Sei sulla pagina 1di 6

Molti parlano del Medioevo come di un periodo buio dal punto di vista della cultura e,

in effetti, se confrontato con i nostri tempi e con la visione del mondo odierna, è così.
Tuttavia bisogna considerarlo anche come un’epoca di fioritura culturale che ha
condotto vero l’Umanesimo e il Rinascimento; in particolare occorre fare una divisione
tra Alto e Basso Medioevo, dato che questi due periodi sono caratterizzati da profonde
differenze.
Con la caduta dell'Impero Romano la cultura antica va principalmente perduta o
relegata in monasteri per la copiatura e le città preesistenti vengono abbandonate o si
spopolano. Questa epoca è chiamata alto medioevo e termina nell'anno mille. La
concezione del mondo, statica e immutabile, è fortemente dominata dalla Chiesa,
unica depositaria del sapere antico, per questo la cultura altomedievale e la
letteratura sono fortemente segnate dal cristianesimo, gli stessi padri della letteratura
medievale sono religiosi e tentano di integrare la letteratura pagana, le forme e il
sapere antico con la religione per formare una letteratura nuova. Questa letteratura si
divide in due filoni, chi pensa che la ragione sia essenziale per ricercare Dio e
comprendere il suo piano, mentre altri che sostengono la perdita della ragione e logica
come unica strada per comprendere e raggiungere Dio. Tutta la letteratura fino al
rinascimento è dominata dall'allegoria, ovvero l'uso delle parole non per il loro
significato ma per simboli che sono legati alle suddette parole. Questa concezione è
così forte che l'uomo medievale arriva ad inventare animali basandosi sulla parola
solamente poiché essa esiste. Questo porta alla creazione di libri e di raccolte di storie
che parlano delle proprietà benefiche o malefiche di pietre e gemme solamente
basandosi sul loro nome e sui simboli che si potevano nascondere dietro di essa
(bestiari e lapidari). I libri sono rari e per gran parte dell’alto medioevo monopolio
ecclesiastico, tuttavia, con la rinascita dell’anno mille e l’avvento delle università
tornano a circolare i libri, rimanendo costosissimi per la mancanza di materiale e per la
scrittura a mano, ricompare la punteggiatura da tempo scomparsa e i libri diventano
non solo un oggetto pratico ma anche un simbolo sociale di ricchezza e sapere, al
contempo diventando più piccoli e maneggevoli, adatti a spostamenti e frequenti
consulti. Nel corso del basso medioevo gli intellettuali diventeranno una élite
inaccessibile ai più e relegando il sapere ad una classe aristocratica.
La cultura altomedievale ha numerosi punti di riferimento e correnti di pensiero

 allegorie
la visione delle cose dell’uomo medievale era pervasa di simboli e allegorie,
ovvero i significati e collegamenti nascosti dietro ad oggetti e animali, avevano
più gradi di complessità e comprensione:
letterale, allegorico, morale, anagogico. Un chiaro utilizzo di questa visione
allegorica e fortemente incentrata sull’uso e significato delle parole sono le
raccolte di descrizioni di animali e minerali che erano diffuse nel medioevo,
chiamate rispettivamente bestiari e lapidari, essi descrivono le proprietà
magiche degli oggetti e a volte animali fantastici che non esistevano, poiché
essi utilizzando le parole già esistenti inventavano animali basandosi su tutti i
rimandi e significati del termine.
 razionalismo
corrente di pensiero guidata da Tommaso d’Acquino che tramite il pensiero
filosofico interpretava il mondo e cercava collegamenti con dio seguendo la
logica e la ragione
 misticismo
corrente di pensiero opposta a quella di Tommaso d’Acquino e guidata da san
bonaventura, secondo il quale la ragione andava abbandonata completamente
e ci si doveva alienare dal mondo secolare per raggiungere il contatto con dio
 universalismo
l’uomo medievale vedeva il mondo e la società come uno schema universale
rigido e immutabile in cui esistevano solo due figure chiave, l’imperatore per il
potere temporale, e il papa per il potere spirituale. La società è divisa in tre
classi: i religiosi, i combattenti, i lavoratori
enciclopedismo
nell’alto medioevo un uomo si poteva considerare dotto se aveva una
conoscenza molto vasta di tutti gli argomenti, anche se lacunosa. Gli
intellettuali del medioevo scoprono le cose attraverso le parole e il loro
significato. Infatti in questo periodo Isidoro di Siviglia realizza un opera
enciclopedica chiamata Etymologiae che indaga l’origine delle parole e i loro
significati simbolici. Tuttavia, questo modo di scoprire il mondo favoriva le arti
della dialettica e del ben parlare (trivio) e metteva in secondo piano le discipline
propriamente scientifiche (quadrivio).

Tra il decimo e l’undicesimo secolo si assiste ad un progressivo cambiamento


economico e socio-politico, che interessa tutto il continente europeo, ma in particolare
la Francia meridionale e l’Italia. Questo ha un’impronta enorme sulla cultura, che
presto ne diventa l’espressione. Bisogna tenere conto che la cultura spesso nasca per
mediare e risolvere problemi e conflittualità, ed è proprio ciò che accade intorno
all’anno mille. Mentre i due poteri universali, Chiesa e impero, entrano in crisi e
guerreggiano tra di loro, si sviluppano in determinate aree d’Europa nuove forme di
governo autonomo, quali le corti feudali e i comuni. Corti e città sviluppano una serie
di accordi di protezione e tolleranza reciproca. Queste organizzazioni, che per la prima
volta dalla nascita del cristianesimo si trovano svincolate dal potere imperiale ed
ecclesiastico, portano alla nascita di una nuova mentalità e di una nuova visione del
mondo, che vengono incorporate nel concetto di cultura laica. Questa diviene la
bandiera della rivoluzione che sta avvenendo e si differenzia profondamente dalla
cultura dell’Alto Medioevo per il suo dinamismo e disponibilità al cambiamento quando
incontra nuove culture, per la praticità e la specializzazione degli ambiti e per i valori
innovativi. Il Basso Medioevo e la sua cultura si pongono quindi in contrasto con
un’epoca in cui la visione del mondo era statica e basata sulla religione e
sull’accettazione degli eventi, sulla rigidità degli schemi sociali, politici ed economici e
sull’apprezzamento di un sapere enciclopedico e poco dettagliato e approfondito.
Naturalmente la letteratura è la massima espressione di questo nuovo contesto, le sue
prime forme hanno origine nella Francia meridionale, un luogo favorevole per una
combinazione di aspetti diversi, e da lì si diffonde in tutta Europa e in maniera
particolare in Italia, che diventa a sua volta un grande centro di sviluppo. La
letteratura di questo periodo storico è caratterizzata dalla nascita di nuove forme
letterarie, influenzate dal luogo e dalla situazione politico-sociale in cui hanno origine,
ma si divide fondamentalmente in prosa o poesia, entrambe manifesto di valori
interessanti.
PROSA
Romanzo cortese-cavalleresco: nasce nella Francia centro-settentrionale e si basa sulle
storie del ciclo bretone (la leggenda di Re Artù e i cavalieri della tavola rotonda)
oppure sui racconti di Tristano e Isotta, ma questo più verso il confine con la Germania.
Ha caratteristiche molto innovative dato che si concentra sull’esperienza avventurosa,
di solito di un cavaliere, che compie gesta valorose per conquistare una dama. La
donna è quindi come una seconda protagonista, oggetto di gioia, ricerca, dolore e
sofferenza, ma soprattutto oggetto dell’amore che l’uomo prova. L’amore è il vero
elemento trascinante del romanzo cortese-cavalleresco, è ciò che trasforma la persona
e ne ingentilisce il carattere e che diventa il simbolo della nobiltà d’animo (che quindi
non è più incentrata sulla nobiltà familiare). Questa forma letteraria nasce e si diffonde
all’interno delle corti e ha lo scopo primario di mettere un freno alla violenza della
classe dei cavalieri, che erano molto poco gestibili. Questa classe sociale, all’epoca
una delle dominanti, si deve quindi adattare ad un nuovo concetto e ad una nuova
morale e viene spinta in questo senso anche dalla Chiesa e dagli aristocratici.
Canzoni di gesta: sono la forma letteraria più diffusa, se ne trovano le tracce in:
Francia, Spagna, Russia orientale e Germania del nord. Hanno una struttura piuttosto
rozza, ma testimoniano che la classe militare ha un’enorme influenza sulla
popolazione. Il loro scopo è esaltare i valori cavallereschi e spingere la violenza dei
cavalieri verso un nemico esterno, ovvero gli infedeli. Spesso raccontano le imprese di
Carlo Magno e della sua corte contro gli arabi (un esempio importante è la Chanson de
Roland).
Storia antica: dalla riscoperta di questa forma in prosa si evince un nuovo interesse
per le proprie origini ma anche un profondo senso di identità. Questi testi, seppur
esistessero anche nell’Alto Medioevo, erano più liberi e si diffondevano rapidamente,
soprattutto tra le classi nobili e borghesi, mentre prima dell’undicesimo secolo erano
spesso soggette alla censura da parte degli ecclesiastici e dei potenti aristocratici
terrieri, che facevano passare dal loro “setaccio” solo ciò che era favorevole alla loro
idea di potere.
Novelle, viaggi e cronache: si diffondono a partire dal 1200-1250 e testimoniano che il
popolo avesse molto più tempo libero e leggesse novelle per il proprio piacere
personale, storie di viaggi per una rinnovata curiosità per il mondo esterno e per
l’utilità che avevano per i commerci (in questo periodo rifioriti) e cronache per
informarsi su cosa accadesse nel mondo al di fuori della loro sfera quotidiana, dato
che in quegli anni, per le lotte continue tra le varie famiglie nobili e gli scontri tra
guelfi e ghibellini e la nascita di nuove associazioni studentesche (le prime università),
la situazione politico-sociale era piuttosto turbolenta.
POESIA
La poesia è in quegli anni l’espressione della letteratura raffinata, apprezzata da un
pubblico colto ed esigente. Non presenta forme così varie come la prosa, ma si divide
essenzialmente in poesia religiosa e laica e, soprattutto, le varie correnti al suo interno
si influenzano in un flusso continuo.
Poesia religiosa: nasce con la necessità della Chiesa di riacquistare credibilità e di
diffondere i propri valori e contenuti in un mondo in continuo cambiamento in cui essi
rischiavano di essere soppiantati. Tuttavia con il passare degli anni essa diventa anche
il portavoce del volere del popolo nei confronti delle istituzioni ecclesiastiche. La nuova
società vuole infatti uscire dai canoni che la religione cattolica aveva assunto negli
ultimi secoli, voleva un Credo che fosse più vicino alla gente, che ritornasse alla
povertà e agli ideali della cristianità subito dopo la Passione di Cristo, la cristianità dei
primi Santi Pietro e Paolo. Il primo esempio di poesia religiosa è “Il cantico delle
creature”, la prima opera poetica scritta in un volgare italiano, di San Francesco
d’Assisi, che con la sua opera riesce a rivoluzionare, almeno in parte, la Chiesa.
Poesia laica: la poesia laica nasce nel sud della Francia, la Provenza, e prende per
questo il nome di poesia provenzale. Ha origine nelle corti, è scritta in lingua d’oc ed è
basata sul concetto di fin’amor, l’amore cortese. L’idea è la stessa del romanzo
cortese-cavalleresco, ma si sviluppa in maniera diversa. Ad innamorarsi infatti non
sono più i cavalieri, bensì i trovatori, poeti erranti che viaggiano di corte in corte
cantando i loro sentimenti sottoforma di versi. Sono personaggi bizzarri, ognuno di loro
ha un’idea personale e un differente modo di celebrarla, ma sono accomunati da un
aspetto: l’attrazione verso una donna. Questa, spesso una dama già sposata a qualche
nobile o membro della corte, è colei che provoca un cambiamento all’interno
dell’animo dell’uomo, che si deve adattare ad un sentimento sconosciuto. Anche se a
volte l’amore non è ricambiato, esso è comunque il simbolo di un’elevazione spirituale
verso la cortesia e la nobiltà d’animo e genera degli atteggiamenti interiori che
mitigano i conflitti psicologici della persona. L’amor cortese ha un codice specifico, che
di solito entra in contrasto con quello religioso per una serie di aspetti, ed è riassunto
in quattro idee: il servizio d’amore, ovvero la devozione nei confronti della donna
amata; l’amore inappagato, che genera stimolo e desiderio continuo; l’amore che
ingentilisce, ovvero che rende l’animo più mite, misurato, fedele e aperto alle
emozioni; infine l’amore adultero, quello fuori dal matrimonio, che spesso era solo un
contratto di convenienza, e quindi passionale e vero. La poesia provenzale finisce dopo
la Crociata degli Albigesi, tra il 1204 e l 1209, periodo in cui la Provenza viene annessa
al regno della Francia settentrionale. A seguito di questo evento la maggioranza dei
trovatori, non avendo più la stessa libertà di prima, migra verso nuovi territori, in
particolare nel regno di Federico II, imperatore del Sacro Romano Impero Germanico
molto colto e aperto al cambiamento e che è ben felice di ricreare la cultura
provenzale all’interno della sua corte, formata da una mescolanza multietnica di
culture e idee che si mescolavano tra loro. Nasce così la Scuola Poetica Siciliana, che
condizionerà tutta la letteratura successiva. Infatti Federico II, per ragioni politiche, era
interessato a espandere la sua area di influenza nei territori dell’Italia centro-
settentrionale, l’area dei comuni. In questo modo le idee della Scuola Poetica Siciliana
si diffondono nelle nuove città, soprattutto in Toscana, dove daranno origine a due
correnti diverse: il Dolce Stil Novo, una scuola poetica basata anch’essa sull’idea
dell’amor cortese e delle gioie che esso provoca nell’animo ma che scrive in volgare
toscano, soprattutto fiorentino; e la poesia goliardica, padroneggiata soprattutto dagli
studenti universitari, che in un volgare toscano molto forbito e ironico, polemizza sulle
problematiche del mondo e si burla di tutte le forme letterarie più serie.
Ovviamente tutta questa evoluzione culturale è costellata di nomi e personaggi, più o
meno illustri, che hanno partecipato attivamente, anche senza saperlo, alla
straordinaria trasformazione appena descritta.
Nel corso dei secoli le mansioni che hanno svolto gli intellettuali e il pubblico sono
state quelle di maggiore rilevanza, in quanto sono proprio coloro che hanno dato vera
importanza alla letteratura o più generalmente all’arte. Durante l'Alto Medioevo, la
società era prettamente basata su figure intellettuali quali i chierici, i quali erano
uomini che abitavano in un monastero, molto istruiti, ma che erano semplicemente
propagatori del sapere. Quello del chierico era ancora un ruolo che non dava
importanza all’originalità del testo: infatti ciò che interessava era una certa costanza
nel tramandare. Il chierico, quindi, era una figura molto tradizionalista, quasi
impersonale e che non aveva quello spirito di soggettività da intellettuale. Le eccezioni
erano poche: tra queste, le figure laiche dei trovatori e dei giullari. Durante i secoli
centrali del Basso Medioevo, il trovatore era un compositore ed esecutore di poesia
lirica occitana (ovvero di testi poetici e melodie) che utilizzava la lingua d’oc,
parlata, in differenti varietà regionali, in quasi tutta la Francia a sud della Loira. Il
termine giullare, invece, designa tutti quegli artisti che, tra la fine della tarda
antichità e l'avvento dell'età moderna, si guadagnavano da vivere esibendosi davanti
ad un pubblico: attori, ciarlatani, mimi, musicisti, addestratori di animali,
ballerini, acrobati. Essi sono considerati i primi veri professionisti delle lettere
perché vivevano della loro arte, ebbero una funzione molto importante nella diffusione
di notizie, idee, forme di spettacolo e di intrattenimento vario. In età comunale la
situazione cambiò. Mentre i chierici continuavano a svolgere un ruolo importante,
parallelamente si affermava un altro tipo di intellettuale: l’intellettuale-cittadino.
Quest’ultimo partecipava attivamente alla vita politica della sua città, quindi prendeva
parte anche ai suoi conflitti e percepiva le varie tensioni che si venivano a creare.
L’intellettuale-cittadino operava nelle corti non facendo, come i chierici, della scrittura
il loro lavoro ma le affiancavano alle varie professioni che avevano. Questo, dunque,
era il momento d’affermazione dell’intellettuale laico. C’è però una differenza tra le
professioni intellettuali fuori dall’Italia e quelle dei comuni italiani del Centro-Nord:
mentre fuori dall’Italia il primato appartiene all’attività filosofica, nel territorio italiano
il primato spetta alle attività politiche e civili. Poi, gli intellettuali del Duecento
esibiscono alcune competenze specifiche, due delle quali assumono grande
importanza: esse sono l’arte del “dettare” (cioè del comporre o scrivere secondo le
regole della retorica) e l’arte di “divulgare o “digrossare” (che ha lo scopo di far
conoscere al ceto politico-amministrativo e alla classe mercantile e artigianale l’arte
del persuadere e i contenuti della cultura classica e cristiana). Questi, quindi, sono i
requisiti richiesti a maestri cittadini e a notai e giuristi letterati. Questi ultimi, sono
proprio le nuove figure sociali di intellettuali nella vita cittadina. I primi letterati italiani
non sono, come i trovatori provenzali, letterati di professione, ma “dilettanti”, uomini
colti e cittadini benestanti che si dedicano alla mercanzia o alle professioni di notaio o
giurista e quindi hanno un ruolo importante nella vita economica e politica della loro
città. Un'altra figura di rilievo era quella del notaio-cronista, che racconta la storia
della propria città; in questo modo, vi è una connessione tra attività intellettuale e
istituzioni urbane. Infine, questi notai dovevano saper tradurre dal volgare al latino e,
viceversa, dal latino al volgare; questo perché i clienti conoscevano solo quest’ultima
lingua.
Naturalmente a tutte queste figure colte e professionali doveva essere insegnato come
praticare il loro mestiere. Nell’Alto Medioevo c’era poco spazio per l’istruzione,
ricordiamo che la cultura era monopolizzata dalla Chiesa, spesso lo stesso lavoro si
tramandava per generazioni e generazioni e la maggioranza della popolazione era
poco interessata ad acculturare i propri figli; dal dodicesimo secolo rinasce invece un
sistema scolastico di base e più simile a come lo intendiamo oggi, che si basa su ciò
che della scuola era rimasto dopo la caduta dell’Impero romano. Vediamo ora nel
dettaglio come è avvenuto questo passaggio.
Punto di partenza di questo percorso sono i secoli dell’Alto Medioevo, nei quali
l’Europa si trova a fare i conti con il crollo del sistema scolastico antico conseguente
alla caduta dell’Impero romano e all’insediamento nei territori occidentali
delle popolazioni germaniche.
I popoli che, riversandosi entro i confini dell’impero, si organizzarono nei nuovi stati
romano-germanici, non conservarono o allestirono un apparato scolastico strutturato,
caratterizzati come erano da una cultura tipicamente orale ma curavano
esclusivamente la preparazione militare.
Questa nuova situazione determinò nel corso di pochi decenni la totale scomparsa
della scuola pubblica antica dai territori occidentali, ragione per cui fu necessario
ricostruire gradatamente un sistema scolastico completamente nuovo. Fu allora
la chiesa a diventare l’unica depositaria del patrimonio culturale antico e a impegnarsi
per ricostituire e mantenere viva una rete di strutture per la formazione scolastica
primaria e di livello più alto. Il Concilio di Toledo del 527 e quello di Vaison (Provenza)
del 529 stabilirono che presso le sedi vescovili dovessero essere attivate scuole per
istruire i fanciulli. Scuole non più pubbliche e “statali”, come erano quelle di epoca
romana, ma ecclesiastiche, all’interno delle quali i principali insegnamenti erano il
latino, le Sacre Scritture e gli autori cristiani. A partire dal VI secolo, accanto alle
grandi cattedrali come alle piccole chiese di campagna, iniziarono a sorgere scuole
vescovili, monastiche e plebane (cioè legato a una pieve), dedicate sia
all’insegnamento elementare sia a corsi di studi più elevati. La priorità delle autorità
ecclesiastiche era trasmettere agli studenti i primi rudimenti per imparare a leggere e
far di conto, in modo da avviare quanti più giovani possibili alla vita ecclesiastica. La
chiesa svolgeva questo compito in “regime di monopolio” sapendo di poter contare
sull’assenza del potere laico, oppure sull’appoggio diretto di quest’ultimo. Per fare un
esempio, ai vescovi riuniti in sinodo ad Aquisgrana nel 789 Carlo Magno – re dei
franchi e dei longobardi, non ancora consacrato imperatore – chiedeva di porre grande
impegno nel servizio scolastico, raccomandando in particolare di far sì che fosse
aperto a tutti i ragazzi, anche ai più poveri. La rinascita dei commerci e delle città,
avvenuta dopo l’anno Mille, ebbe conseguenze significative anche sull’evoluzione del
sistema scolastico. L’offerta formativa esistente, indirizzata a chi sceglieva la vita
religiosa o al massimo di funzionario di corte, non era adeguata alle necessità del
nuovo ceto cittadino e mercantile. Questo nuovo ceto aveva infatti bisogno di scuole
dove, oltre al latino, si insegnassero anche saperi pratici, come far di conto e orientarsi
tra le diverse monete e unità di misura esistenti. Queste necessità concrete portarono
a una vera e propria rivoluzione nell’ambito della scuola, con la nascita della figura
dell’insegnante professionista che operava esclusivamente dietro compenso, e non più
per “vocazione”. Parallelamente si diffusero – prima nelle Fiandre e in Italia, poi in tutta
l’Europa occidentale – nuove scuole laiche, gestite da fondazioni private o municipali,
dove i figli di artigiani e mercanti potevano acquisire anche gli strumenti utili a portare
avanti con profitto l’impresa paterna. Nella scuola pre-universitaria basso medievale
cominciarono a essere previsti tre differenti gradi di istruzione: la scuola di base,
la scuola di grammatica e la scuola delle arti liberali.
La vera rivoluzione in ambito scolastico è rappresentata però dalla nascita delle
università. Si tratta di associazioni di professori o studenti che si sviluppano in tutta
Europa a partire dall’undicesimo secolo. Esistevano già, precedentemente, degli istituti
che insegnavano le buone maniere, dette schole e amministrate dal potere pubblico o
religioso, oppure delle “Universitas” che si ispiravano alle scuole filosofiche greche e
nelle quali si tenevano discussioni sui maggior pensatori classici. In ogni caso, le
università che nacquero nel Basso Medioevo erano di carattere completamente
innovativo, spesso nascevano come organizzazioni autonome (anche se magari con il
passare degli anni ricevevano privilegi dall’imperatore o dal clero). Si conta che già nel
1300 ci fossero ben 20 università in tutto il continente europeo, di cui 10 solo in Italia,
che era un grande centro di sviluppo dell’epoca. La prima università nasce nel 1088 a
Bologna come facoltà di giurisprudenza (nonostante in seguito arrivò ad ospitare
lezioni che riguardavano svariati campi); gestita dagli stessi studenti e professori, il
suo metodo di insegnamento fa da stampo per tutte le università successive. Ci sono
poi Oxford (1096) e Cambridge (1231) che sono tutt’oggi di grandissimo prestigio.
Sono situate nel Regno Unito e furono volute dal re Enrico II per evitare che gli
studenti emigrassero verso altri Paesi. Altre università antiche si trovano a Salamanca
(Spagna, 1218), Padova (1222) e Napoli, fondata per il volere di Federico II che
desiderava concedere un’istruzione superiore ai suoi sudditi.
Nelle università medioevali vi era una grandissima affluenza da parte di ragazzi delle
classi medio-borghesi, che desideravano acculturarsi per poter svolgere un mestiere
dignitoso o che erano spinti dalle famiglie, che aspiravano a far ottenere loro una
posizione di prestigio tramite l’istruzione. I rampolli delle classi nobili continuavano
invece a studiare in casa con dei precettori, dato che l’aristocrazia considerava
disdicevole la frequentazione delle facoltà universitarie, mentre le famiglie più povere
non potevano permettersi di investire tempo e denaro nell’istruzione dei figli. Le
materie più insegnate erano le arti (ispirate alle sette arti liberali, soprattutto alla
dialettica, alla matematica, alla geometria e alla musica), teologia, diritto e medicina.
Proprio quest’ultima era stata riscoperta recentemente grazie ad una nuova curiosità
per la natura del corpo umano e per la nuova visione del mondo la quale non poneva
più morbi e malanni come provvidenziali segni di Dio, ma come pericoli che andavano
curati grazie a delle conoscenze in quello specifico campo. La professione del medico
era quindi molto rispettata nel Basso Medioevo e la frequentazione di una facoltà di
medicina era tenuta in grande considerazione. La prima università di medicina è stata
la Scuola Medica Salernitana, che esiste ancora oggi, e che dal tredicesimo secolo in
poi ha avuto il favore degli imperatori del Sacro Romano Impero Germanico. Attirava
studenti da ogni parte d’Europa e la sua posizione favorevole permise l’arrivo di
esperti arabi, che erano stati i depositari di tutto il sapere medico per secoli, che si
occupavano di tradurre testi specifici dalla loro lingua e che accrescevano il prestigio.

Potrebbero piacerti anche