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8 Periodico Trimestrale
GLIdeOBLò
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i viaggi
de
L’ ETERNOULISSE
Edizioni Ludica
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a partire da qualunque momento dell'anno, prevede due tipologie:
L’Eterno Ulisse
da un Progetto editoriale di Daniel Tarozzi
e Maria Pia Fiorentino
Direttore Responsabile 4 18
Maria Pia Fiorentino
mariapia.fiorentino@eternoulisse.it EDITORIALE ROBERTO ASSAGIOLI
di Maria Pia Fiorentino Padre della Psicosintesi e grande
Responsabile contenuti web medico dell’anima
e consulente di redazione
Alessandra Profilio DIETRO IL VELO di Paola Giovetti
Progettazione e sviluppo web
Luca Asperius
DI MAYA
Misteri del dopo vita, Incognite
Art Director sulla nostra origine e su aspetti
Antonio Guenci
della Realtà, il Mondo Onirico,
Grafica Ipotesi sulla Reincarnazione
Daniela Teodoru
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Tutti i diritti di proprietà letteraria
IERI E DI OGGI
ed artistica riservati ©Ludica srl Cercatori di Dio, Esperienze
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Manoscritti, testi e fotografie, Teologiche, Storia delle Religioni,
anche se non pubblicati, Aspetti del Sacro
non si restituiscono.
I contenuti pubblicitari
15 I VIAGGI DE
sono riportati senza responsabilità,
a puro titolo informativo.
RAMAKRISHNA L’ETERNO ULISSE
L’editore e la redazione ringraziano IL MISTICO PERFETTO Itinerari di viaggio per il corpo,
sentitamente i Musei, le Gallerie di Maria Giuseppina Scanziani per la mente e per lo spirito
e i Collezionisti che hanno consentito
la riproduzione di opere e documenti.
Restano comunque a disposizione
per ogni evenienza in relazione ai diritti
35
IL VIAGGIO DELL’ANIMA
L’Eterno Ulisse
PAROLE E MUSICA
Periodico Trimestrale – Anno 3 - N.8 DAGLI UNIVERSI INVISIBILI
Registrato al Tribunale di Roma n.9 di Mirella Restuccia
del 21 Gennaio 2014
www.eternoulisse.it
O ULISSE 38 I SENTIERI DELLA 87
TANGERI RIVIVE MEMORIA LA MAGIA
L’ETÀ DELL’ORO Storia e Memoria, Archeologia, Mo- DELL’AMORE
E SCRIVE LA TRAMA vimenti Letterari e Artistici, Correnti di Mauro Ruggirello
DI UNA NUOVA LEGGENDA Filosofiche
di Velia Iacovino ed Esoteriche
VITE 62
STRAORDINARIE FENOMENOLOGIA
Storie di personaggi DELL’INIZIAZIONE
che hanno cambiato il mondo E SOCIETÀ INIZIATICHE RUBRICHE
di Maria Pia Fiorentino
41 49
GRAZIA DELEDDA AFORISMI
un bambino di sesso femminile… SULL’ACQUA
di Neria De Giovanni a cura di Mara Manca
91
AFORISMI
SULL’AMORE
71 a cura di Mara Manca
LA CREAZIONE
DEL GRADO DI MAESTRO 92
LIBEROMURATORE EVENTI
PERCORSI DI di Marco Novarino FRANCO CUOMO
INTERNATIONAL AWARD
GUARIGIONE
Salute, Benessere, Culture
LA DIMENSIONE a cura di Alessandra Profilio
50 MITI
LA VIA DELLA GUARIGIONE
La salute è il risultato E LEGGENDE
dei nostri pensieri Miti, Leggende,
di Claudio Pagliara Scuole Iniziatiche, Usanze,
Tradizioni Popolari
57
VIZI E VIRTÙ 84
SALUTE E MALATTIA SAN VALENTINO
SECONDO ILDEGARDA E IL MIRACOLO DELL’AMORE Opera di Giuliano Giuggioli,
DI BINGEN di Franco Cuomo Isola delle apparenze, (2013),
di Marie Noelle Urech e a cura di Velia Iacovino cm.60x80, olio su tela
I
EDITORIALE
nnanzitutto scusate il ritardo. Fatta tale doverosa premessa desideriamo però sot-
tolineare che la nostra rivista, essendo un trimestrale a carattere culturale, può ogni
tanto sottrarsi ai criteri ferrei della periodicità; vogliamo inoltre condividere con tutti
voi il fatto che se ritardo c’è stato esso è dovuto anche agli avvenimenti incalzanti e
intensi che in quest’ultimo lungo trimestre hanno coinvolto L’Eterno Ulisse. Tante le
nuove iniziative, i libri pubblicati nelle nostre collane, gli eventi ai quali abbiamo
partecipato e, tra questi, non ultimo, il premio speciale che mi è stato conferito – con
un riconoscimento alla carriera – nella prima edizione del prestigioso Franco Cuomo
International Award. Il premio – voluto dall’associazione Ancislink, presieduta dal
professor Franz Ciminieri, e intitolato allo scrittore, drammaturgo, giornalista, scom-
parso nel 2007 – ha il fine di valorizzare nuove forme di espressione culturale, so-
ciale e umana del nostro tempo, ed in tale importante contesto L’Eterno Ulisse è stato
definito «uno dei magazine più interessanti del panorama culturale italiano, che tocca
grandi temi, percorrendo insoliti itinerari del grande mondo della conoscenza». Forte
l’emozione e la sorpresa per questo importante riconoscimento che dedico in parti-
colare a Franco Cuomo, a Velia Iacovino, a mio figlio Daniel Tarozzi e a tutti gli au-
tori e i collaboratori de L’Eterno Ulisse, che con la loro preziosa partecipazione mi
hanno consentito di intraprendere ancora una volta un’appassionante avventura edi-
toriale. Un “premio alla carriera” induce anche a rivisitare, insieme alla giuria, ogni
tappa che ha sancito il lungo percorso professionale costellato da conquiste e delu-
sioni, successi, sogni, amarezze, speranze ed entusiasmi che scorrono davanti agli
occhi insieme ai volti dei tanti collaboratori e colleghi che hanno contribuito ad ar-
ricchire il proprio patrimonio esperienziale. In questa circostanza rivedo, grata, anche
tanti amici e maestri che non sono più tra noi, e tra questi: Emilio Servadio, Alfredo
Cattabiani, Pietro Cimatti, Paolo Lucarelli, Elémire Zolla, Marcello Carosi, Giuliana
Pelliccioni, Massimo Marini e, ovviamente, il caro Franco Cuomo – al quale devo il
premio – che mi ha affiancato fin da Abstracta, la mia prima direzione di testata che
risale a circa trent’anni fa … e circa trenta, al tempo, erano anche i miei anni. Eppure
mi accorgo che il passar del tempo non ha scalfito né il mio entusiasmo né la mia in-
coscienza e, ancora oggi, talvolta mi chiedo con convinzione: “cosa farò da
grande?”. Ma … un “premio alla carriera” inorgoglisce e incoraggia, ed
oggi sono sempre più fiera di dirigere questa rivista, un po’ controcor-
rente, forse, ma così capace di stupire ogni volta per prima me stessa
che l’assemblo, numero dopo numero, e la sviscero prima di portarla
in stampa. E tutto questo grazie agli autorevoli interventi sempre esau-
stivi e coinvolgenti di ogni singolo autore. In questo numero, ad esem-
pio, il professor Emmanuel Anati ci accompagna sulla soglia della
consapevolezza invitandoci a varcarla senza indugio. Là, oltre que-
sta fatidica soglia, alberga la “Coscienza”, l’unica arma in grado
di combattere i tanti nemici dei nostri giorni. Ma, anche in questo
caso, affinché i termini “consapevolezza” e “coscienza” non si in-
frangano contro i fragili muri del sogno è utile, forse, provare a
scalzare il dubbio di avere a che fare, ancora una volta, con un
concetto utopistico e di antica memoria. Il magistrale excursus
sulla coscienza che ci propone Anati solleva grandi interroga-
tivi circa l’uso improprio di questo termine che rispecchia
l’emblematica e perenne contraddizione umana. Devo ammet-
tere che personalmente mi ha messo in crisi: io che ho sempre ri-
tenuto “consapevolezza” e “coscienza” espressioni tangibili dello
spirito, ho dovuto rivisitare le mie convinzioni alla luce delle sue
articolate considerazioni, ed alla fine sono ancora qui a chiedermi:
ma … che cos’è la “coscienza”? Esiste una chiave, una soluzione
possibile per invertire una rotta che sembra orientata verso le di-
struttive acque dell’incoscienza? Probabilmente esiste, ma quanto lavoro interiore richiede
questa inversione di rotta? A tale proposito mio figlio Daniel in una sua poesia del 2009,
dal titolo “Illuminazione” scrive:
E ora capisco meglio perché il professor Emilio Servadio, nel suo libro Passi sulla via
iniziatica, a proposito della coscienza scrive: «La coscienza può paragonarsi ad una
stanza che rimane senza luce finché non viene rischiarata,”illuminata”. (…) Conoscere
significa tendere ad assorbire e ad essere assorbiti, a superare la distinzione tra cono-
scente e conosciuto, a una finale identificazione tra “conoscere” ed “essere”. Questa
operazione ben nota a chi si trovi sulla via iniziatica, si effettua mediante una “luce” me-
tafisica, che investe l’oggetto e che su noi si riverbera. Tale luce, tuttavia, non è che una
scintilla della Conoscenza somma, ed è costantemente limitata dalla stessa “oscurità”
che contraddistingue la nostra condizione corporea. (…) La caduta della materialità ap-
pare dunque premessa del totale ritorno dello spirito a se stesso, del primo e non limitato
atto conoscitivo, senza derivazioni ed ostacoli nel mondo sensibile. L’unica e assoluta li-
bertà conoscitiva non si può avere pertanto se non nel momento della morte, vero dies na-
talis dello spirito, nel quale conoscimento è, insieme, co-nascimento». Insomma, in queste
pagine gli spunti di riflessione non mancano. Il numero 8 che vi apprestate a sfogliare
chiude un biennio e sancisce l’ingresso nel terzo anno di vita de L’Eterno Ulisse: leg-
gende, miti, dimensioni oniriche, aspetti trascendentali dell’essere, giganti dello spirito e
della letteratura, viaggi virtuali e viaggi reali, antiche sapienze e moderne ricerche scien-
tifiche, curiosità storiche e moti dell’anima – che vanno a confluire in quell’immutato ar-
chetipo che definiamo “Amore” – si avvicendano con un ritmo singolare. A causa
dell’inconsueto mix potrebbe sfuggire persino il filo conduttore intorno al quale L’Eterno
Ulisse solitamente pianifica ogni suo itinerario. Eppure, a ben guardare, il filo d’Arianna
c’è anche questa volta, ed è unico, pur conducendo, tappa dopo tappa, per vie traverse, ai
molteplici aspetti della ricerca iniziatica e ai tanti sentieri che conducono alle multiformi
dimensioni dell’anima. “Universi invisibili” che probabilmente è possibile esplorare so-
prattutto pilotando i nostri sogni, come ci suggerisce Marie Noelle Urech. Intanto, con
l’ingresso del 2015 sullo scenario del mondo – tra le macerie di millenni di storia, di
guerre, di conflitti e di contraddizioni – si fa strada, come sempre, la “speranza in un fu-
turo migliore”, ed è così che mentre si inorridisce per le minacce di un terrorismo che in-
combe, ognuno di noi si tuffa tra i sapori e gli odori della propria realtà per esorcizzare i
tanti leciti timori che investono la nostra vita e la nostra salute psicofisica. Pertanto con-
cludiamo invitandovi a scoprire la menzogna della malattia e il meccanismo perverso col
quale essa si insinua nell’anima per generare infelicità, perché, come sostiene in queste pa-
gine anche il dottor Claudio Pagliara: tutto parte dalla mente ed è lì che si condensa il
bene o il male della nostra esistenza, ed è dalla mente che il male va sradicato. Perciò …
tra i chiaroscuri di un inizio d’anno che ancora non ha una sua identità non permettiamo
all’ansia del domani di invadere i nostri spazi anche perché «La natura ricomincia sem-
pre le stesse cose: gli anni, i giorni, le ore; così si forma una specie d’infinito e di eter-
nità» (Pascal, Pensées, XXV,9), e un altro saggio aforisma recita: «L’oggi è quel domani
che ieri ti faceva tanta paura!». Buon anno a tutti!
Maria Pia Fiorentino
DIEtRO Il vElO DI mAyA
di Anna Ruggirello
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DIeTrO IL veLO DI MAyA
LA dimensione oniriCA, se espLorAtA Con oCChio vigiLe, è in grAdo di sveLArCi ALCuni enigmi
deLLA nostrA esistenzA: LA morte, i fenomeni Psi, e LA dimensione oLogrAfiCA deLLA
CosCienzA. in queste pAgine L’AutriCe Ci dimostrA Che LA fisioLogiA dei sogni presentA
unA sorprendente AnALogiA Con iL proCesso deLLA morte, LA Cui Comprensione
potrebbe indurCi A ConsiderArLA non più Come LA fine deLLA vitA mA Come un
Continuum Che, pArtendo dALL’ordine espLiCAto (visibiLe), si estende poi
neLL’ordine impLiCAto (invisibiLe). in questo AffAsCinAnte exCursus
vengono AnChe iLLustrAte Le peCuLiArità dei “sogni LuCidi” Che, se ben
piLotAti, potrebbero ConsentirCi di intervenire positivAmente neL
nostro quotidiAno e superAre persino Le nostre pAure più
profonde. LA Convinzione di essere menti sepArAte in Corpi
isoLAti gLi uni dAgLi ALtri Che imperversA neLLA nostrA
CuLturA oCCidentALe CominCiA orA A vACiLLAre …
F a parte della natura della nostra mente percepire il mondo esterno come reale. La separatezza
che avvertiamo nello spazio, fra noi stessi e gli altri, rafforza la convinzione di essere menti
separate in corpi isolati gli uni dagli altri. Tale senso di separatezza si esplicita anche nel nostro
modo di dividere il tempo in segmenti: presente, passato, futuro, così come nei vari ambiti della
conoscenza: il corpo è curato dai medici, mentre la psiche è affidata agli psicologi, come se
fossero due entità distinte! La millenaria tradizione spirituale Vedanta ci offre una visione ra-
dicalmente opposta: il nostro mondo è strutturato da una rete di connessioni invisibili in cui
tutte le parti, perfino le nostre menti, sono unite. Questa visione unitaria la ritroviamo in molte
correnti spirituali del passato e sopravvive ancora in alcune culture in Asia, in Africa, in Ocea-
nia, in America del Sud. Gli Indiani Hopi hanno preso come simbolo la tela di ragno per sim-
bolizzare questo intreccio tra tutte le cose dell’universo e tutti gli esseri viventi. Questa antica
8
conoscenza della vita ha ricevuto oggi sorprendenti conferme dalla fisica quantistica e dalle
neuroscienze. Negli anni ’80, il neuroscienziato Karl Pribram di Stanford, amico di Alan
Watts1, e il fisico David Bohm dell’università di Londra, allievo di einstein e discepolo di
Krishnamurti2, proposero una teoria congiunta che rivoluzionò il modello locale della realtà
e la conoscenza attuale del cervello. Questa teoria, elaborata a partire dalle scoperte di Alan
Aspect3 sulla non-località e dalla scoperta dell’ologramma, offre un nuovo modello del fun-
zionamento del cervello e della realtà dove gli oggetti non sono più “locali”, cioè separati
nello spazio, ma sono non-locali, connessi da intrecci invisibili ai nostri sensi fisici. era nato
il paradigma olografico4 che sconvolse completamente le nostre convinzioni sulla natura
dell’universo e della vita stessa, aprendo un ventaglio di possibilità mai ipotizzate prima d’ora.
Mi soffermerò principalmente sull’ipotesi che David Bohm delineò sulla struttura olografica
dell’universo che chiamò olouniverso. Nell’olouniverso esiste un’unità oltre il mondo feno-
menico, che lui definì ordine implicato. L’ordine implicato è nascosto, e quindi “invisibile”.
esso sarebbe la matrice della realtà fenomenica, percepita attraverso i nostri sensi e i nostri
strumenti, ovvero dell’ordine esplicato. L’apparente solidità degli oggetti e la fisicità delle en-
tità che percepiamo nell’ordine esplicato è generata e sostenuta da un processo incessante di
implicazione ed esplicazione, durante il quale le particelle si dissolvono costantemente nel-
l’ordine implicato per poi palesarsi materialmente nell’ordine esplicato.
Secondo la teoria di Bohm, non esiste una reale separazione tra il mondo fenomenico perce-
pito dai nostri sensi e altre dimensioni invisibili. Questa idea di continuum potrebbe spiegare
molti fenomeni della coscienza come i sogni, le NDe, le OBe, le sincronicità, la precogni-
zione, la psicocinesi, le guarigioni miracolose, l’esperienza estatica di unione con l’universo.
Questi fenomeni sarebbero dovuti ad una sintonizzazione con l’ordine implicato, a cui è pos-
sibile accedere in stati di coscienza modificata, cioè quando la coscienza è libera dalla sua di-
pendenza dal corpo fisico, come nel caso dei sogni e delle OBe. La proiezione della coscienza
fuori dal corpo (OBe - Out of Body Experience) è un fenomeno noto a ogni civiltà e cultura,
dagli Assiri agli egizi, agli antichi Greci, ai nativi americani, agli aborigeni, alle culture asia-
tiche e africane, in ogni epoca. Questo tipo di esperienza extracorporea avviene naturalmente
ogni notte durante la fase reM, ovvero quando sogniamo. Ma può avvenire anche durante una
meditazione, oppure in condizioni estreme come una grave malattia, un incidente, un trauma
violento o ancora in vicinanza della morte.
Sognare è, quindi, un’esperienza non-locale, fuori dal corpo fisico. Mentre il nostro corpo fi- francesco queirolo,
il Disinganno,
sico giace addormentato, come privo di sensi, la dimensione energetica e invisibile del nostro (part.),
essere fa un’esperienza in altre dimensioni. Facsimile gassoso del corpo fisico, esso si proietta napoli,
fuori da quest’ultimo e viaggia in uno spazio-tempo diverso, dove può incontrare i corpi ener- cappella sansevero
getici di altre persone che sognano o che sono morte. In varie tradizioni spirituali, questo
corpo energetico invisibile viene descritto come un campo che permea il corpo fisico e lo
contiene, alla stregua di una specie di matrice. Questo campo si estende in uno spettro di
varie frequenze e sfumature che la tradizione esoterica distingue in “corpi” eterico, astrale,
mentale, causale, spirituale. A questo campo si danno vari nomi: aura,
corpo astrale, corpo del sogno, corpo arcobaleno, corpi sottili, corpo quan-
tistico ecc. esso è dotato di capacità psi: può spostarsi istantaneamente
ovunque, attraversare ostacoli fisici, acquisire informazioni dal pas-
sato o dal futuro, spostare oggetti, provare una sinestesia totale, dia-
logare telepaticamente, essere presente in due luoghi diversi,
materializzare e smaterializzare oggetti, comunicare con i defunti
e con entità spirituali … La maggior parte delle persone non ne ha
consapevolezza e ignora le sue straordinarie capacità. Tuttavia esse
lo sperimentano ogni notte! Si svegliano con la sensazione di aver
fatto un lungo viaggio, di aver incontrato esseri misteriosi o di aver
fatto cose impensabili, ma tutto poi viene ridimensionato dalla ra-
zionalità e si dimenticano delle loro incursioni in un altro spazio-
tempo, in quanto le nostre dimensioni non-fisica e non-locale sono
negate dalla nostra cultura materialista. Alcune esperienze oniriche
presentano similitudini impressionanti con le NDe (Near Death
Experiences) ovvero esperienze di fine vita. Individui dichiarati
clinicamente morti5 hanno riferito di avere avuto la percezione di
9
J. h. fussli, 1741-1825, Crimilde vede in sogno sigfrido morto
nella pag. a fianco: hieronimus bosch, 1450- 1516, Ascesa all’Empireo, (part.)
sdoppiarsi, di lasciare il corpo fisico e di fluttuarci sopra, di effettuare un viaggio in altre dimensioni
dove hanno incontrato una Luce, una fonte di amore incondizionato, altri defunti e persino Maestri
spirituali. Molti hanno vissuto esperienze trascendenti che hanno cambiato poi la loro vita. Come per
le esperienze extracorporee (OBe) e oniriche, quelle di NDe sembrano essere un fenomeno univer-
sale e olografico. Nel 1983, lo psicologo Kenneth ring (University of Connecticut) fu il primo ad af-
fermare che le NDe potevano essere esperienze olografiche e comporterebbero lo spostamento della
coscienza da un livello dell’ologramma della realtà (ordine esplicato) ad un altro (ordine implicato).
Nel 1986, lo psichiatra Stanislas Grof (Maryland Psychiatric Research Center) pubblicò un libro nel
quale concludeva che i modelli neurofisiologici esistenti del cervello sono inadeguati a spiegare al-
cuni fenomeni, e che solo il modello olografico è in grado di spiegare cose come le esperienze ar-
chetipiche, gli incontri con l’inconscio collettivo e altri insoliti fenomeni sperimentati in stati alterati
di coscienza. Nel 1967, all’incontro annuale dell’Association for the study of dreams, il fisico Alan
Wolf asserì che il modello olografico spiegava i sogni lucidi come delle visite a dimensioni parallele,
e che questo modello permetteva di sviluppare una fisica della coscienza e di esplorarne le sue di-
mensioni. Il mistero della continuità della coscienza seguita ad assillare il pensiero degli uomini e delle
donne di ogni epoca. Sebbene in passato tutte le civiltà, da oriente ad occidente, usassero una infinità
di rituali e pratiche spirituali preparatorie al passaggio ad una nuova esistenza (libro dei morti egizio,
libro tibetano dei vivi e dei morti, l’ars moriendi medievale)6, assistiamo oggi ad un fenomeno para-
dossale. Ciò che una volta veniva definito come il passare “a vita migliore” è oggi motivo di ango-
scia. Ora che la scienza di frontiera ci conferma la multidimensionalità dell’uomo e l’infinità dei
mondi, anticipata da Giordano Bruno, i casi englaro e Welby hanno gettato un mattone nello stagno
dell’opinione pubblica, rimettendo in discussione le certezze dottrinali della società e della religione.
Al di là dei dibattiti e della strumentalizzazione di tali eventi, il vero problema di fondo, mai affron-
tato né dibattuto, restano la paura della morte e l’incertezza su cosa accade dopo. La visione mate-
rialistica della Scienza ha ridotto l’equazione dell’Anima in questi termini: ciò che non si vede e non
si misura = non esiste. Così la nostra visione culturale attuale ha reso la morte una cosa così innatu-
rale che si compiono gli sforzi più assurdi per mantenere la vita del corpo, essendo i nostri corpi ri-
tenuti l’unica forma in cui la vita si manifesta! e ancora la fisiologia dei sogni presenta una
sorprendente analogia con il processo della morte: anche in questo caso il corpo si irrigidisce, le fun-
zioni autonome rallentano, mentre la coscienza si stacca dall’involucro fisico e fa esperienza in di-
mensioni altre. Questa analogia ci permetterebbe di accettare la morte non più come la fine della vita,
ma come un continuum che, partendo dall’ordine esplicato (visibile), si estende poi nell’ordine im-
plicato (invisibile). Sognare della morte o di defunti è così frequente che la psicoanalisi vi ha dedi-
cato molta attenzione. È generalmente inteso che sognare la morte ha una valenza più simbolica che
premonitoria. Secondo Jung, Thanatos (la morte) è un istinto di natura psichica e spirituale che pre-
siede a profonde trasformazioni interiori. Nei sogni di morte talvolta è difficile distinguere un caso
di premonizione da un segno di trasformazione personale in atto. Infatti, nel corso di una vita “mo-
riamo” tante volte, se consideriamo tutte le metamorfosi che costellano il nostro percorso come pie-
10
tre miliari: da bambini ci trasfor- NOTe
miamo in adolescenti, da adole- 1) Filosofo inglese (1915-1973) noto
scenti in adulti. Ci sposiamo, per i suoi vasti studi di filosofia orientale
abbiamo figli, cambiamo paese, (buddhismo, zen, taoismo, induismo).
The Way of Zen fu una delle sue opere
città, casa, partner, invecchiamo più significative. Con lo psichiatra Carl
fino all’ultima trasformazione! So- Gustav Jung approfondì alcune nuove
gnare di morire o sognare della tesi sulla moderna psicologia e, negli
ultimi anni della sua vita, divenne uno
morte di altre persone va, comun- dei punti di riferimento per tutta l’area di
que, interpretato con cautela e con Controcultura.
2) Jiddu Krishnamurti (1895-1986),
una comprensione allargata del feno- Maestro spirituale indiano, iniziato alle
meno. La concezione dei sogni da parte dottrine esoteriche della teosofia da cui si
della psicologia moderna non è più quella del distaccò in seguito, divulgò i suoi
insegnamenti volti a rendere l’uomo
mondo antico, che li considerava una forma di rivelazione completamente libero, seguendo il motto:
e di oracolo. Sognare i cari defunti, per le scuole di psi- “La verità è una terra senza sentieri” e
coanalisi di stampo materialista costituisce un “feno- non la si potrà mai ottenere attraverso
nessuna organizzazione, chiesa, maestro.
meno compensatore”, ovvero una proiezione della nostra psiche Il suo pensiero influenzò in maniera
desiderosa di continuare un legame con la persona amata. Questa teoria determinante molti scienziati e noti
personaggi del XX secolo.
esclude la realtà olografica e, quindi, la continuità della coscienza e la 3) Nel 1982 un’équipe di ricerca
probabilità di un reale contatto telepatico con un defunto. Le capacità psi dell’Università di Parigi, diretta dal fisico
sperimentate nello stato di sogno sono uno dei grandi regali che la di- Alain Aspect, scoprì che, sottoponendo a
determinate condizioni delle particelle
mensione onirica ci offre. Il sogno è uno stato di coscienza equivalente subatomiche come gli elettroni, esse sono
alla medianità. Sperimentiamo ogni notte questa dimensione sensibile capaci di comunicare istantaneamente
una con l’altra indipendentemente dalla
di cui riportiamo indietro, nella coscienza di veglia, frammenti di ricordi. distanza che le separa, sia che si tratti di
Di solito, quando sogniamo, in qualche modo “subiamo” il sogno. Tut- 10 metri o di 10 miliardi di chilometri.
tavia, in alcuni casi, può accadere che ci si accorga di “stare” in un sogno Come se ogni singola particella sappia
esattamente cosa stiano facendo tutte le
con la consapevolezza divisa in due stati percettivi sovrapposti: la per- altre. L’esperimento di Aspect
cezione di essere addormentati sul proprio letto di casa e quella di spe- rivoluzionò il postulato di einstein sulla
rimentare il sogno, sapendo di sognare. Queste caratteristiche hanno velocità della luce, provando che il
legame tra le particelle subatomiche è
valso a questi sogni l’appellativo di sogni lucidi, termine coniato dallo istantaneo e quindi non-locale.
psichiatra olandese Frederik van eeden. Nel sogno lucido, il sognatore 4) Il paradigma olografico si basa sul
concetto di informazione globale che
ha la consapevolezza di stare sognando e può – con una forza cosciente, lega una parte al tutto: la parte diventa un
creativa e intenzionale – modellare il sogno a suo piacimento; ha il po- ologramma del tutto, in quanto contiene
tere di modificare i mostri in angeli, di volare, di attraversare le rocce, di al suo interno una rappresentazione
globale dell’insieme da cui deriva.
modificare i paesaggi; è in grado di interloquire con i vari personaggi in- Questo, di fatto, implica una relazione
contrati e di interagire nelle situazioni; utilizza creativamente i poteri psi informatica continua, coerente e
del suo campo energetico. egli diventa il regista e il protagonista co- dinamica tra la parte e il tutto.
Partendo da dati fisico-matematici, il
sciente del sogno. La peculiarità dei sogni lucidi, già nota alle antiche ci- paradigma interessa ogni disciplina,
viltà e alle culture sciamaniche, si rivela uno straordinario strumento per dalla fisica all’informatica,
alla biologia, alle teorie mediche,
migliorare la nostra vita e superare le nostre paure più profonde. Tutto sociali e psichiche dell’uomo,
quello che viene sperimentato e agito nel sogno lucido diventa un alle- alla cosmologia, estendendosi alle
namento alla vita di tutti giorni, contagiando lo stato di veglia con la con- dimensioni della coscienza. Si sviluppò
agli inizi degli anni Ottanta grazie al
sapevolezza che tutto è possibile e che non esistono limiti alla creatività contributo di vari scienziati quali David
umana. Al di là dei nuovi scenari offerti dal paradigma olografico e dalla Bohm, Karl Pribram, Fritjiof Capra,
fisica della coscienza, dobbiamo prendere atto che le esperienze di pre- Stanislas Grof, renée Weber, Itzhak
Bentov, Stanley Krippner e molti altri
morte, siano esse un reale viaggio nell’aldilà oppure un altro tipo di fe- studiosi.
nomeno non ancora riconosciuto, producono sempre effetti positivi e 5) elettrocardiogramma ed encefalogramma
piatti dai 4 ai 20 minuti. Cfr. Pim van
significativi in chi le ha vissute. La stessa cosa accade nel caso di con- Lommel, ruud van Wees, vincent
tatti con i defunti tramite i sogni. A seguito di tali esperienze, le persone Meyers, Ingrid elfferich, Near-death
vivono cambiamenti esistenziali e interiori importanti, provano pace al- experience in survivors of cardiac arrest:
a prospective study in the Netherlands, in
l’idea della morte e fiducia nella continuità della vita, in un “dopo”, ac- Lancet 2001; 358: 2039-45; Sam Parnia,
compagnata dalla certezza della realtà dell’esperienza. «Una cosa è reale Spearpoint K., Fenwick P., Near death
esperiences, cognitive function and
nella misura in cui sono reali le sue conseguenze», disse il grande Carl psychological outcomes of surviving
Gustav Jung, che dedicò molta attenzione e ricerca ai quei fenomeni. cardiac arrest in Resuscitation, 2007,
Questa è la differenza tra le nostre credenze culturali e l’esperienza. Fe- 6) Una sorta di manuale o passaporto per
accompagnare la transizione verso la
nomeni che non hanno una spiegazione attendibile secondo il nostro mo- dimensione eterna, con precise
dello di pensiero, vengono comunque esperiti e, con umiltà, vanno indicazioni date all’anima del defunto sul
accettati come reali. n come procedere nelle varie fasi.
11
DIETRO IL VELO DI MAYA
l’essere umano
e la sua speranza di eternità
Riflessioni sul tema
Benché alcuni lo neghino, la speranza di eternità è essenziale per l’animo umano. essa
è la naturale condizione e proiezione della Vita. l’uomo, essere fisicamente finito
e limitato, aspira all’infinito, all’eternità; ma l’eternità è la dimensione
autentica, assoluta e totale dell’essere in sé. l’essere umano, nella sua
limitatezza, nutre l’aspirazione all’eternità poiché attraVerso il suo
spirito è in grado di intuire l’assoluto, la Verità, l’essere nella
sua pienezza. ma un conto è concepire o intuire, altro è essere.
di qui il dramma dell’esistenza soprattutto quando la
speranza di eternità implica il superamento ideale
delle leggi fisiche della materia che ci contiene …
di Nicola Cutolo
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piano etico è il Bene, sul piano temporale e della durata è espresso dal concetto di
eternità. l’eternità è la persistenza, la permanenza, la continuità dell’essere, il che dà
sicurezza, serenità, forza.
gran parte delle religioni è fondata sulla nozione di eternità; infatti esse assicurano ai
loro fedeli l’eternità nella prospettiva dell’essere e del Bene.
la speranza di eternità è quindi essenziale all’animo umano. essa è la naturale con-
dizione e proiezione della Vita. l’uomo, essere fisicamente finito e limitato, aspira al-
l’infinito, all’eternità; ma dell’eternità si può dire che essa è, non soltanto
psicologicamente, più dell’infinito. essa è la dimensione autentica, assoluta e totale
dell’essere in sé.
l’essere umano, nella sua limitatezza nutre l’aspirazione, la speranza nell’eternità,
poiché attraverso il suo spirito è in grado di intuire l’assoluto, la Verità, l’essere
nella sua pienezza. ma un conto è concepire o intuire, altro è essere. di qui il
dramma dell’esistenza.
al di là della ricerca scientifica, che si svolge quasi esclusivamente nel mondo fisico
e psichico, bisogna tentare vie più ardue e complesse, quelle cioè più profonde e na-
scoste della psiche, per ricollegarsi all’antica sapienza dei pitagorici e dei saggi in ge-
nere, sia d’oriente che d’occidente...
sembrerà strano, ma anche l’occidente ha coltivato l’antica sapienza fondata sul-
l’essere e sull’eternità. Basti pensare a pitagora, a parmenide e, in parte, a platone. W. Blake,
L’Angelo
tutto ciò sembra sfuggire alla riflessione, spesso troppo limitante, dell’illuminismo di della
ieri e di quello contemporaneo. rivelazione, (part.)
proprio dalle macerie del relativismo assoluto, proprio dall’uomo frantumato nelle
mille etichette a causa delle ideologie e delle scienze moderne, può rinascere la
speranza di una ricomposizione organica e armonica dell’essere umano nella
dimensione dell’eternità, cioè oltre ogni caducità, oltre ogni limite di fisica im-
perfezione e di pregiudizio psicologico.
speranza di eternità vuol dire superamento ideale delle leggi fisiche della ma-
teria, leggi che chiudono l’essere umano tra le rigide sbarre delle cose
relative e soprattutto finite.
speranza di eternità vuol anche dire, per l’uomo, fiducia nella pro-
pria essenza che implica l’esistenza dello spirito; di uno spirito
cioè che, nato perfetto come idea dalla divinità, attraversa l’espe-
rienza finita e relativa della terra (cioè della vita umana con le sue
proprie, restrittive leggi) per riconoscersi sempre più e sempre
meglio come spirito, appunto; cioè come qualcosa che è già
eterno per “nascita” divina.
il fatto stesso di sperare nell’eternità, il fatto stesso di po-
terla intuire, è la prova lampante che io, come voi, come
tutti gli individui della terra, non siamo fatti soltanto di
caduca materia che passa, ma che possediamo anche uno
spirito, una forza sottile, che va oltre la materia, perché
già esso spirito vive nell’eternità!
è significativo – ad esempio – che anche nell’essere
umano più derelitto vi sia in fondo una luce che è
data da un’aspirazione all’eternità: una speranza,
una tendenza di cui egli può non essere del
tutto cosciente, ma che comunque è una
forza che, malgrado tutto, lo aiuta a vi-
vere, lo aiuta a reagire alla malasorte,
lo sorregge in mezzo alla bufera della
sua vita.
la nostra condizione umana può essere
paragonata ad una sorta di maschera fi-
sica e psichica che, finché siamo sulla
terra, nasconde la nostra vera natura spiri-
tuale, la nostra vera natura di esseri immor-
W. Blake, Creazione di Adamo
tali. come tutti sappiamo, questa nostra struttura umana tende fortemente a seguire,
quasi per inerzia, le leggi della materia, giorno dopo giorno, e molti di noi pensano al-
lora che esista soltanto la materia, in noi e fuori di noi. ma dentro ognuno le cose si
svolgono ben diversamente, e a volte basta poco per capire che in noi stessi c’è “qual-
cosa” che è al di là di queste leggi, e questo “qualcosa” è naturalmente lo spirito.
con la morte la maschera umana si frantuma e lo spirito si libera della sua prigione di
carne, della sua prigione di materia. la speranza di eternità dell’uomo diventa allora in
esso – cioè nel suo spirito – certezza di eternità, perché lo spirito vive da sempre nel-
l’eternità! non è un gioco di parole, perché il concetto di eternità è molto vicino a quello
di assoluto. lo spirito è quindi da sempre nell’assoluto, in ciò che è unico e che non
può mai finire; e il suo lavoro è quello di conoscere uno dopo l’altro (evolvendo sulla
terra e altrove) gli infiniti aspetti della realtà che formano l’assoluto, cioè – come di-
cevo all’inizio – che formano l’essere nella sua vera, infinita sostanza.
credo che da individui, da esseri umani, soltanto l’intuizione possa darci un barlume di
questa grande Verità, di questa immensa Verità. grazie a questa intuizione, anche pic-
cola e limitata, possiamo renderci conto che la nostra speranza di eternità, che la nostra
intima aspirazione, o tendenza all’assoluto, è già una realtà vivente.
se lo spirito vive già nell’eternità, noi, in quanto esseri umani, siamo così già sulla so-
glia di questa eternità.
così il nostro corpo passa, ma il nostro pensiero resta; così la nostra esistenza fisica tra-
monta, ma la nostra anima rimane; così quella parte di noi che è caduca, sparisce o
quanto meno si trasforma in tante altre cose della terra, ma quella parte di noi che pensa,
che desidera, che ha volontà e che quindi è un valore universale, questa parte scavalca
questa vita finita, imperfetta, e prosegue il suo Viaggio infinito in quella eternità che è
il suo luogo per eccellenza, il luogo dell’anima, il luogo dello spirito.
e basta questa speranza per poter continuare a vivere meglio su questa terra, per con-
tinuare a resistere ai colpi che questa vita umana, passeggera, ci riserva; basta questo per
arrivare fino in fondo al nostro tormentato percorso terreno.
la storia dell’uomo, nel mondo, ci offre infiniti esempi di questa speranza di eternità e
della forza che essa può dare a molti per poter andare comunque avanti. n
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entRonauti di ieRi e di oggi
RamakRishna
Il MIstIco perfetto
Ramakrishna Paramahamsa
sotto i suoi occhi, un fascio di luce la penetrava e di fronte ad un tale assalto, Chandramani, sconfitta,
sveniva. Al suo risveglio la preda del Signore era incinta. Suo marito, al ritorno la trovò trasfigurata.
Sentiva delle voci: portava un Dio in grembo.
Il bambino nacque il 18 febbraio 1836. Fu colui che il mondo conobbe in seguito sotto il nome di Ra-
makrishna, ma il suo gaio nome di bambino, tintinnante come un campanello, suonava Gadadhar.
I suoi genitori, Khudiram e Chandramani, riuscivano a stento a sbarcare il lunario e trascorrevano gran
parte del loro tempo in adorazione di Raghuvir, la divinità familiare che consideravano loro patrono
e protettore.
Nel villaggio, Gadadhar era molto benvoluto. Bello e naturalmente dotato per le belle arti, non aveva
però alcuna propensione per la scuola. Se qualcuno gliene chiedeva la ragione, egli rispondeva: «La
cosiddetta istruzione ha in vista soltanto i soldi; questo tipo di istruzione non mi interessa affatto».
Amava la natura e trascorreva il suo tempo con gli amici nei campi e nei frutteti del villaggio. Andava
spesso in estasi: una fila di candide gru in volo sullo sfondo delle cupe nubi monsoniche, il canto di
inni devozionali o la recita in una rappresentazione religiosa potevano facilmente mandarlo in estasi.
Gadadhar rimase orfano del padre a sette anni; tale evento lo rese più serio, ma non ebbe il potere di
fargli cambiare modi e abitudini. Infatti, continuò a rifiutare la scuola, preferendo andare dai monaci
che si adoperava per servire e che seguiva, completamente dimentico di sé.
Un giorno, quando aveva undici anni, Sri Ramakrishna stava andando attraverso i campi di grano in
direzione di Anur, un villaggio vicino Kamarpukur. Come disse in seguito a suoi discepoli, improvvi-
samente ebbe una visione di gloria e perse coscienza. La gente disse che era stato uno svenimento, ma
in realtà si trattava di una vera e propria visione di Dio.
Ormai aveva raggiunto l’età per ricevere l’investitura del sacro cordone brahmanico; i preparativi
erano quasi ultimati, quando egli dichiarò che era sua intenzione ricevere la rituale prima elemosina
da una certa donna sudra del villaggio, ossia un’appartenente a una casta molto bassa. Una cosa simile
non si era mai sentita; secondo la tradizione doveva essere una donna brahmana a dargli la prima ele-
mosina. Gli venne fatto notare, ma egli fu irremovibile. Non ci furono ragioni, preghiere o pianti in
grado di farlo desistere da tale proposito. Ramkumar, fratello maggiore e, dalla morte del padre, ca-
pofamiglia, alla fine si arrese.
Intanto le condizioni economiche della famiglia continuavano a peggiorare. Ramkumar dirigeva una
scuola di sanscrito a Calcutta e svolgeva anche funzioni di sacerdote presso alcune famiglie. Guada-
gnava davvero poco e non gli era possibile inviare con regolarità del denaro a casa. Pertanto, decise
di far venire Gadadhar a Calcutta per fargli studiare il sanscrito; inoltre, avrebbe forse potuto svolgere
qualche servizio religioso tramite cui racimolare del denaro per sé. Gadadhar arrivò da suo fratello, ma
subito disse perentoriamente che non avrebbe studiato; accettava però volentieri di svolgere servizi re-
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ligiosi, non per denaro, ma per la gioia che ne ricavava.
Nello stesso tempo, una ricca signora di Calcutta, Rani Rashmoni, fece costruire un tempio a
Dakshineswar, dedicato alla Dea Kali. Ella si rivolse a Ramkumar chiedendogli di prestare
servizio in qualità di sacerdote del tempio ed egli accettò. Gadadhar si lasciò persuadere a de-
corare la divinità. Più tardi, quando Ramkumar si ritirò, Gadadhar ne prese il posto.
Da allora veniva spesso scorto seduto per molte ore davanti all’immagine della Madre, la dea
Kali, la sposa del Signore dell’Eternità (Shiva) e la invocava incessantemente affinché gli si ma-
nifestasse. All’inizio la Dea parve non rispondere alle sue continue invocazioni, ed egli du-
rante l’adorazione era spesso in lacrime, talvolta dando libero sfogo alla sua amarezza con alte
grida. Spesso passava l’intera notte in preghiera nella vicina foresta. Un giorno, non potendo
più sopportare questa situazione del silenzio della Dea, decise di porre fine ai suoi giorni. Af-
ferrò una spada appesa al muro e stava per colpirsi quando vide onde di luce che proveni-
vano dalla divinità; la luce lo investì e lo sommerse ed egli, perduta coscienza di sé, cadde a
terra svenuto.
Ma Gadadhar non si accontentò di questo. Cominciò a pregare la Madre Kali per ottenere altre
esperienze spirituali.
Allora i suoi familiari, impressionati, predisposero in tempi brevi il suo matrimonio, sperando
che questo lo riportasse alla realtà di ogni giorno. La sua sposa, Sri Saradamani Devi, era fi-
glia di Ram Chandra Mukhopadhyaya di Jayrambati, un villaggio a sole quattro miglia da Ka-
marpukur. Al momento del matrimonio, nel 1859, lei aveva solo sei anni, mentre suo marito
ne aveva ventitrè.
Dopo il matrimonio Sri Ramakrishna ritornò nel tempio-giardino di Dakshineswar e pian piano
incominciarono a raggiungerlo molte persone alcune delle quali divennero successivamente
suoi discepoli: fra i più cari, all’inizio del 1882, arrivarono Narendra (Vivekananda), Rakhal
(Brahamananda), Bhavanath, Baburam, Nirajan, M. e Jogin.
Oltre a insegnare il fatto che “Dio può essere visto e sperimentato”, il suo grande obiettivo fu
quello di mostrare l’armonia tra tutte le religioni. Da un lato egli realizzò l’ideale indicato da la dea
ciascuna delle diverse sette della religione indù, e dall’altro l’ideale dell’Islam e del Cristia- kali
nesimo: egli ripetè in solitudine il nome di Allah e meditò su Gesù Cristo. In una visione,
egli vide Gesù in tutta la sua gloria. Nella sua stessa stanza fece mettere non solo le im-
magini delle divinità indù, ma anche quelle di Buddha e di Gesù che è rappresen-
tato mentre salva Pietro che sta per annegare, e mentre calma la tempesta.
Il suo insegnamento si protrasse per circa 15 anni tramite parabole, meta-
fore, canti e, soprattutto, con l’esempio della sua vita, e in tal modo co-
municò ai suoi discepoli e al mondo le verità fondamentali della
spiritualità.
Non proclamò né credi, né dogmi. La sua sola preoccupazione era
l’elevazione degli uomini e riteneva che in essi vi fosse un enorme
potenziale etico e spirituale che avrebbero dovuto realizzare in vita
come un dovere. Riteneva poi che le diverse religioni fossero al-
trettanti sentieri che conducono tutte alla stessa meta, cioè al
Divino.
Come molte grandi anime insegnò ai suoi discepoli a essere nel
mondo, ma non del mondo, a compiere i propri doveri al meglio,
ma a non contare troppo sui frutti delle proprie azioni perché
essi vanno offerti a Dio di cui ci si deve considerare un sem-
plice strumento.
Egli riteneva che il Divino fosse ovunque, ma si manifestasse
soprattutto nell’uomo. Quindi, servire l’uomo equivaleva ad
adorarLo.
Alla sua morte, avvenuta nel 1886, lasciò un gruppo di gio-
vani e devoti discepoli guidati dall’ormai famoso Swami Vi-
vekananda. Oggi il suo insegnamento si è diffuso, non solo in
Asia, ma anche in America e in Europa, e specialmente negli Stati
Uniti e in Inghilterra. Sri Ramakrishna non è solo l’esempio per-
fetto di entronauta, ma una delle più grandi anime che siano mai vis-
sute su questa terra. n
entRonAuti di ieRi e di oggi
RobeRto AssAgioli
padre della Psicosintesi e grande medico dell’anima
PeR tuttA lA vitA AssAgioli
hA sottolineAto il bisogno, innAto in ogni esseRe umAno,
di elevAzione sPiRituAle, di cRescitA ed evoluzione; hA inoltRe
PResentAto unA PsicologiA dellA sAlute e indicAto eseRcizi PRAtici e tecniche
PeR conseguiRe queste mete. Fu tRA i FondAtoRi dellA medicinA PsicosomAticA e
contRibuì in mAnieRA deteRminAnte Allo sviluPPo dellA PsicologiA umAnisticA e di
quellA tRAnsPeRsonAle. nAsce con lui lA Psicosintesi, che è essenziAlmente
sAggezzA soRRidente, sPiRituAlità, ARte di educARe se stessi e gli AltRi PeR
costRuiRe un mondo miglioRe.
di Paola Giovetti
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del quale c’è l’io, o sé cosciente. Questo uovo si suddivide in tre settori: in basso c’è
l’inconscio inferiore, che Assagioli definiva “cantina”, sede delle attività psichiche che
presiedono alla vita organica, alle funzioni fisiologiche, agli istinti primitivi, ai com-
plessi psichici, ai sogni e alle attività immaginative elementari. Al centro risiede l’in-
conscio medio, dove avviene l’elaborazione delle esperienze compiute, la progettazione
delle attività future e dove ha sede l’archivio della memoria. Infine c’è “l’attico”, cioè
l’inconscio transpersonale dove risiedono tutti quei contenuti di cui non siamo coscienti
e da cui provengono le aspirazioni artistiche, scientifiche, filosofiche e creative in ge-
nere, le intuizioni, gli slanci altruistici, gli stati di contemplazione, illuminazione ed
estasi, le esperienze mistiche, i poteri paranormali e supernormali.
In cima a tutto c’è la “stella”, ovvero il sé della psicologia moderna, che corrisponde al
concetto tradizionale di anima; cioè la nostra identità più profonda e autentica, intesa
non come qualcosa di ideale e irraggiungibile, bensì come una realtà sperimentabile di
cui l’io è un riflesso. L’uomo a sua volta è immerso nell’inconscio collettivo, in quel-
l’immenso serbatoio di energia universale con cui è in rapporto di interazione reciproca.
Il terapeuta che utilizza la psicosintesi esplora tutti questi aspetti, e per superare sof-
ferenze e conflitti sviluppa le riserve della persona, comprese quelle collegate all’in-
conscio transpersonale. Obiettivo dell’intervento terapeutico è la trasformazione del
sé, nel senso che la persona deve essere condotta ad assumersi gradualmente la re-
sponsabilità della propria vita impostandola più sull’essere che sull’avere, ad essere
coinvolta in un processo di trasformazione che non finisce certo con la terapia o con
il corso: è un processo che non finisce mai, che dura tutta la vita. Assagioli era per-
sonalmente convinto che il processo continuasse anche oltre: era un uomo religioso
nel senso più autentico del termine, credeva in una vita dopo la morte, amava pro-
fondamente l’uomo e gli riconosceva potenzialità che pochi sanno vedere.
Per richiamarsi ancora all’esempio dell’uovo, Assagioli sapeva bene che c’è la cantina,
ma era consapevole che esiste anche l’attico e non si stancava di raccomandare di ten-
dere a quello. A lui premeva aiutare l’uomo a diventare una personalità completa, e il libro del destino
in versi,
suo desiderio ultimo era arrivare a cambiare la società: dato che la società è costituita germania centrale
da singoli individui, se gli individui cambiano in positivo, anche la società finirà per Xiv sec.
fare altrettanto.
Tolleranza, alti ideali, sintesi tra Oriente e Occidente (non va dimenticato
che la meditazione è parte integrante delle tecniche della psicosintesi),
amore per l’essere umano: ecco gli ingredienti che fanno di Roberto
Assagioli un autentico Maestro.
Tra le qualità più gradevoli di Assagioli c’erano il buon umore
e la modestia: qualità che egli cercava di trasmettere anche
agli altri e che gli sarebbe tanto piaciuto che fossero proprie
anche e soprattutto dei politici: «Quanto sarebbe necessario
il buon umore in campo politico!», diceva. E aggiungeva:
«Se i dittatori, grandi e piccoli, avessero del buon umore,
ciò potrebbe aiutare ad evitare le guerre».
E con riferimento alla modestia che gli era propria, e al suo
leggendario senso delle proporzioni, è opportuno citare an-
cora una volta le parole stesse di Assagioli, il quale soleva
dire con molto humor che per ottenere queste qualità ci si
poteva far aiutare dall’astronomia, cioè dall’osservazione
del cielo stellato, delle costellazioni e delle galassie. E ci-
tava un aneddoto su Theodore Roosevelt, quando questi
era presidente degli Stati Uniti: «Un suo amico racconta
che non di rado la sera Roosevelt diceva: “Usciamo, an-
diamo a guardare le stelle”. Fissava una nebulosa nella
costellazione di Andromeda che si vede a malapena a oc-
chio nudo e proseguiva: “Questa galassia è formata da
centinaia di milioni di stelle, altrettanti soli, e di queste
galassie ce ne sono milioni e milioni nell’universo. Ecco,
siamo abbastanza piccoli, possiamo andare a letto!”». n
iL LiNGuAGGiO Dei siMBOLi
L’AcquA
memoria e vita
L’AcquA È L’eLeMeNtO, iNsieMe AL FuOcO, creAtO DALL’AriA Per “POLArizzAziONe”:
L’AcquA È iNFAtti, ALL’OPPOstO DeL FuOcO, “MAscHiLe”, “AttivO”, eLeMeNtO
“FeMMiNiLe”, “ricettivO”, “PLAsticO”. L’AcquA È vitA, DONO, FecONDità,
riGeNerAziONe, GuAriGiONe, MeMOriA, cOesiONe, cOMuNicAziONe. NeL suO AsPettO
POsitivO questO eLeMeNtO sciOGLie, LAvA, LiBerA DALLe iMPurità, riFLette LA Luce,
rAFFreDDA, riLAssA, GuArisce; iN queLLO NeGAtivO cOrrODe, iNONDA, ANNeGA.
NON È MAi ABBAstANzA sOttOLiNeAre L’eNOrMe iMPOrtANzA cHe L’AcquA HA DA
seMPre rivestitO iN tutte Le cuLture DeLLA terrA, Per LA sOPrAvviveNzA, MA ANcHe
cOMe sOstANzA PuriFicAtrice, AD eseMPiO Nei rituALi Di ABLuziONe e iNiziAziONe
di Mauro Ruggirello
magici donatori di immortalità sono rinvenuti in fondo al mare o ai laghi7. Anche i pozzi
sacri nuragici, veri e propri templi ipogei, testimoniano l’antichissimo e importantissimo
culto delle acque in sardegna. Presso il lago di Nemi era molto diffuso, in epoca pre–romana
e romana, il culto della dea Diana. il santuario dedicato alla dea, che si trovava presso una
sorgente sulle pendici dell’antico cratere vulcanico, era infatti visitato spesso dagli uomini
per trarne oracoli e dalle donne desiderose di avere dei figli. in caverne, nei pressi di sorgenti,
fontane, cascate, laghi o specchi d’acqua si manifestano da tempo immemorabile misteriose
fate, dee o dame bianche8 – le apparizioni sono tutte di natura femminile. ce ne parlano nu-
merosi racconti, leggende e miti del folklore di tutto il mondo9. una delle forme più frequenti
è quella di una giovane donna dalla folta chioma, seduta su una roccia vicino l’acqua o al
bordo di una fontana, che si pettina i capelli e piange, canta o si lamenta. spesso è nuda, altre
volte ha una coda di serpente o di pesce, come nella la leggenda medievale di melusina o in
quella tedesca di Loreley. Melusina sposa un cavaliere ma gli proibisce di guardarla mentre
si bagna e assume la sua vera forma, con la coda di serpente, divieto che viene regolarmente
infranto dal cavaliere, portandolo alla rovina. Loreley era un’ondina che sedeva su una roc-
cia lungo il fiume reno e attirava pescatori e barcaioli sugli scogli10. Molti di questi culti sono
sopravvissuti fino in epoca moderna, nonostante i numerosi tentativi della chiesa cattolica
di sopprimerli distruggendo le fonti stesse, demonizzando le divinità o costruendovi sopra
delle cappelle o chiese – come nel caso della cattedrale di chartres in Francia – e sostituendo
il culto dei santi o della vergine Maria a quello delle divinità acquatiche. Anche le apparizioni
della Madonna sono spesso avvenute nei pressi di sorgenti già esistenti o scaturite subito
dopo (come a Lourdes, Francia), le cui acque sono poi diventate miracolose. come abbiamo
visto, la natura dell’acqua ha quasi ovunque caratteristiche femminili. Divinità maschili as-
sociate ai mari, come il romano Nettuno (Neptūnus)11 o il greco Poseidone (Ποσειδῶν)12
sono, secondo gli studiosi, acquisizioni relativamente recenti e rappresentano piuttosto
l’aspetto aspro e violento del mare e degli oceani, con le loro tempeste13.
come nel caso di Nereo, anche in altri miti esiste una stretta associazione tra l’acqua e il ser-
pente o drago. il serpente è simbolo di rigenerazione, di fecondità, di conoscenza e di im-
mortalità. spesso custodisce l’accesso alla sacra fonte dell’immortalità. Nella mitologia
vedica vritrá (vṛtrá “l’avvolgente”) è un demone che, sotto forma di serpente (ahi) o drago,
teneva prigioniere, avvolgendole tra le sue spire, le acque del mondo, finché non venne uc-
ciso da indra con il fulmine (vajrāyudha) creato per lui da tvaṣṭṛ, il demiurgo vedico. in
india i nāgas, divinità serpente14, sono considerati spiriti della natura e protettori di sorgenti,
pozzi e fiumi. Portano la pioggia, e quindi fertilità, ma anche disastri come inondazioni e
siccità. sono generalmente considerati guardiani di tesori: i nāgas custodiscono l’elisir della
23
Vishnu-ananta
25
il re Nāga mucalinda offrì riparo al Buddha coprendo- “sciogliendo” ogni forma: l’acqua che dà la vita può infatti dare
gli la testa con le sue sette teste di serpente.
17) interessante il parallelo con l’uroboro (οὐροβóρος), anche la morte. così, nella Bibbia, l’umanità corrotta viene
il serpente che si morde la coda, simbolo già egizio del distrutta per mezzo del diluvio37. Ma dagli esseri che si sono sal-
tempo ciclico. È il serpente di mare Jörmungandr o
miðgarðsormr della mitologia nordica, che circonda il
vati sull’arca rinasce un nuovo mondo, rigenerato. Analogamente,
mondo mordendosi la coda. nei riti di iniziazione mediante l’acqua, come il battesimo, il fedele
18) «Le acque sono chiamate nārāh, [perché] esse sono viene rigenerato, rinasce puro: l’acqua del battesimo è segno della
prodotte da Nāra [il primo essere]; essendo state queste
la sua prima residenza [ayana], egli è chiamato nuova vita38. Anche il bagno rituale ebraico, il mikveh, ridona la
Nārāyaṇa» Bhāgavata Purāṇa. purezza prima di ogni atto rituale. tutti i popoli si sono serviti fin
19) «La Luna scorre nelle acque, e il sole dalle belle piume
nel cielo» (candramā apsv antar ā suparṇo dhāvate dall’antichità delle abluzioni, praticate prima di entrare nei luoghi
divi) rigveda, i,105,1. L’influenza della Luna, come sacri e prima di qualsiasi atto religioso, ed hanno usato le asper-
quella del sole, non si esercita naturalmente solo sul- sioni con acqua benedetta nei riti di
l’acqua, ma quello sull’acqua è l’effetto più evidente.
20) Forse non è un caso che le precipitazioni più intense si purificazione.
verifichino spesso nei giorni immediatamente prece- come per il fuoco, anche i termini
denti o successivi alle fasi di luna nuova o luna piena.
21) cfr. sanscr. mās “luna, mese”, gr. μήν, μής “mese”, per acqua hanno, nelle lingue indo-
μήνη “luna”, lit. mėnuo, mėnesis “luna, mese”, ant. europee, una tradizione piuttosto
slavo mĕsęcъ “luna, mese”, got. mēna “luna”, mēnōÞs varia, e spesso acquistano i significati
“mese”, lat. mēnsis “mese”; cfr. anche sanscr. māti “mi-
surare”, gr. μέτρον “misura”, got. mēl “tempo”. di “onda, fiume, lago, mare, pioggia”.
22) Famosa, a questo proposito, la frase di eraclito: «panta L’acqua intesa come strumento è
rhei» (πάντα ῥεῖ) “tutto scorre”: non ci si può bagnare
due volte nella stessa acqua del fiume. L’acqua scorre, rappresentata in un gran numero
secondo viktor schauberger (1885 – 1958), grande stu- di lingue dal termine i.e.
dioso austriaco di questo importante elemento, con moto
cicloide spiraliforme.
*wedōr-/uden- (es. inglese water,
23) così le greche Moire (Μοῖραι), personificazione del latino unda “onda”)39. L’acqua
triplice tempo: Cloto “la filatrice” (Κλωθώ), Lachesi personificata è invece rappre-
“la distributrice” (Λάχεσις), atropo “senza ritorno”
(Ἄτροπος); le romane Parche (Parcae o tria Fata): sentata da *āp-/*akwā-, che ri-
Nona, Decima, morta; le nordiche Norne (Nornir): troviamo nell’area linguistica
Urðr “l’origine”, verðandi “il divenire”, Skuld “il de-
bito”. cfr. anche le Ore greche (Ὧραι, divinità delle sta- indoiranica, italica (lat. aqua) e
gioni, del tempo “giusto”): tallo (Θαλλώ “che dona germanica40. L’acqua di sorgente
germogli”), auxo (Αὐξώ “che favorisce la crescita”), si ritrova nel sanscrito jala, mentre
Carpo (Καρπώ “che raccoglie frutti”). Al triplice
aspetto della Dea possiamo assimilare anche le dee in- l’acqua piovana è espressa dalle ra-
diane Sarasvatī, Lakṣmī, Pārvatī risp. mogli di Brahmā, dici *wer- (es. ant. nordico ūr
vishnu e shiva.
24) La falce di luna crescente con le punte rivolte in alto è “pioggia”, lat. ūrina) e *nebh-
anche simbolicamente la coppa o calice dove si racco- /embh- (es. latino nubes “nube” e
glie la bevanda dell’immortalità. È il calderone magico imber “pioggia”)41. Nelle lingue celti-
della mitologia celtica. questo simbolo ricorre inoltre
spesso nelle raffigurazioni della Madonna, sotto i suoi che l’acqua è invece “la profonda” o
piedi. cfr. anche Apocalisse 12,1–2. “la nera” (es. gallese dwfr, bretone
25) cfr. Bṛhadāraṇyaka Upanishad 6,2,15–16; Chāndo-
gya Upanishad 5,10,1–8. v. anche Plutarco, il volto dour)42. un altro termine è quello
della luna. per “distesa, specchio d’acqua,
26) «Abbiamo bevuto il soma e siamo diventati immor-
tali» (apāma somam amṛtā abhūma) rigveda 8,48,3. il
mare”, da una radice comune rico-
soma è anche la pioggia o sperma del toro celeste che fe- struita *mari/mori (es. lat. mare)43.
conda la terra, o il latte della mucca divina che nutre il Diffuso nell’area italica, celtica, ger-
mondo.
27) L’emisfero destro del cervello umano è, in particolare, manica e slava, questo termine presenta in alcune lingue un’in-
il luogo del pensiero analogico, intuitivo, sintetico. teressante somiglianza con il termine per “madre”44. Ancora,
L’emisfero sinistro è invece caratterizzato dal pensiero
logico, consequenziale, analitico. la fonte o sorgente è spesso il luogo dove l’acqua sgorga quasi “ri-
28) cfr. gr. μνήμη “ricordo, memoria”, μιμνήσκω “ricor- bollendo, gorgogliando” come in greco e nelle lingue celtiche, ger-
dare”, μνάομαι “pensare”, sanscr. manyáte “credere, maniche e slave45, mentre il torrente o fiume è caratterizzato dallo
pensare”, manati “pensare”, manas “mente”, lat. me-
minī “mi ricordo”, mēns “mente”, tutti da una radice “scorrere” di questo meraviglioso liquido nell’area indoiranica,
*men– “pensare, ricordare”. greca, italica, celtica, germanica e slava (es. lat. rīvus)46. un altro
29) Sarasvatī è, nel rigveda, anche il nome di un fiume.
30) Da una radice indoeuropea *(s)mer– “ricordare”. cfr. termine interessante è infine quello che si ritrova nel sanscrito
lat. memor, memoria, gr. μερμαίρω, μερμηρίζω, nārāh, greco νερόν/νηρόν “acqua fresca”, νᾶρός “corrente”, da
sanscr. smarati “ricordare”. una radice *ner– che si ritrova in numerosi nomi di corsi d’acqua
31) cfr. anche il mito di tiresia: la conoscenza ha un
prezzo, ma l’occhio qui simbolizza la perdita della vista in tutta l’europa (es. Nera in umbria, Neris in Lituania)47. La
“fisica” e l’acquisto di quella “sottile, spirituale”. Molti stessa radice si ritrova probabilmente nel greco Νηρεύς (Nereo),
“veggenti” o poeti dell’antichità erano anche ciechi.
32) La frequenza della vibrazione molecolare dell’acqua antica divinità delle acque, il “vecchio del mare” secondo Omero.
cambia a seconda delle sostanze in essa disciolte, deter- Figlio di Ponto (il mare) e Gaia (la terra), Nereo può assumere
minando il diverso effetto terapeutico di acque diverse.
33) il dott. samuel Hahnemann (1755 – 1843) scoprì il co-
ogni forma48 – sebbene prediliga quella di serpente – e predire il
siddetto “principio di similitudine” (similia similibus cu- futuro. È anche il padre delle Nereidi (Νηρείδες), ninfe marine
rantur), secondo il quale il rimedio adatto a curare una spesso rappresentate come fanciulle dai capelli ornati di perle, a
26
cavallo di delfini o cavalli marini. Le più note sono Anfitrite malattia è quella sostanza che in una persona sana in-
duce gli stessi effetti della malattia; questo principio
(Ἀμφιτρίτη), sposa di Poseidone, e teti (Θέτις), madre dell’eroe costituisce il fondamento dell’Omeopatia.
Achille. come le Nereidi, anche le Naiadi (Ναϊάδες, da una radice 34) se è vero che il nostro corpo è composto dal 70 per
cento di acqua, si possono facilmente dedurre gli ef-
*(s)na– “scorrere, umidità”)49 sono ninfe delle acque (dal gr. νύμφη fetti di un atteggiamento positivo verso la vita.
“vergine, giovane donna non maritata”) associate a fontane, sor- 35) Al contrario delle acque stagnanti o “morte”, per as-
genti, cascate, pozzi e caverne. Appaiono come giovani e bellissime senza di ossigeno. cfr. Gaston Bachelard, Psicanalisi
delle acque, red edizioni, 2006, p. 133.
fanciulle dai lunghi capelli. Dotate di poteri di guarigione, le naiadi 36) Gaston Bachelard, op. cit., p. 149. Dagli esperimenti
o ninfe d’acqua sono anche fonti di ispirazione (νυμφοληψία) per condotti in America durante gli anni ’60 su soggetti
immersi in vasche di isolamento risultava che questi
gli umani50. come l’acqua sgorga dalla sorgente, così le ninfe mor- provavano un ampliamento della coscienza simile al
morano, sussurrano, ispirano. si narra che il secondo re di roma, piacere e alla beatitudine illuminata di cui ci parlano
Numa Pompilio il legislatore, avesse come sposa la i testi indiani a proposito del cosiddetto stato di sa-
madhi. Nella Bibbia l’acqua significa felicità e si-
ninfa egeria. i due si incontravano nel bosco o valle curezza (ez 47,1).
delle Camene, al limite delle antiche mura 37) «ecco io manderò il diluvio, cioè le acque (ham-
mabbūl mayim), sulla terra, per distruggere sotto il
della città51, presso una sorgente d’ac- cielo ogni carne, in cui è alito di vita; quanto è sulla
qua, dove il re riceveva consigli e terra perirà» Gen. 6,17
ispirazione. Le camene (Camēnae o 38) «Gli rispose Gesù: in verità, in verità ti dico, se uno
non nasce da acqua e da spirito, non può entrare nel
Carmēnae) erano ninfe delle sorgenti, regno di Dio» (ἀπεκρίθη ὁ Ἰησοῦς Ἀμὴν ἀμὴν
fonte di ispirazione, come egeria e λέγω σοι, ἐὰν μή τις γεννηθῇ ἐξ ὕδατος καὶ
πνεύματος, οὐ δύναται εἰσελθεῖν εἰς τὴν
Carmenta, ma anche protettrici del βασιλείαν τοῦ θεοῦ) Gv 3,5; «Ma chi beve dell’ac-
parto (come antevorta e Postvorta). qua che io gli darò non avrà mai piú sete; l’acqua che
io gli darò diventerà in lui fonte di vita eterna» (ὃς δ’
Benché ispiratrici, le ninfe potevano ἂν πίῃ ἐκ τοῦ ὕδατος οὗ ἐγὼ δώσω αὐτῷ, οὐ μὴ
però essere pericolose o mortali se διψήσει εἰς τὸν αἰῶνα, ἀλλὰ τὸ ὕδωρ ὃ δώσω
spiate nelle ore centrali della gior- αὐτῷ γενήσεται ἐν αὐτῷ πηγὴ ὕδατος
ἁλλομένου εἰς ζωὴν αἰώνιον) Gv 4,14.
nata52. È nota la leggenda del cac- 39) Neutro con alternanza r/n da una radice indoeuropea
ciatore il quale, inseguendo una *wed- “bagnato, scorrere”. cfr. sanscrito ud- “ba-
gnato, scorrere”; cfr. inoltre sanscr. udán, greco
cerbiatta nel bosco, scopre una sor- ὕδωρ, ὕδατος, ittita watar (nom.), wetenaš (gen.),
gente o fontana nella quale si umbro utur, gotico watō, ant. nordico vatn, inglese
bagna una bellissima fanciulla – water, ant. irlandese uisce, ant. slavo voda (antica per-
sonif. femminile), lituano vanduõ (antica personif.
in realtà una dea o ninfa – che si femminile), lettone ūdens, albanese ujë “acqua”, la-
mostra nuda al cacciatore. in altre leg- tino unda “onda, acqua corrente”.
40) cfr. sanscr. āpas “le acque”, avestico āp-/ap-, per-
gende la giovane si mostra seduta sul siano āb “acqua”, lat. amnis, lit. upė, ant. irl. abann
bordo della fontana mentre si pettina “fiume, acqua che scorre”, irl. abha, gallese afon, bre-
la folta capigliatura. La vista è però tone aven “fiume”; lat. aqua “acqua”, ma got. ahwa,
ant. ingl. ēa “fiume”; cfr. anche ittita eku-/aku-, toca-
dannosa per il cacciatore, che rio yok “bere”. curiosa l’assonanza con il sumero ab
viene trasformato per punizione in “acqua, oceano, seme”.
41) cfr. per il primo il sanscr. gal- “gocciolare”, ted.
cervo, come nella leggenda di At- Quelle “sorgente”. Da *wer- abbiamo: sanscr. vār-,
teone (Ἀκταίων) che vede Artemide, vāri, tocario A wär, tocario B war “acqua”, avest. vār-
ant. nord. ūr “pioggia”, ma avest. vairi-, lit. jūra
o viene accecato, come nel mito di “mare”, e cfr. anche gr. οὖρον, lat. ūrina. Da *nebh-
tiresia (Τειρεσίας). L’indovino tiresia, figlio della ninfa ca- /embh-: sanscr. ambhas, ambu, gr. ὄμβρος, lat. imber
riclo (Χαρικλώ, “graziosa tessitrice”), aveva infatti spiato “pioggia, temporale, nuvola di pioggia”, nubes e nim-
bus “nube, nuvola temporalesca”, gr. νεφέλη “nu-
Atena (Ἀθηνᾶ) mentre si bagnava nuda in una fonte, e fu pu- vola”, sanscr. abhra “nuvola, tempo piovoso”, nabhas
nito dalla dea che lo rese cieco. in seguito all’intervento della “nuvola, cielo”.
42) cfr. alb. det “mare”, got. diups “profondo”, ant. slavo
madre, tiresia ricevette tuttavia il dono della profezia53. un altro dǔno “fondo”; cfr. anche ant. irl. dub “nero”.
mito narra come la ninfa salmace (Σαλμακίς), invaghitasi di er- 43) cfr. irl. muir, gallese e bretone mor, got. marei, ant.
mafrodito che giungeva alla sua fonte, volle unirsi a lui «come un nord. marr, ted. meer, ant. ingl. mere, lit. mãrios, ant.
slavo morje.
serpente» (ut serpens), chiedendo agli dèi di poter restare eterna- 44) vedi ad es. l’assonanza tra i termini francesi la mer
mente insieme. Gli dèi esaudirono il desiderio della ninfa, unendo “il mare” e la mère “la madre”, ital. mare e madre. La
lettera/suono nasale bilabiale m si ritrova, in molti ter-
i due per sempre in un unico corpo, ma ermafrodito maledisse la mini simbolicamente legati all’acqua, come luna (es.
fonte, chiedendo che chiunque si fosse bagnato nelle sue acque ingl. moon) e madre.
dovesse uscirne androgino (semivir)54. 45) viene naturale l’accostamento simbolico alla caldaia
o calderone magico. Da una radice *bher–/bheru–
Particolarmente interessante è il termine ebraico per acqua, mayim. /bhreu– “ribollire” (lat. fervēre, gr. φύρω “rimesco-
mayim è in realtà un plurale, le “acque”: sono le acque superiori, lare”, sanscr. bhur– “fremere, agitare”), cfr. gr. φρέαρ
“pozzo”, armeno albiur, irl. tobar, got. brunna, ant.
fecondatrici, maschili, e le acque inferiori, ricettive, femminili di nord. brunnr “pozzo, sorgente”; polacco źrόdlo “sor-
cui si narra nella Genesi55. mayim si scrive utilizzando tre carat- gente”, russo žerlo “cratere”, da *gwer– “inghiottire,
gorgogliare” (lat. gurges “gorgo, vortice”, ital. gor-
teri, due mēm (iniziale e finale) che contengono uno yōd centrale: gogliare).
mēm è, secondo la cabala, la lettera associata all’acqua e alla 46) L’acqua che scorre è simbolicamente associata al
madre, alla nascita e alla maternità, come nell’ebr. ‘ēm “madre” e tempo. Da una radice *sreu– “scorrere” (gr. ῥέω,
27
Herbert J.Draper, Ulisse e le Sirene
iam “mare”. il suono nasale bilabiale M è del resto il primo articolato dal bambino e il termine
familiare per “mamma” è molto simile in tutte le lingue del mondo. Anche la nostra lettera m de-
riva, in ultima analisi, dal geroglifico egiziano che simboleggiava proprio l’acqua con le sue
onde. Lo yōd racchiuso tra i due mēm simboleggia invece la potenza racchiusa nelle acque, nella
madre. curiosamente, anche la molecola dell’acqua è composta da un atomo di ossigeno tra due
atomi di idrogeno, secondo lo schema HOH, e nel Libro dei mutamenti (i ching, o meglio: Yì
jīng) cinese il trigramma dell’acqua (kan) è rappresentato come una linea intera (yáng, ma-
schile) posta tra due linee interrotte (yīn, femminile): è il potere creativo del fuoco (yáng), na-
scosto tra le acque (yīn)56. Non a caso nel rigveda indiano Agni, personificazione del fuoco, è
detto «parente delle acque», «nato in seno alle acque»57: egli «si nasconde in mezzo alle acque».
All’Acqua è associato, secondo il Laya Yoga, il secondo chakra, situato in corrispondenza degli
organi genitali, al livello del coccige, 5 cm circa sotto l’ombelico: Svādhiṣṭhāna, letteralmente
“situato al proprio posto”, “dolcezza” secondo un’altra interpretazione. Svādhiṣṭhāna è rappre-
sentato come un loto a sei petali di colore rosso vermiglio o arancione, secondo le diverse scuole
di pensiero58. Al centro in basso si trova una falce di luna crescente o mezzaluna bianca, splen-
dente, regno di varuna, dio vedico del cielo nuvoloso e della pioggia, che appare con in mano
un laccio (pāśa), seduto sul makara, un mitico mostro marino simile a un coccodrillo. il man-
tra seme (bīja mantra)59 è vaṃ, mentre sui petali compaiono sfolgoranti le sillabe mantra baṃ
bhaṃ maṃ yaṃ raṃ laṃ. Nel punto (bindu) sopra la sillaba vaṃ si cela vishnu, signore della
conservazione della vita, rappresentato come un giovane dalla carnagione blu con una veste
giallo oro e quattro braccia le cui mani stringono la mazza, la conchiglia, il disco affilato e il loto.
La sua cavalcatura è Garuḍa, il mitico uomo–uccello. La divinità femminile o shakti (Śakti)60
associata è rākinī, dall’aspetto terrificante, come sottolineato dai denti minacciosi e dai tre occhi
rossi; ha carnagione blu e quattro braccia nelle cui mani vi sono una lancia, un loto, un tambu-
rello e un’ascia affilata. questo chakra coincide con il plesso sacrale ed è associato all’apparato
urogenitale, alle ghiandole surrenali. corrisponde ai testicoli e alle ovaie che producono i vari
ormoni sessuali coinvolti nel ciclo riproduttivo, ma anche alla prostata, all’utero, ai reni, alla ve-
scica. A livello fisico, questo chakra governa la riproduzione, l’assimilazione del cibo, la forza
fisica e la vitalità, la sessualità. A livello psichico, Svādhiṣṭhāna governa la creatività, l’intui-
zione, la gioia e l’entusiasmo, le relazioni interpersonali, il desiderio, le emozioni, la passione,
il piacere. il buon funzionamento di questo chakra produce un rapporto equilibrato e armonioso
28
sanscr. sru– “scorrere”) abbiamo: gr. ῥευμα, ῥόος, ῥοή,
irl. sruth, ant. nord. straumr, ingl. stream, lit. srovė, lett.
strāva, sanscr. srotas, sravat, ant. pers. rauta, pers. rūd
“torrente, fiume”; da *rei– “scorrere” abbiamo invece lat.
rīvus, got. rinnō, ant. slavo rĕka “torrente, fiume”. Nelle
lingue indoeuropee la lettera/suono vibrante r si ritrova
in moltissimi termini indicanti il movimento, il fuoco, la
frizione.
47) cfr. anche i toponimi Narni (italia), Nara (fiume russo),
Neretva (fiume croato), Narva (fiume estone), Nera (ro-
mania), Narbonne (Francia), Nairn (scozia); cfr. anche
lit. narus “profondo” e nerti “immergersi”. interessante
anche l’accostamento all’ebraico nahar “fiume”. La let-
tera/suono nasale N si ritrova nelle lingue indoeuropee
in molti termini associati simbolicamente all’acqua,
come nuotare (*snā–), nave (*nāu–), guarire (*nes–),
nuovo (*newo–), rene (*negwhro–), ma anche notte
(*nekwt–), morte (*nāu–), annegare (*nek–).
48) come avviene nella lotta con ercole, quando l’eroe è
alla ricerca del giardino delle esperidi.
49) cfr. gr. νάω “scorrere”, gr. νᾶμα “acqua corrente”,
sanscr. snāti “bagnarsi”.
50 come le ninfe, anche le Muse sono divinità delle arti e
della sapienza, depositarie della memoria. con l’avvento
del patriarcato, le ninfe diventano oggetto delle violenze
Oceano e Teti, mosaico degli dèi, tra gli altri Giove, Apollo, Poseidone, Marte.
51) L’odierno viale delle terme di caracalla, tra il celio e
l’Aventino, era un tempo ricoperto di boschi, grotte e sor-
con gli altri, la fiducia in se stessi e nella vita, un atteggiamento genti
52) A mezzogiorno si evitavano fontane, fiumi e sorgenti.
positivo verso il cambiamento, l’assimilazione di nuove idee, 53) in un altro mito si narra invece che tiresia, passeg-
la salute, la tolleranza. viceversa, le disfunzioni producono con- giando sul monte cillene, vide due serpenti che si ac-
coppiavano. infastidito dalla scena, ne uccise la femmina
fusione, sfiducia, eccessi nell’alimentazione e nella vita ses- e fu tramutato in donna, vivendo in tale condizione per
suale, impotenza, gelosia, invidia, desiderio di possesso, sette anni. Dopo avere assistito ancora una volta alla
bisogno di controllare gli altri, conflitti personali o guerre. A li- stessa scena, uccise il serpente maschio e tornò a essere
uomo.
vello fisico si hanno invece problemi all’apparato urogenitale, 54) Ovidio, metamorfosi, iv, 306–312. Anche nel mito
quindi agli organi sessuali e ai reni. L’organo di senso associato degli Argonauti, ila (Ὕλας), compagno di ercole, viene
rapito dalle ninfe di una fonte, innamoratesi di lui.
a questo chakra è la lingua, sede del gusto, mentre l’organo di 55) «… e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque» (wərûaḥ
azione sono le mani. ’ĕlōhîm məraḥefeṯ ‘al-pənê hammāyim) Gen. 1,2; «… e
Dio disse: sia il firmamento in mezzo alle acque per se-
L’acqua presenta una stretta analogia con l’elemento etere o spa- parare le acque dalle acque» (wayyōmer ’ĕlōhîm yəhî
zio, la materia o sostanza primordiale a partire dalla quale, at- rāqîa‘ bəṯōwḵ hammāyim wîhî maḇdîl bên mayim
traverso l’azione della luce o vibrazione (il “verbo”), inizia la lāmāyim) Gen. 1,6.
56) Anche l’ideogramma cinese per acqua, 水 shui (pron.
creazione dell’universo o manifestazione, la vorticosa “danza di shuèi), è rappresentato da tre segni, tre ruscelli che scor-
shiva”.61 come l’etere, anche l’acqua, attraverso l’azione del rono verticalmente.
57) «Nato in seno alle acque, in cui si era adagiato come un
fuoco e dell’aria e con la partecipazione della terra, plasma la animale dalle membra ripiegate, [Agni] si distende, e la
vita e le dà forma. sua luce si diffonde lontano».
Nell’incontro con il fuoco essa riceve l’energia che le imprime 58) i sei petali corrispondono alle vṛtti (“vortici involutivi”)
darsi agli eccessi, spietatezza, senso di distruttività, allu-
il movimento; nell’incontro con l’aria si ripiega su se stessa cre- cinazione, disprezzo e sospetto.
ando l’onda, producendo la schiuma, generando la vita62. Le sue 59) i mantra-seme sono dei suoni rappresentanti le divinità
o poteri cosmici associati ai vari chakra. La loro
correnti formano gorghi e vortici, simboleggiati dalla spirale, il pronuncia richiama l’influenza di tali forze. La sillaba è
movimento della vita. Ma l’acqua è anche e soprattutto, secondo detta in sanscrito akshara (akṣára), che significa
Jung, «il simbolo più corrente dell’inconscio»63. Nel suo aspetto “eterna, indistruttibile”.
60) Dalla radice sanscrita śak “essere forte, potente, essere
materno, l’acqua simbolizza infatti l’inconscio, che può essere capace di”. Shakti (lett. “potenza”) rappresenta
considerato la madre o matrice della coscienza. L’acqua riflette l’aspetto femminile dell’universo nella coppia Shiva-
Shakti.
come uno specchio la nostra immagine e ce la mostra così 61) come l’etere o Akasha, l’Oceano cosmico, l’acqua è
com’è, senza maschere. Ma la superficie dell’acqua è anche il anche memoria. cfr. anche il mio articolo L’etere o aka-
sha, apparso su L’eterno Ulisse n. 4 a pag. 39.
limite tra la parte cosciente, superiore, e la parte inconscia o 62) «il mare si coprì di schiuma, e al formarsi di ciascun
“sommersa” del nostro io. immergersi in questo liquido signi- fiocco di schiuma qualche cosa prendeva forma, qual-
fica allora immergersi nella parte più profonda di noi stessi, af- cosa prendeva corpo» Jalāl al-Dīn rūmī (cit. da J. che-
valier, A. Gheerbrant, Dizionario dei simboli, ed. Bur,
frontare le nostre emozioni, le nostre paure, la paura soprattutto 1986, pag. 8). Dalla schiuma del mare (in greco ἀφρός)
di conoscere e affrontare il nostro lato nascosto, la nostra ombra, nasce, secondo esiodo, Afrodite (Ἀφροδίτη), dea del-
l’amore, della bellezza, della generazione e della ferti-
paura dell’ignoto, del cambiamento. così, nell’Yì jīng, l’attra- lità.
versamento della grande acqua, del “grande fiume”64, tema pi- 63) cfr. carl G. Jung, Gli archetipi dell’inconscio collet-
uttosto ricorrente di quest’opera, equivale al superamento dei tivo, Boringhieri, 1995, pag. 36.
64) «dà chuān».
nostri limiti, alla trasformazione e realizzazione di noi stessi, 65) emblematico a tale proposito è il viaggio di ulisse per
per ritrovare la nostra essenza spirituale.65 n mare, simbolo di trasformazione, saggezza, rinascita.
29
Il lInguaggIo deI sImbolI
Il vIno nell’antIchItà
da Noè a dioNiso
Il vIno come opera d’arte e l’apertura
della bottIglIa quasI una cerImonIa per gustare Il prezIoso nettare,
frutto della vIte e del lavoro dell’uomo. la storIa che conduce daI pIthoI
all’orcIo, dalla kylIx al calIce, dall’oInochòe al decanter è lunga, ma unIco
è Il protagonIsta: Il vIno, nettare deglI dèI. InIzIamo a percorrere InsIeme
le strade dI palestIna e grecIa, prIma dI approdare a roma.
un vIaggIo nel tempo, nello spazIo e nelle tradIzIonI arcaIche.
di Rigel Langella
L a vite, come del resto l’ulivo e il grano, erano e sono piante sacre nell’areale medi-
terraneo, segno di un radicamento alla Madre Terra che faceva vivere la vita non da
stranieri, ma da esseri consapevoli della stretta interazione tra macrocosmo e microco-
smo. Le antiche civiltà mediterranee, attraverso i preziosi reperti a noi pervenuti, ancora
oggi trasmettono il senso di luminosa serenità delle società agricole, contrapposte a
quelle pastorali, guerriere, maschiliste e aggressive. Così come mi è capitato di speri-
mentare a Santorini, visitando gli scavi della città minoica di Thera, da dove riaffiora la
vita quotidiana, semplice e luminosa, di una società matriarcale.
È evidente il fatto che il vino è sacro lì dove è radicato nella cultura tradizionale di un
popolo, soprattutto dove la cultura della vite è resa possibile dalle condizioni climatiche
che favoriscono un’agricoltura specializzata.
A quanto sembra sono stati i Sumeri i primi a lasciare testimonianza scritta sull’uso del
vino già nella celebre Epopea di Gilgamesh, opera
letteraria che risale al III millennio a.C. e parla
della ricerca dell’immortalità da parte del-
l’eroe di Uruk. I caratteri cuneiformi delle
tavolette di Ebla, che gli scavi italiani
hanno riportato alla luce, testimoniano
come il vino venisse usato nei banchetti,
offerto agli dèi e ai capi della comunità, in
pagamento delle tasse.
La sacralità della bevanda è sancita in particolare nel testo biblico, la tradizione religiosa
comune a ebrei e cristiani, e deriva indubbiamente dal rilievo che la vite e il vino avevano
nella letteratura dell’Antico Israele, così come per Greci e Romani.
Partiamo allora dalla Bibbia: per chi ama le statistiche sono ben 127 tra Antico e Nuovo
Testamento le ricorrenze, i brani, le pericopi in cui è citato il vino. È proprio la Sacra Scrit-
tura la fonte documentaria primaria dell’Antichità. Il testo in cui il vino è praticamente un
co-protagonista è il Cantico dei cantici, composizione dalle espressioni ardite, dal lin-
guaggio vivo che sconcerta chi non sappia penetrare la dimensione del sacro in cui l’amore
è celebrato proprio nella vigna, quasi un nuovo Giardino dell’Eden. Ovviamente, oggi,
nessuno crede più che sia stato scritto dal Re Salomone nel X secolo a.C., ma le sue espres-
sioni immortali restano alte, anche se provenienti da un ignoto, ma ben dotato scriba:
Il tuo ombelico è una coppa
che non manca mai di vino (Ct 7, 3).
Secondo la moderna esegesi il testo è più recente e risale al VI-IV sec. a.C., composto per
celebrare l’amor profano e la gioia della libagione, assurta a paragone di massima delizia.
La vigna, che fa da sfondo a questo amore, è descritta nel tempo incantato della fioritura
e della primavera, tanto da deliziare ancora, alla lettura, il nostro olfatto con i profumi
della macchia mediterranea.
Di vino si parla anche nei Libri storici, profetici e sapienziali.
Assieme alle evidenze archeologiche, che hanno restituito
attrezzature vitivinicole provenienti dal Medio Oriente, pos-
siamo dire con certezza che la bevanda era prodotta già in
epoca arcaica in diverse forme o – come diremmo oggi – se-
condo differenti disciplinari. Scopriamoli insieme. Il pro-
feta Gioele ci parla del vino novello: Io vi mando il grano,
il vino nuovo (Gl 2,19). La Genesi mette in guardia dagli ef-
fetti del vino forte: Avendo bevuto il vino, Noè si ubriacò
(Gn 9,21). Il profeta Osea parla del vino mescolato al
mosto: Il vino e il mosto tolgono il senno (Os 4,11). Infine,
è ancora il Cantico, a farci sapere che i nostri progenitori
usavano come afrodisiaco il vino speziato: Ti farei bere
vino aromatico (…) (Ct 8,2).
Sul mercato delle antiche città era, dunque, possibile ac-
quistare una vasta gamma di vini, che venivano suddivisi
principalmente in base a colore e origine: rossi di Cipro e
Frigia; rosso leggero di Sharon; vini etiopici. I bianchi più
apprezzati provenivano dalle vigne del Libano e in alcune
raffigurazioni abbiamo due uomini che portano a spalla su
una pertica un solo grappolo, come un trofeo. Da tutti questi
riferimenti incrociati non è arbitrario dedurre che il vino fosse
un importante prodotto commerciale, scambiato in tutti i porti
del Mediterraneo.
31
Arriviamo allora nell’antica Grecia: se dalla Palestina i testi che ci parlano del vino
sono essenzialmente religiosi, nell’Antica Grecia sono soprattutto poetici. Tra il X e
l’VIII secolo a.C. si possono datare i testi di Omero e di Esiodo. Le pagine immortali,
scritte secondo tradizione dal mitico bardo, ci tramandano notizie dirette sul ruolo di
primo piano che il vino aveva nella vita sociale. Per la sua conformazione il territorio
greco non ha grandi pianure, ma strette e brevi vallate, prive di grandi estensioni di
colline e terreni coltivabili. Allora il vino, prodotto pregiato e raro, diventa ornamento
delle mense dei re.
Quando nel II libro dell’Iliade l’Autore, passando in rassegna il fior fiore delle mili-
zie schierate, mette in primo piano, tra i vanti principali delle città greche, la presenza
di vigneti: aprica vitifera Istiea; Epidauro, lieta di pampini.
Ma il vino non rimase in patria e arrivò fin sotto le mura di Troia nei lunghi anni del-
l’assedio, prima che la città divenisse “fumante”. Tra i premi ambiti, offerti ai com-
battenti, non mancava il prezioso nettare, che giungeva con “molte navi” da Lemno,
inviato da Euneo, che per gli Atridi, Agamennone e Menelao, ne aveva inviato
mille misure:
Della sera allestite indi le mense
per le tende, cibar le opime carni
di scannati giovenchi, e ristorarsi
del vino che recato avean di Lemno
molti navigli; e li spediva Euneo
d’Issipile figliolo e di Giasone.
Mille sestieri in amichevol dono
Euneo manda ad ambedue gli Atridi
(Iliade, VII, 467-471, traduzione di V. Monti).
E ancora l’epopea del vino si snoda pure lungo le nuotate e vogate di Ulisse che cerca
tenacemente di tornare a casa, in quel di Itaca. Ne fa uso Circe, per i suoi incantesimi:
Per loro formaggio, farina d’orzo e miele
nel vino di Pramno mischiò:
ma univa nel vaso droghe (Odissea, X, 234-235)
a pag. 30:
simone brentana,
Ebrezza di Noè
a pag. 31:
uno dei pithoi
(restaurato) rinvenuto a santorini,
durante gli scavi di thera,
dopo la terribile esplosione vulcanica
33
Nulla è più duro
d’una pietra
e nulla più molle dell’acqua.
Eppure la molle acqua
Staccati dal mondo. scava la dura pietra. La tua mente
AFORISMI Sul’ACQuA
34
I VIAGGI DE L’ETERNO ULISSE
il viAggio dell’ANiMA
Parole e musica dagli uniVersi inVisibili
All’iNsegNA del viAggio tRA i seNtieRi dell’ANiMA – iN coMpAgNiA dei sogNi, sApieNti MessAggeRi
del MoNdo iNteRioRe che MARie Noelle URech hA MAgistRAlMeNte iNAUgURAto – si è ApeRto il
coNvegNo “il Viaggio dell’anima. Parole e musica dagli uniVersi inVisibili” teNUtosi A MessiNA
lo scoRso NoveMbRe e oRgANizzAto dAll’AssociAzioNe anthurium rosa, lA cUi iNteNsA Attività
coNiUgA ARte e spiRitUAlità. l‘eveNto hA visto coMe pRotAgoNisti MARie Noelle URech,
ANNe givAUdAN, Nicolò boNgioRNo, gAbRiele policARdo e giovANNi ReNzo. i loRo iNteRveNti,
coiNvolgeNti e iNteRessANti, hANNo ANiMAto qUello che si è RivelAto UN AppUNtAMeNto UNico
iN siciliA e Nel sUd itAliA che pRosegUiRà Nel 2015 coN UN AppAssioNANte pRosiegUo.
di Mirella Restuccia
anthurium rosa ha proseguito quindi la sua quattro giorni con la proiezione del coin-
volgente film documentario di Nicolò bongiorno: “rol. un mondo dietro al mondo”,
di cui il pubblico ha apprezzato qualità tecniche e narrative di notevole spessore.
di grande intensità e valore poetico il “Viaggio musicale nello spazio e nel tempo”
di “atlas coelestis”, concerto per pianoforte e computer del maestro giovanni Renzo,
ispirato alla ricerca di galileo galilei, tra studio delle stelle e suggestioni cinemato-
grafiche, preludio dell’incontro conclusivo di domenica 16 con Anne givaudan, ga-
briele policardo e Marie Noelle Urech.
Forte l’emozione suscitata domenica pomeriggio dalla proiezione del cortometrag-
gio di gabriele policardo “dandelion (tarassaco)” con protagonista un eccellente
paolo Ferrari, tra senso della vita e libertà dell’essere, seguito dall’affascinante in-
tervento di Marie Noelle Urech su “i sogni: viaggi negli universi invisibili”. la con-
ferenza di Anne givaudan “come entrare nel nuovo mondo e nella quinta
dimensione con serenità?” ha poi catturato l’attenzione, prima della fervida tavola
rotonda con cui si è concluso il convegno.
Anne givaudan, autrice e coautrice di 19 libri tradotti in molti paesi, è conosciuta in
ambito internazionale per la pratica del viaggio fuori dal corpo, alla ricerca di uni-
versi sconosciuti; viaggio che la givaudan ha raccontato con semplicità e forza evo-
cativa, rispondendo a tutte le domande del pubblico e illustrando il suo percorso
spirituale.
«qualcosa sulla terra sta cambiando nel profondo, a livello spirituale e interiore. ci
sono le premesse per creare un mondo nuovo, basato su valori diversi, più autentici.
il nostro lavoro di ricerca è intimamente legato alla capacità di vedere la bellezza
che esiste in ognuno di noi», ha sottolineato Anne givaudan.
Un lavoro che Anthurium Rosa ha fatto proprio, in due anni di intensa attività co-
niugando arte e spiritualità, a favore della ricerca interiore. “pensiamo che sia l’unico
possibile mezzo quello che la ricerca spirituale offre e coglie oggi, quando tutto in-
torno – paradigma di una società occidentale ormai conclusa nelle sue impostazioni
e offerte – è ormai crollato”.
Non ci sono risposte alla richiesta del senso dell’esperienza terrena ma, come scrive
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corrado piancastelli ne il sorriso di giano, «il gioco delle parti è estremamente
semplice. se si crede o si vuole credere all’esistenza di uno spirito che si in-
carna per vivere in un corpo, bisogna vivere in funzione dei bisogni di questo
spirito. Non c’è nessuna alternativa o accomodamento. la scena è questa e
credere nello spirito, vivendo regole che dello spirito non sono, significa re-
citare una parte impropria e falsa. Non siete viventi per vivere un modello pas-
sivo di vita, ma per proporre una permanente attività di ricerca esistenziale
della vostra più autentica radice interiore».
A conclusione di quello che si è rivelato un appuntamento
unico in sicilia e nel sud d’italia, anthurium rosa ha
omaggiato tutti i relatori con uno dei pezzi più sug-
gestivi e famosi della tradizione di alto artigianato
siciliano: la “matrangela”. le Matrangele, sta-
tuine porta lumini raffiguranti la mitica figura
della “Madre degli angeli”, in un tempo non
troppo lontano si donavano alle giovani spose si-
ciliane e portavano nelle case prosperità, fecon-
dità, amore, abbondanza e felicità.
il 30 gennaio e 1° febbraio anthurium rosa
continuerà il suo viaggio dell’Anima con
Marie Noelle Urech e il suo secondo semina-
rio della trilogia dei sogni “esperienze spiri-
tuali nella dimensione dei sogni” che si terrà a
Messina, e il 13/14/15 febbraio 2015 con
l’attesa conferenza e seminario“gua-
rire l’anima per guarire il corpo”
del dott. claudio pagliara, me-
dico oncologo e olistico. n
Anthurium rosA
37
I VIAGGI DE L’ETERNO ULISSE
di Velia Iacovino
getti sono tanti e molti già in corso d’opera: si restaurano antichi palazzi, terrazze e
giardini segreti nel cuore antico della medina, si bonificano le belle spiagge troppo a
lungo lasciate al degrado, si progetta la costruzione di un altro porto e di un altro molo,
si lavora all’ampliamento delle strade, al potenziamento della rete ferroviaria, alla co-
struzione di grandiose strutture alberghiere e di complessi residenziali di lusso. Ma
questa città magica e assolata non è solo crogiolo di onde. qui si è mescolato il dna
di moltissimi popoli: fenici e cartaginesi, romani e vandali, arabi, portoghesi, inglesi
e francesi. E oggi come ieri è terra di frontiera al di fuori delle metafore, con tutto ciò
che questo comporta nel bene e nel male. Oggi come ieri è crocevia di traffici, di mer-
canti di uomini e di droghe, di conquistatori e di disperati alla ricerca di nuove patrie.
E oggi come ieri insegue il sogno di una nuova età dell’oro. come quella straordina-
ria che visse dopo le rivolte berbere degli anni Venti, quando le grandi potenze euro-
pee le imposero lo status di Amministrazione Internazionale, che le garantì neutralità
e un’enorme ricchezza, e che terminò nel 1956 con l’indipendenza del Marocco. In
quel periodo a Tangeri operavano oltre 80 banche, 5 mila società finanziarie e com-
merciali, scorrevano fiumi di champagne, si consumavano feste da Mille e una notte.
La città era meta di eccentrici tycoon e intellettuali, grandi scrittori e artisti straordi-
nari. Tutti smaniosi di pagare il loro tributo a quel raro e straordinario avamposto di
libertà e creatività, dove il ‘cielo è così strano e quasi solido’. fu paul bowles, com-
positore e poeta newyorchese, il primo ad arrivarci. Il primo di una intera generazione
di artisti americani a essere abbagliato dalla luce, dai colori e dagli odori acri di Tan-
geri. Vi giunse negli anni Trenta da parigi dietro suggerimento di Gertrude stein, la
più grande talent scout del Novecento. ci tornò nel 1947 da New York e non la lasciò
mai più. qui scrisse il romanzo che gli ha dato successo e che gli ha spalancato le
porte dell’empireo della “beat generation”, The sheltering sky (1949), portato molti
anni dopo sul grande schermo da bernardo bertolucci con il titolo di Il tè nel deserto.
qui studiò i suoni e la musica della gente del Rif. qui visse, in rue sidi bouknadel,
nella casbah, dove a ricordarlo c’è oggi una targa. E qui morì il 18 novembre del 1999
all’ospedale italiano. Lo seguiranno in tanti, ma nessuno si fermerà come lui a Tan-
39
A fianco
henri Matisse,
Paesaggio di Tangeri
visto da una finestra,
sotto,
Albert Marquet,
La cittadella di Tangeri,
1913
geri per tutta la vita. Da Truman capote al celebre fotografo cecil beaton, a Gore
Vidal. Da William burroughs – che nella stanza 9 dell’hotel El Muniria, che esiste tut-
tora in rue Magellan 1, scrisse Naked Lunch, “Il pasto Nudo’’ – a Jack Kerouac, ad
Allen Ginsberg, a peter Orlovsky. Da Gregory corso a brion Gysin a Michel portman
a Tennessee Williams a somerset Maugham, a Joseph Kessel, Jean Genet, saint-Ex-
upéry. Tutti, proprio tutti i più grandi di quel momento magico e irripetibile della crea-
tività e del talento. con loro Tangeri vivrà la sua stagione migliore e insieme ai suoi
caffè affacciati su soco chico (il piccolo suk), il central, il fuentes, il Tingis, entrerà
prepotentemente nella storia della letteratura del Novecento. E anche in quella del-
l’arte e del cinema. Il matrimonio dei mari, il mito, il Rif. Una grande e straordina-
ria energia si sprigiona dall’acqua, dalla terra e dalla catena di monti. È forse questo
che ha sempre attratto gli artisti. Non solo scrittori e poeti. Anche grandi cineasti, fo-
tografi e pittori. come Eugene Delacroix che nel 1832 rimase folgorato da questa
città incantata. così testimoniano gli appunti, gli schizzi e il suo album di acquerelli.
O come henri Matisse che, affascinato dall’esperienza di Delacroix, si recò a Tan-
geri nel 1912 per ritrovare nuovi colori e scoprire nuovi azzurri. scese al Grand hotel
Villa de france, un bellissimo complesso architettonico che dopo una lunga deca-
denza è stato restaurato e, nella stanza numero 35, che Matisse occupò durante il suo
soggiorno in città, è stato allestito un piccolo museo. per Tangeri sono passati l’im-
pressionista Edgar Degas anche lui sulle tracce di Delacroix, l’architetto della sa-
grada famiglia, Antoni Gaudì, il pittore irlandese contemporaneo francis bacon, e
tanti tanti altri. persino Alexandre Dumas padre, che vi si fermò per pochi giorni nel
1846 e ne rimase conquistato al punto da dedicarle un libretto, dal titolo Scalo a Tan-
geri. E Garibaldi, che ci arrivò al tempo del suo secondo esilio dopo la caduta della
Repubblica Romana e la morte di Anita. Nella “città gioiosa”, l’eroe dei due mondi
soggiornò per diversi mesi tra il 1849 e il 1850, in una elegante palazzina ottocente-
sca al 35 dell’attuale rue hassan Ibn Al-fahrt, dove scrisse le Memorie, che proprio
Dumas padre tradurrà in francese. E oggi? Il fermento culturale di Tangeri, rimasto
a lungo sotto traccia, sta per dare nuovi frutti. Il genius loci si è risvegliato ed è co-
minciata una nuova primavera. n
40
VITE STRAORDINARIE
grazia deledda
un bambino di sesso femminile …
«Ho vent’anni e sono bruna e un tantino ancHe … brutta, non tanto però come sembro
nell’orribile ritratto in prima pagina di“Fior di sardegna”», scriveva nel 1892 al provaglio
parlando di sé. di certo l’iconograFia non l’Ha aiutata. le FotograFie più Famose la
presentano con i capelli grigi, spesso dietro una scrivania con bamboline vestite in costume
sardo; oppure con il volto più giovane ma imbronciato e severo. veniva da una sardegna
diversa per cultura e lingua, scriveva storie di amore e di vendetta, con passioni a tinte
troppo Forti per una signorina per bene … di se stessa diceva: «molti mi credono una
creatura Fantastica, strana e aristocratica, altri invece mi prendono per una maestrina in
una scuola comunale di montagna. non sono nulla di tutto questo. sono semplicemente una
signorina qualunque piena di buon senso comune. io studio e sempre molto: aspiro alla
celebrità, non lo nascondo, e spero di riuscirvi». unica donna dei sei premi nobel per le
lettere italiane, grazia deledda è tra le dieci scrittrici in tutto il mondo cHe Hanno
ottenuto il prestigioso riconoscimento.
di Neria De Giovanni
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tutte le foto Cosima quasi Grazia, in quanto Cosima era realmente il secondo nome della
di questo articolo
sono immagini Deledda.
tratte dall’album In questo libro viene narrata la passione per la lettura e la scrittura che ac-
di famiglia compagnò la giovinetta fino al suo esordio letterario e il viaggio a Cagliari,
nell’autunno del 1899, città nella quale conobbe il futuro marito Palmiro
Madesani, funzionario ministeriale, che la sposò e la portò a vivere a Roma.
Purtroppo in Cosima si legge anche della diffidenza che circondò la pic-
cola scrittrice, della maldicenza da parte soprattutto dei parenti, ma pure
della incredibile forza con cui Grazia studiò l’italiano, lingua della recente
unità d’Italia, per potersi esprimere non in sardo, lingua usata in famiglia e
in paese.
Infatti Grazia Deledda voleva poter raccontare della sua gente, del popolo
sardo, a tutti i lettori d’Italia, e pertanto usò con convinzione la lingua
italiana come fece anche il grande poeta nuorese Sebastiano Satta a lei
contemporaneo.
Di Grazia Deledda ci restano centinaia di lettere che lei scrisse a editori, di-
rettori di giornali, uomini politici e persino a nobildonne, sempre presen-
tandosi e autopromuovendo la sua narrativa.
Il primo racconto esce nel 1888 e fin dal titolo, Sangue sardo, si colloca in
un ambito che crea molta curiosità ed attesa da parte del pubblico conti-
nentale che era soprattutto femminile, visto che Grazia Deledda pub-
blicò inizialmente nelle riviste cosiddette “per signorine”.
Quando la Deledda si recò a Cagliari aveva 29 anni, era ancora nubile
ma già discretamente famosa: aveva in parte raggiunto il suo sogno
che, a differenza delle altre donne, non era quello di maritarsi bensì
quello di scrivere e pubblicare. Maria Manca, direttrice della ri-
vista cagliaritana La donna sarda, la accolse quasi fosse una
celebrità.
Come racconta nelle ultime pagine di Cosima, fu in quella
occasione che conobbe il futuro marito, Palmiro Madesani:
era un funzionario del Ministero delle finanze, uomo molto
brillante, bello e piacente, e la Deledda ne fu subito attratta.
Amava suonare il pianoforte e si intendeva di musica tanto da
aver scritto anche saggi musicali. Durante un gioco di società
fu lei che, in qualche modo, gli fece la dichiarazione. Lui le pro-
pose il matrimonio, ma lei accettò soltanto dopo aver avuto
l’assicurazione che l’avrebbe portata a vivere subito a Roma.
42
L’11 gennaio 1900 Grazia Deledda coronava il suo sogno: considerata zitella,
non bella, e con una cattiva fama in quanto donna “pubblica” perché scrittrice
pubblicata, sposava un bell’uomo che la portava via dall’amata-odiata Sar-
degna, verso Roma e le speranze di gloria.
Palmiro aveva sei anni più di Grazia e morì dieci anni dopo di lei. La loro
vita fu allietata dalla nascita di due figli, Sardus e Franz.
A Roma non fu mai un’isolata anche se il suo modo di essere “sarda” le
conferiva dignità e riservatezza poco usuale per i costumi mondano-letterari
della Capitale di inizio secolo.
Veniva da una Sardegna diversa per cultura e lingua dove, a Nuoro, ini-
zialmente, pesò su di lei il solito pregiudizio nei confronti delle donne scrit-
trici.
Nuoro non l’ha mai amata, la gente sarda non poteva perdonarle di vivere
al di fuori dei canoni della divisione dei ruoli rigorosamente sessista della
cultura barbaricina: Grazia non si dedicava ai lavori donneschi, non ambiva
al matrimonio e poi scriveva storie di amore e di vendetta, con passioni a
tinte troppo forti per una signorina per bene…
Parte per Roma con sollievo, certa di andare verso il suo destino di gloria
letteraria, portandosi la Sardegna nel cuore, ma certa anche che era il mi-
stero dell’animo umano ad interessare la sua penna.
Le fotografie più famose la presentano sempre con i capelli grigi, spesso
dietro una scrivania con bamboline vestite in costume sardo; oppure con il
volto più giovane ma imbronciato e severo. Certo
l’iconografia non l’ha aiutata.
Ma lei stessa si era presentata nelle numerosissime
lettere che andava scrivendo a tutti gli editori, gior-
nalisti, uomini politici, regine e contesse, insomma
al mondo che contava, per proporre la propria opera,
per autopromuoversi: «Le farò la mia silhouette in
due o tre righe. Ho vent’anni e sono bruna e un tan-
tino anche…brutta, non tanto però come sembro nel-
l’orribile ritratto in prima pagina di “Fior di
Sardegna”», scriveva al Provaglio nel 1892; ed al fa-
moso editore Emilio Treves: «Ad ogni modo presen-
tandomi a lei, con molta fiducia, le dirò che sono una
fanciulla, posso dire un’artista sarda, piena di molta
buona volontà, e di molta fede e coraggio».
Così la Deledda accosta sempre la descrizione della
sua fisicità al progetto culturale al quale si sentiva
destinata. In numerose lettere mette sopratutto in evi-
denza il suo sguardo e gli occhi, che altrove chia-
merà: dalla “doppia pupilla”, ricordando un famoso
bronzetto nuragico ed anche la fascinazione femmi-
nile che passa attraverso lo sguardo delle protagoni-
ste dei suoi romanzi. Sebbene proprio le donne, le
zie, fossero tra le prime a criticarla negativamente,
non v’è dubbio che il personaggio femminile è sem-
pre centrale nei romanzi di Grazia Deledda.
Non a caso nel 1916 Eleonora Duse imporrà alla pro-
duzione il romanzo deleddiano “Cenere” (1904) per
interpretare l’unico film col personaggio drammatico
e stupendo di Olì, la madre che sceglie di morire per
non disonorare il figlio.
Anche la vita e l’opera della Deledda testimoniano
una grande forza di volontà, una visione chiara e ine-
43
quivocabile del suo destino di donna, segnato dalla scrittura.
Grazia Deledda, prima voce registrata dalla radio nazionale dopo il premio
Nobel, così dichiarò: «Sono nata in Sardegna. La mia famiglia era compo-
sta di gente savia, ma anche di violenti e di artisti primitivi, aveva autorità
e aveva anche biblioteca. Ma quando cominciai a scrivere, a tredici anni,
fui contrariata dai miei».
«Molti mi credono una creatura fantastica, strana e aristocratica, altri in-
vece mi prendono per una maestrina in una scuola comunale di montagna.
Non sono nulla di tutto questo. Sono semplicemente una signorina qua-
lunque piena di buon senso comune, una piccola signorina bruna, con begli
occhi neri, così piccola e sottile e lieta da sembrare una bambina. Appar-
tengo ad una famiglia di quei principali sardi che io metto spesso nei miei
racconti, gente bizzarra, tra il patriarcale e il selvaggio che non appartiene
né alla borghesia né al popolo né alla nobiltà…Io studio e sempre molto:
aspiro alla celebrità, non lo nascondo, e spero di riuscirvi». Così Grazia
Deledda a 23 anni scriveva a Giovanni De Nava, un suo estimatore: un bel-
l’esempio di lungimiranza nel credere nel proprio destino.
Piccola (era alta m.1,54 e calzava il n.32) e non bella, senza clamori o scan-
dali, grazie al suo coraggio e ad una ferrea volontà, seppe raggiungere lo
scopo che si era prefissa, la meta intravista sognando chiusa tra i monti
della Barbagia. Unica donna dei sei Premi Nobel per le lettere italiane, Gra-
zia Deledda è tra le dieci scrittrici in tutto il mondo che hanno ottenuto il
prestigioso riconoscimento.
Fin dal suo esordio Grazia Deledda catturò la simpatia e l’interesse dei let-
tori. All’inizio erano soprattutto lettrici, poiché la Deledda, come già detto,
pubblicava sulle riviste “per signorine”, dirette dal famoso Epaminonda
Provaglio che però, caso opposto alla consuetudine, si vide, lui-maschio,
costretto a firmare la rivista con lo pseudonimo femminile di Contessa Elda
Di Montedoro. Grazia Deledda si rivolge a lui epistolarmente con molta
sincerità e gli confida le sue speranze di gloria convinta di scrivere ad una
donna. Quando viene a sapere la verità, l’amicizia tra i due è ormai
consolidata.
Alla Contessa Elda è dedicato il primo romanzo di successo
della Deledda, “Fior di Sardegna” del 1891. Presentan-
dosi al Provaglio la Deledda scriveva: «Sono una mode-
stissima signorina di provincia che ha molta volontà e
coraggio in arte, ma che nella sua vita intima, solitaria e
silenziosa, è la più timida e mite ragazza del mondo»…
Mentre il pubblico era sempre più incuriosito dal per-
sonaggio di questa giovane scrittrice che viveva in
un’isola misteriosa – e, si pensava, selvaggia, come la
Sardegna –, i critici militanti e soprattutto accademici,
erano molto diffidenti perché male interpretavano, a li-
vello stilistico, quello che invece era il riemergere della
struttura profonda della lingua materna sarda, travestita
con l’italiano letterario che la Deledda imparò quasi fosse
una lingua straniera.
I personaggi femminili della sua narrativa, sardi e continen-
tali, da Marianna Sirca a Regina, da Annalena Bilsini a Maria
Concezione, sono anche proiezioni letterarie di una grande scrit-
trice che, fiera del suo essere sarda, allargò la propria coscienza di
donna a tutta l’umanità, come ebbe a scrivere dopo il Premio Nobel:
«Il destino mi ha fatto nascere nel cuore della Sardegna. Ma anche se
fossi nata a Roma o a Stoccolma credo che non avrei cambiato natura
e sarei sempre stata quella che sono: un’anima che si appassiona ai
problemi della vita». n
44
PERCORSI DI GUARIGIONE
IL QIGONG
l’arte di coltivare l’energia vitale
45
sidereremo le radici formate dall’insieme delle teorie di base, tra cui: “Teoria dello
Yin e dello Yang”, dei “5 elementi”, dei “6 stadi”, degli “8 principi”, dei “4 livelli”,
dei “3 fuochi” e via dicendo. Ai rami principali, nutriti dalle radici comuni, corri-
sponderanno: l’agopuntura, la farmacopea, il massaggio ed il qigong che, nella tra-
dizione medica cinese, è considerato un ramo molto importante. L’insieme delle
pratiche racchiuse nel qigong nulla possono fare se non accompagnate da un impe-
gno personale, cioè, se non supportate da un reale desiderio di cambiamento, in grado
di pervadere l’individuo fin nei profondi recessi dell’animo e della mente, portan-
dolo a modificare volontariamente lo stile di vita attraverso la via del qigong. Ritor-
nando al nostro albero, il ramo rappresentato dal qigong presenta delle ulteriori
ramificazioni, ossia gli elementi fondamentali del qigong: la pratica, la terapia a di-
stanza, il massaggio energetico, la terapia del punto energetico e la terapia dell’ago
invisibile.
In Cina esiste un proverbio, ancora oggi molto diffuso, che recita così: “La persona
malata va prima di tutto dal medico, se il medico non riesce ad aiutarla, la persona si
rivolge al Budda, se il Budda non riesce ad aiutarla, allora la persona si rivolge al Qi-
gong.” Anche da noi in realtà esiste un detto simile ma forse più diretto: “Aiutati che
Dio ti aiuta”.
46
dica “lavoro”, quello di destra, invece, significa “forza/potenza”. Per questo il reale si-
gnificato dell’intero carattere è un “lavoro meritorio”, fatto con impegno e costanza. Il
nome Qigong, è quindi un termine molto significativo, ma, indicando delle tecniche di
pratica, anche di molto più ampio significato. Indica infatti tutto quello che può essere
fatto per operare sul Qi: dal lavoro fisico sul corpo, muscoli, giunture, organi interni, alla
regolazione del respiro, della mente e del cuore; dal lavoro fatto su se stessi, interior-
mente, a quello fatto in relazione al mondo esterno e agli individui intorno a noi. Per
questo in Cina si parla di Qigong, anche quando ci si rivolge a tecniche di cura che qui
chiamiamo massaggi, shiatsu, riflessologia, pranoterapia, cristalloterapia. Il Qigong è
stato conosciuto, prima degli anni quaranta, con molti nomi diversi attraverso la storia
cinese. In tempi antichi era chiamato “Tu gu na xin” (lett. Espellere il vecchio, assor-
bire il nuovo), “Xing qi” (lett. Muovere il Qi), “Yang sheng” (lett. Nutrire le forze vi-
tali), “Nei gong” (lett. Lavoro interiore). Ma la denominazione più comune anche in
passato era “Dao yin” (lett. Guidare e condurre), che era una contrazione di un’espres-
sione più lunga e complessa: “Dao qi ling he, yin ti ling rou” che letteralmente signi-
fica “Guidare il Qi porta all’armonia, condurre il corpo porta alla flessibilità”. C’erano
poi tutti i nomi specifici delle tecniche di pratica, come per esempio, tra i più noti an-
cora oggi, “Wu qin xi” (Il gioco dei 5 animali), i “Ba duan jin” (Gli 8 broccati), “Liu zi
jue” (I 6 suoni).
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ziali), che quindi agiscono su quello che potremo chiamare energia più
grossolana.
48
Sogni
un PortalE vErSo l’EtErnità
di Marie Noelle Urech
www.eternoulisse.it
PERCoRSI DI GUARIGIonE
52
riguarda anche gli aspetti somatici, sessuali, culturali e anche le malattie. Ven-
gono riportati casi di pazienti che presentano il diabete quando assumono una
certa personalità, e hanno la glicemia perfettamente normale quando assumono
una personalità diversa. Sono documentati anche casi in cui l’allergia appariva o
scompariva a seconda del tipo di personalità assunta dal soggetto. L’aspetto estre-
mamente interessante di questi pazienti è la dimostrazione ulteriore che un certo
modo di pensare cambia la biologia del nostro corpo. “Pensieri diversi portano a
personalità diverse e ad una biologia diversa. (…). C’è un dialogo continuo tra
il nostro cervello e tutto il resto del corpo (…)”. Grazie al notevole sviluppo del-
l’epigenetica sappiamo che l’essere umano, tramite il pensiero, ha la possibilità di
liberarsi sia dalle catene della biologia che dalle catene dell’ambiente. Queste ve-
rità vengono da molto lontano e lo capiamo se leggiamo, alla luce di quanto finora
detto, il Vangelo secondo Giovanni.
1
In principio era il Verbo,
il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
2
Egli era in principio presso Dio:
3
tutto è stato fatto per mezzo di lui,
e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.
C’è un’altra verità scientifica contenuta nella bibbia: “Ed il Verbo si fece carne”.
ormai è ampiamente dimostrato che il pensiero diventa materia. Lo stesso Einstein
ha nel 1905 enunciato una nuova legge che evidenzia che l’energia si trasforma
in materia e viceversa, secondo la nota formula matematica e=mc2. fino ad allora
tutti pensavano che la materia e l’energia fossero due realtà fisiche molto diverse,
completamente separate e senza punti di contatto. In realtà sono come due facce
della stessa medaglia. L’energia (il pensiero) diventa materia e la materia diventa
energia (pensiero). I pensieri negativi diventano materia negativa, diventano ve-
leni interni … una forma di autoinquinamento. I pensieri positivi diventano po-
tenti messaggi corroboranti e veri e propri farmaci per l’autoguarigione. I pensieri
diventano emozioni, sentimenti, stati d’animo e, quindi, attraverso l’ipotalamo, il
sistema neuro-endocrino, ed il sistema nervoso neurovegetativo diventano mes-
saggi biochimici materiali che, come un interruttore, accendono e spengono al-
cuni geni del DnA di gruppi cellulari, organi ed apparati diversi, in relazione ai
tipi diversi di pensiero. Attraverso i nuovi sistemi di imaging sappiamo che i pen-
sieri modificano l’anatomia del nostro cervello, modificano anche il nostro corpo
e modificano perfino il nostro ambiente. In fisica quantistica, infatti, non si parla
più di osservatori degli eventi che si studiano, ma di partecipatori. I pensieri at-
traverso una serie di reazioni a catena creano dei campi elettromagnetici che si
possono misurare, con gli attuali strumenti di misura, ad oltre 3 metri di distanza.
Ciascun fisico sa che i campi elettromagnetici si riducono in modo esponenziale
con la distanza, ma che diventano zero solo all’infinito. Sì, ho detto bene, diven-
tano zero solo all’infinito. Tutto questo ci fa capire che non conosciamo ancora i
veri poteri ed i veri limiti che si nascondono dentro ciascuno di noi. Si aprono ve-
ramente scenari completamente nuovi ed incredibili. Per modificare a nostro pia-
cimento sia la qualità del nostro mondo interno che quella del nostro mondo
esterno, per quanto già detto, bisogna necessariamente partire dalla consapevo-
lezza del grande potere dei nostri pensieri sia sul nostro mondo interno che sul
nostro mondo esterno. Per modificare la qualità e la durata della vita bisogna
pertanto focalizzarsi sulla qualità dei propri pensieri. Si va sempre più sviluppando
un nuovo sapere medico che viaggia in parallelo con una nuova concezione del-
l’uomo che deriva, a sua volta, dalla portata rivoluzionaria dei dati provenienti
dalla ricerca nei vari settori dello scibile umano. Pensieri, sentimenti, emozioni,
stati d’animo positivi diventano messaggi biochimici ed elettrochimici positivi,
53
corroboranti ed energetici per ogni nostra singola cellula. Pensieri, sentimenti,
emozioni, stati d’animo negativi, se persistono oltre un certo tempo, si trasfor-
mano in messaggi negativi che ostacolano il buon funzionamento di ogni cellula
del nostro corpo. “La persona più sana è quella che ha i pensieri più sani”. Sem-
bra strano ma è proprio così: bisogna fare attenzione a ciò che si pensa, perché
i nostri pensieri hanno conseguenze positive o negative anche sulla nostra sa-
lute. Si può fare prevenzione, cura e riabilitazione di qualsiasi malattia interve-
nendo sul flusso dei pensieri. Spesso per far guarire un individuo bisogna curare
i suoi valori errati, le sue convinzioni sbagliate, la sua noia, i suoi obiettivi fiac-
chi o negativi, il suo modo di essere e di vivere; in sintesi, per farlo guarire, si
deve curare il suo spirito. ogni cambiamento che avviene nella mente avviene
anche nel corpo e, inevitabilmente, in modo visibile od invisibile, avviene anche
nel nostro ambiente di vita e di lavoro. La vita di ciascuno di noi non è altro che
il risultato dei propri pensieri. I pensieri più sani sono quelli a cui imputare gli
stati d’animo più produttivi. basta cambiare i propri pensieri e le proprie con-
vinzioni per cambiare la propria vita. Il vero potere è dentro … Le nostre con-
vinzioni diventano la nostra realtà. Abbiamo già visto, con l’effetto placebo, che
anche i finti farmaci, grazie alle nostre convinzioni con le conseguenti aspetta-
tive, emozioni, sentimenti e stati d’animo, possono risolvere importanti problemi
sanitari. Qualcuno ha giustamente affermato che “non sempre i farmaci sono ne-
cessari, ma lo è invariabilmente la fede nella guarigione”. Se siamo convinti di
farcela, ce la faremo, se viceversa siamo convinti che non ce la faremo, non ce
la faremo. Si tratta, come abbiamo già visto, delle profezie che si auto-avverano,
perché inconsciamente, tramite le emozioni ed i sentimenti consequenziali, ten-
diamo a comportarci in modo da fare avverare le nostre profonde convinzioni. I
nostri pensieri e, soprattutto, le nostre convinzioni, sono come una calamita che
attrae ciò che li conferma. In particolare creano le emozioni, i sentimenti e gli
stati d’animo coerenti che rendono possibile ciò in cui si crede. “Ciascuno rac-
coglie sempre ciò che semina”. Il buon umore è come una linfa vitale che for-
nisce energia benefica a tutte le cellule del nostro corpo, così come il malumore
è come un veleno che si diffonde nell’intero organismo e colpisce ogni nostro or-
gano ed ogni nostra cellula. ogni parola che riesce a modificare il nostro umore,
riesce anche a influire su ogni cellula del nostro corpo. Esistono parole che pos-
sono far ammalare e, in alcuni casi, possono anche uccidere. Esistono, però,
anche parole che possono guarire o dare vita, ed aiutare a percorrere la via della
guarigione. “Le parole modificando il nostro cervello, modificano anche ogni
parte del nostro corpo. A volte questo collegamento è diretto ed evidente, a
volte è indiretto ed invisibile, ma comunque è sempre presente”. Con
la Pet (tomografia ad emissione di positroni) si è visto che l’im-
magine del nostro cervello è diversa per pensieri diversi. ogni
pensiero diverso è associato ad emozioni e sentimenti di-
versi, e questi, con una reazione a cascata, determinano un
cambiamento simultaneo in ogni cellula del nostro corpo,
grazie ai collegamenti già visti con il nostro cervello.
niente avviene dentro di noi senza coinvolgere il tutto, e,
quindi, senza ripercuotersi su ogni cellula del nostro corpo.
Possiamo nascondere agli altri, e, a volte, anche a noi
stessi, la nostra noia, la nostra preoccupazione, la nostra de-
pressione, la nostra rabbia, la nostra invidia, ma non potremo
mai nasconderle ad ogni singola cellula del nostro corpo. “Il
nostro sistema immunitario conosce tutti i nostri segreti ed i no-
stri dispiaceri, molte volte perfino più di noi stessi”. ogni organo,
ogni cellula ed ogni punto del nostro corpo sa che esiste quello spe-
cifico pensiero con quella specifica emozione e se ne ricorda. Una
tachicardia, un’extrasistole, una colite spastica, una cefalea, un’emi-
crania, un mal di schiena, un’ipertensione arteriosa etc. possono essere
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le tracce di pensieri, di emozioni, di stati d’animo negativi che non siamo stati ca-
paci di elaborare, di prevenire o di usare in modo produttivo. Le parole, oltre a cam-
biare il nostro cervello ed il nostro ambiente, cambiano il nostro corpo e ne lasciano
traccia.
Concludendo
“La persona più sana è quella che ha i pensieri più sani”. I pensieri sono la vera
fonte della malattia o della guarigione. La realtà che viviamo è lo specchio dei no-
stri pensieri e delle nostre convinzioni. Uno specchio di ciò che alberga nel nostro
cuore e nel nostro cervello. Solo modificando pensieri e convinzioni possiamo mo-
dificare profondamente la realtà e, quindi, la qualità della nostra vita. Se deside-
riamo cambiare veramente la nostra vita e dare un contributo per un mondo migliore
dobbiamo iniziare da noi stessi, e, in particolare, dalla consapevolezza che dentro
di noi esiste un potere straordinario: i nostri pensieri. I nostri pensieri rappresen-
tano, infatti, la vera fonte della nostra prigione o della nostra liberazione. Esistono
stati d’animo potenzianti ed esistono stati d’animo paralizzanti o che avvelenano le
nostre capacità. Il nostro corpo assorbe e metabolizza tutto ciò che vediamo, ascol-
tiamo, tocchiamo, gustiamo, odoriamo ed avvertiamo, e di conseguenza si modi-
fica il tutto grazie al collegamento con il nostro cervello. C’è chi giustamente ha
detto che tutto è cibo: i colori, i profumi, i suoni, l’amore, l’affetto che si respira etc.
L’ambiente penetra dentro di noi non solo con le bevande, con i cibi e con l’aria, ma
anche con i suoni, i colori, i profumi, gli affetti e diventa parte di noi. ogni indivi-
duo è nato per dare e ricevere gioia; se non si è in uno stato di gioia e se non si rie-
sce a diffondere benessere vuol dire che si ha bisogno di un percorso per guarire.
ogni individuo ha il diritto alla salute e alla gioia, ma ha anche il dovere d’impe-
gnarsi per imparare cosa deve fare per il raggiungimento di tale obiettivo. La salute
e la gioia sono il prelibato frutto dello sviluppo delle proprie capacità e potenzialità.
Dentro ciascun essere umano c’è un potere superiore a qualsiasi farmaco. Esiste
dentro ogni essere umano un potere superiore a quello scoperto dai fisici all’interno
dell’atomo, esiste una “scintilla divina” che rende possibile anche ciò che appare im-
possibile. Esiste una stretta dipendenza tra la nostra mente ed il nostro corpo: i pen-
sieri, le emozioni, i sentimenti, gli stati d’animo, le parole hanno un ruolo strategico
nell’insorgenza e nell’evoluzione di qualsiasi malattia. Perché alcune persone si am-
malano e altre no? E perché alcune, pur con malattie estremamente gravi, guari-
scono, mentre altre, pur con malattie molto meno gravi, muoiono in breve tempo? Studio di
La salute è sicuramente nelle mani di ciascuno di noi ed è il frutto di un’arte che si Leonardo da Vinci
può e che si deve apprendere, che si basa sull’insegnamento di un’altra arte:
l’arte di vivere. Molte volte per guarire, anche da gravi malattie, bi-
sogna curare lo spirito malato, la noia, gli stati d’animo negativi,
la solitudine, la scarsa motivazione a vivere, i valori errati, le
opinioni sbagliate, gli obiettivi fiacchi, errati e patogeni, la
mancanza d’amore, le cattive relazioni sociali e l’ambiente di
vita e di lavoro inquinati. “La vita non nega nulla, chiede solo
un prezzo da pagare, in termini di impegno e di sacrificio,
proporzionale alle difficoltà dell’obiettivo stesso”. Più luce e
conoscenze avremo e più si ridurranno gli effetti del caso e
della sfortuna. ogni malattia ha sempre delle cause ed è sem-
pre la conseguenza di errori, anche se a volte, non conoscendo
le cause, pensiamo sia dovuta al caso. La malattia è quindi la
naturale conseguenza di convinzioni, di pensieri, di emozioni, di
sentimenti, di modi di essere e di vivere errati. La battaglia de-
cisiva per la nostra salute si combatte nella nostra mente e nel
nostro cuore, ed è costituita dalla nostra capacità di coltivare i
giusti pensieri, le giuste convinzioni, le emozioni positive, i
sentimenti produttivi, gli obiettivi salubri ed appassionanti e
i valori coerenti. In sintesi, a monte del nostro benessere o
55
S. Pietro guarisce lo storpio, (part.), arazzo laurentano del XVII sec.
noTA bIbLIoGRAfICA
CLAUDIo PAGLIARA, La via della guarigione. Curare la mente per curare il corpo, curare l’ambiente per curare
l’uomo, curare lo spirito per curare il mondo. Self Publishing Pagliara Claudio
Il libro può essere reperito on-line.
www.amazon.it
oppure
www.macrolibrarsi.it
56
percorsi di guarigione
“L’uomo non si ammaLa soLtanto perché è predisposto o perché vive gLi stress
deL suo ambiente, oppure perché iL suo stiLe di vita mina La sua saLute, ma perché
ha perso iL proprio centro e La sua vita è priva di significato o di uno scopo“.
La modernità deLLa visione di iLdegarda di bingen non ci deve sorprendere.
in un’epoca tecnoLogicamente avanzata come La nostra, in cui ci iLLudiamo di
fare scoperte, di inventare e di creare cose nuove, La Luce deLLa conoscenza
rimane una costante, un fiLo conduttore. in reaLtà non facciamo aLtro
che ri-scoprire e ri-eLaborare conoscenze eterne.
60
LA CHARTA BORGIANA
E L’ILLUMINISMO A ROMA
La Charta Borgiana e l’Illuminismo a Roma, Edizioni Ludica, 2015. Il testo in
e-book (a cura di R. Langella, con un saggio di M. Capasso e lettere inedite di N.I.
Schow) sarà offerto in omaggio agli abbonati alla rivista Eterno Ulisse: un motivo
in più per abbonarsi subito .
“Un arruffato scherzo del destino”: così è stata definita la complessa vicenda della
Charta Borgiana, il primo papiro greco d’Egitto, portato in Italia, donato al cardinale
Stefano Borgia, tradotto e pubblicato da un Danese a Roma e oggi conservato al
Museo Archeologico di Napoli. Un aspetto poco conosciuto della grande tradizione
culturale italiana, che mostra il grande spirito di apertura e collaborazione tra Nord
e Sud, Cattolici e Protestanti, filologi laici e cardinali di Santa Romana Chiesa, nel
Secolo dei Lumi, che può sembrare impensabile. La vicenda, ricostruita scientifi-
camente con documenti inediti, risulta però appassionante come un giallo storico.
L’insolita avventura della Conoscenza, che offre sempre scenari imprevedibili e
curiosi, è offerta in e-book omaggio agli abbonati 2015 de L’Eterno Ulisse, grazie
alla collaborazione con il Centro Internazionale di Studi Borgiani.
per abbonarti:
Vai sul sito: http://www.eternoulisse.it/p/abbonamento/
fEnomEnologIa dEll’InIzIazIonE
E SOCIETÀ INIZIATICHE
ChE CoS’è l’InIzIazIonE E pErChé un IndIVIduo SEntE la nECESSItà dI EntrarE a far
partE dI una SoCIEtà InIzIatICa? ChE CoSa lo SpIngE ad affrontarE una dImEnSIonE
ChE lo allontana dal Suo abItualE QuotIdIano? In ChE CoSa CambIa la Sua VIta dopo
ESSErE Stato “InIzIato”? fInChé l’InIzIazIonE, VISta da profanI, VIEnE analIzzata In
ChIaVE antropologICa Va tutto bEnE, ma SE proVIamo ad affrontarE QuESto tEma da
altrE angolazIonI SI CorrE Il rISChIo dI rImanErE InVISChIatI nEI tortuoSI SEntIErI
dEll’IrrazIonalE, doVE SI annIdano Cultura dEll’InCultura, fantaSIoSE VISIonI E
IngannI dI ognI gEnErE. EmblEmatICa In tal SEnSo è una dEllE pIù notE SoCIEtà InI-
zIatIChE, la maSSonErIa, Sulla QualE tutto SI può dIrE trannE ChE Sul Suo prE-
Sunto opErato VI SIa SErEnItà dI attEggIamEnto. proVIamo dunQuE a farE un Salto
IndIEtro E a ChIarIrE fondamEntalmEntE CoSa ImplICa un rItualE dI InIzIazIonE E
CoSa Comporta l’ESSErE InIzIatI.
Diploma di Maestro rilasciato dalla Loggia “Universo” all’Oriente di Roma (1882), archivio G.O.I.
62
conda nascita”». In tutte le civiltà l’iniziazione implica una “morte”, una trasfor-
mazione, un passaggio dalla condizione profana2 a quella finalizzata alla ricerca del
sacro, che conduce a una “rinascita” psichica e spirituale. oggi, invece, col termine
“esoterismo”, o “esoterico”, purtroppo usato sempre più a sproposito, si suole indi-
care il mondo dell’occulto, dei fattucchieri e dei ciarlatani. prima di inoltrarci nel
senso profondo che l’iniziazione di per sé comporta, vogliamo soffermarci breve-
mente su un tema che su queste pagine è spesso presente proprio perché è una delle
espressioni più note della cosidetta scelta iniziatica: la massoneria. perché dedi-
chiamo alla massoneria uno spazio fisso in quasi ogni numero de L’Eterno Ulisse?
Questa è la domanda che ci hanno rivolto espressamente alcuni lettori ai quali, evi-
dentemente, sono sfuggiti i primi numeri della nostra rivista in cui è stato più volte
ribadito che avremmo dedicato un’intera serialità alla “vera” storia della massone-
ria per due motivazioni: la prima riguarda lo stesso progetto editoriale che mira ad
esplorare i “grandi temi dell’avventura umana”, scardinandone, laddove fosse ne-
cessario, i pregiudizi, gli errori, le dimenticanze, o i vuoti voluti; la seconda moti-
vazione è connessa ai grandi interrogativi umani in cui si imbatte, prima o poi, ogni
autentico ricercatore/ricercatrice a cui si rivolge in prevalenza l’Eterno ulisse: Chi
siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? le risposte a queste “eterne” domande
dell’anima sono conservate, con certezza, in quelle affascinanti terre della memoria
– custodite dal simbolismo, dal mito, dalla leggenda – dove ancora risiedono le più
profonde radici dell’essere umano e i segreti della sua controversa origine. tra i sim-
bolici “guardiani” di certe verità considerate di “ordine spirituale” vi sono le reli-
gioni e le scuole iniziatiche; queste ultime, a rigor di storia, sono ancora più antiche
delle prime, perché si rifanno ai primi passi della ricerca umana, quella nata dal pri-
mitivo rapporto magico e superstizioso con la natura, confluita poi in una più razio-
nale e articolata relazione col sacro. dallo sciamano al maestro, alla scuola iniziatica:
le tappe sono chiare, ed è proprio nella ricostruzione di queste fasi evolutive
– al confine tra storia, filosofia e metafisica – che si inserisce la mas-
soneria. In questo contesto iniziatico sembrano confluire, infatti,
miti, leggende, riti e simboli di tutti i tempi e di tutti gli ordini
Iniziatici sia occidentali (ad esempio le Scuole misteriche, i pi-
tagorici, i templari, i rosacroce) che orientali (a partire dai
culti misterici della grande madre Cibele con attis dall’asia
minore, quelli di Serapide, Iside ed osiride della mitologia
egizia, e quelli di mitra dalla persia che permearono la facies
religiosa della cultura romana imperiale, che vide il prolife-
rare di templi, isei e mitrei in tutto il mondo allora cono-
sciuto, per approdare al tantra, allo Yoga, ecc.). Secondo la
tradizione, infatti, la massoneria è l’equivalente di un
grande recipiente che custodisce un patrimonio universale
che, al di là delle sterili polemiche, non si può disconoscere,
e che ha ancora molto da insegnare all’uomo moderno a patto
che i massoni, quelli autentici, sappiano tuttora trasmettere l’an-
tica tradizione3 dei padri, e che l’uomo contemporaneo sia in grado
di recepirne il messaggio. per tutti i nuovi lettori, dunque, abbiamo
scelto di tornare sull’argomento partendo proprio dall’iniziazione; prima
però facciamo ancora un sintetico focus sulla Massoneria: tutto si può dire
tranne che su questo argomento vi sia serenità di atteggiamento. Quel che non si co-
nosce o ci sfugge appare sempre misterioso e incute paura. del resto, sui libri di
scuola certamente non si parla di Massoneria e di Società Iniziatiche e, al di là della Rito di iniziazione
cultura corrente, che spesso diviene cultura dell’incultura, le uniche nozioni che eleusina
giungono alla massa provengono dai comuni canali d’informazione: carta stampata,
internet ed emittenti radio-televisive, che sicuramente non contribuiscono a fare chia-
rezza. abbiamo provato a fare recentemente un piccolo sondaggio dal quale è emerso
che per i più la Massoneria è un’associazione pericolosa, alla stregua della mafia e
della camorra; per altri è un club d’élite al pari dei lyons o dei rotary e, per altri an-
cora, uno strano gruppo di esaltati che si dedica a pratiche magiche e stregoneria; al-
cuni infine intravedono in essa una copertura dei Servizi Segreti. pochi coloro che
hanno ammesso di non saperne abbastanza o che si sono limitati a un “non so”. Il ri-
sultato di questo sondaggio ci ha indotti all’amara constatazione che in Italia sem-
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pre più vale il detto cinese: «una persona dice una cosa falsa e cinquanta la ripetono come
vera». la nostra tuttavia non vuole essere una difesa ad oltranza né dei massoni né della
Massoneria, come qualcuno ha insinuato, volendo a tutti i costi intravedere occulti soda-
lizi e misteriose connivenze. per provare a fare un po’ di chiarezza in più cerchiamo di ca-
pire innanzitutto perché la massoneria si definisce una Società Iniziatica; ma ancor prima
è bene forse chiarire che cos’è una Società Iniziatica e come, quando e perché un indivi-
duo sente il bisogno di farne parte.
per dare un senso al rito di iniziazione e al suo intrinseco signif