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Invitato da Giuseppe Danese a partecipare alla serata in ricordo della figlia Maria –
serata che si è svolta, a conclusione di una ristretta esposizione di opere, presso il Tea-
tro Houdini di Quartu S. Elena – Antonio ha avuto l’idea di realizzare un piccolo catalogo
affinché i lavori di Maria potessero essere conosciuti da un pubblico più ampio. Antonio
ha insegnato per diversi anni al Liceo Artistico di Quartu dove Maria studiò e si diplomò,
e sebbene non sia stato suo insegnante, ha ritenuto che questi lavori, con le capacità
che lasciano trasparire, avrebbero potuto costituire un piccolo patrimonio utile a quanti
studiano l’arte e le pratiche artistiche.
Gli studenti sono dunque gli ideali primi destinatari di queste pagine, coloro che
frequentano il liceo e quelli, più grandi, che studiano in accademia. Ma certo non sol-
tanto loro.
Questo catalogo non vuole essere perciò solo l’omaggio a una ragazza a cui la
morte ha impedito di poter maturare la propria vocazione artistica, ma è innanzitutto
testimonianza di un talento che, nei tempi che le sono stati concessi, si è comunque
espresso con forza e con passione.
Paolo Lai, a cui Antonio ha esteso l’invito del 5 novembre – e che ha anch’egli insegnato
al Liceo Artistico di Quartu – ha accolto con favore la proposta di questo catalogo, a cui
contribuisce con un breve intervento.
D’altro canto, in molti suoi lavori i temi del fantastico e dell’inquietudine sono assunti se-
condo le modalità del genere gotico-orrorifico, in un connubio fra tradizione occidentale
e forti suggestioni dall’immaginario dell’illustrazione giapponese: in particolare quella
del genere ero guro, in cui il soggetto erotico è declinato in fantasie bizzarre e orride, in
una sorta di raffinata e feticistica estetizzazione della crudeltà. Le ricorrenti fisionomie
orientaleggianti, i tentacoli che si protendono dai corpi, la proliferazione degli occhi,
sono tutti motivi che rivelano la fascinazione che Maria aveva per questo mondo, che
certo echeggiava senza tuttavia oltrepassare i limiti del disgusto, che invece i modelli
originali valicano senza inibizioni.
Da ciò che sappiamo, Maria concepiva i suoi lavori non come semplice esercitazio-
ne stilistica ma come espressione del proprio vissuto e della propria interiorità: questa
consapevolezza ci induce ad accostarci ad essi con rispetto e cautela. Certamente non
possiamo dire in quali direzioni il suo talento l’avrebbe condotta, e in quali modi avrebbe
potuto maturare un linguaggio pienamente autonomo. Restano almeno questi lavori,
testimonianza preziosa della vita e delle passioni di una ragazza che la morte ha colto
con troppa fretta.
Paolo Lai
INSIDE THE NIGHT
Questo lavoro è la realizzazione di un sogno e il compimento di una promessa.
Conobbi Maria Wanda Danese nell’estate 2015 e mi raccontò di avere una grande
passione: disegnare. Le risposi che anch’io da sempre coltivo l’amore per l’arte, ma
sotto altre forme: scrivo poesie dall’età di 9 anni e dal 2006 recito come attore non
professionista. Le dissi che mi sarebbe piaciuto molto organizzare una mostra coi suoi
disegni e abbinare ai disegni delle poesie di autori famosi, da leggere in una serata
dedicata alla sua arte.
Il padre di Maria, Giuseppe Danese, ha seguito passo dopo passo la preparazione della
mostra e della serata e ha fatto incorniciare da Domenico Melis alcuni disegni della figlia,
rappresentativi delle citate chiavi di lettura.
La mostra è stata allestita presso il Teatro Houdini di Quartu Sant’Elena, è stata aperta
il 31 ottobre 2016 e si è conclusa il 5 novembre 2016 con la serata in ricordo di Maria.
L’allestimento è stato curato da Giuseppe Danese, Domenico Melis e Massimo Onano.
Per la mostra, serata finale inclusa, ho scelto un titolo concordato con il padre di Maria:
“Inside the night”, che significa “Dentro la notte”, perché Maria “si nascondeva nella
notte”.
Ringrazio tutte le persone già citate che hanno collaborato alla realizzazione dell’evento.
Un ringraziamento speciale va all’illusionista Alfredo Barrago per aver messo a disposi-
zione il Teatro Houdini e per la sensibilità dimostrata in occasione dell’evento.
Seguono i testi letti durante la serata conclusiva della mostra.
Massimo Steri
OSCURITÀ:
introspezione | notte | sogno
Maria aveva un animo malinconico, ma non triste, lo si percepiva anche dal suo look
noir: vestiva spesso di nero e si truccava di nero. La malinconia era per Maria nostalgico
romanticismo e non era mai disgiunta dall’introspezione.
Anima dolce e delicata, si nascondeva nella notte, si rifugiava nella sua pace.
Maria amava la luna. Sappiamo che la luna si vede bene di notte e che di notte si fanno
sogni. Ebbene, l’oscurità della notte e l’elemento onirico sono fortemente presenti nei
disegni di Maria. Lei si ispirava molto ai sogni, come molte persone e come spesso
accade, in particolare, ai disegnatori. Questo elemento onirico deriva anche dal fatto
che Maria si ispirava alla corrente del surrealismo, che è nata proprio dalla lettura de
“L’interpretazione dei sogni” di Freud e portò a dare spazio in campo artistico al sogno
e all’inconscio.
Soprattutto nell’ultimo periodo della sua vita, Maria ha compiuto uno studio, andando
a scavare dentro sé stessa e a cercare altre fonti di ispirazione al di fuori del mondo
accademico.
NOTTE
Anne Brontë
Amo l’ora silente della notte
perché un sogno felice nasce allora
rivelando alla mia vista incantata
ciò che il mio occhio sveglio non adora.
E può il mio orecchio udire anche la voce
che da tempo la morte ha soffocato;
l’afflitta solitudine in un grato
impeto di speranza si tramuta.
Fredda giace da anni nella tomba
la creatura che amavo contemplare;
soltanto il sogno a notte come viva
può farla dolcemente ritornare.
MITI:
tradizione | cimiteri | morte
Un altro elemento imprescindibile per comprendere le opere di Maria è costituito da
leggende e miti della tradizione sarda. C’è, quindi, nei suoi disegni, un duplice aspet-
to, folkloristico e religioso, legato alle proprie origini. Maria era molto cattolica e aveva
assorbito l’idea di bene e di male tipica del proprio credo. Ciononostante era molto at-
tratta da elementi magici e superstizioni del folklore sardo. Una delle credenze popolari
che Maria ricordava spesso era quella di S’Ammutadori, demone che opprime le vittime
nel sonno, provocando una sensazione di angoscia, soffocamento e oppressione.
Si racconta che i pastori evitavano di addormentarsi, magari all’ombra degli alberi, per
paura di un’aggressione di questo demone che avrebbe potuto strangolarli durante il
sonno.
Un altro aspetto legato alla tradizione che suscitava interesse in Maria era il culto dei
morti, già presente nel folklore celtico e germanico e certamente presente anche nella
religione cattolica. Al riguardo giova ricordare che Papa Gregorio IV nell’834 d.C. spostò
la festa dei morti santi dal 13 maggio al 1° novembre, per sovrapporre il culto cristiano
a quello celtico, al fine di cristianizzare la credenza pagana celtica del ritorno dei morti
nelle notti tra il 31 ottobre e il 1 novembre.
Ed è proprio per l’attenzione verso il culto dei morti che Maria era affascinata e, al tempo
stesso impaurita, dai luoghi che per eccellenza ci ricordano la fine dell’esistenza umana
e la credenza in un mondo ultraterreno: i cimiteri. Al riguardo, ricordiamo che Maria era
attratta dalle foto post mortem. A fine Ottocento si usava fotografare le persone appena
morte, perché durante la vita non era mai stata scattata loro una foto e si voleva con-
servare un loro ricordo.
E a proposito di miti e di morte, è bello ricordare che, dopo aver visto una mostra
sui preraffaelliti a Torino, Maria ha disegnato Ofelia, la sfortunata fidanzata di Amleto,
che nella tragedia shakesperiana, delusa da un amore che non crede puro, e divenuta
folle per l’assassinio del padre ad opera dello stesso Amleto, termina la sua esistenza
affogando in un corso d’acqua.
La mostra è stata allestita presso il Teatro Houdini di Quartu Sant’Elena, è stata aperta
il 31 ottobre 2016 e si è conclusa il 5 novembre 2016 con la serata in ricordo di Maria.
L’allestimento è stato curato da Giuseppe Danese, Domenico Melis e Massimo Onano.
Per la mostra, serata finale inclusa, ho scelto un titolo concordato con il padre di Maria:
“Inside the night”, che significa “Dentro la notte”, perché Maria “si nascondeva nella
notte”.
SÙBITA MANO DI UN FANTASMA OCCULTO
Fernando Pessoa
Sùbita mano di un fantasma occulto
mi scuote fra le pieghe della notte
e del mio sonno e, desto, nell’arbitrio
della notte non scorgo gesto o volto.
UN’INCISIONE FANTASTICA
Charles Baudelaire
Indossa solo questo fantasma insolito,
grottesco sulla sua fronte di scheletro,
un orrendo diadema che sa di carnevale.
Senza speroni o frusta, fiacca un cavallo,
anch’esso spettrale, ronzino apocalittico,
cui sbavano le froge come all’epilettico.
Attraverso lo spazio, essi si lanciano,
calcando l’infinito con temerario zoccolo.
Il cavaliere ruota la sciabola infuocata
su quelle folle anonime dall’animal pestate,
e, come un re che ispeziona il suo maniero,
immenso e freddo, senz’orizzonte, il cimitero
percorre, ove d’un bianco sole smorto ai raggi,
le genti giaccion della storia antica e d’oggi.
CINEMA MUTO:
erotismo | divismo | femme fatale
L’erotismo femminile è molto presente nelle opere di Maria. C’è una nudità mai volgare,
da non confondere con la pornografia. La donna da Lei disegnata prende quell’aspetto
divistico, tipico soprattutto di figure femminili. Possiamo dire, in particolare, che Maria
ha ripreso il concetto di femme fatale, della grande diva dal fascino irresistibile. Il divismo
femminile nasce soprattutto in Italia e Maria era affascinata da queste donne che, quan-
do, già avanti negli anni, negli anni ’60 venivano invitate in televisione per programmi in
bianco e nero, avevano un ingresso in scena molto teatrale e trionfale, ossia avevano
una pelliccia di visone e fumavano, buttando la cenere per terra. Diverse erano le donne
fatali a cui si ispirava e tra queste ricordiamo Pina Menichelli, Greta Garbo e Wanda
Osiris. È utile, al riguardo, qualche cenno biografico su queste donne.
Pina Menichelli è stata un’attrice italiana del cinema muto. Figlia d’arte, iniziò a recitare
in teatro fin da giovanissima. Negli anni 1913 e 1914 recitò in ben 35 pellicole della casa
cinematografica Cines di Roma. Ma subito dopo fu scritturata dalla Itala Film di Torino
come attrice protagonista per “Il fuoco” del 1915 e per “Tigre reale” del 1916. La sua
figura si impose di colpo per la carica di erotismo, la seduzione degli sguardi e la provo-
cazione dei movimenti del corpo, ora contratto e pronto a scattare come un felino, ora
febbricitante di passione, ora estenuato, quasi a trasmettere il raggiungimento di pia-
ceri assoluti. L’attrice venne perciò chiamata donna felino o donna tigre, anche perché
aveva i tratti di un felino, in particolare la bocca e veniva considerata molto osé e am-
miccante, perché nel suo sorriso mostrava i denti. Alcuni suoi primi piano raggiunsero
inedite dimensioni del volto umano e un’intensità di straordinario livello. Fu così che, la
Menichelli, suo malgrado, in quanto donna minuta, che avrebbe potuto benissimo pas-
sare inosservata nella folla di attrici del periodo, divenne la donna mangiatrice di uomini
per eccellenza del cinema di quegli anni. E questo perché comprese subito l’importanza
del regista e dell’operatore e dichiarò subito la sua completa disponibilità ad assogget-
tarsi alla loro volontà. Ciononostante la Menichelli non si lasciò imprigionare nei ruoli che
il cinema pretendeva di imporle. Dopo altri film nei primi anni ’20 con la Rinascimento
di Roma, che la vedevano sempre seduttrice voluttuosa e tormentata eroina, tornò al
teatro e nel 1924 si ritirò dalle scene.
Greta Garbo è stata un’attrice svedese, naturalizzata statunitense, fra le più celebri
di tutti i tempi. Attrice di punta della Metro-Goldwyn-Mayer, grazie al suo talento fu
apprezzata in pellicole come Grand Hotel, La regina Cristina e Anna Karenina. Sedusse
generazioni di appassionati di cinema con il suo carisma e il suo fascino misterioso. Per
la sua bellezza e per la indiscussa bravura, venne soprannominata la Divina.
L’American Film Institute ha inserito la Garbo al quinto posto tra le più grandi star della
storia del cinema. Si sentiva sola e infastidita dal clamore della celebrità, dalle incursioni
di giornalisti e fotografi nella sua vita privata, e scontenta della qualità dei suoi primi film
girati nel 1926, “La tentatrice” e “Donna fatale” - in cui ricopre parti di ‘vamp’ provocanti,
distruttive e prive di scrupoli. Dal 1927 al 1937 interpretò una ventina di film, sempre
nei panni di seduttrice, un ruolo, a suo dire, da lei «detestato». Memorabile il suo Mata
Hari, storia della bellissima spia e ballerina, dal fascino misterioso, che durante la prima
guerra mondiale si innamora, ricambiata, di un pilota russo, e per amor suo uccide e
viene condannata a morte.
Wanda Osiris è stata un’attrice, cantante e soubrette italiana del teatro di rivista nel
periodo anni trenta - anni cinquanta. Amava moltissimo il suo pubblico. I suoi spettacoli
sfarzosi erano caratterizzati da una continua ricerca del bello e del coinvolgimento dei
più importanti talenti dello spettacolo. Amava discendere le scale hollywoodiane e di
riproduzioni famose come Trinità dei Monti, attorniata da giovani ballerini che sceglieva
lei stessa. Per lei vennero coniati gli appellativi di Wandissima e di Divina. Le interpreta-
zioni canore molto personali, con quel birignao a vocali estese, le apparizioni sempre più
sorprendenti, il trucco tipicamente ocra, i capelli ossigenati, le piume, i tacchi, le paillet-
tes, i fiumi di profumo Arpège, le rose, i ricchi costumi, il lusso soave, la consegnarono
alla leggenda, presentandola come un sogno di felicità, di ricchezza, di spensieratezza,
in un’Italia stravolta dalle cause e dagli effetti della seconda Guerra Mondiale.
HO TENTATO DI BACIARTI
E TU MI HAI MORSO
Cesare Pavese
Ho tentato di baciarti e tu mi hai morso,
tutto tutto è perduto.
Possedevo un divino paradiso
in quei giorni lontani.
Vivevo in un gran sogno
che i timori malcerti
di una fine e i rimorsi
mi facevano solo più bello.
Ora ho perduto tutto.
Per volere sapere,
per il mio male implacabile
che non crede al futuro
mi sono gettato nel buio…
Maria si è ispirata per questi disegni a numerose forme di raffigurazione artistica della
storia giapponese, dalle stampe antiche, agli elementi ero guro anni 20 e 30, agli anime
anni 70-80, sino agli yurei del j-horror.
A questo proposito soffermiamoci su due termini appena citati, che meritano un
approfondimento perché ci aiutano a comprendere meglio molti disegni di Maria.
ERO GURO è una corrente artistica e letteraria giapponese, nata negli anni 20, ma
sviluppatasi negli anni 30 e prevede temi come l’asfissia e la presenza di serpenti o
figure zoomorfe, ma anche molto spesso dell’elemento “occhio”.
Attualmente i due massimi esponenti di questa corrente sono TAKATO YAMAMOTO e
SUEHIRO MARUO, due artisti che, ognuno con il proprio stile, cercano di incanalare nei
propri disegni questa corrente, spesso utilizzata per miscelare iperealismo, grottesco e
disgusto. Non a caso ERO GURO deriva da ERO GURO NANSENSU, che a sua volta
deriva da erotic grotesque nonsense, indicando una componente erotica (erotic), una
grottesca, innaturale o bizzarra (grotesque), e una insensata (nonsense).
Nei disegni ero guro il grottesco viene inteso come malformato (ad esempio per la
presenza di tre occhi), come innaturale e quindi terribile.
Le immagini possono risultare profondamente disturbanti per chi non ha molta
familiarità con il mondo erotico giapponese, che mischia grottesco e tabù, possono
risultare disgustose e malate, ma occorre cercare di guardare oltre e cogliere un ele-
mento positivo di critica ai movimenti politici e alle ipocrisie delle convenzioni sociali
contemporanee.
Agghiacciante nebbia
- passa la soglia.
Respiri invisibili.
Bisbiglio dell’ombra.
Supplicherai l’oscurità
- di morire.
RED
Nikita (nome d’arte)
Rosso, solo rosso.
Si, rosso.
LO SPETTRO
Charles Baudelaire
Agli angeli dall’occhio di fiera
simile, tornerò nella tua alcova
e silenzioso ti scivolerò accanto
insieme alle ombre della notte;
Massimo Steri
Non sapremo mai quale sarebbe stato il futuro artistico di Maria perché un atroce
destino l’ha strappata prematuramente al nostro affetto, non sapremo mai quali strade,
suggestioni, avrebbe percorso o inseguito per dar fiato e dare risposte al suo insazia-
bile desiderio di far arte, non sapremo mai perché quel bianco/nero in cui tanto amava
intingere i suoi personaggi si è spezzato come un filo troppo sottile, ma sappiamo nel
profondo del nostro cuore e nella pienezza dei nostri occhi quello che abbiamo perduto
con la sua scomparsa.
La bellezza del suo animo, la delicatezza del suo essere sempre attenta a non
offendere la suscettibilità altrui, la costanza, dedizione ed entusiasmo per la conoscenza
e lo studio, l’affidabilità e la costanza nel portare a termine gli impegni presi, sono tra le
tante virtù che convivevano nel suo giovane cuore ed io come sua insegnante di Storia
dell’Arte prima e tutor del suo tirocinio formativo presso la Pinacoteca statale Mus’a di
Sassari, in qualità di direttrice, ho avuto modo di conoscere ed apprezzare.
Alcuni suoi lavori oggi esposti vanno letti ancora come frutti non pienamente maturi di
una personalità artistica ancora acerba, ma sicuramente gravida di promesse. Maria ci
mancherà sempre.