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Anno 3 - N.

8 Periodico Trimestrale

ITINERARI INSOLITI NEL GRANDE MARE DELLA CONOSCENZA

ENTRONAUTI DI IERI E DI OGGI LA DIMENSIONE UMANA


La Psicosintesi di Roberto Assagioli Che cos’è la Coscienza?

VITE STRAORDINARIE MITI E LEGGENDE


Grazia Deledda, un Nobel al femminile La magia dell’Amore

PERCORSI DI GUARIGIONE I SENTIERI DELLA MEMORIA


La Salute è il risultato Fenomenologia dell’Iniziazione
dei nostri Pensieri e Società Iniziatiche

E molto altro ancora ….

STORIA l MITO l SIMBOLISMO l METAFISICA l ARCHEOLOGIA l CULTURA l SCIENZA


LE COLLANE de
L’ETERNO
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L’ETERNO ULISSE E I GRANDI TEMI
DELLA NATURA UMANA

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METAFISICA - ARCHEOLOGIA - LETTERATURA - BENESSERE - SCIENZA - ARTE - FILOSOFIA - MEDICINA

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L’Eterno Ulisse
da un Progetto editoriale di Daniel Tarozzi
e Maria Pia Fiorentino

Direttore Responsabile 4 18
Maria Pia Fiorentino
mariapia.fiorentino@eternoulisse.it EDITORIALE ROBERTO ASSAGIOLI
di Maria Pia Fiorentino Padre della Psicosintesi e grande
Responsabile contenuti web medico dell’anima
e consulente di redazione
Alessandra Profilio DIETRO IL VELO di Paola Giovetti
Progettazione e sviluppo web
Luca Asperius
DI MAYA
Misteri del dopo vita, Incognite
Art Director sulla nostra origine e su aspetti
Antonio Guenci
della Realtà, il Mondo Onirico,
Grafica Ipotesi sulla Reincarnazione
Daniela Teodoru

Aiuto Ricerca Iconografica 6


Mara Manca
GENNAIO IN ONORE
Consulenza Linguistica DI GIANO
SOMMARIO

Mauro Ruggirello il segreto dell’entrata IL LINGUAGGIO


di Anna Ruggirello
Hanno Collaborato
Emmanuel Anati, Nicola Cutolo, DEI SIMBOLI
Neria De Giovanni, Matilde De Tommasis, Il simbolismo nelle varie culture
Aldo Evangelista, Cinzia Fidanza,
Paola Giovetti, Giuliano Giuggioli, del mondo
Velia Iacovino, Rigel Langella,
Anna Maria Le Moli, Mara Manca,
Marco Novarino, Claudio Pagliara, 22
Alessandra Profilio, Mirella Restuccia,
Sergio Rosso, Anna Ruggirello,
L’ACQUA
Mauro Ruggirello, Maria Giuseppina Scanziani, MEMORIA E VITA
Roberta Schiavetti, Daniel Tarozzi,
Marie Noelle Urech, Maria Luisa Vocca 8 di Mauro Ruggirello
I SOGNI COME VIAGGIO NELLA
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COSCIENZA OLOGRAFICA 30
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SPERANZA DI ETERNITÀ
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ENTRONAUTI DI
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Tutti i diritti di proprietà letteraria
IERI E DI OGGI
ed artistica riservati ©Ludica srl Cercatori di Dio, Esperienze
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I contenuti pubblicitari
15 I VIAGGI DE
sono riportati senza responsabilità,
a puro titolo informativo.
RAMAKRISHNA L’ETERNO ULISSE
L’editore e la redazione ringraziano IL MISTICO PERFETTO Itinerari di viaggio per il corpo,
sentitamente i Musei, le Gallerie di Maria Giuseppina Scanziani per la mente e per lo spirito
e i Collezionisti che hanno consentito
la riproduzione di opere e documenti.
Restano comunque a disposizione
per ogni evenienza in relazione ai diritti
35
IL VIAGGIO DELL’ANIMA
L’Eterno Ulisse
PAROLE E MUSICA
Periodico Trimestrale – Anno 3 - N.8 DAGLI UNIVERSI INVISIBILI
Registrato al Tribunale di Roma n.9 di Mirella Restuccia
del 21 Gennaio 2014

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O ULISSE 38 I SENTIERI DELLA 87
TANGERI RIVIVE MEMORIA LA MAGIA
L’ETÀ DELL’ORO Storia e Memoria, Archeologia, Mo- DELL’AMORE
E SCRIVE LA TRAMA vimenti Letterari e Artistici, Correnti di Mauro Ruggirello
DI UNA NUOVA LEGGENDA Filosofiche
di Velia Iacovino ed Esoteriche

VITE 62
STRAORDINARIE FENOMENOLOGIA
Storie di personaggi DELL’INIZIAZIONE
che hanno cambiato il mondo E SOCIETÀ INIZIATICHE RUBRICHE
di Maria Pia Fiorentino
41 49
GRAZIA DELEDDA AFORISMI
un bambino di sesso femminile… SULL’ACQUA
di Neria De Giovanni a cura di Mara Manca

91
AFORISMI
SULL’AMORE
71 a cura di Mara Manca
LA CREAZIONE
DEL GRADO DI MAESTRO 92
LIBEROMURATORE EVENTI
PERCORSI DI di Marco Novarino FRANCO CUOMO
INTERNATIONAL AWARD
GUARIGIONE
Salute, Benessere, Culture
LA DIMENSIONE a cura di Alessandra Profilio

Mediche, Tradizioni Sciamaniche, UMANA


Percorsi di Guarigione Antropologia Culturale,
94
nel Mondo, Psicologia, Psicoterapia, IN BIBLIOTECA
Tecniche e Metodologie Espressioni della Psiche LA CARTA BORGIANA
e Filosofie di vita E L’ILLUMINISMO
A ROMA
45 75 a cura di Rigel Langella
IL QIGONG
CHE COSA TI DICE
l’arte di coltivare l’energia vitale
LA COSCIENZA?
di Maria Luisa Vocca IN COPERTINA
di Emmanuel Anati

50 MITI
LA VIA DELLA GUARIGIONE
La salute è il risultato E LEGGENDE
dei nostri pensieri Miti, Leggende,
di Claudio Pagliara Scuole Iniziatiche, Usanze,
Tradizioni Popolari
57
VIZI E VIRTÙ 84
SALUTE E MALATTIA SAN VALENTINO
SECONDO ILDEGARDA E IL MIRACOLO DELL’AMORE Opera di Giuliano Giuggioli,
DI BINGEN di Franco Cuomo Isola delle apparenze, (2013),
di Marie Noelle Urech e a cura di Velia Iacovino cm.60x80, olio su tela
I
EDITORIALE
nnanzitutto scusate il ritardo. Fatta tale doverosa premessa desideriamo però sot-
tolineare che la nostra rivista, essendo un trimestrale a carattere culturale, può ogni
tanto sottrarsi ai criteri ferrei della periodicità; vogliamo inoltre condividere con tutti
voi il fatto che se ritardo c’è stato esso è dovuto anche agli avvenimenti incalzanti e
intensi che in quest’ultimo lungo trimestre hanno coinvolto L’Eterno Ulisse. Tante le
nuove iniziative, i libri pubblicati nelle nostre collane, gli eventi ai quali abbiamo
partecipato e, tra questi, non ultimo, il premio speciale che mi è stato conferito – con
un riconoscimento alla carriera – nella prima edizione del prestigioso Franco Cuomo
International Award. Il premio – voluto dall’associazione Ancislink, presieduta dal
professor Franz Ciminieri, e intitolato allo scrittore, drammaturgo, giornalista, scom-
parso nel 2007 – ha il fine di valorizzare nuove forme di espressione culturale, so-
ciale e umana del nostro tempo, ed in tale importante contesto L’Eterno Ulisse è stato
definito «uno dei magazine più interessanti del panorama culturale italiano, che tocca
grandi temi, percorrendo insoliti itinerari del grande mondo della conoscenza». Forte
l’emozione e la sorpresa per questo importante riconoscimento che dedico in parti-
colare a Franco Cuomo, a Velia Iacovino, a mio figlio Daniel Tarozzi e a tutti gli au-
tori e i collaboratori de L’Eterno Ulisse, che con la loro preziosa partecipazione mi
hanno consentito di intraprendere ancora una volta un’appassionante avventura edi-
toriale. Un “premio alla carriera” induce anche a rivisitare, insieme alla giuria, ogni
tappa che ha sancito il lungo percorso professionale costellato da conquiste e delu-
sioni, successi, sogni, amarezze, speranze ed entusiasmi che scorrono davanti agli
occhi insieme ai volti dei tanti collaboratori e colleghi che hanno contribuito ad ar-
ricchire il proprio patrimonio esperienziale. In questa circostanza rivedo, grata, anche
tanti amici e maestri che non sono più tra noi, e tra questi: Emilio Servadio, Alfredo
Cattabiani, Pietro Cimatti, Paolo Lucarelli, Elémire Zolla, Marcello Carosi, Giuliana
Pelliccioni, Massimo Marini e, ovviamente, il caro Franco Cuomo – al quale devo il
premio – che mi ha affiancato fin da Abstracta, la mia prima direzione di testata che
risale a circa trent’anni fa … e circa trenta, al tempo, erano anche i miei anni. Eppure
mi accorgo che il passar del tempo non ha scalfito né il mio entusiasmo né la mia in-
coscienza e, ancora oggi, talvolta mi chiedo con convinzione: “cosa farò da
grande?”. Ma … un “premio alla carriera” inorgoglisce e incoraggia, ed
oggi sono sempre più fiera di dirigere questa rivista, un po’ controcor-
rente, forse, ma così capace di stupire ogni volta per prima me stessa
che l’assemblo, numero dopo numero, e la sviscero prima di portarla
in stampa. E tutto questo grazie agli autorevoli interventi sempre esau-
stivi e coinvolgenti di ogni singolo autore. In questo numero, ad esem-
pio, il professor Emmanuel Anati ci accompagna sulla soglia della
consapevolezza invitandoci a varcarla senza indugio. Là, oltre que-
sta fatidica soglia, alberga la “Coscienza”, l’unica arma in grado
di combattere i tanti nemici dei nostri giorni. Ma, anche in questo
caso, affinché i termini “consapevolezza” e “coscienza” non si in-
frangano contro i fragili muri del sogno è utile, forse, provare a
scalzare il dubbio di avere a che fare, ancora una volta, con un
concetto utopistico e di antica memoria. Il magistrale excursus
sulla coscienza che ci propone Anati solleva grandi interroga-
tivi circa l’uso improprio di questo termine che rispecchia
l’emblematica e perenne contraddizione umana. Devo ammet-
tere che personalmente mi ha messo in crisi: io che ho sempre ri-
tenuto “consapevolezza” e “coscienza” espressioni tangibili dello
spirito, ho dovuto rivisitare le mie convinzioni alla luce delle sue
articolate considerazioni, ed alla fine sono ancora qui a chiedermi:
ma … che cos’è la “coscienza”? Esiste una chiave, una soluzione
possibile per invertire una rotta che sembra orientata verso le di-
struttive acque dell’incoscienza? Probabilmente esiste, ma quanto lavoro interiore richiede
questa inversione di rotta? A tale proposito mio figlio Daniel in una sua poesia del 2009,
dal titolo “Illuminazione” scrive:

«Nuove intense emozioni stracciano il velo di maia./


Non nella contemplazione/
non nella corsa/
non nel fugace piacere o nel tremendo dolore sta l’illuminazione./
Essa vive ardente e inafferrabile nelle umide grotte della sapienza./
Quella sapienza acquisita con la dedizione, la passione, l’ottusità e la ragione./
Al confine tra la luce e l’oblio.../
lì, proprio lì, fiammeggia la Coscienza».

E ora capisco meglio perché il professor Emilio Servadio, nel suo libro Passi sulla via
iniziatica, a proposito della coscienza scrive: «La coscienza può paragonarsi ad una
stanza che rimane senza luce finché non viene rischiarata,”illuminata”. (…) Conoscere
significa tendere ad assorbire e ad essere assorbiti, a superare la distinzione tra cono-
scente e conosciuto, a una finale identificazione tra “conoscere” ed “essere”. Questa
operazione ben nota a chi si trovi sulla via iniziatica, si effettua mediante una “luce” me-
tafisica, che investe l’oggetto e che su noi si riverbera. Tale luce, tuttavia, non è che una
scintilla della Conoscenza somma, ed è costantemente limitata dalla stessa “oscurità”
che contraddistingue la nostra condizione corporea. (…) La caduta della materialità ap-
pare dunque premessa del totale ritorno dello spirito a se stesso, del primo e non limitato
atto conoscitivo, senza derivazioni ed ostacoli nel mondo sensibile. L’unica e assoluta li-
bertà conoscitiva non si può avere pertanto se non nel momento della morte, vero dies na-
talis dello spirito, nel quale conoscimento è, insieme, co-nascimento». Insomma, in queste
pagine gli spunti di riflessione non mancano. Il numero 8 che vi apprestate a sfogliare
chiude un biennio e sancisce l’ingresso nel terzo anno di vita de L’Eterno Ulisse: leg-
gende, miti, dimensioni oniriche, aspetti trascendentali dell’essere, giganti dello spirito e
della letteratura, viaggi virtuali e viaggi reali, antiche sapienze e moderne ricerche scien-
tifiche, curiosità storiche e moti dell’anima – che vanno a confluire in quell’immutato ar-
chetipo che definiamo “Amore” – si avvicendano con un ritmo singolare. A causa
dell’inconsueto mix potrebbe sfuggire persino il filo conduttore intorno al quale L’Eterno
Ulisse solitamente pianifica ogni suo itinerario. Eppure, a ben guardare, il filo d’Arianna
c’è anche questa volta, ed è unico, pur conducendo, tappa dopo tappa, per vie traverse, ai
molteplici aspetti della ricerca iniziatica e ai tanti sentieri che conducono alle multiformi
dimensioni dell’anima. “Universi invisibili” che probabilmente è possibile esplorare so-
prattutto pilotando i nostri sogni, come ci suggerisce Marie Noelle Urech. Intanto, con
l’ingresso del 2015 sullo scenario del mondo – tra le macerie di millenni di storia, di
guerre, di conflitti e di contraddizioni – si fa strada, come sempre, la “speranza in un fu-
turo migliore”, ed è così che mentre si inorridisce per le minacce di un terrorismo che in-
combe, ognuno di noi si tuffa tra i sapori e gli odori della propria realtà per esorcizzare i
tanti leciti timori che investono la nostra vita e la nostra salute psicofisica. Pertanto con-
cludiamo invitandovi a scoprire la menzogna della malattia e il meccanismo perverso col
quale essa si insinua nell’anima per generare infelicità, perché, come sostiene in queste pa-
gine anche il dottor Claudio Pagliara: tutto parte dalla mente ed è lì che si condensa il
bene o il male della nostra esistenza, ed è dalla mente che il male va sradicato. Perciò …
tra i chiaroscuri di un inizio d’anno che ancora non ha una sua identità non permettiamo
all’ansia del domani di invadere i nostri spazi anche perché «La natura ricomincia sem-
pre le stesse cose: gli anni, i giorni, le ore; così si forma una specie d’infinito e di eter-
nità» (Pascal, Pensées, XXV,9), e un altro saggio aforisma recita: «L’oggi è quel domani
che ieri ti faceva tanta paura!». Buon anno a tutti!
Maria Pia Fiorentino
DIEtRO Il vElO DI mAyA

GENNAIO IN ONORE DI GIANO


il segreto dell’entrata
La riforma deL caLendario
romuLeo si deve a numa PomPiLio; egLi aggiunse due
mesi a queLLi già esistenti e fissò L’inizio deLL’anno aL soLstizio
d’inverno, che coincide con iL segno deL caPricorno, chiamando
ianuarius iL Primo mese in onore deL dio giano. temPo mitico iL temPo di giano,
che fa deL caPricorno La “Porta degLi dèi”, «cardine immobiLe deL Presente da
cui si sviLuPPa iL Passato e iL futuro di ogni “Passaggio”», idea ben raPPresentata
daLLe due facce deL dio, una rivoLta verso oriente e una verso occidente.

di Anna Ruggirello

«A llorquando regnavo, la terra degli dèi era paziente, e i numi erano


mescolati agli umani. L’errore mortale non aveva ancora messo in
fuga la giustizia: l’ultima a lasciare la terra; lo stesso pudore reggeva il po-
polo e non la paura, nessuno sforzo per dare leggi ai giusti, nulla da con-
quistare con la guerra: guardavo la pace e la porta, la mia unica arma la
chiave»1
da ovidio, Fasti, i, 247-254
La figura del dio Giano si fa risalire al magico tempo dei Sette Re di Roma,
e più precisamente a numa Pompilio, che fu anche un grande sacerdote.
egli incarnò l’archetipo di ogni sovranità: “saggezza e abilità del re”. La
leggenda si confonde con la storia quando ci si trova a parlare di Numa Pom-
pilio, ma certamente bisogna riconoscere che le conoscenze religiose e ini-
ziatiche degli italici, e degli etruschi in particolare, permearono lo spirito del
Johfra,
Il Capricorno,
tempo così come lo spirito di chi veniva scelto per “guidare” il popolo. a
(part.) numa Pompilio si deve la riforma del calendario romuleo, con l’aggiunta di
due mesi ai dieci già esistenti.
egli fissò l’inizio dell’anno col solstizio d’inverno, che coincide con
il segno del Capricorno, e chiamò Ianuarius il primo mese in onore
del dio Giano, in latino Ianus, stabilendone sul calendario le cele-
brazioni rituali. anche marco manilio riconosce l’importanza e la
supremazia di Giano ai cui piedi, sul tempio, si trovavano i dodici
altari dedicati alle dodici divinità che presiedevano ai mesi dell’anno,
secondo l’ordinamento zodiacale.
Giano è stato per lungo tempo legato all’immagine del sole che “tran-
sita” in una delle tante “stazioni dell’anno”. questo ha limitato pur-
troppo la conoscenza di altri aspetti che invece ultimamente, grazie a scavi
nel foro boario e ad una revisione di documenti, ha potuto essere messa
in luce nella maniera più completa.
ed è a questa nuova immagine che ci si può riferire per trovare quelle
analogie con il simbolismo astrologico che fa del segno del Capri-
corno la Porta degli Dèi. tra gli appellativi di Giano figura infatti
quello di Pater o, come dice macrobio, “Padre degli dèi”, prin-
cipio archetipico di ogni “prima”, punto che fissa
l’inizio. Giano diventa allora il «cardine immobile
del presente da cui si sviluppa il passato e il futuro
di ogni “passaggio”», idea ben rappresentata dalle
due facce del dio, una rivolta verso oriente e una
6
verso occidente. Punto cardine, il punto più basso dell’orizzonte toccato
dal sole durante il solstizio d’inverno, il giorno più corto dell’intero anno.
ancora, per marco manilio questo punto è «il quarto posto, occupa la parte
più bassa del cielo ed è orgoglioso di esserne come il fondamento: là gli
astri cessano di precipitare ed iniziano invece a risalire; ad uguale distanza
da sé tale punto vede il sorgere ed il tramonto: l’intero mondo pare infatti
poggiarvisi sopra come se esso ne rappresentasse un cardine». in con-
trapposizione al solstizio d’estate, esso unisce – attraverso un asse simbo-
lico – il più “alto” con il più “basso”. quest’asse, Axis Mundi, rappresenta
la spina dorsale dell’universo e corrisponde all’Albero del Mondo, all’asse
karmico dell’evoluzione, che unisce il Medium Coeli (10a casa
dell’oroscopo) all’Imum Coeli (4a casa dell’oroscopo), im-
magine dell’evoluzione cosmica. Le fondamenta di ogni
cosa sono rappresentate nella IV casa, come pure le ric-
chezze e tutto ciò che può desiderare l’uomo, donando essa
dalle viscere della terra i preziosi metalli. La X casa, che go-
verna la sommità dei cieli, e che con una linea impercettibile
divide a metà il mondo, è più nobile data l’elevatezza, e dona
la dignità e gli onori.
il segno del Cancro e quello del Capricorno rappresentano le
due porte d’accesso, i due cardini. nella tradizione indiana
essi sono chiamati rispettivamente la Porta degli uomini e la
Porta degli Dèi. sotto il segno del capricorno, governo del pia-
neta saturno, Giano tutela tutti quei riti di “passaggio” che san-
civano l’entrata in una “nuova condizione dello spirito”.
Per questo «il Capricorno è il segno dell’austerità; il rifiuto del
superfluo che lo caratterizza non deve essere interpretato come
una tendenza di valore restrittivo, bensì come la dinamica di
un adeguamento più perfetto alle necessità dell’esistenza. il valore
del tempo acquista una qualità particolare, che fa sì che il nato legato a
questo segno rimanga sempre attaccato ai valori permanenti... in queste giano bifronte, ii sec. a.c.
condizioni, la ricettività alle richieste del destino è assoluta, permettendo
all’essere un’evoluzione, il cui sviluppo non conosce limiti».
Saturno, il dio dell’età aurea, secondo la mitologia si nascose nel Lazio;
ma qui la figura di giano già esistente dimostra che la condizione arche- Le AGonALiA,
tipale di equilibrio tra saggezza e regalità era una dimensione di vita già feStA di GiAno

cercata e ambita. La festa di giano si celebrava il


in accordo con quanto indica il significato del Capricorno, Giano pre- giorno 9 gennaio, probabilmente sul
colle a lui consacrato, il gianicolo.
siede e tutela il principio di responsabilità legato al divenire un “uomo durante quella giornata, in cui veniva
adulto”, passaggio obbligato dall’adolescenza alla maturità. sacrificato un ariete nero, si mangiava
un altro aspetto affascinante legato a questa divinità era l’iniziazione guer- solo farro, alimento a lui sacro.
riera. non la guerra per la conquista, fine a se stessa, ma la guerra per la
difesa di roma. La tradizione parla di Ianus Quirinus, in relazione con il
tempio sull’argileto. quando roma entrava in guerra, infatti, allora si apri-
vano le porte del tempio e il dio interveniva.
è un guerriero particolare, quello dei romani, capace di guerra violenta,
ma limitata, e di pace calma ma vigilante. e Giano tutelava questo “pas- bibLiografia
saggio” interiore ai due aspetti dell’uomo.
Per tornare all’analogia con il simbolismo astrologico, non possiamo non d’anna nuccio, II dio Giano,
sear edizioni, 1992
notare il fatto che, secondo la tradizione, il pianeta Marte, che incarna maniLio marco, Astronomicon,
nello zodiaco la figura del guerriero, nel segno del Capricorno trova la sua edizioni arktos, 1981
gentiLi denise madin, Astrologia,
esaltazione. la via del simbolo, edizioni riza
qui si tratta di Marte che ha perso l’ardore giovanile che lo caratterizza Libri, 1982
nel segno dell’ariete per divenire il guerriero al servizio di una causa, di
un principio superiore ispirato proprio al mantenimento di quei valori di nota
giustizia, di saggezza e di regalità che permettono di vivere la vita in una
condizione di perpetua felicità. che non sia proprio questo il “segreto”? n 1) traduzione di mauro ruggirello.

7
DIeTrO IL veLO DI MAyA

i sogni Come viAggio


NELLA COsCiENZA OLOGRAFiCA

LA dimensione oniriCA, se espLorAtA Con oCChio vigiLe, è in grAdo di sveLArCi ALCuni enigmi
deLLA nostrA esistenzA: LA morte, i fenomeni Psi, e LA dimensione oLogrAfiCA deLLA
CosCienzA. in queste pAgine L’AutriCe Ci dimostrA Che LA fisioLogiA dei sogni presentA
unA sorprendente AnALogiA Con iL proCesso deLLA morte, LA Cui Comprensione
potrebbe indurCi A ConsiderArLA non più Come LA fine deLLA vitA mA Come un
Continuum Che, pArtendo dALL’ordine espLiCAto (visibiLe), si estende poi
neLL’ordine impLiCAto (invisibiLe). in questo AffAsCinAnte exCursus
vengono AnChe iLLustrAte Le peCuLiArità dei “sogni LuCidi” Che, se ben
piLotAti, potrebbero ConsentirCi di intervenire positivAmente neL
nostro quotidiAno e superAre persino Le nostre pAure più
profonde. LA Convinzione di essere menti sepArAte in Corpi
isoLAti gLi uni dAgLi ALtri Che imperversA neLLA nostrA
CuLturA oCCidentALe CominCiA orA A vACiLLAre …

di Marie Noelle Urech

Antonio Corradini, La Pudicizia, (part.)

F a parte della natura della nostra mente percepire il mondo esterno come reale. La separatezza
che avvertiamo nello spazio, fra noi stessi e gli altri, rafforza la convinzione di essere menti
separate in corpi isolati gli uni dagli altri. Tale senso di separatezza si esplicita anche nel nostro
modo di dividere il tempo in segmenti: presente, passato, futuro, così come nei vari ambiti della
conoscenza: il corpo è curato dai medici, mentre la psiche è affidata agli psicologi, come se
fossero due entità distinte! La millenaria tradizione spirituale Vedanta ci offre una visione ra-
dicalmente opposta: il nostro mondo è strutturato da una rete di connessioni invisibili in cui
tutte le parti, perfino le nostre menti, sono unite. Questa visione unitaria la ritroviamo in molte
correnti spirituali del passato e sopravvive ancora in alcune culture in Asia, in Africa, in Ocea-
nia, in America del Sud. Gli Indiani Hopi hanno preso come simbolo la tela di ragno per sim-
bolizzare questo intreccio tra tutte le cose dell’universo e tutti gli esseri viventi. Questa antica
8
conoscenza della vita ha ricevuto oggi sorprendenti conferme dalla fisica quantistica e dalle
neuroscienze. Negli anni ’80, il neuroscienziato Karl Pribram di Stanford, amico di Alan
Watts1, e il fisico David Bohm dell’università di Londra, allievo di einstein e discepolo di
Krishnamurti2, proposero una teoria congiunta che rivoluzionò il modello locale della realtà
e la conoscenza attuale del cervello. Questa teoria, elaborata a partire dalle scoperte di Alan
Aspect3 sulla non-località e dalla scoperta dell’ologramma, offre un nuovo modello del fun-
zionamento del cervello e della realtà dove gli oggetti non sono più “locali”, cioè separati
nello spazio, ma sono non-locali, connessi da intrecci invisibili ai nostri sensi fisici. era nato
il paradigma olografico4 che sconvolse completamente le nostre convinzioni sulla natura
dell’universo e della vita stessa, aprendo un ventaglio di possibilità mai ipotizzate prima d’ora.
Mi soffermerò principalmente sull’ipotesi che David Bohm delineò sulla struttura olografica
dell’universo che chiamò olouniverso. Nell’olouniverso esiste un’unità oltre il mondo feno-
menico, che lui definì ordine implicato. L’ordine implicato è nascosto, e quindi “invisibile”.
esso sarebbe la matrice della realtà fenomenica, percepita attraverso i nostri sensi e i nostri
strumenti, ovvero dell’ordine esplicato. L’apparente solidità degli oggetti e la fisicità delle en-
tità che percepiamo nell’ordine esplicato è generata e sostenuta da un processo incessante di
implicazione ed esplicazione, durante il quale le particelle si dissolvono costantemente nel-
l’ordine implicato per poi palesarsi materialmente nell’ordine esplicato.
Secondo la teoria di Bohm, non esiste una reale separazione tra il mondo fenomenico perce-
pito dai nostri sensi e altre dimensioni invisibili. Questa idea di continuum potrebbe spiegare
molti fenomeni della coscienza come i sogni, le NDe, le OBe, le sincronicità, la precogni-
zione, la psicocinesi, le guarigioni miracolose, l’esperienza estatica di unione con l’universo.
Questi fenomeni sarebbero dovuti ad una sintonizzazione con l’ordine implicato, a cui è pos-
sibile accedere in stati di coscienza modificata, cioè quando la coscienza è libera dalla sua di-
pendenza dal corpo fisico, come nel caso dei sogni e delle OBe. La proiezione della coscienza
fuori dal corpo (OBe - Out of Body Experience) è un fenomeno noto a ogni civiltà e cultura,
dagli Assiri agli egizi, agli antichi Greci, ai nativi americani, agli aborigeni, alle culture asia-
tiche e africane, in ogni epoca. Questo tipo di esperienza extracorporea avviene naturalmente
ogni notte durante la fase reM, ovvero quando sogniamo. Ma può avvenire anche durante una
meditazione, oppure in condizioni estreme come una grave malattia, un incidente, un trauma
violento o ancora in vicinanza della morte.
Sognare è, quindi, un’esperienza non-locale, fuori dal corpo fisico. Mentre il nostro corpo fi- francesco queirolo,
il Disinganno,
sico giace addormentato, come privo di sensi, la dimensione energetica e invisibile del nostro (part.),
essere fa un’esperienza in altre dimensioni. Facsimile gassoso del corpo fisico, esso si proietta napoli,
fuori da quest’ultimo e viaggia in uno spazio-tempo diverso, dove può incontrare i corpi ener- cappella sansevero
getici di altre persone che sognano o che sono morte. In varie tradizioni spirituali, questo
corpo energetico invisibile viene descritto come un campo che permea il corpo fisico e lo
contiene, alla stregua di una specie di matrice. Questo campo si estende in uno spettro di
varie frequenze e sfumature che la tradizione esoterica distingue in “corpi” eterico, astrale,
mentale, causale, spirituale. A questo campo si danno vari nomi: aura,
corpo astrale, corpo del sogno, corpo arcobaleno, corpi sottili, corpo quan-
tistico ecc. esso è dotato di capacità psi: può spostarsi istantaneamente
ovunque, attraversare ostacoli fisici, acquisire informazioni dal pas-
sato o dal futuro, spostare oggetti, provare una sinestesia totale, dia-
logare telepaticamente, essere presente in due luoghi diversi,
materializzare e smaterializzare oggetti, comunicare con i defunti
e con entità spirituali … La maggior parte delle persone non ne ha
consapevolezza e ignora le sue straordinarie capacità. Tuttavia esse
lo sperimentano ogni notte! Si svegliano con la sensazione di aver
fatto un lungo viaggio, di aver incontrato esseri misteriosi o di aver
fatto cose impensabili, ma tutto poi viene ridimensionato dalla ra-
zionalità e si dimenticano delle loro incursioni in un altro spazio-
tempo, in quanto le nostre dimensioni non-fisica e non-locale sono
negate dalla nostra cultura materialista. Alcune esperienze oniriche
presentano similitudini impressionanti con le NDe (Near Death
Experiences) ovvero esperienze di fine vita. Individui dichiarati
clinicamente morti5 hanno riferito di avere avuto la percezione di
9
J. h. fussli, 1741-1825, Crimilde vede in sogno sigfrido morto
nella pag. a fianco: hieronimus bosch, 1450- 1516, Ascesa all’Empireo, (part.)

sdoppiarsi, di lasciare il corpo fisico e di fluttuarci sopra, di effettuare un viaggio in altre dimensioni
dove hanno incontrato una Luce, una fonte di amore incondizionato, altri defunti e persino Maestri
spirituali. Molti hanno vissuto esperienze trascendenti che hanno cambiato poi la loro vita. Come per
le esperienze extracorporee (OBe) e oniriche, quelle di NDe sembrano essere un fenomeno univer-
sale e olografico. Nel 1983, lo psicologo Kenneth ring (University of Connecticut) fu il primo ad af-
fermare che le NDe potevano essere esperienze olografiche e comporterebbero lo spostamento della
coscienza da un livello dell’ologramma della realtà (ordine esplicato) ad un altro (ordine implicato).
Nel 1986, lo psichiatra Stanislas Grof (Maryland Psychiatric Research Center) pubblicò un libro nel
quale concludeva che i modelli neurofisiologici esistenti del cervello sono inadeguati a spiegare al-
cuni fenomeni, e che solo il modello olografico è in grado di spiegare cose come le esperienze ar-
chetipiche, gli incontri con l’inconscio collettivo e altri insoliti fenomeni sperimentati in stati alterati
di coscienza. Nel 1967, all’incontro annuale dell’Association for the study of dreams, il fisico Alan
Wolf asserì che il modello olografico spiegava i sogni lucidi come delle visite a dimensioni parallele,
e che questo modello permetteva di sviluppare una fisica della coscienza e di esplorarne le sue di-
mensioni. Il mistero della continuità della coscienza seguita ad assillare il pensiero degli uomini e delle
donne di ogni epoca. Sebbene in passato tutte le civiltà, da oriente ad occidente, usassero una infinità
di rituali e pratiche spirituali preparatorie al passaggio ad una nuova esistenza (libro dei morti egizio,
libro tibetano dei vivi e dei morti, l’ars moriendi medievale)6, assistiamo oggi ad un fenomeno para-
dossale. Ciò che una volta veniva definito come il passare “a vita migliore” è oggi motivo di ango-
scia. Ora che la scienza di frontiera ci conferma la multidimensionalità dell’uomo e l’infinità dei
mondi, anticipata da Giordano Bruno, i casi englaro e Welby hanno gettato un mattone nello stagno
dell’opinione pubblica, rimettendo in discussione le certezze dottrinali della società e della religione.
Al di là dei dibattiti e della strumentalizzazione di tali eventi, il vero problema di fondo, mai affron-
tato né dibattuto, restano la paura della morte e l’incertezza su cosa accade dopo. La visione mate-
rialistica della Scienza ha ridotto l’equazione dell’Anima in questi termini: ciò che non si vede e non
si misura = non esiste. Così la nostra visione culturale attuale ha reso la morte una cosa così innatu-
rale che si compiono gli sforzi più assurdi per mantenere la vita del corpo, essendo i nostri corpi ri-
tenuti l’unica forma in cui la vita si manifesta! e ancora la fisiologia dei sogni presenta una
sorprendente analogia con il processo della morte: anche in questo caso il corpo si irrigidisce, le fun-
zioni autonome rallentano, mentre la coscienza si stacca dall’involucro fisico e fa esperienza in di-
mensioni altre. Questa analogia ci permetterebbe di accettare la morte non più come la fine della vita,
ma come un continuum che, partendo dall’ordine esplicato (visibile), si estende poi nell’ordine im-
plicato (invisibile). Sognare della morte o di defunti è così frequente che la psicoanalisi vi ha dedi-
cato molta attenzione. È generalmente inteso che sognare la morte ha una valenza più simbolica che
premonitoria. Secondo Jung, Thanatos (la morte) è un istinto di natura psichica e spirituale che pre-
siede a profonde trasformazioni interiori. Nei sogni di morte talvolta è difficile distinguere un caso
di premonizione da un segno di trasformazione personale in atto. Infatti, nel corso di una vita “mo-
riamo” tante volte, se consideriamo tutte le metamorfosi che costellano il nostro percorso come pie-
10
tre miliari: da bambini ci trasfor- NOTe
miamo in adolescenti, da adole- 1) Filosofo inglese (1915-1973) noto
scenti in adulti. Ci sposiamo, per i suoi vasti studi di filosofia orientale
abbiamo figli, cambiamo paese, (buddhismo, zen, taoismo, induismo).
The Way of Zen fu una delle sue opere
città, casa, partner, invecchiamo più significative. Con lo psichiatra Carl
fino all’ultima trasformazione! So- Gustav Jung approfondì alcune nuove
gnare di morire o sognare della tesi sulla moderna psicologia e, negli
ultimi anni della sua vita, divenne uno
morte di altre persone va, comun- dei punti di riferimento per tutta l’area di
que, interpretato con cautela e con Controcultura.
2) Jiddu Krishnamurti (1895-1986),
una comprensione allargata del feno- Maestro spirituale indiano, iniziato alle
meno. La concezione dei sogni da parte dottrine esoteriche della teosofia da cui si
della psicologia moderna non è più quella del distaccò in seguito, divulgò i suoi
insegnamenti volti a rendere l’uomo
mondo antico, che li considerava una forma di rivelazione completamente libero, seguendo il motto:
e di oracolo. Sognare i cari defunti, per le scuole di psi- “La verità è una terra senza sentieri” e
coanalisi di stampo materialista costituisce un “feno- non la si potrà mai ottenere attraverso
nessuna organizzazione, chiesa, maestro.
meno compensatore”, ovvero una proiezione della nostra psiche Il suo pensiero influenzò in maniera
desiderosa di continuare un legame con la persona amata. Questa teoria determinante molti scienziati e noti
personaggi del XX secolo.
esclude la realtà olografica e, quindi, la continuità della coscienza e la 3) Nel 1982 un’équipe di ricerca
probabilità di un reale contatto telepatico con un defunto. Le capacità psi dell’Università di Parigi, diretta dal fisico
sperimentate nello stato di sogno sono uno dei grandi regali che la di- Alain Aspect, scoprì che, sottoponendo a
determinate condizioni delle particelle
mensione onirica ci offre. Il sogno è uno stato di coscienza equivalente subatomiche come gli elettroni, esse sono
alla medianità. Sperimentiamo ogni notte questa dimensione sensibile capaci di comunicare istantaneamente
una con l’altra indipendentemente dalla
di cui riportiamo indietro, nella coscienza di veglia, frammenti di ricordi. distanza che le separa, sia che si tratti di
Di solito, quando sogniamo, in qualche modo “subiamo” il sogno. Tut- 10 metri o di 10 miliardi di chilometri.
tavia, in alcuni casi, può accadere che ci si accorga di “stare” in un sogno Come se ogni singola particella sappia
esattamente cosa stiano facendo tutte le
con la consapevolezza divisa in due stati percettivi sovrapposti: la per- altre. L’esperimento di Aspect
cezione di essere addormentati sul proprio letto di casa e quella di spe- rivoluzionò il postulato di einstein sulla
rimentare il sogno, sapendo di sognare. Queste caratteristiche hanno velocità della luce, provando che il
legame tra le particelle subatomiche è
valso a questi sogni l’appellativo di sogni lucidi, termine coniato dallo istantaneo e quindi non-locale.
psichiatra olandese Frederik van eeden. Nel sogno lucido, il sognatore 4) Il paradigma olografico si basa sul
concetto di informazione globale che
ha la consapevolezza di stare sognando e può – con una forza cosciente, lega una parte al tutto: la parte diventa un
creativa e intenzionale – modellare il sogno a suo piacimento; ha il po- ologramma del tutto, in quanto contiene
tere di modificare i mostri in angeli, di volare, di attraversare le rocce, di al suo interno una rappresentazione
globale dell’insieme da cui deriva.
modificare i paesaggi; è in grado di interloquire con i vari personaggi in- Questo, di fatto, implica una relazione
contrati e di interagire nelle situazioni; utilizza creativamente i poteri psi informatica continua, coerente e
del suo campo energetico. egli diventa il regista e il protagonista co- dinamica tra la parte e il tutto.
Partendo da dati fisico-matematici, il
sciente del sogno. La peculiarità dei sogni lucidi, già nota alle antiche ci- paradigma interessa ogni disciplina,
viltà e alle culture sciamaniche, si rivela uno straordinario strumento per dalla fisica all’informatica,
alla biologia, alle teorie mediche,
migliorare la nostra vita e superare le nostre paure più profonde. Tutto sociali e psichiche dell’uomo,
quello che viene sperimentato e agito nel sogno lucido diventa un alle- alla cosmologia, estendendosi alle
namento alla vita di tutti giorni, contagiando lo stato di veglia con la con- dimensioni della coscienza. Si sviluppò
agli inizi degli anni Ottanta grazie al
sapevolezza che tutto è possibile e che non esistono limiti alla creatività contributo di vari scienziati quali David
umana. Al di là dei nuovi scenari offerti dal paradigma olografico e dalla Bohm, Karl Pribram, Fritjiof Capra,
fisica della coscienza, dobbiamo prendere atto che le esperienze di pre- Stanislas Grof, renée Weber, Itzhak
Bentov, Stanley Krippner e molti altri
morte, siano esse un reale viaggio nell’aldilà oppure un altro tipo di fe- studiosi.
nomeno non ancora riconosciuto, producono sempre effetti positivi e 5) elettrocardiogramma ed encefalogramma
piatti dai 4 ai 20 minuti. Cfr. Pim van
significativi in chi le ha vissute. La stessa cosa accade nel caso di con- Lommel, ruud van Wees, vincent
tatti con i defunti tramite i sogni. A seguito di tali esperienze, le persone Meyers, Ingrid elfferich, Near-death
vivono cambiamenti esistenziali e interiori importanti, provano pace al- experience in survivors of cardiac arrest:
a prospective study in the Netherlands, in
l’idea della morte e fiducia nella continuità della vita, in un “dopo”, ac- Lancet 2001; 358: 2039-45; Sam Parnia,
compagnata dalla certezza della realtà dell’esperienza. «Una cosa è reale Spearpoint K., Fenwick P., Near death
esperiences, cognitive function and
nella misura in cui sono reali le sue conseguenze», disse il grande Carl psychological outcomes of surviving
Gustav Jung, che dedicò molta attenzione e ricerca ai quei fenomeni. cardiac arrest in Resuscitation, 2007,
Questa è la differenza tra le nostre credenze culturali e l’esperienza. Fe- 6) Una sorta di manuale o passaporto per
accompagnare la transizione verso la
nomeni che non hanno una spiegazione attendibile secondo il nostro mo- dimensione eterna, con precise
dello di pensiero, vengono comunque esperiti e, con umiltà, vanno indicazioni date all’anima del defunto sul
accettati come reali. n come procedere nelle varie fasi.

11
DIETRO IL VELO DI MAYA

l’essere umano
e la sua speranza di eternità
Riflessioni sul tema
Benché alcuni lo neghino, la speranza di eternità è essenziale per l’animo umano. essa
è la naturale condizione e proiezione della Vita. l’uomo, essere fisicamente finito
e limitato, aspira all’infinito, all’eternità; ma l’eternità è la dimensione
autentica, assoluta e totale dell’essere in sé. l’essere umano, nella sua
limitatezza, nutre l’aspirazione all’eternità poiché attraVerso il suo
spirito è in grado di intuire l’assoluto, la Verità, l’essere nella
sua pienezza. ma un conto è concepire o intuire, altro è essere.
di qui il dramma dell’esistenza soprattutto quando la
speranza di eternità implica il superamento ideale
delle leggi fisiche della materia che ci contiene …

di Nicola Cutolo

W. Blake, Paradiso, (part.)

l’ uomo è un essere molto particolare nel quale, in ma-


niera apparentemente paradossale, coesistono cadu-
cità e valori trascendenti, materia e spirito, debolezza e forza,
tempo breve ed eternità.
il rapporto tra i due aspetti è di tensione dinamica, e il tutto ha luogo nella
cosiddetta “esistenza”. già la nozione di essere umano include in qualche modo
il concetto assoluto di “essere” e quello relativo di “individuo umano”, da humus
(terra). Vale a dire un concetto correlato all’“essere”, che fa parte dell’illimitato, dell’eterno,
e quello di “umano” che è relativo alla madre terra: questa terra, qui ed ora, che poi, in rela-
zione alle vicende storiche ed alle esperienze di ognuno, diviene il luogo comune di un popolo (la
sua patria). ma nella stessa debolezza-forza dell’essere umano è implicito il concetto di assoluto: sul

12
piano etico è il Bene, sul piano temporale e della durata è espresso dal concetto di
eternità. l’eternità è la persistenza, la permanenza, la continuità dell’essere, il che dà
sicurezza, serenità, forza.
gran parte delle religioni è fondata sulla nozione di eternità; infatti esse assicurano ai
loro fedeli l’eternità nella prospettiva dell’essere e del Bene.
la speranza di eternità è quindi essenziale all’animo umano. essa è la naturale con-
dizione e proiezione della Vita. l’uomo, essere fisicamente finito e limitato, aspira al-
l’infinito, all’eternità; ma dell’eternità si può dire che essa è, non soltanto
psicologicamente, più dell’infinito. essa è la dimensione autentica, assoluta e totale
dell’essere in sé.
l’essere umano, nella sua limitatezza nutre l’aspirazione, la speranza nell’eternità,
poiché attraverso il suo spirito è in grado di intuire l’assoluto, la Verità, l’essere
nella sua pienezza. ma un conto è concepire o intuire, altro è essere. di qui il
dramma dell’esistenza.
al di là della ricerca scientifica, che si svolge quasi esclusivamente nel mondo fisico
e psichico, bisogna tentare vie più ardue e complesse, quelle cioè più profonde e na-
scoste della psiche, per ricollegarsi all’antica sapienza dei pitagorici e dei saggi in ge-
nere, sia d’oriente che d’occidente...
sembrerà strano, ma anche l’occidente ha coltivato l’antica sapienza fondata sul-
l’essere e sull’eternità. Basti pensare a pitagora, a parmenide e, in parte, a platone. W. Blake,
L’Angelo
tutto ciò sembra sfuggire alla riflessione, spesso troppo limitante, dell’illuminismo di della
ieri e di quello contemporaneo. rivelazione, (part.)
proprio dalle macerie del relativismo assoluto, proprio dall’uomo frantumato nelle
mille etichette a causa delle ideologie e delle scienze moderne, può rinascere la
speranza di una ricomposizione organica e armonica dell’essere umano nella
dimensione dell’eternità, cioè oltre ogni caducità, oltre ogni limite di fisica im-
perfezione e di pregiudizio psicologico.
speranza di eternità vuol dire superamento ideale delle leggi fisiche della ma-
teria, leggi che chiudono l’essere umano tra le rigide sbarre delle cose
relative e soprattutto finite.
speranza di eternità vuol anche dire, per l’uomo, fiducia nella pro-
pria essenza che implica l’esistenza dello spirito; di uno spirito
cioè che, nato perfetto come idea dalla divinità, attraversa l’espe-
rienza finita e relativa della terra (cioè della vita umana con le sue
proprie, restrittive leggi) per riconoscersi sempre più e sempre
meglio come spirito, appunto; cioè come qualcosa che è già
eterno per “nascita” divina.
il fatto stesso di sperare nell’eternità, il fatto stesso di po-
terla intuire, è la prova lampante che io, come voi, come
tutti gli individui della terra, non siamo fatti soltanto di
caduca materia che passa, ma che possediamo anche uno
spirito, una forza sottile, che va oltre la materia, perché
già esso spirito vive nell’eternità!
è significativo – ad esempio – che anche nell’essere
umano più derelitto vi sia in fondo una luce che è
data da un’aspirazione all’eternità: una speranza,
una tendenza di cui egli può non essere del
tutto cosciente, ma che comunque è una
forza che, malgrado tutto, lo aiuta a vi-
vere, lo aiuta a reagire alla malasorte,
lo sorregge in mezzo alla bufera della
sua vita.
la nostra condizione umana può essere
paragonata ad una sorta di maschera fi-
sica e psichica che, finché siamo sulla
terra, nasconde la nostra vera natura spiri-
tuale, la nostra vera natura di esseri immor-
W. Blake, Creazione di Adamo

tali. come tutti sappiamo, questa nostra struttura umana tende fortemente a seguire,
quasi per inerzia, le leggi della materia, giorno dopo giorno, e molti di noi pensano al-
lora che esista soltanto la materia, in noi e fuori di noi. ma dentro ognuno le cose si
svolgono ben diversamente, e a volte basta poco per capire che in noi stessi c’è “qual-
cosa” che è al di là di queste leggi, e questo “qualcosa” è naturalmente lo spirito.
con la morte la maschera umana si frantuma e lo spirito si libera della sua prigione di
carne, della sua prigione di materia. la speranza di eternità dell’uomo diventa allora in
esso – cioè nel suo spirito – certezza di eternità, perché lo spirito vive da sempre nel-
l’eternità! non è un gioco di parole, perché il concetto di eternità è molto vicino a quello
di assoluto. lo spirito è quindi da sempre nell’assoluto, in ciò che è unico e che non
può mai finire; e il suo lavoro è quello di conoscere uno dopo l’altro (evolvendo sulla
terra e altrove) gli infiniti aspetti della realtà che formano l’assoluto, cioè – come di-
cevo all’inizio – che formano l’essere nella sua vera, infinita sostanza.
credo che da individui, da esseri umani, soltanto l’intuizione possa darci un barlume di
questa grande Verità, di questa immensa Verità. grazie a questa intuizione, anche pic-
cola e limitata, possiamo renderci conto che la nostra speranza di eternità, che la nostra
intima aspirazione, o tendenza all’assoluto, è già una realtà vivente.
se lo spirito vive già nell’eternità, noi, in quanto esseri umani, siamo così già sulla so-
glia di questa eternità.
così il nostro corpo passa, ma il nostro pensiero resta; così la nostra esistenza fisica tra-
monta, ma la nostra anima rimane; così quella parte di noi che è caduca, sparisce o
quanto meno si trasforma in tante altre cose della terra, ma quella parte di noi che pensa,
che desidera, che ha volontà e che quindi è un valore universale, questa parte scavalca
questa vita finita, imperfetta, e prosegue il suo Viaggio infinito in quella eternità che è
il suo luogo per eccellenza, il luogo dell’anima, il luogo dello spirito.
e basta questa speranza per poter continuare a vivere meglio su questa terra, per con-
tinuare a resistere ai colpi che questa vita umana, passeggera, ci riserva; basta questo per
arrivare fino in fondo al nostro tormentato percorso terreno.
la storia dell’uomo, nel mondo, ci offre infiniti esempi di questa speranza di eternità e
della forza che essa può dare a molti per poter andare comunque avanti. n

14
entRonauti di ieRi e di oggi

RamakRishna
Il MIstIco perfetto

RamakRishna PaRamahamsa è stato la PRova vivente dell’unicità mistica: indù


oRtodosso, divenne PRima cRistiano e Poi musulmano, RiPeRcoRRendo così ogni volta
una diveRsa via sacRa, ePPuRe annunciando ogni volta di aveRe Raggiunto la
medesima vetta. il suo gRande obiettivo fu quello di mostRaRe l’aRmonia
tRa tutte le Religioni. da un lato egli Realizzò l’ideale indicato da
ciascuna delle diveRse sette della Religione indù, e dall’altRo
l’ideale dell’islam e del cRistianesimo. egli RiPetè in
solitudine il nome di allah e meditò su gesù cRisto.
ma chi è questo stRaoRdinaRio PeRsonaggio?

di Maria Giuseppina Scanziani

Ramakrishna Paramahamsa

N el libro a lui dedicato, il premio Nobel Ro-


main Rolland inizia così la sua storia:
«C’era in Bengala, a Kamarpukur, in uno di quei villaggi
dalle costruzioni coniche circondate da palme, stagni, risaie,
una vecchia coppia di bramani ortodossi, che si chiamava Chatto-
padhyaya. Erano molto poveri e molto pii, devoti al culto dell’eroico e
virtuoso Rama. Il padre Khudiram, di una atavica probità, si era lasciato spo-
gliare di quanto possedeva per aver rifiutato di prestare falsa testimonianza in fa-
vore del grande proprietario che serviva. Gli Dèi lo visitavano. A sessant’anni fece
un pellegrinaggio a Gaya, la terra santa, marcata dall’impronta del piede di Vishnù. “Il
gran Salvatore” gli apparve di notte. Disse: “Voglio rinascere ancora, per salvare l’umanità”».
Nello stesso istante, a Kamarpukur, sua moglie, Chandramani, nel suo letto solitario, sognava un
Dio che la stringeva. Nel tempio di Shiva, davanti alla sua capanna, l’immagine divina si animava
15
Un altare dedicato a Ramakrishna

sotto i suoi occhi, un fascio di luce la penetrava e di fronte ad un tale assalto, Chandramani, sconfitta,
sveniva. Al suo risveglio la preda del Signore era incinta. Suo marito, al ritorno la trovò trasfigurata.
Sentiva delle voci: portava un Dio in grembo.
Il bambino nacque il 18 febbraio 1836. Fu colui che il mondo conobbe in seguito sotto il nome di Ra-
makrishna, ma il suo gaio nome di bambino, tintinnante come un campanello, suonava Gadadhar.
I suoi genitori, Khudiram e Chandramani, riuscivano a stento a sbarcare il lunario e trascorrevano gran
parte del loro tempo in adorazione di Raghuvir, la divinità familiare che consideravano loro patrono
e protettore.
Nel villaggio, Gadadhar era molto benvoluto. Bello e naturalmente dotato per le belle arti, non aveva
però alcuna propensione per la scuola. Se qualcuno gliene chiedeva la ragione, egli rispondeva: «La
cosiddetta istruzione ha in vista soltanto i soldi; questo tipo di istruzione non mi interessa affatto».
Amava la natura e trascorreva il suo tempo con gli amici nei campi e nei frutteti del villaggio. Andava
spesso in estasi: una fila di candide gru in volo sullo sfondo delle cupe nubi monsoniche, il canto di
inni devozionali o la recita in una rappresentazione religiosa potevano facilmente mandarlo in estasi.
Gadadhar rimase orfano del padre a sette anni; tale evento lo rese più serio, ma non ebbe il potere di
fargli cambiare modi e abitudini. Infatti, continuò a rifiutare la scuola, preferendo andare dai monaci
che si adoperava per servire e che seguiva, completamente dimentico di sé.
Un giorno, quando aveva undici anni, Sri Ramakrishna stava andando attraverso i campi di grano in
direzione di Anur, un villaggio vicino Kamarpukur. Come disse in seguito a suoi discepoli, improvvi-
samente ebbe una visione di gloria e perse coscienza. La gente disse che era stato uno svenimento, ma
in realtà si trattava di una vera e propria visione di Dio.
Ormai aveva raggiunto l’età per ricevere l’investitura del sacro cordone brahmanico; i preparativi
erano quasi ultimati, quando egli dichiarò che era sua intenzione ricevere la rituale prima elemosina
da una certa donna sudra del villaggio, ossia un’appartenente a una casta molto bassa. Una cosa simile
non si era mai sentita; secondo la tradizione doveva essere una donna brahmana a dargli la prima ele-
mosina. Gli venne fatto notare, ma egli fu irremovibile. Non ci furono ragioni, preghiere o pianti in
grado di farlo desistere da tale proposito. Ramkumar, fratello maggiore e, dalla morte del padre, ca-
pofamiglia, alla fine si arrese.
Intanto le condizioni economiche della famiglia continuavano a peggiorare. Ramkumar dirigeva una
scuola di sanscrito a Calcutta e svolgeva anche funzioni di sacerdote presso alcune famiglie. Guada-
gnava davvero poco e non gli era possibile inviare con regolarità del denaro a casa. Pertanto, decise
di far venire Gadadhar a Calcutta per fargli studiare il sanscrito; inoltre, avrebbe forse potuto svolgere
qualche servizio religioso tramite cui racimolare del denaro per sé. Gadadhar arrivò da suo fratello, ma
subito disse perentoriamente che non avrebbe studiato; accettava però volentieri di svolgere servizi re-
16
ligiosi, non per denaro, ma per la gioia che ne ricavava.
Nello stesso tempo, una ricca signora di Calcutta, Rani Rashmoni, fece costruire un tempio a
Dakshineswar, dedicato alla Dea Kali. Ella si rivolse a Ramkumar chiedendogli di prestare
servizio in qualità di sacerdote del tempio ed egli accettò. Gadadhar si lasciò persuadere a de-
corare la divinità. Più tardi, quando Ramkumar si ritirò, Gadadhar ne prese il posto.
Da allora veniva spesso scorto seduto per molte ore davanti all’immagine della Madre, la dea
Kali, la sposa del Signore dell’Eternità (Shiva) e la invocava incessantemente affinché gli si ma-
nifestasse. All’inizio la Dea parve non rispondere alle sue continue invocazioni, ed egli du-
rante l’adorazione era spesso in lacrime, talvolta dando libero sfogo alla sua amarezza con alte
grida. Spesso passava l’intera notte in preghiera nella vicina foresta. Un giorno, non potendo
più sopportare questa situazione del silenzio della Dea, decise di porre fine ai suoi giorni. Af-
ferrò una spada appesa al muro e stava per colpirsi quando vide onde di luce che proveni-
vano dalla divinità; la luce lo investì e lo sommerse ed egli, perduta coscienza di sé, cadde a
terra svenuto.
Ma Gadadhar non si accontentò di questo. Cominciò a pregare la Madre Kali per ottenere altre
esperienze spirituali.
Allora i suoi familiari, impressionati, predisposero in tempi brevi il suo matrimonio, sperando
che questo lo riportasse alla realtà di ogni giorno. La sua sposa, Sri Saradamani Devi, era fi-
glia di Ram Chandra Mukhopadhyaya di Jayrambati, un villaggio a sole quattro miglia da Ka-
marpukur. Al momento del matrimonio, nel 1859, lei aveva solo sei anni, mentre suo marito
ne aveva ventitrè.
Dopo il matrimonio Sri Ramakrishna ritornò nel tempio-giardino di Dakshineswar e pian piano
incominciarono a raggiungerlo molte persone alcune delle quali divennero successivamente
suoi discepoli: fra i più cari, all’inizio del 1882, arrivarono Narendra (Vivekananda), Rakhal
(Brahamananda), Bhavanath, Baburam, Nirajan, M. e Jogin.
Oltre a insegnare il fatto che “Dio può essere visto e sperimentato”, il suo grande obiettivo fu
quello di mostrare l’armonia tra tutte le religioni. Da un lato egli realizzò l’ideale indicato da la dea
ciascuna delle diverse sette della religione indù, e dall’altro l’ideale dell’Islam e del Cristia- kali
nesimo: egli ripetè in solitudine il nome di Allah e meditò su Gesù Cristo. In una visione,
egli vide Gesù in tutta la sua gloria. Nella sua stessa stanza fece mettere non solo le im-
magini delle divinità indù, ma anche quelle di Buddha e di Gesù che è rappresen-
tato mentre salva Pietro che sta per annegare, e mentre calma la tempesta.
Il suo insegnamento si protrasse per circa 15 anni tramite parabole, meta-
fore, canti e, soprattutto, con l’esempio della sua vita, e in tal modo co-
municò ai suoi discepoli e al mondo le verità fondamentali della
spiritualità.
Non proclamò né credi, né dogmi. La sua sola preoccupazione era
l’elevazione degli uomini e riteneva che in essi vi fosse un enorme
potenziale etico e spirituale che avrebbero dovuto realizzare in vita
come un dovere. Riteneva poi che le diverse religioni fossero al-
trettanti sentieri che conducono tutte alla stessa meta, cioè al
Divino.
Come molte grandi anime insegnò ai suoi discepoli a essere nel
mondo, ma non del mondo, a compiere i propri doveri al meglio,
ma a non contare troppo sui frutti delle proprie azioni perché
essi vanno offerti a Dio di cui ci si deve considerare un sem-
plice strumento.
Egli riteneva che il Divino fosse ovunque, ma si manifestasse
soprattutto nell’uomo. Quindi, servire l’uomo equivaleva ad
adorarLo.
Alla sua morte, avvenuta nel 1886, lasciò un gruppo di gio-
vani e devoti discepoli guidati dall’ormai famoso Swami Vi-
vekananda. Oggi il suo insegnamento si è diffuso, non solo in
Asia, ma anche in America e in Europa, e specialmente negli Stati
Uniti e in Inghilterra. Sri Ramakrishna non è solo l’esempio per-
fetto di entronauta, ma una delle più grandi anime che siano mai vis-
sute su questa terra. n
entRonAuti di ieRi e di oggi

RobeRto AssAgioli
padre della Psicosintesi e grande medico dell’anima
PeR tuttA lA vitA AssAgioli
hA sottolineAto il bisogno, innAto in ogni esseRe umAno,
di elevAzione sPiRituAle, di cRescitA ed evoluzione; hA inoltRe
PResentAto unA PsicologiA dellA sAlute e indicAto eseRcizi PRAtici e tecniche
PeR conseguiRe queste mete. Fu tRA i FondAtoRi dellA medicinA PsicosomAticA e
contRibuì in mAnieRA deteRminAnte Allo sviluPPo dellA PsicologiA umAnisticA e di
quellA tRAnsPeRsonAle. nAsce con lui lA Psicosintesi, che è essenziAlmente
sAggezzA soRRidente, sPiRituAlità, ARte di educARe se stessi e gli AltRi PeR
costRuiRe un mondo miglioRe.

di Paola Giovetti

Roberto Assagioli nel suo studio nei suoi ultimi anni

R oberto Assagioli (1888-1974), il fondatore della psicosintesi, è stato un grande medico


dell’anima, che in campo psicologico, psichiatrico, educativo, sociale e spirituale ha
scoperto e detto cose fondamentali per la crescita e l’evoluzione della personalità umana.
La sua è una visione amplissima, ricca, sana e dinamica che può veramente aiutare l’uomo
a crescere dentro, a sviluppare le proprie potenzialità, a realizzarsi in maniera positiva e
creativa, a diventare una persona saldamente legata al qui e all’adesso, ma anche attenta
alla dimensione trascendente.
Precursore in molti campi, Assagioli parlò di psicologia della salute già all’inizio del secolo
scorso: vide cioè l’uomo non solo come portatore di conflittualità, ma anche di potenzialità
sane e di creatività, e si rese conto – molto vicino in questo a Carl Gustav Jung – che tante
crisi e depressioni dipendono appunto dall’aver trascurato, dimenticato o represso questi
aspetti. Fu il primo in Italia a riconoscere il valore della psicoanalisi di Sigmund Freud, anche
se in seguito ne prese – almeno in parte – le distanze; fu tra i fondatori della medicina psico-
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somatica e contribuì in maniera determinante allo sviluppo della psicologia umanistica e
di quella transpersonale. Per tutta la vita, a cominciare da quando aveva appena vent’anni,
Assagioli ha sottolineato il bisogno, innato in ogni essere umano, di elevazione spirituale,
di crescita ed evoluzione; ha inoltre presentato una psicologia della salute e indicato esercizi
pratici e tecniche per conseguire queste mete.
Coltissimo, conoscitore di molte lingue, Assagioli si interessò anche di letteratura e filosofia,
di esoterismo, parapsicologia e spiritualità orientale. Finissimo conoscitore dell’animo
umano e delle molteplici tendenze e conflitti che vivono in esso, Assagioli ha indicato la
possibile armonizzazione di tali istanze, sollecitando l’uomo a diventare, per usare le parole
di Friedrich Nietzsche, “ciò che in realtà è”. La sua psicosintesi indica la via per l’unità,
per la sintesi: «Essa è una conquista», scrive Assagioli, «l’alto premio di una lunga pena;
opera faticosa, ma magnifica, varia, affascinante, feconda per noi e per gli altri, ancora
prima di essere ultimata».
Qualche notizia sulla vita di Roberto Assagioli potrà aiutare a meglio conoscere sia la psi-
cosintesi che il suo creatore, in quanto a giudizio di tutti coloro che l’hanno conosciuto,
Assagioli era la migliore espressione di ciò che insegnava.
Roberto Marco Greco (questo è il vero nome del padre della psicosintesi) nacque a Venezia
da genitori ebrei nel febbraio del 1888. Il padre Leone morì quando Roberto aveva appena
due anni, e un anno dopo la madre si risposò col dottor Alessandro Assagioli, che aveva af-
fettuosamente curato il bambino durante un ricovero ospedaliero. Alessandro Assagioli
adottò Roberto e fu per lui da ogni punto di vista un ottimo padre.
Fin da piccolo Roberto mostrò una notevole capacità di apprendere, grande precocità e mol-
teplicità di interessi. Si diplomò ad appena sedici anni e si iscrisse a Firenze a Medicina e
Chirurgia, facoltà che era allora considerata la migliore del Regno: per consentirgli di fre-
quentare gli atenei fiorentini, la famiglia si era trasferita già nel 1904 a Firenze. Subito Ro-
berto mostrò un grande interesse per gli aspetti psicologici e psichiatrici, senza trascurare
altri campi: fu amico di Papini e Prezzolini e collaborò ampliamente alla rivista Il Leonardo.
Approfittando della solida posizione economica del padre, viaggiò molto frequentemente
all’estero, incontrando gli psichiatri e gli psicologi più validi e partecipando a numerosi
congressi internazionali. In questo gli fu preziosa la padronanza delle lingue. giuliano giuggioli,
A Zurigo, alla clinica psichiatrica Burghölzli – dove, fra gli altri, conobbe C.G. Jung col Ascoltando un sogno,
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quale fu in cordialissimi rapporti – Assagioli si occupò intensamente della psicoanalisi di
Freud, che in quel tempo (1907) suscitava interesse e discussioni a non finire. Assagioli fu A pag. 20:
il primo a portare in Italia le teorie freudiane, delle quali riconosceva i grandi meriti; in se- L’uovo cosmico
di Assagioli
guito, come abbiamo già accennato, ne prese tuttavia serenamente
le distanze per seguire vie proprie che lo portarono alla de-
finizione della sua psicosintesi. Per Assagioli le teorie di
Freud davano troppa importanza “al lato inferiore e istin-
tivo della sessualità, e soprattutto alle sue aberrazioni”,
cui egli contrapponeva “le manifestazioni superiori
dell’amore”. Inoltre, al posto della Verdrängung
(rimozione) freudiana, che porta ad allonta-
nare dalla coscienza ordinaria le “tendenze
prepotenti”, Assagioli sottolineava il pro-
cesso di “sublimazione”, che definiva una
“preziosa facoltà della psiche”, capace di
trasformare le “cieche forze istintive in
elevate energie emozionali e spirituali”.
Fin da allora (aveva poco più di ven-
t’anni!) Assagioli propugnava il risve-
glio interiore dell’uomo, il superamento
dei legami esclusivamente materiali per
“esplorare le vette più luminose della propria anima
e studiare i più alti misteri della vita umana”.
Assagioli si laureò con una tesi sulla psicoanalisi
di Freud; nel 1912 fondò la rivista
Psiche, la prima rivista psicologica a
carattere divulgativo, che uscì fino al 1915. Sulle sue pagine si compì il passaggio dalla psicoanalisi
alla psicosintesi. La prima guerra mondiale interruppe un grande fervore di attività. Degli anni
della guerra sappiamo che Assagioli prestò servizio come ufficiale medico. Essendo pacifista, non
sparò mai; si era fabbricato una pistola di sapone, l’aveva dipinta di nero e così dava l’impressione
di essere armato pur non essendolo.
A guerra finita Assagioli si sposò con Nella Ciapetti, dalla quale ebbe il figlio Ilario, e si trasferì
a Roma, dove fondò, nel 1926, l’Istituto di Cultura e Terapia Psichica, che fu ribattezzato in seguito
Istituto di Psicosintesi. A Roma era conosciuto come “il medico che faceva miracoli” per i successi
terapeutici che otteneva.
Roberto Assagioli ebbe una vita intensa: viaggiò molto in Europa e anche in America per far
conoscere la sua psicosintesi, che tuttora è più apprezzata all’estero che in Italia, e per incontrare
studiosi. Fu in contatto con importanti personalità del suo tempo: Martin Buber, Hermann Key-
serling, James Joyce, il maestro zen Suzuki, il poeta indiano Tagore, Alexandra David-Néel,
Lama Govinda, oltre ai maggiori esponenti della psicologia del suo tempo, tra cui Maslow.
Nella sua abitazione Assagioli coltivava invece gli interessi spirituali ed esoterici: sappiamo per
esempio che la Società Teosofica teneva le sue riunioni a casa sua. Con la teosofia Assagioli ebbe
un rapporto particolare in quanto sua madre era stata teosofa e anche sua moglie lo era. Egli, co-
munque, tenne sempre molto a mantenere separate le cose e a non creare confusioni tra il suo la-
voro di psicoterapeuta e i suoi interessi culturali e spirituali privati.
La seconda guerra mondiale interruppe ancora una volta un grande fer-
vore di iniziative. Essendo Assagioli ebreo, i problemi non mancarono:
l’Istituto fu chiuso e Assagioli fu per un mese in carcere a Regina Coeli
con l’accusa di “pacifismo”. In seguito trascorse alla macchia diversi
periodi, in compagnia del figlio Ilario, già ammalato di tubercolosi, che
in quelle condizioni aggravò a tal punto il suo stato di salute che a guerra
finita morì: aveva appena diciotto anni ed era un ragazzo precocemente
maturo, di profonda spiritualità, come attestano le poesie che di lui sono
rimaste. Quando Ilario morì, la famiglia era ritornata a Firenze, dove
aveva acquistato una villetta in via San Domenico; qui Assagioli riunì
abitazione e Istituto, qui teneva le sue frequentatissime conferenze sulla
psicosintesi. La sua casa era frequentata sia da studiosi e addetti ai lavori,
che da persone semplici, che avevano a cuore la propria salute psichica
e il proprio cammino evolutivo. In casa Assagioli ebbe sede anche una
iniziativa particolare: l’Unione Italiana per l’Ebraismo Progressivo, che
Assagioli aveva fondato negli anni ’50 come aderente all’Unione mon-
diale. Col suo propugnare un atteggiamento di apertura e collaborazione
nei confronti di tutti i popoli e di tutte le religioni, l’Unione corrispon-
deva perfettamente al pensiero di Assagioli e al suo modo di essere. As-
sagioli fu in rapporti molto cordiali con Martin Buber, il profeta dell’ebraismo liberale e
progressivo, e fra i due studiosi ci fu scambio epistolare.
Gli anni Cinquanta e Sessanta furono ricchi di incontri, esperienze, approfondimenti. Dopo il Ses-
santa arrivarono anche gli allievi, i continuatori, coloro ai quali sarebbe toccato portare avanti la
psicosintesi. Nel libro che ho dedicato alla vita e all’opera di Roberto Assagioli* ne ho intervistati
parecchi: le loro parole arricchiscono di notizie interessanti la biografia di un uomo che parlò sem-
pre pochissimo di se stesso e fu sempre di estrema discrezione con riferimento alla sua vita privata.
«Era molto accogliente con noi giovani», ha detto il dottor Massimo Rosselli, allievo personale di
Assagioli, «sempre sereno, gioioso, sempre con quel meraviglioso sorriso. Aveva occhi infiniti,
irradianti, che infrangevano qualunque rigidità. Venivo da lui con dei problemi e subito questi ve-
nivano ridimensionati. Lui era la personificazione di quello che insegnava: il suo messaggio è la
spiritualità della vita quotidiana».
Assagioli si spense a 86 anni, nel 1974, un anno dopo sua moglie; morì nella casa di campagna di
Capolona, nell’Aretino, circondato dagli allievi. Il suo corpo fu cremato due giorni dopo.
Si concludeva così una parabola terrena; iniziava il cammino della psicosintesi, che è essenzial-
mente saggezza sorridente, spiritualità, arte di educare se stessi e gli altri per costruire un mondo
migliore. Per parlare della psiche, Assagioli disegnava un uovo, un perfetto uovo cosmico al centro

* Paola Giovetti, Roberto Assagioli, Edizioni Mediterranee

20
del quale c’è l’io, o sé cosciente. Questo uovo si suddivide in tre settori: in basso c’è
l’inconscio inferiore, che Assagioli definiva “cantina”, sede delle attività psichiche che
presiedono alla vita organica, alle funzioni fisiologiche, agli istinti primitivi, ai com-
plessi psichici, ai sogni e alle attività immaginative elementari. Al centro risiede l’in-
conscio medio, dove avviene l’elaborazione delle esperienze compiute, la progettazione
delle attività future e dove ha sede l’archivio della memoria. Infine c’è “l’attico”, cioè
l’inconscio transpersonale dove risiedono tutti quei contenuti di cui non siamo coscienti
e da cui provengono le aspirazioni artistiche, scientifiche, filosofiche e creative in ge-
nere, le intuizioni, gli slanci altruistici, gli stati di contemplazione, illuminazione ed
estasi, le esperienze mistiche, i poteri paranormali e supernormali.
In cima a tutto c’è la “stella”, ovvero il sé della psicologia moderna, che corrisponde al
concetto tradizionale di anima; cioè la nostra identità più profonda e autentica, intesa
non come qualcosa di ideale e irraggiungibile, bensì come una realtà sperimentabile di
cui l’io è un riflesso. L’uomo a sua volta è immerso nell’inconscio collettivo, in quel-
l’immenso serbatoio di energia universale con cui è in rapporto di interazione reciproca.
Il terapeuta che utilizza la psicosintesi esplora tutti questi aspetti, e per superare sof-
ferenze e conflitti sviluppa le riserve della persona, comprese quelle collegate all’in-
conscio transpersonale. Obiettivo dell’intervento terapeutico è la trasformazione del
sé, nel senso che la persona deve essere condotta ad assumersi gradualmente la re-
sponsabilità della propria vita impostandola più sull’essere che sull’avere, ad essere
coinvolta in un processo di trasformazione che non finisce certo con la terapia o con
il corso: è un processo che non finisce mai, che dura tutta la vita. Assagioli era per-
sonalmente convinto che il processo continuasse anche oltre: era un uomo religioso
nel senso più autentico del termine, credeva in una vita dopo la morte, amava pro-
fondamente l’uomo e gli riconosceva potenzialità che pochi sanno vedere.
Per richiamarsi ancora all’esempio dell’uovo, Assagioli sapeva bene che c’è la cantina,
ma era consapevole che esiste anche l’attico e non si stancava di raccomandare di ten-
dere a quello. A lui premeva aiutare l’uomo a diventare una personalità completa, e il libro del destino
in versi,
suo desiderio ultimo era arrivare a cambiare la società: dato che la società è costituita germania centrale
da singoli individui, se gli individui cambiano in positivo, anche la società finirà per Xiv sec.
fare altrettanto.
Tolleranza, alti ideali, sintesi tra Oriente e Occidente (non va dimenticato
che la meditazione è parte integrante delle tecniche della psicosintesi),
amore per l’essere umano: ecco gli ingredienti che fanno di Roberto
Assagioli un autentico Maestro.
Tra le qualità più gradevoli di Assagioli c’erano il buon umore
e la modestia: qualità che egli cercava di trasmettere anche
agli altri e che gli sarebbe tanto piaciuto che fossero proprie
anche e soprattutto dei politici: «Quanto sarebbe necessario
il buon umore in campo politico!», diceva. E aggiungeva:
«Se i dittatori, grandi e piccoli, avessero del buon umore,
ciò potrebbe aiutare ad evitare le guerre».
E con riferimento alla modestia che gli era propria, e al suo
leggendario senso delle proporzioni, è opportuno citare an-
cora una volta le parole stesse di Assagioli, il quale soleva
dire con molto humor che per ottenere queste qualità ci si
poteva far aiutare dall’astronomia, cioè dall’osservazione
del cielo stellato, delle costellazioni e delle galassie. E ci-
tava un aneddoto su Theodore Roosevelt, quando questi
era presidente degli Stati Uniti: «Un suo amico racconta
che non di rado la sera Roosevelt diceva: “Usciamo, an-
diamo a guardare le stelle”. Fissava una nebulosa nella
costellazione di Andromeda che si vede a malapena a oc-
chio nudo e proseguiva: “Questa galassia è formata da
centinaia di milioni di stelle, altrettanti soli, e di queste
galassie ce ne sono milioni e milioni nell’universo. Ecco,
siamo abbastanza piccoli, possiamo andare a letto!”». n
iL LiNGuAGGiO Dei siMBOLi

L’AcquA
memoria e vita
L’AcquA È L’eLeMeNtO, iNsieMe AL FuOcO, creAtO DALL’AriA Per “POLArizzAziONe”:
L’AcquA È iNFAtti, ALL’OPPOstO DeL FuOcO, “MAscHiLe”, “AttivO”, eLeMeNtO
“FeMMiNiLe”, “ricettivO”, “PLAsticO”. L’AcquA È vitA, DONO, FecONDità,
riGeNerAziONe, GuAriGiONe, MeMOriA, cOesiONe, cOMuNicAziONe. NeL suO AsPettO
POsitivO questO eLeMeNtO sciOGLie, LAvA, LiBerA DALLe iMPurità, riFLette LA Luce,
rAFFreDDA, riLAssA, GuArisce; iN queLLO NeGAtivO cOrrODe, iNONDA, ANNeGA.
NON È MAi ABBAstANzA sOttOLiNeAre L’eNOrMe iMPOrtANzA cHe L’AcquA HA DA
seMPre rivestitO iN tutte Le cuLture DeLLA terrA, Per LA sOPrAvviveNzA, MA ANcHe
cOMe sOstANzA PuriFicAtrice, AD eseMPiO Nei rituALi Di ABLuziONe e iNiziAziONe

di Mauro Ruggirello

L’ acqua occupa i 2/3 della superficie terrestre e costituisce


oltre il 70 per cento del volume del nostro organismo; as-
sorbe e rilascia lentamente il calore e svolge un ruolo fonda-
mentale affinché la temperatura media del pianeta sia
mantenuta sufficientemente costante da permettere lo sviluppo
e il mantenimento della vita1. L’acqua è l’unica sostanza pre-
sente in forma solida, liquida e gassosa al tempo stesso, anche
se è di gran lunga più abbondante allo stato liquido, tanto da es-
sere considerata il liquido per eccellenza2. La sua molecola,
costituita da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno (H2O,
ovvero HOH), ha un legame molto forte ma tende, per la sua
particolare conformazione bipolare asimmetrica, a formare ag-
gregati instabili e ad agire sulle altre sostanze modificandole,
assimilandone le proprietà, pur rimanendo, essa stessa, pura.
L’acqua infatti impregna, penetra, permea tutto, scioglie, si
combina, accoglie in sé le altre sostanze, i loro sapori e odori,
li mescola3. Mescolandosi alla terra la rende molle, malleabile,
formando il limo, l’argilla, la materia a partire dalla quale, con
l’intervento del fuoco e dell’aria, in molti miti viene creata la
vita stessa. Nell’acqua si forma la vita, dall’acqua nasciamo.
Fontane, sorgenti, pozzi e grotte sono sempre state, fin dal pe-
riodo neolitico, oggetto di culto e di veri e propri pellegrinaggi.
Le sacre fonti venivano consultate come degli oracoli, per co-
noscere il futuro4. A Delfi, in Grecia, si trovava il famoso tem-
pio di Apollo, dove la sacerdotessa chiamata Pizia (Πυθία, la
“pitonessa”), dopo aver bevuto l’acqua della vicina fonte Kas-
sotis (Κασσοτίς), dove Apollo aveva ucciso il drago–serpente
Pitone (Πύθων), pronunciava i suoi oracoli (χρησμός). Alle
fontane si domandava anche la fertilità e la guarigione dalle
malattie. È noto a questo proposito in Bretagna, Francia, il per-
corso delle fontane sacre, tuttora esistente5. Agli spiriti dei
pozzi, dei laghi, delle sorgenti si offrivano libagioni di frutta,
cereali e miele. Nelle antiche fonti sono stati ritrovati inoltre
numerosi oggetti ex–voto, soprattutto monete6, e spesso vi era
l’usanza di appendere, sugli alberi posti nelle vicinanze, delle
pezze di stoffa. Nei miti celtici, infine, caldaie, pentole e calici
22
John William Waterhous, Hylas and Nymphs , 1896
In apertura: J.A. Dominique Ingres, La Sorgente, (part.)

magici donatori di immortalità sono rinvenuti in fondo al mare o ai laghi7. Anche i pozzi
sacri nuragici, veri e propri templi ipogei, testimoniano l’antichissimo e importantissimo
culto delle acque in sardegna. Presso il lago di Nemi era molto diffuso, in epoca pre–romana
e romana, il culto della dea Diana. il santuario dedicato alla dea, che si trovava presso una
sorgente sulle pendici dell’antico cratere vulcanico, era infatti visitato spesso dagli uomini
per trarne oracoli e dalle donne desiderose di avere dei figli. in caverne, nei pressi di sorgenti,
fontane, cascate, laghi o specchi d’acqua si manifestano da tempo immemorabile misteriose
fate, dee o dame bianche8 – le apparizioni sono tutte di natura femminile. ce ne parlano nu-
merosi racconti, leggende e miti del folklore di tutto il mondo9. una delle forme più frequenti
è quella di una giovane donna dalla folta chioma, seduta su una roccia vicino l’acqua o al
bordo di una fontana, che si pettina i capelli e piange, canta o si lamenta. spesso è nuda, altre
volte ha una coda di serpente o di pesce, come nella la leggenda medievale di melusina o in
quella tedesca di Loreley. Melusina sposa un cavaliere ma gli proibisce di guardarla mentre
si bagna e assume la sua vera forma, con la coda di serpente, divieto che viene regolarmente
infranto dal cavaliere, portandolo alla rovina. Loreley era un’ondina che sedeva su una roc-
cia lungo il fiume reno e attirava pescatori e barcaioli sugli scogli10. Molti di questi culti sono
sopravvissuti fino in epoca moderna, nonostante i numerosi tentativi della chiesa cattolica
di sopprimerli distruggendo le fonti stesse, demonizzando le divinità o costruendovi sopra
delle cappelle o chiese – come nel caso della cattedrale di chartres in Francia – e sostituendo
il culto dei santi o della vergine Maria a quello delle divinità acquatiche. Anche le apparizioni
della Madonna sono spesso avvenute nei pressi di sorgenti già esistenti o scaturite subito
dopo (come a Lourdes, Francia), le cui acque sono poi diventate miracolose. come abbiamo
visto, la natura dell’acqua ha quasi ovunque caratteristiche femminili. Divinità maschili as-
sociate ai mari, come il romano Nettuno (Neptūnus)11 o il greco Poseidone (Ποσειδῶν)12
sono, secondo gli studiosi, acquisizioni relativamente recenti e rappresentano piuttosto
l’aspetto aspro e violento del mare e degli oceani, con le loro tempeste13.
come nel caso di Nereo, anche in altri miti esiste una stretta associazione tra l’acqua e il ser-
pente o drago. il serpente è simbolo di rigenerazione, di fecondità, di conoscenza e di im-
mortalità. spesso custodisce l’accesso alla sacra fonte dell’immortalità. Nella mitologia
vedica vritrá (vṛtrá “l’avvolgente”) è un demone che, sotto forma di serpente (ahi) o drago,
teneva prigioniere, avvolgendole tra le sue spire, le acque del mondo, finché non venne uc-
ciso da indra con il fulmine (vajrāyudha) creato per lui da tvaṣṭṛ, il demiurgo vedico. in
india i nāgas, divinità serpente14, sono considerati spiriti della natura e protettori di sorgenti,
pozzi e fiumi. Portano la pioggia, e quindi fertilità, ma anche disastri come inondazioni e
siccità. sono generalmente considerati guardiani di tesori: i nāgas custodiscono l’elisir della
23
Vishnu-ananta

vita e dell’immortalità15. vishnu (viṣṇu) è originariamente raffigurato sdraiato sotto la protezione


del nāga Shesha (Śeṣa, letteralmente “ciò che è salvato”, il re di tutti i nāga) dalle mille teste,
chiamato anche ananta (infinito) o Ādiśeṣa (il primo), mentre galleggia sull’oceano primor-
diale16. si dice che quando Adishesha si srotola, il tempo avanza e ha luogo la creazione. quando
si arrotola, invece, l’universo cessa di esistere17. secondo il Bhāgavata Purāṇa, shesha è una
manifestazione del Dio supremo vishnu conosciuto come Nārāyaṇa, ovvero «colui che riposa
(ayana) sulle acque (nārāh)»18. Ai nāgas indiani corrispondono, in tibet, i kLu, spiriti serpente
che abitano in laghi o corsi d’acqua sotterranei, anch’essi custodi di tesori. in cina è invece il
lóng o drago ad avere il controllo sull’acqua e la pioggia. Mentre Nüwa, dea dell’antica mitolo-
gia cinese, alla quale si attribuiva la creazione degli animali e degli esseri umani e la riparazione
del cielo, aveva corpo mezzo umano e mezzo serpente. infine, nel mito sumero di Gilgamesh
(sumero Bilgamesh), un serpente esce dalla pozza dove l’eroe si era fermato a bere, e gli ruba
l’erba dell’immortalità che Gilgamesh era riuscito a procurarsi nell’aldilà, serbando quindi per
sé il segreto della vita e della morte.
come è noto, l’acqua è soggetta all’influenza della Luna, alle sue diverse fasi, che tutti i popoli
hanno da sempre associato al ciclo delle maree19. Ma c’è un’altra importantissima associazione
che lega la Luna e l’acqua all’attività riproduttiva, ai cicli femminili e infine, alle piogge20 e ai
periodi di semina e raccolto nell’agricoltura. Da sempre infatti la Luna è associata allo scorrere
del tempo, è anzi proprio la misura del tempo: i termini per luna e mese sono simili in molte
lingue indoeuropee (es. ingl. moon e month) e derivano da una radice *mē– “misurare” (lat. mē-
tior “misurare”)21. Del resto anche l’acqua, come la luna, simboleggia, con il suo flusso vorticoso,
lo scorrere del tempo22. il ciclo della luna è caratterizzato dalle tre fasi, crescente, piena e calante,
corrispondenti simbolicamente alla nascita, crescita e morte: è la Grande Dea che dona la vita,
la nutre e la toglie. Nel suo triplice aspetto essa è Artemide (Ἄρτεμις, la giovane cacciatrice),
selene (Σελήνη, la risplendente), ecate (Ἑκάτη, la vecchia) per i Greci; Diana, Luna, Proser-
pina per i romani23. La Luna compare infatti spesso nell’iconografia antica della Grande Dea,
sotto forma di falce lunare o corna di bovidi, anche questo un simbolo lunare24. se la Luna è il
tempo, la vita e la morte, essa è anche la dimora delle anime disincarnate. La Luna è infatti per
gli indiani il mondo dei padri (pitṛloka), il luogo dove riposano le anime in attesa di una nuova
incarnazione, seguendo la “via dei padri” (pitṛyāṇa), mentre la “via degli dèi” (devayāṇa) è presa
dagli iniziati per raggiungere la “liberazione” (mokṣa) dal ciclo delle rinascite (saṃsāra)25. Alla
Luna è infatti associata la bevanda di immortalità, nettare degli dèi: il soma o amrita (amṛta), cor-
rispondente all’ambrosia (ἀμβροσία) dei Greci26.
L’acqua è creatività, pensiero, immaginazione, conoscenza, memoria. come l’acqua, anche i
pensieri sono caratterizzati da un flusso continuo, ininterrotto, vorticoso. il mormorio dell’acqua
24
calma il pensiero e le emozioni, rilassa, ci porta dei ricordi, rinfresca NOte
le idee, favorisce le intuizioni. come la Luna riflette la luce del sole 1) Lo stesso avviene nel nostro organismo, con una
e la superficie dell’acqua riflette ciò che la circonda, così il pensiero temperatura media costante di 37° c.
2) qualsiasi sostanza liquida si ritiene infatti comune-
è riflessione, immaginazione. Più l’acqua è calma, migliore è la sua mente che contenga dell’acqua al suo interno. come
capacità di riflessione: allo stesso modo una mente calma favorisce ogni liquido, l’acqua assume la forma del conteni-
il pensiero riflessivo, creativo27. tore in cui si trova.
3) un’altra importantissima proprietà dell’acqua è la
come le ninfe, anche le muse, figlie di zeus e Mnemosyne, sono di- capillarità, la capacità di raggiungere gli spazi più
vinità femminili ispiratrici delle arti e della sapienza, depositarie piccoli dell’organismo anche in contrasto con la
legge di gravità. senza questa proprietà non potrebbe
della memoria. situata in una caverna dove si accedeva all’Ade, esistere la vita come la conosciamo.
Mnemosyne (mνημοσύνη) era la sorgente della memoria28. Nel 4) La superficie dell’acqua riflette come uno specchio,
mito orfico la sua acqua donava, attraverso la memoria, vita eterna ed è usata a scopo divinatorio (“lettura” dell’acqua).
5) È famosa la fontana di san Nicodemo a Baud, che
agli iniziati. La stessa caverna ospitava però un altro corso d’acqua, guarisce le donne sterili o gli uomini impotenti, di
il fiume Lete (Λήθη), che cancellava nelle anime, prima di reincar- san egarec a Kerlouan, che guarisce la sordità e la
vista, o quella di Notre–Dame–de–rumengol, che
narsi, ogni memoria della vita trascorsa. come le muse greche, guarisce tutte le malattie, o quella di Barenton, nella
Sarasvatī (“dalle mille sorgenti”) è la dea indiana delle arti, della leggendaria Foresta di Brocéliande: le fonti miraco-
lose si trovano comunque in molti altri luoghi.
musica e della sapienza29. Nella mitologia nordica, la fonte magica 6) come nei “pozzi dei desideri”.
di Mímir (mímisbrunnr “pozzo della memoria”)30, situata sotto l’al- 7) come il calderone di Gundestrup, Danimarca, e
bero del mondo Yggdrasill, regala a Odino (Óðinn) l’onniscienza, quello di chiemsee, Germania. È il “classico” cal-
derone delle streghe.
ma al prezzo di un occhio31. Anche nella Bibbia l’albero della 8) come la mitica figura della regina Ginevra, moglie
conoscenza del bene e del male è situato al centro del giardino del- di re Artù, dal bretone Gwenhwyfar letteralmente:
“bianca apparizione”, o anche la Dama del Lago (vi-
l’eden (Gan’edhen) nei pressi di una sorgente, ma è distinto dal- viana o Morgana), che consegna al re Artù la spada
l’albero della vita. La Bibbia narra che un angelo impedì ad Adamo excalibur, conduce il re morente ad Avalon e seduce
ed eva, dopo che essi ebbero mangiato il frutto della conoscenza, di e imprigiona il mago Merlino.
9) un esempio sono le apsaras delle mitologia indiana,
avvicinarsi ancora all’albero della vita – un episodio che simboleg- spiriti femminili delle nubi e delle acque che portano
gia la loro ormai perduta immortalità. È interessante nel racconto fortuna o disgrazia, o le rusalki o vile della mitolo-
gia slava, spiriti femminili che appaiono come gio-
biblico l’associazione tra il serpente e l’albero della conoscenza, vani fanciulle bellissime nei pressi di fiumi e laghi.
bagnato dall’acqua di sorgente. Hanno lunghi capelli sormontati da corone di fiori e
L’acqua accoglie in sé, assimila, immagazzina e trattiene le qualità vesti bianche o sono nude. Descritte a volte con coda
di pesce, venivano festeggiate all’inizio della prima-
vibrazionali delle sostanze con le quali entra in contatto32; opportu- vera. Anche il neck, nixie o nokken della mitologia
namente agitata, inoltre, si carica di forza vitale, di prāṇa o qì, si germanica è una divinità delle acque di laghi e fiumi,
ma curiosamente maschile, ad eccezione della tede-
“dinamizza”. queste proprietà dell’acqua sono importantissime per sca nixe, simile a una sirena. in grado di assumere
la preparazione dei rimedi omeopatici, secondo il metodo elaborato ogni forma (pesce, serpente o cavallo), attira nelle
acque gli incauti umani suonando l’arpa o il violino,
alla fine del 18° secolo dal dott. samuel Hahnemann33, e sono state e si mostra spesso come un cavallo bianco, come
recentemente confermate dagli esperimenti condotti dallo studioso l’islandese nykur. cfr. anche lo scozzese kelpie.
giapponese Masaru emoto. questi esperimenti hanno ampiamente 10) Loreley è ancora oggi il nome di una pericolosa roc-
cia situata lungo il corso del reno.
dimostrato che campioni di acqua di diversa origine, congelati a 11) Nettuno era originariamente una divinità associata
-20°c, presentavano cristalli caratteristici di diversa forma a alle acque correnti, come l’etrusco Nethuns. secondo
alcuni studiosi, il nome deriverebbe da *neptu–
seconda della provenienza e dell’esposizione a sostanze e addirit- “umidità”, o da *nebh– “nuvola temporalesca”, op-
tura a parole scritte e pensieri. Le acque pure presentavano cristalli pure da una radice pre–indoeuropea *nep– che si ri-
esagonali di particolare simmetria e bellezza, a differenza delle trova ad es. in toponimi come Nepi (vt). La sua
figura fu comunque molto presto assimilata a quella
acque inquinate; così l’acqua esposta a melodie musicali o a parole del greco Poseidone.
ed espressioni positive o a preghiere34. questo spiegherebbe l’ef- 12) Armato di tridente, Poseidone è anche il dio dei ter-
remoti. vive in fondo al mare e i suoi animali sacri
fetto benefico, miracoloso dell’acqua benedetta dei santuari come sono il cavallo (creato dalle onde del mare) e il del-
Lourdes. fino.
Per l’immaginazione tutto ciò che scorre è acqua, acqua corrente. 13) cfr. Mircea eliade, trattato di storia delle religioni,
Boringhieri, 1976, p. 213.
L’acqua corrente è sempre fresca, giovane, viva35. L’acqua rinfre- 14) Da una radice indoeuropea *(s)neg– “strisciare”,
sca, ringiovanisce, rigenera, nutre. L’acqua è simbolicamente il che si ritrova ad es. nell’inglese snake “serpente”.
Da una radice simile *(s)nē- derivano nelle lingue
“latte” di Madre Natura (mater nutrix), bevanda “felice” come il germaniche, celtiche e italiche i termini per “serpente
latte materno. Le stalattiti nelle grotte diventano allora simbolica- acquatico”: got. nadrs, ant. nord. naðra, ant. ingl.
næd(d)re (ma ingl. adder), ant. irl. nath(a)ir, lat. na-
mente le mammelle dalle quali sgorga il “latte della terra”. Nel rig- trix.
veda si legge: «le acque che sono le nostre madri […] vengono a noi 15) si narra che il mahāsiddha indiano Nāgārjuna
seguendo le loro vie e ci distribuiscono il loro latte». Le ninfe stesse ricevette le sue intuizioni illuminanti e il potere
tantrico con l’aiuto dei nāga del lago accanto al quale
sono chiamate “nutrici” di giovani (κουροτρόφοι). L’acqua ci meditava.
porta, ci culla, sussurra e ci addormenta con il suo dolce mormorio: 16) Nella tradizione buddista è notevole la figura del
nāga mucalinda, protettore del Buddha. Nel vinaya
l’acqua ci restituisce la Madre36. L’acqua è dunque vita, rigene- Sutra (i, 3) si narra che il Buddha, poco dopo l’illu-
razione. Ma per esservi rigenerazione devono essere distrutte le minazione, era in meditazione in un bosco quando
forme che hanno esaurito la propria funzione. e l’acqua interviene sopraggiunse un grande temporale: generosamente

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il re Nāga mucalinda offrì riparo al Buddha coprendo- “sciogliendo” ogni forma: l’acqua che dà la vita può infatti dare
gli la testa con le sue sette teste di serpente.
17) interessante il parallelo con l’uroboro (οὐροβóρος), anche la morte. così, nella Bibbia, l’umanità corrotta viene
il serpente che si morde la coda, simbolo già egizio del distrutta per mezzo del diluvio37. Ma dagli esseri che si sono sal-
tempo ciclico. È il serpente di mare Jörmungandr o
miðgarðsormr della mitologia nordica, che circonda il
vati sull’arca rinasce un nuovo mondo, rigenerato. Analogamente,
mondo mordendosi la coda. nei riti di iniziazione mediante l’acqua, come il battesimo, il fedele
18) «Le acque sono chiamate nārāh, [perché] esse sono viene rigenerato, rinasce puro: l’acqua del battesimo è segno della
prodotte da Nāra [il primo essere]; essendo state queste
la sua prima residenza [ayana], egli è chiamato nuova vita38. Anche il bagno rituale ebraico, il mikveh, ridona la
Nārāyaṇa» Bhāgavata Purāṇa. purezza prima di ogni atto rituale. tutti i popoli si sono serviti fin
19) «La Luna scorre nelle acque, e il sole dalle belle piume
nel cielo» (candramā apsv antar ā suparṇo dhāvate dall’antichità delle abluzioni, praticate prima di entrare nei luoghi
divi) rigveda, i,105,1. L’influenza della Luna, come sacri e prima di qualsiasi atto religioso, ed hanno usato le asper-
quella del sole, non si esercita naturalmente solo sul- sioni con acqua benedetta nei riti di
l’acqua, ma quello sull’acqua è l’effetto più evidente.
20) Forse non è un caso che le precipitazioni più intense si purificazione.
verifichino spesso nei giorni immediatamente prece- come per il fuoco, anche i termini
denti o successivi alle fasi di luna nuova o luna piena.
21) cfr. sanscr. mās “luna, mese”, gr. μήν, μής “mese”, per acqua hanno, nelle lingue indo-
μήνη “luna”, lit. mėnuo, mėnesis “luna, mese”, ant. europee, una tradizione piuttosto
slavo mĕsęcъ “luna, mese”, got. mēna “luna”, mēnōÞs varia, e spesso acquistano i significati
“mese”, lat. mēnsis “mese”; cfr. anche sanscr. māti “mi-
surare”, gr. μέτρον “misura”, got. mēl “tempo”. di “onda, fiume, lago, mare, pioggia”.
22) Famosa, a questo proposito, la frase di eraclito: «panta L’acqua intesa come strumento è
rhei» (πάντα ῥεῖ) “tutto scorre”: non ci si può bagnare
due volte nella stessa acqua del fiume. L’acqua scorre, rappresentata in un gran numero
secondo viktor schauberger (1885 – 1958), grande stu- di lingue dal termine i.e.
dioso austriaco di questo importante elemento, con moto
cicloide spiraliforme.
*wedōr-/uden- (es. inglese water,
23) così le greche Moire (Μοῖραι), personificazione del latino unda “onda”)39. L’acqua
triplice tempo: Cloto “la filatrice” (Κλωθώ), Lachesi personificata è invece rappre-
“la distributrice” (Λάχεσις), atropo “senza ritorno”
(Ἄτροπος); le romane Parche (Parcae o tria Fata): sentata da *āp-/*akwā-, che ri-
Nona, Decima, morta; le nordiche Norne (Nornir): troviamo nell’area linguistica
Urðr “l’origine”, verðandi “il divenire”, Skuld “il de-
bito”. cfr. anche le Ore greche (Ὧραι, divinità delle sta- indoiranica, italica (lat. aqua) e
gioni, del tempo “giusto”): tallo (Θαλλώ “che dona germanica40. L’acqua di sorgente
germogli”), auxo (Αὐξώ “che favorisce la crescita”), si ritrova nel sanscrito jala, mentre
Carpo (Καρπώ “che raccoglie frutti”). Al triplice
aspetto della Dea possiamo assimilare anche le dee in- l’acqua piovana è espressa dalle ra-
diane Sarasvatī, Lakṣmī, Pārvatī risp. mogli di Brahmā, dici *wer- (es. ant. nordico ūr
vishnu e shiva.
24) La falce di luna crescente con le punte rivolte in alto è “pioggia”, lat. ūrina) e *nebh-
anche simbolicamente la coppa o calice dove si racco- /embh- (es. latino nubes “nube” e
glie la bevanda dell’immortalità. È il calderone magico imber “pioggia”)41. Nelle lingue celti-
della mitologia celtica. questo simbolo ricorre inoltre
spesso nelle raffigurazioni della Madonna, sotto i suoi che l’acqua è invece “la profonda” o
piedi. cfr. anche Apocalisse 12,1–2. “la nera” (es. gallese dwfr, bretone
25) cfr. Bṛhadāraṇyaka Upanishad 6,2,15–16; Chāndo-
gya Upanishad 5,10,1–8. v. anche Plutarco, il volto dour)42. un altro termine è quello
della luna. per “distesa, specchio d’acqua,
26) «Abbiamo bevuto il soma e siamo diventati immor-
tali» (apāma somam amṛtā abhūma) rigveda 8,48,3. il
mare”, da una radice comune rico-
soma è anche la pioggia o sperma del toro celeste che fe- struita *mari/mori (es. lat. mare)43.
conda la terra, o il latte della mucca divina che nutre il Diffuso nell’area italica, celtica, ger-
mondo.
27) L’emisfero destro del cervello umano è, in particolare, manica e slava, questo termine presenta in alcune lingue un’in-
il luogo del pensiero analogico, intuitivo, sintetico. teressante somiglianza con il termine per “madre”44. Ancora,
L’emisfero sinistro è invece caratterizzato dal pensiero
logico, consequenziale, analitico. la fonte o sorgente è spesso il luogo dove l’acqua sgorga quasi “ri-
28) cfr. gr. μνήμη “ricordo, memoria”, μιμνήσκω “ricor- bollendo, gorgogliando” come in greco e nelle lingue celtiche, ger-
dare”, μνάομαι “pensare”, sanscr. manyáte “credere, maniche e slave45, mentre il torrente o fiume è caratterizzato dallo
pensare”, manati “pensare”, manas “mente”, lat. me-
minī “mi ricordo”, mēns “mente”, tutti da una radice “scorrere” di questo meraviglioso liquido nell’area indoiranica,
*men– “pensare, ricordare”. greca, italica, celtica, germanica e slava (es. lat. rīvus)46. un altro
29) Sarasvatī è, nel rigveda, anche il nome di un fiume.
30) Da una radice indoeuropea *(s)mer– “ricordare”. cfr. termine interessante è infine quello che si ritrova nel sanscrito
lat. memor, memoria, gr. μερμαίρω, μερμηρίζω, nārāh, greco νερόν/νηρόν “acqua fresca”, νᾶρός “corrente”, da
sanscr. smarati “ricordare”. una radice *ner– che si ritrova in numerosi nomi di corsi d’acqua
31) cfr. anche il mito di tiresia: la conoscenza ha un
prezzo, ma l’occhio qui simbolizza la perdita della vista in tutta l’europa (es. Nera in umbria, Neris in Lituania)47. La
“fisica” e l’acquisto di quella “sottile, spirituale”. Molti stessa radice si ritrova probabilmente nel greco Νηρεύς (Nereo),
“veggenti” o poeti dell’antichità erano anche ciechi.
32) La frequenza della vibrazione molecolare dell’acqua antica divinità delle acque, il “vecchio del mare” secondo Omero.
cambia a seconda delle sostanze in essa disciolte, deter- Figlio di Ponto (il mare) e Gaia (la terra), Nereo può assumere
minando il diverso effetto terapeutico di acque diverse.
33) il dott. samuel Hahnemann (1755 – 1843) scoprì il co-
ogni forma48 – sebbene prediliga quella di serpente – e predire il
siddetto “principio di similitudine” (similia similibus cu- futuro. È anche il padre delle Nereidi (Νηρείδες), ninfe marine
rantur), secondo il quale il rimedio adatto a curare una spesso rappresentate come fanciulle dai capelli ornati di perle, a
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cavallo di delfini o cavalli marini. Le più note sono Anfitrite malattia è quella sostanza che in una persona sana in-
duce gli stessi effetti della malattia; questo principio
(Ἀμφιτρίτη), sposa di Poseidone, e teti (Θέτις), madre dell’eroe costituisce il fondamento dell’Omeopatia.
Achille. come le Nereidi, anche le Naiadi (Ναϊάδες, da una radice 34) se è vero che il nostro corpo è composto dal 70 per
cento di acqua, si possono facilmente dedurre gli ef-
*(s)na– “scorrere, umidità”)49 sono ninfe delle acque (dal gr. νύμφη fetti di un atteggiamento positivo verso la vita.
“vergine, giovane donna non maritata”) associate a fontane, sor- 35) Al contrario delle acque stagnanti o “morte”, per as-
genti, cascate, pozzi e caverne. Appaiono come giovani e bellissime senza di ossigeno. cfr. Gaston Bachelard, Psicanalisi
delle acque, red edizioni, 2006, p. 133.
fanciulle dai lunghi capelli. Dotate di poteri di guarigione, le naiadi 36) Gaston Bachelard, op. cit., p. 149. Dagli esperimenti
o ninfe d’acqua sono anche fonti di ispirazione (νυμφοληψία) per condotti in America durante gli anni ’60 su soggetti
immersi in vasche di isolamento risultava che questi
gli umani50. come l’acqua sgorga dalla sorgente, così le ninfe mor- provavano un ampliamento della coscienza simile al
morano, sussurrano, ispirano. si narra che il secondo re di roma, piacere e alla beatitudine illuminata di cui ci parlano
Numa Pompilio il legislatore, avesse come sposa la i testi indiani a proposito del cosiddetto stato di sa-
madhi. Nella Bibbia l’acqua significa felicità e si-
ninfa egeria. i due si incontravano nel bosco o valle curezza (ez 47,1).
delle Camene, al limite delle antiche mura 37) «ecco io manderò il diluvio, cioè le acque (ham-
mabbūl mayim), sulla terra, per distruggere sotto il
della città51, presso una sorgente d’ac- cielo ogni carne, in cui è alito di vita; quanto è sulla
qua, dove il re riceveva consigli e terra perirà» Gen. 6,17
ispirazione. Le camene (Camēnae o 38) «Gli rispose Gesù: in verità, in verità ti dico, se uno
non nasce da acqua e da spirito, non può entrare nel
Carmēnae) erano ninfe delle sorgenti, regno di Dio» (ἀπεκρίθη ὁ Ἰησοῦς Ἀμὴν ἀμὴν
fonte di ispirazione, come egeria e λέγω σοι, ἐὰν μή τις γεννηθῇ ἐξ ὕδατος καὶ
πνεύματος, οὐ δύναται εἰσελθεῖν εἰς τὴν
Carmenta, ma anche protettrici del βασιλείαν τοῦ θεοῦ) Gv 3,5; «Ma chi beve dell’ac-
parto (come antevorta e Postvorta). qua che io gli darò non avrà mai piú sete; l’acqua che
io gli darò diventerà in lui fonte di vita eterna» (ὃς δ’
Benché ispiratrici, le ninfe potevano ἂν πίῃ ἐκ τοῦ ὕδατος οὗ ἐγὼ δώσω αὐτῷ, οὐ μὴ
però essere pericolose o mortali se διψήσει εἰς τὸν αἰῶνα, ἀλλὰ τὸ ὕδωρ ὃ δώσω
spiate nelle ore centrali della gior- αὐτῷ γενήσεται ἐν αὐτῷ πηγὴ ὕδατος
ἁλλομένου εἰς ζωὴν αἰώνιον) Gv 4,14.
nata52. È nota la leggenda del cac- 39) Neutro con alternanza r/n da una radice indoeuropea
ciatore il quale, inseguendo una *wed- “bagnato, scorrere”. cfr. sanscrito ud- “ba-
gnato, scorrere”; cfr. inoltre sanscr. udán, greco
cerbiatta nel bosco, scopre una sor- ὕδωρ, ὕδατος, ittita watar (nom.), wetenaš (gen.),
gente o fontana nella quale si umbro utur, gotico watō, ant. nordico vatn, inglese
bagna una bellissima fanciulla – water, ant. irlandese uisce, ant. slavo voda (antica per-
sonif. femminile), lituano vanduõ (antica personif.
in realtà una dea o ninfa – che si femminile), lettone ūdens, albanese ujë “acqua”, la-
mostra nuda al cacciatore. in altre leg- tino unda “onda, acqua corrente”.
40) cfr. sanscr. āpas “le acque”, avestico āp-/ap-, per-
gende la giovane si mostra seduta sul siano āb “acqua”, lat. amnis, lit. upė, ant. irl. abann
bordo della fontana mentre si pettina “fiume, acqua che scorre”, irl. abha, gallese afon, bre-
la folta capigliatura. La vista è però tone aven “fiume”; lat. aqua “acqua”, ma got. ahwa,
ant. ingl. ēa “fiume”; cfr. anche ittita eku-/aku-, toca-
dannosa per il cacciatore, che rio yok “bere”. curiosa l’assonanza con il sumero ab
viene trasformato per punizione in “acqua, oceano, seme”.
41) cfr. per il primo il sanscr. gal- “gocciolare”, ted.
cervo, come nella leggenda di At- Quelle “sorgente”. Da *wer- abbiamo: sanscr. vār-,
teone (Ἀκταίων) che vede Artemide, vāri, tocario A wär, tocario B war “acqua”, avest. vār-
ant. nord. ūr “pioggia”, ma avest. vairi-, lit. jūra
o viene accecato, come nel mito di “mare”, e cfr. anche gr. οὖρον, lat. ūrina. Da *nebh-
tiresia (Τειρεσίας). L’indovino tiresia, figlio della ninfa ca- /embh-: sanscr. ambhas, ambu, gr. ὄμβρος, lat. imber
riclo (Χαρικλώ, “graziosa tessitrice”), aveva infatti spiato “pioggia, temporale, nuvola di pioggia”, nubes e nim-
bus “nube, nuvola temporalesca”, gr. νεφέλη “nu-
Atena (Ἀθηνᾶ) mentre si bagnava nuda in una fonte, e fu pu- vola”, sanscr. abhra “nuvola, tempo piovoso”, nabhas
nito dalla dea che lo rese cieco. in seguito all’intervento della “nuvola, cielo”.
42) cfr. alb. det “mare”, got. diups “profondo”, ant. slavo
madre, tiresia ricevette tuttavia il dono della profezia53. un altro dǔno “fondo”; cfr. anche ant. irl. dub “nero”.
mito narra come la ninfa salmace (Σαλμακίς), invaghitasi di er- 43) cfr. irl. muir, gallese e bretone mor, got. marei, ant.
mafrodito che giungeva alla sua fonte, volle unirsi a lui «come un nord. marr, ted. meer, ant. ingl. mere, lit. mãrios, ant.
slavo morje.
serpente» (ut serpens), chiedendo agli dèi di poter restare eterna- 44) vedi ad es. l’assonanza tra i termini francesi la mer
mente insieme. Gli dèi esaudirono il desiderio della ninfa, unendo “il mare” e la mère “la madre”, ital. mare e madre. La
lettera/suono nasale bilabiale m si ritrova, in molti ter-
i due per sempre in un unico corpo, ma ermafrodito maledisse la mini simbolicamente legati all’acqua, come luna (es.
fonte, chiedendo che chiunque si fosse bagnato nelle sue acque ingl. moon) e madre.
dovesse uscirne androgino (semivir)54. 45) viene naturale l’accostamento simbolico alla caldaia
o calderone magico. Da una radice *bher–/bheru–
Particolarmente interessante è il termine ebraico per acqua, mayim. /bhreu– “ribollire” (lat. fervēre, gr. φύρω “rimesco-
mayim è in realtà un plurale, le “acque”: sono le acque superiori, lare”, sanscr. bhur– “fremere, agitare”), cfr. gr. φρέαρ
“pozzo”, armeno albiur, irl. tobar, got. brunna, ant.
fecondatrici, maschili, e le acque inferiori, ricettive, femminili di nord. brunnr “pozzo, sorgente”; polacco źrόdlo “sor-
cui si narra nella Genesi55. mayim si scrive utilizzando tre carat- gente”, russo žerlo “cratere”, da *gwer– “inghiottire,
gorgogliare” (lat. gurges “gorgo, vortice”, ital. gor-
teri, due mēm (iniziale e finale) che contengono uno yōd centrale: gogliare).
mēm è, secondo la cabala, la lettera associata all’acqua e alla 46) L’acqua che scorre è simbolicamente associata al
madre, alla nascita e alla maternità, come nell’ebr. ‘ēm “madre” e tempo. Da una radice *sreu– “scorrere” (gr. ῥέω,

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Herbert J.Draper, Ulisse e le Sirene

iam “mare”. il suono nasale bilabiale M è del resto il primo articolato dal bambino e il termine
familiare per “mamma” è molto simile in tutte le lingue del mondo. Anche la nostra lettera m de-
riva, in ultima analisi, dal geroglifico egiziano che simboleggiava proprio l’acqua con le sue
onde. Lo yōd racchiuso tra i due mēm simboleggia invece la potenza racchiusa nelle acque, nella
madre. curiosamente, anche la molecola dell’acqua è composta da un atomo di ossigeno tra due
atomi di idrogeno, secondo lo schema HOH, e nel Libro dei mutamenti (i ching, o meglio: Yì
jīng) cinese il trigramma dell’acqua (kan) è rappresentato come una linea intera (yáng, ma-
schile) posta tra due linee interrotte (yīn, femminile): è il potere creativo del fuoco (yáng), na-
scosto tra le acque (yīn)56. Non a caso nel rigveda indiano Agni, personificazione del fuoco, è
detto «parente delle acque», «nato in seno alle acque»57: egli «si nasconde in mezzo alle acque».
All’Acqua è associato, secondo il Laya Yoga, il secondo chakra, situato in corrispondenza degli
organi genitali, al livello del coccige, 5 cm circa sotto l’ombelico: Svādhiṣṭhāna, letteralmente
“situato al proprio posto”, “dolcezza” secondo un’altra interpretazione. Svādhiṣṭhāna è rappre-
sentato come un loto a sei petali di colore rosso vermiglio o arancione, secondo le diverse scuole
di pensiero58. Al centro in basso si trova una falce di luna crescente o mezzaluna bianca, splen-
dente, regno di varuna, dio vedico del cielo nuvoloso e della pioggia, che appare con in mano
un laccio (pāśa), seduto sul makara, un mitico mostro marino simile a un coccodrillo. il man-
tra seme (bīja mantra)59 è vaṃ, mentre sui petali compaiono sfolgoranti le sillabe mantra baṃ
bhaṃ maṃ yaṃ raṃ laṃ. Nel punto (bindu) sopra la sillaba vaṃ si cela vishnu, signore della
conservazione della vita, rappresentato come un giovane dalla carnagione blu con una veste
giallo oro e quattro braccia le cui mani stringono la mazza, la conchiglia, il disco affilato e il loto.
La sua cavalcatura è Garuḍa, il mitico uomo–uccello. La divinità femminile o shakti (Śakti)60
associata è rākinī, dall’aspetto terrificante, come sottolineato dai denti minacciosi e dai tre occhi
rossi; ha carnagione blu e quattro braccia nelle cui mani vi sono una lancia, un loto, un tambu-
rello e un’ascia affilata. questo chakra coincide con il plesso sacrale ed è associato all’apparato
urogenitale, alle ghiandole surrenali. corrisponde ai testicoli e alle ovaie che producono i vari
ormoni sessuali coinvolti nel ciclo riproduttivo, ma anche alla prostata, all’utero, ai reni, alla ve-
scica. A livello fisico, questo chakra governa la riproduzione, l’assimilazione del cibo, la forza
fisica e la vitalità, la sessualità. A livello psichico, Svādhiṣṭhāna governa la creatività, l’intui-
zione, la gioia e l’entusiasmo, le relazioni interpersonali, il desiderio, le emozioni, la passione,
il piacere. il buon funzionamento di questo chakra produce un rapporto equilibrato e armonioso

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sanscr. sru– “scorrere”) abbiamo: gr. ῥευμα, ῥόος, ῥοή,
irl. sruth, ant. nord. straumr, ingl. stream, lit. srovė, lett.
strāva, sanscr. srotas, sravat, ant. pers. rauta, pers. rūd
“torrente, fiume”; da *rei– “scorrere” abbiamo invece lat.
rīvus, got. rinnō, ant. slavo rĕka “torrente, fiume”. Nelle
lingue indoeuropee la lettera/suono vibrante r si ritrova
in moltissimi termini indicanti il movimento, il fuoco, la
frizione.
47) cfr. anche i toponimi Narni (italia), Nara (fiume russo),
Neretva (fiume croato), Narva (fiume estone), Nera (ro-
mania), Narbonne (Francia), Nairn (scozia); cfr. anche
lit. narus “profondo” e nerti “immergersi”. interessante
anche l’accostamento all’ebraico nahar “fiume”. La let-
tera/suono nasale N si ritrova nelle lingue indoeuropee
in molti termini associati simbolicamente all’acqua,
come nuotare (*snā–), nave (*nāu–), guarire (*nes–),
nuovo (*newo–), rene (*negwhro–), ma anche notte
(*nekwt–), morte (*nāu–), annegare (*nek–).
48) come avviene nella lotta con ercole, quando l’eroe è
alla ricerca del giardino delle esperidi.
49) cfr. gr. νάω “scorrere”, gr. νᾶμα “acqua corrente”,
sanscr. snāti “bagnarsi”.
50 come le ninfe, anche le Muse sono divinità delle arti e
della sapienza, depositarie della memoria. con l’avvento
del patriarcato, le ninfe diventano oggetto delle violenze
Oceano e Teti, mosaico degli dèi, tra gli altri Giove, Apollo, Poseidone, Marte.
51) L’odierno viale delle terme di caracalla, tra il celio e
l’Aventino, era un tempo ricoperto di boschi, grotte e sor-
con gli altri, la fiducia in se stessi e nella vita, un atteggiamento genti
52) A mezzogiorno si evitavano fontane, fiumi e sorgenti.
positivo verso il cambiamento, l’assimilazione di nuove idee, 53) in un altro mito si narra invece che tiresia, passeg-
la salute, la tolleranza. viceversa, le disfunzioni producono con- giando sul monte cillene, vide due serpenti che si ac-
coppiavano. infastidito dalla scena, ne uccise la femmina
fusione, sfiducia, eccessi nell’alimentazione e nella vita ses- e fu tramutato in donna, vivendo in tale condizione per
suale, impotenza, gelosia, invidia, desiderio di possesso, sette anni. Dopo avere assistito ancora una volta alla
bisogno di controllare gli altri, conflitti personali o guerre. A li- stessa scena, uccise il serpente maschio e tornò a essere
uomo.
vello fisico si hanno invece problemi all’apparato urogenitale, 54) Ovidio, metamorfosi, iv, 306–312. Anche nel mito
quindi agli organi sessuali e ai reni. L’organo di senso associato degli Argonauti, ila (Ὕλας), compagno di ercole, viene
rapito dalle ninfe di una fonte, innamoratesi di lui.
a questo chakra è la lingua, sede del gusto, mentre l’organo di 55) «… e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque» (wərûaḥ
azione sono le mani. ’ĕlōhîm məraḥefeṯ ‘al-pənê hammāyim) Gen. 1,2; «… e
Dio disse: sia il firmamento in mezzo alle acque per se-
L’acqua presenta una stretta analogia con l’elemento etere o spa- parare le acque dalle acque» (wayyōmer ’ĕlōhîm yəhî
zio, la materia o sostanza primordiale a partire dalla quale, at- rāqîa‘ bəṯōwḵ hammāyim wîhî maḇdîl bên mayim
traverso l’azione della luce o vibrazione (il “verbo”), inizia la lāmāyim) Gen. 1,6.
56) Anche l’ideogramma cinese per acqua, 水 shui (pron.
creazione dell’universo o manifestazione, la vorticosa “danza di shuèi), è rappresentato da tre segni, tre ruscelli che scor-
shiva”.61 come l’etere, anche l’acqua, attraverso l’azione del rono verticalmente.
57) «Nato in seno alle acque, in cui si era adagiato come un
fuoco e dell’aria e con la partecipazione della terra, plasma la animale dalle membra ripiegate, [Agni] si distende, e la
vita e le dà forma. sua luce si diffonde lontano».
Nell’incontro con il fuoco essa riceve l’energia che le imprime 58) i sei petali corrispondono alle vṛtti (“vortici involutivi”)
darsi agli eccessi, spietatezza, senso di distruttività, allu-
il movimento; nell’incontro con l’aria si ripiega su se stessa cre- cinazione, disprezzo e sospetto.
ando l’onda, producendo la schiuma, generando la vita62. Le sue 59) i mantra-seme sono dei suoni rappresentanti le divinità
o poteri cosmici associati ai vari chakra. La loro
correnti formano gorghi e vortici, simboleggiati dalla spirale, il pronuncia richiama l’influenza di tali forze. La sillaba è
movimento della vita. Ma l’acqua è anche e soprattutto, secondo detta in sanscrito akshara (akṣára), che significa
Jung, «il simbolo più corrente dell’inconscio»63. Nel suo aspetto “eterna, indistruttibile”.
60) Dalla radice sanscrita śak “essere forte, potente, essere
materno, l’acqua simbolizza infatti l’inconscio, che può essere capace di”. Shakti (lett. “potenza”) rappresenta
considerato la madre o matrice della coscienza. L’acqua riflette l’aspetto femminile dell’universo nella coppia Shiva-
Shakti.
come uno specchio la nostra immagine e ce la mostra così 61) come l’etere o Akasha, l’Oceano cosmico, l’acqua è
com’è, senza maschere. Ma la superficie dell’acqua è anche il anche memoria. cfr. anche il mio articolo L’etere o aka-
sha, apparso su L’eterno Ulisse n. 4 a pag. 39.
limite tra la parte cosciente, superiore, e la parte inconscia o 62) «il mare si coprì di schiuma, e al formarsi di ciascun
“sommersa” del nostro io. immergersi in questo liquido signi- fiocco di schiuma qualche cosa prendeva forma, qual-
fica allora immergersi nella parte più profonda di noi stessi, af- cosa prendeva corpo» Jalāl al-Dīn rūmī (cit. da J. che-
valier, A. Gheerbrant, Dizionario dei simboli, ed. Bur,
frontare le nostre emozioni, le nostre paure, la paura soprattutto 1986, pag. 8). Dalla schiuma del mare (in greco ἀφρός)
di conoscere e affrontare il nostro lato nascosto, la nostra ombra, nasce, secondo esiodo, Afrodite (Ἀφροδίτη), dea del-
l’amore, della bellezza, della generazione e della ferti-
paura dell’ignoto, del cambiamento. così, nell’Yì jīng, l’attra- lità.
versamento della grande acqua, del “grande fiume”64, tema pi- 63) cfr. carl G. Jung, Gli archetipi dell’inconscio collet-
uttosto ricorrente di quest’opera, equivale al superamento dei tivo, Boringhieri, 1995, pag. 36.
64) «dà chuān».
nostri limiti, alla trasformazione e realizzazione di noi stessi, 65) emblematico a tale proposito è il viaggio di ulisse per
per ritrovare la nostra essenza spirituale.65 n mare, simbolo di trasformazione, saggezza, rinascita.

29
Il lInguaggIo deI sImbolI

Il vIno nell’antIchItà
da Noè a dioNiso
Il vIno come opera d’arte e l’apertura
della bottIglIa quasI una cerImonIa per gustare Il prezIoso nettare,
frutto della vIte e del lavoro dell’uomo. la storIa che conduce daI pIthoI
all’orcIo, dalla kylIx al calIce, dall’oInochòe al decanter è lunga, ma unIco
è Il protagonIsta: Il vIno, nettare deglI dèI. InIzIamo a percorrere InsIeme
le strade dI palestIna e grecIa, prIma dI approdare a roma.
un vIaggIo nel tempo, nello spazIo e nelle tradIzIonI arcaIche.

di Rigel Langella

L a vite, come del resto l’ulivo e il grano, erano e sono piante sacre nell’areale medi-
terraneo, segno di un radicamento alla Madre Terra che faceva vivere la vita non da
stranieri, ma da esseri consapevoli della stretta interazione tra macrocosmo e microco-
smo. Le antiche civiltà mediterranee, attraverso i preziosi reperti a noi pervenuti, ancora
oggi trasmettono il senso di luminosa serenità delle società agricole, contrapposte a
quelle pastorali, guerriere, maschiliste e aggressive. Così come mi è capitato di speri-
mentare a Santorini, visitando gli scavi della città minoica di Thera, da dove riaffiora la
vita quotidiana, semplice e luminosa, di una società matriarcale.
È evidente il fatto che il vino è sacro lì dove è radicato nella cultura tradizionale di un
popolo, soprattutto dove la cultura della vite è resa possibile dalle condizioni climatiche
che favoriscono un’agricoltura specializzata.
A quanto sembra sono stati i Sumeri i primi a lasciare testimonianza scritta sull’uso del
vino già nella celebre Epopea di Gilgamesh, opera
letteraria che risale al III millennio a.C. e parla
della ricerca dell’immortalità da parte del-
l’eroe di Uruk. I caratteri cuneiformi delle
tavolette di Ebla, che gli scavi italiani
hanno riportato alla luce, testimoniano
come il vino venisse usato nei banchetti,
offerto agli dèi e ai capi della comunità, in
pagamento delle tasse.
La sacralità della bevanda è sancita in particolare nel testo biblico, la tradizione religiosa
comune a ebrei e cristiani, e deriva indubbiamente dal rilievo che la vite e il vino avevano
nella letteratura dell’Antico Israele, così come per Greci e Romani.
Partiamo allora dalla Bibbia: per chi ama le statistiche sono ben 127 tra Antico e Nuovo
Testamento le ricorrenze, i brani, le pericopi in cui è citato il vino. È proprio la Sacra Scrit-
tura la fonte documentaria primaria dell’Antichità. Il testo in cui il vino è praticamente un
co-protagonista è il Cantico dei cantici, composizione dalle espressioni ardite, dal lin-
guaggio vivo che sconcerta chi non sappia penetrare la dimensione del sacro in cui l’amore
è celebrato proprio nella vigna, quasi un nuovo Giardino dell’Eden. Ovviamente, oggi,
nessuno crede più che sia stato scritto dal Re Salomone nel X secolo a.C., ma le sue espres-
sioni immortali restano alte, anche se provenienti da un ignoto, ma ben dotato scriba:
Il tuo ombelico è una coppa
che non manca mai di vino (Ct 7, 3).

Oppure le allusioni ai sentimenti più profondi:


Quanto più deliziose del vino
sono le tue carezze (Ct 4, 10);
Ricorderemo le tue tenerezze
più del vino (Ct 1, 4).

Termini espliciti riferiti all’amore che, in un recente passato, determinarono la proibizione


di leggerlo per le donne, facendo ritenere il linguaggio solo simbolico e mistico:
Il mio diletto è per me un grappolo di Cipro
nelle vigne di Engaddi (Ct 1,14);
Il tuo palato è come vino squisito
che scorre dritto
verso il mio diletto (Ct 7, 10).

Secondo la moderna esegesi il testo è più recente e risale al VI-IV sec. a.C., composto per
celebrare l’amor profano e la gioia della libagione, assurta a paragone di massima delizia.
La vigna, che fa da sfondo a questo amore, è descritta nel tempo incantato della fioritura
e della primavera, tanto da deliziare ancora, alla lettura, il nostro olfatto con i profumi
della macchia mediterranea.
Di vino si parla anche nei Libri storici, profetici e sapienziali.
Assieme alle evidenze archeologiche, che hanno restituito
attrezzature vitivinicole provenienti dal Medio Oriente, pos-
siamo dire con certezza che la bevanda era prodotta già in
epoca arcaica in diverse forme o – come diremmo oggi – se-
condo differenti disciplinari. Scopriamoli insieme. Il pro-
feta Gioele ci parla del vino novello: Io vi mando il grano,
il vino nuovo (Gl 2,19). La Genesi mette in guardia dagli ef-
fetti del vino forte: Avendo bevuto il vino, Noè si ubriacò
(Gn 9,21). Il profeta Osea parla del vino mescolato al
mosto: Il vino e il mosto tolgono il senno (Os 4,11). Infine,
è ancora il Cantico, a farci sapere che i nostri progenitori
usavano come afrodisiaco il vino speziato: Ti farei bere
vino aromatico (…) (Ct 8,2).
Sul mercato delle antiche città era, dunque, possibile ac-
quistare una vasta gamma di vini, che venivano suddivisi
principalmente in base a colore e origine: rossi di Cipro e
Frigia; rosso leggero di Sharon; vini etiopici. I bianchi più
apprezzati provenivano dalle vigne del Libano e in alcune
raffigurazioni abbiamo due uomini che portano a spalla su
una pertica un solo grappolo, come un trofeo. Da tutti questi
riferimenti incrociati non è arbitrario dedurre che il vino fosse
un importante prodotto commerciale, scambiato in tutti i porti
del Mediterraneo.
31
Arriviamo allora nell’antica Grecia: se dalla Palestina i testi che ci parlano del vino
sono essenzialmente religiosi, nell’Antica Grecia sono soprattutto poetici. Tra il X e
l’VIII secolo a.C. si possono datare i testi di Omero e di Esiodo. Le pagine immortali,
scritte secondo tradizione dal mitico bardo, ci tramandano notizie dirette sul ruolo di
primo piano che il vino aveva nella vita sociale. Per la sua conformazione il territorio
greco non ha grandi pianure, ma strette e brevi vallate, prive di grandi estensioni di
colline e terreni coltivabili. Allora il vino, prodotto pregiato e raro, diventa ornamento
delle mense dei re.
Quando nel II libro dell’Iliade l’Autore, passando in rassegna il fior fiore delle mili-
zie schierate, mette in primo piano, tra i vanti principali delle città greche, la presenza
di vigneti: aprica vitifera Istiea; Epidauro, lieta di pampini.
Ma il vino non rimase in patria e arrivò fin sotto le mura di Troia nei lunghi anni del-
l’assedio, prima che la città divenisse “fumante”. Tra i premi ambiti, offerti ai com-
battenti, non mancava il prezioso nettare, che giungeva con “molte navi” da Lemno,
inviato da Euneo, che per gli Atridi, Agamennone e Menelao, ne aveva inviato
mille misure:
Della sera allestite indi le mense
per le tende, cibar le opime carni
di scannati giovenchi, e ristorarsi
del vino che recato avean di Lemno
molti navigli; e li spediva Euneo
d’Issipile figliolo e di Giasone.
Mille sestieri in amichevol dono
Euneo manda ad ambedue gli Atridi
(Iliade, VII, 467-471, traduzione di V. Monti).

E ancora l’epopea del vino si snoda pure lungo le nuotate e vogate di Ulisse che cerca
tenacemente di tornare a casa, in quel di Itaca. Ne fa uso Circe, per i suoi incantesimi:
Per loro formaggio, farina d’orzo e miele
nel vino di Pramno mischiò:
ma univa nel vaso droghe (Odissea, X, 234-235)

E anche a casa di Calipso, nell’isola di Ogigia, dove l’eroe restò ben


sette anni, non mancava il ristoro della bella vigna
che non faceva sentire la nostalgia di casa:
si stendeva vigorosa con i suoi tralci
intorno alla grotta profonda,
la vite domestica:
era tutta carica di grappoli (Odissea V, 68-69).

Per fortuna il vino, assieme ad abbondanti messi,


non mancava neppure in quel di Itaca (Odissea
XIII, 244), altrimenti chissà se il nostro eroe sarebbe
ritornato da Penelope …
Le peripezie di Ulisse nel Mediterraneo,
anche se oggi la sua epopea viene collocata
oltre le colonne d’Ercole o addirittura nel
mare del Nord, sono emblematiche dei
viaggi di esplorazione e commercio, com-
piuti dai coloni greci. Assieme a loro viag-
giava il nettare degli dèi, dapprima
importato dalla madre patria, come fecero
durante l’assedio di Troia, successiva-
mente prodotto anche nelle zone coloniz-
zate che fossero coltivabili. Per questo, al
di là del mito, per molti studiosi è la Gre-
cia la patria della coltivazione della vite e
a fianco:opera di massimo pennacchini

a pag. 30:
simone brentana,
Ebrezza di Noè

a pag. 31:
uno dei pithoi
(restaurato) rinvenuto a santorini,
durante gli scavi di thera,
dopo la terribile esplosione vulcanica

nella pag. a fianco:


guido reni,
Bacco che beve,
1623 circa (part.)

della produzione di vino, esportato a partire dal VII secolo


a.C. attraverso tutto il Mediterraneo fino in Gallia e, succes-
sivamente, attraverso il Mar Nero, fino in Anatolia o verso le
coste africane e in tutte le terre conosciute, raggiungibili dal-
l’Ellade. Ancora oggi, come in Tunisia o alle Canarie, è pos-
sibile ammirare in Grecia piccoli appezzamenti di terra,
coltivati a vigneto alla maniera arcaica, come ai tempi in cui
i vitigni si chiamavano Aegia, Thasia, Psithia, Sika, con i
tralci liberi di strisciare al suolo, protetti da rami e stuoie per
evitare il contatto dei grappoli con la terra.
Esiodo ci offre vivide descrizioni della vendemmia, effet-
tuata all’inizio di ottobre, quando Orione e Sirio si levano a
metà della notte e la stella Arturo appare al mattino. L’uva
veniva dapprima esposta al sole, per ridurre il tenore di umi-
dità e aumentare il grado zuccherino, ottenendo con la fer-
mentazione un più alto tenore di alcol, e successivamente
pigiata:
BIBLIOGRAFIA
Tienili al sole per dieci giorni e dieci notti;
per cinque conservali all’ombra, al sesto versa nei vasi Riprendiamo in mano i classici, che non deludono
i doni di Dioniso giocondo. Poi, dopo che mai, ci accompagnano nel sentiero della vita e non
le Pleiadi e le Iadi e il forte Orione pagano diritto d’autore:
- Cantico dei Cantici,
son tramontati, d’arare ricordati… - Epopea di Gilgamesh, sintesi e testo:
(Esiodo, Le opere e i giorni, Libro della vendemmia). www.homolaicus.com/storia/antica/gilgamesh/con-
tenuto.htm
- Esiodo, Le opere e i giorni, Ἔργα καὶ Ἡμέραι,
La devozione a Bacco, il Dioniso giocondo, si è tramandata poema didascalico dell’VIII sec. a.C. contiene
consigli pratici per l’agricoltura e giorni del mese
fino ai giorni nostri, quando a Roma in due occasioni: le ot- nel quale compiere determinate attività. L’opera si
tobrate e il carnevale, esplodeva irrefrenabile la gioia popo- trova consultando on-line i siti delle principali
lare. Molti pittori romani e non, dall’incisore romano Pinelli biblioteche universitarie: Hesiodi theogonia,
opera et dies, scutum, fragmenta, ed. F. Solmsen/R.
al pittore danese Marstrand, hanno reso la sfrenata gioia della Merkelbach/M. L. West, Oxford 1970.
festa. Nessuno, però, come il poeta G.G. Belli ha saputo ren- Nella traduzione italiana:
www.miti3000.it/mito/biblio/esiodo/opere.htm
dere, nel suo dialetto corrosivo e arguto, il senso profondo - Omero, Iliade, traduzione dal greco di Vincenzo
che univa il popolo di Roma e della campagna circostante Monti. Anche questo testo è liberamente disponibile
alla “sua” bevanda, con questi versi del 1832: in rete: it.wikisource.org/wiki/Iliade
- Omero, Odissea, traduzione dal greco di Ippolito
Senz’acquasanta sì, ma senza vino … Pindemonte. Anche questo testo è liberamente
Ma senza vino io? Dio me ne guardi! n disponibile in rete: it.wikisource.org/wiki/Odissea

33
Nulla è più duro
d’una pietra
e nulla più molle dell’acqua.
Eppure la molle acqua
Staccati dal mondo. scava la dura pietra. La tua mente
AFORISMI Sul’ACQuA

Ascoltami: una persona Ovidio è come quest’acqua,


si annega in alto mare, amico mio:
una si affoga Se Gesù non mandasse quando viene agitata
a cura di Mara Manca

in un bicchiere d’acqua. l’acqua, un guaio. diventa difficile vedere,


Che differenza trovi Le piante si arrognerebbero, ma se le permetti
tra questi due; gli alberi mosci, di calmarsi la risposta
non sono entrambi morti? la terra ha sete, ti appare chiara.
S. Pio da Pietralcina gli animali morissero, dal film Kung Fu Panda
io morissi.
Svuota la tua mente. Marcello Dall’Orta Anche una goccia d’acqua
Sii senza forma. Io speriamo che me la cavo ha la capacità di amare
Senza limiti, come l’acqua. quando cade
Se metti dell’acqua L’acqua su di un filo d’erba
in un tazza, non oppone resistenza. ingiallito
l’acqua diviene tazza. L’acqua scorre. e lo disseta.
Se la metti in una bottiglia, Quando immergi Romano Battaglia
diventa bottiglia. una mano nell’acqua
In una teiera, diventa teiera. senti solo una carezza. In una goccia d’acqua
L’acqua può fluire, L’acqua non è un muro, si trovano tutti i segreti
o spezzare. non può fermarti. degli oceani.
Sii come acqua, amico mio. Va dove vuole andare Khalil Gibran
Bruce Lee e niente le si può opporre.
L’acqua è paziente. Acqua di monte
La bontà suprema L’acqua che gocciola acqua di fonte
è come l’acqua.
consuma una pietra. acqua piovana
La bontà dell’acqua è che
Ricordatelo, bambina mia. acqua sovrana
beneficia tutte le creature
Ricordati che per metà acqua che odo
ma non contende.
tu sei acqua. acqua che lodo
Dimora nei luoghi
Se non puoi superare acqua che squilli
che tutti gli uomini
un ostacolo, giragli intorno. acqua che brilli
aborrono,
Come fa l’acqua. acqua che canti e piangi
per questo
Margaret Atwood acqua che ridi e muggi.
è molto prossima alla via. Tu sei la vita
Lao Tzu L’acqua rappresenta e sempre fuggi
Tao Te Ching la forza nella debolezza, Gabriele d’Annunzio
Chi tiene l’acqua in bocca la fluidità, l’adattabilità,
abbia almeno la creanza la freschezza di giudizio, Quando l’acqua
di non sputarla la persuasione cortese ci arriva alla gola
poi sugli altri. e l’assenza di passioni. è sciocco chiederci
Stanisław Jerzy Lec, Jean Campbell Cooper se è potabile.
Pensieri spettinati, 1957 Anonimo
Più ci saranno gocce
d’acqua pulita,
più il mondo risplenderà
di bellezza.
Madre Teresa di Calcutta

34
I VIAGGI DE L’ETERNO ULISSE

il viAggio dell’ANiMA
Parole e musica dagli uniVersi inVisibili

All’iNsegNA del viAggio tRA i seNtieRi dell’ANiMA – iN coMpAgNiA dei sogNi, sApieNti MessAggeRi
del MoNdo iNteRioRe che MARie Noelle URech hA MAgistRAlMeNte iNAUgURAto – si è ApeRto il
coNvegNo “il Viaggio dell’anima. Parole e musica dagli uniVersi inVisibili” teNUtosi A MessiNA
lo scoRso NoveMbRe e oRgANizzAto dAll’AssociAzioNe anthurium rosa, lA cUi iNteNsA Attività
coNiUgA ARte e spiRitUAlità. l‘eveNto hA visto coMe pRotAgoNisti MARie Noelle URech,
ANNe givAUdAN, Nicolò boNgioRNo, gAbRiele policARdo e giovANNi ReNzo. i loRo iNteRveNti,
coiNvolgeNti e iNteRessANti, hANNo ANiMAto qUello che si è RivelAto UN AppUNtAMeNto UNico
iN siciliA e Nel sUd itAliA che pRosegUiRà Nel 2015 coN UN AppAssioNANte pRosiegUo.

di Mirella Restuccia

Marie Noelle Urech e a sinistra Mirella Restuccia

s i è svolto a Messina – organizzato dall’associazione culturale anthurium rosa - cam-


mini di conoscenza – il convegno “il Viaggio dell’anima. Parole e musica dagli
universi invisibili” con Marie Noelle Urech, Anne givaudan, Nicolò bongiorno, ga-
briele policardo e giovanni Renzo.
giorni intensi quelli dal 13 al 16 novembre al teatro Annibale di Francia durante i quali
si sono alternati momenti di confronto e ricerca spirituale, tra seminari, conferenze, vi-
sioni filmiche e suoni suggestivi.
il viaggio è iniziato con Marie Noelle Urech che con la sua relazione “i sogni, messag-
geri dell’anima” ci ha introdotti al primo incontro del seminario “il sogno come auto-
guarigione: pratiche oniriche per incubare, ricordare e interpretare” continuato, poi, nelle
due giornate successive.
35
tavola rotonda con gabriele policardo, Marie Noelle Urech e Anne givaudan
Nella pag. a fianco: statuina della Matrangela

anthurium rosa ha proseguito quindi la sua quattro giorni con la proiezione del coin-
volgente film documentario di Nicolò bongiorno: “rol. un mondo dietro al mondo”,
di cui il pubblico ha apprezzato qualità tecniche e narrative di notevole spessore.
di grande intensità e valore poetico il “Viaggio musicale nello spazio e nel tempo”
di “atlas coelestis”, concerto per pianoforte e computer del maestro giovanni Renzo,
ispirato alla ricerca di galileo galilei, tra studio delle stelle e suggestioni cinemato-
grafiche, preludio dell’incontro conclusivo di domenica 16 con Anne givaudan, ga-
briele policardo e Marie Noelle Urech.
Forte l’emozione suscitata domenica pomeriggio dalla proiezione del cortometrag-
gio di gabriele policardo “dandelion (tarassaco)” con protagonista un eccellente
paolo Ferrari, tra senso della vita e libertà dell’essere, seguito dall’affascinante in-
tervento di Marie Noelle Urech su “i sogni: viaggi negli universi invisibili”. la con-
ferenza di Anne givaudan “come entrare nel nuovo mondo e nella quinta
dimensione con serenità?” ha poi catturato l’attenzione, prima della fervida tavola
rotonda con cui si è concluso il convegno.
Anne givaudan, autrice e coautrice di 19 libri tradotti in molti paesi, è conosciuta in
ambito internazionale per la pratica del viaggio fuori dal corpo, alla ricerca di uni-
versi sconosciuti; viaggio che la givaudan ha raccontato con semplicità e forza evo-
cativa, rispondendo a tutte le domande del pubblico e illustrando il suo percorso
spirituale.
«qualcosa sulla terra sta cambiando nel profondo, a livello spirituale e interiore. ci
sono le premesse per creare un mondo nuovo, basato su valori diversi, più autentici.
il nostro lavoro di ricerca è intimamente legato alla capacità di vedere la bellezza
che esiste in ognuno di noi», ha sottolineato Anne givaudan.
Un lavoro che Anthurium Rosa ha fatto proprio, in due anni di intensa attività co-
niugando arte e spiritualità, a favore della ricerca interiore. “pensiamo che sia l’unico
possibile mezzo quello che la ricerca spirituale offre e coglie oggi, quando tutto in-
torno – paradigma di una società occidentale ormai conclusa nelle sue impostazioni
e offerte – è ormai crollato”.
Non ci sono risposte alla richiesta del senso dell’esperienza terrena ma, come scrive

36
corrado piancastelli ne il sorriso di giano, «il gioco delle parti è estremamente
semplice. se si crede o si vuole credere all’esistenza di uno spirito che si in-
carna per vivere in un corpo, bisogna vivere in funzione dei bisogni di questo
spirito. Non c’è nessuna alternativa o accomodamento. la scena è questa e
credere nello spirito, vivendo regole che dello spirito non sono, significa re-
citare una parte impropria e falsa. Non siete viventi per vivere un modello pas-
sivo di vita, ma per proporre una permanente attività di ricerca esistenziale
della vostra più autentica radice interiore».
A conclusione di quello che si è rivelato un appuntamento
unico in sicilia e nel sud d’italia, anthurium rosa ha
omaggiato tutti i relatori con uno dei pezzi più sug-
gestivi e famosi della tradizione di alto artigianato
siciliano: la “matrangela”. le Matrangele, sta-
tuine porta lumini raffiguranti la mitica figura
della “Madre degli angeli”, in un tempo non
troppo lontano si donavano alle giovani spose si-
ciliane e portavano nelle case prosperità, fecon-
dità, amore, abbondanza e felicità.
il 30 gennaio e 1° febbraio anthurium rosa
continuerà il suo viaggio dell’Anima con
Marie Noelle Urech e il suo secondo semina-
rio della trilogia dei sogni “esperienze spiri-
tuali nella dimensione dei sogni” che si terrà a
Messina, e il 13/14/15 febbraio 2015 con
l’attesa conferenza e seminario“gua-
rire l’anima per guarire il corpo”
del dott. claudio pagliara, me-
dico oncologo e olistico. n

Anthurium rosA

F ondata a Messina nel 2012, con presidente Mirella Re-


stuccia, l’associazione culturale “anthurium rosa –
cammini di conoscenza” è impegnata da tempo, nel territo- statuina
rio messinese, nella realizzazione di incontri che diano centra- della
Matrangela
lità alla spiritualità degli esseri umani e alla loro ricerca
esistenziale. incontri che hanno avuto un riscontro notevole di pubblico,
a dimostrazione di quanto queste tematiche appassionino e coinvolgano.
in particolare, la mission di “Anthurium Rosa” è la ricerca interiore e spirituale, scevra da ogni
connotato confessionale, tema attorno al quale promuove conferenze, convegni, rassegne che
rappresentano tappe di un itinerario di conoscenza e di equilibrata evoluzione spirituale. il tutto
attraverso la convergenza delle antiche conoscenze religiose, esoteriche e sapienziali con le re-
centi scoperte della scienza e della fisica quantistica, unendo arte e spiritualità per un armonico
sviluppo dell’essere umano, inteso nella sua complessità di corpo, anima e spirito. ci sono pa-
role che spiegano tanto. Non tutto, ma tanto.
e alcune sono nomi.
come il nome di Anthurium Rosa. che è il nome di un fiore, bellissimo, a forma di cuore.
Nel linguaggio dei fiori l’anthurium simboleggia la verità e l’eleganza, amore, amicizia. è fa-
cile da trovare. ha una tendenza naturale a fiorire di più in inverno. per la leggenda rappresenta
le frecce del dio dell’amore. anthurium rosa crede che questo fiore rappresenti perfettamente
lo spirito dell’associazione, lo spirito di ricerca che nasce dall’amore per la ricerca; e che sim-
boleggi bene il senso dell’impegno dell’associazione, che è dedicata alla relazione e alla purezza
della relazione.
soprattutto, però, anthurium rosa crede che il significato di questo nome sia ogni giorno com-
posto da ciò che sarà costruito da tutti, insieme.

37
I VIAGGI DE L’ETERNO ULISSE

TANGERI RIVIVE L’ETÀ DELL’ORO


E SCRIVE LA TRAMA DI UNA NUOVA LEGGENDA
TANGERI È bIANcA, È VENTO. REsTA UN sOGNO O
UNO sTATO DELL’ANIMA, Lì, DA sEMpRE AffAccIATA sUI cONfINI ANTI-
chI DEL MONDO, ALL’OMbRA DELLE cOLONNE D’ERcOLE, chE fURONO TEsTIMONI
DEL ‘fOLLE VOLO’ DELL’ULIssE DI DANTE. NON sI È INGRIGITA, NON sI È spENTA, NON È
UscITA DALLA LEGGENDA. qUEsTA cITTÀ MAGIcA E AssOLATA NON È sOLO cROGIOLO DI ONDE.
qUI sI È MEscOLATO IL DNA DI MOLTIssIMI pOpOLI: fENIcI E cARTAGINEsI, ROMANI E VANDALI, ARAbI,
pORTOGhEsI, INGLEsI E fRANcEsI. UNA GRANDE E sTRAORDINARIA ENERGIA sI spRIGIONA DALL’AcqUA,
DALLA TERRA E DALLA cATENA DI MONTI. È fORsE qUEsTO chE hA sEMpRE ATTRATTO scRITTORI, pOETI,
cINEAsTI, fOTOGRAfI E pITTORI. IL fERMENTO cULTURALE DI TANGERI, RIMAsTO A LUNGO sOTTO TRAc-
cIA, sTA pER DARE NUOVI fRUTTI. E OGGI cOME IERI INsEGUE IL sOGNO DI UNA NUOVA ETÀ DELL’ORO.
IL GENIUs LOcI sI È RIsVEGLIATO ED È cOMINcIATA UNA NUOVA pRIMAVERA.

di Velia Iacovino

Tangeri, pittoresco scorcio della zona della Medina

T angeri sta vivendo un nuovo rinascimento e si appresta a proporsi quale luogo


d’eccellenza della ‘periferia dei mari’, il Mediterraneo e l’Atlantico, che qui si
incrociano eternamente mischiando le acque del mondo. Tangeri è bianca, è vento.
E resta un sogno o uno stato dell’anima, lì, da sempre affacciata sui confini anti-
chi del mondo, all’ombra delle colonne d’Ercole, che furono testimoni del ‘folle
volo’ dell’Ulisse di Dante. Non si è ingrigita, non si è spenta, non è uscita dalla leg-
genda anche se è cambiata e anche se cerca di assomigliare sempre più a una me-
tropoli frenetica e moderna simile a molte altre. Un milione di abitanti, secondo
polo industriale e primo polo marittimo del paese (il suo scalo è tra i più trafficati
del mondo con un transito di 100 mila navi l’anno) è la carta sulla quale ha deciso
di puntare Mohammed VI per il rilancio del Regno. Il re, dicono, è follemente in-
namorato di questa ‘ville canaille’. La vuole riportare all’antico splendore e ha
scommesso moltissimo sulla sua innata vocazione internazionale e turistica. I pro-
38
Eugene Delacroix, View of Tanger

getti sono tanti e molti già in corso d’opera: si restaurano antichi palazzi, terrazze e
giardini segreti nel cuore antico della medina, si bonificano le belle spiagge troppo a
lungo lasciate al degrado, si progetta la costruzione di un altro porto e di un altro molo,
si lavora all’ampliamento delle strade, al potenziamento della rete ferroviaria, alla co-
struzione di grandiose strutture alberghiere e di complessi residenziali di lusso. Ma
questa città magica e assolata non è solo crogiolo di onde. qui si è mescolato il dna
di moltissimi popoli: fenici e cartaginesi, romani e vandali, arabi, portoghesi, inglesi
e francesi. E oggi come ieri è terra di frontiera al di fuori delle metafore, con tutto ciò
che questo comporta nel bene e nel male. Oggi come ieri è crocevia di traffici, di mer-
canti di uomini e di droghe, di conquistatori e di disperati alla ricerca di nuove patrie.
E oggi come ieri insegue il sogno di una nuova età dell’oro. come quella straordina-
ria che visse dopo le rivolte berbere degli anni Venti, quando le grandi potenze euro-
pee le imposero lo status di Amministrazione Internazionale, che le garantì neutralità
e un’enorme ricchezza, e che terminò nel 1956 con l’indipendenza del Marocco. In
quel periodo a Tangeri operavano oltre 80 banche, 5 mila società finanziarie e com-
merciali, scorrevano fiumi di champagne, si consumavano feste da Mille e una notte.
La città era meta di eccentrici tycoon e intellettuali, grandi scrittori e artisti straordi-
nari. Tutti smaniosi di pagare il loro tributo a quel raro e straordinario avamposto di
libertà e creatività, dove il ‘cielo è così strano e quasi solido’. fu paul bowles, com-
positore e poeta newyorchese, il primo ad arrivarci. Il primo di una intera generazione
di artisti americani a essere abbagliato dalla luce, dai colori e dagli odori acri di Tan-
geri. Vi giunse negli anni Trenta da parigi dietro suggerimento di Gertrude stein, la
più grande talent scout del Novecento. ci tornò nel 1947 da New York e non la lasciò
mai più. qui scrisse il romanzo che gli ha dato successo e che gli ha spalancato le
porte dell’empireo della “beat generation”, The sheltering sky (1949), portato molti
anni dopo sul grande schermo da bernardo bertolucci con il titolo di Il tè nel deserto.
qui studiò i suoni e la musica della gente del Rif. qui visse, in rue sidi bouknadel,
nella casbah, dove a ricordarlo c’è oggi una targa. E qui morì il 18 novembre del 1999
all’ospedale italiano. Lo seguiranno in tanti, ma nessuno si fermerà come lui a Tan-
39
A fianco
henri Matisse,
Paesaggio di Tangeri
visto da una finestra,

sotto,
Albert Marquet,
La cittadella di Tangeri,
1913

geri per tutta la vita. Da Truman capote al celebre fotografo cecil beaton, a Gore
Vidal. Da William burroughs – che nella stanza 9 dell’hotel El Muniria, che esiste tut-
tora in rue Magellan 1, scrisse Naked Lunch, “Il pasto Nudo’’ – a Jack Kerouac, ad
Allen Ginsberg, a peter Orlovsky. Da Gregory corso a brion Gysin a Michel portman
a Tennessee Williams a somerset Maugham, a Joseph Kessel, Jean Genet, saint-Ex-
upéry. Tutti, proprio tutti i più grandi di quel momento magico e irripetibile della crea-
tività e del talento. con loro Tangeri vivrà la sua stagione migliore e insieme ai suoi
caffè affacciati su soco chico (il piccolo suk), il central, il fuentes, il Tingis, entrerà
prepotentemente nella storia della letteratura del Novecento. E anche in quella del-
l’arte e del cinema. Il matrimonio dei mari, il mito, il Rif. Una grande e straordina-
ria energia si sprigiona dall’acqua, dalla terra e dalla catena di monti. È forse questo
che ha sempre attratto gli artisti. Non solo scrittori e poeti. Anche grandi cineasti, fo-
tografi e pittori. come Eugene Delacroix che nel 1832 rimase folgorato da questa
città incantata. così testimoniano gli appunti, gli schizzi e il suo album di acquerelli.
O come henri Matisse che, affascinato dall’esperienza di Delacroix, si recò a Tan-
geri nel 1912 per ritrovare nuovi colori e scoprire nuovi azzurri. scese al Grand hotel
Villa de france, un bellissimo complesso architettonico che dopo una lunga deca-
denza è stato restaurato e, nella stanza numero 35, che Matisse occupò durante il suo
soggiorno in città, è stato allestito un piccolo museo. per Tangeri sono passati l’im-
pressionista Edgar Degas anche lui sulle tracce di Delacroix, l’architetto della sa-
grada famiglia, Antoni Gaudì, il pittore irlandese contemporaneo francis bacon, e
tanti tanti altri. persino Alexandre Dumas padre, che vi si fermò per pochi giorni nel
1846 e ne rimase conquistato al punto da dedicarle un libretto, dal titolo Scalo a Tan-
geri. E Garibaldi, che ci arrivò al tempo del suo secondo esilio dopo la caduta della
Repubblica Romana e la morte di Anita. Nella “città gioiosa”, l’eroe dei due mondi
soggiornò per diversi mesi tra il 1849 e il 1850, in una elegante palazzina ottocente-
sca al 35 dell’attuale rue hassan Ibn Al-fahrt, dove scrisse le Memorie, che proprio
Dumas padre tradurrà in francese. E oggi? Il fermento culturale di Tangeri, rimasto
a lungo sotto traccia, sta per dare nuovi frutti. Il genius loci si è risvegliato ed è co-
minciata una nuova primavera. n
40
VITE STRAORDINARIE

grazia deledda
un bambino di sesso femminile …
«Ho vent’anni e sono bruna e un tantino ancHe … brutta, non tanto però come sembro
nell’orribile ritratto in prima pagina di“Fior di sardegna”», scriveva nel 1892 al provaglio
parlando di sé. di certo l’iconograFia non l’Ha aiutata. le FotograFie più Famose la
presentano con i capelli grigi, spesso dietro una scrivania con bamboline vestite in costume
sardo; oppure con il volto più giovane ma imbronciato e severo. veniva da una sardegna
diversa per cultura e lingua, scriveva storie di amore e di vendetta, con passioni a tinte
troppo Forti per una signorina per bene … di se stessa diceva: «molti mi credono una
creatura Fantastica, strana e aristocratica, altri invece mi prendono per una maestrina in
una scuola comunale di montagna. non sono nulla di tutto questo. sono semplicemente una
signorina qualunque piena di buon senso comune. io studio e sempre molto: aspiro alla
celebrità, non lo nascondo, e spero di riuscirvi». unica donna dei sei premi nobel per le
lettere italiane, grazia deledda è tra le dieci scrittrici in tutto il mondo cHe Hanno
ottenuto il prestigioso riconoscimento.

di Neria De Giovanni

«I l 28 settembre alle ore due del mattino è nato a Nuoro un


bambino di sesso femminile», così è registrata la nascita di
Grazia Deledda nei documenti ufficiali: un bambino di sesso fem-
minile, quindi quasi una devianza dalla regola maschile…
Quando Grazia Deledda nacque nel settembre del 1871, Nuoro con-
tava appena seimila abitanti e i collegamenti con il resto della Sar-
degna erano molto difficili, eppure la Deledda riuscì con molta
caparbietà e coraggio a raggiungere le vette della comunicazione
letteraria fino al Premio Nobel assegnatole nel 1926 e consegna-
tole il 10 dicembre 1927.
La famiglia Deledda era composta da due fratelli e quattro sorelle,
e il ritratto di tutti i familiari Grazia lo consegna al suo romanzo
autobiografico postumo, Cosima, che Antonio Baldini, direttore de
La Nuova Antologia, trovò tra le carte dopo la morte della Deledda
avvenuta a Roma il 15 agosto 1936. Il romanzo aveva come titolo

41
tutte le foto Cosima quasi Grazia, in quanto Cosima era realmente il secondo nome della
di questo articolo
sono immagini Deledda.
tratte dall’album In questo libro viene narrata la passione per la lettura e la scrittura che ac-
di famiglia compagnò la giovinetta fino al suo esordio letterario e il viaggio a Cagliari,
nell’autunno del 1899, città nella quale conobbe il futuro marito Palmiro
Madesani, funzionario ministeriale, che la sposò e la portò a vivere a Roma.
Purtroppo in Cosima si legge anche della diffidenza che circondò la pic-
cola scrittrice, della maldicenza da parte soprattutto dei parenti, ma pure
della incredibile forza con cui Grazia studiò l’italiano, lingua della recente
unità d’Italia, per potersi esprimere non in sardo, lingua usata in famiglia e
in paese.
Infatti Grazia Deledda voleva poter raccontare della sua gente, del popolo
sardo, a tutti i lettori d’Italia, e pertanto usò con convinzione la lingua
italiana come fece anche il grande poeta nuorese Sebastiano Satta a lei
contemporaneo.
Di Grazia Deledda ci restano centinaia di lettere che lei scrisse a editori, di-
rettori di giornali, uomini politici e persino a nobildonne, sempre presen-
tandosi e autopromuovendo la sua narrativa.
Il primo racconto esce nel 1888 e fin dal titolo, Sangue sardo, si colloca in
un ambito che crea molta curiosità ed attesa da parte del pubblico conti-
nentale che era soprattutto femminile, visto che Grazia Deledda pub-
blicò inizialmente nelle riviste cosiddette “per signorine”.
Quando la Deledda si recò a Cagliari aveva 29 anni, era ancora nubile
ma già discretamente famosa: aveva in parte raggiunto il suo sogno
che, a differenza delle altre donne, non era quello di maritarsi bensì
quello di scrivere e pubblicare. Maria Manca, direttrice della ri-
vista cagliaritana La donna sarda, la accolse quasi fosse una
celebrità.
Come racconta nelle ultime pagine di Cosima, fu in quella
occasione che conobbe il futuro marito, Palmiro Madesani:
era un funzionario del Ministero delle finanze, uomo molto
brillante, bello e piacente, e la Deledda ne fu subito attratta.
Amava suonare il pianoforte e si intendeva di musica tanto da
aver scritto anche saggi musicali. Durante un gioco di società
fu lei che, in qualche modo, gli fece la dichiarazione. Lui le pro-
pose il matrimonio, ma lei accettò soltanto dopo aver avuto
l’assicurazione che l’avrebbe portata a vivere subito a Roma.

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L’11 gennaio 1900 Grazia Deledda coronava il suo sogno: considerata zitella,
non bella, e con una cattiva fama in quanto donna “pubblica” perché scrittrice
pubblicata, sposava un bell’uomo che la portava via dall’amata-odiata Sar-
degna, verso Roma e le speranze di gloria.
Palmiro aveva sei anni più di Grazia e morì dieci anni dopo di lei. La loro
vita fu allietata dalla nascita di due figli, Sardus e Franz.
A Roma non fu mai un’isolata anche se il suo modo di essere “sarda” le
conferiva dignità e riservatezza poco usuale per i costumi mondano-letterari
della Capitale di inizio secolo.
Veniva da una Sardegna diversa per cultura e lingua dove, a Nuoro, ini-
zialmente, pesò su di lei il solito pregiudizio nei confronti delle donne scrit-
trici.
Nuoro non l’ha mai amata, la gente sarda non poteva perdonarle di vivere
al di fuori dei canoni della divisione dei ruoli rigorosamente sessista della
cultura barbaricina: Grazia non si dedicava ai lavori donneschi, non ambiva
al matrimonio e poi scriveva storie di amore e di vendetta, con passioni a
tinte troppo forti per una signorina per bene…
Parte per Roma con sollievo, certa di andare verso il suo destino di gloria
letteraria, portandosi la Sardegna nel cuore, ma certa anche che era il mi-
stero dell’animo umano ad interessare la sua penna.
Le fotografie più famose la presentano sempre con i capelli grigi, spesso
dietro una scrivania con bamboline vestite in costume sardo; oppure con il
volto più giovane ma imbronciato e severo. Certo
l’iconografia non l’ha aiutata.
Ma lei stessa si era presentata nelle numerosissime
lettere che andava scrivendo a tutti gli editori, gior-
nalisti, uomini politici, regine e contesse, insomma
al mondo che contava, per proporre la propria opera,
per autopromuoversi: «Le farò la mia silhouette in
due o tre righe. Ho vent’anni e sono bruna e un tan-
tino anche…brutta, non tanto però come sembro nel-
l’orribile ritratto in prima pagina di “Fior di
Sardegna”», scriveva al Provaglio nel 1892; ed al fa-
moso editore Emilio Treves: «Ad ogni modo presen-
tandomi a lei, con molta fiducia, le dirò che sono una
fanciulla, posso dire un’artista sarda, piena di molta
buona volontà, e di molta fede e coraggio».
Così la Deledda accosta sempre la descrizione della
sua fisicità al progetto culturale al quale si sentiva
destinata. In numerose lettere mette sopratutto in evi-
denza il suo sguardo e gli occhi, che altrove chia-
merà: dalla “doppia pupilla”, ricordando un famoso
bronzetto nuragico ed anche la fascinazione femmi-
nile che passa attraverso lo sguardo delle protagoni-
ste dei suoi romanzi. Sebbene proprio le donne, le
zie, fossero tra le prime a criticarla negativamente,
non v’è dubbio che il personaggio femminile è sem-
pre centrale nei romanzi di Grazia Deledda.
Non a caso nel 1916 Eleonora Duse imporrà alla pro-
duzione il romanzo deleddiano “Cenere” (1904) per
interpretare l’unico film col personaggio drammatico
e stupendo di Olì, la madre che sceglie di morire per
non disonorare il figlio.
Anche la vita e l’opera della Deledda testimoniano
una grande forza di volontà, una visione chiara e ine-

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quivocabile del suo destino di donna, segnato dalla scrittura.
Grazia Deledda, prima voce registrata dalla radio nazionale dopo il premio
Nobel, così dichiarò: «Sono nata in Sardegna. La mia famiglia era compo-
sta di gente savia, ma anche di violenti e di artisti primitivi, aveva autorità
e aveva anche biblioteca. Ma quando cominciai a scrivere, a tredici anni,
fui contrariata dai miei».
«Molti mi credono una creatura fantastica, strana e aristocratica, altri in-
vece mi prendono per una maestrina in una scuola comunale di montagna.
Non sono nulla di tutto questo. Sono semplicemente una signorina qua-
lunque piena di buon senso comune, una piccola signorina bruna, con begli
occhi neri, così piccola e sottile e lieta da sembrare una bambina. Appar-
tengo ad una famiglia di quei principali sardi che io metto spesso nei miei
racconti, gente bizzarra, tra il patriarcale e il selvaggio che non appartiene
né alla borghesia né al popolo né alla nobiltà…Io studio e sempre molto:
aspiro alla celebrità, non lo nascondo, e spero di riuscirvi». Così Grazia
Deledda a 23 anni scriveva a Giovanni De Nava, un suo estimatore: un bel-
l’esempio di lungimiranza nel credere nel proprio destino.
Piccola (era alta m.1,54 e calzava il n.32) e non bella, senza clamori o scan-
dali, grazie al suo coraggio e ad una ferrea volontà, seppe raggiungere lo
scopo che si era prefissa, la meta intravista sognando chiusa tra i monti
della Barbagia. Unica donna dei sei Premi Nobel per le lettere italiane, Gra-
zia Deledda è tra le dieci scrittrici in tutto il mondo che hanno ottenuto il
prestigioso riconoscimento.
Fin dal suo esordio Grazia Deledda catturò la simpatia e l’interesse dei let-
tori. All’inizio erano soprattutto lettrici, poiché la Deledda, come già detto,
pubblicava sulle riviste “per signorine”, dirette dal famoso Epaminonda
Provaglio che però, caso opposto alla consuetudine, si vide, lui-maschio,
costretto a firmare la rivista con lo pseudonimo femminile di Contessa Elda
Di Montedoro. Grazia Deledda si rivolge a lui epistolarmente con molta
sincerità e gli confida le sue speranze di gloria convinta di scrivere ad una
donna. Quando viene a sapere la verità, l’amicizia tra i due è ormai
consolidata.
Alla Contessa Elda è dedicato il primo romanzo di successo
della Deledda, “Fior di Sardegna” del 1891. Presentan-
dosi al Provaglio la Deledda scriveva: «Sono una mode-
stissima signorina di provincia che ha molta volontà e
coraggio in arte, ma che nella sua vita intima, solitaria e
silenziosa, è la più timida e mite ragazza del mondo»…
Mentre il pubblico era sempre più incuriosito dal per-
sonaggio di questa giovane scrittrice che viveva in
un’isola misteriosa – e, si pensava, selvaggia, come la
Sardegna –, i critici militanti e soprattutto accademici,
erano molto diffidenti perché male interpretavano, a li-
vello stilistico, quello che invece era il riemergere della
struttura profonda della lingua materna sarda, travestita
con l’italiano letterario che la Deledda imparò quasi fosse
una lingua straniera.
I personaggi femminili della sua narrativa, sardi e continen-
tali, da Marianna Sirca a Regina, da Annalena Bilsini a Maria
Concezione, sono anche proiezioni letterarie di una grande scrit-
trice che, fiera del suo essere sarda, allargò la propria coscienza di
donna a tutta l’umanità, come ebbe a scrivere dopo il Premio Nobel:
«Il destino mi ha fatto nascere nel cuore della Sardegna. Ma anche se
fossi nata a Roma o a Stoccolma credo che non avrei cambiato natura
e sarei sempre stata quella che sono: un’anima che si appassiona ai
problemi della vita». n

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PERCORSI DI GUARIGIONE

IL QIGONG
l’arte di coltivare l’energia vitale

“VIVere a LuNGO seNza INVecchIare”, QuestO LO scOpO pIù sIGNIfIcatIVO


deL QIGONG NeLL’ambItO deLLa saLute; e, peraLtrO, c’è uN’eNOrme mOLe dI
rIcerche scIeNtIfIche che dImOstraNO OGGIGIOrNO cOme Questa dIscIpLINa
pOssa essere daVVerO prezIOsa per rIstabILIre e mIGLIOrare La saLute.
IL QIGONG preNde Le mOsse daLLa medIcINa tradIzIONaLe cINese che
sImbOLIcameNte VIeNe paraGONata ad uN GraNde aLberO, I cuI ramI
prINcIpaLI cOrrIspONdONO aLL’aGOpuNtura, aLLa farmacOpea, aL
massaGGIO ed aL QIGONG che a sua VOLta preseNta deLLe uLterIOrI
ramIfIcazIONI, OssIa La pratIca, La terapIa a dIstaNza, IL massaGGIO
eNerGetIcO, La terapIa deL puNtO eNerGetIcO e La terapIa deLL’aGO
INVIsIbILe.
VedIamO IN Queste paGINe cOme, ImparaNdO IL cOrrettO usO
deLLe VIrtù NaturaLI, L’INdIVIduO può dIVeNtare prOtaGONIsta deLLa
prOprIa saLute e LONGeVItà.

di Maria Luisa Vocca

I l Qigong è una antica pratica fisica che


permette il corretto fluire dell’energia vi-
tale coinvolgendo sinergicamente corpo,
respiro e mente. Esso prende le mosse
dalla Medicina Tradizionale Cinese, le
cui teorie fisiologiche si basano sull’as-
sunto che esiste una stretta correlazione
tra corpo e spirito. Il Qigong è l’arte di
coltivare il Qi, l’energia vitale, accre-
scerlo, rafforzarlo e raffinarlo, attraverso
respirazione, postura, movimento, concentra-
zione mentale e meditazione. L’insieme di tali
tecniche è stato elaborato e sviluppato attraverso i
millenni con il solo scopo di favorire e mantenere la
salute, donare longevità, forza fisica e conoscenza, in
vista di una auto-realizzazione sia fisica che spirituale.
Lo scopo però più significativo del Qigong nell’ambito
della salute era già migliaia di anni fa quello definito
in cinese dalla scuola taoista: “Chang sheng bu lao”
che letteralmente significa: “Vivere a lungo senza in-
vecchiare”, e c’è un’enorme mole di ricerche scienti-
fiche oggigiorno che dimostrano come il Qigong
possa essere davvero prezioso per ristabilire e miglio-
rare la salute. Inoltrandosi nella descrizione dei punti
di contatto esistenti tra il Qigong e il grande mondo della
Medicina Tradizionale Cinese, è bene tenere presente che il
campo di significato incluso sotto il nome Qigong è molto più
ampio, poiché abbraccia nel suo assunto anche discipline esterne alla
medicina ed alla terapia, quali le arti marziali, la meditazione e la pra-
tica religiosa. Paragonando la Medicina Cinese ad un grande albero, con-

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sidereremo le radici formate dall’insieme delle teorie di base, tra cui: “Teoria dello
Yin e dello Yang”, dei “5 elementi”, dei “6 stadi”, degli “8 principi”, dei “4 livelli”,
dei “3 fuochi” e via dicendo. Ai rami principali, nutriti dalle radici comuni, corri-
sponderanno: l’agopuntura, la farmacopea, il massaggio ed il qigong che, nella tra-
dizione medica cinese, è considerato un ramo molto importante. L’insieme delle
pratiche racchiuse nel qigong nulla possono fare se non accompagnate da un impe-
gno personale, cioè, se non supportate da un reale desiderio di cambiamento, in grado
di pervadere l’individuo fin nei profondi recessi dell’animo e della mente, portan-
dolo a modificare volontariamente lo stile di vita attraverso la via del qigong. Ritor-
nando al nostro albero, il ramo rappresentato dal qigong presenta delle ulteriori
ramificazioni, ossia gli elementi fondamentali del qigong: la pratica, la terapia a di-
stanza, il massaggio energetico, la terapia del punto energetico e la terapia dell’ago
invisibile.
In Cina esiste un proverbio, ancora oggi molto diffuso, che recita così: “La persona
malata va prima di tutto dal medico, se il medico non riesce ad aiutarla, la persona si
rivolge al Budda, se il Budda non riesce ad aiutarla, allora la persona si rivolge al Qi-
gong.” Anche da noi in realtà esiste un detto simile ma forse più diretto: “Aiutati che
Dio ti aiuta”.

Origini e significato del nome Qigong


Il nome oggi comunemente usato per designare tutte le tecniche di pratica interiore
del sistema corpo - respiro - mente è “Qigong”, composto dai due ideogrammi: “Qi”
e “Gong”. Il primo ideogramma, Qi, ha un’etimologia complessa, poiché è utilizzato
da migliaia di anni con un significato che si è evoluto e modificato nel corso della sto-
ria. Era già presente sulle ossa oracolari risalenti ad almeno settecento anni prima di
Cristo. Anticamente il carattere era composto dalla sola parte superiore ed esterna, raf-
figurando solo del vapore che dalla terra sale verso il cielo. In un secondo momento
vi è stato aggiunto il radicale “mi”, indicante il chicco di riso, quindi, quella parte
materiale che cuocendo rilascia il vapore, tendendo a rimanere in basso. In sintesi, ab-
biamo la convergenza dei due elementi fondamentali: l’elemento celeste, yang e
quello terrestre, yin. Questo ideogramma indica bene il senso di un certo stato di ma-
teria-energia non quantificabile, non visibile, che trasmette informazioni ed è in con-
tinuo movimento e in continua trasformazione. Il secondo ideogramma, Gong, è
composto anch’esso da due elementi: quello di sinistra, che gli dà la pronuncia, in-

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dica “lavoro”, quello di destra, invece, significa “forza/potenza”. Per questo il reale si-
gnificato dell’intero carattere è un “lavoro meritorio”, fatto con impegno e costanza. Il
nome Qigong, è quindi un termine molto significativo, ma, indicando delle tecniche di
pratica, anche di molto più ampio significato. Indica infatti tutto quello che può essere
fatto per operare sul Qi: dal lavoro fisico sul corpo, muscoli, giunture, organi interni, alla
regolazione del respiro, della mente e del cuore; dal lavoro fatto su se stessi, interior-
mente, a quello fatto in relazione al mondo esterno e agli individui intorno a noi. Per
questo in Cina si parla di Qigong, anche quando ci si rivolge a tecniche di cura che qui
chiamiamo massaggi, shiatsu, riflessologia, pranoterapia, cristalloterapia. Il Qigong è
stato conosciuto, prima degli anni quaranta, con molti nomi diversi attraverso la storia
cinese. In tempi antichi era chiamato “Tu gu na xin” (lett. Espellere il vecchio, assor-
bire il nuovo), “Xing qi” (lett. Muovere il Qi), “Yang sheng” (lett. Nutrire le forze vi-
tali), “Nei gong” (lett. Lavoro interiore). Ma la denominazione più comune anche in
passato era “Dao yin” (lett. Guidare e condurre), che era una contrazione di un’espres-
sione più lunga e complessa: “Dao qi ling he, yin ti ling rou” che letteralmente signi-
fica “Guidare il Qi porta all’armonia, condurre il corpo porta alla flessibilità”. C’erano
poi tutti i nomi specifici delle tecniche di pratica, come per esempio, tra i più noti an-
cora oggi, “Wu qin xi” (Il gioco dei 5 animali), i “Ba duan jin” (Gli 8 broccati), “Liu zi
jue” (I 6 suoni).

Applicazioni e direzioni di lavoro (gong) sul Qi


Come spiegato nell’origine etimologica del nome stesso, il Qigong può avere diverse
direzioni di lavoro, e diverse qualità e tipologie di applicazione, infatti per quanto ri-
guarda la differenza di tipologia di lavoro sul Qi abbiamo:
- un lavoro (gong) sul “Qi interno” (neiqi), ovvero dove l’individuo pratica per colti-
vare o guidare la circolazione del Qi dentro se stesso, attraverso tutte le tecniche di pra-
tica e di meditazione con oggetto il proprio sistema corpo – respiro – mente/cuore, per
il mantenimento o riequilibrio della propria salute, per la propria crescita spirituale.
- un lavoro (gong) con il “Qi esterno” (waiqi), ossia dove l’individuo interagisce con
qualcuno o qualcosa all’esterno di sé, come per esempio praticare con il supporto di pie-
tre, alberi, per entrare in contatto con un elemento naturale ed assorbirne il Qi, oppure
praticare il qigong terapeutico con o su altre persone, per la condivisione del proprio Qi
o ancora più specificatamente per operare sull’altro, interagendo con la circolazione
del Qi nel ricevente.
Inoltre esiste anche una molteplicità di tecniche di pratica con effetto o funzione di-
versa per il livello di profondità nell’attenzione o nello scopo:
- Qigong interno, denominazione che riguarda le tecniche di pratica più interne, più sta-
tiche o più meditative, con un effetto più profondo dal punto di vista energetico, o sul-
l’energia più sottile;
- Qigong esterno, denominazione che riguarda tecniche di pratica più fisiche, più di-
namiche, o più marziali (come tutto il lavoro sviluppato nell’ambito delle Arti Mar-

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ziali), che quindi agiscono su quello che potremo chiamare energia più
grossolana.

Esperienze nel campo della salute


Le mie esperienze personali nel campo della salute sono molte, raccolte
in 25 anni di lavoro a tempo pieno con il Qigong, e la maggior parte sono
venute come “effetti collaterali” di una pratica iniziata molto spesso per
motivi differenti dalla ricerca di una specifica soluzione ad un problema.
Vista la contemporanea azione di un rilassamento fisico e mentale, il con-
tinuo lavoro sulla postura e sulla respirazione profonda, molti sono stati
i casi di miglioramento delle problematiche relative ai sistemi muscolo-
scheletrico, miglioramento di mal di testa di vario genere e varia origine,
mal di schiena e problemi alla cervicale, lombalgie, riarmonizzazione del
sistema digerente, con risoluzione di problemi intestinali di varia natura,
gastriti ed ulcere, miglioramento della circolazione sanguigna e linfatica,
rafforzamento del sistema respiratorio con molti miglioramenti di asma
e casi di apnee notturne.
Il Qigong si è rivelato un grande aiuto per le persone che soffrono di crisi
di ansia e di panico, problemi di ogni genere legati a stress o stili di vita
scorretti. Come conseguenza naturale di un lavoro sia fisico che mentale
attraverso il Qigong, si può interagire con la fisiologia degli organi in-
terni, migliorandone la funzionalità e potenziando la salute dell’individuo
e la sua capacità di reagire a fattori patogeni interni od esterni. I fattori pa-
togeni interni possono essere le emozioni o le compressioni emotive sca-
tenate in reazione alla Vita ed alle relazioni con il mondo esterno e con
le altre persone. Io insisto sempre con i miei allievi che mi raccontano i
loro tormenti e i problemi che hanno e dico loro: “Non è la Vita che fa
male, ma la reazione alla Vita e a quello che ci si presenta intorno”. Un
equilibrio profondo, una quiete interiore e la capacità di mantenersi in-
ternamente “sani” e “vigili” nonostante tutto, può salvare la vita, e può
anche aiutare l’individuo a trovare una chiave di lettura per affrontare al
meglio la vita di tutti i giorni, ed i problemi di ogni genere che si possono
incontrare, senza “regalare a quei problemi stessi più tempo o salute del
necessario”. I fattori patogeni esterni, che siano virus o batteri, che siano
elementi naturali climatici, trovano nel praticante consapevole un orga-
nismo più forte e più reattivo, più adattabile e perciò resistente. Inoltre
il praticante diventa più sensibile al linguaggio del corpo, che
ascolta riconoscendone le richieste con maggiore attenzione, pre-
venendo o curando più rapidamente le piccole
problematiche di ogni stagione o cambiamento BIBLIOGRAfIA
climatico. Rilassamento, sano uso del corpo, re-
spirazione, oltre ad un continuo lavoro sulla con- MedCam 2012, III Congresso
Internazionale delle Medicine
sapevolezza, aiutano l’individuo ad essere più Non Convenzionali e Scienze
centrato, più sicuro di sé, più protagonista della propria Olistiche, Volume degli atti,
pag. 383-392
vita, perfino più prontamente consapevole dei sintomi che può in- Elementi di Medicina
contrare, diventando anche un paziente più facilmente aiutabile Tradizionale Cinese, Brotzu-
dai medici, quando ce ne fosse bisogno. Credo che la Società Bottalo, ed. Xenia
Zhang Yifa, Zhongguo qigong
guadagnerebbe molto nell’essere formata da persone più sane, da quan (Il Qigong cinese,
centrate e sicure di sé, più naturalmente connesse con la Vita Opera omnia), Tianjin Renmin
chubanshe;
dentro e fuori da sé. Penso che il concetto del “Vivere a lungo Gong Zhongyi, Zhongyi Qigong
senza invecchiare” dovrebbe sostituire la spasmodica ricerca xue (La scienza del Qigong
della sopravvivenza di individui che spesso invecchiano medico cinese), Renmin
weisheng chubanshe;
molto precocemente a causa di uno stile di vita insano, ali-
mentazione scorretta, vizi e debolezze. La “longevità” da Informazioni
noi è purtroppo presa in considerazione solo per prolun- www.neidao.org
gare una precoce vecchiaia... questo con il Qigong ed www.qigongdao.it
altre tecniche simili può cambiare! www.qigonginstitute.org

48
Sogni
un PortalE vErSo l’EtErnità
di Marie Noelle Urech

S ognare è un’esperienza non-locale, fuori dal corpo fisico. L’evoluzione


della scienza permetterà, un giorno, di riconoscere il fenomeno onirico
come la capacità psi della nostra coscienza di viaggiare in altre dimensioni,
ma anche come la testimonianza della so-
pravvivenza dell’anima. Ogni notte i
sogni ci aprono il passaggio verso altri
mondi. Sognare è l’esperienza del Tra-
scendente e del Transpersonale nel mondo
transitorio e personale.
La nostra esistenza si conclude con un ul-
timo sogno, che presenta sorprendenti
analogie con le esperienze in punto di
morte. Sognando incontriamo il futuro, il
possibile e talvolta le nostre vite prece-
denti. I sogni ci offrono sorprendenti con-
ferme delle nostre doti psichiche quali la
premonizione, la telepatia, il contatto con
i defunti e con altri piani di coscienza. At-
traverso i numerosi sogni raccolti durante
la sua ricerca e col supporto delle risposte
della scienza di frontiera, l’autrice ci ri-
vela la nostra predisposizione naturale alla
sensitività, il modo in cui alcuni messaggi
onirici influenzano la nostra vita e come
possiamo utilizzarli positivamente grazie
ad alcuni esercizi pratici.

Pagg. 192 - Euro 17.00

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PERCoRSI DI GUARIGIonE

LA VIA DELLA GUARIGIonE


La salute è il risultato dei nostri pensieri
I PEnSIERI DIVEnTAno MATERIA, oRMAI AnChE LA SCIEnzA è D’ACCoRDo: bISo-
GnA fARE ATTEnzIonE A CIò ChE SI PEnSA, PERChé I noSTRI PEnSIERI hAnno
ConSEGUEnzE PoSITIVE o nEGATIVE SULLA noSTRA SALUTE … QUAnTo AffER-
MATo è CIò ChE L’AUToRE DI QUESTE PAGInE hA IMPARATo In TREnTASEI AnnI
DI ATTIVITà CoME MEDICo E CoME onCoLoGo, ED è AnChE CIò ChE EMERGE
DALLE nUoVE fRonTIERE DELLA RICERCA SCIEnTIfICA. SI PUò fARE PREVEn-
zIonE, CURA E RIAbILITAzIonE DI QUALSIASI MALATTIA InTERVEnEnDo SUL
fLUSSo DEI PEnSIERI. SPESSo PER fAR GUARIRE Un InDIVIDUo bISoGnA CURARE
I SUoI VALoRI ERRATI, LE SUE ConVInzIonI SbAGLIATE, LA SUA noIA, I SUoI obIET-
TIVI fIACChI o nEGATIVI, IL SUo MoDo DI ESSERE E DI VIVERE; In SInTESI, PER
fARLo GUARIRE, SI DEVE CURARE IL SUo SPIRITo. IL bUon UMoRE è CoME UnA
LInfA VITALE ChE foRnISCE EnERGIA bEnEfICA A TUTTE LE CELLULE DEL noSTRo
CoRPo , CoSì CoME IL MALUMoRE è Un VELEno ChE SI DIffonDE
nELL’InTERo oRGAnISMo E CoLPISCE oGnI noSTRo oRGAno ED oGnI noSTRA
CELLULA. IL PEnSIERo DIVEnTA MATERIA AnChE Con LA “PARoLA”. ESISTono,
InfATTI, PARoLE ChE PoSSono fAR AMMALARE ED, In ALCUnI CASI, PoSSono
Robert Fludd, AnChE UCCIDERE. ESISTono, PERò, AnChE PARoLE ChE PoSSono GUARIRE
Utriuscue
Cosmi II, E RIPoRTARE ALLA VITA.
Oppenheim,
1619
di Claudio Pagliara

U na tachicardia, un’extrasistole, una colite spastica, una cefalea,


un’emicrania, un mal di schiena, una ipertensione arteriosa, etc.
possono essere la semplice conseguenza di pensieri negativi. Una
perfetta salute, una relazione felice, un’attività lavorativa di suc-
cesso ed una vita ricca, energetica ed entusiasmante, possono es-
sere la conseguenza di pensieri positivi. Può sembrare strano,
ma quanto affermato è ciò che ho imparato in trentasei
anni di attività come medico e come oncologo, ascol-
tando con umiltà i pazienti. Ed è anche ciò che
emerge dalle nuove frontiere della ricerca scientifica.
Dentro ciascun essere umano c’è una potenzialità su-
periore a quella scoperta dai fisici all’interno del-
l’atomo. Per scoprirla e saperla utilizzare bisogna
seguire il potere del pensiero. Molte volte la verità è
sotto i nostri occhi, ma noi non ce ne accorgiamo. Tutto que-
sto perché riusciamo a vedere solo ciò che la nostra mente è pronta
a comprendere. La verità non si impone, ma si propone. «Cono-
scerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8,32). Sicuramente
molti lettori avranno ammirato ed apprezzato la stupenda decora-
zione della volta della Cappella Sistina, nei Musei Vaticani a Roma,
famosa in tutto il mondo, con il meraviglioso affresco che rappresenta
la nascita di Adamo, realizzato da Michelangelo nel 1511. Si tratta del-
l’episodio più celebre della Sistina e una delle icone più note e celebrate
50
Michelangelo Buonarroti, Creazione di Adamo (part.), Cappella Sistina, Roma
e sotto rielaborazione della stessa in base alla teoria del dott. Frank Lynn Meshberger

dell’arte. Si vede Adamo che inizia a sollevarsi da terra, mentre tende un


braccio verso l’Eterno, che si avvicina in volo, entro un nimbo angelico,
che, a sua volta, tende la mano verso Adamo. Una volta i segreti, o, se vo-
gliamo, le verità venivano trasmesse soprattutto attraverso i dipinti. Co-
loro che riuscivano a leggere erano pochi; ma c’è anche un altro motivo
più profondo: i libri potevano essere bruciati dai censori. Ricordare fa
sempre bene. I dipinti, spesso, resistevano ai secoli perché, sovente, non
venivano capiti neanche dai censori stessi. nello straordinario affresco
della Cappella Sistina si evidenziano tutte le conoscenze di anatomia pos-
sedute dall’artista: i contorni del drappo che circonda la figura di Dio
sono perfettamente sovrapponibili a quelle di una sezione del cervello
umano. Il primo a rivelare tale somiglianza è stato il neurologo frank
Lynn Meshberger, del St. John’s Medical Center in Anderson, Indiana
(USA), pubblicando un suo articolo sulla prestigiosa rivista Journal of
American Medical Association in cui ha descritto minuziosamente le sor-
prendenti corrispondenze che esistono fra l’anatomia di un cervello
umano e la rappresentazione michelangiolesca. La mano di Dio che tra-
smette l’energia per la creazione di Adamo parte proprio dal lobo frontale.
La regione cerebrale dove la materia diventa pensiero e prende coscienza
di sé. Già Michelangelo aveva capito che Dio aveva trasmesso all’essere
umano la scintilla divina, attraverso la trasmissione di qualità divine, qua-
lità immateriali, non fisiche e materiali. In primis il Verbo, il Logos, che
è a un tempo pensiero, all’interno, e parola, all’esterno. Il pensiero è il
51
luogo della creazione, dove tutto è possibile. non è un caso se le prime parole del
Vangelo di Giovanni sono «In principio era il Verbo». Davanti agli occhi degli ex-
censori, e tutt’oggi davanti ai nostri, c’era e c’è ancora, una verità che ha portato
al rogo, nel 1600, Giordano bruno. Il vero luogo sacro non è racchiuso in quattro
muri di pietra, per quanto pregiati e decorati, ma è in ciascun essere umano. In ogni
essere umano c’è una scintilla divina e, quindi, esistono qualità divine. Il pensiero
non ha confini di tempo e di spazio, e riesce ad infrangere anche le rigide leggi
della fisica, come quella di causa ed effetto. Dentro ciascun essere umano c’è l’in-
finito. Tutti i fenomeni che avvengono in natura sono conseguenti ad una o più
cause. Un terremoto, un vulcano che esplode, una pioggia etc. si possono preve-
dere anche con largo anticipo, conoscendo i rapporti di causa ed effetto. L’unico
essere che può creare eventi in funzione di un’intenzione, di un obiettivo, di un fu-
turo è l’essere umano, grazie al pensiero.Viene consegnato all’essere umano un po-
tere enorme, di origine divina, che gli dà finalmente la possibilità di non essere
una semplice pedina all’interno del meraviglioso gioco della vita. Da cosa nasce
cosa. Con il pensiero nasce la libertà, il
cosiddetto “libero arbitrio”. Con la na-
scita della libertà nasce l’enorme potere
di scegliere, nasce il frutto meravi-
glioso della volontà, la possibilità di de-
terminare cambiamenti nel mondo
esterno ed interno che siano program-
mati e che non siano il normale effetto
o la dovuta conseguenza di semplicisti-
che reazioni alle circostanze contin-
genti ambientali. Da semplici entità
reattive, come tutti gli altri esseri vi-
venti – che in quanto tali sono solo l’ef-
fetto passivo delle circostanze – l’esere
umano diventa potenzialmente un’en-
tità proattiva che, in quanto tale, può
essere causa e “creatore” di ambienti,
di circostanze, al servizio di obiettivi
precedentemente programmati. La vera
hieronymus bosch, natura umana è in questo DnA divino. La consapevolezza di questa nostra natura,
Le tentazioni al di là delle credenze religiose, è all’origine dell’immenso potere che è in cia-
di S. Antonio
scuno di noi e che può realmente fare miracoli. Da esseri passivi della natura si di-
venta esseri attivi, nel senso di quanto sostenuto da Spinoza: si è passivi quando
qualcosa viene fatta dentro di noi da forze esterne, e si è attivi quando qualcosa
viene fatta dentro o fuori di noi, e noi ne siamo la causa efficiente. L’uomo di-
venta creatore della realtà esterna ed interna, diventa protagonista del mondo in cui
vive e di se stesso. Grazie al Verbo l’uomo si libera dalla prigione delle catene
della biologia. Esistono sempre più dati scientifici che dimostrano che il pensiero
modifica anche la biologia delle nostre cellule. Si inizia finalmente a capire che
si può curare il corpo modificando il flusso dei pensieri. L’effetto placebo e l’ef-
fetto nocebo, conosciuto da ogni medico, sono un altro esempio della stretta in-
terdipendenza fra la nostra mente ed il nostro corpo. Esistono malattie
psichiatriche, definite Personalità Multiple, che sono caratterizzate dal fatto che
l’individuo ha una personalità scissa in due, tre o anche molte di più, tipologie di
carattere, indipendenti fra loro, a volte contrastanti e che si presentano in circo-
stanze diverse, con un passaggio da una personalità all’altra, a volte rapido, e a
volte molto graduale. ognuna di queste personalità ha un proprio modo di perce-
pire se stessa, il mondo e gli altri e, quindi, ha un diverso modo di rapportarsi con
sé, con gli altri e con il mondo. “Ogni personalità differente del paziente è carat-
terizzata da pensieri, emozioni e comportamenti diversi”. La differenza fra una
personalità e l’altra dello stesso individuo, non si limita agli aspetti psichici, ma

52
riguarda anche gli aspetti somatici, sessuali, culturali e anche le malattie. Ven-
gono riportati casi di pazienti che presentano il diabete quando assumono una
certa personalità, e hanno la glicemia perfettamente normale quando assumono
una personalità diversa. Sono documentati anche casi in cui l’allergia appariva o
scompariva a seconda del tipo di personalità assunta dal soggetto. L’aspetto estre-
mamente interessante di questi pazienti è la dimostrazione ulteriore che un certo
modo di pensare cambia la biologia del nostro corpo. “Pensieri diversi portano a
personalità diverse e ad una biologia diversa. (…). C’è un dialogo continuo tra
il nostro cervello e tutto il resto del corpo (…)”. Grazie al notevole sviluppo del-
l’epigenetica sappiamo che l’essere umano, tramite il pensiero, ha la possibilità di
liberarsi sia dalle catene della biologia che dalle catene dell’ambiente. Queste ve-
rità vengono da molto lontano e lo capiamo se leggiamo, alla luce di quanto finora
detto, il Vangelo secondo Giovanni.

1
In principio era il Verbo,
il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
2
Egli era in principio presso Dio:
3
tutto è stato fatto per mezzo di lui,
e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.

C’è un’altra verità scientifica contenuta nella bibbia: “Ed il Verbo si fece carne”.
ormai è ampiamente dimostrato che il pensiero diventa materia. Lo stesso Einstein
ha nel 1905 enunciato una nuova legge che evidenzia che l’energia si trasforma
in materia e viceversa, secondo la nota formula matematica e=mc2. fino ad allora
tutti pensavano che la materia e l’energia fossero due realtà fisiche molto diverse,
completamente separate e senza punti di contatto. In realtà sono come due facce
della stessa medaglia. L’energia (il pensiero) diventa materia e la materia diventa
energia (pensiero). I pensieri negativi diventano materia negativa, diventano ve-
leni interni … una forma di autoinquinamento. I pensieri positivi diventano po-
tenti messaggi corroboranti e veri e propri farmaci per l’autoguarigione. I pensieri
diventano emozioni, sentimenti, stati d’animo e, quindi, attraverso l’ipotalamo, il
sistema neuro-endocrino, ed il sistema nervoso neurovegetativo diventano mes-
saggi biochimici materiali che, come un interruttore, accendono e spengono al-
cuni geni del DnA di gruppi cellulari, organi ed apparati diversi, in relazione ai
tipi diversi di pensiero. Attraverso i nuovi sistemi di imaging sappiamo che i pen-
sieri modificano l’anatomia del nostro cervello, modificano anche il nostro corpo
e modificano perfino il nostro ambiente. In fisica quantistica, infatti, non si parla
più di osservatori degli eventi che si studiano, ma di partecipatori. I pensieri at-
traverso una serie di reazioni a catena creano dei campi elettromagnetici che si
possono misurare, con gli attuali strumenti di misura, ad oltre 3 metri di distanza.
Ciascun fisico sa che i campi elettromagnetici si riducono in modo esponenziale
con la distanza, ma che diventano zero solo all’infinito. Sì, ho detto bene, diven-
tano zero solo all’infinito. Tutto questo ci fa capire che non conosciamo ancora i
veri poteri ed i veri limiti che si nascondono dentro ciascuno di noi. Si aprono ve-
ramente scenari completamente nuovi ed incredibili. Per modificare a nostro pia-
cimento sia la qualità del nostro mondo interno che quella del nostro mondo
esterno, per quanto già detto, bisogna necessariamente partire dalla consapevo-
lezza del grande potere dei nostri pensieri sia sul nostro mondo interno che sul
nostro mondo esterno. Per modificare la qualità e la durata della vita bisogna
pertanto focalizzarsi sulla qualità dei propri pensieri. Si va sempre più sviluppando
un nuovo sapere medico che viaggia in parallelo con una nuova concezione del-
l’uomo che deriva, a sua volta, dalla portata rivoluzionaria dei dati provenienti
dalla ricerca nei vari settori dello scibile umano. Pensieri, sentimenti, emozioni,
stati d’animo positivi diventano messaggi biochimici ed elettrochimici positivi,
53
corroboranti ed energetici per ogni nostra singola cellula. Pensieri, sentimenti,
emozioni, stati d’animo negativi, se persistono oltre un certo tempo, si trasfor-
mano in messaggi negativi che ostacolano il buon funzionamento di ogni cellula
del nostro corpo. “La persona più sana è quella che ha i pensieri più sani”. Sem-
bra strano ma è proprio così: bisogna fare attenzione a ciò che si pensa, perché
i nostri pensieri hanno conseguenze positive o negative anche sulla nostra sa-
lute. Si può fare prevenzione, cura e riabilitazione di qualsiasi malattia interve-
nendo sul flusso dei pensieri. Spesso per far guarire un individuo bisogna curare
i suoi valori errati, le sue convinzioni sbagliate, la sua noia, i suoi obiettivi fiac-
chi o negativi, il suo modo di essere e di vivere; in sintesi, per farlo guarire, si
deve curare il suo spirito. ogni cambiamento che avviene nella mente avviene
anche nel corpo e, inevitabilmente, in modo visibile od invisibile, avviene anche
nel nostro ambiente di vita e di lavoro. La vita di ciascuno di noi non è altro che
il risultato dei propri pensieri. I pensieri più sani sono quelli a cui imputare gli
stati d’animo più produttivi. basta cambiare i propri pensieri e le proprie con-
vinzioni per cambiare la propria vita. Il vero potere è dentro … Le nostre con-
vinzioni diventano la nostra realtà. Abbiamo già visto, con l’effetto placebo, che
anche i finti farmaci, grazie alle nostre convinzioni con le conseguenti aspetta-
tive, emozioni, sentimenti e stati d’animo, possono risolvere importanti problemi
sanitari. Qualcuno ha giustamente affermato che “non sempre i farmaci sono ne-
cessari, ma lo è invariabilmente la fede nella guarigione”. Se siamo convinti di
farcela, ce la faremo, se viceversa siamo convinti che non ce la faremo, non ce
la faremo. Si tratta, come abbiamo già visto, delle profezie che si auto-avverano,
perché inconsciamente, tramite le emozioni ed i sentimenti consequenziali, ten-
diamo a comportarci in modo da fare avverare le nostre profonde convinzioni. I
nostri pensieri e, soprattutto, le nostre convinzioni, sono come una calamita che
attrae ciò che li conferma. In particolare creano le emozioni, i sentimenti e gli
stati d’animo coerenti che rendono possibile ciò in cui si crede. “Ciascuno rac-
coglie sempre ciò che semina”. Il buon umore è come una linfa vitale che for-
nisce energia benefica a tutte le cellule del nostro corpo, così come il malumore
è come un veleno che si diffonde nell’intero organismo e colpisce ogni nostro or-
gano ed ogni nostra cellula. ogni parola che riesce a modificare il nostro umore,
riesce anche a influire su ogni cellula del nostro corpo. Esistono parole che pos-
sono far ammalare e, in alcuni casi, possono anche uccidere. Esistono, però,
anche parole che possono guarire o dare vita, ed aiutare a percorrere la via della
guarigione. “Le parole modificando il nostro cervello, modificano anche ogni
parte del nostro corpo. A volte questo collegamento è diretto ed evidente, a
volte è indiretto ed invisibile, ma comunque è sempre presente”. Con
la Pet (tomografia ad emissione di positroni) si è visto che l’im-
magine del nostro cervello è diversa per pensieri diversi. ogni
pensiero diverso è associato ad emozioni e sentimenti di-
versi, e questi, con una reazione a cascata, determinano un
cambiamento simultaneo in ogni cellula del nostro corpo,
grazie ai collegamenti già visti con il nostro cervello.
niente avviene dentro di noi senza coinvolgere il tutto, e,
quindi, senza ripercuotersi su ogni cellula del nostro corpo.
Possiamo nascondere agli altri, e, a volte, anche a noi
stessi, la nostra noia, la nostra preoccupazione, la nostra de-
pressione, la nostra rabbia, la nostra invidia, ma non potremo
mai nasconderle ad ogni singola cellula del nostro corpo. “Il
nostro sistema immunitario conosce tutti i nostri segreti ed i no-
stri dispiaceri, molte volte perfino più di noi stessi”. ogni organo,
ogni cellula ed ogni punto del nostro corpo sa che esiste quello spe-
cifico pensiero con quella specifica emozione e se ne ricorda. Una
tachicardia, un’extrasistole, una colite spastica, una cefalea, un’emi-
crania, un mal di schiena, un’ipertensione arteriosa etc. possono essere
54
le tracce di pensieri, di emozioni, di stati d’animo negativi che non siamo stati ca-
paci di elaborare, di prevenire o di usare in modo produttivo. Le parole, oltre a cam-
biare il nostro cervello ed il nostro ambiente, cambiano il nostro corpo e ne lasciano
traccia.

Concludendo

“La persona più sana è quella che ha i pensieri più sani”. I pensieri sono la vera
fonte della malattia o della guarigione. La realtà che viviamo è lo specchio dei no-
stri pensieri e delle nostre convinzioni. Uno specchio di ciò che alberga nel nostro
cuore e nel nostro cervello. Solo modificando pensieri e convinzioni possiamo mo-
dificare profondamente la realtà e, quindi, la qualità della nostra vita. Se deside-
riamo cambiare veramente la nostra vita e dare un contributo per un mondo migliore
dobbiamo iniziare da noi stessi, e, in particolare, dalla consapevolezza che dentro
di noi esiste un potere straordinario: i nostri pensieri. I nostri pensieri rappresen-
tano, infatti, la vera fonte della nostra prigione o della nostra liberazione. Esistono
stati d’animo potenzianti ed esistono stati d’animo paralizzanti o che avvelenano le
nostre capacità. Il nostro corpo assorbe e metabolizza tutto ciò che vediamo, ascol-
tiamo, tocchiamo, gustiamo, odoriamo ed avvertiamo, e di conseguenza si modi-
fica il tutto grazie al collegamento con il nostro cervello. C’è chi giustamente ha
detto che tutto è cibo: i colori, i profumi, i suoni, l’amore, l’affetto che si respira etc.
L’ambiente penetra dentro di noi non solo con le bevande, con i cibi e con l’aria, ma
anche con i suoni, i colori, i profumi, gli affetti e diventa parte di noi. ogni indivi-
duo è nato per dare e ricevere gioia; se non si è in uno stato di gioia e se non si rie-
sce a diffondere benessere vuol dire che si ha bisogno di un percorso per guarire.
ogni individuo ha il diritto alla salute e alla gioia, ma ha anche il dovere d’impe-
gnarsi per imparare cosa deve fare per il raggiungimento di tale obiettivo. La salute
e la gioia sono il prelibato frutto dello sviluppo delle proprie capacità e potenzialità.
Dentro ciascun essere umano c’è un potere superiore a qualsiasi farmaco. Esiste
dentro ogni essere umano un potere superiore a quello scoperto dai fisici all’interno
dell’atomo, esiste una “scintilla divina” che rende possibile anche ciò che appare im-
possibile. Esiste una stretta dipendenza tra la nostra mente ed il nostro corpo: i pen-
sieri, le emozioni, i sentimenti, gli stati d’animo, le parole hanno un ruolo strategico
nell’insorgenza e nell’evoluzione di qualsiasi malattia. Perché alcune persone si am-
malano e altre no? E perché alcune, pur con malattie estremamente gravi, guari-
scono, mentre altre, pur con malattie molto meno gravi, muoiono in breve tempo? Studio di
La salute è sicuramente nelle mani di ciascuno di noi ed è il frutto di un’arte che si Leonardo da Vinci
può e che si deve apprendere, che si basa sull’insegnamento di un’altra arte:
l’arte di vivere. Molte volte per guarire, anche da gravi malattie, bi-
sogna curare lo spirito malato, la noia, gli stati d’animo negativi,
la solitudine, la scarsa motivazione a vivere, i valori errati, le
opinioni sbagliate, gli obiettivi fiacchi, errati e patogeni, la
mancanza d’amore, le cattive relazioni sociali e l’ambiente di
vita e di lavoro inquinati. “La vita non nega nulla, chiede solo
un prezzo da pagare, in termini di impegno e di sacrificio,
proporzionale alle difficoltà dell’obiettivo stesso”. Più luce e
conoscenze avremo e più si ridurranno gli effetti del caso e
della sfortuna. ogni malattia ha sempre delle cause ed è sem-
pre la conseguenza di errori, anche se a volte, non conoscendo
le cause, pensiamo sia dovuta al caso. La malattia è quindi la
naturale conseguenza di convinzioni, di pensieri, di emozioni, di
sentimenti, di modi di essere e di vivere errati. La battaglia de-
cisiva per la nostra salute si combatte nella nostra mente e nel
nostro cuore, ed è costituita dalla nostra capacità di coltivare i
giusti pensieri, le giuste convinzioni, le emozioni positive, i
sentimenti produttivi, gli obiettivi salubri ed appassionanti e
i valori coerenti. In sintesi, a monte del nostro benessere o

55
S. Pietro guarisce lo storpio, (part.), arazzo laurentano del XVII sec.

malessere, vi è la nostra capacità o incapacità di amare e di controllare il nostro mondo


interno ed esterno, di essere proattivi e non reattivi. ogni nostra decisione ha delle ine-
vitabili conseguenze e ciascuno deve impegnarsi a conoscere gli effetti delle proprie de-
cisioni. Infatti nella vita tutto è consequenziale. Attualmente uno dei più grossi errori
della medicina consiste nel trascurare l’anima nella prevenzione, cura e terapia delle ma-
lattie umane. Molte malattie hanno la loro radice nel malessere spirituale e nel cattivo
stato d’animo, così come molte guarigioni hanno la loro fonte nel ritrovato stato di be-
nessere spirituale, la nostra mente, quindi, influenza l’insorgenza e l’evoluzione delle
malattie non solo in senso negativo, ma anche in positivo, aumentando i poteri di difesa
e di guarigione del nostro organismo. n

noTA bIbLIoGRAfICA

CLAUDIo PAGLIARA, La via della guarigione. Curare la mente per curare il corpo, curare l’ambiente per curare
l’uomo, curare lo spirito per curare il mondo. Self Publishing Pagliara Claudio
Il libro può essere reperito on-line.
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56
percorsi di guarigione

vizi e virtÙ - saLute e maLattia


SECONDO ILDEGARDA DI BINGEN

“L’uomo non si ammaLa soLtanto perché è predisposto o perché vive gLi stress
deL suo ambiente, oppure perché iL suo stiLe di vita mina La sua saLute, ma perché
ha perso iL proprio centro e La sua vita è priva di significato o di uno scopo“.
La modernità deLLa visione di iLdegarda di bingen non ci deve sorprendere.
in un’epoca tecnoLogicamente avanzata come La nostra, in cui ci iLLudiamo di
fare scoperte, di inventare e di creare cose nuove, La Luce deLLa conoscenza
rimane una costante, un fiLo conduttore. in reaLtà non facciamo aLtro
che ri-scoprire e ri-eLaborare conoscenze eterne.

di Marie Noelle Urech

Hildegard von Bingen, Liber divinorum Operum, XIII sec.

g ià un secolo prima che gli arabi producessero opere sistemati-


che di medicina, ildegarda di bingen introdusse nei suoi scritti,
in modo strutturato ed organico, il concetto di interazione tra anima
e corpo come condizione inderogabile della salute o della malattia, ri-
fiutandosi di vedere i mali del corpo come fini a se stessi. «L’Anima
è il principio vitale della carne, perché il corpo umano ad opera sua
cresce e progredisce... Dall’Anima procedono le forze che vivificano
il corpo umano, come l’umidità fa germinare la terra... ed è per que-
57
sto che l’Anima prova piacere quando coopera col corpo... » (OpereDivine).
nel suo trattato Causae et Curae, ritrovato e tradotto solo nel XiX secolo, ildegarda descrive
come siano i “vizi” dell’anima la causa delle malattie, le cattive abitudini di vita ad influire
sullo stato psichico e fisico. secondo lei, la maggior parte delle malattie sono una risposta del
corpo alla mancanza di buone qualità. così fa parlare l’invidia:
«lo sono il pastore e il custode di tutti gli eccessi e quando voglio,
ritiro tutta la forza vitale agli uomini» (LiberMeritorum).
specialmente nell’ambito delle malattie croniche, ildegarda afferma che per ottenere la guari-
gione e il ripristino dell’equilibrio, debbano venir modificati oltre all’alimentazione anche lo
stile di vita e gli atteggiamenti mentali e spirituali, al punto tale che le sue terapie sembrano più
psicoterapie che atti medici veri e propri: «I pensieri sono gli autori della scienza del bene e del
male e gli ordinatori di ogni cosa. I pensieri sono gli autori della bontà, della saggezza, della
stoltezza e di altri simili qualità, così anche i pensieri cattivi nascono nel cuore. Ed allo stesso
modo, dal cuore una via conduce verso gli elementi, con cui l’uomo realizza ciò che pensa»
(Causae et Curae).
il cuore è infatti, secondo ildegarda, la vera sede in cui corpo e anima si congiungono. sia nelle
sue opere teologiche che negli scritti scientifici, lo sguardo di ildegarda contempla l’uomo nella
sua interezza, vede i legami inscindibili che lo legano all’universo dove partecipa all’ordine di-
vino. ogni trasformazione biologica del corpo umano trova un suo corrispettivo nelle trasfor-
mazioni che avvengono in natura.
prendersi cura del proprio corpo significa dunque prendersi cura di tutto il creato. L’uomo co-
smico da lei descritto, comune a molte tradizioni, rappresenta in realtà un archetipo che ci por-
tiamo dentro, un modello della nostra unità originale o della meta ultima a cui inconsciamente
tendiamo.
secondo la visione cristiana di ildegarda, il “peccato originale” è la prima causa di alterazione
psico-fisica, la cacciata dal paradiso, la rottura dell’unità primordiale. sempre per via del pec-
cato originale, noi abbiamo un corpo in carne ed ossa ed è a causa del suo strutturarsi sin dal con-
cepimento che noi ci ritroviamo costituzionalmente predisposti o meno a certe malattie. sono le
influenze sottili – ovverosia “i venti” che soffiavano al momento del concepimento e durante la
gravidanza – ad aver plasmato il nostro corpo in modo tale che esso tenda verso certe malattie
piuttosto che altre. in tal senso, la medicina attuale parla di terreno costituzionale. tutte le ma-
lattie derivanti dal peccato originale vengono suddivise da ildegarda in tre gruppi contenenti
circa ottanta malattie che, in un certo senso, ritroviamo classificate anche nella medicina mo-
derna; questa ha identificato e collegato tre grandi
gruppi di malattie ai tre foglietti di cellule che formano
l’embrione nelle prime settimane del suo sviluppo: ec-
toderma, mesoderma, endoderma. malattie quali la
gotta o quelle relative a pelle, testa, occhi, orecchie,
denti, cuore, polmoni, fegato, milza, stomaco, nervi, or-
gani sessuali, addome formano, ad esempio, un unico
gruppo di patologie causate da un terreno costituzionale
debole sin dalla nascita (ereditario) e sono riconosciute
dalla medicina moderna “di derivazione ectodermica”.
gli stati patologici identificati da ildegarda nel secondo
gruppo sono quelli del tessuto connettivo e dei vasi, le
malattie reumatiche e degenerative, il catarro e il raf-
freddore, le malattie del sistema del ricambio, cosid-
dette mesenchimali, cioè derivanti dal mesoderma.
Le malattie del terzo gruppo, che ildegarda classifica
in una quarantina, sono quelle più gravi; tra esse tro-
viamo, ad esempio, il cancro, l’itterizia, l’idropisia, le
malattie intestinali, e si ricollegano all’endoderma (ma-
lattie endodermali). dopo le patologie che ci colpiscono
per predisposizione costituzionale ildegarda classifica
quelle derivanti dallo squilibrio provocato dal nostro
stile di vita e dagli atteggiamenti mentali. al di là dei
sensi di paura e di colpa che la religione cattolica (e non
58
solo essa) ha associato al concetto di peccato, deviandolo dalla sua antica accezione che in aramaico vuol dire
“separazione”, la malattia viene riconosciuta da ildegarda come un punto di rottura, una scissione interna, un
conflitto irrisolto tra anima e corpo. nel suo Liber Vitae Meritorum sono elencati trentacinque vizi fonda-
mentali che opprimono l’anima e trentacinque virtù corrispondenti, giungendo addirittura ad attribuire loro
una sede nell’organismo che ildegarda suddivide in cinque settori:

zona della testa (i cinque organi dei sensi)


amore profano - amore celeste;
maldicenza - buon costume;
desiderio - pudore;
durezza di cuore - misericordia;
ignavia - vittoria divina;
collera - pazienza;
malignità - brama di dio.

zona dalle spalle all’addome (viscere,


intestino, stomaco), virtù e vizi
che regolano l’equilibrio dell’apparato
digerente e delle ghiandole
1. gola - astinenza;
2. grettezza di cuore - generosità;
3. empietà - devozione;
4. slealtà - lealtà;
5. scontentezza - pace;
6. mestizia - beatitudine;
7. smodatezza - misura;
8. perdizione - salvezza.

zona dal bacino alle ginocchia (cuore,


fegato, organi sessuali)
1. superbia - umiltà;
2. invidia - altruismo;
3. desiderio di gloria - timore di dio;
4. disubbidienza - ubbidienza;
5. mancanza di fede - fede;
6. disperazione - speranza;
7. lussuria - castità.

zona dalle ginocchia alle caviglie (forze


vitali, fecondità)
1. ingiustizia - giustizia;
2. ottusità - forza;
3. dimenticanza - santità;
4. incostanza - costanza;
5. preoccupazioni terrene - desiderio
di assoluto;
6. ostinazione - contrizione;
7. cupidigia - distacco;
8. discordia - concordia.

zona dei piedi (forza, direzione, scopo)


1. scurrilità - rispetto;
2. vagabondaggio - fermezza;
3. superstizione - culto di dio;
Divisioni e suddivisioni della “Substantia”,
4. avarizia - sobrietà;
Firenze, Biblioteca Laurenziana 5. pessimismo - gaudio celeste.
59
infine, anche le nostre reazioni alle difficoltà della vita, ciò che oggi
definiamo “stress”, contribuiscono indiscutibilmente all’insorgere
della malattia. Queste hanno il potere di indebolire ancora di più il
corpo e l’anima già avvolti nella tristezza o nella rabbia, fino a po-
terli uccidere: «a causa della loro disposizione d’animo collerica gli
uomini possono deperire fisicamente e perdere tutta la loro umidità.
E se in questo stato di animo si verificano nuove avversità, esso si
cambia in odio o altre passioni letali che uccidono l’anima provo-
candone distruzione e rovina».
il ripristino della salute (dal latino salus, che significa contempora-
neamente sia salute che salvezza), non è tanto lo stare bene quanto il
recupero della propria integrità, della propria unità. La salute del
corpo è solo il presupposto di quella dell’anima e quella dell’anima
è indispensabile per ottenere la salvezza. L’uomo non si ammala sol-
tanto perché è predisposto o perché vive gli stress del suo ambiente,
oppure perché il suo stile di vita mina la sua salute, ma perché ha perso
il proprio centro e la sua vita è priva di significato
o di uno scopo. Questa visione filosofica che contraddistingue il me-
dico e la mistica del Xii secolo, si ritrova, curiosamente applicata,
nel XXi secolo, da alcuni sistemi di supporto psicologico per i ma-
lati di cancro, tra cui spicca il metodo del dottor carl simonton. il me- bibLiografia
todo, basato sulle relazioni corpo-mente, è tutto incentrato sul dare
LeLLa voLta, Segreti di
significato e pienezza alla propria vita e sulla comprensione del pro- medicina dei conventi,
prio scopo di vita. inoltre, applica la ri-programmazione degli atteg- ed. Xenia.
giamenti mentali malsani (vizi) con quelli sani (virtù). gotfried hertzka e
Wighard strehLoW,
La modernità della visione di ildegarda non ci deve sorprendere. in Manuale alla medicina
un’epoca tecnologicamente avanzata come la nostra, in cui ci illu- di Santa Ildegarda,
diamo di fare scoperte, di inventare e di creare cose nuove, la luce ed. athesia.
Ildegarda di Bingen,
della conoscenza rimane una costante, un filo conduttore. in realtà Libro dei Meriti di Vita,
non facciamo altro che ri-scoprire e ri-elaborare conoscenze eterne, a cura di Luisa ghiringhelli,
centro studi ildegardiani -
espanderle, collegarle tra esse e riformularle nei linguaggi più mo- mimesis.
derni e più “accettabili” della psicologia, della psicosomatica, del- giorgio cosmacini,
l’antropologia culturale, della fisica dei quanti, della comunicazione. Il Mestiere di medico,
raffaello cortina editore.
tuttavia la sostanza del messaggio rimane inequivocabilmente la
mirko drazen grmek,
stessa da millenni. dall’unità proveniamo, facciamo esperienza nella Storia del pensiero medico
dimensione della dualità e tutte le nostre malattie, esperienze dolo- occidentale,
ed. Laterza.
rose, schemi mentali e turbolenze emozionali non sono altro che se-
carL o. simonton,
gnali che ci inducono a ritrovare la direzione verso il centro Ritorno alla salute,
dell’esistenza, nel cuore di dio. n ed. amrita

60
LA CHARTA BORGIANA
E L’ILLUMINISMO A ROMA
La Charta Borgiana e l’Illuminismo a Roma, Edizioni Ludica, 2015. Il testo in
e-book (a cura di R. Langella, con un saggio di M. Capasso e lettere inedite di N.I.
Schow) sarà offerto in omaggio agli abbonati alla rivista Eterno Ulisse: un motivo
in più per abbonarsi subito .
“Un arruffato scherzo del destino”: così è stata definita la complessa vicenda della
Charta Borgiana, il primo papiro greco d’Egitto, portato in Italia, donato al cardinale
Stefano Borgia, tradotto e pubblicato da un Danese a Roma e oggi conservato al
Museo Archeologico di Napoli. Un aspetto poco conosciuto della grande tradizione
culturale italiana, che mostra il grande spirito di apertura e collaborazione tra Nord
e Sud, Cattolici e Protestanti, filologi laici e cardinali di Santa Romana Chiesa, nel
Secolo dei Lumi, che può sembrare impensabile. La vicenda, ricostruita scientifi-
camente con documenti inediti, risulta però appassionante come un giallo storico.
L’insolita avventura della Conoscenza, che offre sempre scenari imprevedibili e
curiosi, è offerta in e-book omaggio agli abbonati 2015 de L’Eterno Ulisse, grazie
alla collaborazione con il Centro Internazionale di Studi Borgiani.

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fEnomEnologIa dEll’InIzIazIonE
E SOCIETÀ INIZIATICHE
ChE CoS’è l’InIzIazIonE E pErChé un IndIVIduo SEntE la nECESSItà dI EntrarE a far
partE dI una SoCIEtà InIzIatICa? ChE CoSa lo SpIngE ad affrontarE una dImEnSIonE
ChE lo allontana dal Suo abItualE QuotIdIano? In ChE CoSa CambIa la Sua VIta dopo
ESSErE Stato “InIzIato”? fInChé l’InIzIazIonE, VISta da profanI, VIEnE analIzzata In
ChIaVE antropologICa Va tutto bEnE, ma SE proVIamo ad affrontarE QuESto tEma da
altrE angolazIonI SI CorrE Il rISChIo dI rImanErE InVISChIatI nEI tortuoSI SEntIErI
dEll’IrrazIonalE, doVE SI annIdano Cultura dEll’InCultura, fantaSIoSE VISIonI E
IngannI dI ognI gEnErE. EmblEmatICa In tal SEnSo è una dEllE pIù notE SoCIEtà InI-
zIatIChE, la maSSonErIa, Sulla QualE tutto SI può dIrE trannE ChE Sul Suo prE-
Sunto opErato VI SIa SErEnItà dI attEggIamEnto. proVIamo dunQuE a farE un Salto
IndIEtro E a ChIarIrE fondamEntalmEntE CoSa ImplICa un rItualE dI InIzIazIonE E
CoSa Comporta l’ESSErE InIzIatI.

di Maria Pia Fiorentino

Diploma di Maestro rilasciato dalla Loggia “Universo” all’Oriente di Roma (1882), archivio G.O.I.

erano riservati agli iniziati, definiti anche “adepti”:


I l termine “iniziazione” possiede essenzialmente
due valenze, una di natura antropologica – fina-
lizzata ad analizzare i riti di passaggio tipici delle
«La parola esoterismo – scrive Emilio Servadio
nel suo libro Passi sulla via Iniziatica – deriva da
civiltà primitive – e una di natura esoterica1 (inte- un vocabolo greco che significa “faccio entrare”,
riore). Quest’ultima è quella che prenderemo in ossia apro una porta, faccio passare dall’esterno
considerazione in queste pagine, pur senza trascu- all’interno, rivelo verità nascoste. Tale “passag-
rare la prima. Va tuttavia precisato che con il ter- gio” implica perciò una rivelazione fatta a taluni
mine Esoterismo si indicavano un tempo quelle e, secondo il termine tradizionale, una “inizia-
dottrine a carattere segreto i cui insegnamenti zione”, o addirittura un risveglio, una sorta di “se-

62
conda nascita”». In tutte le civiltà l’iniziazione implica una “morte”, una trasfor-
mazione, un passaggio dalla condizione profana2 a quella finalizzata alla ricerca del
sacro, che conduce a una “rinascita” psichica e spirituale. oggi, invece, col termine
“esoterismo”, o “esoterico”, purtroppo usato sempre più a sproposito, si suole indi-
care il mondo dell’occulto, dei fattucchieri e dei ciarlatani. prima di inoltrarci nel
senso profondo che l’iniziazione di per sé comporta, vogliamo soffermarci breve-
mente su un tema che su queste pagine è spesso presente proprio perché è una delle
espressioni più note della cosidetta scelta iniziatica: la massoneria. perché dedi-
chiamo alla massoneria uno spazio fisso in quasi ogni numero de L’Eterno Ulisse?
Questa è la domanda che ci hanno rivolto espressamente alcuni lettori ai quali, evi-
dentemente, sono sfuggiti i primi numeri della nostra rivista in cui è stato più volte
ribadito che avremmo dedicato un’intera serialità alla “vera” storia della massone-
ria per due motivazioni: la prima riguarda lo stesso progetto editoriale che mira ad
esplorare i “grandi temi dell’avventura umana”, scardinandone, laddove fosse ne-
cessario, i pregiudizi, gli errori, le dimenticanze, o i vuoti voluti; la seconda moti-
vazione è connessa ai grandi interrogativi umani in cui si imbatte, prima o poi, ogni
autentico ricercatore/ricercatrice a cui si rivolge in prevalenza l’Eterno ulisse: Chi
siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? le risposte a queste “eterne” domande
dell’anima sono conservate, con certezza, in quelle affascinanti terre della memoria
– custodite dal simbolismo, dal mito, dalla leggenda – dove ancora risiedono le più
profonde radici dell’essere umano e i segreti della sua controversa origine. tra i sim-
bolici “guardiani” di certe verità considerate di “ordine spirituale” vi sono le reli-
gioni e le scuole iniziatiche; queste ultime, a rigor di storia, sono ancora più antiche
delle prime, perché si rifanno ai primi passi della ricerca umana, quella nata dal pri-
mitivo rapporto magico e superstizioso con la natura, confluita poi in una più razio-
nale e articolata relazione col sacro. dallo sciamano al maestro, alla scuola iniziatica:
le tappe sono chiare, ed è proprio nella ricostruzione di queste fasi evolutive
– al confine tra storia, filosofia e metafisica – che si inserisce la mas-
soneria. In questo contesto iniziatico sembrano confluire, infatti,
miti, leggende, riti e simboli di tutti i tempi e di tutti gli ordini
Iniziatici sia occidentali (ad esempio le Scuole misteriche, i pi-
tagorici, i templari, i rosacroce) che orientali (a partire dai
culti misterici della grande madre Cibele con attis dall’asia
minore, quelli di Serapide, Iside ed osiride della mitologia
egizia, e quelli di mitra dalla persia che permearono la facies
religiosa della cultura romana imperiale, che vide il prolife-
rare di templi, isei e mitrei in tutto il mondo allora cono-
sciuto, per approdare al tantra, allo Yoga, ecc.). Secondo la
tradizione, infatti, la massoneria è l’equivalente di un
grande recipiente che custodisce un patrimonio universale
che, al di là delle sterili polemiche, non si può disconoscere,
e che ha ancora molto da insegnare all’uomo moderno a patto
che i massoni, quelli autentici, sappiano tuttora trasmettere l’an-
tica tradizione3 dei padri, e che l’uomo contemporaneo sia in grado
di recepirne il messaggio. per tutti i nuovi lettori, dunque, abbiamo
scelto di tornare sull’argomento partendo proprio dall’iniziazione; prima
però facciamo ancora un sintetico focus sulla Massoneria: tutto si può dire
tranne che su questo argomento vi sia serenità di atteggiamento. Quel che non si co-
nosce o ci sfugge appare sempre misterioso e incute paura. del resto, sui libri di
scuola certamente non si parla di Massoneria e di Società Iniziatiche e, al di là della Rito di iniziazione
cultura corrente, che spesso diviene cultura dell’incultura, le uniche nozioni che eleusina
giungono alla massa provengono dai comuni canali d’informazione: carta stampata,
internet ed emittenti radio-televisive, che sicuramente non contribuiscono a fare chia-
rezza. abbiamo provato a fare recentemente un piccolo sondaggio dal quale è emerso
che per i più la Massoneria è un’associazione pericolosa, alla stregua della mafia e
della camorra; per altri è un club d’élite al pari dei lyons o dei rotary e, per altri an-
cora, uno strano gruppo di esaltati che si dedica a pratiche magiche e stregoneria; al-
cuni infine intravedono in essa una copertura dei Servizi Segreti. pochi coloro che
hanno ammesso di non saperne abbastanza o che si sono limitati a un “non so”. Il ri-
sultato di questo sondaggio ci ha indotti all’amara constatazione che in Italia sem-

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pre più vale il detto cinese: «una persona dice una cosa falsa e cinquanta la ripetono come
vera». la nostra tuttavia non vuole essere una difesa ad oltranza né dei massoni né della
Massoneria, come qualcuno ha insinuato, volendo a tutti i costi intravedere occulti soda-
lizi e misteriose connivenze. per provare a fare un po’ di chiarezza in più cerchiamo di ca-
pire innanzitutto perché la massoneria si definisce una Società Iniziatica; ma ancor prima
è bene forse chiarire che cos’è una Società Iniziatica e come, quando e perché un indivi-
duo sente il bisogno di farne parte.

Il rito di iniziazione e le Società Iniziatiche

per dare un senso al rito di iniziazione e al suo intrinseco signif