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Infezioni

di protesi articolari:
percorso diagnostico e
indicazioni per la
profilassi antibiotica

Documento
di indirizzo regionale
La redazione del documento è a cura di

Maria Luisa Moro Agenzia sanitaria e sociale regionale dell’Emilia-Romagna


Susanna Trombetti Agenzia sanitaria e sociale regionale dell’Emilia-Romagna
Angelo Pan Agenzia sanitaria e sociale regionale dell’Emilia-Romagna
e Azienda socio sanitaria territoriale di Cremona

Massimo Arlotti Azienda USL della Romagna


Luca Bianciardi IRCCS Istituto ortopedico Rizzoli, Bologna
Fabio Catani Azienda ospedaliero-universitaria di Modena
Mauro Girolami IRCCS Istituto ortopedico Rizzoli, Bologna
Giacomo Magnani Azienda ospedaliera di Reggio Emilia
Giorgio Martelli Azienda USL della Romagna *
Guido Pedrazzini Azienda USL di Piacenza
Ettore Sabetta Azienda ospedaliera di Reggio Emilia
Vittorio Sambri Azienda USL della Romagna
Mario Sarti Azienda USL di Modena
Pierluigi Viale Azienda ospedaliero-universitaria di Bologna
Eleonora Zamparini Azienda ospedaliero-universitaria di Bologna
Gabriele Zanotti Azienda USL della Romagna

* al momento della stesura del documento

Redazione e impaginazione a cura di


Federica Sarti - Agenzia sanitaria e sociale regionale dell’Emilia-Romagna

Stampa
Regione Emilia-Romagna, Bologna, luglio 2017
aggiornamento ottobre 2017 nei Box 1 e 3

Copia del documento può essere scaricata dal sito Internet


http://assr.regione.emilia-romagna.it/

Chiunque è autorizzato per fini informativi, di studio o didattici, a utilizzare e duplicare i contenuti
di questa pubblicazione, purché sia citata la fonte.
INDICE

Introduzione 5

L’integrazione tra banche dati regionali per il potenziamento del


sistema di sorveglianza delle infezioni protesiche

Obiettivi e metodologia 7

1. Classificazione delle infezioni protesiche 9

2. Definizione di caso per la sorveglianza di infezione del sito


chirurgico 11

3. Diagnosi di infezione protesica 13

3.1. Diagnosi di infezione protesica precoce

3.2. Diagnosi di infezione protesica ritardata

4. Indagini microbiologiche 23

5. Indicazioni per la profilassi antibiotica negli


interventi di artroplastica 27

Allegato 1. Diagnosi microbiologica di infezione protesica 29

Allegato 2. Indicazioni per la profilassi antibiotica negli interventi


di artroplastica 37

Bibliografia 45
INTRODUZIONE

Le infezioni di protesi articolare rappre- Nel 2016 sono state impiantate circa
sentano una grave complicanza in 15.300 protesi a cittadini residenti in
chirurgia protesica ortopedica. La fre- Emilia-Romagna, di cui 2000 circa
quenza di tale evento è quantificabile in 1 in ospedali al di fuori della regione (negli
caso per 100 interventi/anno per la prote- ospedali regionali sono stati effettuati
si d’anca e 1,5 casi per 100 interventi/ circa 8.000 interventi di protesi d’anca,
anno per quella di ginocchio; alcuni recen- 4.800 di ginocchio e 500 circa di spalla).
ti studi epidemiologici dimostrano un
In base ai dati di letteratura si può stima-
tasso di infezione pari a 1,6% (range 1,2-
re che ogni anno nella popolazione
2,4%) per la protesi d’anca e pari a 1,3%
emiliano-romagnola si verifichino 180-310
(range 1,1-1,6%) per quella di ginocchio.
nuovi casi di infezione protesica di anca e
Sebbene si tratti di tassi di infezione con-
ginocchio. Pur non essendo una patologia
tenuti, il valore assoluto dei casi non è
frequente, la gravità clinica e la comples-
indifferente, dati gli elevati volumi di atti-
sità del trattamento impongono di
vità di implantologia protesica, in costante
assicurare al paziente una gestione di ec-
aumento per l’ampliamento delle indica-
cellenza dell’evento infettivo garantendo,
zioni all’intervento anche per i pazienti più
oltre all’expertise professionale specifica,
anziani conseguente al miglioramento del-
la diagnosi tempestiva, la presa in carico
le procedure chirurgiche.
multidisciplinare e la predisposizione di
protocolli che facilitino il percorso di cura
anche sotto il profilo organizzativo.

L’integrazione tra banche dati regionali per il potenziamento del


sistema di sorveglianza delle infezioni protesiche
Il sistema SIChER (Sorveglianza delle I dati raccolti dal 2007 al 2014 evidenzia-
infezioni del sito chirurgico in Emilia- no che gli interventi protesici di anca
Romagna) ha raccolto informazioni su esitano nell’1,2% dei casi in infezioni del
7.692 interventi di artroprotesi d’anca e di sito chirurgico, mentre nella protesica di
ginocchio effettuati nel 2014 nei centri ginocchio l’infezione si verifica nell’1% dei
ortopedici regionali. Gli interventi inclusi casi. Il 62-79% delle infezioni viene dia-
in SIChER rappresentano 2/3 circa di tutte gnosticato durante la sorveglianza post-
le protesi impiantate in regione nello stes- dimissione, e ciò impone la necessità di
so anno; l’insieme delle informazioni rese integrare le banche dati ospedaliere con
disponibili dal sistema di sorveglianza for- quelle extraospedaliere per ottenere in-
nisce numerose indicazioni sulla gravità formazioni sul percorso del paziente
dell’infezione, sulle caratteristiche del pa- (ASSR, 2016).
ziente, sul tipo di intervento (Box 1).

5
Il Registro di implantologia protesica orto- zione di terapia antibiotica, prescrizione di
pedica (RIPO) rileva informazioni sugli indagini di laboratorio e strumentali,
interventi protesici di anca, ginocchio e espianto da mobilizzazione settica) e
spalla, con informazioni più dettagliate raccogliere informazioni sulle sue caratte-
sulle caratteristiche cliniche del paziente, ristiche cliniche.
sulle proprietà delle protesi e sulle tipolo-
Una prima analisi esplorativa, che ha con-
gie di impianto (primario/revisione), in
frontato il percorso assistenziale di operati
assenza però di dati sulle infezioni insorte
di protesi (d’anca o ginocchio) con e senza
dopo la dimissione, a meno che non com-
infezione, appaiati per caratteristiche cli-
portino revisione in uno degli ospedali
niche, dimostra differenze significative nel
partecipanti a RIPO (Box 1).
rischio di re-ricovero entro 60 giorni, nella
Il Sistema informativo Sanità e politiche prescrizione entro 3 settimane dalla di-
sociali regionale include diversi flussi missione, nei risultati di esami colturali su
amministrativi aggiuntivi (Scheda di di- materiale biologico dal sito chirurgico e/o
missione ospedaliera, farmaceutica sangue e nella loro positività, e nella pre-
ospedaliera e territoriale, specialistica scrizione e durata della terapia antibiotica.
ambulatoriale, esami microbiologici, mor-
L’analisi integrata dei flussi informativi
talità) e consente il linkage tra di loro e
regionali apre possibilità di sorveglianza e
con i database sopra menzionati.
monitoraggio delle complicanze infettivo-
È quindi possibile tracciare il percorso del logiche protesiche e spunti per successivi
paziente con infezione post-chirurgia progetti di ricerca.
protesica in base al consumo di risorse
(ricoveri successivi e/o ripetuti, prescri-

Box 1. Monitoraggio delle infezioni protesiche: database regionali

Sistema Sorveglianza infezioni sito chirurgico (SIChER)


Dati su tutti gli interventi protesici di anca, ginocchio e spalla (follow up di 30 giorni se infezione superfi-
ciale, di 90 se infezione profonda)
• paziente (età, sesso, punteggio ASA)
• ricovero (data di ammissione, stabilimento, reparto di ricovero, data di dimissione)
• intervento chirurgico (data di intervento, urgente/elezione, classe contaminazione intervento,
codici ICD9 intervento, impianto di materiale protesico, durata dell’intervento)
• infezione (presenza e tipo, data ultimo contatto di follow up e modalità di contatto)
Registro implantologia protesica in ortopedia (RIPO)
Dati su tutti gli interventi di impianto primario e revisione di protesi di anca, ginocchio e spalla
• paziente (sesso, età, cittadinanza, diagnosi per l’intervento, comorbidità)
• ricovero (data, stabilimento, identificativo SDO, …)
• dati impianto primario (tipo di intervento, lotto e codice del tipo e della fissazione dell’impianto,
complicanze durante il ricovero)
• dati reimpianto per cause infettive (diagnosi della revisione protesica: mobilizzazione settica)

6
OBIETTIVI E METODOLOGIA

Obiettivo del documento è fornire indica- In letteratura sono disponibili diverse linee
zioni alle Aziende sanitarie e ai guida di buona qualità su profilassi,
professionisti coinvolti nella gestione dei diagnosi, trattamento medico e chirurgico
pazienti con infezioni protesiche per la delle infezioni protesiche (OSMON ET AL.,

diagnosi tempestiva e la presa in carico 2013; PARVIZI ET AL., 2013; TANDE, PATEL, 2014;
multidisciplinare dei casi, al fine di supe- SIGN, 2014), che forniscono molte e utili
rare alcune criticità nella gestione del indicazioni per la pratica clinica. Il panel
percorso clinico-organizzativo in modo ha individuato come prioritari i seguenti
uniforme a livello regionale. argomenti da sviluppare nel documento di
indirizzo:
A tale scopo, è stato istituito un gruppo
di lavoro regionale, composto da profes- 1. Classificazione delle infezioni
sionisti esperti delle diverse discipline protesiche
interessate (infettivologi, microbiologi
2. Definizione di caso per la sorveglianza
clinici, ortopedici, direttori sanitari), avva-
di infezione del sito chirurgico
lendosi dell’Agenzia sanitaria e sociale per
il coordinamento e la cura degli aspetti 3. Diagnosi di infezione protesica

metodologici. 4. Indagini microbiologiche

5. Indicazioni per la profilassi antibiotica


negli interventi di artroplastica

7
1. CLASSIFICAZIONE
DELLE INFEZIONI PROTESICHE

Il problema più rilevante nella gestione vitro; inoltre il biofilm funge anche da
delle infezioni protesiche in genere – e vera e propria barriera meccanica rispetto
articolari in particolare – è la capacità del- alla penetrazione dei farmaci, condizio-
le popolazioni microbiche di produrre il nando situazioni di sotto-esposizione,
biofilm, nel quale i microrganismi sono foriere di mancata eradicazione della infe-
strutturati e coordinati in comunità fun- zione e altresì selezione di resistenze.
zionali idonee a garantire una efficace
In letteratura sono stati proposti diversi
barriera nei confronti degli agenti antimi-
sistemi di classificazione delle infezioni
crobici e della risposta immunitaria
protesiche, che si basano sul timing di
dell’organismo.
formazione del biofilm. In Box 2 vengono
Il processo è innescato dalle variazioni riportate le indicazioni regionali per la
metaboliche e strutturali del microrgani- classificazione delle infezioni protesiche
smo che, rallentando la velocità di in relazione il momento di esordio della
crescita, riduce la propria sensibilità complicanza, correlata al grado di orga-
intrinseca agli antimicrobici indipenden- nizzazione del biofilm.
temente dal dato di chemiosensibilità in

9
Box 2. Indicazioni regionali: classificazione delle infezioni in relazione al
momento di insorgenza

Tempo di in- Fonti di infezione Microrganismi re- Approccio terapeutico


sorgenza da sponsabili
intervento

Infezioni <4 settimane • normalmente microrganismi ad Si presuppone che il biofilm


precoci (early acquisite durante alta patogenicità non sia ancora del tutto strut-
infections) l’intervento (Staphylococcus turato: è quindi possibile un
• più raramente aureus, Enterobac- approccio combinato medico-
espressione di diffu- teriaceae, bacilli chirurgico di tipo conservativo
sione ematogena gram negativi non con debridement e ritenzione
da focolai infettivi fermentanti) della protesi associato a tera-
distali, non pia antibiotica long-term di
bonificati prima massima performance
dell’intervento

Infezioni da 1 a 24 mesi • normalmente microrganismi a Si presuppone che il biofilm


ritardate acquisite durante bassa-media pato- sia ormai ben strutturato: è
(delayed l’intervento genicità preferibile un approccio com-
infections) • possibile espressio- (stafilococchi coagu- binato medico-chirurgico non
ne di diffusione lasi negativi, conservativo con rimozione
ematogena da Enterococcus spp, dell’artroprotesi, posiziona-
focolai infettivi Corynebacteria, mento di cemento spaziatore,
distali Propionibacterium tempo intermedio occupato da
acnes) o microrga- terapia antibiotica di massima
nismi ad elevata performance e riposiziona-
patogenicità con mento dell’artroprotesi una
bassa carica infet- volta accertata l’eradicazione
tante dell’infezione

Infezioni oltre 24 mesi patogenesi emato- microrganismi a Quando la diagnosi viene


tardive (late gena, per diffusione crescita molto lenta posta precocemente (entro 3
infections) da siti di infezione settimane dall’insorgenza del
remoti quadro clinico), è probabile
che il biofilm non sia ancora
del tutto strutturato rendendo
quindi ancora possibile un
approccio di tipo conservativo
analogo a quello perseguibile
per le forme early.
Vi sono tuttavia evidenze che
nelle infezioni tardive
l’outcome con l’approccio con-
servativo sia peggiore rispetto
alle infezioni early

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2. DEFINIZIONE DI CASO PER LA SORVEGLIANZA
DI INFEZIONE DEL SITO CHIRURGICO

Nella pratica chirurgica la definizione di Questo tipo di classificazione per la defini-


criteri standardizzati ed espliciti di caso di zione di caso di infezione del sito
infezione del sito chirurgico per la sorve- chirurgico, comune a tutta la chirurgia,
glianza ha l’obiettivo di assicurare la non si adatta pienamente alla identifica-
raccolta di dati epidemiologici accurati. zione dei casi di infezione protesica poiché
la categoria “infezioni di organo/spazio”
Tutti i sistemi di sorveglianza a livello in-
(successiva a impianto di protesi ortopedi-
ternazionale (Sistema di sorveglianza
ca), che teoricamente è quella che meglio
statunitense - NHSN, Sistema di sorve-
rappresenta l’infezione protesica, in realtà
glianza europeo dell’ECDC - HAINet;
non coincide con essa; da ciò deriva una
sistemi di sorveglianza di singoli Paesi
difficoltà pratica nell’utilizzo dei dati di
europei, quale ad esempio la Gran Breta-
sorveglianza per lo studio della patologia a
gna ove la sorveglianza delle infezioni
fini epidemiologici.
negli interventi ortopedici di protesi di
anca e di ginocchio è obbligatoria - UK Le infezioni protesiche vengono generica-
NINSS) utilizzano le medesime definizioni mente classificate nei sistemi di
di caso di infezione del sito chirurgico. monitoraggio internazionali come infezioni
d’organo/spazio, senza che siano stati de-
L’infezione viene definita sulla base dalla
finiti criteri espliciti e specifici. A gennaio
localizzazione del processo infettivo: è su-
2014 i Centers for Disease Control statu-
perficiale quando vengono interessati solo
nitense hanno invece incluso, nelle nuove
cute e tessuto sottocutaneo, profonda
definizioni di caso per la sorveglianza, una
quando vengono interessati fasce e
definizione ad hoc per le infezioni protesi-
muscoli, d’organo/spazio quando viene
che (CDC, 2014) (Box 3).
interessato un sito profondo (Figura 1).

Figura 1. Strati di cute, strati profondi e organo/spazio

Cute Legenda
SSI
incisione
SSI infezione del
Tessuto sottocutaneo superfici sito chirurgico
ale

Tessuto profondo SSI incisione


(fascia e muscoli) profonda

SSI
Organo/spazi
organo/spazio

11
Box 3. Definizione di “caso” per la sorveglianza

Per promuovere una maggiore standardizzazione delle definizioni di “caso” per la sorveglianza delle infe-
zioni chirurgiche successive a interventi protesici, il panel concorda di classificare le infezioni in “infezioni
superficiali” (secondo i criteri riportati di seguito dei Centers for Disease Control) e in infezioni profon-
de/d’organo, definite come “infezioni periprotesiche successive all’impianto di protesi” (secondo i nuovi
criteri dei CDC del 2014). Questi criteri sono adottati anche nell’ambito del Sistema regionale di sorve-
glianza delle infezioni del sito chirurgico (SIChER).

INFEZIONE DEL SITO CHIRURGICO (ISC) LIMITATA ALLA SUPERFICIE DELL’INCISIONE


(SUPERFICIALE)*
si manifesta entro 30 giorni dalla data dell’intervento
e
interessa solo la cute e/o il tessuto sottocutaneo dell’incisione
e
il paziente ha almeno uno dei seguenti:
• secrezione purulenta dall’incisione superficiale;
• isolamento di un microrganismo da colture, prelevate in modo asettico, di fluidi o tessuti
dell’area di incisione;
• almeno uno dei seguenti segni e sintomi di infezione:
dolore o sensazione di tensione,
tumefazione localizzata,
arrossamento,
calore,
riapertura intenzionale della ferita ad opera del chirurgo a meno che la coltura dell’incisione sia
negativa;
• diagnosi di infezione superficiale del sito chirurgico da parte del chirurgo o del medico curante.

INFEZIONE PERIPROTESICA SUCCESSIVA ALL’IMPIANTO DI PROTESI DI ANCA O GINOCCHIO*


si manifesta entro 90 giorni dalla data dell’intervento con almeno una dei seguenti caratteristiche:
• due colture positive periprotesiche (tessuti o fluidi) con isolamento di microrganismi identici;
• presenza di tragitto fistoloso che comunica con l’articolazione;
• presenza di almeno tre dei seguenti criteri minori:
a. proteina C reattiva elevata (>100 mg/L) E VES elevata (>30 mm/h)
b. aumento della conta dei leucociti nel liquido sinoviale (WBC; >10,000 cells/μL)
OPPURE
cambiamento ++ (o maggiore) del test dell’esterasi leucocitaria nel liquido sinoviale
c. percentuale di neutrofili polimorfonucleati aumentata nel liquido sinoviale (PMN% >90%)
d. analisi istologica positiva del tessuto periprotesico (>5 neutrofili (PMNs) per campo ad alta
potenza)
e. singola coltura positiva periprotesica (tessuto o fluido)
* CDC, 2014.

12
3. DIAGNOSI DI INFEZIONE PROTESICA

La corretta diagnosi delle infezioni protesi- Sulla base del sospetto clinico viene av-
che è particolarmente importante per viato il percorso diagnostico, che include
diversi motivi: indagini laboratoristico-strumentali e mi-
crobiologiche, con caratteristiche specifi-
• normalmente queste infezioni necessi-
che nei casi di infezioni precoci o di infe-
tano di prolungati tempi di tratta-
zioni ritardate/tardive.
mento;
Il presente documento definisce le tappe
• l’utilizzo non necessario di antibiotici
del percorso diagnostico raccomandato in
può essere causa di insorgenza di
caso di sospetto di infezione protesica
microrganismi antibioticoresistenti;
precoce (early), che si manifesta entro
• nelle infezioni precoci, la diagnosi tem- 4 settimane dall’intervento chirurgico, e di
pestiva può evitare la necessità di infezione protesica ritardata (delayed),
ricorso al reimpianto. che si manifesta da 1 a 24 mesi dall’in-
tervento.

3.1. Diagnosi di infezione protesica precoce


Il percorso diagnostico nel sospetto di infezione protesica precoce è indicato nel Box 4 e
in Figura 2.

Box 4. Indicazioni regionali: Percorso diagnostico raccomandato in caso di


sospetto di infezione protesica precoce

QUANDO SOSPETTARE UN’INFEZIONE PRECOCE


La diagnosi di infezione early è fondamentalmente clinica e si basa sulla evidenza di persistenza di segni
importanti di flogosi in sede di ferita chirurgica (tumor, rubor, dolor, calor) e/o deiescenza della ferita
chirurgica, temporalmente oltre la normale evoluzione post intervento, associata a rialzo febbrile in circa
il 50% dei pazienti, senza normalmente altri segni e sintomi di coinvolgimento sistemico.
NB La maggior parte dei pazienti con infezione protesica acuta (>80%) si presenta con le seguenti
caratteristiche:
• clinicamente stabile (non segni di SIRS)
• con protesi in sede senza segni di mobilizzazione
• senza significativi danni a carico dei tessuti molli
• con significativi segni e sintomi di infiammazione in sede di intervento
(continua)

13
QUALI ACCERTAMENTI FARE
• Esami di laboratorio (PCR, VES, emocromo + formula). È utile la determinazione seriata degli
indici di flogosi, in particolare PCR, il cui valore diagnostico aumenta dalla 2a settimana in poi ed è
correlato alla conoscenza delle concentrazioni plasmatiche pre-intervento.
NB La presenza contemporanea di alterazione di VES e PCR aumenta la sensibilità diagnostica di
infezione protesica.
• Ecografia, idonea a identificare eventuali raccolte, sopra o sottofasciali, meritevoli di puntura esplo-
rativa, con analisi chimico-fisica e microbiologica, sebbene la sua sensibilità e specificità siano
altamente variabili da caso a caso. Non vi sono al momento altre indagini di imaging in grado di
sostenere il percorso diagnostico di tali infezioni.
• Artrocentesi (o altra agoaspirazione) diagnostica con esecuzione di esame chimico-fisico
(conta dei leucociti e relativa formula). L’artrocentesi diagnostica dovrebbe essere eseguita,
quando possibile, in tutti i pazienti in cui si sospetti un’infezione protesica acuta sulla base di quadro
clinico e dati bioumorali, al fine di eseguire in primis l’esame chimico-fisico con conta leucocitaria +
l’esame colturale
NB Una conta di leucociti su liquido sinoviale superiore a 10.000 cell/μL risulta diagnostica per infe-
zione acuta; leucocitosi più elevate sono più specifiche a fini diagnostici, a patto che il liquido
articolare sia prelevato effettivamente entro le prime 4 settimane dall’inizio dei sintomi. Al fine di
aumentare la sensibilità e specificità della conta leucocitaria, si potrebbero mediare le evidenze
acquisite in altri sedi di infezione (classificazione di Light degli empiemi pleurici, diagnosi di
meningite post-chirurgica) aggiungendo anche la determinazione di glucosio, LDH e lattati.
• Artrocentesi (o altra agoaspirazione) con esecuzione di esame colturale o altro prelievo di
materiali per esami microbiologici, secondo le specifiche riportate nel Capitolo 4
NB La negatività della coltura del liquido prelevato da artrocentesi (qualora possibile) non esclude la
diagnosi di infezione. Ciò è legato al ruolo del biofilm che, condizionando sia un’elevata adesività
batterica al biomateriale, sia una rallentata crescita batterica, riduce la sensibilità della coltura
del liquido articolare. Deve essere invece dato un elevato valore diagnostico alla valutazione del-
le caratteristiche chimico-fisiche del liquido articolare, che invece possono generare un elevato
sospetto di infezione a fronte di bassi valori di glucosio e di elevati livelli di neutrofili.

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Figura 2. Infezione protesica precoce: flowchart del percorso diagnostico

rubor, calor, tumor, dolor


e/o
deiescenza della ferita chirurgica

Indici di flogosi (PCR, VES, WBC) NO


aumentati rispetto all’immediato sorveglianza clinica
post-intervento

Ecografia
persistenza sospetto clinico

Artrocentesi o altra agoaspirazione non riuscita


per esame chimico fisico e o esito non dirimente con forti evidenze
cliniche
colturale

Quadro flogistico (conta su liquido


sinoviale in protesi d’anca >10.000
Intervento chirurgico con
cell/µl) o crescita di microrganismo
esami microbiologici
“virulento” (es. S. aureus)
intraoperatori

Note
• La negatività dell’esame colturale non esclude la diagnosi di infezione; la positività significativa
(microrganismo di sicuro ruolo patogeno) potrebbe assumere valore diagnostico anche in
assenza di un quadro fortemente flogistico all’esame chimico-fisico.
• Una conta di leucociti su liquido sinoviale superiore a 10.000 cell/μL risulta diagnostica per infe-
zione acuta; leucocitosi più elevate sono più specifiche a fini diagnostici, a patto che il liquido
articolare sia prelevato effettivamente entro le prime 4 settimane dall’inizio dei sintomi.

15
3.2. Diagnosi di infezione protesica ritardata

QUANDO SOSPETTARE UNA INFEZIONE RITARDATA

Si considerano riconducibili a tale ambito strada terapeutica più condivisa è un ap-


classificativo le infezioni che si manifestino proccio combinato medico-chirurgico non
da 1 a 24 mesi dall’intervento di artro- conservativo, rappresentato da rimozione
plastica; sono considerate infezioni a pa- dell’artroprotesi, eventuale posizionamen-
togenesi esogena, correlate per shedding to di cemento spaziatore, terapia
microbico sul campo operatorio; sono antimicrobica di massima performance e
causate più spesso da microrganismi a riposizionamento dell’artroprotesi una vol-
bassa-media patogenicità ovvero correlate ta che si raggiunga una ragionevole
a basso inoculo batterico. certezza di eradicazione, condizione indi-
spensabile per programmare il riposizio-
Poiché è certo che il biofilm sia ormai ben
namento.
strutturato, nelle infezioni che si manife-
stano dopo un mese dall’intervento la

DIAGNOSI E TRATTAMENTO CHIRURGICO

La diagnosi di infezione peri-protesica Tuttavia, nessun test da solo consente di


delayed rimane a tutt’oggi difficoltosa in diagnosticare con certezza la presenza di
rapporto alla mancanza di un gold stan- un processo infettivo (SPANGEHL ET AL., 1999;
dard diagnostico di riferimento. ZIMMERLI ET AL., 2004), ma è fondamentale
basarsi su più informazioni contempora-
I criteri diagnostici più comunemente uti-
neamente.
lizzati per la diagnosi di infezione peri-
protesica comprendono la presenza di una In linea anche con quanto espresso dalla
fistola, la positività di un esame colturale Consensus Conference di Philadelphia
e/o citologico e/o istopatologico (BERBARI ET (PARVIZI ET AL., 2014), i criteri per la diagnosi
AL., 1998; PARVIZI ET AL., 2006; TRAMPUZ ET AL., di infezione peri-protesica sono stati
2007). suddivisi in maggiori e minori.

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Box 5. Infezione protesica ritardata: criteri diagnostici

CRITERI DIAGNOSTICI MAGGIORI


• presenza di fistola
• esame colturale positivo, da almeno 2 differenti biopsie peri-protesiche, per un patogeno con
medesimo pattern di chemiosensibilità

CRITERI DIAGNOSTICI MINORI


• clinica (esame obiettivo e anamnesi): il sospetto clinico di infezione protesica è basato sulla presenza
di dolore articolare persistente, accompagnato o meno da uno o più segni locali di flogosi. Per quanto
concerne l’articolazione del ginocchio, viene considerato un criterio clinico di sospetta infezione
protesica la presenza di una severa riduzione della capacità di movimento (range of motion - ROM),
pur in assenza di altri segni e sintomi
• VES (velocità di eritrosedimentazione) e PCR (proteina C-reattiva) sieriche elevate rispetto ai valori di
riferimento (VES >20 mm/h nei maschi e >36 mm/h nelle femmine, PCR >0,5 mg/dl in accordo con
quanto proposto dalla letteratura scientifica internazionale; PARVIZI ET AL., 2006; SCHINSKY ET AL.,
2008)
• esame colturale positivo su un unico campione di tessuto e/o su coltura del liquido sinoviale
• alterazioni dell’esame chimico-fisico del liquido sinoviale (GHANEM ET AL., 2008; PARVIZI ET AL., 2008;
TRAMPUZ ET AL., 2004):
a) elevata conta dei globuli bianchi (GB >1000/µl)
b) elevata % di neutrofili (PMN >60%)
altre determinazioni sul liquido articolare come il glucosio, LDH, proteine sono meno validate.
• esame istologico positivo nel tessuto peri-protesico (presenza di più di 5 neutrofili per campo in 5
campi ad alto ingrandimento)
• scintigrafia total body scheletrica trifasica con Tc 99 patologica (espressione di mobilizzazione delle
componenti protesiche)
• scintigrafia con granulociti marcati patologica alterata (AIMN, 2012; DE VRIES ET AL., 2010; ROCA ET AL.,
2010). Il ruolo di tale indagine è molto discusso (e in larga misura negato dalle linee guida IDSA),
soprattutto in rapporto alla percentuale non indifferente di falsi negativi, specie per le infezioni
sostenute da gram negativi. Tale ambito di variabilità è di fatto l’archetipo della necessità – come
indicato sopra – di non fare riferimento a un solo parametro per la diagnosi

PERCORSO DIAGNOSTICO (Box 6)

Il percorso diagnostico parte dalla sinto- apprezzabili anche a una semplice radio-
matologia riferita dal paziente, e in tal grafia del ginocchio e/o radiografia del
senso si intende fare riferimento al con- bacino in antero-posteriore e proiezione
cetto che – a fronte di una protesi assiale.
dolorosa – l’infezione è un evento che
In secondo luogo, nella diagnosi differen-
deve sempre essere preso in considera-
ziale vanno considerate le cosiddette
zione prioritariamente.
“protesi dolenti idiopatiche”; esse rappre-
Vanno escluse, in primis, le cause di falli- sentano una nebulosa clinica di difficile
mento asettico, dovute spesso a proble- interpretazione, che possono essere prese
matiche di natura meccanica che sono in considerazione solo dopo che un inten-

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so lavoro di screening ha permesso di Il terzo step diagnostico, ristretto al solo
escludere eventi infettivi. ambito delle protesi di ginocchio, fa rife-
rimento all’indagine bioptica della sinovia,
Le modalità di comparsa del dolore, il suo
CT scan guidata, prelevando un campione
andamento nel corso di mesi e il trend
per esame colturale e un campione per
degli indici di flogosi rappresentano gli
esame istologico..
elementi diagnostici di riferimento.
Nel caso in cui il paziente sia candidato
Il successivo step diagnostico si basa
comunque alla revisione chirurgica o
sull’esame obiettivo e sulla valutazione
all’espianto laddove il dolore fosse causa
degli indici di flogosi in particolare VES e
di gravi limitazioni funzionali e di scadente
PCR.
qualità di vita, sarà l’esame istologico in
In presenza di attivazione di questi indici estemporanea (conta dei granulociti neu-
la suggestione diagnostica aumenta. trofili) a fornire l’ulteriore dato sulla pre-
Tuttavia anche se gli indici di flogosi sono senza di una possibile infezione e a guida-
normali, in presenza di elementi clinici re la scelta tra re-impianto di protesi one
(esame obiettivo) o anamnestici (fattori di stage versus approccio gestionale di pro-
rischio riconosciuti) o radiologici (mobiliz- tesi infetta.
zazione dell’impianto prima dei 5 anni di
Come da indicazioni presenti in letteratura
vita) si procede al secondo step, basato
(BORI ET AL., 2011), i prelievi dovrebbero
su esame del liquido sinoviale e scintigra-
essere eseguiti all’interfaccia tra osso e
fia ossea.
protesi, ovvero nelle zone dove è dimo-
Sul liquido sinoviale vengono svolte tutte strato sia più facile individuare il patogeno
le seguenti indagini: responsabile del processo infettivo.
• esame colturale (FONT-VIZCARRA ET AL.,
È necessario prelevare almeno 5 campioni
2010; HUGHES ET AL., 2001) la cui negativi- di tessuto per esame colturale e 3 cam-
tà non esclude l’infezione. Infatti le pioni di tessuto per esame istologico
popolazioni microbiche sono indovate (OSMON ET AL., 2013).
nel biofilm, tenacemente adeso alla
Qualora non si recuperi liquido sinoviale o
protesi, per cui la concentrazione di
gli elementi a disposizione siano inconclu-
esse nel liquido sinoviale può essere
sivi ai fini di una diagnosi di certezza,
minima;
il prelievo di tessuto per via bioptica o
• esame chimico-fisico con valutazione chirurgica diventa necessario per definire
dei parametri citati (BRANNAN, JERRARD, la diagnosi.
2006; LORENZINI ET AL., 2008; SHMERLING ET
Alla fine del percorso diagnostico si pone
AL., 1990; TERCIC, BOZIC, 2001).
diagnosi di certezza di infezione se sono
La scintigrafia ossea con leucociti marcati presenti un criterio maggiore (la presenza
viene utilizzata a scopo diagnostico esclu- di una fistola è criterio sufficiente, ma è
sivamente per le protesi di anca; nella rara nelle infezioni delayed) ovvero 3 cri-
protesi di ginocchio si preferisce invece teri minori, ovvero se vi sono 2 soli criteri
fare riferimento all’indagine bioptica minori ma uno dei due è rappresentato da
dell’articolazione (vedi terzo step).

18
una singola positività colturale del liquido 2013): femore, tibia, sfondato sinovia-
sinoviale o delle biopsie. le, canale femorale, canale tibiale, sui
quali eseguire conta dei neutrofili ed
In questo caso il paziente verrà sottoposto
esame microbiologico.
a intervento di espianto della protesi in
due tempi con o senza posizionamento Vanno evitati i prelievi mediante tam-
di cemento spaziatore antibiotato (Box 8) pone poiché la sensibilità colturale è
e terapia antibiotica di massima perfor- bassa, e sicuramente inferiore rispetto
mance. a quella dei campioni di tessuto peri-
protesico (AGGARWAL ET AL., 2013);
Quando si proceda a rimozione della pro-
tesi con obiettivo di riposizionamento in • sonicazione della protesi con coltura
un tempo successivo, durante l’intervento del sonicato (in alternativa utilizzo di
chirurgico verranno eseguiti i seguenti ditiotreitolo con coltura dell’eluato)
campionamenti: (DRAGO ET AL., 2013; PIPER ET AL., 2009;
TRAMPUZ ET AL., 2007).
• almeno 3 prelievi a carico dei tessuti
molli con ogni campione di grandezza Il suddetto percorso diagnostico, di cui fa
almeno di 1 cm, sui quali eseguire parte l’intervento di espianto protesico
conta dei granulociti neutrofili non in con la relativa diagnostica intraoperatoria
estemporanea (CAOLE, DRAGO, 2013; associata, richiede alcuni requisiti
TSARAS ET AL., 2012) e indagini microbio- organizzativo-strutturali, in mancanza dei
logiche; quali un centro non può adeguatamente
trattare una sospetta infezione protesica
• almeno 5 prelievi di tessuto (OSMON ET
(Box 7).
AL., 2013) all’interfaccia tra osso-protesi
in sedi ben codificate (HUGHES ET AL.,

19
Box 6. Infezione protesica ritardata: fasi del percorso diagnostico

FASI DEL PERCORSO DIAGNOSTICO

• esame obiettivo, valutazione degli indici di flogosi (VES, PCR), Rx


• esame del liquido sinoviale
- coltura
- esame chimico-fisico
• scintigrafia ossea (protesi anca)
• biopsia articolazione (protesi ginocchio)
Nota: prelevare almeno 1 campione di tessuto per esame colturale e 1 campione di tessuto per esame
istologico, prelevati nell’interfaccia tra osso e protesi.
A questo punto, in presenza di
➢ un criterio maggiore o di
➢ 3 criteri minori o
➢ 2 criteri minori (di cui uno: positività colturale del liquido sinoviale o delle
biopsie)
• intervento chirurgico di espianto protesico* con
- esame istologico**
- posizionamento di cemento spaziatore*** (se indicato l’intervento in due tempi)
- terapia antibiotica di massima performance

* Se si procede a rimozione della protesi con obiettivo di riposizionamento in un tempo successivo,


durante l’intervento chirurgico verranno eseguiti i seguenti campionamenti:
- almeno 3 prelievi a carico dei tessuti molli con ogni campione di grandezza almeno di 1 cm,
sui quali eseguire conta dei granulociti neutrofili non in estemporanea e indagini
microbiologiche
- almeno 5 prelievi di tessuto all’interfaccia tra osso-protesi in sedi ben codificate: femore,
tibia, sfondato sinoviale, canale femorale, canale tibiale sui quali eseguire conta dei neutrofili
ed esame microbiologico
- sonicazione della protesi con coltura del sonicato (in alternativa utilizzo di ditiotreitolo con
coltura dell’eluato)****
** L’esame istologico è dirimente ai fini diagnostici; alla chirurgia si arriva sia se gli elementi a dispo-
sizione sono altamente suggestivi per la diagnosi di infezione sia se sono dubbi (non è stato
possibile il prelievo di liquido sinoviale o i reperti clinico-strumentali a disposizione non sono con-
clusivi); in quest’ultimo caso dovrà essere effettuato esame istologico in estemporanea (conta
GN).
*** Sull’utilizzo dell’utilizzo di antibiotico nello spaziatore, si veda il Box 8.
**** In riferimento alla Nota DGSPS_RER 11 nov 2014 (PG 2014_422938), inerente al trattamento dei
dispositivi protesici ortopedici a seguito di espianto e concomitante segnalazione di incidente, si
precisa che la sonicazione precede qualunque altro trattamento (con mezzi fisici e/o chimici) della
protesi espiantata.

20
Box 7. Requisiti organizzativo-strutturali dei centri

Presenza di:
• radiologia con imaging adeguato (scintigrafia)
• anatomia patologica per l’effettuazione di esame istologico in estemporanea
• laboratorio di microbiologia clinica per sonicazione e coltura degli impianti (materiale protesico,
spaziatori, mezzi di sintesi)

La diagnosi di infezione associata a protesi gativi ma l’istologia confermasse la dia-


articolari richiede una valutazione clinica gnosi di infezione, il paziente prosegue
integrata tra ortopedico e infettivologo dei con la terapia empirica. Nel caso invece
risultati colturali e del dato istologico (CAO- risultassero negativi sia le indagini micro-
LA ET AL., 2013). biologiche sia l’esame istologico definitivo,
si deve prendere in considerazione la pos-
Dal giorno dell’espianto, il paziente consi-
sibilità di accelerare i tempi di reimpianto,
derato portatore di infezione di artro-
laddove l’andamento clinico e bioumorale
protesi viene sottoposto a terapia
lo consentano.
antibiotica di massima performance mi-
crobiologica e farmacodinamica, secondo La durata della terapia antibiotica (sia mi-
le indicazioni dei consulenti infettivologi; rata, sia empirica) non è predeterminata
tale terapia deve essere iniziata in base ma viene individualizzata sulla base
ad eventuali isolati pre-atto chirurgico dell’andamento clinico e bioumorale. Ciò
ovvero, in assenza di ogni dato microbio- comporta il controllo periodico dei para-
logico, in modo empirico (in tal caso metri bioumorali durante tutto il periodo
diretta contro cocchi gram positivi multi- di trattamento. La sospensione della tera-
resistenti ma anche contro bacilli gram pia antibiotica va considerata una volta
negativi) e successivamente corretta in raggiunta la stabile normalizzazione della
base ai dati microbiologici su campioni PCR (intendendo per stabile il rilievo di
intraoperatori, qualora disponibili. due determinazioni normali a due controlli
successivi eseguiti a distanza di circa 10-
Laddove tutti gli esami colturali eseguiti
14 giorni).
in sala operatoria dovessero risultare ne-

Box 8. Spaziatori antibiotati


Le recenti linee guida IDSA sulla gestione delle infezioni proteiche (OSMON ET AL., 2013) rimangono incer-
te rispetto all’utilizzo degli spaziatori antibiotati, specie in presenza di infezioni provate da germi “difficili”
(MRSA, stafilococchi variante a colonie piccole - small forming colony variant, gram negativi multiresi-
stenti o funghi) dal momento che l’eradicazione di questi microrganismi, già difficile, potrebbe risultare
ancora più difficoltosa in presenza dello spaziatore che, di fatto, costituisce un corpo estraneo.
Sulla base di tali considerazioni, si ritiene utile che, nel caso di protesi d’anca, la decisione di un eventua-
le utilizzo sia lasciata al chirurgo in sede di intervento.
Rispetto all’utilizzo di spaziatori con aggiunta di antibiotico, poiché la eluizione del farmaco in quel conte-
sto è del tutto imprevedibile (ANAGNOSTAKOS ET AL., 2009), si esprime cautela rispetto al valore di tale
procedura.

21
Dopo la sospensione della terapia antibio- fattore di rischio per re-infezione (DRAGO
tica il paziente deve essere rivalutato ET AL., 2013).
clinicamente e dal punto di vista bioumo-
Il paziente deve comunque essere infor-
rale e/o strumentale.
mato sulla necessità di valutare l’esame
Nel caso in cui gli indici di flogosi si nega- istologico in estemporanea prima di pro-
tivizzino e rimangano normali dopo cedere con l’eventuale reimpianto
almeno 2 settimane dalla sospensione del-
Nel caso in cui gli indici di flogosi riman-
la terapia antibiotica, e la scintigrafia con i
gano elevati o comunque alterati
leucociti marcati o la biopsia sinoviale TC
nonostante la terapia antibiotica, bisogna
guidata risultino negative, il paziente può
ammettere la diagnosi di persistenza di
essere candidato a intervento di reimpian-
infezione e si deve procedere a nuova
to.
pulizia chirurgica con relativi prelievi intra-
L’ultima decisione sulla indicazione al operatori e nuovo inizio di terapia antimi-
reimpianto è comunque affidata alla conta crobica (Box 9).
dei leucociti in estemporanea e ciò rende
Nel caso di articolazione di ginocchio,
il controllo bioptico pre-reimpianto meno
laddove tale quadro si reiterasse dopo
indispensabile. Se la conta dovesse risul-
due interventi di pulizia e cambio spazia-
tare <5N/campo di osservazione, si può
tore, al fine di non irrigidire ulteriormente
procedere al reimpianto con protesi da
le strutture peri-articolari, inficiando così
revisione; se la conta dovesse risultare
anche il possibile buon esito di un futuro
superiore, si devono considerare le possi-
reimpianto, come alternativa a una ulte-
bilità di cambiare il cemento spaziatore,
riore pulizia chirurgica può essere valutato
di impiantare una protesi tipo All-poly
il posizionamento di uno spaziatore artico-
(ginocchio) o di eseguire un intervento
lato medicato tipo All-poly, associato a
secondo Girdlestone (anca), in rapporto al
terapia antibiotica soppressiva per la du-
numero di interventi di revisione già ese-
rata di 6 mesi.
guiti.
Nel caso dell’anca, dopo due tentativi falli-
In ogni caso si procede a sonicazione dello
ti, in base alla tipologia di paziente e alle
spaziatore con coltura del sonicato (o a
sue richieste funzionali può essere valuta-
trattamento con ditiotreitolo), perché
ta la possibilità di effettuare un intervento
alcuni studi hanno dimostrato che la colo-
secondo Girdlestone.
nizzazione di tale device rappresenta un

Box 9. Prelievi istologici e strumentario


Al momento di eseguire i prelievi intra-operatori, per abbassare il più possibile il tasso di contaminazione
con conseguente rischio di falsi positivi, è richiesto l’utilizzo di kit sterili, uno per ogni prelievo.
Al termine dell’esecuzione dei prelievi e della pulizia chirurgica è inoltre richiesto il cambio completo dello
strumentario.

22
4. INDAGINI MICROBIOLOGICHE

Nel Box 10 sono indicati i materiali che invio, Box 11) e fare obbligatoriamente
possono essere oggetto di analisi micro- riferimento a laboratori di microbiologia
biologiche, nelle diverse fasi del percorso accreditati in termini di procedure diagno-
diagnostico e in relazione all’eventuale stiche.
trattamento chirurgico dell’infezione peri- Nel Box 12 sono indicati gli interventi da
protesica. evitare, perché inappropriati.
È necessario definire al meglio la fase pre- Nell’Allegato 1 vengono riportate le indi-
analitica delle indagini microbiologiche cazioni per i laboratori di microbiologia
(sedi e numero di campioni da prelevare, relative alla fase analitica e post-analitica.
modalità di conservazione e tempistiche di

Box 10. Indagini microbiologiche in relazione all’intervento chirurgico di


trattamento dell’infezione periprotesica

INDAGINI MICROBIOLOGICHE PRE-OPERATORIE


• Coltura del liquido articolare: il prelievo va effettuato mediante artrocentesi
• Emocoltura: le emocolture per microrganismi aerobi e anaerobi vanno eseguite se è presente
febbre, un esordio acuto dei sintomi, oppure un’infezione concomitante che rende probabile la
presenza di batteriemia (CORVEC ET AL., 2012a; OSMON ET AL., 2013)

INDAGINI MICROBIOLOGICHE INTRA-OPERATORIE


• Coltura del liquido periarticolare
• Coltura dei tessuti perimplantari: durante l’intervento di pulizia o rimozione della protesi/mezzo
di osteosintesi, devono essere raccolti almeno 3 e preferibilmente 5 o 6 campioni di tessuto
perimplantare
• Coltura delle componenti protesiche/dei mezzi di osteosintesi: tutte le componenti
protesiche/mezzi di osteosintesi rimossi vanno raccolti per l’analisi colturale dopo trattamento con
metodiche adeguate a favorire il distacco del biofilm microbico

INDAGINI MICROBIOLOGICHE POST-OPERATORIE


• Coltura dei drenaggi: l’allestimento di colture dai drenaggi o dai liquidi di drenaggio non è
raccomandato per l’elevato rischio di contaminazione dei materiali da flora commensale cutanea
(CORVEC ET AL., 2012a)
• Coltura dei fissatori esterni: in caso di infezione di un perno di fissazione transcutaneo è
raccomandato il prelievo dell’essudato con siringa sterile lungo il perno (CORVEC ET AL., 2012a)

23
Box 11. Fase pre-analitica delle indagini microbiologiche

Al fine di fornire un valido supporto al clinico ortopedico e all’infettivologo, il microbiologo deve disporre
di campioni multipli da sottoporre a indagine microbiologica, prelevati da zone definite con tecniche
idonee a prevenire la contaminazione crociata e in assenza di terapia/profilassi antibiotica per un
adeguato periodo di tempo.

MODALITÀ DI RACCOLTA DELL’ASPIRATO ARTICOLARE


La procedura richiede asepsi e preferibilmente dovrebbe essere effettuata mediante aspirazione articolare
percutanea (possibilmente eco-guidata) o comunque a capsula articolare chiusa (se eseguita durante
l’intervento di revisione). Nel caso di mezzi di osteosintesi, è possibile recuperare l’eventuale fluido
accumulato in zona perimplantare mediante aspirazione pre-operatoria.
Sono possibili due percorsi alternativi:
• opzione 1: inoculare immediatamente dopo il prelievo un’aliquota (>0,5 ml per flacone) in flaconi da
emocoltura per microrganismi aerobi e anaerobi (FONT-VIZCARRA ET AL., 2010; HUGHES ET AL., 2001).
Porre un’aliquota in contenitore sterile con anticoagulante per la coltura su terreno solido, la conta
totale dei leucociti e il differenziale dei polimorfonucleati neutrofili;
• opzione 2: trasferire l’aspirato in contenitore sterile con anticoagulante per le successive analisi
colturali, per la conta totale dei leucociti e il differenziale dei polimorfonucleati neutrofili.

MODALITÀ DI RACCOLTA DEI TESSUTI PERIMPLANTARI


Il prelievo di campioni bioptici multipli è indispensabile al fine di aumentare la sensibilità dei metodi
colturali e distinguere i microrganismi contaminanti dai patogeni.
Ogni singola biopsia di tessuto perimplantare deve essere prelevata con strumentazione separata e
inserita in un contenitore dedicato, per prevenire la contaminazione crociata di tutti i campioni da
sottoporre all’esame colturale.
Prelevare almeno 3 di biopsie perimplantari (preferibilmente 5 o 6) (OSMON ET AL., 2013). Nel caso di
protesi articolari includere campioni prelevati dalla interfaccia protesi/osso, dalla capsula articolare e da
eventuali aree con segni di infiammazione. Nel caso di mezzi di osteosintesi prelevare campioni di tessuto
perimplantare e di eventuali aree con segni di infiammazione.
NB Si consiglia di prelevare campioni bioptici di tessuto con volume di circa 1 cm3 al fine di agevolare le
procedure analitiche.
Indagini istopatologiche (TSARAS ET AL., 2012): nei medesimi punti prelevare un numero equivalente
di biopsie per la valutazione dello stato infiammatorio mediante esame istologico.

MODALITÀ DI RACCOLTA DELLE COMPONENTI PROTESICHE/MEZZI DI OSTEOSINTESI


Le componenti protesiche (stelo femorale, cotile, scudo femorale, piatto tibiale, inserto in polietilene,
stelo omerale, glenoide), il cemento di fissazione, i mezzi di osteosintesi (viti, placche, chiodi
endomidollari, fili) sono materiali adatti per la coltura e l’isolamento di batteri organizzati in biofilm.
Porre ogni singola componente protesica, o i mezzi di osteosintesi, in un contenitore rigido, sterile, con
coperchio a tenuta, di idonee dimensioni. Chiudere il contenitore e inviare al laboratorio per le indagini
microbiologiche necessarie, prima di procedere ai trattamenti previsti per i materiali di espianto (REGIONE
EMILIA-ROMAGNA, 2014).
(continua)

24
TRASPORTO E CONSERVAZIONE
Consegnare immediatamente i campioni in laboratorio (tempo ottimale entro 2h) (CORVEC ET AL., 2012a).
Se ciò non fosse possibile, conservare i campioni di tessuto e le componenti protesiche (o i mezzi di
osteosintesi) a 4°C per massimo 24h, aggiungendo, per campioni di dimensioni ridotte, qualche goccia di
soluzione fisiologica sterile. I flaconi inoculati con liquido articolare possono essere conservate a
temperatura ambiente fino a 48h.
È raccomandato inviare al laboratorio le informazioni di data e ora del prelievo, nome di un referente per
i prelievi, sede anatomica e informazione cliniche (antibioticoterapia, pregressi infettivologici),
specificando eventuali richieste di test microbiologici mirati (es. ricerca micobatteri) (CORVEC ET AL.,
2012a).

MATERIALI NON IDONEI


Pus da fistola
Le colture della secrezione da fistola non sono utili perché i microrganismi isolati spesso rappresentano la
flora colonizzante della cute e non sono predittivi dell’agente causale dell’infezione profonda, con
eccezione di S. aureus (TRAMPUZ, ZIMMERLI, 2005).

Materiale perimplantare raccolto con tampone


Vanno evitati i prelievi di materiale perimplantare mediante tampone poiché la sensibilità colturale è
bassa e inferiore a quella dei campioni di tessuto perimplantare (AGGARWAL ET AL., 2013).

Box 12. Indicazioni regionali. Cosa NON fare

• Terapia antimicrobica prima dell’atto chirurgico terapeutico; la terapia antibiotica dovrebbe invece
essere iniziata su base empirica precocemente ma solo dopo la raccolta intraoperatoria dei campioni
• Tamponi da eventuali tragitti fistolosi o colture da drenaggi
• Emocolture (in assenza di segni e sintomi di sepsi)

25
5. INDICAZIONI
PER LA PROFILASSI ANTIBIOTICA
NEGLI INTERVENTI DI ARTROPLASTICA

Nel Box 13 sono fornite le indicazioni per la profilassi antibiotica negli interventi di artro-
plastica; in Allegato 2 sono riportate e discusse le fonti delle raccomandazioni.

Box 13. Indicazioni regionali per la profilassi antibiotica

SCREENING PREOPERATORIO PER LA RICERCA DEI PAZIENTI COLONIZZATI DA STAPHYLOCOCCUS


AUREUS
• Qualora le condizioni organizzative consentano di applicare l’intero protocollo di decolonizzazione nei
tempi utili, si raccomanda di eseguire lo screening per la ricerca di Staphylococcus aureus nei pazienti
candidati a interventi di artroplastica in elezione.
• Lo screening si effettua mediante coltura del secreto nasale entro al massimo 4 settimane prima della
data dell’intervento; il secreto viene raccolto utilizzando un solo tampone che viene introdotto (non
oltre 1-2 cm), strisciato e ruotato in entrambe le narici per almeno 5 secondi.
• Nei pazienti positivi per Staphylococcus aureus, per la decolonizzazione nasale si utilizza mupirocina
unguento, 3 applicazioni per narice al giorno per 5 giorni, prevedendo il termine del trattamento il più
vicino possibile alla data dell’intervento.
• Nei pazienti colonizzati da MRSA, la decolonizzazione locale è associata a una doccia al giorno con
clorexidina per 5 giorni consecutivi.

SCELTA DELL’ANTIBIOTICO DA UTILIZZARE IN PROFILASSI


• L’antibiotico raccomandato in profilassi è la cefazolina.
• La qualità delle evidenze non è tale da consentire una specifica raccomandazione sulla scelta
dell’antibiotico da utilizzare nella profilassi della chirurgia ad alto rischio (compresa l’implantologia
ortopedica) nei pazienti colonizzati da MRSA. Tuttavia, in assenza di un trial che valuti l’efficacia della
profilassi con vancomicina vs cefazolina nei pazienti sottoposti a decolonizzazione, si è ritenuto di
consigliare in questi pazienti l’utilizzo di cefazolina.
• Nei pazienti che risultino positivi allo screening per Staphylococcus aureus (MRSA o MSSA) o con
anamnesi di colonizzazione non trattata, la decolonizzazione – effettuata in accordo con le procedure
sopra riportate – deve essere completata dalla profilassi con cefazolina.
• I pazienti che per qualunque motivo non possono essere avviati alla decolonizzazione non dovrebbero
essere sottoposti allo screening e la profilassi andrebbe comunque effettuata con cefazolina.

DURATA DELLA PROFILASSI ANTIBIOTICA PERIOPERATORIA


• La durata della profilassi negli interventi di artroprotesi rimane un problema aperto. Non ci sono dati a
sostegno della prosecuzione della profilassi antibiotica oltre la sutura della ferita chirurgica.
(continua)

27
UTILIZZO DI ANTIBIOTICI PER CONTATTO IN PROFILASSI
• L’utilizzo di cemento impregnato di antibiotico nella profilassi degli interventi di artroprotesi al
momento non dispone di evidenze solide. Si ritiene che l’utilizzo routinario di cemento medicato ai fini
della prevenzione delle infezioni trovi una possibile indicazione negli interventi di revisione per
infezione
• Non ci sono al momento evidenze tali da giustificare l’utilizzo di idrogel con aggiunta di antibiotici.
L’utilizzo di tali device, fino al momento in cui il loro uso non venga validato e recepito, dovrebbe
avvenire all’interno di protocolli di studio e il materiale dovrebbe essere fornito dal produttore

28
ALLEGATO 1.
DIAGNOSI MICROBIOLOGICA DI INFEZIONE
PROTESICA

FASE ANALITICA
I materiali per la diagnosi di infezione della protesi o dei mezzi di osteosintesi vanno
manipolati in cappa biologica di sicurezza di classe 2. Per contenere il più possibile
la possibilità di contaminazione del campione, ridurre al minimo la manipolazione e il
numero di aperture di ciascun contenitore (HPA, 2012).

Il tecnico deve indossare guanti monouso e deve prestare attenzione a sostituirli


durante lavorazioni prolungate. L’osservazione delle colture deve essere effettuata nelle
medesime condizioni (CORVEC ET AL., 2012a, 2012b).

Coltura del liquido articolare

Opzione 1

• Centrifugare l’aliquota di liquido articolare raccolta in provetta a 3000 G per 10


minuti. Eliminare il surnatante e riportare il sedimento a un volume di 0,5 ml

• Inoculare:

- 0,1 ml in agar sangue e 0,1 ml in agar cioccolato. Incubare in atmosfera


con 5% CO2 per 5 giorni a 36±1°C

- 0,1 ml in agar Schaedler. Incubare in anaerobiosi per 7-10 giorni a 36±1°C

• Incubare i flaconi per emocoltura, inoculati con il liquido articolare immedia-


tamente dopo il prelievo, in strumentazione dedicata per 14 giorni

Opzione 2

• Centrifugare il campione a 3000 G per 10 minuti. Eliminare il surnatante e


riportare il sedimento a un volume di 0,5 ml

• Inoculare:

- 0,1 ml in agar sangue e 0,1 ml in agar cioccolato. Incubare in atmosfera


con 5% CO2 per 5 giorni a 36±1°C

- 0,1 ml in agar Schaedler. Incubare in anaerobiosi per 7-10 giorni a 36±1°C

- 0,1 ml in brodo tioglicolato; incubare per 14 giorni a 36±1°C. Subcoltivare


in agar sangue, agar cioccolato e agar Schaedler quando il brodo diventa
torbido o a fine incubazione

29
• Allestire un preparato microscopico dal sedimento, del liquido articolare. Nelle
infezioni acute è utile una colorazione di gram dell’aspirato articolare, sebbene un
risultato negativo non escluda la possibilità d’infezione. In generale la colorazione
di gram ha elevata specificità ma bassa sensibilità (SE 26%, SP 97%; ZIMMERLI ET

AL., 2004).

Coltura dei tessuti perimplantari

• Omogeneizzare (TRAMPUZ ET AL., 2007) o vortexare per almeno 120 secondi i


frammenti bioptici in 3 ml di brodo (es. brain heart infusion broth)

• Inoculare:

- 0,5 ml di materiale in agar sangue (0,1 ml x 5 piastre) e 0,5 ml in agar


cioccolato (0,1 ml x 5 piastre). Incubare in atmosfera con 5% CO 2 per 5
giorni a 36±1°C

- 0,5 ml di materiale in agar Schaedler (0,1 ml x 5 piastre). Incubare in


atmosfera anaerobia per 7-10 giorni a 36±1°C

- 0,5 ml di materiale in brodo tioglicolato; incubare per 14 giorni a 36±1°C.


Subcoltivare in agar sangue, agar cioccolato e agar Schaedler quando il
brodo diventa torbido o a fine incubazione

NOTA È utile congelare a -20 o -80°C un’aliquota di omogenato di tessuto per allestire
colture supplementari in caso di necessità.

Coltura delle componenti protesiche/mezzi di osteosintesi

Opzione 1: sonicazione (PIPER ET AL., 2009; TRAMPUZ ET AL., 2007)

• Aprire sotto cappa a flusso laminare il contenitore delle componenti protesiche


(o mezzi di osteosintesi)

• Ricoprire la componente per almeno il 90% del suo volume con soluzione di Ringer
o soluzione fisiologica sterile

• Chiudere il contenitore

• Preparare il bagno di sonicazione riempiendo la vasca con acqua sterile e


procedere alla degasazione

• Vortexare il contenitore con la componente per 30 secondi.

• Sonicare a 30-40 KHz 0,22±0,04 W/cm2 per 5 minuti

• Vortexare per ulteriori 30 secondi

30
NOTA Le componenti protesiche/mezzi di osteosintesi vengono sottoposti a sonicazione
negli stessi contenitori di trasporto al fine di minimizzare le possibili
contaminazioni. È altresì possibile prevedere l’aggiunta della soluzione di
Ringer o fisiologica nei contenitori fino a copertura della componente protesica
(o mezzo di osteosintesi) direttamente in sala operatoria in campo sterile,
immediatamente dopo la rimozione (CAOLA ET AL., 2013).

Pur essendo descritta in letteratura anche la possibilità di effettuare le colture dal


sonicato non concentrato (TRAMPUZ ET AL., 2007), appare preferibile effettuare le colture
dal sonicato dopo concentrazione (PIPER ET AL., 2009):

• Concentrare 100:1 per centrifugazione (3000 G x 10 minuti) il sonicato

• Inoculare:

- 0,1 ml del concentrato in agar sangue 0,1 ml in agar cioccolato. Incubare


in atmosfera con 5% CO2 per 5 giorni a 36±1°C

- 0,1 ml del concentrato in agar Schaedler. Incubare in anaerobiosi per 7-10


giorni a 36±1°C

- 0,1 ml del concentrato in brodo tioglicolato; incubare per 14 giorni


a 36±1°C. Subcoltivare in terreni solidi quando il brodo diventa torbido
o a fine incubazione

NOTA Se possibile sottoporre a centrifugazione 50-100 ml di sonicato, effettuare le


colture previste e conservare a -20 o -80°C il sedimento restante per allestire
colture supplementari in caso di necessità. Se disponibili quantitativi di sonicato
inferiori, ridurre il fattore di concentrazione o il volume di sedimento da
dispensare nelle piastre e tenere conto della riduzione operata al momento della
lettura delle piastre

Opzione 2: eluizione con ditiotreitolo (DRAGO ET AL., 2013)

• Allestire soluzione sterile 0,1% (w:v) di ditiotreitolo (DTT, formula empirica


C4H10O2S2, peso molecolare: 154.2) in PBS

• Aprire il contenitore della componente protesica (o mezzo di osteosintesi) sotto


cappa a flusso laminare

• Aggiungere soluzione sterile di DTT fino a coprire la componente

• Chiudere il contenitore

• Porre il contenitore su agitatore orbitale a circa 80 G per 15 minuti

• Concentrare 100:1 per centrifugazione (3000 G x 10 minuti) l’eluito

31
• Inoculare:

- 0,1 ml del concentrato in agar sangue 0,1 ml in agar cioccolato. Incubare


in atmosfera con 5% CO2 per 5 giorni a 36±1°C

- 0,1 ml del concentrato in agar Schaedler. Incubare in anaerobiosi per 7-10


giorni a 36±1°C

- 0,1 ml del concentrato in brodo tioglicolato; incubare per 14 giorni a


36±1°C. Subcoltivare in terreni solidi quando il brodo diventa torbido
o a fine incubazione.

NOTA Se possibile sottoporre a centrifugazione 50-100 ml di eluito, effettuare le


colture previste e conservare a -20 o -80°C il sedimento restante per allestire
colture supplementari in caso di necessità. Se disponibili quantitativi di eluito
inferiori, ridurre il fattore di concentrazione o il volume di sedimento da
dispensare nelle piastre e tenere conto della riduzione operata al momento della
lettura delle piastre

Tempi di incubazione

Il periodo e le condizioni di incubazione delle piastre e dei brodi di arricchimento


rivestono un ruolo critico per la crescita e la successiva identificazione dei microrganismi.

È stato dimostrato che l’allungamento del periodo di incubazione dei brodi di


arricchimento da 5 a 14 giorni consente di aumentare la frequenza di isolamento
di propionibatteri e stafilococchi di circa il 20% (BUTLER-WU ET AL., 2011; SCHÄFER ET AL., 2008).

Si consiglia di incubare le colture su terreno solido per aerobi per 5 giorni, quelle per
anaerobi per 10 giorni verificando la crescita di eventuali colonie in prima, seconda e
quinta giornata (seconda, quinta e decima giornata per colture in anaerobiosi).
Proseguire l’incubazione e le letture nei tempi previsti anche in caso di coltura positiva
precoce su terreno solido al fine di rilevare anche altri batteri a lenta crescita o le crescite
polimicrobiche (CORVEC ET AL., 2012a, 2012b).

Le colture in brodo di arricchimento vanno protratte fino a 14 giorni, verificando


giornalmente l’eventuale intorbidimento del terreno di coltura. Nel caso di positività dei
brodi e a fine incubazione sottocoltivare 10 µl di brodo su terreni solidi.

Identificazione dei microrganismi

Le metodiche routinarie di laboratorio per l’identificazione dei microrganismi sono


adeguate nella maggior parte dei casi.

Porre attenzione:

• alla crescita di colonie “varianti” di piccole dimensioni cresciute su terreno solido.


I microrganismi rimossi dal biofilm possono presentare caratteristiche biochimiche
anomale per inattivazione di processi enzimatici nelle forme sessili. La subcoltura

32
ripetuta in terreni arricchiti fa spesso riacquisire i caratteri fenotipici normali e
permette la corretta identificazione a livello di genere e specie ( MADUKA-EZEH ET AL.,

2012; SENDI ET AL., 2010);

• al pattern antibiotico degli stafilococchi coagulasi negativi, che non è un metodo


sempre affidabile per distinguere ceppi diversi. I metodi molecolari hanno
dimostrato che lo stesso antibiogramma può essere associato a due diversi ceppi e
contrariamente, microrganismi con antibiogrammi diversi possono apparire
indistinguibili alla genotipizzazione. Inoltre, ceppi diversi possono essere presenti
contemporaneamente sulla stessa protesi o mezzo di osteosintesi ( ATKINS ET AL.,

1998).

I microrganismi isolati devono essere sistematicamente conservati in congelatore sia per


successive indagini clinico-epidemiologiche sia per possibili implicazioni legali (CORVEC ET

AL., 2012a, 2012b).

Colture negative

Le colture possono risultare falsamente negative in caso di precedente esposizione ad


antibiotico, presenza di un basso numero di microrganismi, terreni di coltura
inappropriati, tempi di incubazione insufficienti, microrganismi fastidious o tempi di
trasporto dei materiali alla microbiologia prolungati.

Alcuni microrganismi, come Abiotrophia defectiva o Granulicatella adiacens (preceden-


temente classificata come variante nutrizionale di streptococchi) sono difficili da
evidenziare in coltura.

Microrganismi inusuali o fastidious associati a infezioni protesiche/mezzi di


osteosintesi

Nelle infezioni ricorrenti a coltura negativa per germi aerobi ed anaerobi e/o quando la
storia clinica suggerisce uno specifico rischio da esposizione infettiva, è consigliabile
allestire terreni specifici per germi inusuali (funghi, micobatteri, ecc.). In base alla storia
clinica del paziente, le colture possono essere allestite in contemporanea con quelle di
routine, oppure in una fase successiva ricorrendo ai materiali conservati a -20 o -80°C
(tessuto omogenato, liquido di sonicazione o di eluizione della componente protesica o
del mezzo di osteosintesi).

Prova di sensibilità agli antimicrobici

L’antibiogramma deve comprendere farmaci:

• che raggiungano alte concentrazioni tissutali;

• che siano attivi verso microrganismi a lenta crescita e organizzati in biofilm.

33
Antimicrobici da saggiare (se il test nei confronti di quella specie è previsto da EUCAST):
rifampicina, levofloxacina, moxifloxacina, ciprofloxacina, daptomicina, tecoplanina,
vancomicina, linezolid, minociclina, clindamicina, acido fusidico, cotrimossazolo,
amoxicillina/acido clavulanico, piperacillina-tazobactam, meropenem, ertapenem,
oxacillina, fosfomicina, cefalosporine di 3 generazione, colistina, tigeciclina.
a

Per le molecole testate deve essere indicato il valore della minima concentrazione
inibente.

FASE POST-ANALITICA
Refertazione

Un’accurata diagnosi microbiologica di infezione associata a protesi articolari e mezzi di


osteosintesi richiede una valutazione integrata dei risultati colturali ottenuti da campioni
prelevati sia in fase pre-operatoria che intraoperatoria. Questo approccio permette di
associare un ruolo di potenziale agente eziologico anche a microrganismi isolati da un
singolo campione di tessuto o dalle componenti protesiche in carica inferiore alle soglie
ritenute significative per evidenza di infezione (CAOLA ET AL., 2013).

Cariche esigue dalle colture delle componenti protesiche possono essere osservate nel
caso di pazienti che non hanno sospeso la terapia antibiotica prima dell’intervento o non
hanno posticipato la profilassi intraoperatoria.

In caso di mancato sviluppo di crescita microbica è consigliabile eseguire una prima


refertazione preliminare a 5 giorni dalla semina, segnalando che le colture sono ancora in
corso, e una seconda refertazione definitiva alla fine del periodo di incubazione.

Tessuti perimplantari e/o liquido articolare

Due o più colture intraoperatorie o la combinazione di liquido articolare pre-operatorio e


colture intraoperatorie positive per lo stesso microrganismo (indistinguibile sulla base dei
comuni test di laboratorio inclusi l’identificazione di genere e specie e un antibiogramma
comune) possono essere considerate evidenza definitiva di infezione (CAOLA ET AL., 2013;
OSMON ET AL, 2013).

Il microrganismo isolato è ritenuto agente eziologico dell’infezione e deve essere


refertato con antibiogramma (OSMON ET AL, 2013).

La crescita di un microrganismo virulento (es S. aureus) in un singolo campione di


biopsia tessutale o di liquido articolare può essere rappresentativa di infezione.

Anche in questo caso il microrganismo isolato è ritenuto agente eziologico dell’infezione e


deve essere refertato con antibiogramma (OSMON ET AL, 2013).

La crescita di un microrganismo potenzialmente contaminante (es stafilococchi coagulasi


negativi, Propionibacterium acnes) da un singolo campione di tessuto o da un singolo
prelievo di liquido articolare non può essere di per sé indicativa dell’agente eziologico di
infezione e il suo ruolo deve essere valutato dal clinico nel contesto delle altre evidenze
disponibili (vedi definizione di infezione protesica) (OSMON ET AL, 2013).

34
Il microrganismo deve essere refertato con antibiogramma inserendo il commento:
“Possibile microrganismo contaminante: valutarne la significatività clinica”.

Sonicato o eluito della protesi/mezzi di osteosintesi

Pur essendo in letteratura descritti dei valori soglia per l’interpretazione delle colture
ottenute dopo concentrazione del liquido derivante dal trattamento dei campioni
mediante sonicazione o eluizione con DTT (≥200CFU/ml per il sonicato e ≥50CFU/ml per
l’eluito) (DRAGO ET AL., 2013; PIPER ET AL., 2009), tali indicazioni non sembrano ancora
sufficientemente confrontabili e dunque pare opportuno riportare nel referto la carica
microbica osservata, demandando l’interpretazione del ruolo dell’isolato alla valutazione
clinico-microbiologica complessiva.

La crescita di un microrganismo esclusivamente dall’arricchimento in brodo non può


essere considerata di per sé indicativa dell’agente eziologico di infezione e pertanto deve
essere valutata dal clinico nel contesto delle altre evidenze disponibili (vedi definizione di
infezione protesica) (OSMON ET AL, 2013).

In questo caso il microrganismo deve essere refertato con antibiogramma inserendo il


commento: “Possibile microrganismo contaminante: valutarne la significatività clinica”.

35
ALLEGATO 2.
INDICAZIONI PER LA PROFILASSI ANTIBIOTICA
NEGLI INTERVENTI DI ARTROPLASTICA

Tutte le più recenti linee guida raccomandano la profilassi antibiotica perioperatoria nella
chirurgia protesica ortopedica (forza della raccomandazione: elevata) 1,2,6
. Obiettivo
del presente documento è trattare alcuni aspetti specifici, riguardanti la prevenzione
del rischio infettivo nella chirurgia elettiva protesica ortopedica, rimandando i principi
generali di prevenzione delle infezioni del sito chirurgico (profilassi antibiotica, interventi
per la riduzione del rischio) ad altro documento regionale (MORO ET AL., 2017). In
particolare, verranno trattati i seguenti punti:

• screening pre-operatorio per la ricerca dei pazienti colonizzati da MRSA

• scelta dell’antibiotico da utilizzare in profilassi

• durata della profilassi antibiotica perioperatoria

• utilizzo di antibiotici per contatto in profilassi

1. Screening pre-operatorio per la ricerca dei pazienti colonizzati da


Staphylococcus aureus

1.1. INDICAZIONE ALLO SCREENING

Le Linee guida SIGN 2014 raccomandano di eseguire lo screening per la ricerca di


Staphylococcus aureus meticillino-resistente (MRSA), seguita da decolonizzazione, nei
pazienti candidati a chirurgia elettiva ad alto rischio (cardiochirurgia, chirurgia
ortopedica, neurochirurgia, chirurgia vascolare). FORZA DELLA RACCOMANDAZIONE: B

Le Linee guida statunitensi (AHSP, IDSA, SIS, SHEA; BRATZLER ET AL., 2013) nella chirurgia
elettiva ortopedica definiscono utili i protocolli di decolonizzazione in associazione alla
profilassi antibiotica nei pazienti colonizzati da MSSA e MRSA. Le raccomandazioni sono
sostenute da almeno 2 metanalisi e da una revisione sistematica.

La prima metanalisi (KALLEN ET AL., 2005) prende in considerazione 7 studi, di cui 3 RCT e 4
studi con controllo prima-dopo, e sottolinea come non si osservi un vantaggio in termini
di frequenza di infezioni del sito chirurgico – nell’ambito degli interventi di chirurgia
generale – nei soggetti trattati con mupirocina nasale. Il vantaggio di screening e
decolonizzazione diventa tuttavia significativo se si considera la chirurgia specialistica
(cardiaca e ortopedica). In quella ortopedica, in particolare, la decolonizzazione con
mupirocina riduce la frequenza di infezioni sia nello studio randomizzato (RR 0.81, 95%
CI 0,38-1.73) sia in quello non randomizzato (RR 0.50, 95% CI 0.27-0.92).

37
La seconda metanalisi (VAN RIJEN ET AL., 2008), pubblicata dalla Cochrane collaboration,
include 9 RCTs. Restringendo l’analisi ai trials effettuati in ambito chirurgico, si può
osservare una riduzione nella frequenza di infezioni nosocomiali nei pazienti sottoposti
a screening e decolonizzazione rispetto a quelli trattati con placebo (RR 0.55, 95% CI
0.34-0.89); tuttavia, considerando solo le infezioni del sito chirurgico sostenute da
Staphylococcus aureus la differenza non risulta più significativa, probabilmente per una
mancanza di potenza dei campioni.

La revisione sistematica (CHEN ET AL., 2013) valuta studi sia prospettici che retrospettivi ed
è limitata alla valutazione dello screening e successiva decolonizzazione esclusivamente
nella chirurgia ortopedica. Considera 19 studi e conclude che in tutti questi un approccio
che comprende screening e decolonizzazione produce una riduzione della frequenza delle
infezioni del sito chirurgico e risulta cost-effective.

1.2. MODALITÀ DI ESECUZIONE DELLO SCREENING

Lo screening si effettua mediante coltura del secreto nasale, raccolto utilizzando un solo
tampone che viene introdotto, strisciato e ruotato in entrambe le narici per non oltre 1-2
cm di profondità e per almeno 5 secondi (KIM ET AL., 2010).

Lo screening potrebbe essere completato da tamponi in altra sede (ascelle, inguine, …),
ma ciò potrebbe condizionare la scelta della modalità di decolonizzazione. Sotto questo
aspetto, pur non essendoci studi che confrontano la decolonizzazione nasale con quella
nasale e cutanea, una metanalisi sulla efficacia dei bundle che comprendono
decolonizzazione e profilassi nel ridurre la frequenza di infezioni del sito chirurgico da
gram positivi dopo chirurgia ortopedica o cardiaca, sottolinea che in 11 di 17 studi
considerati per la metanalisi, in cui si è utilizzata la sola decolonizzazione nasale, questa
si è dimostrata efficace in maniera statisticamente significativa nel ridurre le infezioni del
sito chirurgico sostenute da Staphylococcus aureus (SCHWEIZER ET AL., 2013) (pooled relative
risk 0.70, 95% CI 0.50-0.97). Ciò renderebbe tra l’altro ragione della possibilità che
alcune infezioni del sito chirurgico possano realizzarsi dopo l’intervento.

Una revisione sistematica di 19 studi sullo screening e la decolonizzazione limitata alla


chirurgia ortopedica (CHEN ET AL., 2013) sottolinea come in 6 studi sia stata utilizzata la sola
mupirocina, in 10 mupirocina nasale e bagni con clorexidina, in 3 mupirocina nasale e
triclosan.

1.3. MODALITÀ DI ESECUZIONE DELLA DECOLONIZZAZIONE

Per la bonifica utilizzare mupirocina pomata nasale per 5 giorni. Applicare 2-3 mm di
mupirocina 2% in paraffina (con tampone o dito guantato) in ogni narice 3 volte al giorno
per 5 giorni. Applicarne una quantità sufficiente a coprire la superficie delle narici.
Schiacciare delicatamente la parte anteriore del naso dopo l’applicazione della pomata.
Il paziente dovrebbe percepire il sapore della mupirocina. In caso di resistenza alla
mupirocina, utilizzare bacitracina 3 volte al giorno per almeno 5 giorni, applicandola in
entrambe le narici.

38
Per la bonifica cutanea utilizzare clorexidina 4%, iodopovidone 7,5% o triclosan 2%.
Inumidire la cute di tutto il corpo, applicare la soluzione antisettica e sciacquare.
Particolare attenzione deve essere posta a siti contaminati quali ascelle, inguine, perineo
e glutei. Il detergente antisettico dovrebbe essere utilizzato per ogni altro lavaggio o per
le spugnature al letto (PAN ET AL., 2011). La procedura dovrebbe essere ripetuta per 5
giorni consecutivi, prevedendo il termine del trattamento il più vicino possibile alla data
dell’intervento

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE DEL PANEL


• Qualora le condizioni organizzative consentano di applicare l’intero protocollo di decolonizzazione nei
tempi utili, si raccomanda di eseguire lo screening per la ricerca di Staphylococcus aureus nei
pazienti candidati a interventi di artroplastica in elezione.
• Lo screening si effettua mediante coltura del secreto nasale entro al massimo 4 settimane prima
della data dell’intervento; il secreto viene raccolto utilizzando un solo tampone che viene introdotto
(non oltre 1-2 cm), strisciato e ruotato in entrambe le narici per almeno 5 secondi.
• Nei pazienti positivi per Staphylococcus aureus, per la decolonizzazione nasale si utilizza mupirocina
unguento, 3 applicazioni per narice al giorno per 5 giorni, prevedendo il termine del trattamento il
più vicino possibile alla data dell’intervento.
• Nei pazienti colonizzati da MRSA, la decolonizzazione locale deve essere associata a una doccia al
giorno con clorexidina per 5 giorni consecutivi.

2. Scelta dell’antibiotico da utilizzare in profilassi


Le Linee guida SIGN 2014 indicano l’utilizzo di glicopeptidi in profilassi nei pazienti
sottoposti a chirurgia ad alto rischio (chirurgia ortopedica, cardiochirurgia, chirurgia
vascolare, neurochirurgia) che risultino colonizzati da MRSA. FORZA DELLA
RACCOMANDAZIONE: A

L’indicazione è sostenuta da una metanalisi (BOLON ET AL., 2004) di 7 trial randomizzati


(5.761 procedure cardiochirurgiche) che confrontavano la frequenza di infezioni del sito
chirurgico nei soggetti sottoposti a profilassi con glicopeptidi rispetto a quelli profilassati
con antibiotici β-lattamici. I glicopeptidi non erano superiori alle β-lattamine nel ridurre la
frequenza di infezioni, ma erano superiori nel ridurre le infezioni del sito chirurgico
sostenute da batteri gram positivi meticillino-resistenti (RR 0.54; 95% CI 0.33-0.90).

Le Linee guida statunitensi (BRATZLER ET AL., 2013) sottolineano come non ci siano dati che
testimoniano una maggiore efficacia di una classe di antibiotici rispetto a un’altra nella
profilassi della chirurgia articolare protesica. L’indicazione è sostenuta da una metanalisi
di 7 trial randomizzati (AL BUHAIRAN ET AL., 2008). A fronte di una dimostrata efficacia della
profilassi nel ridurre la frequenza di infezioni nei pazienti sottoposti ad artroplastica, non
si dimostrano invece differenze significative di efficacia né dal confronto tra cefalosporine
e teicoplanina (o altri derivati delle penicilline), né tra varie classi di cefalosporine.

La già citata metanalisi sui bundle che utilizzano decolonizzazione e profilassi (SCHWEIZER
ET AL., 2013) considera 7 studi osservazionali in cui la decolonizzazione nasale è associata
a profilassi con glicopeptidi (vancomicina in 4 studi, vancomicina + cefazolina in 2 studi,
teicoplanina in uno studio).

39
Due studi riguardavano interventi cardiochirurgici, 3 studi interventi di artroplastica, gli
altri 2 riguardavano un insieme di procedure ortopediche. L’applicazione del bundle si è
dimostrata significativamente protettiva nei confronti delle infezioni del sito chirurgico
sostenute sia da batteri gram positivi in generale, sia da Staphylococcus aureus in
particolare. Sebbene l’utilizzo del bundle risulti efficace nei confronti delle infezioni
sostenute da MSSA che MRSA, l’effetto sulle infezioni da MRSA era più evidente.

La stessa metanalisi considera 15 studi, di cui 8 RCT, in cui la profilassi con glicopeptidi
viene confrontata con quella con β-lattamine indipendentemente dallo screening e dalla
decolonizzazione, e conclude che la profilassi con glicopeptidi è significativamente
protettiva nei confronti delle infezioni del sito chirurgico sostenute da MRSA, ma
costituisce un fattore di rischio per le infezioni da MSSA.

Se si considerano solo gli studi randomizzati la profilassi con glicopeptidi non è associata
a una significativa riduzione delle infezioni sostenute da batteri gram positivi o da
Staphylococcus aureus.

Quando vengono analizzati i 6 studi in cui la profilassi con glicopeptidi è associata a un


altro antibiotico (rifampicina, clindamicina, cefuroxime, cefazolina, ticarcillina/
clavulanato), questa è risultata significativamente protettiva rispetto a quella con sole β
lattamine nei confronti delle infezioni del sito chirurgico sostenute da batteri gram positiv
(pooled relative risk 0.22, 0.09-0.55), mentre l’analisi dei 9 studi in cui i glicopeptidi
venivano confrontati da soli con gli antibiotici β-lattamici la differenza non raggiungeva la
significatività statistica (RR 1.19, 0.99-1.45).

Una revisione Cochrane (GURUSAMY ET AL., 2013) – in cui viene valutata la profilassi
antibiotica ai fini della prevenzione delle infezioni post-chirurgiche da MRSA – comprende
12 RCT per un totale di 4.704 casi. Tutti i trial sono ad elevato rischio di bias e
l’eterogeneità impedisce di effettuare la metanalisi. La revisione conclude che non ci sono
evidenze che associazioni di antibiotici o prolungamenti nel tempo di somministrazione
della profilassi forniscano qualche beneficio nel ridurre le infezioni post-chirurgiche da
MRSA.

Una recente metanalisi (SALEH ET AL., 2015) – che valuta il confronto tra glicopeptidi e β-
lattamine nella prevenzione delle infezioni del sito chirurgico in cardiochirurgia, chirurgia
ortopedica e chirurgia vascolare – considera 14 studi randomizzati in cui un glicopeptide
(in 8 casi vancomicina, nei rimanenti 6 teicoplanina) da solo o in associazione con
antibiotici non β-lattamici è stato confrontato con una β-lattamina (cefazolina,
cefuroxime, cefamandolo e, in un solo caso, ceftriaxone). Cinque studi riguardavano
interventi cardiochirurgici, 6 interventi ortopedici, 2 interventi di chirurgia vascolare, 1
interventi sia cardiochirurgici che vascolari. In tutti gli studi, tranne uno riguardante la
cardiochirurgia, il rischio di bias era elevato o sconosciuto. Non si sono rilevate differenze
nella frequenza di infezioni del sito chirurgico tra i regimi profilattici considerati. La
profilassi con glicopeptidi rispetto a quella con β-lattamine riduce il rischio di infezioni del
sito chirurgico da staphylococchi resistenti del 48% (RR 0.52; 95% CI 0.29-0.93; P =
0.03) e da enterococco del 64% (RR 0.36; 95% CI 0.16-0.80; P = 0.01), ma aumenta il
rischio di infezioni respiratorie del 54% (RR 1.54; 95% CI 1.19-2.01; P ≤ 0.01). Una
sottoanalisi effettuata sugli interventi cardiochirurgici evidenzia una superiorità delle β-

40
lattamine nel prevenire le infezioni del sito chirurgico toraciche superficiali e profonde, le
infezioni da staphylococchi sensibili e le infezioni del tratto respiratorio.

In assenza di un trial randomizzato, il quesito non risolto riguarda il ruolo relativo della
decolonizzazione e dell’antibiotico in profilassi nella prevenzione delle infezioni del sito
chirurgico sostenute da MRSA. Sulla base delle evidenze disponibili se la profilassi con
glicopeptidi è verosimilmente raccomandabile nei pazienti colonizzati da MRSA, risulta
difficile stabilire se sia ancora raccomandabile in pazienti decolonizzati con successo,
considerando che in alcuni setting chirurgici questa potrebbe esporre a un maggiore
rischio di infezioni respiratorie e da MSSA. D’altra parte risulterebbe poco praticabile ed
economicamente oneroso controllare l’esito della decolonizzazione prima dell’intervento.

Nei pazienti non colonizzati la profilassi andrebbe effettuata con cefalosporine di prima o
seconda generazione.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE DEL PANEL


• L’antibiotico raccomandato in profilassi è la cefazolina.
• La qualità delle evidenze non è tale da consentire una specifica raccomandazione sulla scelta
dell’antibiotico da utilizzare nella profilassi della chirurgia ad alto rischio (compresa l’implantologia
ortopedica) nei pazienti colonizzati da MRSA. Tuttavia, in assenza di un trial che valuti l’efficacia
della profilassi con vancomicina vs cefazolina nei pazienti sottoposti a decolonizzazione, si è ritenuto
di consigliare in questi pazienti l’utilizzo di cefazolina.
• Nei pazienti che risultino positivi allo screening per Staphylococcus aureus (MRSA o MSSA) o con
anamnesi di colonizzazione non trattata, la decolonizzazione – effettuata in accordo con le
procedure sopra riportate – deve essere completata dalla profilassi con cefazolina.
• I pazienti che per qualunque motivo non possono essere avviati alla decolonizzazione non
dovrebbero essere sottoposti allo screening e la profilassi andrebbe comunque effettuata con
cefazolina.

3. Durata della profilassi antibiotica perioperatoria


Le Linee guida statunitensi (BRATZLER ET AL., 2013) non danno raccomandazioni specifiche
sulla durata della profilassi nella chirurgia protesica ortopedica. Una profilassi di 24 ore
sarebbe supportata da uno studio del 1983 (NELSON ET AL., 1983) in cui a 358 pazienti
sottoposti a intervento di artroplastica di anca o di ginocchio e a riparazione di frattura di
anca è stata somministrata a scopo profilattico cefazolina 20 minuti prima dell’intervento,
quindi sono stati randomizzati a continuare la profilassi per 24 ore o per 7 giorni. Non si
sono riscontrate differenze statisticamente significative nella percentuale di infezioni.

Le Linee guida SIGN 2014 raccomandano di considerare una profilassi antibiotica fino a
24 ore negli interventi di artroprotesi. FORZA DELLA RACCOMANDAZIONE: B

La raccomandazione è basata sui dati del registro norvegese di interventi di artroplastica


di anca negli anni 1987-2001 (ENGESÆTER ET AL., 2003). I dati dimostrerebbero che una
profilassi sistemica e con cemento antibiotato è maggiormente efficace della sola
profilassi sistemica, che si consideri come end point la revisione, la mobilizzazione
asettica, o l’infezione.

41
Confrontando i dati relativi a diverse modalità di somministrazione della profilassi
(selezionando solo le profilassi con cefalosporine o penicilline), si osserva una maggiore
efficacia di dosi multiple giornaliere rispetto alla dose singola, mentre la
somministrazione di antibiotici in profilassi oltre le 24 ore non risulta in nessun vantaggio
aggiuntivo.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE DEL PANEL


• La durata della profilassi negli interventi di artroprotesi rimane un problema aperto. Non ci sono dati
a sostegno della prosecuzione della profilassi antibiotica oltre la sutura della ferita chirurgica.

4. Utilizzo di antibiotici per contatto in profilassi


4.1. UTILIZZO DI CEMENTO IMPREGNATO DI ANTIBIOTICO

Le Linee guida SIGN 2014 danno indicazione di utilizzare cemento impregnato di


antibiotico, oltre che antibiotico per via sistemica, per la profilassi negli interventi di
artroprotesi. FORZA DELLA RACCOMANDAZIONE: B

Le evidenze a favore di tale raccomandazione derivano dalla già citata valutazione dei
dati sulle artroprotesi di anca provenienti dal registro norvegese negli anni 1987-2001
(ENGESÆTER ET AL., 2003), che evidenziano differenze significative di esito tra i pazienti
sottoposti alla sola profilassi per via sistemica e quelli in cui è stato utilizzato anche
cemento impregnato di antibiotico [rispettivamente, una frequenza maggiore di 1,4 volte
se si utilizzano le revisioni come end point (p< 0.001), di 1,3 volte se si considerano le
mobilizzazioni asettiche (p< 0.02) e di 1,8 se si considerano le mobilizzazioni settiche
(p<0.01].

Tuttavia, vi sono alcuni aspetti da valutare a tale riguardo. In primo luogo, i dati da
registri valutano solo la frequenza di reintervento e non la frequenza degli eventi infettivi.
Inoltre, come sottolineato dalle Linee guida statunitensi (BRATZLER ET AL., 2013), la Food and
Drug Administration ha approvato l’utilizzo del cemento medicato solo in caso di revisioni
in due tempi. Infine, uno studio osservazionale olandese (VAN KASTEREN ET AL., 2007), che
valuta i fattori di rischio per infezione del sito chirurgico in 1.992 pazienti sottoposti a
intervento di artroprotesi di anca nel periodo 2000-2002, conclude che l’uso di cemento
impregnato di antibiotico e il prolungamento della profilassi oltre la durata dell’intervento
non riducono la frequenza di infezioni.

Una metanalisi (ZHU ET AL., 2013), che include 8 RCT e distingue tra infezioni superficiali e
profonde, evidenzia che il cemento antibiotato è inferiore alla profilassi per via sistemica
nella riduzione delle infezioni superficiali, e superiore nella riduzione delle infezioni
profonde. Risulta tuttavia singolare come la stessa metanalisi dimostri differenze di esito
statisticamente non significative tra il cemento medicato e quello non medicato, e,
viceversa, differenze significative qualora si confronti l’uso di cemento medicato con la
profilassi per via sistemica.

42
Una seconda metanalisi (WANG ET AL., 2013) include 6 studi, di cui 4 RCT e 2 studi
retrospettivi, per un totale di 26.791 pazienti e valuta il confronto tra cemento
impregnato di antibiotico e cemento non antibiotato nella prevenzione delle infezioni
dopo impianto di artroprotesi (di anca, ginocchio e spalla). L’analisi dei dati non dimostra
differenza statisticamente significative tra i due tipi di cemento, sia valutando
complessivamente i 6 trial sia considerando separatamente RCT e studi osservazionali.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE DEL PANEL


• L’utilizzo di cemento impregnato di antibiotico nella profilassi degli interventi di artroprotesi al
momento non dispone di evidenze solide. Si ritiene che l’utilizzo routinario di cemento medicato ai
fini della prevenzione delle infezioni trovi una possibile indicazione negli interventi di revisione per
infezione.

4.2. ALTRI SISTEMI DI RILASCIO DI ANTIBIOTICO PER LA PROFILASSI DI INFEZIONI


LOCALIZZATE NELLA CHIRURGIA ORTOPEDICA

La presenza di un impianto aumenta la capacità dei microrganismi di produrre


un’infezione. Ciò sembra in larga parte collegato a deficit di fagocitosi nei tessuti
circostanti all’impianto e alla capacità dei microrganismi di crescere all’interno del biofilm
(TER BOO ET AL., 2015). La particolare natura delle infezioni periprotesiche ha stimolato la
ricerca di materiali e tecnologie finalizzate alla prevenzione locale delle infezioni stesse.

I materiali e le tecnologie proposte dovrebbero rispettare alcune caratteristiche:

• essere biocompatibili;

• dimostrare una forte evidenza di efficacia antinfettiva sia in vitro sia in vivo sia
specificatamente in un modello appropriato di infezione di protesi;

• non compromettere la stabilità dell’impianto;

• dimostrare una lunga durata dell’effetto antinfettivo;

• le caratteristiche meccaniche del biomateriale devono essere tali da garantirne la


resistenza agli stress sia durante sia dopo l’intervento chirurgico (GALLO ET AL., 2014).

Sotto questo aspetto si sta facendo strada l’utilizzo del DAC, un idrogel completamente
bioassorbibile (DAC®, Novagenit®, Mezzolombardo, Italia), recentemente marcato CE,
che è fornito come polvere sterile in una siringa per essere idratato al momento dell’uso.

Nell’ambito di uno studio pre-clinico (GIAVARESI ET AL., 2014) il gel addizionato di


vancomicina è stato utilizzato per rivestire il chiodo endomidollare in 10 conigli adulti su
un totale di 30 in cui è stato inoculato MRSA nel femore. Gli animali sono stati confrontati
in termini di infezioni locali e sistemiche. Dopo 7 giorni dall’impianto nessuno degli
animali trattato con DAC presentava emocolture positive in confronto con la positività
dell’esame in tutti gli altri animali. La presenza di DAC con aggiunta di vancomicina era
associata con una riduzione della carica batterica locale tra il 72 e il 99% rispetto ai
controlli, senza generare effetti collaterali.

43
Uno studio in vitro, condotto all’interno di un progetto collaborativo multicentrico
finanziato dalla Commissione europea (A Novel Approach to Implant-Related Infections in
Orthopaedics and Trauma Surgery), evidenzia che la sostanza antibatterica aggiunta al
gel (vancomicina, gentamicina, tobramicina, amikacina, N-acetilcisteina e sodio salicilato)
viene rilasciata in meno di 96 ore e l’80% del gel viene recuperato sull’impianto dopo
l’inserzione a pressione (DRAGO ET AL., 2014).

Al momento non sono disponibili dati provenienti da studi clinici.

È necessario considerare che – in assenza di algoritmi validati che permettano una


stratificazione adeguata della casistica e l’identificazione certa degli interventi a rischio
maggiore (GALLO ET AL., 2014) e poiché in teoria tutti i pazienti sottoposti a intervento di
artroplastica potrebbero andare incontro a un’infezione – questi dispositivi dovrebbero
essere utilizzati in tutti gli interventi, con un notevole impatto sui costi; inoltre, altri
quesiti riguardano la sicurezza di questi dispositivi, le loro modalità di utilizzo (se insieme
o in alternativa alla profilassi per via sistemica), l’eventuale impatto sulle resistenze
batteriche.

Pur considerando l’approccio assolutamente innovativo e le interessanti premesse, si


ritiene che prima di implementare l’uso di questi device sarebbe necessario dimostrare
una riduzione delle infezioni di protesi in studi di popolazione ben disegnati (e, in
considerazione dei costi, auspicabilmente corredati da analisi di costo-efficacia della
tecnologia; GALLO ET AL., 2014).

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE DEL PANEL


• Non ci sono al momento evidenze tali da giustificare l’utilizzo di idrogel con aggiunta di antibiotici.
L’utilizzo di tali device, fino al momento in cui il loro uso non venga validato e recepito, dovrebbe
avvenire all’interno di protocolli di studio, e il materiale dovrebbe essere fornito dal produttore.

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