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r
F1
Ci limiteremo a considerare un corpo rigido che si muova di moto piano, cioè
tale per cui tutti i vettori spostamento che individuano i punti che lo r
costituiscono si mantengano sempre paralleli ad uno stesso piano. Supponiamo F4
r r
che tale moto sia il risultato dell’applicazione di un sistema di forze: F1 , F2 ,
r
.. FN anche esse parallele allo stesso piano. Sappiamo già che in tale caso il
moto più generico possibile è quello di una rototraslazione parallela al piano:
r
lo scopo di quanto segue è quello di metterci in grado di fare alcune previsioni F3
su quali saranno le caratteristiche del moto a partire dalla conoscenze del r
sistema di forze in questione. F2
La strada che seguiremo sarà quella di ricondurre il sistema di forze dato ad un
altro più semplice, che diremo equivalente. Chiaramente i suoi effetti dal punto r
r F1
di vista del moto del corpo dovranno essere identici a quelli del sistema di F2
partenza.
r
DUE SISTEMI DI FORZE SI DICONO EQUIVALENTI SE I LORO EFFETTI SUL R
MOTO DI UN CORPO RIGIDO SONO GLI STESSI r
F3
r r r
Per un generico sistema di forze è possibile definire il risultante R = ∑F
i
i
F4
ottenibile tramite una somma vettoriale. Nel caso di un punto materiale questa
grandezza esaurisce tutte le informazioni che occorrono per definirne il moto. Il
motivo è semplice: per un punto non è possibile distinguere un moto di
rotazione da un moto di traslazione, entrambi si sviluppano lungo una traiettoria
ad una sola dimensione ed è sufficiente conoscere intensità, direzione e verso
del risultante per ricavare le leggi orarie. La libertà ulteriore di movimento di
r
cui gode un corpo rigido, cioè la sua possibilità di ruotare, comporta però la F1 r
necessità di avere informazioni aggiuntive. E’ necessario associare a ciascuno F4
r r r
dei vettori che individuano le forze F1 , F2 , .. FN che costituiscono il sistema un
punto di applicazione. Non è infatti indifferente, dal punto di vista degli effetti P
sul moto di un corpo rigido, far agire una forza in posizioni diverse pur
mantenendo la sua direzione parallela ad una retta fissata. Ciò che cambia è la
capacità di tale forze di far ruotare il corpo attorno ad un generico asse, che nel
caso di moto piano potrà essere solo perpendicolare al piano. Scegliendo un r
asse a nostro piacimento, perpendicolare al piano, l’informazione sulla capacità F3
r
di far ruotare attorno ad esso del sistema di forze in azione, sarà fornita dalla F2
somma dei momenti di tutte le forze rispetto a tale asse. Disegnando la
proiezione del corpo su di un foglio, convenendo di considerare positivi i
momenti τ i dovuti a forze che producono rotazioni antiorarie rispetto all’asse,
chiameremo momento risultante del sistema rispetto a tale asse, la grandezza:
r r r
τ = ∑τ i = ± | F1 | b1 ± | F2 | b2 ± | F3 | b3 ± ....
i
dove bi sono i bracci delle forze, vale a dire le distanze delle rette di azione di
r
ciascuna delle Fi dal punto in cui l’asse buca il piano. In figura il punto P
indica l’intersezione dell’asse scelto con la rotazione e le linee tratteggiate
rappresentano i bracci delle forze. Chiaramente il valore del momento risultante
dipenderà da qual è l’asse che si sceglie. Sottolineiamo anche che tanto la retta
di azione quanto il punto di applicazione del risultante del sistema non sono
1
determinabili attraverso la somma dei vettori effettuata con il metodo di punta-
coda o del parallelogramma. Tale tecnica, che consente di sommare vettori, cioè
classi di equivalenza di segmenti equipollenti, fornisce soltanto l’intensità del
risultante ed una direzione, quella della diagonale del parallelogramma, alla
quale risulta essere parallelo1.
Un sistema molto semplice di forze è quello qui a fianco illustrato, denominato
coppia. Esso è costituito da due forze di pari intensità, parallele ma dirette in r
versi opposti: il suo risultante è chiaramente nullo. Si ricava facilmente la F b
seguente proprietà: qualunque sia l’asse che si sceglie, il momento di ciascuna r
−F
forza rispetto a tale asse evidentemente varierà, ma il momento risultante della
una coppia sarà sempre dato dal prodotto dell’intensità comune, F, per la
distanza fra le rette di azione, b, detto anche braccio della coppia: τ = Fb . Il
momento di una coppia indica la sua capacità di far ruotare un qualunque
segmento solidale con il corpo e parallelo a quello che rappresenta b in figura.
E’ possibile inoltre dimostrare la validità del seguente teorema:
L’AZIONE DI UN
GENERICO SISTEMA DI FORZE SU DI UN CORPO RIGIDO
CHE SI MUOVA DI MOTO PIANO, È EQUIVALENTE A QUELLA DEL
r
RISULTANTE R DEL SISTEMA, APPLICATO IN UN PUNTO P SCELTO
ARBITRARIAMENTE, INSIEME A QUELLA DI UNA COPPIA DI FORZE CHE
ABBIA, RISPETTO AD UN ASSE PERPENDICOLARE AL PIANO E PASSANTE
PER P, LO STESSO MOMENTO RISULTANTE τ DEL SISTEMA.
1
Per sommare vettori applicati occorre operare la costruzione del cosiddetto poligono
funicolare, il quale consente di conoscere la retta di azione del risultante, e, se reiterato
su di un sistema di forze ruotato rispetto all’originale, anche il punto di applicazione.
2
Il baricentro di un corpo rigido
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sarà nullo. Per trovare anche l’ordinata del punto G torniamo alla relazione
v v
| FA | b A − | FB | bB = 0 , che riscriviamo come: r
A FA
v
| FA | bB GB r
v = = G R
| FB | bA AG
B r
dove l’ultima uguaglianza segue da semplici motivi di similitudine dei triangoli FB
coinvolti. Se ora ruotiamo entrambe le forze di un angolo qualunque attorno al
loro punto di applicazione, le lunghezze dei segmenti GB ed AG non mutano,
il che significa che la condizione cui deve soddisfare il baricentro non cambia.
Il risultante, che si può pensare applicato in G, ruoterà anch’esso dello stesso
angolo attorno al suo punto di applicazione. Per quanto detto, se la rotazione
che effettuiamo è di 90° possiamo facilmente ricavare la coordinata y G del
centro del sistema ripetendo il ragionamento:
v v
y A | FA | + y B | FB |
yG = r
|R|
∑x f i i ∑xm g ∑xm
i i i i ∑y f i i ∑ymg ∑ym
i i i i
xG = i
=i
= i
; yG = i
=i
= i
∑f i
i ∑m g M
i
i Tot ∑f i
i ∑m g M
i
i Tot
rispetto al quale la somma dei momenti delle forze di gravità risulta zero. Le
forze di gravità che agiscono su ciascuna delle particelle che compongono il
corpo non hanno pertanto la capacità di farlo ruotare attorno al suo baricentro,
e pertanto G è il punto in cui può pensarsi applicato il risultante delle forze.
Sebbene le coordinate di G siano in ogni caso interne ad un rettangolo
individuato dalla massima e minima ascissa, e dalla massima e minima ordinata
dei punti del corpo, G può anche risultare esterno ad esso. Nel caso in cui G sia
interno al corpo potremo effettivamente sostituire all’intero sistema di forze il
suo risultante applicato in G. Nel caso in cui sia esterno, potremo comunque
utilizzarlo come punto immaginario di applicazione delle forze di gravità al fine
di semplificare alcuni calcoli, come ad esempio il momento della gravità
rispetto ad un qualunque altro asse, oppure il calcolo del lavoro della forza di
gravità.
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Determinazione del baricentro
Le formule dirette per il calcolo delle coordinate del baricentro di un corpo sono m
di immediata applicazione nel caso esso sia costituito da un sistema di punti.2
Vediamo alcuni esempi G
m
a) Una coppia di masse puntiformi uguali.
x1 mg + x 2 mg x1 + x 2 y mg + y2 mg y1 + y2
xG = = ; yG = 1 =
mg + mg 2 mg + mg 2
come si vede il baricentro si trova a metà strada fra le due masse, posto sul
segmento che le congiunge
cioè il baricentro è più vicino alla massa più pesante fra le due. Se ad
esempio si hanno due punti di cui uno pesa tre volte l’altro risulterà:
x A m + 3 xB m x A + 3 xB
xG = =
m + 3m 4
dB 1
o anche: = , cioè la distanza da A è tre volte quella da B.
dA 3
Nel caso di sistemi continui non è possibile avvalersi della formula per punti,
tuttavia vale la proprietà seguente:
PROPRIETÀ DISTRIBUTIVA DEL BARICENTRO: IL BARICENTRO DI UN G
CORPO SI PUÒ OTTENERE SUDDIVIDENDOLO IN ELEMENTI ED IMMAGINANDO
LA MASSA DI CIASCUNO CONCENTRATA NEL PROPRIO BARICENTRO.
2
Detto anche sistema discreto
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Se gli assi di simmetria sono più di uno, allora ripetendo il ragionamento
troviamo che G giacerà sul loro punto di incontro. E’ il caso di un quadrato,
un cerchio, un anello, il cui baricentro sarà nel loro centro geometrico. Se il
corpo ha tre dimensioni il ragionamento si può ripetere per cui risulta che
corpi solidi regolari come sfere, cilindri o parallelepipedi retti hanno il
baricentro nel punto di incontro dei loro assi di simmetria.
e) Un triangolo pieno