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INTERPRETAZIONE E

LETTURA DELL’ECG PER


INFERMIERI:
CORSO BASE

Dott.ssa Iris Parrini


CPSI Alberto Testa
CPSI Monica Pauletto
CPSI Cristina Garza

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CAPITOLO 1

CENNI DI ANATOMIA CARDIACA

Il cuore è l'organo centrale dell'apparato circolatorio; funge da pompa capace di produrre una
pressione sufficiente a permettere la circolazione del sangue.
E’ un organo cavo di forma conica situato al centro del mediastino, contenuto in una cavità sierosa
delimitata da una membrana di natura connettivale chiamata pericardio. Essa è costituita da due
componenti il pericardio fibroso (più esterno) e il pericardio sieroso (più interno). I due foglietti
del pericardio sieroso sono separati da uno spazio virtuale chiamato cavità pericardica e
contenente normalmente da 20 a 50 ml di liquido chiaro roseo che permette al cuore una discreta
libertà di movimento e di variazione di forma all'interno di questo rivestimento, minimizzando
l'attrito.
Sotto il pericardio si trovano tre tonache, una interna all'altra, che costituiscono la parete del cuore.
Dall’esterno all’interno:
1. epicardio che è costituito da tessuto connettivo, contenente capillari sanguigni, capillari
linfatici e fibre nervose.
2. miocardio, formato da fibre muscolari che ne permettono la corretta contrazione.
3. endocardio che si trova nella parte più interna del cuore e che costituisce un rivestimento
protettivo ed è formato da cellule endoteliali, esso ha la funzione di favorire il passaggio del
sangue all'interno del cuore evitando la formazione di coaguli.
Il cuore è costituito prevalentemente da tessuto muscolare striato, è orientato obliquamente rispetto
all’asse corporeo con una base rivolta posteriormente in alto a destra e un apice rivolto
anteriormente a sinistra e in basso.
Nel cuore troviamo quattro cavità: due atri, destro e sinistro e due ventricoli, destro e sinistro. Le
cavità cardiache destre e sinistre sono separate a loro volta da dei setti che si chiamano setto
interatriale e setto interventricolare.
Sulla superficie del cuore si possono osservare le arterie coronarie di destra e di sinistra che
originano dall'aorta ascendente; le coronarie si diramano irrorando tutto il cuore fino all'apice. La
coronaria sinistra è l'arteria principale del cuore e comprende l'arteria discendente anteriore e
l'arteria circonflessa. La coronaria destra e i due rami della coronaria sinistra (discendente anteriore
e circonflessa) sono considerati i tre vasi maggiormente responsabili dell’irrorazione del cuore e, se
colpiti dall'arteriosclerosi, giocano un ruolo importante nella patogenesi della cardiopatia ischemica.

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ANATOMIA DEL SISTEMA DI CONDUZIONE CARDIACO

Il sistema di conduzione cardiaco è costituito da:

 Nodo seno-atriale (pacemaker fisiologico) situato nell’atrio destro presso lo sbocco della
vena cava superiore, immediatamente sotto l’endocardio.

 Tratti internodali che partono dal nodo seno-atriale e che costituiscono le vie di
conduzione degli atri e tra gli atri e i ventricoli.

 Nodo atrio-ventricolare situato posteriormente sul lato destro del setto interatriale, in
prossimità del seno coronarico, in sede subendocardica.

 Sistema di conduzione intraventricolare costituito dal fascio di His che decorre lungo il
lato destro del setto interventricolare in sede subendocardica per circa 12 mm; e dal tronco
comune da cui hanno origine le branche di destra e sinistra, dirette ai rispettivi ventricoli.

 Fibre di Purkinje che rappresentano la rete di conduzione che si ramifica nel


subendocardio dei due ventricoli e rappresentano quindi la parte terminale del sistema di
conduzione cardiaco. Esse diffondono l’impulso a tutte le parti del miocardio ventricolare
che quindi si contrae in maniera sincrona.

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CAPITOLO 2

FISIOLOGIA DEL SISTEMA DI CONDUZIONE CARDIACO

Il sistema di conduzione del cuore è un tessuto in grado di generare ritmicamente impulsi che
inducono il miocardio a contrarsi anch'esso ritmicamente e di condurre tali impulsi per tutta
l'estensione del cuore. Questo è reso possibile grazie alla capacità dei miociti del sistema di
conduzione di autoeccitarsi e quindi di autogenerare potenziali di azione che vengono rapidamente
trasmessi alle fibrocellule muscolari cardiache inducendo così contrazioni ritmiche automatiche.
Il battito cardiaco non è altro che un’onda di contrazione che si muove rapidamente attraverso le
fibrocellule muscolari cardiache in maniera ordinata e coordinata. Gli atri si contraggono per primi
spingendo il sangue nei ventricoli che a loro volta contraendosi spingono il sangue verso i vari
organi.
A riposo, le cellule del sistema di conduzione cardiaco e il miocardio sono polarizzate. La
differenza di potenziale è di circa 90 mV fra la parte interna della cellula, che è carica
negativamente, e lo spazio extracellulare, carico positivamente. Uno spostamento improvviso e
spontaneo degli ioni attraverso la membrana cellulare determina la depolarizzazione, generando
così un impulso elettrico che attraversa il sistema di conduzione cardiaco e innesca la contrazione
delle cellule miocardiche. Segue poi il ritorno a una fase di partenza in cui le cellule sono
nuovamente a riposo, mediante una ripolarizzazione cellulare.
Il nodo seno-atriale presenta una depolarizzazione spontanea e rappresenta il segnapassi, il
pacemaker cardiaco fisiologico. Il sistema nervoso autonomo regola la frequenza di scarica del
nodo seno-atriale.
Sul tracciato elettrocardiografico vengono registrate:
1. la fase di depolarizzazione delle cellule atriali che corrisponde all’onda P;
2. la fase di depolarizzazione delle cellule ventricolari che corrisponde al complesso QRS;
3. la fase di ripolarizzazione cellulare corrispondente al segmento ST e all’onda T.

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CAPITOLO 3

L’ELETTROCARDIOGRAMMA

L’elettrocardiogramma (ECG) è la registrazione e la riproduzione grafica dell’attività elettrica del


cuore durante le varie fasi dell’attività cardiaca. È uno strumento diagnostico fondamentale e
insostituibile ma che deve comunque essere sempre valutato nel contesto clinico e nella storia del
paziente.
La taratura

Le registrazioni elettrocardiografiche vengono eseguite su carta millimetrata e ogni quadratino


piccolo misura 1mm x 1mm. Ogni quadrato grande corrisponde a 5 mm.
In senso verticale è rappresentato il voltaggio e ogni quadratino piccolo corrisponde a 0,1 mV (ogni
10 quadratini, 1 cm, equivalgono quindi a 1 Mv).
In senso orizzontale è rappresentato il tempo e ogni quadratino corrisponde a 0,04 secondi per una
velocità di scorrimento della carta pari a 25 mm al secondo (velocità standard di scorrimento). Ogni
quadrato grande (5mm) corrisponde a 0,20 secondi.
Questi sono i parametri che corrispondono ad una taratura standard e che possono essere modificati
per specifiche situazioni. Prima di eseguire il tracciato è necessario eseguire sempre la cosiddetta
“taratura” per verificare le misure standard impostate sull’elettrocardiografo analizzando la velocità
di scorrimento della carta e la calibratura. Quest’ultima si esegue premendo un apposito tasto
sull’elettrocardiografo che fa comparire sul tracciato una deflessione la cui ampiezza deve essere
uguale a 1mV (pari quindi ad 1 cm, 10 quadratini piccoli). Il segnale di calibrazione deve sempre
comparire sul tracciato elettrocardiografico.

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Il ciclo cardiaco

Ogni ciclo cardiaco è costituito da:


1. onda P di depolarizzazione atriale;
2. complesso QRS di depolarizzazione ventricolare;
3. onda T di ripolarizzazione ventricolare.
In ogni tracciato s’identifica la linea isoelettrica, ovvero la linea orizzontale di registrazione nel
momento in cui non vi è attività elettrica, cioè tra un ciclo cardiaco e l’altro. Ogni deflessione sotto
la linea isoelettrica si definisce negativa, ogni deflessione al di sopra della linea isoelettrica viene
definita positiva.

Onda P
L’impulso che parte dal nodo seno-atriale (NSA) si propaga a entrambi gli atri, inducendo la
contrazione atriale. L’onda P rappresenta l’onda di depolarizzazione atriale (evento elettrico) prima
della loro contrazione (evento meccanico).
Fisiologicamente ha una durata considerata normale se compresa tra 0,06 sec e 0,10 sec, il voltaggio
(altezza) è compreso tra 0,1 e 0,3 mV.
Dopo il processo di depolarizzazione avviene il processo elettrico opposto, detto ripolarizzazione
che fa tornare le cellule muscolari al loro stato iniziale. L’onda di ripolarizzazione atriale non
compare sul tracciato ECG in quanto è coperta dal complesso QRS di depolarizzazione ventricolare.

Intervallo PQ
Dagli atri l’impulso, attraverso i fasci internodali, arriva al nodo atrio-ventricolare (NAV).
L’intervallo PQ (o PR) rappresenta il tempo di conduzione atrio-ventricolare, cioè il passaggio dello
stimolo dagli atri ai ventricoli.
Viene misurato dall’inizio dell’onda P all’inizio dell’onda Q e ha una durata fisiologica compresa
tra 0,12 e 0.20 sec e varia in relazione alla frequenza cardiaca.

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È il tempo necessario per la depolarizzazione atriale (onda P) e per il passaggio dell’impulso
attraverso la giunzione atrio-ventricolare, il fascio di His e quindi fino all’inizio della
depolarizzazione ventricolare.

Complesso QRS
L’impulso arriva al NAV, passa al fascio di His, alle branche destra e sinistra e quindi alle fibre del
Purkinje. Il complesso QRS rappresenta, quindi, la depolarizzazione dei ventricoli.
Esso ha una durata fisiologica di compresa tra 0.06 sec e 0,12 sec e si misura dall’inizio del
complesso QRS fino al suo punto finale, detto punto J.
Il complesso si compone di tre onde:
 onda Q, la prima deflessione negativa del complesso che indica la depolarizzazione del
setto interventricolare;
 onda R, la prima deflessione positiva;
 onda S, la deflessione positiva che segue l’onda R.

Il segmento ST
È compreso tra la fine del complesso QRS (punto J) e l’inizio dell’onda T, di norma è isoelettrico e
non deve slivellare al di sopra o al di sotto della linea isoelettrica oltre a 1 mm.

Intervallo QT
Questo intervallo indica il tempo di depolarizzazione (complesso QRS) e ripolarizzazione
ventricolare (onda T).
Esso si misura dall’inizio del complesso QRS alla fine dell’onda T e la sua durata è in funzione
della frequenza cardiaca, in modo inversamente proporzionale. Tanto più è elevata la frequenza
cardiaca, tanto minore sarà la durata dell’intervallo QT.
I limiti di normalità devono quindi essere corretti in relazione alla frequenza cardiaca e
normalmente si utilizza la seguente formula, detta di Bazett:

I limiti fisiologici vengono considerati 0,47 sec per le donne e 0,45 sec per gli uomini.

Onda T
Rappresenta l’onda di ripolarizzazione ventricolare, essa segue sempre il complesso QRS ed è
fisiologicamente positiva. La comparsa di un’onda T negativa a complesso QRS positivo deve fare
sospettare qualche patologia. Ha una forma arrotondata e asimmetrica ed un voltaggio di 0,2-0,3
mV.
Alterazioni secondarie dell’onda T si hanno nei disturbi di conduzione come nel blocco di branca
sinistro, nei portatori di pacemaker con stimolazione ventricolare, nelle alterazioni elettrolitiche
(insieme al QT) come le ipo o iperpotassiemie e le ipo o ipercalcemie.
In alcuni casi, dopo l’onda T può comparire l’onda U, normalmente orientata nella stessa direzione
dell’onda T e il cui significato risulta essere sconosciuto.

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Elettrodi e derivazioni dell’ECG

L’ECG standard si compone di 12 derivazioni che registrano e forniscono l’immagine dell’attività


elettrica del cuore da 12 punti di vista diversi.
Le derivazioni sono:
 6 derivazioni precordiali posizionate sul torace (V1,V2,V3,V4,V5,V6);
 6 derivazioni periferiche posizionate sugli arti, 3 unipolari e 3 bipolari (DI, DII, DIII e
aVR, aVL, aVF).

Derivazioni periferiche
Le derivazioni standard periferiche vengono registrate tramite elettrodi posizionati alle estremità
distali degli arti. Gli elettrodi vengono posizionati in base al colore secondo il seguente schema:

 GIALLO braccio sinistro;


 ROSSO  braccio destro;
 NERO  gamba destra (elettrodo neutro);
 VERDE  gamba sinistra.

Per non sbagliare i colori ed invertire gli elettrodi, si piò ricordare la sequenza “GI-RO-NE-VE”,
nella quale si elencano in ordine le iniziali dei colori, partendo dal braccio sinistro e procedendo in
senso antiorario.

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Derivazioni periferiche bipolari
Gli elettrodi posti sul braccio sinistro, destro e sulla gamba destra si possono considerare i vertici di
un triangolo equilatero (Triangolo di Einthoven).

Le derivazioni DI, DII e DIII rappresentano le derivazioni periferiche bipolari in quanto necessitano
di due elettrodi per la registrazione.
Per convenzione i due elettrodi di ogni derivazione sono stati così definiti:

 DI : Braccio destro negativo - Braccio sinistro positivo


Sull'ECG normale è una derivazione positiva (deflessione verso l'alto);

 DII : Gamba sinistra positiva - Braccio destro positivo


Sull'ECG normale è una derivazione positiva;

 DIII: Gamba sinistra positiva - Braccio sinistro negativo


Sull'ECG normale è una derivazione positiva.

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Derivazioni periferiche unipolari
Le derivazioni periferiche unipolari vengono registrate con gli stessi elettrodi delle bipolari, esse
esplorano il piano frontale lungo le bisettrici degli angoli del triangolo di Einthoven.
Si definiscono unipolari perché utilizzano una sola derivazione, ovvero l'elettrocardiografo
registrerà l’attività elettrica del cuore dal braccio destro (R), dal braccio sinistro (L) e dalla gamba
sinistra (F).
Sono denominate aVR, aVL, aVF; dove “a” indica “aumentate” (cioè le forze elettriche registrate
sono ampliate) e “V” indica voltaggio.
Per ogni derivazione l'elettrodo all'arto è positivo (elettrodo esplorante) mentre gli altri due elettrodi
(elettrodo indifferente) sono connessi con il polo negativo dell'elettrocardiografo.
In pratica:

 aVR  Elettrodo esplorante: Braccio destro (elettrodo rosso)


Elettrodo indifferente - Braccio e gamba sinistra;

 aVL  Elettrodo esplorante - Braccio sinistro (elettrodo giallo)


Elettrodo indifferente - Braccio destro e gamba sinistra;

 aVF Elettrodo esplorante - Gamba sinistra (elettrodo verde)


Elettrodo indifferente - Braccio destro e sinistro.

In un tracciato elettrocardiografico normale, la derivazione aVL e aVF sono positive (deflessione


verso l'alto).
La derivazione aVR è negativa e ciò è dovuto alla registrazione del flusso di corrente e al fatto che i
poli dell'elettrocardiografo sono connessi in senso contrario alla direzione del flusso di corrente
elettrica che attraversa il cuore durante il ciclo cardiaco.

Derivazioni precordiali

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Per eseguire le registrazioni precordiali vengono utilizzati degli elettrodi toracici.
Analogamente alle derivazioni unipolari degli arti, ogni elettrodo toracico rappresenta il polo
positivo, esse visualizzano l'attività elettrica del cuore sul piano frontale e orizzontale.
È fondamentale il corretto posizionamento degli elettrodi nell’esecuzione del tracciato.

Posizioni:

V1: quarto spazio intercostale, sulla parasternale destra;


V2: quarto spazio intercostale, sulla parasternale sinistra;
V4: quinto spazio intercostale, sulla emiclaveare sinistra;
V3: tra V2 e V4;
V5: quinto spazio intercostale, sulla ascellare anteriore sinistra;
V6: quinto spazio intercostale, sull’ascellare anteriore media.

Le derivazioni V1 e V2 sono prevalentemente negative dato che l'elettrodo toracico è situato su


un'area vicina alla base del cuore, ossia su un'area che è nella direzione dell’elettronegatività per la
maggior parte del processo di depolarizzazione.
Al contrario, le derivazioni sinistre V5 e V6 sono positive perché' gli elettrodi sono situati in
prossimità dell'apice che, durante la ripolarizzazione, è nella direzione dell’elettropositività.

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Per chiarire meglio il concetto possiamo immaginare che le derivazioni si “positivizzano” man
mano che ricevono l’impulso di contrazione che parte dal NSA. Quindi V1 e V2 saranno negative
(deflessione verso il basso), perché “vedono” l’impulso allontanarsi, mentre V4, V5 e V6 “vedono”
l’impulso avvicinarsi e sono tendenzialmente positive (deflessione verso l’alto).

ECG e regioni cardiache


Ogni parete ventricolare può quindi essere osservata da diverse derivazioni, nello specifico:

 Parete ANTERIORE: DI, aVL, V1, V2, V3 e V4;


 Parete LATERALE: V5, V6, DI, aVL;
 Parete INFERIORE: DII, DIII, aVF.

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CAPITOLO 4

COME LEGGERE UN ECG


Nella lettura di un tracciato elettrocardiografico è importante seguire un preciso metodo in modo da
considerare tutti gli elementi fondamentali alla sua interpretazione.
Il nostro obiettivo non è fare una diagnosi, ma essere in grado di capire se ci troviamo davanti ad un
tracciato potenzialmente pericoloso per il nostro paziente.
Per identificare con precisione alcune anomalie del ritmo sono necessarie esperienza e perizia.
Tuttavia, un approccio semplice e strutturato per interpretare il ritmo ECG ci consente di
identificare qualsiasi ritmo con dettaglio sufficiente a permettere la scelta del trattamento migliore.

L’analisi del ritmo ECG può essere effettuata applicando il seguente metodo in 6 fasi:

1. C’è attività elettrica?


2. Qual è la frequenza ventricolare? (QRS)
3. Il ritmo di base è regolare o irregolare?
4. Il QRS è stretto o largo?
5. È presente attività atriale?
6. L’attività atriale è correlata a quella ventricolare e se si, come?

Qualsiasi ritmo cardiaco può essere descritto esattamente ed essere gestito in maniera sicura ed
efficace usando questi 6 punti. Analizziamoli uno ad uno.

1. C’è attività elettrica?


Per valutare l’attività elettrica su un tracciato ECG occorre osservare i complessi QRS, valutando se
sono riconoscibili o meno.
Se non si vede alcuna attività elettrica assicurarsi che l’amplificazione (guadagno) non sia troppo
bassa e che gli elettrodi e le derivazioni siano collegati sia al paziente che all’elettrocardiografo.
Se il paziente è cosciente e ha polso, una linea completamente retta è indicativa di una derivazione
del monitoraggio si è disconnessa.

2. Qual è la frequenza ventricolare?


La frequenza cardiaca normale (frequenza ventricolare) a riposo è di circa 60-100 battiti/min.

Oltre i 100 bpm si parla di TACHICARDIA, al di sotto dei 60 bpm si parla di BRADICARDIA.

Tuti gli elettrocardiografi in uso nei nostri reparti calcolano autonomamente la frequenza cardiaca,
ma riportiamo di seguito due metodi per calcolarla manualmente.

Metodo 1
Contare il numero di complessi QRS durante 6 secondi di tracciato elettrocardiografico (30 quadrati
grandi) e moltiplicare il numero per 10.
Questo metodo è valido anche quando la frequenza cardiaca è leggermente irregolare.

Ad esempio, se ci sono 20 complessi QRS in 30 quadrati grandi, la frequenza è di 200 bpm.


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Se la striscia ECG dovesse essere troppo breve, contare il numero di complessi QRS in 3 secondi
(15 quadrati grandi) e moltiplicare per 20.

Metodo 2 (RR)
Più semplice del primo, ma accurato solo per ritmi regolari.

Considerare un complesso QRS con un'onda R che cade su una linea scura della carta millimetrata.

 Se il QRS (onda R) successivo cade sulla prima linea scura (cioe' dopo 5 quadratini) la
frequenza sara' di 300 bpm;

 Se il QRS (onda R) successivo cade sulla seconda linea scura (pari a 10 quadratini) la
frequenza sara' di 150 bpm;

 Se il QRS (onda R) successivo cade sulla terza linea scura (pari a 15 quadratini) la frequenza
sara' di 100 bpm;

 Se il QRS (onda R) successivo cade sulla quarta linea scura (pari a 20 quadratini) la
frequenza sarà di 75 bpm.

In pratica: considerare come frequenza i numeri (in successione) 300, 150, 100, 75, 60, 50
corrispondenti a ciascuna linea (ognuna ogni 5 quadratini) successiva al QRS di riferimento.

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3. Il ritmo di base è regolare o irregolare?
Il passo successivo è la valutazione della regolarità del ritmo.
L’attività elettrica del cuore viene definita ritmica quando l'intervallo tra due onde R si mantiene
costante.

Verificare con attenzione una striscia ECG sufficientemente lunga misurando ogni intervallo R-R e
confrontandolo con gli altri per verificare una eventuale irregolarità non presente a prima vista.

Si può contrassegnare la posizione di due punti identici adiacenti nel ciclo cardiaco (ad esempio le
punte delle onde R) su una striscia di carta, che poi viene posta su di un’altra sezione della striscia
di ritmo.
Se il ritmo è regolare i contrassegni si allineeranno precisamente con ogni accoppiamento delle
onde della R.

4. Il QRS è stretto o largo?


Il normale limite superiore per il complesso QRS è di 0,12 sec (3quadratini piccoli).

Se la larghezza del QRS è inferiore a 0,12 sec il ritmo proviene al di sopra della biforcazione del
fascio di His e può provenire dal NSA, dagli atri o dal NAV.

Se la durata del QRS è di 0,12 sec o più, il ritmo proviene dal miocardio ventricolare oppure è un
ritmo sopra ventricolare trasmesso con conduzione aberrante.

5. È presente attività atriale?


L’attività atriale può essere difficile da verificare, o perché non è visibile o perché risulta oscurata
parzialmente o totalmente dai complessi QRS o dall’onda T.
In relazione alla derivazione scelta e ad alcuni tipi di aritmie le onde P possono essere presenti
come deflessioni positive, negative o bifasiche.

Le derivazioni DII e V1 sono quelle in cui le onde P si vedono più chiaramente.

Possono essere presenti altri tipi di attività atriale.

Durante il FLUTTER ATRIALE, l’attività atriale appare come un’onda flutter, dal tipico aspetto a
“dente di sega”, spesso con una frequenza di circa 300 bpm. Risulta, di solito, ben riconoscibile
nelle derivazioni inferiori (DII, DIII e aVF)

Nella FIBRILLAZIONE ATRIALE, invece, i circuiti e le onde di depolarizzazione attraversano a


caso entrambi gli atri e non ci sono onde P riconoscibili sul tracciato ECG, ma appaiono delle
rapide deflessioni delle linea di base di ampiezza e durata variabile, più visibili in V1.

Durate una tachicardia sostenuta, l’attività atriale può non essere visibile, se il ritmo è di origine
atriale è possibile rivelare l’attività atriale rallentando la frequenza ventricolare.

La frequenza e la regolarità dell’onda P si valutano come la frequenza e la regolarità dei complessi


QRS.

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6. L’attività atriale è correlata a quella ventricolare e se si, come?

Se vi è un intervallo costante fra ogni onda P ed il seguente complesso QRS, è probabile che la
conduzione fra l’atrio e il ventricolo sia normale e che la depolarizzazione ventricolare sia attivata
dalla depolarizzazione atriale. Per assicurarsi che non vi sia nessuna sottile variazione
nell’intervallo PR è bene esaminare una striscia lunga.
L’intervallo PR può risultare allungato o ad ogni P può non seguire un QRS.
Ad un controllo attento può non evidenziarsi alcun rapporto fra il ritmo delle onde P e quello dei
complessi QRS. Ciò indica che la depolarizzazione atriale e quella ventricolare stanno avvenendo
indipendentemente (dissociazione atrioventricolare).
Una delle cause può essere il BLOCCO ATRIOVENTRICOLARE COMPLETO (BAV di III
grado), dove una frequenza normale nel NSA è accompagnata da una bradicardia regolare che
origina sotto il NAV; in pratica atri e ventricoli si contraggono seguendo due pacemaker differenti,
gli impulsi originano in due punti indipendenti del miocardio.

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CAPITOLO 5

ANOMALIE DEL RITMO

Quando l'impulso elettrico cardiaco e quindi l'onda di depolarizzazione non parte dal NSA ma in
punti diversi, siamo in presenza di una aritmia che prende il nome dal punto di origine.

Flutter atriale

Il flutter atriale è una tachiaritmia sopraventricolare con attivazione atriale sincronizzata e regolare.
L'impulso elettrico non parte dal NSA ma in altre zone a livello atriale, essa è caratterizzata da
ritmicità ad alta frequenza atriale (240-300 bpm).
I ventricoli possono essere attivati anche a frequenze elevate in caso di conduzione 1:1 anche se il
NAV rallenta il passaggio degli impulsi atriali con conduzione variabile, ma sempre regolare (2:1,
3:1, 4:1).
Le onde P non sono presenti. Al loro posto compaiono le onde F (Flutter) con forma a dente di
sega, maggiormente evidenti nelle derivazioni DII, DIII, aVF e V1.
Clinicamente è spesso associato a cardiopatia, raramente è idiopatico.

Fibrillazione atriale

La fibrillazione atriale è una tachiaritmia sopraventricolare caratterizzata da un'attivazione atriale


incoordinata con conseguente deterioramento della funzione della meccanica atriale.

Le onde P non sono presenti. Al loro posto si rileva una fine irregolarità della linea isoelettrica
dell'ECG.

Il ritmo è fortemente irregolare in relazione alla variabilità della conduzione attraverso il


NAV(molti impulsi raggiungono il NAV quando è ancora refrattario dall'impulso precedente).

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I pazienti con fibrillazione atriale hanno:
 mortalità doppia rispetto ai pazienti in ritmo sinusale;
 incremento del rischio di stroke (dietro il 20% degli ictus c’è fibrillazione atriale);
 aumento delle ospedalizzazioni;
 peggioramento della qualità di vita;
 disfunzione ventricolare sinistra da tachicardiomiopatia nella FA ad alta risposta
ventricolare fino allo scompenso cardiaco.

Tachicardia parossistica sopraventricolare

È caratterizzata da un complesso QRS stretto, regolare, con frequenza cardiaca di 150-200 bpm.
Questa tachicardia solitamente è dovuta a un meccanismo di rientro.
Fisiopatologicamente si presuppone l'esistenza di una via di conduzione rapida tra nodo AV e His e
una o più vie a conduzione lenta. L'impulso normalmente penetra la via rapida e la via lenta in
contemporanea, ripercorre in senso retrogrado la via lenta e si blocca. L'impulso sinusale arriva ai
ventricoli praticamente solo lungo la via rapida.
La via rapida ha un periodo refrattario più lungo, la via lenta ha un periodo refrattario più breve.
Ad esempio un extrasistole atriale incontra la via rapida nel periodo refrattario e viene condotta
attraverso la via più lenta. Se nel frattempo la via rapida ha terminato il periodo refrattario e quindi
ha recuperato la capacità di condurre, essa sarà percorribile dall'impulso in maniera retrograda che
potrà quindi tornare in atrio ed essere ricondotta attraverso la via lenta, dando il via alla tachicardia
(si ripete cioè il ciclo in senso anterogrado attraverso la via lenta, in senso retrogrado attraverso la
via rapida).

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Extrasistolia atriale ventricolare
L'extrasistolia è la comparsa di un impulso prematuro rispetto al ritmo di base, cioè una parte del
cuore si depolarizza prima di quando dovrebbe, causando una contrazione appunto prematura.
Possono originare dagli atri (battiti prematuri sopraventricolari) o dai ventricoli (battiti prematuri
ventricolari).
I battiti prematuri atriali sono, per definizione, prematuri rispetto al ritmo regolare di base e la
forma dell'onda P è differente da quella del ritmo sinusale. Il complesso QRS è normale.

Le onde P evidenziate dalle frecce sono diverse dalle P sinusali e i QRS successivi sono anticipati.

I battiti prematuri ventricolari sono, per definizione, prematuri rispetto al ritmo di base e il
complesso QRS non è preceduto da onda P. Il complesso QRS tende ad essere più ampio rispetto al
QRS normale e la sua morfologia è differente.

Extrasistole ventricolare. Il QRS è slargato (> 0,12 sec) e non è preceduto da onda P.

Emodinamicamente i battiti prematuri non sono efficaci, cioè la contrazione e quindi la gittata
sistolica è inferiore rispetto a quella indotta di un battito normale.
Il significato clinico e la necessità di trattamento dipendono dalle cause dell'extrasistolia
(trattamento malattia sottostante) e dai caratteri delle extrasistoli (con particolare riferimento al
numero, multi focalità', presenza di coppie, precocità). Devono essere valutate mediante
monitoraggio Holter delle 24 ore.

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Tachicardia ventricolare

E' una gravissima aritmia che può degenerare in fibrillazione ventricolare. Il focolaio di
depolarizzazione è localizzato a livello ventricolare.
Si parla di tachicardia ventricolare quando si hanno almeno tre o più battiti di origine ventricolare in
successione, una frequenza superiore ai 100 bpm, i complessi QRS sono allargati e simili tra loro e
l'intervallo RR è regolare. Normalmente la frequenza è compresa tra 140-250 bpm. Si ha
dissociazione atrio-ventricolare e quindi è possibile riscontrare delle onde P non correlate ai QRS
allargati.
E' possibile avere battiti di cattura e fusione. Si ha cioè quando qualche P si fonde con il QRS o che
addirittura attivi un QRS che potrà apparire stretto (normale).
Si ha concordanza dei QRS nelle precordiali: QRS tutti positivi o tutti negativi da V1 a V6.
Può essere dovuta a gravi patologie cardiache e non (ad es., cardiopatia ischemica, infarto del
miocardio, scompenso cardiaco, miocarditi, alterazioni elettrolitiche).
Clinicamente è fondamentale valutare la presenza del polso periferico e i segni vitali e clinici del
paziente ed è un’emergenza da segnalare immediatamente al medico.

Torsione di punta

Nella tachicardia ventricolare, solo in alcune derivazioni, possono esserci complessi ventricolari
con una definita polarità che, separati da battiti di morfologia intermedia, sono seguiti da complessi
di polarità opposta. Quest’ aritmia è nota come torsione di punta.

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Fibrillazione ventricolare

Nella fibrillazione ventricolare si ha una disorganizzazione totale dell'attività elettrica del cuore, con
aree dei ventricoli che si depolarizzano casualmente. Non ci sono veri e propri complessi QRS ma
ondulazioni della linea isoelettrica (onde di diversa morfologia e ampiezza).
Clinicamente è indistinguibile dall'arresto cardiaco in quanto non sono rilevabili polsi e pressione
arteriosa come conseguenza della completa inefficienza della pompa cardiaca. In assenza di RCP
sopraggiunge la morte in pochi minuti.
Le onde presenti sul tracciato sono inizialmente ampie e tendono a ridursi di ampiezza e il ritmo
viene definito FV fine.

Asistolia
L'asistolia è dovuta alla mancanza di attività elettrica cardiaca che determina la contrazione
ventricolare, con conseguente assenza di circolazione sanguigna.
A livello elettrocardiografico viene rilevata un'onda isoelettrica (onda piatta).

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CAPITOLO 6
I BLOCCHI ATRIO-VENTRICOLARI
I blocchi Atrio-Ventricolari sono dei disturbi di conduzione tra gli atri e i ventricoli a livello del
NAV.

Il tempo di conduzione viene valutato misurando dall'inizio dell'onda P all'inizio del complesso
QRS (intervallo PQ o PR) e viene normalmente valutato nella derivazione DII.

E' necessario ricordare che la durata dell'intervallo varia fisiologicamente tra 0,12 e 0,20 sec e che è
in funzione della frequenza cardiaca in maniera inversamente proporzionale.

Blocco AV di I grado
E' caratterizzato da un aumento del tempo di conduzione AV che si traduce in un prolungamento
del PQ superiore ai 0,20 sec.
Normalmente non è associato a sintomi e non è necessaria alcuna azione specifica.

BAV I grado: P tutte uguali, PR 0,32 sec

Blocco AV di II grado
A differenza del blocco di primo grado che fa registrare un ritardo del tempo di conduzione AV, nel
blocco di secondo grado alcuni impulsi partiti dal nodo seno-atriale non vengono proprio condotti ai
ventricoli, con conseguente assenza di un complesso QRS dopo una certa serie di onde P.

I blocchi atrio ventricolari di II grado possono essere di due tipi:

 BAV II grado Mobitz I o di Wenckebach: in cui si nota un progressivo allungamento


dell’intervallo PR fino a che un onda P non è seguita da un QRS. Tutte le condizioni che
rallentano la conduzione atrio ventricolare possono produrre questo tipo di BAV. In alcuni
casi si tratta di un fenomeno fisiologico (ad esempio atleti molto allenati con tono vagale
alto). Nei casi restanti è un fenomeno patologico e la causa più frequente è l’infarto
miocardico acuto (particolarmente quello inferiore). Se asintomatico questo BAV non
richiede solitamente un trattamento immediato. La necessità del trattamento è dettata
solitamente dagli effetti della bradiaritmia nel paziente e dal rischio di sviluppare un blocco
AV più grave o l’asistolia.

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 BAV II grado Mobitz II: in cui vi è un intervallo PR costante nei battiti condotti, ma
alcune delle onde P non sono seguite da complessi QRS. Ciò può accedere a caso, senza
alcun modello costante. I pazienti con questo tipo di BAV hanno un notevole aumento del
rischio di progressione a BAV completo ed asistolia.

Blocco AV di III grado


Nel BAV di III grado o BAV completo non vi è alcun rapporto tra le onde P e i complessi QRS; la
depolarizzazione atriale e ventricolare sono indipendenti.
Compaiono quindi onde P ad una determinata frequenza, complessi QRS a frequenza diversa da
quella atriale e non preceduti dall’ onda P.
La sede del pacemaker che stimola i ventricoli determinerà la frequenza ventricolare e la larghezza
del QRS. Se il pacemaker ha sede nel NAV o nel fascio di His prossimale, può avere una frequenza
intrinseca di 40.50 bpm o a volte più veloce e può avere un QRS stretto. Se il pacemaker ha sede
nelle fibre di His o del Purkinje distali o nel miocardio ventricolare, produrrà complessi QRS larghi,
spesso con una frequenza di 30-40 bpm o meno ed è più probabile che possa arrestarsi bruscamente,
con conseguente asistolia.

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CAPITOLO 7
I BLOCCHI DI BRANCA

Blocco di branca destro


Si ha quando vi è un ritardo di conduzione del potenziale di azione lungo la branca destra del fascio
di His.
La depolarizzazione del ventricolo sinistro avviene più rapidamente rispetto al ventricolo destro.
Il vettore di depolarizzazione si sposta dal ventricolo sinistro al destro.

Il blocco di branca destro viene meglio visualizzato nella derivazione V1 e compare un QRS di
ampiezza maggiore o uguale a 0,12 sec.
Si può notare che in V1 il complesso QRS ha un'onda R secondaria e nelle precordiali destre si ha
sottoslivellamento del tratto ST e inversione dell'onda T.

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La presenza di un BBdx in un paziente affetto da cardiopatia strutturale suggerisce un grado
avanzato di patologia, ad esempio una malattia coronarica multivasale più estesa.
Può essere espressione di importanti patologie del ventricolo destro, come ad esempio ipertensione
polmonare, sovraccarico ventricolare (da embolia polmonare), cardiopatia ischemica.
E' una osservazione comune nella popolazione generale e molte persone con BBdx non presentano
alcuna manifestazione clinica di cardiopatia organica. In questo gruppo di pazienti, il BBdx non
assume alcun significato prognostico.
Tuttavia la comparsa recente di un BBdx correla più frequentemente con la presenza di malattia
coronarica, insufficienza cardiaca e di mortalità cardiovascolare.

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Blocco di branca sinistro
Si ha quando si ha un ritardo di conduzione del potenziale di azione lungo la branca sinistra del
fascio di His.
La depolarizzazione del ventricolo destro avverrà più velocemente rispetto a quella del ventricolo
sinistro e il vettore di depolarizzazione è diretto dal ventricolo destro al sinistro.

All'ECG:

 Si evidenzia meglio in V1-V2 e V5-V6


 Il complesso QRS ha una durata uguale o superiore a 0,12 sec nelle derivazioni periferiche e
si parla di blocco completo. Mentre se l'ampiezza è compresa tra 0,10 e 0,12 si parla di
blocco incompleto.
 In V1 il complesso è > 0,12 ha una piccola onda R e onda S profonda
 Nelle precordiali sinistre V5 e V6, DI e aVL è a forma di M o RsR' e il tratto ST è
sottoslivellato e l'onda T è invertita.

Il BBS compare solitamente in pazienti con cardiopatia e si associa a significativa riduzione della
sopravvivenza a 10 anni del 50%.
Nei pazienti con cardiopatia ischemica, la presenza di BBS è in relazione a una maggiore estensione
della malattia, a disfunzione ventricolare sinistra più importante e ad un tasso di sopravvivenza più
basso.

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CAPITOLO 8

LE SINDROMI CORONARICHE ACUTE

ANALISI MORFOLOGICA DEL TRACCIATO

Il muscolo cardiaco deve ricevere un apporto ematico sufficiente tramite la propria rete di vasi
arteriosi, denominati arterie coronarie.
Le due arterie che forniscono sangue ossigenato al muscolo cardiaco sono la coronaria destra e la
coronaria sinistra.
L’arteria coronaria sinistra ha due rami principali: l’arteria circonflessa, che va alla parete laterale
superiore del ventricolo sinistro e all’atrio sinistro, e il ramo discendente anteriore, che decorre
inferiormente nella parte anteriore del cuore.
L’arteria coronaria destra, invece, gira intorno al ventricolo destro e si divide in un numero
variabile di rami.
Variazioni nel quadro di ramificazione delle arterie coronarie sono comuni.

Un restringimento delle arterie coronarie, spesso causato dall’aterosclerosi, provocherà una


riduzione dell’apporto ematico al cuore. Quando questo si verifica, le coronarie stenotiche possono
ancora essere in grado di fornire al cuore una quantità sufficiente di sangue a riposo, ma durante
l’esercizio il ventricolo sinistro, con la sua parete spessa e impegnato a pompare velocemente, avrà
bisogno di una maggiore quantità di apporto ematico ed ecco, allora, che le camere soffriranno della
riduzione di flusso.
La mancanza di una quantità adeguata di sangue ossigenato causa ischemia. Se il cuore rimane
senza apporto ematico, si svilupperà nel muscolo cardiaco sinistro una lesione.
Alla fine, se il flusso di sangue non viene ripristinato, si verificherà la morte di una parte del
muscolo cardiaco, definita infarto o necrosi.

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Ischemia miocardica

L’ischemia è una mancanza di un adeguato apporto di sangue ossigenato al tessuto cardiaco. Si


manifesta sull’elettrocardiogramma con un’inversione simmetrica delle onde T o un
sottoslivellamento dell’ST.

Ischemia diffusa rilevata al tracciato ECG

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Inversione delle onde T suggestiva di ischemia

Lesione miocardica

La lesione è lo stadio successivo all’ischemia e si manifesta all’elettrocardiogramma con un


sopraslivellamento dell’ST.
Così come l’ischemia, la lesione è un processo reversibile e non necessariamente si sviluppa un
danno permanente.
Tutte le derivazioni dell’elettrocardiogramma dovrebbero essere routinariamente analizzate per
individuare la presenza di un sopraslivellamento dell’ST.
Quando esso compare nel corso di un infarto miocardico acuto, la lesione miocardica è
frequentemente severa e progressiva. Spesso nell'area in cui era presente nelle fasi iniziali
dell'infarto il sopraslivellamento del tratto ST si sviluppa in seguito una necrosi.
Tuttavia, le modificazioni fisiopatologiche rappresentate dal sopraslivellamento del tratto ST non
sono sempre progressive ed irreversibili. Per esempio, nell'angina vasospastica un importante
sopraslivellamento può comparire e scomparire nell'arco di pochi minuti, senza lasciare sequele
permanenti.

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Infarto o necrosi miocardica

L’infarto consiste nella morte (o necrosi) del tessuto in una parte della parete miocardica, e fa
seguito agli stadi di ischemia e lesione nel caso non venga ripristinato un adeguato apporto ematico.
Nell’infarto miocardico acuto possiamo trovare modificazioni dei complessi QRS, del segmento S-
T o dell’onda T, molte delle quali possono divenire permanenti.
L’infarto si manifesta sull’elettrocardiogramma con la presenza di onde Q se la necrosi stessa
interessa l'intero spessore della parete ventricolare. Se solo una parte della parete (generalmente lo
strato subendocardico maggiormente vulnerabile) è danneggiata, non compaiono onde Q, ma
risultano anormali il tratto ST e l'onda T.
Le onde Q, segno di necrosi stabilizzata, devono essere significative (o patologiche). Per esserlo
occorre che abbiano un’ampiezza di 0,04 secondi o essere pari a un terzo dell’altezza della onda R.
Se nessuna di queste due condizioni viene soddisfatta, le onde Q vengono considerate non
diagnostiche di infarto miocardico.
Le onde Q settali (che normalmente si trovano in D1, aVL, V5 e V6) rappresentano la
depolarizzazione del setto ventricolare e non sono, pertanto, patologiche.

Modificazioni del segmento ST nell’infarto

L’unica alterazione decisiva per la diagnosi di infarto è quella dei complessi QRS.
Tuttavia nelle fasi iniziali dell’infarto troviamo di solito un sopraslivellamento del segmento ST a
volte di grado marcatissimo.
Questa alterazione è indicativa di lesione piuttosto che di infarto. Lo stadio della lesione è uno
stadio instabile. Il sopraslivellamento acuto del segmento ST si riduce sempre in qualche misura e
di solito si risolve completamente.
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La risoluzione del sopraslivellamento acuto del segmento ST si accompagna di solito allo sviluppo
delle alterazioni del QRS tipiche dell’infarto.
Occasionalmente possiamo avere una risoluzione del sopraslivellamento del segmento ST senza la
comparsa di queste alterazioni diagnostiche di infarto.
In presenza di lesione miocardica l’alterazione fondamentale è rappresentata dallo slivellamento
del segmento ST al di sopra della linea isoelettrica. (STEMI).
Il sopraslivellamento del segmento ST compare nelle fasi iniziali dell’infarto miocardio acuto.

Riassumendo…

1. Il sopraslivellamento del tratto ST è una condizione instabile e indica un evento recente.


Esso quasi sempre precede le modificazioni evolutive dell'infarto.

2. Un voltaggio ridotto dell'onda R e la comparsa di onde Q anormali indicano un infarto.


Queste modificazioni sono di solito permanenti, ma occasionalmente possono regredire: ciò
non è indicativo dì una rigenerazione del tessuto miocardico, ma piuttosto di una retrazione
del tessuto cicatriziale sottostante l'elettrodo e del conseguente avvicinamento delle zone
adiacenti di miocardio sano.

3. Le alterazioni dei QRS tipiche dell'infarto indicano un infarto recente (cioè di pochi giorni)
quando si associano al sopraslivellamento del segmento ST. Le alterazioni dei QRS tipiche
dell'infarto indicano un infarto intermedio (cioè di settimane oppure di uno o due mesi)
quando si associano ad un segmento ST normale e ad onde T invertite, ampie e simmetriche.
Le alterazioni dei QRS tipiche dell'infarto indicano un vecchio infarto (cioè di mesi o di
anni) quando si associano ad un segmento S-T e ad onde T normali.

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Riconoscere le sedi dell’infarto

Un infarto può essere riconosciuto individuando onde Q patologiche in almeno due derivazioni
elettrocardiografiche di ciascuna sede infartuale, o per la presenza di perdita di potenziale delle
onde R.
Infarto anteriore: Onde Q in V1, V2, V3 o V4.

Infarto anterosettale: Onde Q in V1 e V2, o scarsa progressione della onda R in V1 e V2.

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Infarto laterale: Onde Q in D1, aVL, V5 o V6.

Infarto inferiore: Onde Q in D2, D3, o aVF.

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Infarto posteriore: Onde R alte in V1 e V2 spesso associate a onde T appuntite.

Un infarto posteriore viene riconosciuto utilizzando le derivazioni ECG della parete opposta o
anteriore. Invece di cercare la presenza di onde Q patologiche, si cercheranno gli effetti
sull’elettrocardiogramma nella sede opposta all’infarto o la presenza di onde R alte. Un infarto
acuto posteriore si presenterà con un sottoslivellamento dell’ST invece che con un
sopraslivellamento. È difficile determinare con accuratezza se è presente l’infarto posteriore o se le
alte onde R sono una variante normale. Sospetta sempre un infarto posteriore quando in V1 e V2
sono presenti onde R ampie in associazione a un infarto inferiore.

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TRATTAMENTO DELLE SINDROMI CORONARICHE ACUTE

Una volta posta e confermata dallo specialista la diagnosi di SCA, iniziare subito il trattamento per
alleviare i sintomi, limitare il danno miocardico e ridurre il rischio di arresto cardiaco. Il trattamento
generale immediato per le SCA comprende:
 MORFINA, per il trattamento del dolore, somministrata per via endovenosa, titolando il
dosaggio per controllare i sintomi evitando nello stesso tempo sedazione e depressione
respiratoria;
 ASPIRINA 300mg per via orale masticabile o frammentata o per via endovenosa, il più
presto possibile. Attenzione ad eventuali allergie;
 NITROGLICERINA sublinguale (compressa o spary), a meno che il paziente non sia
ipoteso o si sospetti un infarto esteso dl ventricolo destro;
 OSSIGENO, avendo come target una saturazione di 94-98% (88-92% se paziente con
BPCO)
Per ricordare si può utilizzare l’acronimo “M-A-N-O”.
Considerare, inoltre, eventuale terapia eparinica e antiaggregante con Clopidogrel. La maggior parte
dei pazienti con dolore ischemico cardiaco saranno di solito più comodi in posizione seduta. In
alcuni casi la posizione supina può provocare o aggravare il dolore. Considerare la possibilità di
somministrare un antiemetico, specialmente se è presente nausea.

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