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Dwalun Redtorch (nano, barbaro)

Nelle lande desolate di ….., al di là dei monti …., durante lo spostamento dovuto ai grandi ungulati si erano
da poco insediati i Redtorch, un clan di nani nomadi che vivevano di caccia e raccolto occasionale offertogli
dalla natura. Di quando in quando incontravano mercanti, anche loro in viaggio e, a discrezione dell’umore
dell’anziano capoclan, gli scambi potevano finire in modo più o meno tranquillo. Non era raro che un
mercanto un po’ troppo (o forse poco?) furbo venisse scoperto a gonfiare prezzi e malmenato duramente
fino a perdere i sensi, e di conseguenza derubato. Nonostante la condizione del malcapitato, la maggior
parte delle volte i Redtorch si rifornivano unicamente di beni primari per non infierire sulle precarietà del
mercante.

Il clan si componeva di 52 membri, dei quali il più abile nel combattimento era Dwalun. Il fisico era stato
duramente temprato e modellato dalle varie lotte per la sopravvivenze avute contro le più disparate razze
di animali, ma tra tutte una di queste era la più temuta dai Redtorch: la sabretooth. Essa veniva cacciata
non solo perché concorreva al clan nella cacciagione, ma anche perché talvolta un esemplare troppo
impavido si avvicinava troppo all’insediamento per “cacciare” i neonati del clan. Dwalun possedeva una
lunga barba che gli arrivava a toccare la pancia, nonostante fosse divisa in 5 trecce: una per ogni tigre che
era riuscito a eliminare. Inoltre, ad ogni estremità di essa, vi era un ricordino appeso a mo’ di perlina, un
canino della bestia. Questa acconciatura era di grande orgoglio per Dwalun, anche se sua moglie Kathra lo
prendeva spesso in giro per il modo maniacale con la quale la curava. Egli inoltre aveva la tipica carnagione
e capigliatura del clan: la pelle tendente al pallido, nonostante il nasone e le gote spesso si tingevano di un
colore vinaceo dovuto o per i venti gelidi che sferzavano il suo viso, o per gli abbondanti alcolici che
trangugiava nelle serate di ritorno da una buona caccia; i capelli erano lunghi abbastanza da spolverargli le
spalle e del tipico color arancione, il che poteva far distinguere un Redtorch da un altro nano all’interno
delle varie locande sparse per le pianure. Non era insolito infatti che quando uno del clan andava a fare
provviste in una città si fermasse a bere lungo a strada del ritorno, e che attaccasse briga con qualcuno del
posto perché questi lo insultava a causa della nomea barbara del clan.

All’interno del clan ognuno aveva anche un secondo mestiere: Dwalun era l addetto alla forgia. Era stato
scelto data la sua innata forza nel colpire le cose, e ciò gli causò un incallimento delle dita delle mani che gli
rendeva difficile tenere in mano cose molto delicate. Tra le varie armi che riuscì a creare ve ne era una in
particolare: Grond, un ascia bipenne difficilissima da usare per un nano comune, ma nelle mani di Dwalun
diventava una ghigliottina per ogni orco e goblin che osava deturpare la pace nell’insediamento nomade.
Era così affilata da poter troncare di netto un arto del malcapitato grazie alla sola forza peso dell’ascia.

Dwalun oltre a parlare il nanico e il comune, era capace anche di comprendere il goblin (lingua aggiuntiva al
background del viandante) poiché durante le migrazioni molte volte si è imbattuto in queste creature e ha
dovuto negoziare per essere lasciato in pace.

Kathra (la moglie) era di animo gentile e si occupava delle faccende domestiche principalmente, e di lì a
qualche settimana avrebbe dato un erede a suo marito. Per questo Dwalun aveva chiesto a un membro del
clan di costruire per lui un armonica, cosi da intrattenere il piccolo durante i momenti in qui il pargolo si
sarebbe agitato.

Tutto cambiò un giorno: era nuvoloso e all’orizzonte qualche dio stava riversando la sua furia temporalesca
sul mondo terreno. “Presagio di sventura” pensò Dwalun, ma restando a casa, non si sarebbe ritrovato un
bel cerbiatto per cena. Era mattino presto e tutti i maschi del clan si erano riuniti per pensare a qualche
strategia di caccia per un branco che era stato avvistato non molto lontano. Poiché la zona era abbastanza
impervia e il rombo della tempesta incombeva su di loro, si decise di organizzare un gruppo più sostanzioso
di persone e di lasciare un solo uomo di guardia al villaggio per protezione. Cosi deciso, partirono.
La caccia durò l intera mattinata, e il bottino guadagnato era pressochè nullo: solo un cucciolo di daino
malaticcio che a stento restava in piedi, al quale privarono la vita solo perché sapevano che di li innanzi ogni
giorno passato al mondo sarebbe stato un giorno di sofferenze peggiori della morte, fino a che qualche
bestia se ne sarebbe approffitato.

Aveva già cominciato a piovere quando scorsero il villaggio: tutti pensarono che l unica cosa che volevano
era tornare a casa dalle proprie compagne e riempirsi la pancia di zuppa bollente con qualche bicchiere di
buon vino, e passare il resto della giornata in tranquillità. Questo non accadde per Dwalin: tutto ciò che si
trovò davanti mentre spalancava la porta, era sua moglie riversata in lago di sangue. Era stata pugnalata
con un sol colpo alla carotide, mentre era di spalle che cucinava. Ricadde all’indietro a peso morto e,
mentre la luce nei suoi occhi sbiadiva, l’unica cosa a cui potesse pensare era a suo figlio: venne ritrovata in
posizione fetale quasi a volerlo difendere. Tutto balenò nella mente di Dwalin che da abile cacciatore
analizzò subito la scena, ma appena si rese conto di cosa era successo tuonò in un urlo di rabbia. Nello
stesso istante un fulmine cadde al di fuori della capanna, ma ciò non turbò minimamente Dwalin che
impugnò la sua ascia Grond e corse fino alla capanna di Tohrn, la sentinella lasciata a guardia. Lo trovò a
dormire nel suo letto e questo fece infuriare a tal punto Dwalin che la sua barba e i sui capelli divennero
color rosso cremisi: provò per la prima volta la forma RAGE. Prese con le sue dita tozze Tohrn per la barba e
lo scaraventò fuori, in strada. Questi appena si rese conto cosa stesse succedendo cominciò a correre
disperatamente, ma un ascia scagliata a piena potenza lo raggiunse tagliandoli di netto una gamba a livello
del ginocchio. Dwalin lo raggiunse e senza nemmeno dire una parola, e senza lasciar nessun ultima parola al
di-li-a-pochi-istanti cadavere, fracassò la testa di Tohrn. Era cosa risaputa che nel clan RedTorch, chiunque
commettesse un crimine ai danni di un altro membro del clan veniva punito severamente: la punizione che
Dwalin aveva impartito a Tohrn era la morte istantanea, ma anche Dwalin aveva commesso un crimine e
sapeva che ora non possedeva più nulla per cui restare, ora doveva fare soltanto una cosa: trovare il
responsabile dell’accaduto. Tornò alla sua capanna e analizzò minuziosamente la scena ancora, e trovò un
guanto nero in pelle, a terra, ricoperto dal sangue ancora caldo: era cosi ben rifinito e di pregevole fattura
che sicuramente era stato acquistato al mercato di Baldur’s Gate.

Cosi Dwalin partì di corsa per la città, sapendo che all’arrivo avrebbe cominciato a cercare il responsabile e
era sicuro che uno dei membri dei Flaming Fist potesse avere informazioni, o per lo meno arruolandosi con
loro avrebbe potuto ottenerle.

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