarldo Carli ~ quarta bio-
grafia apparsa il primo ed il 3 marzo 1844 - dice(") che «fu leale e co-
stante nell'amicizia, passionato per il giusto ed il vero, tenerissimo delle
g lorie d'Italia, che in più occasioni rivendicò dalle s traniere invasioni,
peggiori forse di quelle, che disertarono il suo suolo, e- distrussero i suoi
monumenti».
Non s'ignora che ìn Istria esi,sie ormai una p opolazione, slava, ed
il Valussi, nell'appendice del 3 dicembre 1843 (") accenna alle città is triane
•dove l'antico elemento veneto e lo slavo ,si tocca no». Da parte sua il
Kandler sotto il noto pseudonimo, nell 'articolo «Dell'Istria provincia», so-
stiene , il 6 dello stesso mese, che «l'Istria fu sempre un'unica terra, da
due :popoli precipui abitata, ed assai spesso per ragioni di governo divisa 11 •
Ma non trovo cenno che pos,sa far dubltare ch e l'Istria faccia parte
geograficamente dell'Ita lia. Anzi, in aggiunta a quanto abbiamo citato,
è opportuno rilevare che, riportando dal Gondoliere di Venezia, 1'1 1 apri le
1845, le lodi per un sacerdote d 'Isola d' Is tria, autore di un opuscolo sui
bachi da seta, l'Osservatore dic~ che que,;ti, con una sua scoperta ,ag-
278 GIULIANO GAETA

giunse onore a sè, all'Istria ed a questa nostra Italia, ricchissima d'ogni


m aniera di naturali v antaggi (2 3)».
Il 5 ottobre 1845, in un suo articolo sull'Istria('·'), Carlo De France--
schi dà per pacifico che questa non è altro che te-rra italiana. «Farne er-
rato non anderebbe~, egli dice, «chi sostenesse che sino a Carlomagno
le nostre condizioni non erano tanto peggiorate da essere inferiori a
quelle della reskmte Italia [ ... ].»
Il primo maggio 1846, ìn occasione della recensione di run volu-
me di Heinrich Stieg litz, Istirien und Dalmatien, si citano i versi di Dante
«là presso al Quarnaro
«Che Italìa chi.ude e i suoi termini bagna::o.
Il 15 maggio successivo, Giovanni d'Oplanich ("), parlando della
letteratura italiana, dice: ,E tutta Italia va oggimai bella di spiriti sì
gentili e generosi, ed anche l'Istria nostra ne prepara [ ... ].,
E poi, dopo d'aver -ricordato che «quasta povera provincia» g iacque
da tanto tempo {(sconosciuta e abbcmdona~a, e se alcuna rara volta lo
straniero ne ripete il suo nome, in tuono beffardo lo proferisce e villana-
mente ne malmena la sua fama», sebbene sia stata la patria de,l Sar-
torio, del Carli, del Tartini e d'altri insigni, osserva:
«La sua letteratura è italiana per cui ogni anno tanti giovani istria-
ni vanno ad apprendere le umane -lettere Ltaliane· nei ginnasi e nei licei
di Udine, di Chioggia, d i Venezia e di Padova.,
E tale -situazione, .secondo l'articolista, dovrà perpetuarsi finchè «la
munificenza del principe, che paternamente la riguarda dal trono, darà
anche a questa crescente p rovincia un'italicma scuola di umane le ttere•.
Come non c'è dubbio che il giornale consideri l'Istria facente parte
d'Italia, così non c'è dubbio che esso consideri la regione Giulia un tutto
organico. Il 10 gennaio dello stesso anno 1846, nell'appendice vengono
recensite insieme una strenna triestina, una friulana ed una istriana,
«siccome Friuli e Istria sono carne due braccia di Tries!e, così ragion
vuole che l'Osservatore se ne occupi alquanto anch'esso11.
Il tema della fratellanza fra Trieste e Venezia, che abbiamo visto
trattato nel 1843, è ripreso nell'aprile 1844, in occasione di un incontro fra
piroscafi triestini e veneziani in alto mare con successiv o ricevimento (26 ).
La Gazzetta di. Venezia, in una sua cronaca di tale manHeslazione, ripro-
dotta nell'Osservatore del 27 aprile, diceva: , Venezia serberà lunga e
grata memoria di questa bella pruova d'affeeione e di stlma della so-
rella Trieste.> ·
Il 16 giugno{ 21 ) , si parla di una gita ad Ancona, tema già trattato
il 9 dello stesso mese("), e qui l'articolista, il Traiber ("), altro p seudoni-
mo del Kand.ler che si finge in polemica ... con il Ceruti, d ice di aver
voluto studiare le analogie fra le due città adriatiche. In luglio, una
lunga relazione di parecchie puntate(") su di una gita a Zara ed a Se-
benico, che allarga ancora l'orizzonte nazionale dei lettori del trisetti-
manale triestino(").
E. fra scritti siorici, geografici, economici, scientifici, letterarHs.2),
ecco il problema della progettata ferrovia 1'rieste--Vienna che affiora.
GIORNALISMO TRIESTINO NEL 1848 279

L'Osservatore, nei suoi numeri del 31 dicembre 1843 e de l 3 gennaio


1844 ("), prende pos izione c ontro chi vorrebbe far deviare la linea ferro-
viaria da Trieste per portarla più dire-ttamen te , attraverso il Friuli, verso
la Venezia Euganea e la Lombardia, mentre un prob lema c om e quello
del taglio dell'is tmo di Suez, che appassionerà in seguito i ceti merccmtili
della città, fa una timida apparizione(" ).
Mentre non mancano ancora, per qua nto rari, degli a tteggiamenti
dl lealismo verso gli A:bsburgo ("), ne,ll'accenno fa tto a lla strenna d e l
Cameroni (36 ) il 7 gennaio 1844, !roviamo messe in rilievo due pcesie che
hanno per tema l'esilio, e cioè «L'esule» del Ciampolini ed «11 mio esule»
del Gazzoletti. Troviamo pure speciale interesse per la produzione tea-
tra1e italiana, a l cui rifiorimento si auspica (37 ).
E veniamo ancora all'interesse che l'appendice dimostra· per i con-
gressi scien tifici.
Una lunga re lazione , a più puntate, -s ul c ongresso di Lucca, è de l
settembre 1843, comm entata poi, da Pacifico Valussi, il 29 novembre ,
sotto il titolo «Congressi scienfifici italiani».
«Non poco deve contribuire ad aggiungere nuova vita a i Con~
gressi l'essere portati anche nel mezzogiorno della penisola, ove tante
singolari!à fisiche e civili sono da osservarsi, ed ove le scienze ebbero
sempre i loro più distinti cultori.»
Soggiunge quindi che tutti s'ingegnano «a di.mostrare coi fat ti che
nella p atria loro non d ormono» . Si scuo~e la polvere dei musei. «Le ac-
cademie, lasciati da parte i vani cicalamenti letterarj (I poeti veri non
vanno in frotta) si ridestano dal loro torpore e s i danno a lavori in cui
la forza collettiva possa p rodurre buoni effetti a comune vantaggio. Si
compila no guide. s tatistiche, nelle quali, mentre apparisce la ricchezza
che si p ossiede, si v eggono pure le lacune eh' è d'uopo riempiere . Alla
fine, mentre le città ospitanti colle feste e colle -liete accoglienze agli uo-
mini d e l sapere mostrano di onorarli e d i creciere a ll'utilità dei loro
sforzi, que,sti imparano da ciò a d iscendere dalle alture della teoria a lle
cose praticamente applicabili, e togliendo il velo mistèrioso con cui
taluni intendono coprire le scientifiche es) discipline, fan no rinasc ere la
beila armonia fra lo scienziato , l'artista ed il cìttadin o: ciò ch'è la p rova
più certa deg li avvanzamenti dello spirLto uma n o.»
Sul congresso del 1844, !enutosi a Milano, scrive, dal 22 settembre
in poi, una serie di le ttere Francesco Dall'Ongaro, lette re che figurano
indirizza te a l Valussi. Nella lettera de l 2 ottobre, pubblicata il 9, il Dal-
l'Ongaro dice :
«Quelli c he nelle cose n on veggono più là della s upe,rficie, de-
clamano anche q uest'anno contro i congressi scientifici, e vanno chieden-
do con certo riso tra l'imbecille e iI beffardo: dite mo' che n'abbia rica-
vato la scienza da questo chiacchierio di mille e duecento scienziati pio-
vuti a Mila no dall'universa Italia? ,
Il Dall'Ongaro non vuol dare una risposta oategorica. Ma ricorda
che si stamperanno gli atti e che da questi si potrà giudicare, e che sin
d 'ora s i può giudicare dal d iario del congresso ste:3?0. «Vedrete», soggiun-
ge quindi il Dall'Ongaro, rivolgendosi ai dS'h'attori dei congressi, «che
280 GIULIANO GAETA

queste adunanze, nelle qua-li accorderò che non si trovi ancora quel-
l'ordine e quella eloquenza parlamentaria che è frutto dell'esercizio,
vedrete, dico io, che non s'occupano sempre di quei nonnulla che ali•
mentavano un tempo le accademie italiane [ ... ].,
Ma più oltre va il Dall'Ongaro nella sua iettera del 22 ottobre,
pubblicata il 6 novembre, e che s'inizia così :
«Se i Congressi scientifici italiani non avessero recato altro bene
alle scienze, che offerire un'occasione alle diversa città che d'anno in
anno li accolgono, di pubblicare una illustrazione più o meno perfetta di sè
medesime, e dei propri dintorni, io credo che ciò basterebbe a rispondere
a quella cinica interrogazione che non si manca di fare: quali u·tilità da'
congressi? Non ipensì tu che nel corso d'alCtIDi cumi s'abbiano raccolti in
molte di queste Guide speciali, i più importanti documenti da cui desum~re
quando che sia una descrizione della nostra penisola, scri tta da noi, meno
inetta e meno superficiale di quelle che gli stranieri ne va n compilando,
o correndo di galoppo, o partendo da falsi dat• , o vedendo l'Italia a
traverso il prisma delle nazionali e personali antipa!ie? Se te ne lascias-
sero per avventura alcun dubbio le Guide degli anni antecedenti, le
quali vennero successivamente ampliandosi, ma rimasero sempre fra i
limiti delle città e dei con!orni, leggi il prim o volume dell'opera del
Cattaneo : Notizie naturali e civili della Lombardia, e avrai tosto una
prova dell'ingegno dell'u omo, d ell'uliìità dell'opera, e di quel c onsolante
progredire nel bene çhe va la·s ciando d'anno in anno sì s plend ide tracce.»
E poi, rivolgendosi al Valussi: «Mi ricordo che in alcun luogo
manifestavi tu stesso il pio desiderio, che le Guide delle ci1!tà, s'es:endesse-
ro alle provincie e c osì rendessero un vero servigio all'Italia intera. Ed
eccoti il Ca!taneo che trasforma in fatto il tuo sogno, e mostra che non
manca i'Italia di forti ingegni e d'animi generosi, che senza mira d'inte-
resse, e senza immediati compensi, usano tutto per la causa del bene, e
per il miglior decoro della patria comune.»
Il Ca!taneo - lo leggiamo nella seconda puntata delle lettera,
pubblicata 1'8 novembre - , tessendo la storia della Lombardia collegò
q uesta grande e feconda provincia a -lle altre parti d 'Ita lia con nuovi vin-
coli e di interesse e d'affetto (-1 9 )».
Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, l'amnistia di Pio
IX non ha nessun riflesso immediato nell'appendice stessa, se si vuol ec-
cettuare un sonetto intitolato «A Roma» {40 ), che va annoverato fra le
poesie inneggianti al pontefice in cui, per dirla con il Monterosso «Dio
rimava costantemente con Pio» (4 1) .
Un nuovo impulso, invece, l'appendice lo riceve nel 1847, ed è
preannunciato in un -numero speciale, del 13 dicembre 1846; in cui lo
Osservatore enuncia il programma per l'anno venturo.
Il giornale dice che ,all'uopo di personificare per così d ire nello
Osservatore Triestino le forze intellettuali d ella patria nostra e rivolger-le
tutte ad un unico !3Copo e farle rappresentare onoratamente Trieste al di
fuori , abbiamo procuralo di concentrare nell'Appendice gli altri fogli
GIORNALISMO TRIESTINO NEL 1848 281

letterari d el paese (intendiamo però che l'Is tria, sì eg-regiamen te diretta


dal Dr. Kandler, c ontinua a rappresentare, da canto a ll'Osservatore, g li
interessi della provincia) e di chiamarvi a collaborare tutti i cultori
delle lettere che più l'onorano, .
E' qui implicito l'annuncio della morte della Favilla e l'intenzione
del giornale d i continua rne l'a ttività . Più tardi, la Favilla del 31 dicembre,
nell'articolo di congedo scritto dal Dall'Onga ro ("), a proposito del campo
d i attività da essa coltivato per più di dieci anni, d ice :
«Q uesto campo rimane ora a coltivare all'Osservatore tris,stino, il
q uale ques t'ann o d ila ta le sue colonne, e s i arricchisce di un'appendice,
a lla quaki furono invitati a prender parie a ttiva tutti coloro che profes-
sano fra no i '1e buone lettere e i buoni s tudì. In qua lunque modo queste
promesse e queste speranze sieno per compiersi, questo è sempre un
gua dagno e un progresso, che il Foglio Ufficiale sia chiamato a trattare
quelle materie e quegli a rgomenti, i q ua li furono fino ad ora r isguard ati
o come estranei a l pae se, o come singolari utopie d i alcuni p rivati, p iu t-
tosto sofferte che approvate o seg uite . Co.:1 questo crescerà senza d ub-
bio agli occhi di a lcuni l'auto rità d elle cose consigliate ed e sposte , e
cesseranno d'esser reputate ostili, pe rciò solo che non avevano a ltro pri-
vilegio che quello che viene da ll'intrinseca bontà dello scopo. Queste
parole vogliamo che sieno s1im olo ai n uovi collaboratori dell'Osservatore,
ed eccitamento ai nostri le ttori d i rivolgersi a quello che oggimai si pro-
pone di supplite ampiamente a ll'incarico c he lasciamo.»
Ve dia mo ora l'appendice del 1847.
Que lla d el prim o gennaio, intitolata «Augurio» , è firma ta dal Va -
lussi stesso, ìl quale asserisce «la ferma credenza: che p resentemente e
nel prossimo avvenire le estremità p er cui si toccano e si c ongiungono i
paesi ed i popoli sono destinate ad essere teatro d i un'op erosità formativa
as sai più vivace e pressante c he non posseggano ora quei centri geogra -
fici ed etnografìci attorno a cui in altre epoche storiche si raccoglieva
la mCISsi:ma parte della v italità civile e nazionale~ . Ciò è causa d i liete
sper anze per «un paese che, come il nostro, è a ne llo geografico e e tno-
grafico fra Gerrnania,I!alia e Slavia ed ove sono posti a perpetuo con-
tatto elementi che in epoche d i prima e di seconda formazione si sa-
rebbero respin ti per venire a ttirati dai centri d'attività, ma che ora hanno
tJna visibile tendenza a rimescolars i in una nuova formazione quì come
dappertutto nel mondo incivilito» . Conclude, il Va.lussi, con un'esortazione
ai giovani di operare per la g randezza d ella patria, che in ~al caso è la
città d i Trie s te . Nel complesso, a dire il vero, non è molto. Sappiamo del
resto che il Va lussi, animato fin d'ora da fervido amore per l'Ita lia , crede
a ncora che per Trieste p ossa esserci una soluzione di compromesso che
rientra nei concetti c he -per la sponda orientale da:l' Adriatico aveva il
Tomma seo ('1 :i). Mo lti s u oi scri,tti prequaran:otte schi, ed anche il suo arti-
colo del 16 aprile 1848, a pparso sull'Osserva tore Tries,ino, in cui soste-
neva che Trieste d oveva la sciare «le quis.ti.oni naziona li» almeno per
quanto concerneva una soluzione radicale de l suo problema per d ive-
nire un «porto franco d i iutte le Nazioni» , potrebbero · essere giudicati
282 GIULIANO GAETA

come ispirati da ragioni prudenziali, chè in lui lo spirito risorgimentale


traspare sempre. Ma la stessa tesi è sos tenuta dal Valus-si a Venezia, in
piena rivoluzione quarantottesca, dalle colonne del Precursore, il che ci
fa dedurre che la sua tesi sia stata frutto di intima convinzione, che non
sarà mutata che poi, dagli eventi successivi, i quali lo persuade-ranno che
1a sua soluzione, diciamo così, cosmopolitica, era insostenibile perchè
dava esca c;d nazionalismo straniero: ragione per cui giungerà, nel 1861,
a pubblicare quello che sarà considerato il manifesto dell'irredentismo
giuliano (H) .
In ogni modo non sono le teorie dell'uomo che noi vogliamo esa-
mincrre: a noi interessa invece vedere quanto egli -:::::ooperò, poco importa
se consapevole od incon sapevole, a dare impulso allo spirito risorgimen-
tale triestino.
;~~- Così come ci importa .poco se uno dei più fecondi collaboratori suoi,
il Formiggini, dopo il fallimento quarantottesco, finirà col ripiegare dalle
posizioni assW1te per fmsi sostenitore del retrivo governo di Vienna.
Questo, eventualmente, pot-rà es-sere oggetto d'indagine per un periodo
successivo, onde stabilire se con ciò egli possa aver contribuito a ral-
lentare il corso della storia, e come e quando. Ma, nel periodo che ora
stiamo esaminando, il Formiggini è all'avanguardia , ed importa sapere
ciò che egli pubblica in questo periodo per dedurne l'influsso da lui de-
terminato nell'opinione pubblica. Importa insomma per noi. conoscere i
fattori de'.ennlnanti di storia. Non c'interessa neppure il pensiero intimo
dello scrittore, se questo, diretbmente od indirettamente, n o!1 h:r riflessi su
tali !allori. ·
Ora -l'appendice dell'Osservatore, secondo noi, ha importanza: non
può non essere fattore storico determinante. E non solo in qucm!o risol-
leva lo spirito municipale e regionale, già importante nella formazione
dello spirito risorgimen!ale {compito quesìo lasciato all'Istria del Kan-
dler), ma ben anche in quanto, in un modo o nell'altro, pene le premesse
scientifiche, letterarie, pohtiche, sentimentali dell'unità d'Italia, compito
che es·so ha egregiamente assolto mentr'era ancora in vita La Favilla, e
che ora resta sola ad assolvere nella città di Trieste.
Il 29 gennaio 1847, il Formiggini recensisce un' opara geografica di
Adriano Balbi, seguace della dottrina del Buache, che ripartisce la super-
ficie terrestre in regioni fisiche determinate in base ai bacini idrogra fici.
Il Formigg ini dice che è opera la quale «specialme:nte ci interessa perchè
tratta di cose italiane, ed anche più particolarmente d i questa nostra
patria ch'egli, , cioè il &tlbi, •(ed è autor,tà in questo affare) pene in Italia,
come risulta dalla carta geografica annessa, in cui parte una linea dall'un
confine all'altro e comprende l'I talia e le sue isole-, e segna quindi i suoi
confini naturali. E per non parlare del mare e delle alpi, che è cosa fuori
di ogni discussione, egli dice che seguendo Tolomeo, Strabone, Plinio, ed
in tempi meno remoti Leandro Aiberti, il confine d'Italia nella sua estremi-
tà orientale sarebbe segnato dall'Arsa, e, risalendo per e ssa, dal Monte
maggiore nell'Istria, e ad occidente Il confine seguirebbe il corso del Varo
dalle alpi al mare, e dope aver dimostrata la difficoltà di stabilire confini,
naturali al nord-est, perchè percorso da acque che si perdono sotterra, co-
me il Reka ("), il Piuka ("), ecc., conchiude: Stimiamo però che la linea più
GIORNALISMO TRIESTINO NEL I848 283

conveniente sotto l'aspetto geografico, sia quella che, dal TerglÙ (") vol-
gendosi a mezzodì passa ad orien '.e d'Istria, d i Planina e d i Adelsberg ("),
tocca la vetta dello Schneeberg ("), e scende al mare colla Reczina (")
tra la città di Fiume ed il poggio di Tersatto.,
L'appendice si occupa d'igiene e di medicina, .;;pscie per opera d el
doti. Formiggini; si occupa di agricoltura, tratta di p roblemi giurid ici ed
economici, sempre nello spirito del g iornalismo scientifico risorgimen-
tale.
In una delle corrispondenze del Formigglni sul nono congresso degli
scienziati italiani tenuto a Venezia nel settembre 1847 - lettera del 26,
pubb licata il primo ottobre - sta scritto :
«Oggi ci fu riunione degli scienziati per la scelta delle città in cui
dovrà aver luogo il Congresso nel 1848 e nel 1849, a lla quale i soli scien-
ziati italiani furono ammessi, e fra questi., come pure avvenne negli altri
Congressi, furono ammessi anche i Triestini, rispondendo così a quello
a ltro signore che ieri parlando delle strade ferrate diceva non voler par-
la re d i quella da Vienna . a Trieste, non per le ragioni speciose date dal-
l'onorevole suo predecessore, ma perchè dovendosi il Congresso occupare
delle strade ferrate italiane, Trieste egli non la considera siccome città
italiana [ Ora il Congresso con tutto ciò diede torto solennemen'.e a ll'opi-
n ione sua individua le; e a quello lo aveva da:·o .g ià prima, e il chia rissimo
Cesare Cantù ne' suoi begli articoli sulle strade ferra te pubblicati nel
Mondo illustrato, dove dice "Trieste è, e vantasi italiana, e lo diviene ogni
giorno più", e il cav. Balbi presidente di quelìa sessione, e nella sua geo-
g rafia e in altre opere posteriormente pubblicate, e già analizza1e nel•
l'Osservabre Triestino.» -.;,
Abbiamo riportato, s'in tende, tale passo. non già per dire dei fatti
in sè, ma p er dimostrare che di tali fatti l'opinione p ubblica ne era infor-
mata, e con quale spirito ne era informa:n. Tanto più se si deve tener
conto che il giornalismo nen è pura informazione, ma, in quanto g li è
possibile, è a nche espressione d 'opinione pubblica.
La venuta del Cobden a Trieste - e noi ben sappiamo qua le signi-
ficato politico a bbia a vuto il viaggio cli Riccardo Cobden in Itali.a - dà
occasione al Valuss'i di pubblicare un suo artìcolo sull'Osservatore del
30 giugno in cui è riaffermato il concetto che la libertà del lraffico è ten-
denza comune a tutti.
Del p ranzo in onore dell'economista inglese si parla poi nell'ap-
pendice del 4 luglio, ma qui invece non c'è parola sull'incidente del Dal-
l'Ongaro, nè sul suo discorso: il Dall'Ongaro ·è sernplice-me:ò~e ig norato.
Anche questo ci sembra un segno dell' im-P ressione che il discorso antiau-
striaco del poeta nostro fece alle autorità costitui!:e: oltre all'espulsione
dalla città per l'incauto difensore dell' italianità di 1rieste, e sse devono
aver pure mandato l'ordine che nè del d iscorso incriminato nè dell'inci-
dente stesso si facesse parola. ·
Continuiamo ancora a spigolare la nostra appendice. Il problema sco--
lastico vi è tenuto presente, e vi si vantano le conquiste che in questo
campo ha raggiunto la città. Non mancano i sagc;Ji archeologici, per
quanto tale genere di studi sia ormai, dal principio del 1846, trattd to pre-
284 GIULIANO GAETA

valentemente sul p eriodico del Kandler. Ancora: l'appendice si occupa


di lettera!ura italiana (ma dà anche parte del suo spazio a letterature
siraniere), si occupa d i .teatro, d'arte, di concorsi artistici. Con d isinvoltura
vengono citati periodici romantici italiani, e non solo la triestina Favilla,
ma anche il Caffè Pedroccbi e Il Giornale Euganeo di Padova, l'An tologia
di Firenze. Vi si sente il riflesso del culto d i Dante che, sulle orme d el ro-
manticismo italiano, prende sempre più solide radici nella città. Il 7 marzo
- dunque a lcuni mesi prima del famoso inciden!·e - l'appendice parla
del corso su Dante iniziato una settimana prima da Francesco Dall'On-
garo a l gabinetto di Minerva, e rileva come il conferenziere abbia inqua-
drato il proprio pensiero in quello di quel G ioberti «che tanto, e merita-
mente, è studiato al dì d'oggi in Italia e fu9ri».
Il Foscolo invece è maltraHato dal Tommaseo (collaboratore ordi-
nario, si dire bbe oggi, dell'Osservatore), nel giornale dell' l l giugno, per-
chè le sue sventure priva te l'hanno irritato contro la patrìa, sicchè necessita
o:alza:r la voce con!ro codesta conmìrazione s tolta e peggior dell'oltraggio,
acciocchè i posteri non dicano che in Italia il sentimento della dignità
umana era a' tempi nostri viziato ,. Il Pellico a ppare neil'appendice il 22
agosto, con una sua lettera di lode all'istriano Fachinelti per una sua
pubblicazione poetica.
Il Valussi, dal canto suo, il 31 gennaio, in un articolo intitolato
«Carlo Dickens», dice chè lo scrittore inglese <l meri!a d 'essere fatto cono-
scere all'Italia», e ciò nonostante che e gli, «fatta in essa una scorsa al
modo de' suoi compatriotti [ ... ] n'abbia parlato con tanta frivol= e poca
conoscenza da far ridere di lui». E soggirmge,: «Dico far ridere di lui, per-
chè non capisco come s'abbia a ·s degnarsene da rimbeccarlo con quella
collera che faceva tempo fa il Giornale di Napoli, annoverando gli spro-
positi madornali che si lasciò scappare il romanziere inglese.» E, dopo di
aver d etto c he dal Dickens «non abbiamo da apprendere a giudicare la
patria nostra», e che «di tanti paesi nessuno ne discorre; perchè poco c'è
da criticare dove ·poco c'è da lodare», conclude: «C'è di più, che non è
punto da meravigliarsi se molti vengono a viaggiare l'Italia male pre-
venuti e se per conseguenza veggono tulle le cose del colore dell'itterico.
E ciò per due ragioni principali: l'una si è, che il nuovo arricchito che
vuol farla da grande affetta disprezzo per chi lo fu prima d i lui, l'altra,
che avendo ì più gran scrHtori d i tutti i paesi giudicato in genera-le assai
favorevolmente del nostro paese, i piccoli credono d'inalzarsi portando
un giudizio contrario.»
Uno spirito nuovo si sente anche in ciò che dice il Valussi. s ulla cri-
tica, il 20 ottobre (51 ) . «All'estetica dei critici, o vogliarn dire dei giornalisti,
chs rappresentano la critica nelle perpetue sue trasformazioni, io contrap-
pongo l'estetica del popolo, ch'è il più immutabile ne' suoi giudizi, perchè
giudica col cuore che n on cangia.»
Il 28 luglio, Pacifico Valussi, nell'articolo «Teatro de' dilettan ti•,
spezza una lancia contro il teatro straniero. l(Veggano così», egli dice,
«le Compagni-e di fornirsi di roba nostrale, compensando gli scrittori; chè
se mieteranno del loglio vi sarà anche del buon grano. Per q uanto belle
le straniere produzioni, di rado ecciteranno quell'entusias,mo che possono
•l e nostre, se conformi all'indole ed ai sentimenti di questo popolo(").,
GIORNALISMO TRIESTINO NEL 1848 285

Non rare le critiche teatrali, da cui sappiamo le accoglienze festose


ad opere come il Nabucco del Verdi e ad altre di profondo significato
patriottico (53 ), La critica della tragedia di Antonio Somma, Marco Boz-
zari - l'eroe immolatosi per la libertà della Grecia - rappresentata alla
fine d'ottobre dalla compagnia di Gustavo Modena al teatro Filodramma-
tico, ha nel preambolo delle parole significative per tutii i popoli oppressi
nel periodo prequarantottesco ("'). Sono pamle del Valussi:
«Indipendentemente dal nome dell'au!ore, il soggetto medesimo at-
tirava la pubblica attenzione: chè Marco Bozzari divenne per certa guisa
il simbolo della gloriosa lotta combattuta, si può dire sotto ai nostri occhi,
da un popolo generoso per sottrarsi all'oppressione d'un giogo secolare
e ridivenire degno de' suoi antenati, delle cui gesta è pieno il mondo.»
Poco o niente noto crediamo infine sia il fatto che da quest'appen-
dice dell'Osservatore si leva una voce d'affetto fraterno per i siciliani,
che sono, in certi passi, sentiti quasi più intimamen~e fratelli dei giuliani
che non gli altri italiani, per essere posti anch'essi, come i giuliani, ad un
estremo lembo di patria, e per essere anch'essi, come i giuliani, poco co-
nosciuti dal resto d'Italia.
Il 2 giugno, esaminando «tre opere per titoli e per materie diversissi-
me, che non hanno alcuna conformità fra loro 2e non l'essere dettate
tutte e tre da in9"egni sicìliani (H)», il Morpurgo dice, sull'appendice dello
Osservatore: «La Sicilia è parte d'ltalìa, se non florida certamente operosa
in letteratura[ ... ]. Eppure gli]taliani, mal conoscono le opere de' Siciliani,
e 1rnentre i libri che si pubblicano in Milano, in Firenze ed in Torino si
leggono dovunque con avidità, quelli -eh' escono in Sicilia duran grande
fatica a farsi conoscere, nonchè, fra i lontani, perfino ne' limitrofi paesi»
Ed il 18 dello ·stesso !mese, il Forrniggini esamina una strenna sira-
cusana (56 ) .
«Dall'estrema Trinacria», egli dice, «ci giunge un canto; canto d'a-
more e di speranza, canto nodrito dal dolore, avvivato dal desiderio di
formar parte attiva della grande famiglia letterar.ia italiana, e che a noi,
dell'opposto limite abitatori, ci giunge ripercosso quaBi. filo di telegrafo ele,t-
trico che i suoni tramanda all'a1tra estremità, senza che gl'-intermedi si
accorgano del passaggio di que' suoni.» Quindi il recensore trova che
nella strenna «la calda immaginazione esaltata dal sole splendente, dal-
l'amore di patria, dal fratellevole affetto, irrompe siccome il Mongibello
ch'è loro di contro, e noi fratelli, noi che sappiamo per prova quanto sia
arduo il fare, e· special1mente in certe -speciali condizioni, noi lunge dal-
l'essere quell'animai morosum {57 ), di :cui terne l'editore, noi ringraz'..amo
quei fervidi ingegni dell'opera loro, e gli confortiamo s,: perseverare nella
ben intrapresa carriera, a non diffidare tanto di sè, a sperare miglio-
ri destini.»
E, dopo l'esame della strenna, il Formiggini si scusa d'averlo fatto
brevemente, ma assicura tuttavia d'averlo fatto «come l'esigeva la mente
alta, e la volontà efficace degli autori, con coraggio e con fiducia; e
come l'amore nostro verso Italia tutta, e per codesta bellissima sua parte
in ispecie, bella di memorie e di speranze, con franchezza e con lealtà.»
Quindi.: «Tutto non abbiamo potuto analizzare come avremmo volu-
to, perchè cel vietata la brevità voluta, ed altre circostanze ancora; ma
286 G!ULIANU GAETA

varrà, speriamo, quanto abbiam brevemente notato a dimostrare i sensi


nostri di a mmirazione e di gratitudine, e a man!festare il desiderio e la
speranza di veder nuovi lavori letterari: che ci faremo premura ed ascri-
veremo ad onore l'esaminare, come speriamo vorran fare essi dei nostri,
scambiando così corrispondenza d'amorosi affetti da quest'Istria estrema
all'altro estremo d' Italia, dal Timavo a l Lilibeo.•
Ed a ncora una volta nell'annata, il 17 dicembre, la ·Sicilia è oggetto
deH'attenzione dell'appendice dell'Osservatore("). Un periodo è qui de-
gno di rilievo: quasi presen~imento della rivoluzione del 12 gennaio. Dice:
«La Sicilia, paese per la natura sua, per posizione, per la storia
dai più remoti tempi interessantissimo, attira adesso più che mai l'at~en-
zione del pubblico, che vede nello sviluppo di quello stàto una delle qui-
stìoni precipue d el tempo nostro.»
GIULIANO GAETA

NOTE
(10 'Settimanale sorlo per ìnizfrrtiva <li Anl-:,nio MadonizZa e di Giovan:-.i Orland:ni.
(2) Nell'ullimo numero della Favilla, il Dall'Ongaro, prendendo congedo dai lettori a nome
dei collaboratori, rilevava come il periodico romantico avesse mutato il sentimento della
città da cosmopolitico a nazionale, costringendo pure il governo a delle concessioni cui era
stato dapprima restio, nello s,ua mania di germanizzare che lrovava il suo pun '. o di pa rtenza
nella politica q:i.useppl.na. «Chi scrive queste pan::1le•, dic&vo il nostro articolista, «si ricor:.la
di essere stato interrogalo or son sett'anni in una delle nostre primarie conversazioni se
Tri~te avesse o chiamarsi città italiana o O'ltrimenti. Alla sua risposta o Hermotiva tutti g li
risero in faccia, aro s i riderebbe forse di chi facesse la stesa f,n'.errogo :zione, onde H governo,
secondando il vo!p universale del ,pa.e,s€, stabilì ultimamente c he le prime' scuole elementrnri
si dovessero dare anche in lingua italiana, e ordinò a quest' uopo la versiCU'le e la ristami;a
dei tes1!. Questa notizia sia l'ulthna che avete, o lettori, dal g iornale i~aliano, che è contento
di chiudere con questo -fatto la sua cronaca urbana .•
(3) Vedasi U cap. «L'osteria dei 'Tre Tre'» (edizione c=ultata; Stab. Ti-p. Ca.prin, Trieste, 1927).
(4) Baxtolomeo Mengotti, natio a Schio da famiglia che esercitava l'arte della: lana, =dà da
giovane a Rovereto, dove s'impiegò in uno fabbrica: di ca:rte da glo=, poi passò a Verona,
quindi, nel 1809, a Trles1e, do.nd.e rimpatriò nel maggio 1811, per malattia. Vi ritornò nel
settembre 1812, venticinquenne, «a piantar casa e fabr ica ln via Crosacla» (•ted'O'Si op.cit. del
Caprin, =P· uUna notte in mare• e cap. cii. nella nota p recedente. Sul1'a,ttivi16: del Mengotti
a Trieste vedasi pure la Storia dell'arte e dell'ar!iqianato fn Gorizia, di Ranieri . Mario
Cossàr, Arti Grafiche F.Jli 0.narini, Pordenone, 1948, c-.:rp. VTII, . t'OUocen;to•).
(S) Il D/rflto d'ltal(a su Trieste e l'Istria è un·a raccolta di documenti edita anonima dai fra:•
telli Bocéa, Torino, 1'9 15.
GIORNALISMO TRIESTINO NEL 1848 287

(6) Tale periodo a ppare in uno. rece nsione del doti. Soule Fonnigg ini. Veda,;I in propos,ito il mio
saggio Panorama d e l giornalJsmo trie stino durante la rivoluzione del 1848, opuscolo primo :
Il periodo preparatorio ed i .mol/ del marzo, par, 21 cL'Osservalore Tries tino nel piimo trimestre
del 1848•, ed. Lega Nazionale (estratto Porla ·O.Jenlale - Trieste, 19-19).
(7) Tale periodo a ppare in un articola tl>o di Michele Fachinelti. Vedasi il mio saggio citato n ella
nella nota precedente, par, «I moti del marzo•.
fS) Vedasi saggiò e Por. cit. inello nota 6.
(9) Vedasi Francesco Fatlorello , Pacifico Valu ssi, Editrice la Scuola Complementare, Udine, 193!.
(10) li teatr o Grande à l'attuale teatro Verdi. Lo. cr!tica: diceva;
• Da_ due sere il Nabu~, tra favore e furore, con un successo di entusiasmo obbligato.
11 hbre tto di Solera , onundo d al francese d i Soumet è un impasto d e l Belisario , del Mosè;
e d ella SemJromide; ma vers eggiato con biblica fan tasia, e non senza situazion i e spetta-
colo. CQsì la musica, di Verdi, rUrae da Donizetti, Mercad:mte s si.mi li; ma eccellimtemen te
ela~orala e disposta,e:a: a slanci di effello. La Abbadia v 1 brillo. p rimissima, con voce fresea
e d mtuonat~, infa1icab1le, d i b el metodo, ed è veramente l'arnma deLo spartilo. La fiancheg.
qiano sufficienti, Ferletti protagonista, e Tabellini; Macksa esordiente ed il resto . . Onde 11e
fon,e manca dellac;rlio e novità, il complesso è p iacevole, e riiicuole applausi e ch iama te.
Vestiario, decorazioni ed accessori, piuttosto aggra devoli; l'insieme posto in iscena con curo .
Mo: que l sacerdote col pugnale srullo: figlia d e-I re, me ntre I vincitori babilonesi lo circondano
com.e ad u,na fes.ta. da Ballo; quello .sgabello, s u cui Nabucco non so: come tene re k,, gambe,
quella spada dato e afferrata sul cuor della lama, quella maledizbne si ripe tuta, quei n ame
s o nio che ncin st pronun,cia quasi mai, d ivenuto rHornello dei! Coro, sono sconcezze s ulle
quali, perchè poco importano a l i:;ubblio::t czvr,emm:) anche a d sss 0 taciuto, se q u oo1a v olta
non fossero troppe.»
L'impres-sione che Il Nabu oco ave-va fa tto sul p ubbUCd tr~no era s!ala però ben di'lerente
da quella riportata dall'estensore de lla critica qui trascritta. Giuseppe Carlo Boltura, nella sua
Storia del Teatro Com unale di Trieste (edita a Trieste nel 1885, coi tipi d i Giovanni Bale-
~~~~ ~ it~~~1i{Ki~o;~ttd,c!';e;~~~~rd~~~z~ : e n~ J1gbuc:cn;u;:;rgu;~~~~s~l~t:ra~Til!s:~~~e}~
prima volta l'll di gennaio del 1843 {lo troviamo ann unciato, come opera nuova, nell'Osser-
vatore del IO), asseriva (vedasi sollo cll Teatro Nuovo•, cap. V) :
«Il Nahucco segnò orma s plendidissima anche sul teatro di Trieste, come in altri d'Italia
ne aveva segnai-, del pari. Si d1menlicoI'Qn'O le varie incongruenze d e l libretto, scritto in
buoni ven,i dal Sclera, per ammirare soltanto gl'insoliU pregi di una musiça nuo va, sma-
gliante, lncantevoie.•
Per dire del successo otte nuto, bastersbbe ricordare che nell'Osservatore di sabato 21 g en-
naio e ra annunciata l'ottava rappresentoiìone dell'o.pe ra verdiana.
Ritornand o al Botturo, diremo che men lre l'Elisir d'omore, dato per la prima volta il 28
Q"ennaio, «sva.'"XlrÒ tutto in quella sera», il 30 il Nahucco ricomparve «con successo an•
cor più b rillante di prima•.
Poi, in febbraio, altre opere che non ottennero successo. Ma ,tutti avevano in cuore il Na-
h ucco che ricomparve il 28 e si andò alternando con la •Saffo, in aUesa del nuovo ballo
Dona Sol , la p rima del quale s eguì gli 8 m arzo ».
Ci dice Guido Hermet (vedasi La vita musicale a Trieste, 1801 -1 944, in «Archeografo Trie-
stino, serie I V, voi. XII-XIII, an no 1947, cop. VII I, • Rappresen t~ioni e p ubblico d'eccezion e •)
che in q uella s tagione l'opera verdiana fu replicata 19 v olte-.
Inoltre il Hermet ci riporla le note di uno spettatore del Nabucco dato a Trieste nel 1843,
nelle q uali st rileva come •il pubblico seguì con attenzione il nuovo spartilo che rivelava
u na vaghezza d'armonia insolita, una va rietà di colori, ur.a =piente e forle c::mdotta melo-
dica, u na grandiosa utilizzazione del coro, per cui s e tutta l'opera pia cque, a lla fine d el coro
Va pensiero esso scattò in commosso entusiasmo >.
(11) Vedasi Il Lloyd Triestin o, Officine Grafiche Mond adori, Verona, 1938, cap. V, «Navigatori.
letterati e giorncrlistl» .
02) lJ Lloyd di Triesrte, a llora chiamato «Lloyd austriaco ~, ero sorto nel 1833 come compa~ia
d'a~sicura:zioni ma rittime. Poi sorse la seconda sezione lloydiana, c ioè la società di naviga•
zione, progettata :fra ìl 1834 ed il 1835 (i primi .i:;i-roscafi vGnqono mes,si in linea n el 1837).
Già nel 1834 p erò il Llayd Cliveva ot·le nut 0 l'autorizzazione per una pubblio:rzione periodica
di carattere mercantilistico - vale a dire il Giornale del Lloyd - con cui ha av uto inizio
l'attività editoriale Jloydiano. Dal 1842 Il Lloyd ebbe u na tipografia propria.
(1 3) Naro n el 1835.
(14) L'Osservatore era nato nel 1784 .
(15) Citata dallo Stefani nel cap. di cui la nota Il. Per il Tommc.sao, l'Osservatore, sotto la
guida del Va]u;s,si, divenne uno det giornali politici cpiù 3ensa ti e meno schiavi che ]a peni-
sola avesse>.
(16) Vedasi Alberto Boccardi, Memorie triestine, tipografo Balestra, Trieste , 1922.
(17) Vedasi 11 glornalis.mo e la sa!lra n el Risorgimen to, Casa Editrice Vallardl, Milano , 19 48,
parte I, cap. • Psicologia generale del g!Ornale- ila:liano nel Risorgimento•.
{18) Fondato nel 1829.
(19) Una tale attlvità de l Kandler nell'Osservatore Tries//no S o:n '.eriore alla d i :ezione del Va-
lussi. Dalla blbliografia d e,qli scritti .del Kandler aggiunta da Giovanni Qu=ntctto a! sue
i:iaggio Pietro Kandler commemorato nel XL anniversario dolkr morie (vedasi Arclieogro1o
Triestino, serie III, voi. XXXVII, anno 1921 ), appare che il p rimo articolo d!'ll lCandler (fa.Ho
in collaborazione con l'ing. Sforzi), è apparso n ell'Osservato re de l 1842. N el 1843 _la colk-
b o razione del Kandler si 1a .più intensa, specie col pseud"onirr.o di Pietro Ceruti.
(20) Il titolo intero è Foglio Uflizial e dell'O sservatore Triestino. Sotto tale litolo il g iornale ri-
porla anche disposizioni legi,s,Jative in lingua tedesça-.
(2 1) li periodo citato è nel numero del primo marzo.
(22) Sotto il litoìo ~r dintorn~ di Trieste ~.
288 GIULIANO GAETA

(23) Va qui rico rdato che nello stesso numero era citata la F_avilia (ma una citazio~e di qu~sta
5 0
l;Ius~~;iag:i G7~~al~n~~~~r:::;te~ i~i $t~ib~e :~lin~~~/. fZu ~~~:i. \~~fe ~o~
4 1
~i6Cl~
tono di polemico, ma di sirnp:t:!la, confermono esse pure il carattere roman lico dello nost ra
a ppendice .
(24) II iito lo è «Cenni s ull'a1tua\e condizione de ll' Istria e sul modo dl miglio nrla.-.
(25) Nell'articolo «Letteratura .patrio:».
(26) Vedasi l'appendice de'l 1.7 e d el 26 ap rile.
(27) Vedasi cTro.iberiana IV>.
(28} Vedasi «Traibe riana IIJ..
(29) «Traiben, grafia italica del tedesco «Treiber- , che vuol dire «m;:indriano». C?l p seudonimo
di Giuato Traiber il Kandl er scriv e sull'Osservatore dall'll lebbraio l8<i4 {questa è la cosld-
detta cTraiberlana J. ). Qui, come dice il Quarantotto (vedasi la biblioqra!io citata a nola 19).
e gli clratta lepidamente d i vari s:ogge1tl patri, tra cui d e ll'orig'.ne del n ome Tri.esle• . N e'ila
• T:rai beriana Ih, d'el 28 febbroi o successivo, ..esorla allo &t-udio delle be:Iezze n-::Iturali e dei
ricordi -s-torici <iel paese intorno a 'l'ries-te• .
(30) La prima è del 7 ,luglio.
(3 1) Ne lla p unta la del 26 luglio trovi<:rm.o un d ia logo fra H Ceru.ti e il 'l'raibe:.
(32) Cosi il cullo di Dccnte, g ià vivo nella regione (vedasi in proposito Baccio Ziliotto, Danio e
la Venezia Giulia, Editore Cappelli. Rocca San Casciano, 1948), ha av uto pure d ei rifless i
nell'appendice dell'Osservatore . Per esempio, U 2 a g osto 1844, l'appendice si è occupata sul
;0 preleso soggiorno• del poeta nel Friuli.
(33) Vedasi l'articolo in d ue p ul1ilate , del dott. Nobile, «Sulla s trada ferra.la da Vi en na a T1"ieste , .
(3-4) Vedasi, sotto il titolo • L' Istm o d i Sue z- . u n a lettera d'A less a n dria d el 27 gennaio, pubbJi.
c:crta il 10 marzo !1844.
(35) Cosi il 19 a prile 1844 tro viamo nell'appendice una nuova poesia per il genelliaco dell'im-
p eratore ed il 20 settembre successiv o una poesia per la sua. v e nu ta a Gorizia. 11 3 gai-noie
p rec&dente, nella seconda puntata dell'al'ticolo citato «Sulla strada ferrotcr da Vienn,a a Trie.
ste,, lroviamo questo periodo : ~Trieste, datasi spontanea, per un feHce presentimen:o de-' suoi
~tu:l t.~'.f,1~i
a lla sov ranità d ell'augusta Caso d'Abs burgo, quand'era piena mente p~drona

(3 5) Circa tale p ubblicazione, vedasi Lino Gas parinl, La S trenna Tri estina , !!'I A rch eografo
Triestino, serie IV, val. VII, anno 1944 .
(37) Ne ll'appendice del 3 maggio 1844, s etto il titolo • De l n uovo dramm:i: " Do:nenicc Veneziano e
Andrea del Castagno" e d'oltre cose" , si legge che ~se s i annrunzia una produzione nuova,
di s'Oggettc o d'a utore itaiiar.o, il pubblico v'accor r e a d udir la con \1 n s~ nso ansioso, ccme
di speranza a tema cong-iun ta, di trovarvi o no il latte s-uo" . ,
(38) Per amor e d'esatte :tZa: {"ile viamo che, per evidente e rror,e di stampa, n~l tes,:oo s ta scdtto
.-sientlfiche> .
(39) Oui si- citano alcuni per iodi signif ic<ltivj de l Cattaneo, che pensiamo sia utile ricorda r e
«Lo s traniero• , egli dice, cvede chi noi siamo: i nos tri padri !urano p !U prodi che fortun a ti
e noi possiam dire che la nos tra g ener azione fu simile alle trapassate. Vivono ancoro Ira
noi 'l e reliquie di quegli eserciti che, improvvisati da N~ !eone. mi!i'.arono EOt"o le mura cli
Gerano e di Vale-nza, sui campi sanguinosi di Auslerlit-z. e di Roab, che dopo ave r combat-
tuto a Maro-Jaros lavetz, conservarono ,:rulla Beresina u na disciip]ina e un' a lacritò supe-riori
ai disastri, e in g uerra che to rnava a gloria d'all ra nazione poco Jodaia p er gratUuè lne,
sostenne'tO fin dopo la caduta d el loro ca.po, lutti i doveri della fede ltò mi!ltO're.,.
E, dopo d'ave-r r icordato il contribut o italiano in ogni r amo d e Jl 'at;ivllò umana:- «Ne i, senza
d irci miglicYrl degli altri popoli, pos-s,iomo regger e al paragone di qual aHro siasj più illustre
.i:;er Intelligenza, o più ammiralo per virtù ; e aspettiamo che un'altra ~azio n e ci mostri, se
può, in pari spazio dì 1e rra le vestigia di m aggiori e p iU costanti fatiche. E'. una scortese
e sleale asserzione quella che a ttribuis-ee ogni cosa fra :ioi al favore della no.tura e aU'a rr. e
nità del d e lo: e se il nostro paese è u bertoso e b e llo, e nella r egio ne dei laghi, forse pi ù
b ello di tutli, poss iamo dire ezia ndio c he ness un popolo s volse con tanta puseveran za d 'a~te
i doni che gli confidò la natura~.
(40) Tale sonetto, del doti. cav. Zam boni, è apparso il 31 luglio 1846.
(4 1) Vedasi Raffaello Monterosso, La Musica nel Risor9 i.r.enlo, Casa Editrice Vallardi, Milar,o,
1948, çap. III cinni po;trtottici e canti popelari del Risorgim e nto ilaliano» , par. dn-ni p at-riotti'ci
fino a l 1848>.
(42) Tale articolo, d i cui alcuni periodi s9no citati nella. .no ta 2, aveva pe't ti tolo .- La Favilla a i
suoi lettori benevolb .
(43) Del quale poi era am ico, come· risulta dal Diarlo intimo del Tommaseo s tesso, pubblicato
a cura di Raffaele Ciam.plni (Edil'or e Elnaudi, Torino, 1939). Nel diario de-I 2 giugno 1846 il
'l'ommaseo definisce H VaJ ussi «amico di cuor e •.
(44) Trieste e l'lstria e loro ragioni neIIa qu es!Jone italiana , Editore Brigalo, Mila."lo, 1851. L'opu~
scolo esce anonimo.
(45) O Becca:, oppure ancora Timuvo superiore, il quale s ' inabissa nella. grotta di San Cam:iano.
(46) O Piuca, che s'ina-bi~a nella grolla di Pos·tumia.
(47) Tricoma.
(48) Postumia.
(49) Men-te Nevoso.
(SO) F iumara.
(51) Vedasi l'articolo «L'Estetica de' giornalis ti e q uella del popolo" .
GIORNALISMO TRIESTINO NEL 1848 289

(52) In q ues '-:> periodo il "_lolussi dà l'i~ressione di àivenire rnmpre più immediato nell'espret-
r~o~~ng~~ ~~to~e:~ ~~~~:~, I~ ~t~f1:~~~:~ f~ ~~r~~~f~~~: ~~;~:s~d~r f~~~~~~la~i
con cetto s ul qual~ l'articolo ,era impernia!o, ma sul qua-le presu mibilmente egli non voleva
sembrasse imperniato, per lo m eno a tulU ~ lettori: m e tod o ques,to eh' €> loQico con siderare
come precou:donale per non inca;ppar nelle reti d e i censori austriaci. Ricordiamo a q uesto
p rop osito un a-rticolo ,già e sami nato nel .p resente studio, quell'o su «Venezia e TTiesle>, del
2 g iugno 1843. Qui, ci -sembra fuor di di scussiooe che il concetto basilare, ben più che il
sup eramento dell'an!agonismo fra i due porti adrialici, sia l'unione doganale italiana da lla
quale n è Ven8'Zia -00 Trieste d evcno ess ere avulse. Ma si consideri con qua nta caut-e'la s i
giunge a questo conce tto, evitando cii ,prendere in p ieno uno: responsabilità personale o re-
daz i'Onale: «Ne' v arii stati d"Itaha si com.incki a valutare a l giusto i danni che provengon?
ad essi dag li ostacoli di ogni• -specie frapposti a l !ibe-ro svolgimento del lo ro commercio e de:~
le industrie> ecc. E si ricordi che queslo concetto è espresso soltanto n ella terza e d ultima
puntata, e verso la fine della stessa.
Tale metodo sarà più tordi ripreso dal Valussi. Il Monterosso (veda5 i il volume citato nella
no ta 4].j, cap. Il, «Es.pressioni v arie della vita muskale nel Rlsorgimanlo>, par . .:Spigolando
attro.v erso i giornali•) metta m rilievo uno studio del Valussi, oippa-rso In p iù puntate n egli
a nni 1854-55 sulla Gazzetta rnusi'cale di Milano. Tale studio . ha i::er lito lo «La mus~ca con-
side rata. quale strwnento di educ=ione sociale ~. Il Mo nte-rosso dappr ima n on può fare a
m eno di osservora: dl !Holo, veramente, p rdrnetle ipiù di quanto il contenuto non dia: si
tratta d elle solite vag he e gen eriche teorie estetiche, le stesse che ri masero in voga per
seeoll sino a non moltiuimi ano.i or sono .•
Ma, g iun to alla s-esta J:: un la ta, d e l 18 giugno 1854, ddpo d 'aver cita·lo alcuni pass~ salienti
e di chiaro !rosp:lrenza p at rictt ica, il nos.tro a-utore ncn p uò lare o m e no d'esclamare:
•Più chiaramenle di così non si -poteva pari.are, c;r Milano! Questa volta, non è possibile che
l'autore non scrivesse 00n intenzione. Troppo egli lnsi:J-te su parole apparen temente vughe
ed indeterm inate come 'movimento', 'azione', e sull'effic acia d ella musica in tali ·mov:-
m enti' e d in tali 'azioni' . Pure intenzionalme nte l'autore dovelle disseminare ques le righe
nel cors o di: una lunga s erie di a rticoli, perchè più facilmente p assassero inosserva te a chi
.non dO"leva notarle.•
(53) R)prod uciamo, p er m etterle a c onfro nto con a ltra critica, quel!a citata n ella nota 10, un passo
della critica del Nahucco a pparsa il 23 ottobre ì 847, in o ccasione di un a ripresa d ello
spa1tlto verdiano al te atro Gronde :
•Qu esto &uperbo s,partito, che fu salu1ato da l primo suo apparire in Mibno, -ove fu s 1mter.-
ziato avere finabnen!e l'Italia -u o gronde maest ro di più, trovò sempre e d a. tutti confennoto
il gh1dizio, pur -tenendo conto di alcuni diletti inseparabili da oQni natura umana, e tanto
più nei .:ç,riml lavori di un grand'e i ngegno; quest'opera, dicevamo, fu accolta c on sommo
fav o.re altre volte Ira ,n0i, da ablll ar ti.sii, interpretata.•
{54) La crilica appare sul giornale di domen ica: 7 nove mbre e vi si parla della ra,ppre.senloziooe
d i v e nerdl. Ma, aven do la compagnia del Modena da to l'ultima sua r<:rppresen1ozione il
31 ottobre, si deve d edurre che la rappresenta zion a cui la critica si rifer:sce non è del
5 novembre, ma del 29 ottobre.
(55) Vedasi sotto Il titolo dnto rno ad a lcuni scritti pubblicati in Sicilim .
(56) Sotto Il ti tolo •Sulla slrenlla l Fiori (1847) di Siracusa• .
(57) Nel testo, veramente, troviamo anim al morosus, errore che corregg iamo.
(58) Vedas-i 'S'Olio il ti!Oll.o cSoManto in Sicilia>.
N. B. La collezion a d ell'O sservatore Trles'.ino è stata con sultata presso la Biblioteca C ivica di
Tries le.
UNA RACCOLTA
DI FOGLI VOLANTI POPOLARI

Il direttore d ella Biblioteca comunale di Udine, doti. Giovanni B.


Corgnali, mi ha cortesemente segnalato quattro bei volumi, intitolati Imm a -
gini popolari, custoditi presso quella biblioteca. Pe r essere esa tti, non si
tratta di volumi veri e propri, ma di raccolte d i fogli volanti, stampati nella
seconda metà del secolo scorso, e lasciati in dono alla Biblioteca comu-
na le da quell'inesauribile raccoglitore d i cose friulane che fu Achille Tellini.
Ciascuno dei q uattro volumi reca, a mo' d i prefazione, un articolo di
Francesco Sabatini, intitolato Le immag ini popolari ('1-). In esso, tra l'altro,
si citano coHezionisti e studiosi dell'argomento (Champfe ury, De Castro,
Mayreder) e si sottolinea l'importanza costituita dai fogli volanti ill ustrati.
.:Tanto più urge raccogliere qua si titoli frammentari de ll'arte popolare, in
quanto che sono facili a disperdersi perchè distrutti dai fanci ulli, dal sole,
dall'umidità, distrutti insieme coi muri a i quali sono atta ccati (come si os-
serva nelle botteghe e nelle case del volgo); distrutti a nche qualch e volta
da quelli stessi che avrebbero la missione di c onserva rli ».
I volumi contengono alcune centinaia d i stampati, per lo p iù riprodu-
centi il testo di canzonette allora in voga (alcune delle quali di Salva tore Di
Giacomo), che - almeno in parte - mo~ti ricorderanno. Trattasi dunqu9 d i
materiale non popolare, ma popolareggiante, o d i gusto popolare: come
è dimostrato dal fatto che di un nume~o notevole d i dette canzoni il popolo
si impadronì, sì che oggi e sistono delle varianti.
Il D'Ancona illustrava questo genere di stampali in uno scritto de l
1902 ('):
«Mi pare che la poesia pop olare - egli diceva - abbia preso una
nuova e diversa forma. Essa n on è· più q uella cosa ,de lla quale non si
sapeva d ove e da chi nascesse nè come si diffondesse, e che di luogo in
luogo e di bocca in bocca veniva modificata nelle parole e nella musica,
finchè trovasse la sua forma fissa e durevole, pur rimanendo s empre e so-
s tanzialmente orale. Ora essa è diventata una industria : da Milano a Fi-
renze, da altre città vien fuori già bell'e stampata da s peciali offici ne, che
provvedono il genere . Non vi è avvenimento lieto o triste ch e subito non s:a
messo 'n v &rsi, stampato c on la isua brava figurina di fronte, in foglia!ti di
vario colore pendenti da i muriccioli e nelle cantonate delle vie e d elle
piazze e venduti a un soldo. Che cosa sieno ques ti componi·menti. poetici,
non diremo. E' roba da far raccapricciare i cani! Gli autori, che il p iù
UNA RACCOLTA DI FOGLI VOLANTI POPOLARI 291

delle volte fanno bene a pudica mente coprirsi del velo dell'anonimo, ge-
nera lmen te non conoscono neanche le norme elementari della grammatica,
sebbene probabilmente abbiamo goduto il benefizio dell'istruzione obbli<;a·
toria . La maggior parte di siffatte canzoni, non pop ola ri veramente, ma po-
p olarizzate più o meno col mezzo della stampa, serve alla le ttura, non a l
canto: solo talune sono state veramente cantate ,come a d esempio quella
sul Bresci• (').
Per tornare a lla nostra raccolta, e alle va rianti chè posson esser
nate dai fogli in a rgomento, farò •s ubito un esempio (e mi scuso. se dovrò
ci tarmi) In una ,memoria presen tala qualche anno fa a ll'Accademia d i
Udine(') pubblicavo, a mo' di appendice, una poesia popolare>, La storia di
Ferine, raccolta dalla viva voce di una vecchia contadina fr iulana, facendo
precedere la composizione della seguente nota:
«Delle composizioni recentemente raccolte, mi piace riportare qui a
guisa di appendice la seguente, ove, per ciò che rig uarda la nostra par-
lata, ci sono solam ente dei termini. e, talvolta, dei costrutti «friulaneggianti» .
Non ho ·potuto raccogHere altre versioni. La vecchia settantacinquenne
Luigia Rossi, che me l'ha dettata a Salt di Povoletto, asseriva di averla a p-
presa in paese ancora bambina. L'amico d oti. Alessandro Vigevani mi
a ttesta ora di aver udito simile storia, ma con finale diversa, dodici anni fa
a Pisa, da tra dizione livornese. Ho l'impressione che b filastrocca proven-
ga dalla penisola, anche per i frequenti accenti merid!ona li, ma forse- è par-
tita dalla pianura padana (vecli l'accenno all'imperatore)•(').
Ora, nella raccolta che è oggetto del presente scritto, ho avuto la
sorpresa di trovare proprio il testo contenente le par ole della canzone, da una
copia del quale la mia informatrice dovette apprenderla. S'intLtola Vita
e morte di Pierina I Giovinetta nata in Francia nel Borgo di Lané I che diè
parola a due amanti: Bastiano e Costcmtin o. Trattasi dì un fcx;rl-io dì mffi.
295 x 200, stampa to su due lati; a p iè di p . 2, si legge l'indicazione : , Firenze,
Stamperia Salani, via S. Niccolò n. 102 - 1878. (I 15)».
A p . 1, una vignetta raffigura un giovane (Bastiano) che saluta una
ragazza (Pierina); nel fondo, tre solda ti che si allontanano mostrano che il
giovane è chiamato a prestare servizio militare. Infatti, dice la canzone :
«Questo buon e bel garzone
fu però assai disgraziato;
gli toccò fare il soldato
e servir l'imperator».
Per farla breve, Pierina in sua assenza lo dimentica e si promette
a Costantino; Bastiano ritorna, scopre il tradimenio, uccide Pìerin.:1, le cava
il cuore e dopo aver invitato a pranzo H rivale, glielo fa mangiare. A p. 2
si vede appunto, in un'altra vignetta, Bastiano che spara un colpo di fuci le
contro Pierina; e, in una tena, ancora Bastiano Che mostre a Costantino il
corpo inanimato della fanciulla. Ma la tragedia non è finìta: l'innamorato
deluso, dopo aver spiegato al rivale il perchè del suo deli tto,
ctirò fuori una pistola
ed un colpo si tirò;
sopra il corpo di Pierina
Bastianin se ne s,pìrÒ.•,
292 GIANFRANCO D' ARONCO

Non mancano, negli ultimi versi, le raccomanda-zioni ai giovanotti :


,dalla rabbia e dal livor
non vi fate trasportare»
e alle ragazze :
«la promessa al caro amante
non dovete mai smentir».
Come si vede, ci troviamo di fronte a una storia in versi di pretto
gusto popolare, e io sono lieto d i poter ora completare con questo te.sito
quello, assai mutilo e contaminato, che avevo raccolto dalla vecchia
contadina.
Per tornare alla raccolta, ciò che mi preme rilevare è il suo valore
come documento di mentalità e di costume del volgo. Indubbiamente, an-
ch9 se trattasi di poesie «d'autore», il materiale della raccolta è d i dominio
della scienza folcloristica, poichè rappresenta una serie di testìmonianze
della vita e dell'anima popolare.
Faccio seguire un elenco di fogli volanti, scegliendo i testi che, de-
sorivendo delitti o avvenimenti politici e problemi. sociali, più facilmente
dovettero colpire la fantasia dei lettori, che li fecero propri. L'ordine è quello
dei quattro volumi della raccolta. Può accadere che qualche studioso trovi
in taluno dei fogli citati il testo primitivo di una poesia, raccala dalla viva
voce di qualche popolano. Io mi limiterò a sotto lineare che il testo poetico,
i cui estremi dò al n. 7 della nota, ripete nel concetto {pur con la· notevole
0

variante dell'innamorato vestito da frate anzichè da suora) la famosa can-


zone della Finta monacella, che il Santoli ha illustrato(").
Trattasi dunque di un «moto ascendente» di canzone popolare, fatta
«colta» da un poeta che la stampò; al quale moto ascendente dovette poi
succedere quello <<discendente» .se, sul tesito contenuto nel foglio volante,
il popolo costruì nuove varianti (7).
GIANFRANCO D'AFlONCO

NOTE
(1) Riportato dal periodico «La foITJKITina>, a. II, n. l.
(2) A. D'ANCONA, Poesia e musica popolare italiana nel sec. XIX6 in: Ricordi eid; aifeil.ti;
Milano, Treves, 1902, pp. 351-96.
(3) Ibidem, pp. 394-95.
(4) Per uno studio sistematico deIIa letteratura popolare friulana; Udine, Manuzio, 1947,
pp. 16.
(51 P. 13.
(6) V. SANTOLI, Cirrque canti popolari della raccolta Barbi; estr. d::,:gl '. «Annali de-lln R.
Scuola Normale Superiore di Pisa~, S. II, vol. VII, fase. II-III, pp. l 07-94.
(7) Sul moto ascendente e discendente, cfr. P. TOSCHI, Fenomènologia del canto popolare:
Roma, ed . dell'Ateneo, 1948, pp. 91-118.
UNA RACCOLTA DI FOGLI VOLANTI POPOLAR I 293

I. • Genovelfa / Storia degli antichi tempi; 2 pp., 2 . ill., 28 ol1av&; Firenze, Salon i, s. d.
2. • Contrasto fra un povero ed un ricco / Composizione di Giuseppe Moroni de llo
il Niccheri (illelterato) I p., l ili., 14 ottave; Firenze, Scrlani, s. d.
3. - Dialogo cutioso / ira la Morte e un semplicista / fn cui Questa minaccia di
uociderlo ,con molle infermità / ed egl'i propone di tulto 9Cmore / minaccJandolo al fine di
coglierlo all'improvviso. / Propone, che per fugg ir la mori& l'unico ri medio è vivere in grazia
di Dia; 2 pp.. l 111., 12 ollove; Firenze, Sala n-i, 1872.
4. · Vita e Testamento / del famigerato brigante / Gasparona- / già terrore della
Campagna romana; 1 p., l HL, presa; Codogno, tip. Cairo, 1880.
5. - Storia d-i uno spa:zzacarnmino / che, sposa una zoppa., serva di un prete; I p.,
2 ill., 24 otlcrve; Firenze, Saloni, s. d.
6. · Fatto vero / di una giovane che. ha ucciso il suo amante / dopo essere stata
lusingata e tradita; l p., 1 ill., 11 quartine; Firenze•, Salani, si. d
7. • Tere&ina e Paolino / ovvero / La Madre che vuol costringere la sua Figlia a
farsi monaca, cootro la sua volontà:, e la Figlia era già promessa con Paolino; indi Paolino
si vestì d a frat e , 'PST andare a trovare la sua amante Teresina, che d:rHa passione si era
9'.mmalota; 2 pp., l ili., 22 ottave di otton:1ri; Firenze, Saloni. 1878.
8.. Stefano Palloni / detto il Passatore / al teatro di Foclimpopcli. / Fatto accaduto
in Forlimpopoli / (Provincia di Fct'lì); 1 p., 1 ilL, 24 strofe; Codogno, tip. Cairo, 1873.
9. - Storiia del Generai Garibaldi / Composta in ottava rima da Giuseppe Frang'o-l.i;
l p., 1 ili., 20 ottave; Firenze, Soloni, l-882.
IO - Contrasto tra una Pisano: s una Livomase; I p. , l Ul, I I ottave; Firenze, Saloni,
s. d
I I. - Torquemada / al Sotterraneo della tremenda Jnquisiz\one di Spagna: I p., I ili.,
36 quartine; Codcg-no, tip-. Cairo, 1878.
12 - Sloria / di Federigo Bobini d'Arezzo / dello Gn{cche: 2 pp., l di:., 35 cttave;
Firenze, Saloni, s. d
13 - Lo sgombero dell'Inferno / Nuova Composizione / di Giuseppe Moroni dello il
Niccheri (illet!B!"alo); l p., 1 "ill., 15 otro'Ve; Firenze, Soloni, 1879.
14. - Lamento / della / Raffaella Saraceni / Condannata al lavori forzati a vita;
8 pp., 2 ili., 16 s trofe; Firenze, Saloni , 1880.
15. - La matlre, veneziana / Al Campa di S. Martino, dcpo la Bat:agl:a de-1 24 Giugno
1859 ; 1 p ., 1 ill., 11 ott ave; Ccdogno, tip. Cairo, s. d.
16. - La cal"itò romana / Dove s'intende come una Fanciulla salvasse suo Padre,
condannato a morire d i fame / da Dedo Imperatore romano; 2 pp., 2 ill., 26 ottave; Firenze,
Scrlani, s. d.
17 . Storia del ce-lebre brigante / Biscarino; 2 pp., 2 lll., 25 ottav€,; Firenze, Saloni,
1880.
18.. Il n ipote che- s0Qna il nonno morto / Composizion e di Giuseppe Moroni detto
il Niccheri (illetterato); l p., I ill.. 15 ottave; Firenze, Sa~an\, 1878.
19. - Difesa / di un soldato prussiano / Condannalo a d ·eci giri di verghs, passar.do
in mezzo a 200 uomini, per avere in Chiesa, nel tempo de-Ila Messa, ccntemplato un mazzo
di ccnie; 2 pp., l Hl., prosa; s. I. t.
20.. Fucilazione del caporale Barstmli / Avvenula il 27 Agoslo 1870 nel Cortile
Maggiore- del Casteilo dinanzi alla Torrella; 2 pp., 1 ill., 39 quartine. Firenze, Saloni, 1878.
21. • I..a morte / di Monti e Tognetti / Avvenuta ,;,n Rom?', lì 22 Otlobre 1867; 2 pp.;
l ill., 18 ottave; Firenze, Soloni, 1878.
22. - Orribil !atto / successo a Rignano il 16 g iugno 1880 / Dove s'int€0de come un
indegno Uomo ardì Urare una fudlata a Gesù Crocifi-sso ed il miracolo operato da Maria
SanHs.sima Addolorata; 2 pp., 4 ill., 48 quartine; Firenze-, Sa-lani, s. d.
23 .. Canto sopra la passione del Signore; 1 p., 1 ill., 13 ottave in s ettena ri; Firenze,
Sa:lani, a. d. .
24.• Fatto di un negoziante di Savona / Assalito e legato ad un a lbero da tre
As s"OSsini / la nella del 2 Gennaio 1871 -e libe-ra:to per virtù di Maria SS.; l p., 1 ill., 10
ottqva ; Firenze, Sakllli, s. d.
25 .. Canto lugubre / sopra la Passione e Morte di N. S. G. C.; l p., 1 i"ll , 30 quar-
tine; Codogno, tip. Cairo, s. d.
294 GIANFRANCO D'ARONCO

26 .. AppariUone / délla /Madonna de' :sette dolori / A C ampi Bisenzio ad un' inferma
tja 23 anni; l p., l ili., 12 ottave.; Fire~e, Salemi. s. d.
27.. futto crudelissimo / Accaduto in Macerata Jì 20 Maggio 1877 / Dove s' inlende
come la Moglie ammazzò il Morilo e due figli per godersi l'Amante.; ·2 pp., l ill., 25 ottave;
Firenze, Soloni, s.. d.
28.. Il grande eccidio d i Napoli / Commesso daH'Assassino Misdea (CaJobrese) ;
La sera di Pasqua dell'anno 1884 nella Caserma Pizzo-Falcone; 1 p., l ill:, 24 sestine più
2 vv.; s. i. t. In calce il nome (dell'a.?l- Zannon.J. Florn.
· 29. - Assassin io consumcrlo / in Livorno d::r / Emilio Fallaci / in _Via del Corallo·
2 ,pp., 3 ili., 18 ottave; Firenze, Salani , 1884. ·
30. - L'orribile misfatto di Monterotondo / di un giovane agnellaio / Ucciso peT
vendetta in sedici pezzi e sepolto. / Nuove. composizione di Luigi · BiscOnti detto il Pas'orello;
2 pp., l Hl., 16 ollcrve; Firenze, Sakmi,·1884.
31. • Fucilazione del soldato Costanzo / Avvenuta in Vene-zia il 15 M:irzo 1885; l p.,
I ili., 17 strofe; Firenze, Saloni, 1885.
32. • Il morso del!O: Tarantola / Canto p0p0lare; I p., sen za ili". , 30 quartine. In calce:
Regno d elle due Sicilie 31 del 1850. / Il Presidente Fenicia.
La raccolta contiene anche s tampati spagnoli :
33 . . El · /ccmtor de k ns hermosas. / Trov~s de amor dedicadas al bello sexo por
unos / aficionados; vari numeri con lll.; Barcellona, Rarnirez, 1876, 1877, 1-878, 1881.
ASTÈROPE
LIBRO V DELLE .LAUDI" D'ANNUNZIANE

Ora che ho qui, davanti a me, anche il quinto libro delle Laudi
d'annunziane, nel commento d i Enw PO!hnieri (1 ), e vedo comp:uta l'impreSq:
che H Palmieri, aveva in~ata nel 1941 con la Laus Vitae, avverto in me
lo svolgersi di. un processo critico, il cui problema centrale ~ questÒ: -
Qua le risonanza ha, dentro di noi l'opera di Gabriele d'Annunzio nel mo-
mento attuale ?
Alcuni de' più recenti articoli c ritici, che hanno agitato ne' gior-
naili -la questìone di «ciò eh' è vivo e di ciò eh' è morto» di Gabriele .d' An-
nunzio concludevano: - il d'Annurizio non sopravvivrà a sè stesso che
nell'opera poetica delle Laudi.
Un qiudice più severo degli altri, Giuseppe De Robertis, limitò anzi
il merìto delle si'esse Laudi, con la sentenza perentoria: ----,- «quando si d ice
Laudi, si dice quasi solo Alcione,. (,Tem po,, Milano, XI, 35).
A!Jorchè dall' Ungheria ci fu chiesto, anni or sono, quale fosse il
capblaVoro del d'Annunzio che meglio rendesse misura della sua potenza
lirica, non esitammo neppur noi ad additare il terzo libro delle Laudi,
«Alcyone:a . Ed io fui ben ·lieto di stendere una prefazione per la mirabile
versione in ungherese, fàttane da Kàlmàn Temay insieme con l'amicò
suo Gàbor Olàh, e uscita in una magnifica edizione !irìestina, eh' era fre-
giata da una copertina del pittore nostro Piero Luca no. (Vedi Porla Orien-
tale, XIII, 108-11).
Sennohchè, nel oapolavoro dell'Alcyone non è tutto il d'Annunzio.
L'Estetica più intelligente ci insegna che nell'opera d'arte, la qua le, in natu ra
ossia nellà realtà storica, si presenta sempre più o meno compÒsita, non
c'è unicamente l'artista, ma c'è l'uomo intero, l'uomo di pensiero e l'uomo
d'azione , l'uomo con tutte le sue doti e facoltà individuali, con tutte le
sue passioni, simpatie ed antipatie, la sua cultura, la sua _morale, la
sua religione·, con le sue ripercus-siohi, echi e reazioni del 'SUO tempo e a l
sU:o tempo: son tutte cose che entrano direttamentè . ,o indirettamene nel-
l'opera d'arte e contribuirono a ispirarla. E noi dobbiamo tenerne conto, se
vogliamo capire e sentire ti.Nito il sigpificato e valore dell'opera d 'a rte nel
suo divenire e nel suo sbocciare al lume della vita.
Ma, come c'è un uomo intero nell'arlis"ta, ' c'è -anche un uomo intero
in ciascun lettore o rappresentante del pubblico, sia contemporaneo sia
postero. Anche lui ha: lé sue predile:zi.oni e le ·sue avver.sion~, ha i suoi
296 FERDINANDO PASINI

limiti di gusto, di sapere, d'intelligenza, di sensibilità, le sue aspirazioni


ideologiche, eliche, religiose, economiche, politiche. sociali, ha i suoi pre-
giudizi, le sue attitudini e abi'tudini mentali e p ra tiche: son tutte cose che
si riflettono negli apprezzamenfli. e nelle interpretazion i. dell'opera a ltrui,
indipendentemente magari dalle intenzioni dell'autore, magari superan-
dole e perfino contraddicendole. E noi dobbiamo ternar conto anche di
codesta complessa personalità inlegrale, singola o colle ttiva, del pubblico,
se vogliamo capire e sentire tutto il signficato e il valore dell'opera d'arte
nella sua funzione sociale.
Con questo c riterio, esercitando ques!u duplice considerazione c ri-
tica, cioè v olgendoci una volta all'opera d'arte, una volta alla società cui
essa è sorta e cui essa è destinata, convi~~ne esaminare le Laudi dannun-
ziane e badare quindi non solo aH'AJeyone, ma anche a \u\ti. gli altri ,Jibri
delle Plèiac!L (Era quello che ci consigliava di fare uno scrittore triestino
di acutissimo ingegno, Carlo Franelli, quando denunziava come v izio cri-
tico italiano i,l badare .soverchiamente e quasi esclusivamente ai pregi
estetici di un .Jibro, trascurando tutti gli a ltri pregi sui quali si basava
la sua funzione sociale , 1magari importantissima·, non meno de' suoi
pregi esteti.ci), Solo così potremo ·scansare il pericolo dei «dottrinari», i
quali, come ammoniva testè un critlico di gran d a sse, «si lasciano sfug-
g ire talvolta (io direi sovente) quello che è il succo della s toria o della
poesia e della vita morale o della vitq politica~, cioè non riescçmo a
«intendere la sostanza storica di ogni poesia» e finiscono col non sentire
e non vivere nemmeno il proprio tempo,

La Laus Vitae (libro di Maia, primo delle Laudi), quando apparve


(1903), ci si presentava come 'il «poema umano», itaHano ma unive,raale,
tanto atteso dalle generazioni romantiche e non realizzato nemmeno dal-
l'Armando di Giovanni Prati -(benchè il De Sanctis n e giudicasse così:
«Prati può dire: - Un g ran concetto mi ha attraversCl!o la mente-. L'ho
pensato, e l'ho tentato: basta questo alla g loria di un uomo».)
Il secondo libro (dedicato a Elettra) esaltava gli Eroi, riproponendoci
massimamente le glorie del nostro Risorgi-mento.
Il terzo (Aleyone) era la sublimazione dell'Arte, -la quale, contando
la bellezza del Cielo, del Mare e della Terra, attuava i maggiori m iracoli
dell'espressione poetica.
Il quarto (Mèrope) coni,-iliuiva praticamente, com e per i Greci l'an-
tica elegia marziale di Tirteo, allo sforzo dell'ltalkr, che cercava nella
Libia di ri9-uadagnare alla propria emigrazione il suolo sul qua1'e ava,vano
già lavorato gli antichi padri romani, accrescendone la civiltà, dove non
era toccato a loro d'introdurvela -per la prima volta,
Asrèrope (li,bro quinto) raccoglie i ocmti della prima guerra mondiale
(1914-'18), considerata e sentita come una: difesa del-la civiltà latina per
salvarsi dall'invadenza deHa nazione ge!11J1anica, che rinnovava dal set-
tentrione gli ·sforzi di es~sione, riusciti nel Medioevo.
Qui s'interrompe l'opera del d'Ann unzio. Gioota il piano del poe!tr,
le Laudi avrebbero d ovuto contare sette libri, ciascuno dedicato ad una
ASTÈROPE 297

delle sette Atlàntidi, figlie di quell'Allante, che - nel mito pagano -


sulle proprie spalle reggeva il mondo.
La guerra della civiltà latina era stata vi'ttoriosa ma bisognava poi
riinetliere il mondo sulle basi di quell'ordine ch'era stato sconvolto dalla
guerra: bisognava anzi dmgli un ordine huovo il quale risolvesse i pro~
blemi nazionali e sociali che la guerra aveva riportati alla ribaHa o aveva
addirittura creati ex novo. Il sesto libro (Taiqete) e,ra destinato a ccmtare
gli :sfotzi per" realizzare !la necessaria armonia sociale, generalmen:le sen-
tita ed augurata, da chi nella forma di uno Stato che conciliasse l'orga-
nizzazione simmetrica di Roma con la legislazione inflessibile di Sparta,
dc chi nella forma di una federazione di Stati europei, magari mondiali.
Celeno, ultima delle Atlantidi, avrebbe dovuto dare il nome al libro
settimo e concludere il ciclo delle Laudi cordrapponendosi - come Laus
Mortis - alla Laus Vitae del primo libro. Qua dentro, - stando ad nna
acuta intuizione di Michele RìsoloC') -, «il ciclo della vita, nel significato
integrale .della parola», il ciclo che s'era «iniziato dall'oscurità e dal caos»,
e poi si era venuto <<chiarificando e conquistando tutte le sue sorti», si
doveva «risolvere, placare e sublimare nel Divino». Alla sua Roma Numa
Pompilio, quando il momento opportuno era giunto, aveva provveduto
con un'apposita costituzione religiosa, per ,s.odisfare anche i ..bisogni della
spirito, sistemando e disciplinando i riti più sacri. Tra i progetti di opere
teatrali d'annunziane ·rimaste incompiute o non mai avviate non c'era
anche un N um.a ?
Il d'Annunzio non fece il Numa e non fece H libro di CeJeno, ma
quanto egli avesse pensato ai problemi dello .spirito, dai quah avrebbe
tratto le ispirazioni per comporre quelle due opere, lo abbiamo i!estimo-
niato dalla Contemplazione della Morte, dal Notturno e da molte pagine
di prosa e di poesia, spar,se per gH altri suoi volumi e s'Judiate da Antonio
Bruers con infinita cura ed amore, proponendosi, come nessuno ha fatto,
di penetrare nel più profondo e nel più misterioso, nel più essenziale del-
1' anirna d'annunzicma{ 3 ).
Co.sì non avemmo neppure il libro di Taigete, ma abbiamo la fonte
di quelle che avrebbero dovuto es·sere le sue ispirazioni per i canti da
dedicare alla ses!a Atlantide. Altri poeti e scrittori ai furono eh' ebpero oc-
casione di mettere alla prova, nel campo dell'attività pratica, le loro atti-
tudini a fare i «pastori di popoli» e di applicare, un picco~o o in grande, le
• loro concezioni ideali di natura politica: Dante a Firenze, Goethe a We'tma.r,
Lamartine a Parigi, Domenico Rossetti a Trieste ('1). (Platone rimase, con
la .sua Repubblica, sempre nel campo della teoria e dell'imaginazione o
del-l'utopia). Ma nessuno di essi corse l'avventura di Gabriele d'Annunzio
a Fiume, nè ci lasciò uno Sttrtulb della Reggenza del Carnaro, «coclice»,
dice bene Leo Pollilli, «di giustizia superiore, civile e socìale, che ancor
oggi lascia ammirati e -sorpresi per la veggenza ve·r a e propria con cui
venivano affrontate questioni politiche e sociali con idee ardite, che oggi
però sonq acquis<i:te e accettate Jn tutb il mondo» ('5},
Ma agli uomini grandi càpita s,pesso, - osservava recentemente
Ettore Cozzani parlandoci ~i San Francesco, - di trovar.si circuiti, sul
più bello dell'opera propria, e soverchiati da una maggioranza di minori
e di minimi, che riescono a sgretolare, con l'incomprensione, con la pe-
298 FERDINANDO PASINI

danteria, con l'insidia, con l'intrigo, con la resistenza pa-ssiva, c on la con-


giura, e da ultimo con •la sovversione ed opposizione aperta, l'edificio
lungamente e amorosamente, generosamente e disinteressatamente co-
struilo per il bene di i!utli. San Francesco, quando deve constatare che il
suo Ordine è caduto in balìa delle forze centrifughe che lo andavano sfal-
d<mdo senza badare che frattanto «il più divino s 'involava », dà ~ per così
dire -- le dimissioni e si ritira in solitudine sulla Verna, a pregare perchè
ritorni, quando che sia neHa volontà di Dio, ma quanto più presto sia nella
sua grazia, lo spirito di Carità tra i fra telli ·svia ti e tra gli uomini tutti.
Gabriele d'Annunzio non era un San Francesco. Ma quando sonò
anche per lui l'ora dell'amarissima delusione e si vide sopraffat:o dalle
tristi forze della dissoluzione e dell'ingiustizia, n on si ostinò a cozzare sen-
z'alcun prò contro l'Ineluttabile: fu più saggio del suo d itirambico Icaro,
esalta to in Alcyone; diede anche lui le dimissioni e si rii.tirò nel suo èremo
di Cargnacco, a pregare, anche lui, a suo modo , perchè la Patria ritrovasse
la «diritta via. smarrita» e il mondo impazzito rinsavisse.

Il d'Annunzio aveva concepito la guerra del 19 14- 18 come la guerra


della civiltà latina. Il Hbro di Astèrope si apre con l'ode, scritta in france-
se nel ì914, Per la Resurrezione latina. La guerra fu v inta. Ma la vittoria
smentì nella maniera più atroce la magnanima illusione che aveva dato
il volo a quell'Ode. La pace di VersagUa svelò al mondo che la guerra
non era stata per nient'affatto una {guerra ·latina», ma una guerra di
rivalità essenzialmente anglosassone, cioè fra inglesi e germanici, come
ebbe a climostrar<> Alberto Lumbroso, coi documenti alla mano, nella sua
opera su Le origini economiche e diplomatiche della g uerra mondiale -
opera del 1927 - ma che troppi giornalisti e uomini p olitici d 'oggi sem-
brano ignorare o aver diirnenlicata. ·
L'invito d 'annunziano alla fratellanza la tina sonò a sordo per la
Franc ia: lo si vide al.la pace d i Versaglia, ma lo si vide ancor più negli
anni che intercorsero fra la prima 9 la seconda guerra mondiale. L'Italia
cercò in tulti i modi di a llargare l'idea della fratellanza latina all'idea di
una fratellanza europea e mondiale: ma H Pallto a quattro di Stresa e il
Patto d i Monaco (che avrebbero dovuto e potevano essere d ue piloni cen-
trali della fratell=a auspicata e tentata) furono sabolati da coloro che
avevano la responsabilità della guerra scatenata nel ' l 4 e che non si sa-
rebbero fa t:,i scrupolo di scatenare una seconda guerra m ondiale.
Vecchia storia, questa della politica francese, bollata aspramente
già dall'Alighieri nella Divina Commedia è defini ta oggettivamente -
nell'Adelchi - dal Manzoni, che dai Capetingi e ra risalito fino a Carlo
Magno. La Triplice Alleanza e l'Asse Roma -Berlino Uscirono da una me-
desima matrice : dall'astiosità egoistica, diffidente, gelosa, di una Francia
che si lasciava dominare e manovrare ·da terzi, interessati a metterla con-
lro l'Ita lia(').
Il motivo ispiratore da cui è partilo il ~ro di Aslèrope è oggi più
vivo che mai. Possiamo d unque rispondere a l quesito che m 'ero posto in
principio circa l'atteggiamento nostro di fronUe alle Laudi d'annunziane.
ASTÈROPE 299

Non è il caso di relegarle fra la lettera tura di mero valore documentario,


ad uso di chi voglia rivivere la storia di un'epoca e vada quindi in traccia
delle relative <est>monianze. Non sono atti da passare.. . ad acta. Questa
ode, ad esempio, Per la Resurrezione latina è ancòra « in attol>, nel senso
di cosa ancòra nel corso del suo divenire e della sua fun zio ne. E' pulsante
e fremente, spa.si1nante dei problemi sempre aperti che travagliano la no-
stra anima di latini, quell'anima che fece trasalire testè le popolazioni del•
l'Americ.u meridionale come all'appello della consangui neità e le fece
schierarsi a l n ostro fianco, quando, all' On u, vennero in discussione le
sorti delle colonie italiane, che altri volle e vuole tuttora rapinarci(').
E cli problemi sempre aperti e tuttora scotianti il libro cli Astèrope
è pieno zeppo.
Sì, lo s tile d'a nnunziano non è più ora di moda. Non corrisponde al
gusto della maggioranza. Ma esiste oggi un gusto di maggioranza? Dove,
quando è appatso il poeta o lo scrittore che valga a 1intonare o a interpre-
tare, soddisfare, rappresentare il gusto della maggioranza sottentrando al
d'Annunzio nel-l' ufficio o nella funzione da lui esercitata fra noi per circa
un trentenni o?
Sì, è vero: lo stile d'annunziano si era largamente diffuso, fino a
raggiungere il limite dell'ipersaturazione e, per le ragioni dette dal Lecpar-
di nel suo Zibaldone, aveva ingenera!lo la noia e dalla noia è semore
venuto il bisogno della noVHà purchessia, pur d i cambiare, in qua-lunqu e
modo. Le aspirazioni - sintamaticarnente segnalate dal futurismo - alla
velocità, alla brevità, a lla immediatezza e spressiva e comunicativa sono
riuscite a p revalere, in conformità con le tendeaze gen erali della cultura
borghese, lanciata sulle rotte dell'individualismo oltranzista e sitibonda cli
li bertà anarchica, decisa a romperla con tutte le tradizioni .scolastiche più
inveterate, senza spaventarsi affatto del pericolo di dover poi scontare la
libertà a•ssoluta, priva d' ogni limite, con le conseguenze dell'atomizzaz;ione .
nel campo scientifico e filosofico, con io spappolamen to d'ogni energia
morale, con •l 'is olamento politico, economico, sociale.
Ma, fra tale e tanta sarabçnda di fume disgregatrici, che cosa s'è
avuto di pos.itivo, di costru!tivo, di concreto? Il futurismo ha portato un
contrib uto negativo alla rinnovazione del gusto cui esso mirava e si è
esaurito svolgendo la prima parte , critìco-polemica, del suo p rogramma:
non ebbe c hi ne svolg96Se anche ,la seconda parte, confermand o· coi fatti
la teoria, realizz.ando con l'opera le aspirazioni, esibendo il modello non
solo astratto della nuova .b ellezza(').
Neppure il Petrarca fu sempre di moda. li ~usto dello s tile petrar-
'èhesco ebbe un declino nel Quattrocen!io («il secolo ·s enza poesia»), ma
risorse più vigoroso nel Cinquecento e si diffuse più largamente che al
tempo in cui viveva lo stesso poeta.
Così, nel decennio succeduto alla morte del d 'Annunzio, la su<;t
fama ebbe a soffrire un'eclisse {~); ma la «giornata d'annunziano», cele-
bratasi in irante città d'Italia nella pr1mavera di quest'anno, venne a d o-
cumentarci una ripresa del culto d'annunziano.(10 ): la voce d el poeta s'è
spenta nell'aria., ma vive ancora ne' cuori. Il poeta è tornato per dirci una
parola nuOva o pei ridirci una parola già detta, mà che deve eser ridetta.
300 FERDINANDO PAS!Nl

Enzo Palmieri ha concluso con l' Astèrope la sua più çhe decen nale
fatica, consacrata a li' esegèsi delle Laudi d'annunziane. Si èrvverte, in p iù
punti del commento, ch'egli doveva lottare con se s'.'esso per non dar la
parola a quel Palmieri, c he fin dalle sue giovanili Crociere barbare (1920)
mostrava una eccezionale disposizione a fecondare con l'apporlo d.el pro-_
prio ingegno tutto quello che gli capitasse sotfocchio ne lle sue letture e
avesse in sè (beninteso) la capacità d'essere fecondato e meritasse d i es-
sere fecondato.
S'egli ha frenato i suoi in'.lerventi diretti nel com·m ento alle Laudi,
non ha rinunciato però a ·farci conoscere il frutto delle -s ue pe-rsonali me-
ditazioni .sul testo commentato e lo conosceremo - spero fra n on molto -
in un volume a parte, dov'è adunab tutto quello c he, per ragioni.d'eco-
nomia e di me todo, non ,poteva entrare nel commento. ·
Tuffcmdoci nelle note, ricchissime, dottissime, vagliatìssime, di que-
sto commento, noi possiamo inmlto percorrere tutta la strada segnata dai
canti che sono qui raccolti nel -libro di Astèrope 9 sono veramente altret-
tante p ietre miliari del Calvario che l'urnaniio sta ancor salendo verso la
redenzione sociale cui da un secolo a nela.
Non ci .s ono, qua dentro, cose appartenenti soltanto agli crrchivi di
un passato, p rossimo o rsmoto che sia. Certo, noi vorre mmo considerare
tlrapassati e non p iù ritom abili g li orrori della guerra che mettono loro
echi anche in quesii canti e hanno dato a l poeta a ccenti suscitatori spesso
di enorme raccapricclo. L'Ode alla Nazione Serba (1915) è forglata in una
atmosfera di fuoco · e di •Sangue, dove le virtù morali sL confondono col
furore bestiale e pèrdono ogni carattere di umanità.
Ma io non ho mai capito così bene, come leggendo questo libro, il
valore e la funzione d ella Bibbia e del Vangelo, che spesso abbiamo visti
in mario a gente delle .più disparate classi scciali, incOntrata· in treno, sui
piroscafi, tn villeggiatura, perfino nehle malghe di a lta mon:ragna o in tan-
te altre occasioni. Que lla gente, ·nelle ore del riposo dorrienicale o nelìe
veglie dell'insonnia, in momenti di prepccupazione angosciosa o di tem-
peste psichiche, apre le pagine sacre a caso, d ove càpita càpita, e trova
quello che cerca: hl verse~lto con la frase, il motto, la sentenza che rasse-
rena, spiega, in terpreta ogni stato d 'antmo: versetto che nacque magari
lontanissimo dalle vicende storiche di chi legge, ma che è sentito come
scritbo per noi, ai tempi nostri. Ogni ·lontananza d i tempi e di luoghi è abo-
lita: so_no i miracoli d ;l1a vera e grande poesia.
Or chi mi condurrà nella città fedele? chi mi menerà insino a l mio
bel colle di San Giusto? chi mi guiderà, lungo le colonne e lungo i secoli:
a cogliere la palma che m'aspetta?
Or chi mi reca le dolci mie città della marina come Eufràsio il mar-
tire con le mani velate offre il suo tempio di Parenzo· a Dio?
Con chi passerò io per la Por!a Gèmina e sotto l'Arco dei Serqi e
tra le sei colonne di Cesare Augusto, nella mia sacra Pola?
Ma in Zara è la forza del mio cuore; su la Porta Marina sta la mia
fede, ed in Santa Anastasia arde il mio v6to.
ASTÈROPE 301

Così parlava l'Italia del 1915 nel Tre salmi per i. nostrl morti, e noi
curviamo il capo sopra quei versetti rimeditando tutta la storia che si svol-
se da quella data in poi e udirono risuonare dentro di noi le stesse do-
mande angosciose.
«O Carso dalle bocche insaziabili, o squaliido sepolcro sitibondo• ,
- -chiede altrove il poeta, - «un rosso fiume ai tuoi fiumi. di sotterra ag-
qiumJ, se noite e dì t'abbéveri df stra9"e?»
E un altro, più cupo, più tremendo significato desta dentro di noi
questo versetto col suo richiamo alle ,bocche insaziabili. ,del Carso... ·
Cerchiamo avidamente una risposta che plachi il nostro cuore nelle
Preghiere dell'Avvento. E ci fermiamo sulle quartine finali della preghiera
02 dicembre 1915), d ove il poeta, invocando la gius tizi.a di Dio per quando,
dopo la sicura vittoria, si sarebbe fatta la pace, prevede con infallibile
chiarovegg•enza le v ergognose ingiustizie che si sarebbero perpetrate a
Versaglia contro l'Italia a Ueata: -

Dlo, ... Tu giuddca di _


n oi
per la palma, . considera g[i eroi,
guarda alla fede e pesa il sacrificio.

Di poi verranno i savii partitori


e disfribuitori della terra;
sicchè ciascuno, giusta la sua guerra,
godrà la pace e succerà gli onori .

Ma Tu fa, Dio d'Italia, che al tuo cenno


gittiam nelle bilance lor cortesi
un ferro ancor temibile, che pesi
più della sp;,_da barbara di Brenno.

La voce che squilla più a lta nel libro di Astèrope, malgrado lutte le
apparenze in contrario (valide solo per chi legge saltuariamente e super-
ficialmente) è la voce della Carità. Ed è la voce alla quale noi, in ogni
modo, dobbiamo porgere più orecchio. Non si fa così anche col poeta dei
Fiori del Male, Carlo Baudelaire, e col Villon , col Rimbaud, col Verlalne,
tlltti •Poeti maledetti» e 'che, pure, trovano oggi i loro apologèti perfino tra
i cattolici?
Il d'Annunzio non era un Gandhi che tutto si a.spettava dai miracoli
della resis!enz.a passiva. Egli credeva piuttosto, con Cesare Battisti, che
«la violenza genera violenza» e che al «dirHto della forza» si deve opporre
la ,forza del diritto> . Anche San Francesco e Santa Caterina sapevano
essere aggressivi (rileva giustamente il CozzanD nella loro volontà di bene.
Carità è nell'appello alla difesa solidale della civil'à latina, e l'ap-
pello entra perfino nell'Ode alla Nazione Serba.
Carità è «l'amore dell'amore sempiterno» , i,1 «solo amore dell'amor
che sollre,, di cui è permeata tutta la preghiera Per i cittadini 0916).
Carità è nel canto Il Rinato (1916), dove si rlode La buona Novella
d i G iovanni Pascoli fusa col messaggio del poeta american_o Walt Whlt-
302 FERDINANDO PASINI

man: dal cruento lavacro della sempre malaugurata guerra (già maledet-
ta in Virgiilio, che la definiva nefanda, empia, orrenda e scellerata:.·«:l'or-
rido fato della guerra,) il digliuol dell'uomo» doveva tornare .,puro e di-
sposto• - prima di csalire aUe stelle» - a viv ere su questa terra in armo-
nia con tutti i suoi fratelli.
Di carità francescana :riboccano tutti i canti dove il d'Annunzio ri-
cordà i morti e l'impegno che i stiperstiti assumon,o acce_ttando _il loro
sacrificio (La preghiera di Doberdò, La preghiera di Semaglia).
Ma il culmine della sua fedeltà verso il culto dei morti il poeta lo
raggiunge sul-la fine del Cantico per l'ottava della V ft-toria (1918): l'e sube-
ranza della gioia sembra in lui paralizzata dal rimorso d' es,sere soprav-
vissuto al camerata Giovanni Randaccio.
O mio compagno sublime, perchè t'ho io deluso?
.Si erano giurati, come i Diòscuri gemelli, un patto indissolubile nella
vita e nella morte. La morte aveva disgiù.n:O i loro corpi; ma .Ja comunione
degli ·spiriti continuava:
Nella mia bocca ho ii tuo soffio, Ira i miei denti il tuo fiato .
Si fa mattutino can6o lo spirito esalato.
L'eucaristia fra i Diòscuri novelli si è compiuta. E così deve com-
piersi e si compie fm il d'Annunzio e i suoi lettori che a bbiano senso di
italianità e senso di p oesia.
Riascoltiamo quello che, nel Canlico per l'ottava della Vi ttoria, il
poeta dice deHe città dell'lstria e della Dalmazia (Parenzo, Pola, Zara, Se-
benico, Spa:lato, TTaù, Ragusa) e ripetiamoci la sua invocazione alla
Patria. La Patria sua è la nazione dell'infinito A more, la Patria vittoriosa
non è ·se non
il preludio della novella vita,
una nell'alto e nel profondo,
E' la Patria «sacra alla nuova aurora/ con l'aratro e la prora» . Una
nell'alto e r'iel profondo.
•Regna colui che p iù s'indìa», come i Serafini danteschi, che, stando
più presso a Dio, .più s'inabissano nella sua luce d'Amore. Chi si leva più
alto nell'amore della Patria italiana, ch'è la Pa!!ria di Virgilio, di Dante, di
San Francesco, di Mazzini, di Garibaldi, più si approfondisce (tocca il p iù
p rofondo) nell'amore d i tutte le patrie.
FERDINANDO PASINI

NOTE

tl) GA'irrUELE D'ANNUNZIO, cl,audi del Cielo del Mare della Tena e d~li Eroi• , con in1erprela-
zi.on.e e conmnento cH ENZO PALMIERI; Bologna, Zanichelli ed. _ Libro quinto, cAs.tèrope •
(CXlll'lti della guerra latina), 1948 [L. 800.-). · ·
(2)" M. RISOLO, cCardU:cci e d'Annunzic•, Trieste, Ed. • Celvh , 1928, pagg_ 135-38
ASTÈROPE 303

(3) A. BRU~RS,_ <G. _d'Annunzio , Il Pensiero e l'Azione», Bolcgna, Zanichelli, l-934; «Nuovi Saggi
d_annunz1a,n,1:o, ili1?-.. 193_8 1 «Nuovi Saggi dannunziani», Secor::.da serie, ibid. 1942 (v. qui, sp.e-
c1almente, «La CTlSl :s,p1r1tuale di G. d'Ann.>, pagg. 9-38.
(4) Vedi.~- FA_RINELLI, «Domen. Ross.etth, in «Scritti In8diih di D. ROS'3ETTI, per cura di Ces.
Pagmm, Udine, «Idecr», 1944, vo-1. I, ~27.
{5) 1LEO POLLINI, in «Meri.diano d'Italia», Milano, 17, IV, 1949, pag. 3.
(6) EZIO M. GRAY, «Uali'a e Francia., fine della retorica?>, iin, «Meridiano d'Italia>, Miland, 10,
V, L949 e vedi anche A. FRANçOIS PONCET, «Dccumenti de'.la ~e.condo gue-rra- mor.diale>,
in «Giornale di Tri..-ste>, 18, 20, · 22, III, 1948.
(7) «L'Uomo Qualunque», Roma, A. VI, n. 18; 4, V, 1949, pag. 2, coL. II.
E come non ricordare qui «L'anima tricolore>, dl canto dello: Patrio: delusa», scritto do: Er-
manno Vie.zzoli, il nostro morto di ieri (4 ag-0sto 1949), nel maggio del 1919, quapdoi «si' chiu-
se, sul banco dei barattieri . parigini, l'Evo:ngeliç, di San Mw-co» e furopo gettati i semi della
secondo: guerra mondiale? Nel '46, do.po . lo: seconda · guerra mo_ndiale; _ il Viezzoh riprese il
canto, compos1o nel '19 h pubb;ka.to in "Vis1dni liriche», nel '26), e 1o rifece coL titolo
«L'aa-uma nostr.a», per offrirlo a un giornale cHt-crdin.d, che r.cn lo a=ettò. E allora il p:;ieta
lo slampÒ come preludio al suo canzoniere «Nel limbo dell'inu.tile». Il Benco dis-s;e tosto:
HJi9,n possiamo pensarlo COime gettalo nei liimbo dell'inutile!>. Oggi, difo1ti, esso è tornato,
con l' «Astèrope» d'annunzia,na, di vivissima attualità.
(8) E vedi, su -ciò, di nuovo ANTONIO BRUEOO, «Vocianesimo e Futuris,mo», in «Problemi della
letteratura italiana.>, Bologna, ZanichelU, i193B; e ~Per la .ris'UrrezL-:me della grande Arte>, in
«Saggi sul],a letteratura italiana e straniera>, ibidem, 1943. ·
(9) Vedi F. PASINI, «L'ora della gJ.oria giusta », prefazione a MARCELLO FRAULINI, «A Ga-briele
d'Annunzio>, epicedio, Tri'eSl!e, T~p. Moderna, 1942.
(IO) Per gli H ili .set,tembre '49., la Lego: Nazi,z,nole aveva! organi-zzalo un pellegrinaggio da Triei.
si-e al Vittoriale di Gardone. Il ~culto, d'annunziano» (vedi «Porta Orienitale>, A. IX, 1939,
p. 164·8) lnella Vene'ria GiuMa e in Dalmazi-a, t eatri della ges-ta fiumana, deJ.la: beffa di Bue-
cari e d'altri eroi-ci episodi (Parenzo, Pala, Zara, Caltaro ecc.) non pote'va cessare e non
cessa, bem.chè non. sia mancato neppure fra noi, dopo il '45, qualche voce di fanatico o pa-
ranoico antidannunziano. Mo: il pellegrinaggio, all'uHimo m:Jm9Il.to, fu gav-ernativamente
proibito. (Ebbe luog;:, lo stes:eo, in forme non pubbliche e non ufficio-li)
Nel settimanale Pescara-Lunedì (29 agosto 1949, A. I., 22) fu pubblicata una lunga relazione
sulla solenne traslazione di donna Luisa d'Annunzio, madre di Gabriele, dal Cimitero di San
Silvestro al Tempio della Conciliazione. L'orazione ufficiale per l'austera cerimonia fu affidata
ad Antonio Bruers: il quale, celebrando, con la Madre, il Poeta, rilevò com'egli «fu giusta-
mente definito il più internazionale dei poe!i>, avendo supe-rato con l'arte sua i limiti dello:
regione e quelli della Patria. ~Gli abruzzesi e gl'italiani tutti, colpiti dal lutto di una guerra
dolorosamente perduta, non dimenticheranno H mònito del Poeta: essi guarderanno ancora al
loro destino, con gli occhi fissi al domani, senza battere il ciglio e senza tremare nel cuore>.
LA CITTÀ CONTESA

Nacqui certamente in un'epoca favolosa.


All'alba del mondo o quando !'ebbre= del vivere n; n si era ancora
scissa nella pena del!' amore e dell'odio. Oppure quando dalla tragedia di
Caino e Abele era passato tanto tempo che gli uomini erano riusciti a
ricomporre nelle loro malinconiche nostalgie gli ideali dell'eden perduto
e a credere nella possibilità della loro realizzazione.
L'umanità è nata con me ed ha la mia ,esperienza.
E' Stato ieri ma un ieri che si ricollega alle origini del mondo. La
mia prima notte su questa terra fu illuminata da una fi.ammella ad olio.
Da quanti secoli succedeva così? un grumo di luce densa su pìccoli pattini
di sughero in mezzo ad una superfice ugualmente densa e ferma: il fulcro
torno cui girava la vita con le gamme perfettamente ordinate dei suoi va-
lori e delle sue leggi.
Era -senz'altro un'epoca favolosa che i bimbi ascoltavano quattro
favole sempre uguali ma certo estratte dal libro dell'antica saggezza e non
c'era rumore notturno più inquietan te di quello del treno subito passato.
Le giornate chiare mandavano il loro saluto sfolgorando da una enor-
me cupola d'oro. La sovrastava un'aquiletta, ad ali spiegate, in attesa di
non so quale segnale per tl volo era l'aquila asburgica usurpatrice im-
mobile e minacciosa della mia città .. . Questo «là, luminoso si protraeva
in un crescendo via via arricchito da elementi concomitanti per tutto il
ciclo della giornata sino a concludersi nelle luminarie dei tramonti a ma-
re, che sono il divino fantastico nella bellezza di un paesaggio. Chi lo
contempli e ne Testi estasiato difficilmente saprà trovare altrove il suo Dio.
Nella libera vastità del mare anche la pioggia e il vento acquis ta-
no suggestioni pcrrticolari e sono elementi esaltatori dello spirito ricchi di
-i:mprev~ti aspetti e suggerimenti.
Il giorno culminava in un segnale acustico. Ad ogni mezzodì par-
tiva, da un punto imprecisabile della terra o del clelo, un colpo secco
potente magico: metteva in volo i colombi della piazza e in immediata
azione gli ometti dell'argano vicino a l Ponte Verde. Questi vecchi pren-
devano lunghe aste e le infilavano nei fori dell'argano e via, curvi sui
LA CITTÀ CONTESA 305

ba-stoni g iravano e giravano e il pon te·, così grande, cominciava a muo-


versi finchè finiva tutto da un lato e nel canale, particolarmente pulito e
lucen te con la bora, entravano a uno a uno i bragozzi.
Veni.vano con uomini scuri e allegri. Portavano frutta che ave,vano
il colore del sole e nelle epoche calde anche il colore della bandiera che
si gua rdava solo nel nascosto delle case... Vele e sartiame costituivano
nel cielo gli emblemi di un mistero al quale aderiva sempre più intima -
mente la c rescente fcm tasia. Altro giorno se ne andavano i velieri, con la
tolda a pelo d 'a cqua per il carico nuovo, verso il pcrese dal n ome etema-
m ent.e fascinoso e benedetto.
C'è nel subcosciente della memoria un festoso correre di diligenze.
C'è, con un richiamo cOStante, l'emozione piena di stupore che s usci tan
le cose nuove. Pa ssano p assano miracolosamente fresche e puli'e nella
polvere della strada, sbozzando sensazioni simili nel ricordo a carezze.
Danno l'ineguagliabile gioia del transitorio, del fuga ce con i pcmoram\
tra-scoloranti nel mutare della luce, fantastici nella loro sconosciuta realtà.
Nei tempi andati, cento duecent'anni fa quando mancava ancora l'abitu-
dine -turistica, qua le a vventura un trasloco per e-sempio dalla Liguria a
Trieste !
Ogni tanto su questa città vì.ene a b rillare il •miraggio dì una stra-
ordinaria ricchezza. Chissà perchè , in epoche ricorrenti con certa freq uen-
za, si forma la convinzione che es,sa debba essere la prescelta per qual-
che eccezionale -sviluppo economico avocand o a sè tutti i transiti del
mondo e che -possa tras,forma re i sassi delle sue pendici carsiche in a uree
pepite! E tu tti vedono la chimera d i stagno e di cartone - che poi rap' -
damente dilegua come una larga e variopinta nuvola - splendere nel
suo cielo e v-i accorrono attratti. Effettivamente intorno a ll'Ottocento, ini-
ziatosi in Francia quello sconqua~ europeo che sembra non esser an-
cora giunto a l suo ·termine, Trieste doveva avere una posizione prìvìle-
giata e dare una garanzia che oggi n on dà certo più. Allora era Austria
il che voleva dire , in inomento di rivoluzione, legge tutelata ed era civil.-
mente Italia ciò che consentiva di vivere secondo le norme d ello spirito
italico, brillante allora c arne oggi malgrado le continue e forti. di<Scrv-
venture.
Trieste: città senza grandi tra dizioni nobiliari e tuttavia non p lebea;
cibtà senza retaggio artistico e tuttavia piena di amore e di intendimento
per l'arte, Città antichissima e tuttavia c osì nÙova da poter accogliere e
alimentcrre qualsiasi iniziativa.
Quindi gente vi veniva costantemente dall'occidente e dall'oriente
a confondere sangue antagonista ma bisognoso d'ambo le parti d i inne-
sto e di rinnovamento .
La trasogna ta e silenziosa gente d'oriente s'univa alla fantasiosa
vivace gente itali.ca. Quella conservava una specie di verginità barbara,
questa. portava in sè le esperienze dolorose degli eventi storici_ cÌ).e per
306 NORA F. POLIAGHI

secoli l'avevano t,ravagliata e ceppi di nobiltà già giunti al punto d iscen-


den te della parabola e p rossimi magari ad eslinguersi nella loro linea
diretta ma destinati per legge biologica a dare i caratteri d ominanti aEa
struttura spirituale delle nuove generazioni.
Nacqui effettivamente in un'epoca _favolosa, da genie ch e ~copriva
la propria pertinenza politica soltanto in occasione di q ualche matrimonio
e la propria parentela un po' lon tana, per questioni eredliarie e che p o-
te va oltrepassare confini d i s tato senzo: dover esibire documenti personar :
lo strano periodo in cui certa massima libertà politica .(non apprezzabile
a llora mancando quei dati di relazione che successive esperienze avreb-
bero più tardi fornito) coincideva con curiose restrizioni in tutti g}f altri
rapporti sociali. E gli uomini per piegare i loro lunghi ba.ffi erano costreHi
d i chiudersi il viso in una spede di museruola almeno per qualche ora
al giorno e le d onne d ovevano tener celate le loro belle l'rrequiete gambe
sotto volumi di s toffe che poco si a lleggerivano anche d 'estate. Da una
parte o dall'altra le liffiitazioni alla libertà personale non possono mancare.
Le scale d i casa erano veram ente un viaggio tra due mondi netta-
mente divisi e lontani: la casa e la strada, così d ivisi e lontani da poter
rappresentare per spiriti smani.osi, la prigione e la libertà. Tu tti que sti
rapporti, stabiliti con precisione indiscutibile, determinavano misure che
davano valori straord inari ad atti e a pensieri ormai completa mente
superati.
In quel tempo si insegnava a scrivere parte de i ne-mi astratti con
la maiuscola e ciò induceva negli spiriti innocenti e in via di formazione
il radicarsi di un rispetto e di una fede per certi valori sp!ritua1i che diffi-
cilmente vicende successive avrebbero più potu'o d'.struggere.
A quel tempo di fiabe c'era la possibiEtà di" scoprire incanti sempre
nuovi e la vita appariva piena di misteri affascinanti, d i s-:rprese, d ì sod-
disfazioni. Andavan o le scoperte dei bim bi dalle cass2 dimenticate nelle
soffitte ampie e s tracariche ai sobborghi cittadini raggiunti in e laborate
si:>edizioni domenicali. Più tardi le scoperte andarono dai principi scienti-
fici detenuti in modo più o meno approssimativo dai soli maschi, ai clas-
sici ignorati dai più. Altre -sorprese si succedevano ccn forme bizzarrissi-
me poichè appartenevano all'era meccanica così ricca di comode e in-
cantevoli invenzioni.
Nella luce verdina - meravigliosa per la sua praticità - del gas
persone e cose assumevano aspetto fantomatico e in essa si alterava,
perdendosi, l'armoniosa estetica del passato: così gli -spiriti venivano in-
dotti a d ifficili giochi d'equilibrio per trovare a ppagamento e quiete.
Più case conoscevo e più bisogno di spazi liberi mi veniva e non
so che ricordi e q ua li desideri d i vita errabonda. Forse c::>minciai a ricer-
care e ad amare le cose vecch ie - q uelle che p orta no i segni delle mani
che ci hanno p receduto su questa terra - appunto per la necessità di
evadere dal senso funebre che dava la moda del te mpo nelle case: mo-
bili tendaggi enormi pesanti oscuri: pozzi di buio nel quale sprofondava
LA CIITÀ CONTESA 301

atterrito .il mio .minuscolo io ansioso di pulviscolo solare e di vento .col


quale raggiungere oltre il mare la terra deificata nel sc,gno...
lJn orologio stile Impero dal pendolo a sole suonava col rumorino
metallico dei denti consumati.. Che cosa li aveva consumati? non sapevo
ancora nulla della forza del tempo, ma certo l'onda della malinconia
cosmica m.i raggiunse pr.i:rnc:urnente per via acustica:. Ed era pure nella
cantilena dei giochi infantili, nelle stridule voci delle bimbe, nei discorsi
degli adulti adombrati dalle normali reticenze e quindi incomprensibili
ma già c hiaramente monotoni, nelle funzioni Teligiose del tutto esteriori e
allora di un color governativo particolarmente ostile, nell'aria domenicale
e festiva quando il nerbo dell'azione si affloscia come un elastico consu-
mato. Non -sapevo che l'avrei trovata nella sua essenza metqfisica tra-
srrnutata in poesia dal p iù desolato degli uomini e dei poeti.
Guardavo la g.e nte dall'alto delle finestre di una vecchia casa gial-
la ci marina e il carnevale .non sapeva distrarre la mia noia infantile.
Passavano poche m-aschere ,_cenciose e traballanti vociando malamente
se non tirava l_a boro e ·mute, a testa rinfoderata nel collo se il vento face-
va bello di ombre il mare.
Una .festa che non si sapeva fare già più e che rivela.va come un
mondo plurisecolare non vivesse ormai che nella tradizione dei vecchi e
nelle loro nostalgie ,e tutto questo poteva essere un gioe.o di prospettive
piuttosto che una realtà davvero vi-ssu ta.
Così quel che gli uomini raccontavano aveva l'inconsistenza del-
l'inverosimile ed .e ssi stessi sembravano strani con nelle movenze e nei
discorsi qualcosa dell'automatismo delle marionette.
Sembravano agire su sfondi di cartone. Dietro a loro non riescivo
a distinguer bene nemmeno il flusso delle stagioni. Forse queste esistevcmo
con le loro caratteristiche nettamente differenziate solo nelle tabelle appe-
se alle pareti dell'aula scolastica. Non aveva mai visto - fuor che in
rapidi sogni - la neve far tutto .bianco il mondo: non mi era mai avvenuto
di buttar a terra i libri di scuola e di andarmene su uno slittino a far bal-
doria per le vie.
Nemmeno conoscevo i covoni di g rano. Avevo faticato molto asco-
prire le rondini sui pali del telegrafo e a indovinare quali sterpi fiorissero
a primavera in candida nube. Conoscevo bene l'autunno che era fatto di
caldarrostai e di mulinelli di foglie gialle simbolo di un romanticismo non
ancora individuato ma subito avversato nell'intuito.
Qualcosa manca va alla m ia città dominata dal mare. Non solo -la
campagna le era lontana e la sua aria salina a volte è greve al respiro.
Ascoltavo il suo dialetto, questo dialetto senza sfumature senza
grazia aspro come un sasso buono ad essere scagliato contro al nemico
e usato dalla gente come tale. E' Ira rutti il meno melodioso, il più inco-
loro, il più sfrondato e povero ma quello che rivela più d'ogni a ltro l'ossa-
tura latina. Rimasto isolato dai grondi sviluppi letterari non ha conosciuto
308 NORA F. POLIAGH!

affinamenti e fastigi. In quest'angolo adriatico ha però costituito l'unico


insuperabile argine al costante dilagare di stirpi avverse, quasi che la
sua forza sia stata destinata a consumarsi nella resistenza alle infiltra-
zioni straniere.
Ma dentro restava una nostalgia insoddisfatta di accenti più armo-
niosi onde ritrovare quella parentela di razza che troppi. ci contendono e
vorrebbero negarci.
C'era una frattura nella vita spirituale tra la mia città e il resto del
paese. Noi eravamo qualcosa di avulso di isolato di impoverito che non
poteva alimentarsi alla corrente cui pur appartiene e che era costretto a
patire una costante involuzione in ciò che poteva essere lo sviluppo dei
suoi elementi migliori.
Una fra ttura intesa al massimo per tre lunghi anni e rimediata dal
sangue, poichè è destino che solo il suo gettito giovane e violento possa
saldare !'-ideale alla storia. -Per entro alla spietata petraia che la circonda,
la città sviluppava allora quei caratteri originari che gli uomini erano
riesci ti tenueme nte a mascherare e rivelava una sua disincantata e schietta
bellezza italica.
Il miraggio lagunare e quello più lontano, addent9llato e brillante
dei monti, apparteneva finalmente alla sua realtà.
Pochi ricordano l'epoca favolosa in cui, come me nacquero.
Oggi non è tempo nè di memorie n è di nostalgie .

NORA F. POUAGHI
FASCICOLO CENTESIMO

Questo è il centesimo :fascicolo- de «La Porta O rlentalie·n che,, ini-


ziate le pubblicazioni al 1° gennaio 1931. si avvia al 20' anno di sua
vita. Non è il caso di fare bilànc~ ma certo che, cento fascicoli per un
complesso di circa 8700 pagine, rappresentano un non disprezzabile apporto
alla cultura giuliana che la rivisto: ha dato, senza chiassi pubblicitari, mo-
desta.mente, aliena da ogni pretesa intell;e,ttucilistica, ·col solo intendimento
di contribuire alla conoscenza de-i problem'ì della nostra regi.one , di tener
vivo il sentimento nazionale, di dCU" la misura del valore culturale dei nostri1
più cmziani e di far conoscere i g iovcmi virgulti cresciuti nelle nostre, terre,
sulle quali la paasione mai spenta feconda ile cmhne e gli intelletti.
Dopo venticinque a:ruii di pace nazionale, qui si è rinnovato il dramma
delle genti di confine, dove l'urto dei popoli ora sommerge, nella schiavitù,
ora rialza alla libertà, ma sempre sprona alla vigilanza e, tien desta l'a
passione, e sempre solliecila Ja maturazione delle, menti. Cosl, nella grande
vigilia. già sui vent'anni si aprivcm9 al pensiero e all'azione uomini delda
statura di uno Scipio Slataper e di un Ruggero Timeu~ e di un Pio Riego
Gambini, così ora - in questa nuova più dolorosa vigilia - si macerano
in preparazione severa altri giovani, il cui sacrificio risulterà forse maq~
giare per il dilagante edonismo che sospinge Ile nuove generazioni verso
un cupo scetticismo.
La nostra rivista già si onora di avere collaboratori cilsinteressati e
valenti tra codesti giovani. e duole soltcm.to che la cronica povertà dei
s\Joi mezzi non consenta una maggiore ampiezza di pagine che faciliti la
conoscenza del loro pensiero e dei loro studi. Ma è pacifico che la «Porta
Orientale• farà quanto può per mettere in luce le giovani f01"Ze che nelle
palestre dello studio si allenano per servire degnamente il proprio Paese.
Ed è ovvio che le nostre possibilità aumenteranno in ragione diretta di
quanto crescerà il conforto materiale di quanti fin quì ci hanno sorretto
col loro aiuto e con la loro immutata simpatia.
F. P.
VARIETÀ

1849: Roma e Trieste sp e ttacoli n a turali della Svizzero, i quali a-


vevano colpilo la s u~ fantasia e messo in
Il libro pubblicato ad illustrazione de «La moto i s uoi affetti con q ue Ha complessa
mostro s torica della Repubblica Romana combinazioni di elementi poetici che, vedre-
1849• , aperta nello s torico anniversario, è mo -svilupp:;ita sino a l-lo p e rfe zion e nelle
be,n p iù di un calalogo d1&i quasi mille og • grandi o:1-i storiche d el Carducci,.
getti che vi furono esposti tra quadri, stam- Ma dop o l'ode A lle Mon'tcrgn e (cEle ttra~l
pe, sculture , libri, cipuscoh, manifesti, docu- di Gabriele d'Annunzio e l'ode a L'Alpe · su.
me nti, lellere , autografi e s imili. E' una vera blime (cAlcyone• ) dello "slesso d'Annunzio.
pubblicazione s!Ol"ica di valore dUTaturo e d ogni ulte riore polemica per riv endicare a gli
utile consultazione, p&rchè, pe,r cura di Al- iloliani H dono de lla • poesia d ella monta-
berto M. Ghisalberti, E. Morelli, F. f o nzi e gna> mi sembra oziooo.
V . E. Giuntella, ciascuna d e1k'1 sezion i de-Ha
mostra è comme ntata d a un. comple to e Ch i Si mise a contcrre la montagna non
c hiaro. sguardo stor iCQI dei folti e delle per. occasionalmente, o sporadicame n te,, ma di
sane neHe quali sono rt:,ggru ppati ed ordl· proposito e , qua s i direi , con l'intenzione di
na ti gli oggett i esposti: L'e speri mento costi. colmare una -Iacun:o-, la mentata da:i critici,
tuzionale - La Repu bblica - Mazzini - nella: letter crtura italiana , è s tato Giovanni
La dllesa della Repubblic:i - Garibaldi - Bertu cchi. Quando, nel 1896, com.pana- 11
La pubblicistica . Nell'appendice L. P.irotto: Canzon iere d elle Alpi, - cui, dov-eva s eguL
pubblica tre, le ttere. inedHe del Mc:z-zini. re unct lung a s e rie d i altri canzonie ri , - fu
una gran festa per tutti gli a lpiniS'll, che sen-
A q uelli che intendono di conoscere e stu-
1ivcmo di aver trovalo in lui il poeta-intè r-
d iare gli avvenime nti romani degli anni
pre-le delle foro estasi, d e tte loro audacie ,
184b-49, è fornito un notev ole sussid io nella
delle loro aspirazioni est.etich e e, sì, Oillche
• Bibllografla esse n zi"ale >, inserita nel volu-
umane. A rievoCCITe la memoria del sovrano
me. Vt !Sono citati· i • Ricordi del battaglion e
•ca ntore d elle A lp i~. d eceduto nel ' 42, .s em-
universiltrrio romano > ·deol nostro Zamboni.
bra aver cons acrato gran parte d ella pro-
n libro h a un p regevole comple me nto n ello pria a Hività la riv ista mensi'le Valtellina e
indice dei nomi e n elle 23 illu strazioni, in
V alle Spluga , s orti<% n el giugno .d el '49 a
cu i s i riproducono s cene e fatti -d ella guerra ,
Sondrio e già validamente affermatasi fra
ritratti ed autwrofi.
le migliori p ubblicazioni p eriodiche, di CO:·
Alia Mostra portecipÒ a nche 11 Museo d · ratiere tur istico, con larqo ,pTogra m ma ilh-
vico di Trteste con a lcuni pezzi s ignificativi cludente le arti, I& lette re, le, scie nze e gli
che s er virono a m ettere in sp ecia le rilievo, sport. Speriamo che- dalla bel:4:x riv ista di
tra i difensori di Roma, i triestini Giacomo Sondrio parta l'iniziativa di un'edìzion.e com-
Venezion, Filipp0 Zcnnbon!, Giovanni Bruf- pleta dell'op era poetica di Giovanni Ber.
fel tacchi, dove, a ccanto ai versi già n oli ·per
Nel volume • Mazzini>, p ùbblicoto d allo le st-ampe, si p ossano ~ègge r-e o:n,ch e tutti
specia le Comita1o p er le onoranze, inaugu - gl'inediti, d t cui V aliellina e V alle S pluga
randosi il 2 giugno 1949 in Roma -il monu- ci ha fatto gus ta:ra. parecchi saggi_
mento, ~rieste è dove rosame nte e on orevol. A i cantori d ella montagna s 'è aggiu nto .ora
mente rapp resentata da Angelo Scocchi con il giul iano Elio Pred on zani, con un v olu met-
un e601lrienle articolo 6u ìr Fede e ozia n e to che fa parte ·della colkma «'Si!I'&nO> (p oo-
mazziniana a Trieste n el 1848-49>. s,ia1,\, diretta --da Lu ibi FiorenUn o ·t').
g.
.. Sulle or me d eUa granda poesia ,t radJzl~
nale ia cltiara poesia consolatrice dei n uovi
-spiriti>: è 11 m aniifesto di «Aus onia:> e ·a d
esso è intona to il conto del Predonzani. che,
,,Montagn e" di ·E li~ Pre~don:ani percorren do (non o passo di corsa o di mar-
cia, ma t:ol passo -d èll'a lpinlsla c he -s a tu!-.
Che gl'italia:ni non ,avessero •poesia de lla la •l'tart-e necessaria .p er muoversi con s icu-
montagna>, era un'idea fissa d ei tede schi, i rezza fra le valli e -le montagne) !l Trnntino,
q udli ifitenevano "di .avere dssunto --in mono - il .Carso irieSti no e ·le regioni eantermini , 1ha
polio il csenso della natura> o del ;paesag- sentit9 m utarsi.,la _.ogi.oia dello .sforzo s.u perd-
gio C). Non ricordava no affatto un Ippblito to in beatitudine contemf)latlva di fron te- a
Pindemonte,, che, oltre olle Po&sie campa. ce-rti paesaggi màgnifici per fe stosità d i co.
st~!, ci ave va d ato de-Ile Ur iche isp ira1e a lori e .per maes tosità d i linee pla stich e, o ar-
VARIETA' 311

chite!i'oniche. Tut10 U suo mondo interiore, le memorie, che ci rid9'Sta della- ·poe:e ssa tr.iè.
ideologico e crl:fe!Uv:o, entra in- azione pel' stina Nelb Daria Cambon e de-I pittore
cCJ.'Vare, dall8' visioni fantasti che- e -daile Glauco Cambon, eh' era suo fratello.
commo2ioni liriche·, imagini -e sentenze che La p oesia moderna s 'è atomizzata n·ella
abbiano anche, per analogia, vlr!Ù cli valori ricerca di uno stile nuovo, che significasse
etici e, non rcrramente , d'impe rativi sociali. la rolfura tli ogni lrad izione per .q wnto con-
Dagli Scar-poni, per, e semp_:o;. - tUolo- del sacrata, anzi quanto più consacrala. E così
~imo canto - il Predonzan1 fa rcanpollare s i è passati da un esperimento all'altro: la
nientemeno che sei ,s imililudinl, ch'egli a lli- poesip è di-ventato un· laboratorio chimico,
nea in fi'la ~ano, con una parsimonia di dove si provarono tutte le più strane com-
parole, che le fa pa rere una sequenza di binazioni escogitabili.
appunti da svolgere più ampiamente in altra Dal fu turismo ad cqgi abbiamo visto tra-
occasionei. montare II gusto d ella m::rgniloquen za d'an-
nunziana e prevalere il gusto dell'intimi-
Come la logica smo .-susurnato:. a fior di l-abpra (Corazzini,
pesanti, Moretti, Gozzano}.
come la ttcmqu:91a coscienza cNon ci resta che puntare- a . uno scopo:
eliminare gli- u:11-imi residui di barocchis mo
sicuTi,
penati- dalla ricerca dell'effetto, p erchè ia.
-come il carattere meraviglia del poela non d eve esse re quel-
ferr'aU, la. marinlstica, ma quella vichiana dell'uo-
epo}.V€4'0Si mo fanciullo che scopre il mondo. Abbiamo
ancora la for.-za di esserlo?:. (C~mbon).
come · il vagabondo,
rugosi e incisi Perchè no? Non è sempre- stata questa la
legge, d el Ritmo, che ci muove dal Moltepl i.
come I esperienza. ce all'Uno o d all'Uno al Mollepl1ce {espres-
sbilem:ht e- duri sa oggi nella dottrina dell'entrop ia e della
come la fafica. sintropia)?
n nuovo sgorga sempre, in armonia o in
A · questa sequenza di- s'.militudini il posta anlitesi ,cl-al.la tradizione, ma deve essere
attacco: - immediatamente - WlO conside- sentito COllle nuovo.
ra;zior.ie, derivala da un'altra ossoctazion 8 di Sullb via di quesl'orientamento verso lcr
idee; onde un mònito o COl"ollario di sapc~e rinnovazione- stilistica si trova anche il Pre-
piuttosio pedagogico : donzani. Il nuovo dè: solo, che, talvolta, il Pte-
donzani s'allontana troppo dallo: grande tra •
Anche senza sperona., di"'zione e ~ ora ne rle~ce compromessa H
pos;tulato della chiarezza. Ma, aJ.la fun zione
senza _varici di vulcani,
consolatrice deHa poeeia egli res!a ssmpre
e n0n. calzati, fe dele.
mi ricordate ancora la mla stirpe: f. PASINI
stravagante, fall ace,
tener salda la terra
per meglto abbandonarsi a nuovi
[sogni. (l) Qualche battuta polemica su ques t'argo-
mento si può vedere (chi ne abbia la curio-
sità} 1.n un mio articolo (Un poeta della
E il canto (datato da Mascrrè di Àl1eghe, mon tagna: G:'o.suè Carducci), comparso nel-
1947) è tuno qui la rivista Alpi Giulie (Triesre, A. XIII, 1908,
pg. 105-24), che celebrava il XXV anniver-
II: aettore, ha già capito da quest'unico, ma s ario della sua fon dazione. L'articolo e ra
tipico esempio, quale sia l'OI'te poetica pre- preceduto (pg. 104) da uria lirica di GIO-
ferita dctl Predonzani e a qu::rle corrente di VANNI BERTACCHT, intitolata Al venti delle
montagne e inviata in omaggio a ll'associa-
lirici moderni egli acklrisca. zione tries tina delle Alpi Giu11e per la f'O-
lennità del XXV anniversa rio succitato.
Su ques.lo volumetto s'è già tanto scritto-, A pg. 1 1 sgg ., i.emp re delle A lpi Giulie,
mettendone -in- vista i, prEgi non comuni e (XIII, 1908), era s taio :pubblicato anche un
i tratti più Òf"iginali, che- c'.è ormai il pericolo altro mio articoletto Per il linguaggio delle
nostre alpi.
di ripetersi •lnutil~ente. (2) ELIO PREDONZANI, Montagne, Siena, Qua -
Gioverà p iuttosto concl.udete, con un ri- dern i di «Ausonia> , 1949, pgg-. 50, {l. 200}.
chiamo ccl saggio critico (3) La poesia • mo. (3) Vedilo ne L'ultima di Firenze, n. 47 {A. 1V,
nov. 1949). pgg. 4-18. 11 giovane critico Glau-
d erna come· crisi espressiva (Appunti e. tm c- co Cambon è figli.o - come vengo ora in-
ce) di Glauco çambon, nome a noi caro per form alo - d ol compianto pittore omonimo.
312 VAR!ETA'

redenra,, segna il Tolomei nel suo diario,


Ettore Tolomei
sotto q uel giorno (pq. 158).
Ai lellori della Porta Orientale (X, 321 sg.; Lungo sarebbe lo spoglio degli aneddoti
XII,· 91 sg.) abbiamo più d 'wia volta parlato che dire \lamenle o indirellamenle ci r iguor•
di Ettore Tolomet commentando certi suoi dono se- potessimo continuare spigolando fra
resoconti s opra la vita politica, economica, b s~lva di questo migliaio di pagine auto.
culturale d ell'Alto Adige , alb: cui storia il biografiche. Non ci staccheremo da e~.
nome -di lui s arà legato indissolubilmente tuttavia, senza accennare a due altri recenti
per la costante e tenace lotta da lui soste- volumi che il senatore Tolomei ha dato per
nuta contro le forze tendenti a imp sdire che eompagni alle Memorie di vita.
l'Italia rivendicasse H suo con.fine naturale
sul Brènnero. Le quaranta e p iù annota del- L'uno intitofoto Centone s'ispira a due
l'Archivio per l'Al!o Adige, fond alo dal Ser.a- grandi personaggi s torici del Cinquecento,
FeITUCCi e Cellini, e n ei loro k:nlastici col-
lore Tolomei, documenlano tu tta lo somma d i
lavoro speso da lui nel!o sua magnanima im • loqui la storia del presente è pos:a audace_
prescr: a lui è s otte ntrato nella direzione ('3 mente a co~front 0 con la storia del Rina.
vj sto: tuttora) Carlo Battisti, altra nobile fi- scime nlo (o di lulti i tempi d' Italia); l'al ro,
gura di combatte nte, catafratto n elle a rmi Il Ca nzoniere di Gleno, ci dà le eifus'.oni
di una scienza etnologica profonda e sicu- poetiche del -lottatore politico, ma anche le
ro, tanto d a poter sfidare anche }e peripezie confidenze sui sibi, più o meno sotto voce,
di un processo davanti ai Tr!bunoi! ordinari, che non si leggono con meno lnleresse e
r;ome gli avvenne- in una recente pole mica piacere. (Edllore Staderini, Roma).
nella quale si era assunto il còmpilo d i ri- F. PASIN!
badire, con gravi e sodi argome nti, l'oppor_
tenenza de ll'Ampezzano al Cadore.
Ma, per conoscere e valutare tutte le be.
neme renze det Tolome-i, occorreva, oltre alle "Sentieri" di Lidia F ragiacomo
Annate d ell'Archivio, av&re a dis:posizlone
anche una biografia del suo fondatore: ed La narralivo: g iuliana non ha ovulo una
oro l'abbiamo, e scritta da lui con un v igore Deledda o una Negri, come non le hanno
narrativo e una fre schezza di me-mcrrlo da avute moll'e, regioni d'Italia. Ai vertici d ove
far trascecolare chi penso: al s uoi ollanla• il romanzo è romanzo senza ,],'attributo d i
quattr'anni raggiunti, a nzi passati [ra le più femminile o, peggio, di le-tteratura rosa, ar-
strane e movimentate avventure. rivano poche, scrHtÌ-ici. Rileviamo, però, che
In queste Memorfo di Vita (Milano, Gar· in passato la concorrenza delle d onne era
zan1i, 1948} la Ventzia Giulia non diremo minore: oggi, invece, ogni nazion e, può con-
che sia la protagonista, ma certame nte vi lare sopra un nucleo ragg uardevole d i ar-
ho figura di comprimaria insieme ccn tulle fat e che nulla hanno da invidiare agli comi-
le terre irredente alle cui sorti il Tolomei ni. Resta sempre un diaframma ch ;i. a v oler-
ha dedicato sè stesso: fra i p rimi ep:scdi lo superare, s 'incontrano non poche clifflco'.-
dello sua giovinezza balen::i ìa tragedia di tà. L'urgen2n dello scrivere è motivata n ella
Guglielmo Oberdan ed e:ssa vi risuona come maggior parte- delle scrittrici da argome nti
un motivo dominante d ell'autobiografia. B-:,_r. muUebri, d a l ridondante senlime n to, d :tlla
zilai, G iacomo Vime zicrn, Felica, Venezian, forma discorsiva con asssnza di problemi o,
Oddone e Albino Zenatti, Salomon9 Morpur, se ci sono, risolti in parte e in modo univoco.
go, Giuseppe Caprin, Attili01 Hortis, Ugo Piz. Premesso quest01, Trieste ha dato qualche
zarello, Francesco Sal::rta e tanti altri dai scrillrice d'interesse nnrionale. Il naturalismo
nomi a n oi più familiar i si rincorrono di borghese de l princip: 0 di secolo ci portò
pagina in pagina. Fra Giusto Muratti e Sal. con Ida Finti (Haydé e) un -:r pillrics amabile
va1ore Barzilai SI diballè ìa scelta di una di tipi ed ambienti dell'epoca. Dopo la pri-
candidatura di p rotesta nelle elezioni poli- ma guerra mondiale ebbe successo un ro•
tiche- del 1·890, la scelta c.adde sul Barzilai manzo ps~cologlco di Del ia Benco. Larga•
e 1a •Nazione ltalian::x~ del Tolome i contri- mente conosciuti sono i romanzi di Willy
buì validamente a far trionfare il rappresen- Dias e- Maria Dardi, Emma Savoini, Rincr
tante di Trieste. Per Tre nto si era scS>lto Er- Usigllo, Margherita Cuizza Ba,rzonti, Moria
gislo Bezzi, e que llo spuntò nel· colle-gio di Beha Picene, Cefsia Venier Zini. Una n01:a
Ravenna, per Trieste fu scelto il Banilai e vivace portò Pia Rimini con alcuni romanzi
quello spuntò. nie ntemeno che a Roma. introspe ttivi, mentre i r0manzj per adole·
cTrento e Tr ieste, le sorelle irredente, ave- scen li di Eleonora Torossi hanno avuto varie
vano infine la rapprese ntanza politica tanto edizioni e sono stati letti in tutta Italia.• Afler.
contesa. Da l balcone sul Teve re sventolava mozione rara questq, se si · corislderano le
la bandiera , procla manto la vittoria dell'Jr. esigenze del genere.
VARIETA' 313

Negli ultimi anni hanno portato il loro con- gf sono però sempre realisti, non superano
tributo con racconti di varia intonazione e le avversità, non vincono il male che attra-
con lucido attualismo formale Lucia Tran- verso un loro sogno, a volte molto triste an.
q uilu, Aurelia Grub<>, Benco, Maria Punter, che quello. Ella li vorrebbe buoni, vorrebbe
Vera Spano, Clelia Marchelli Pirnel, Franco: Infondere in es-si un momento di speTCln2a,
Roberti, Ne-ra Fuzzi Gnoli, Nike Cloma. Buo. vorrebbe credere- nell'aiuto di esseri carita•
ne prose oi hanno infine, offerto le poetesse tevoli e l argitori di felicità:. Talune figure
Lina Galli, Sic.e Polli, Maria Gioltti del Mo- d i donne si stagliano per questo dalle altre,
naco, Nora Poliaghi Franca e Ketly Daneo, qualche bambino spande una tenera melo-
ed Anita Pittonl. Non è l'istanza di un pa- d ia sopra la miseria umana,.
norama che Ci spinge a oilare dei- nomi in J-1 desideria di compiere se stessi con una
occasione dell'uscita di «Sentieri, della trie- ~ge avulsa dalla vita concorda n-a • Il de.
stina Uda Fraglac:om 0 ,poichè tale assunto monio e le BleUra, , in quelle pagine cen-
dovrebbe detenninare caratteri d'arte e per. trali dove la lotta è conqu ista di perfezione,
sonalità che dietro quei nomi si n ascondono. in una prosa vorticosa, compatta, e l'incon-
La scrittrice non è nuova alle scene del- scio viene svelato da un piccolo pugno
l'arte e può stare con tutta coscienza in com. chiuso. Poi il racconto decad'0, si smorza: do-
paqnia delle migliori. poichè ella ha vinto Po aver cambiato timbro. Elementi non poe-
dal 1940 ad oggi wm dozzi-na di oor:corsi, tici sono entrati nel g iuoco. Un altro essere
Ira i quali due nazionali, ha pubblicato su IOl'me ntato è •Dinea:., inle!"Prele di un'esi-
riviste .circa cinquanta racconti ed ha fatto stenza che non a ttende risoluzioni, ben de-
recitare- atti unici e radioscene:. lineata nella cornice del ,palcoscenico e n el-
Già dal titolo non appare In questa rac- lo squallore d'una camera d 'affitto, per la
colta di racconti una facile- via. I sentieri quale la gioia di avGTe un bimbo è ripo:ga.
non sono, difatti, le autostrade; si dipartor-o . ta daH'impossibilità di poterlo allevare. B
anzi, dalle modeste carrozzabili per arri- fin ale della riabililazione appare un po'
vare in località non focilmenle raggiungi- s laccato. fittizio, se-bbene il pezzo Sia co-
bili. L'impegno d'una prosa puntuale nel scienzioso.
tiempo e nei temi, non permette alla nostra Dalla • Paliz2crta> che deve raffigurare
a utrice- le vie battute da tutti. Dopo tani& l'eterna ,prigione de-J. genere umano, a «Sotto
prove coronate d a successo, era fuor di il faro> dove gli elementi della natura sono
dubbio che un'innata fa coltO: fosse in lei ancor p iù vicini allo svolgersi immediato
e gli amici hanno ~agione di essere conten- del dromma, ad •Amnislia,- in cui ogni let-
ti per l'uscila del primo li.bro, benchè i rac• lore polrà rit rovarsi slrrmiero nel suo stesso
conti fossero slot! c:ppre22a1i atraverso i pe. mondo poichè siamo tutti stranieri per i no-
riodici o le letture-. La Fragiacomo è troppo stri simili, all'altra scena dolorosa, insclita,
conosciut a a Trieste perchè una edizione d'un sentimento non voluto e indecifrabil e
possa aggiungere qualcosa al giudizio che tra compa'Ssione, amore, ribrezzo; troviamo
molti S'i scrio giò fatti di ,lei. una aderenza d i fatti, di caraiteri, una fe.
L'editore Gastaldi ha fatto cosa owcrtu- licitò d 'impostazloni e d i s tesuro che le pa.
na a dìvulgm>e i «Senli'&Th perchè essi role n011 s'avvertono come •n Ol'e- d'una com•
troveranno un p ubblico attenlo e permette- posizione. Lo stesso colorlsmo de.Ha narra:i-
ranno all'autr:ice u n più largo respiro. Se è va è misurato, reticente agli spn:rz2l che ci
vero che Ira la creazione d'un'opera e la sua farebbero p erde-re di vista le profondità.
presenla2ion9 non c'è relazione intima, è Dopo qualche ri go dall'inizio, siamo già rel
pur ve;:r:, che mai siamo stati tanto sicuri paeoo dove ella Ci vuole p resentare la sue
della bontà di una scrittura. novelle ed è come se il sipario si fess e a-l-
Il timbro della poesia è dato più che dal 2ato e le luci spente.
ritmo e dalle parole da una Inconfondibile •Le mCIII'li> e .. Uno se ne va• SOO'.'.> ra:.co:1.
11crura:., con la quale l'ind&terminismo p:ù li di egregia fatturo, degni di un no:ne chs
confuso si svela e se c'è il tono, o:gni altrn l'a utrice dovrò conquistare-. • Le mani- seno
a ttributo d iventa super:Juo. Nel tredici raccon - favola , sono un segno od anche dei sem•
ti che seguono l'atmosfera è raggiunt:::i sem- plici p e nsieri, se volete, il genere conta.
pre con proprietà di stile e con sincerità di Ciò che persuade è una veridicità palpi-
inlenl L Precisa1i nella ferma, ad uso d'una lante, sono quadri dove la scrittrice lacca
poelica correnle, diremo ch'essl vanna d al con affello così sincero le migiicri corde ch3
reallSmo puro al surrealismo non astrattista. il lettore rimane preso e incantato. Uno che
L'a utrice confessa d'aver avuto all'inizio un se ne vr.x è un uomo qualunque , un povero
forte bisogno di realismo. Ciò è evidente nel- uomo trasportato dall'autokittiga deHa Croce
la costruttività dei personaggi, portati sem- RoiSsa e nessuno piange per lui. Chi deve
pce a risolvere la propria esistenza s opra occuparsi di quest'ultimo tragitto e, anzi,
un piano di verità q uasi il bisogno di rifare seccato O indilferente. Chi piange è l'autl'ice,
l1 cammino per uno scopo. I suo\ personag• slamo noi quando ci accorgiamo, nel- nostro
3H' VARIETA'

egoismcr, ch8" questa· sarà h nosfra: sante: La- che arcaismo de-t tempi di Dante, o. più. an-
paqin& si svolgono tra realismo· e sogno, tra lkhi (dr. •dunnighià•, dondeggiar,e.}_ Il. so-
il reale e l'irreale e- il distacco dalle cosa netto è tlovuto alla penna di A. F. Filippini,
della. terra. è reso c:on fe.d&ltà ?iena di' sug- e fa parte di una raccolta di «Pilesie•, edi.
gestione; Bei raccon-ti, dunque-, su-i quali, noi la dal Giusti di Li-vorno:
punti<rm.o 10' Sguardo per indicare alla scrit-
trice uno via larga e lunga, uria strada
• PIAZZA SAN NICULA', (')
maestra.

MARCELLO FRAUL!Nl .Sottu. a _Je palme di San Niculà,


Quand'ella affaccio a not'to viule t·:a,
Ci si spassegbi'a più d'una civelta,
Più d'un maschiu e? vene o dunnighià.

A proposito di grafia dialettale Eo ci juns i in bramma di ciac-là:


Ci lasciai u mio con,, fetta a fetta.
A più ma:iò ghié tocca a M'arieita,
Riprendendo H j-Éffia del trafiletto cD1 cap- A p{Ù bella lig]~la du Merca'.
pa. .. ..senza spada» (V. in cVarietò, P. O.,
settembre-0Uobre 1940, N. 9-10), nel· quala Or una vecchia r è sempre a bracietta
accennavo alla grafia v8'1'%lacola dei Còrsi, Ch'un l'abbandona mancu pe' spirà.
riproduco qui- dua esempi caralteristlci di Ma ella à furba cu me :una vulpetta:
quella poeislp- isolana.
Uno (•Valle Materna,), dovu-:o a Saveriu Ghiunta a l'ombra si volta, eppÒ mi dà
Paoli - morto dopo la prima guerra mon- Un'occhiata chi para una saetta,
diale, per malattia c:mtratta dcr- militare, ai Sottu a l e palme di San Niculà.
servi.zio della Franc:a - ap.pOI1:iene alla va-
riante oltramontana, 0 occidentale, di quei (2) Pia2za San Nicola, a Bastia di Corsico.
dialellct, gravitd,1,te 1inqu.t.sticamen1e verso
la Sardegna:. Si 1101i in esso, fo scambio di G. P.
.. v• in «b•, comune, d'altronde, ad olJ.ri n0--
slrt diale tti centrb-meridionali.
Questi ve rsi, ,pressochè ' Inediti (furor.o pub-
blicali, unu ventina di annj orsono, su un ,,Pi.sana"' d.i L. Cice.ri
periodico COrho di limllata diffusione ed Qll"O,
credo, scomparso: o:A Muvha•), sor.o forse Come è noto-, lpPolifo Nievo, ancorchè
gli ultimi scrilli da quel poeta, che :fu -
non friul ano, fu molto legato- crl Friuli per-
oltre che ardente «ccrsi:Sta4 - anchs, !e-r- chè ivi tra scorse p arecchi anni dell"a sua
vente propugncttore dpuna autentica fratel-
breve vita. Nievo doveva essere sempre i;
lanza frà: i popoli latini : viaggio, tra Udine. Padovcr e Mantova; e
quando non viaggiava, scriveva: lettere
,,Balle Materna" lettere lettere. Nel volume: «Pisana - Studi
nievianh di L1:1igl Ciceri (ed. de-I o:Tesaur >,
Udi-ne-, 1949, pp. 208) molle .p'agine sono de-
«A Pérta, San Martinu , Calanchella, dicate, a un riccci epistolario inedito, grazie
U Jiuminale da Nin'a la Sella, al quale sono messi io luce i rapporH fra
Eccu per me Ju mondu, r uniberzu lo scri.ttor-e. e le figure femminili che all!eta.
lnn'altro' mi sentu gni!O gu perzu rono lcr sua v ita e ispirarono il suo romon·zo.
Uni sbandatu, un'anima smarrita, ta Pisano, come si sa, è la protagonista
Tale- saràghiu tutta la me blta! ... delle ~Confessi oni-: di essa Luigi Cicerl si
A mérta omancu mi' taccia riuirre, occupa, cercando di illuminOTe meglio e la
Balle Matern:r, in lu fo sanfu hentre-{'). figu-ra letteraria a que-lla reale: il che fa con
abbondanza di documentazioni e fin-é!, senso
critico. Anche Carlino viene convenientemen-
te illustrato. Che dire poi della Bice Mel'z i
(1) «balle• : valle; umi.berzu•: universo; o:Jnn'aJ-
trò•: altrove; «'qnilogu>: ogni luogo, ovun- d'Eril, la cara e ancora pe:- molli rispslli
~ut; v;fu;rz.,~~a:~s:; a~~:i~i~j~:~~; o:b•:~~ mfsteriosa figura che ebbe tanta parte nella
vita di Ippolito?
tre•: ventre.
Guslooi disegni di Tramontin , Marangoni,

La. seconda poesia. .è nel dialetto sellentrio-


nale, od orientale, di Corsica, parlare di ti-
Carletti, Liusso e di altri alliekmo •la fine
edizione, che è 'posta in comme-rc;0 in soli ·
2S0 esemplari numerati.
po prnttamenle tosc:mo ,. illeggjadrito da qual- g. ~Ca.
VAR!ETA'

Uno' .scfonzia.t o trÌ'è.tti1no-:, OliiViéro


Olivo
Il «Premio città di" Trieste,-, istituito dal'
Comune di Trieste con carattere annuale è Il prof, Olivo, del quale abbiamo più di
riservato· dlla musica; vhme. destinato per una- volta segnalato le benemeren2e scien-
l'anno. 1950- ad una composizione, Sinfonica tilich0-, si· è guadagnato uno dei quattro,
per sola orchestra, inedita e. non. rmcora ese- grandi· premi mzionali {un:. milione dt l!J.'e
guita. L'ammontare del Premio è fissato in ciascuno), istituiti presso l' .Accademia. Nazi.o.
Lire 1.000.QDCT.- (un milione~. oltre· al quale nale dei Lincei «per concessione di Luigi
verrà conferi1o un SBCond0 premio- .di- Idre Einaudi; presidente· della Repubblica Italia-
250.000.,- (duecentocinquantamila). Entrambi na~·. Il premio fu cons'Sgl1alo solennemen-le al
i premi sono ir-i.d.visibm. Al concor.so sono- am- vincitore, il 9 giugno dello 5cor.so anno, in
messi tutti i cittadini di· nazionalità itr.rli.a,nK'J, Romac
cha poh;à essere accertata in via d'ufficio
Abbiamo sott'occhio la relazione (stesa dal
dal Comitato organizzatore.
rxof. HeTlitzka, altra gloria dell'a sc'.'enza
I :lavori dovrlanno -'.Pervenire esolU:sàva• italiana) per la Commissione giudicafri:ce;
mente, in plico raccomandj::rto,' alla Segre'eria L'attività di Olivi-ero Olivo, che ria par.e.e chi
del cP!'emi.o Città di Trieste~, presso la B'- anni. onora, come insegnnnte cl'ist:>'ogkt 1·u
blioteca Civica, Piazza Attilio Hortrs 4, en- niversità di Bologna, ha realizzalo numçwsa
tro- le -o re· 12 dei giorno 30 giugno 1950; essi" e i'lilportanti conquiste, che V!';'r;gon·:, qui é-
saranno contraddistinti da un motl'o; ripe~ lencale, con alti 8'logi per ff loro valore s.:r
Iulo sopra una busta chius;:r non intestala stanziale e p:.:-r i metodi nuovi 1mp'egati
e suggellakt che dovrà esservi· unita, la nelle rice.che sperimentali relative ad esse
quale conterrà le (nome, cogno- conquiste. L'Olivo si è specia.Jizzato ne.lle
me, luogo e data nascita) e l'indir.izzo colture in vitro~ nelle. indagini sulla strnltu~
dell'autore. Oltre alla ptrr:ilura, è obbl'i:g::rto- I'::r. de,11'osso: e del cuorn. La relazione con-
rio l'invio di una riduzione pe~ pianoforte. clude-: «l'opera di Olivo in genere è tale
da metterlo in prima linea fra i concorrenti
al presente concorso; .. .la sua. opera sui fe-
nomeni' elettrici deHe- colture di tessuto cai-
dia,:;:.0 ro:ppres,enla una dell'e· conquiste più
notevoli della fisiologia, abbracciando. allo
stesso tempo probl'emi morfològici, . bi'oelet-
La Biennale, di: V ene2:ia- trid e CQ/Stituoodo una nuov:a vfo:rt_ ne11.'inda-
gin-e, della pcttologia e della ,clinicà».
Belgio, Francb e Gran Bretagna hanno Congratulazioni e pkrusi v.ivissimi da
notificato; uffi'cialm"ente. r:·accetlazfone dell\n- quanti amon-o· ·l 'Onore di ·Tri'este-- e la gloria
vito a partecipare alla xxva Biennale di d'Italia e i pr◊<!Jl'eSsi de.J.la sdenza,
Venezia, ed hanno comunicate.o i nomi dei
Commi-ssari, che son0 stati scel'ti per l"or-
ganizzazioo.e, e, I:allèsitimenta. delle· rispetti<
ve seziooi. A Commissario per il: BelgJo è
stato riconfermato Ern:itle Langui, cbnsiglfore
per le, Irell'e- Arti al Ministe-ro-. bel'ga- deHO: Poesia tlliestina: in- giro·; p.e-~-d ..ftl'Ortdo
pubblica- Istruziem.e, e già, C01Inmissario belga
per la BiB-nnale del 1948. La Fn:mc·a h'.:I pu- In un volume slampctto a Parigi e intito-
re riconfsnnato Raymond Cogniat, studioso e lato Poétesses du XX8' siècle, Itol[e (Ecli-
critico . d'"arte, · e fapettore del'Je B:elle Arti, lion. C:Olleciion Poéttque dei M'atines 1948;
già commiSS'.JTÌO per la Fr.ancia deìla xxrva prezzo 40Gl Frc., in, Italia 600 Lir.e), t;ctrviamo
Biennale. La Gran Bretagna ha nominato parecchi nomi di scriitriti della Venezia Giu-
Commissario Sir Hemy MaeLagan, preside,n. lfutt• Ketty Da:neo - (Trieste}'; NelYa :Ob'ri"a Cam..
te de'l. Comitat0, delle· BelI'e• Arti del British bon- (Trieste}, lina Galli {l?arenzo)) Maria
Council, · assistitd da un comitato di. sele- Gioitti Dal·. Monaco. (Triesìe),, Maria. MHco-
zione formato da Sir Phili,p Hendy, d'.r.ettore vich-Oliani (Trieste), Annarosa Misdarys-Ver-
deUa Naticm.al Gàlièry di I.ondra, da Mr. tès- (Paranzo)', l:.udtr Nacre-ZiU ITrieste), Bice
John Eothenstein, dir.ettore, deB<:I Tate Gall'e~ PoHt {Trieste-); Maria , Punter· {U;:r-iesta)i Eleono-
ry di Londra e già. Commissario. britannico ra Torossi~Sinigo {Tt8Ste), Olg:t. Visentini
per ,la Biennafa del 1948, e dal critico d'arte (Trieste): di c'.ascuna, figura qui, trad◊tla in
Herbert Reaci. francese; uno ' br~v'~ lirica.
VARIETA'

In un elenco di poetesse (pgg. 116-18), le tès-Lebourg, Annarosa Misdarys-V.ertès, Su--


quali •n'ont pas reçu notre appel, - foute zanne Buchol, i tre nomi che stanno in te--
d'adre-ss es précises• - , figurano anCOra En- sia al libro, il quale ha p er sottotitolo: An-
rica Borzilai Gentile (?), M. Tib::i:ldi Chiesa, tholoqie, suivie de Bio-Biblfo-Phothographies.
Rina Us iglio. Di Ida Finzi (Haydée) è dette: Annarosa Misdarys-Vertès ha curato le
•d.isparut d ans quelque four crématoire ol- traduzioni in iJa-liono, Paolo Verlès-Lebou rg
1,;,mand• , informa:zi.ona. inesatta. E.Ha morì a quelle in frances0.
Portogruaro, ai 23 gennaki 1946.
Edvige Pes ce Gorini, collaboratrice della
Abbiamo contato 154 poetesse italiane fra Anthologie, ne Scrisse an che la prefozion-e-.
quelle qui rappresenlale dalle iorC> rispetti- presenta zione, indir i22andcsi Aur Lyceums de
ve liriche: 196 fra quelle che non risposero routes les Nations. • Nous devons créer un
atl'appe-llo . Alle- poetesse italiane seguono Front Féminin de l' Amour, - conclude la
~poete sse contemporanee d'oltre nazioni> , 38 Pesce G orini - , p our conjure r lss horreurs
con •le rispe'.tl ve liriche, e 89 di cui si dànno déchainées sur la pa.uvre Hum::::i:nité par le
soltanto i nomL Héau de la gue rre>. E cosi s ia.
Insomma:, una vendemmia dl pcesia fem- (Su inizicclive analoghe a questa Antholo-
minile, fra quello che s'è potu to raccogli-e-re. gie, e con la collaboraz :one di poetesse
(Il resto s arà !or~:;·p~r un 'ollra volta). Il me- triestine, vedi c nche il Me,ssoggero Veneto,
rilo di tutta questa fatica spella a Paul Ver- 13-1 -1 949).

A PIERO STICOTTI
De famiglia carnica, nacque Piero Sticotti il 4 aprile del
1870 e Dignano d'Istria, e dopo qualche mese recato a Trieste
quì visse l'operosa sue vita, e quì vive vegeto, e ottantenne
seguita a dare ali' Italia il suo tributo di scienza e di saggezza,
e a· dirigere l'Archeografo Triestino.
Sicchè può dirsi che, per sangue e per fede, egli incarni
il modello della gente giuliana.
A riconoscimento dei suoi meriti e e giusto premio della
sua modestia, nell'ottantesimo suo compleanno il Sindaco di
Trieste gli offriva I' argentee medaglia del Comune col sigillo
trecentesco, e simbolici doni gli venivano offerti dalla Società
Minerva, dalle Lega Nazionale e dalla Società per la Storia
del Risorgimento.
Agli auguri di tutta Trieste, si associa « La Porta Orientale »
che della fondazione lo ebbe amoroso e disinteressato col-
laboratore e tuttora ne riceve il contributo di sapienze patria,
e assieme a tutti gli amici della rivista gli esprimono un augu-
rio particolarmente affettuoso l'editore ed il direttore che da
Piero Sticotti ricevettero i primi rudimenti della culture nella
primavera di una generazione che ·ebbe la vita dura ma non
mancò al dovere di servire la Pelria secondo ~ !\lrX'tBr TRrESTlll
del vecchio amato . maestro . BIBLIOTECA G EN ERALE
/_ \ (. I. Q.
INDICE DELL' ANNATA XIX 1949

Pag.
ALISI ANTONIO : Silvio Benco, nei ricordi giovanili di un amico 243

A. Z. : Storia istriana contraHata . 227

- ·'.) BATTAGLIA RAFF AEI..LO : Le Calende, le Dodici notti sacre e le


· feste dei «Periodi intercalari di fine d'anno» 18

) · BONETTI ELISEO : Rapporti tra popolamento urbano e popola-


mento rurale in Istria 109

COMELLI GIOVANNI : Le ttere inedite del barone von Czoernig al-


l'abate Pirona nel quadro del giornalismo friulano del '48 23

COSSAR RANIERI MARIO : La soppressione del patriarcato aqui-


leiese e le considerazioni di un contemporaneo 95
COSSAR RANIERI MARIO : Seicento friulano - Padre Serafino da
Gorizia 206

----:-'> CRAGLIETTO ATTILIO: Problemi di dialettologia lrieslina 39


D'ARONCO GIANFRANCO: La letteratura friulana del Novecento 33

D'ARONCO GIANFRANCO : Il sorriso nelle prose leopardiane 132


- - - ~) D'ARONCO GIANFRANCO : Una raccolta di fogli volanti popolari 290

'/. DE FRANCESCHI CAMILLO : Pietro Kandler nelle sue lettere con-


fidenziali a l marchese Gian Paolo Polesini 147

DRIOLI FULVIA: Su •L'idioma gentile• di Edmondo De Amicis 200

FUNAIOLI EDO: Una sintesi filo;aofica della cultura g iuliana 28

F. P. : Ferruccio Dardi, cavaliere 143

F. P. : Fascicolo centesimo 309

GAET,'\. GIULIANO: La musica nel Risorgimento a Trieste 182


' ,·
Pag.

GAETA GIULIANO: L'appendice letteraria del!',Osservatore tri,;.


slinç,, nel periodo preparatorio al 1848 27 1
GENTILE ATTILIO: La giovinezza di Silvio Benco e ,L"!ndi.pen-
dente, . 61
GENTILE ATTILIO: Carlo Goldoni e gli attori - I. I comici dell'arte,
la Compagnia lmer (,1734-1743) 243
MAR1N BIAGIO : Lamento per Emilio Furlani di Gorizia, deportato
da gli slavi (versi) 174
MARINI REMIGIO: La Triveneta 1949 230
PAGNACCO FEDERICO: Tradizioni eroiche della Venezia Giulia -
Silvano Buffa 3

PAGNACCO FEDERICO : Genesi dell"impresa fiumana 165


PASINI FERDINANDO: Dante e la Venezia Giulia 43
!'ASINI FERDINANDO : Gioventù quarantoltesca • Goffredo Ma.-
meli 118

PASINI FERDINANDO : L"Auson;smo '::__Tr'.este \ 136


PASINI FERDINANDO: Astèrope, libro V delle «Laudi• d'Annun-
ziane 295
de PLANKENSTEIN ETTORE : Aq,uarel (vemi) 41
de PLANKENSTEIN ETTORE : Giardin pubblico ,Muzio Tommasi-
nì» (versi.) 235
POLIAGHI F. NORA : Il poeta dell'isola perduta, Che'.rso 225
POLIAGHI f. NORA : La città contesa 304
PREDONZAl\lI ELIO: Un tedesco del 1875 in visita a Trieste- 86, 220

ROSAMANI ENRICO: Saggio d'un'inchiesta dìalettale nell'Istria


nord-occidentale 158
SCOCCHI ANGELO: I nomi dei Santi titolmi delle chiese giuliane 90
\ SCOCCHI ANGELO : To)OOnomaslica giuliana - La distribuzione
dei nomi ecclesiastici nelle varie località 168
SECOLI GIUSEPPE : Due eroi dell'irredentismo triestino, R. 1imeus
e S. Slataper . 266.
TASSINI ALDO: Silvio Benco e Trieste 57
Pag .

TEDESCHI PAOLO (1826-1911): li blocco di Trieste nel maggio del


1848 (a cura di Attilio Gentile) 82
ZILIOTTO BACCIO: Un grande amore di Aposto,lo Zeno 8

, ZILlO11TO BACCIO : Postille a un'apologia del Patriarcato -di Aqui-


leia (1750) 195
::,- ZOLDAN PAOLO: Auronzo nella storia e nelle leggende .212

VARIETÀ

~P ag .

Silvio Benco /a.. g.} 49

I diciott'anni dt vita de •La Porta Orientale • 52


La questione della Venezia Giulia nella leHeratura di un triennio (E.
Bonetti) 52
N.0rà Franca Poliaghi, «li portico» (F. Pasini) 53
Nuove poesie di Mariano Rugo (E/io Predonzani) 53
Il ·«Prellllio della Ginestra 1948» 54
Ricordo di Haydée 54
) Problemi di dialettologia triestina (G. P.J 140
Quando e «co'» /G. P.J 140
Alla marina, versi (Bice Polli) 140
Timavo a lla- foce, versi (Nora Poliagbi} 140
Trieste 1868 14 1

Utilità delle traduzioni (F . Pasini) 186


Un libro appassionato d i Antonio Bandini. Buti (An gelo Scocchi) 187
Storia di Zara (Lina Gasperini) 188
Cronache d i poesia /F. Pasi ni ) 189
Un nuovo dono di Lina Galli alla fanciullezza /Elio Predonzani) 191
Pag.
D'un orientalista istriano: Giovanni Battista Podestà (Gianni Pin-
guentini) 192
Letteratura umorishca /f. Pasini) 237
Di Cappa.. . senza spada /G. P.! 237
Cultura italiana in America 238
E. Simonetti: La mascotte dei ,Diavoli blu, /r. m.! 239
Pietro Someda de Marco: Gian Domenico Berteli e la. sua terra
natale (dar.) 239
Una curiosità rossettiana (Lucio Franzonl) 240
1849 : Roma e Trieste /G./ 310
,Montagne• di Elio Predonzani (F. Pasini) 310
Ettore Tolomei (f . Pasini) 312
«Sentieri• di Lidia Fragiacomo (Marcello Fraulini) 312
:S') A proposito di grafia dialettale (G. P.J 314
,Pisana• di L. Ciceri (G. d' a.) 314
Il Premio Città di Trieste 315
La Bienna le di Venezia . 31 5
Uno scienziato triestino: Oliviero Olivo 315
Poesia triestina in giro per il mondo 315
A Piero Sticotti 316
AVVERTENZE AI COLLABORATORI
0 I manoscritti per la pubblicazione e i libri per la recen11ione de..-000
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essere spediti alla Direzione, impersonalmente. Si pregano gli autori di


consei-vare una minuta dei loro scritti, per ovviare al danno di eventuali
smarrimenti o disguidi po11tali. I manoscritti devono euere stesi in carat~
tere chial'o, possibilmente a .m.acchina, I m.anoacritti non accettati vengono
restituiti agli autori che ne facciano richiesta.
2° Agli autori viene inYiata una copia di bozze per una sola volta;
si p.-egano pertanto gli. autori di consegnare i loro studi nella redazione
definitiva.
3° Non si danno in omaggio es tutti degli atudi pubblicati.

Direttore respons11bile Federico Pagnecco


Edite e stampete nelli, Tipografi11 GiuliM11 di Reffeello Monciolti Trieste vio di Torrebienco 30 telefono ◄085
Pubblicozione e u torizzctc doll'A. I.S.

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