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L’idea di questo catalogo è nata lo scorso 5 novembre e si deve all’interesse e alla

passione di Antonio Mallus.

Invitato da Giuseppe Danese a partecipare alla serata in ricordo della figlia Maria –
serata che si è svolta, a conclusione di una ristretta esposizione di opere, presso il Tea-
tro Houdini di Quartu S. Elena – Antonio ha avuto l’idea di realizzare un piccolo catalogo
affinché i lavori di Maria potessero essere conosciuti da un pubblico più ampio. Antonio
ha insegnato per diversi anni al Liceo Artistico di Quartu dove Maria studiò e si diplomò,
e sebbene non sia stato suo insegnante, ha ritenuto che questi lavori, con le capacità
che lasciano trasparire, avrebbero potuto costituire un piccolo patrimonio utile a quanti
studiano l’arte e le pratiche artistiche.

Gli studenti sono dunque gli ideali primi destinatari di queste pagine, coloro che
frequentano il liceo e quelli, più grandi, che studiano in accademia. Ma certo non sol-
tanto loro.
Questo catalogo non vuole essere perciò solo l’omaggio a una ragazza a cui la
morte ha impedito di poter maturare la propria vocazione artistica, ma è innanzitutto
testimonianza di un talento che, nei tempi che le sono stati concessi, si è comunque
espresso con forza e con passione.

Paolo Lai, a cui Antonio ha esteso l’invito del 5 novembre – e che ha anch’egli insegnato
al Liceo Artistico di Quartu – ha accolto con favore la proposta di questo catalogo, a cui
contribuisce con un breve intervento.

Quartu Sant’Elena, Dicembre 2016


OFELIA E’ MEWY
I lavori che Maria Danese ci ha lasciato, quelli più compiuti e consapevoli che si
collocano nell’ultimo periodo della sua breve vita, oltre a rivelare un particolare talento
per l’illustrazione, ci permettono di addentrarci nei suoi interessi e nelle passioni che
con sincerità ha assecondato. Emerge in queste opere una notevole coerenza tematica
e stilistica, che nei migliori esempi si manifesta con inventiva e svela un gusto raffinato.

È soprattutto la figura femminile, quella che domina in queste immagini: bambine,


ragazze, giovani donne in cui la bellezza, trasposta in una dimensione ideale, è segno di
inquieta perfezione. Maria ha attinto esplicitamente al repertorio di un certo simbolismo
ottocentesco (ma tra i suoi lavori c’è anche un’interessante rivisitazione dell’Incubo di
Füssli), nel quale l’elaborazione fantastica, a volte di sentore onirico, si dispiega intorno
al tema dell’erotismo femminile e in cui la donna, vittima o carnefice, è sempre una
presenza conturbante. Ecco allora le apparizioni delle giuditte e delle ofelie, le mani
adunche come artigli, e l’avvolgersi dei serpenti, le corolle dei fiori, i teschi, e l’incombere
ambiguo della luna.

Nelle rielaborazioni di Maria, questi motivi sembrano a volte scivolare verso


l’immaginario cinematografico primonovecentesco, dove le donne immaginate dalla pit-
tura e dalla grafica di gusto simbolista si incarnano spontaneamente nei volti, nei corpi
e nei gesti delle dive del muto, le protagoniste di quel cinema di matrice letteraria che
tanto la incuriosivano.

D’altro canto, in molti suoi lavori i temi del fantastico e dell’inquietudine sono assunti se-
condo le modalità del genere gotico-orrorifico, in un connubio fra tradizione occidentale
e forti suggestioni dall’immaginario dell’illustrazione giapponese: in particolare quella
del genere ero guro, in cui il soggetto erotico è declinato in fantasie bizzarre e orride, in
una sorta di raffinata e feticistica estetizzazione della crudeltà. Le ricorrenti fisionomie
orientaleggianti, i tentacoli che si protendono dai corpi, la proliferazione degli occhi,
sono tutti motivi che rivelano la fascinazione che Maria aveva per questo mondo, che
certo echeggiava senza tuttavia oltrepassare i limiti del disgusto, che invece i modelli
originali valicano senza inibizioni.

Da ciò che sappiamo, Maria concepiva i suoi lavori non come semplice esercitazio-
ne stilistica ma come espressione del proprio vissuto e della propria interiorità: questa
consapevolezza ci induce ad accostarci ad essi con rispetto e cautela. Certamente non
possiamo dire in quali direzioni il suo talento l’avrebbe condotta, e in quali modi avrebbe
potuto maturare un linguaggio pienamente autonomo. Restano almeno questi lavori,
testimonianza preziosa della vita e delle passioni di una ragazza che la morte ha colto
con troppa fretta.

Paolo Lai
INSIDE THE NIGHT
Questo lavoro è la realizzazione di un sogno e il compimento di una promessa.

Conobbi Maria Wanda Danese nell’estate 2015 e mi raccontò di avere una grande
passione: disegnare. Le risposi che anch’io da sempre coltivo l’amore per l’arte, ma
sotto altre forme: scrivo poesie dall’età di 9 anni e dal 2006 recito come attore non
professionista. Le dissi che mi sarebbe piaciuto molto organizzare una mostra coi suoi
disegni e abbinare ai disegni delle poesie di autori famosi, da leggere in una serata
dedicata alla sua arte.

Ma Maria ci ha lasciati prematuramente, a soli 25 anni.

Dopo la sua morte ho deciso di organizzare la mostra e la serata. Ho incontrato i suoi


colleghi di studi Federica Vinci e Francesco Picci e ho chiesto loro di fornirmi delle chiavi
di lettura dei disegni di Maria. Dopo un’iniziale e naturale titubanza, hanno iniziato a
parlarmi di Maria e dei suoi disegni, in modo approfondito, e ho registrato le loro voci,
mentre li intervistavo. Ho trascritto al computer le loro parole, le ho completate con ma-
teriale trovato attraverso ricerche su internet sui concetti da loro esposti e ho elaborato
un percorso formato da quattro chiavi di lettura dei disegni di Maria: oscurità, miti, cine-
ma muto e Giappone. Ho completato il materiale per la serata abbinando, a ciascuna
chiave di lettura, poesie da me scelte di autori vari. Ho chiesto alla mia amica Silvia
Serafi di accompagnarmi nella lettura dei testi e al mio amico Marco Pinna di creare dei
sottofondi musicali alla chitarra per ogni testo. Ho aggiunto al materiale per la serata
una poesia e una lettera, da me scritte, entrambe dedicate all’amica artista scomparsa,
nonché due dediche a Maria, una da parte della prof.ssa Alma Casula e l’altra da parte
della prof.ssa Elisabetta Buono. Inoltre, per la serata sono stati previsti due interventi
spontanei: il primo da parte di Andrea Palla, amico d’infanzia di Maria, che ha raccon-
tato aneddoti di vita quotidiana vissuti con l’amica e il secondo da parte di Luca Erta,
allievo illusionista, che ha dedicato a Maria alcuni suoi numeri.

Il padre di Maria, Giuseppe Danese, ha seguito passo dopo passo la preparazione della
mostra e della serata e ha fatto incorniciare da Domenico Melis alcuni disegni della figlia,
rappresentativi delle citate chiavi di lettura.
La mostra è stata allestita presso il Teatro Houdini di Quartu Sant’Elena, è stata aperta
il 31 ottobre 2016 e si è conclusa il 5 novembre 2016 con la serata in ricordo di Maria.
L’allestimento è stato curato da Giuseppe Danese, Domenico Melis e Massimo Onano.
Per la mostra, serata finale inclusa, ho scelto un titolo concordato con il padre di Maria:
“Inside the night”, che significa “Dentro la notte”, perché Maria “si nascondeva nella
notte”.

Ringrazio tutte le persone già citate che hanno collaborato alla realizzazione dell’evento.
Un ringraziamento speciale va all’illusionista Alfredo Barrago per aver messo a disposi-
zione il Teatro Houdini e per la sensibilità dimostrata in occasione dell’evento.
Seguono i testi letti durante la serata conclusiva della mostra.

Massimo Steri
OSCURITÀ:
introspezione | notte | sogno
Maria aveva un animo malinconico, ma non triste, lo si percepiva anche dal suo look
noir: vestiva spesso di nero e si truccava di nero. La malinconia era per Maria nostalgico
romanticismo e non era mai disgiunta dall’introspezione.
Anima dolce e delicata, si nascondeva nella notte, si rifugiava nella sua pace.
Maria amava la luna. Sappiamo che la luna si vede bene di notte e che di notte si fanno
sogni. Ebbene, l’oscurità della notte e l’elemento onirico sono fortemente presenti nei
disegni di Maria. Lei si ispirava molto ai sogni, come molte persone e come spesso
accade, in particolare, ai disegnatori. Questo elemento onirico deriva anche dal fatto
che Maria si ispirava alla corrente del surrealismo, che è nata proprio dalla lettura de
“L’interpretazione dei sogni” di Freud e portò a dare spazio in campo artistico al sogno
e all’inconscio.
Soprattutto nell’ultimo periodo della sua vita, Maria ha compiuto uno studio, andando
a scavare dentro sé stessa e a cercare altre fonti di ispirazione al di fuori del mondo
accademico.

Maria ha preso un anno sabbatico e ha potuto concentrarsi su se stessa e sulla propria


arte, infatti le opere dell’ultimo anno sono la vera essenza di Maria. Se l’accademia ha
dato a Maria delle basi per comprendere la storia dell’arte contemporanea e l’impor-
tanza della ricerca, finalmente nell’ultimo periodo della sua vita, lei ha potuto coltivare,
in modo particolare, la passione per l’arte, provando a elaborare una propria visione del
mondo attraverso i disegni, che possiamo definire del tutto personale. In quest’ultimo
anno Maria stava creando una sorta di biblioteca personale nella propria anima e nella
propria mente, in cui, dopo uno studio immenso, catalogava determinati concetti. Se
in precedenza Maria guardava un film horror da lontano, in maniera distaccata, per i
molti impegni, nell’ultimo anno si era profondamente immersa nel mondo dell’horror e
ne conosceva meglio i meccanismi e i simboli ed era in grado di esaminarli con occhio
critico, con la lente di ingrandimento.
Possiamo dire, in sintesi, che Maria stava svolgendo un’indagine psicologica
sull’esistenza umana, ponendosi le domande: “Chi siamo?”, “Da dove veniamo?”,
“Dove andiamo?”.
AL CHIAR DI LUNA
Rabindranath Tagore
Calma, calma questo cuore agitato,
tu, notte tranquilla di luna piena.
Troppe gravi preoccupazioni,
più e più volte
gravano sul mio cuore.
Versa tenere lacrime
sopra brucianti pene.
Con i tuoi raggi argentati,
portatori di sogno e di magia,
morbidi come petali di loto,
o notte, vieni, accarezza
tutto il mio essere
e fammi dimenticare
tutte le mie pene.

NOTTE
Anne Brontë
Amo l’ora silente della notte
perché un sogno felice nasce allora
rivelando alla mia vista incantata
ciò che il mio occhio sveglio non adora.
E può il mio orecchio udire anche la voce
che da tempo la morte ha soffocato;
l’afflitta solitudine in un grato
impeto di speranza si tramuta.
Fredda giace da anni nella tomba
la creatura che amavo contemplare;
soltanto il sogno a notte come viva
può farla dolcemente ritornare.
MITI:
tradizione | cimiteri | morte
Un altro elemento imprescindibile per comprendere le opere di Maria è costituito da
leggende e miti della tradizione sarda. C’è, quindi, nei suoi disegni, un duplice aspet-
to, folkloristico e religioso, legato alle proprie origini. Maria era molto cattolica e aveva
assorbito l’idea di bene e di male tipica del proprio credo. Ciononostante era molto at-
tratta da elementi magici e superstizioni del folklore sardo. Una delle credenze popolari
che Maria ricordava spesso era quella di S’Ammutadori, demone che opprime le vittime
nel sonno, provocando una sensazione di angoscia, soffocamento e oppressione.
Si racconta che i pastori evitavano di addormentarsi, magari all’ombra degli alberi, per
paura di un’aggressione di questo demone che avrebbe potuto strangolarli durante il
sonno.

Un altro aspetto legato alla tradizione che suscitava interesse in Maria era il culto dei
morti, già presente nel folklore celtico e germanico e certamente presente anche nella
religione cattolica. Al riguardo giova ricordare che Papa Gregorio IV nell’834 d.C. spostò
la festa dei morti santi dal 13 maggio al 1° novembre, per sovrapporre il culto cristiano
a quello celtico, al fine di cristianizzare la credenza pagana celtica del ritorno dei morti
nelle notti tra il 31 ottobre e il 1 novembre.

Ed è proprio per l’attenzione verso il culto dei morti che Maria era affascinata e, al tempo
stesso impaurita, dai luoghi che per eccellenza ci ricordano la fine dell’esistenza umana
e la credenza in un mondo ultraterreno: i cimiteri. Al riguardo, ricordiamo che Maria era
attratta dalle foto post mortem. A fine Ottocento si usava fotografare le persone appena
morte, perché durante la vita non era mai stata scattata loro una foto e si voleva con-
servare un loro ricordo.

Le persone venivano deposte su un letto o su un comò e venivano fotografate col


rosario e le candele. Ma questo non era l’unico modo per scattare una fotografia post
mortem. A volte il morto veniva impagliato, legato a una sedia e fotografato con tutti i
parenti a fianco per dare l’impressione di una foto di famiglia. Ci si poteva accorgere che
la persona fotografata era morta, perché magari aveva un occhio chiuso e uno aperto o
la testa piegata su un lato o gli arti scomposti.
La morte è stato uno dei temi più ricorrenti anche negli studi accademici di Maria, da
analizzare e affrontare in modo personale, proprio perché da sempre l’uomo si è inter-
rogato sul proprio destino dopo la vita terrena e nei disegni di Maria troviamo il fascino
e la paura del buio e della morte.

E a proposito di miti e di morte, è bello ricordare che, dopo aver visto una mostra
sui preraffaelliti a Torino, Maria ha disegnato Ofelia, la sfortunata fidanzata di Amleto,
che nella tragedia shakesperiana, delusa da un amore che non crede puro, e divenuta
folle per l’assassinio del padre ad opera dello stesso Amleto, termina la sua esistenza
affogando in un corso d’acqua.

La mostra è stata allestita presso il Teatro Houdini di Quartu Sant’Elena, è stata aperta
il 31 ottobre 2016 e si è conclusa il 5 novembre 2016 con la serata in ricordo di Maria.
L’allestimento è stato curato da Giuseppe Danese, Domenico Melis e Massimo Onano.
Per la mostra, serata finale inclusa, ho scelto un titolo concordato con il padre di Maria:
“Inside the night”, che significa “Dentro la notte”, perché Maria “si nascondeva nella
notte”.
SÙBITA MANO DI UN FANTASMA OCCULTO
Fernando Pessoa
Sùbita mano di un fantasma occulto
mi scuote fra le pieghe della notte
e del mio sonno e, desto, nell’arbitrio
della notte non scorgo gesto o volto.

Pure un terrore antico, che insepolto


porto nel cuore, come da alto trono
scende e s’afferma mio signore e padrone
senza comando, né maneggio o insulto.

E sento la mia vita di repente


legata da una corda d’Incosciente
a una mano notturna che mi guida.

Non mi sento nessuno, salvo un’ombra


di figura non vista e che stupisce,
e in nulla esisto come fredda tenebra.

UN’INCISIONE FANTASTICA
Charles Baudelaire
Indossa solo questo fantasma insolito,
grottesco sulla sua fronte di scheletro,
un orrendo diadema che sa di carnevale.
Senza speroni o frusta, fiacca un cavallo,
anch’esso spettrale, ronzino apocalittico,
cui sbavano le froge come all’epilettico.
Attraverso lo spazio, essi si lanciano,
calcando l’infinito con temerario zoccolo.
Il cavaliere ruota la sciabola infuocata
su quelle folle anonime dall’animal pestate,
e, come un re che ispeziona il suo maniero,
immenso e freddo, senz’orizzonte, il cimitero
percorre, ove d’un bianco sole smorto ai raggi,
le genti giaccion della storia antica e d’oggi.
CINEMA MUTO:
erotismo | divismo | femme fatale
L’erotismo femminile è molto presente nelle opere di Maria. C’è una nudità mai volgare,
da non confondere con la pornografia. La donna da Lei disegnata prende quell’aspetto
divistico, tipico soprattutto di figure femminili. Possiamo dire, in particolare, che Maria
ha ripreso il concetto di femme fatale, della grande diva dal fascino irresistibile. Il divismo
femminile nasce soprattutto in Italia e Maria era affascinata da queste donne che, quan-
do, già avanti negli anni, negli anni ’60 venivano invitate in televisione per programmi in
bianco e nero, avevano un ingresso in scena molto teatrale e trionfale, ossia avevano
una pelliccia di visone e fumavano, buttando la cenere per terra. Diverse erano le donne
fatali a cui si ispirava e tra queste ricordiamo Pina Menichelli, Greta Garbo e Wanda
Osiris. È utile, al riguardo, qualche cenno biografico su queste donne.

Pina Menichelli è stata un’attrice italiana del cinema muto. Figlia d’arte, iniziò a recitare
in teatro fin da giovanissima. Negli anni 1913 e 1914 recitò in ben 35 pellicole della casa
cinematografica Cines di Roma. Ma subito dopo fu scritturata dalla Itala Film di Torino
come attrice protagonista per “Il fuoco” del 1915 e per “Tigre reale” del 1916. La sua
figura si impose di colpo per la carica di erotismo, la seduzione degli sguardi e la provo-
cazione dei movimenti del corpo, ora contratto e pronto a scattare come un felino, ora
febbricitante di passione, ora estenuato, quasi a trasmettere il raggiungimento di pia-
ceri assoluti. L’attrice venne perciò chiamata donna felino o donna tigre, anche perché
aveva i tratti di un felino, in particolare la bocca e veniva considerata molto osé e am-
miccante, perché nel suo sorriso mostrava i denti. Alcuni suoi primi piano raggiunsero
inedite dimensioni del volto umano e un’intensità di straordinario livello. Fu così che, la
Menichelli, suo malgrado, in quanto donna minuta, che avrebbe potuto benissimo pas-
sare inosservata nella folla di attrici del periodo, divenne la donna mangiatrice di uomini
per eccellenza del cinema di quegli anni. E questo perché comprese subito l’importanza
del regista e dell’operatore e dichiarò subito la sua completa disponibilità ad assogget-
tarsi alla loro volontà. Ciononostante la Menichelli non si lasciò imprigionare nei ruoli che
il cinema pretendeva di imporle. Dopo altri film nei primi anni ’20 con la Rinascimento
di Roma, che la vedevano sempre seduttrice voluttuosa e tormentata eroina, tornò al
teatro e nel 1924 si ritirò dalle scene.
Greta Garbo è stata un’attrice svedese, naturalizzata statunitense, fra le più celebri
di tutti i tempi. Attrice di punta della Metro-Goldwyn-Mayer, grazie al suo talento fu
apprezzata in pellicole come Grand Hotel, La regina Cristina e Anna Karenina. Sedusse
generazioni di appassionati di cinema con il suo carisma e il suo fascino misterioso. Per
la sua bellezza e per la indiscussa bravura, venne soprannominata la Divina.
L’American Film Institute ha inserito la Garbo al quinto posto tra le più grandi star della
storia del cinema. Si sentiva sola e infastidita dal clamore della celebrità, dalle incursioni
di giornalisti e fotografi nella sua vita privata, e scontenta della qualità dei suoi primi film
girati nel 1926, “La tentatrice” e “Donna fatale” - in cui ricopre parti di ‘vamp’ provocanti,
distruttive e prive di scrupoli. Dal 1927 al 1937 interpretò una ventina di film, sempre
nei panni di seduttrice, un ruolo, a suo dire, da lei «detestato». Memorabile il suo Mata
Hari, storia della bellissima spia e ballerina, dal fascino misterioso, che durante la prima
guerra mondiale si innamora, ricambiata, di un pilota russo, e per amor suo uccide e
viene condannata a morte.

Wanda Osiris è stata un’attrice, cantante e soubrette italiana del teatro di rivista nel
periodo anni trenta - anni cinquanta. Amava moltissimo il suo pubblico. I suoi spettacoli
sfarzosi erano caratterizzati da una continua ricerca del bello e del coinvolgimento dei
più importanti talenti dello spettacolo. Amava discendere le scale hollywoodiane e di
riproduzioni famose come Trinità dei Monti, attorniata da giovani ballerini che sceglieva
lei stessa. Per lei vennero coniati gli appellativi di Wandissima e di Divina. Le interpreta-
zioni canore molto personali, con quel birignao a vocali estese, le apparizioni sempre più
sorprendenti, il trucco tipicamente ocra, i capelli ossigenati, le piume, i tacchi, le paillet-
tes, i fiumi di profumo Arpège, le rose, i ricchi costumi, il lusso soave, la consegnarono
alla leggenda, presentandola come un sogno di felicità, di ricchezza, di spensieratezza,
in un’Italia stravolta dalle cause e dagli effetti della seconda Guerra Mondiale.
HO TENTATO DI BACIARTI
E TU MI HAI MORSO
Cesare Pavese
Ho tentato di baciarti e tu mi hai morso,
tutto tutto è perduto.
Possedevo un divino paradiso
in quei giorni lontani.
Vivevo in un gran sogno
che i timori malcerti
di una fine e i rimorsi
mi facevano solo più bello.
Ora ho perduto tutto.
Per volere sapere,
per il mio male implacabile
che non crede al futuro
mi sono gettato nel buio…

PER UN’ATTRICE DI CINEMATOGRAFO


GIOVANISSIMA, STRANIERA E LONTANA
Cesare Pavese
Ti vidi un giorno per alcuni istanti
e so che mai potrò più rivederti.
Tu mi passavi leggera dinnanzi
levando il viso pieno di dolcezza,
ravvolta nei capelli evanescenti.
Eri lontana, fors’anche diversa,
forse ad altri vendevi quel tuo riso,
forse lo vendi ancora, ma il sorriso
il tuo sorriso doloroso, mai
lo potrò scordare. So che il tempo
mi caccierà l’amarezza dal cuore
e che mai più ti rivedrò in vita mia
ma è tanto dolce sognare con te.
TI VEDO VIVERMI ACCANTO LEGGERA
Cesare Pavese
Ti vedo vivermi accanto leggera,
vestita di tanto profumo,
fragile come un vetro di profumo
e diafana come esso.
Quasi mi pare assurdo
che tu possa trascorrere la vita,
e respirarne assorta
l’ansito formidabile,
l’alito impuro e atroce
che offusca fino il cielo.
E mi sei tanto fragile,
nuvola di profumo,
che ti sento tremare
e svanire, non mia.
Mi saresti lontana,
troppo, come la luce di una stella.
L’ansito formidabile
della vita, mi affascina
colla sua lotta atroce,
colla sua febbre impura.
Eppure tu sarai per me per sempre
la mia anima più vera
che mai conoscerò,
perché racchiudi in te
l’ansia della mia vita,
la limpidezza azzurra delle origini,
il gran sogno sereno,
che si travaglia dentro l’esistenza
e si trasforma nella febbre atroce
che mi rigetta e affascina.
Perchè anche a te l’esistenza
ha lasciato negli occhi un segno d’ombra
e nel corpo segreto
lascivie misteriose.
O BALLERINA BALLERINA BRUNA
Cesare Pavese
O ballerina ballerina bruna,
o anima di carne appassionata,
mentre sotto le musiche e le luci
che paion fatte, colla loro gloria
e i loro brividi intensi, sol per te,
tu muovi sempre uguale e sempre splendida
e io nel buio lontano mi divoro
e contorco febbrile, da distruggermi
nel rombo delle luci, con nell’anima
tutti gli strazi tesi d’azzurro,
gli schianti e i grandi sogni lancinanti
levati in alto in alto addosso a te.
GIAPPONE:
shintoismo | ero guro | horror
Un’altra chiave di lettura fondamentale delle opere di Maria è costituita dallo shintoismo,
una religione nativa del Giappone.
Nella religione shintoista non esiste un unico dio assoluto creatore di tutto, e non ci
sono il bene e il male come intesi nella religione cristiana, dunque non esistono Gesù e
Satana, non esistono angeli e demoni, ma esistono spiriti buoni e spiriti cattivi e accade
anche che il buono diventi cattivo. Lo shintoismo prevede l’adorazione dei kami, divinità,
spiriti naturali o semplicemente presenze spirituali. Alcuni kami sono locali e possono
essere considerati come gli spiriti guardiani di un luogo particolare, ma altri possono
rappresentare uno specifico oggetto o un evento naturale, come per esempio Amate-
rasu, la dea del Sole. Talvolta anche le persone illustri, gli eroi e gli antenati divengono
oggetto di venerazione post-morte e vengono deificati e annoverati tra i kami.

La parola Shinto ha origine nel VI secolo quando divenne necessario distinguere la


religione nativa del Giappone da quella buddista di recente importazione, prima di
quell’epoca non pare esserci stato un nome specifico per riferirsi ad esso. Shinto è
formato dall’unione di “shin”, che significa “divinità”, “spirito” e “to”, in cinese Tao, che
significa “via”, “sentiero”. Quindi, Shinto significa letteralmente “via del divino” o “via
degli spiriti”.
Dal momento che lo shintoismo è una religione basata essenzialmente sugli spiriti, che
possono essere buoni o cattivi, non sorprende che molti disegni di Maria raffigurino
spiriti cattivi.
In realtà, Maria ha lavorato sul dualismo bene-male, perciò nei suoi disegni possiamo
trovare la donna innocente, ancora ingenua, con uno scheletro alle spalle che tenta di
attrarla a sé, oppure il terzo occhio, inteso nelle correnti artistiche giapponesi come
l’occhio che spia, nel senso che gli esseri umani credono di essere circondati da spiriti
che li spiano, oppure ancora gli occhi diversi, a rappresentare il fatto che dentro ognuno
di noi c’è del bene e c’è del male.

Maria si è ispirata per questi disegni a numerose forme di raffigurazione artistica della
storia giapponese, dalle stampe antiche, agli elementi ero guro anni 20 e 30, agli anime
anni 70-80, sino agli yurei del j-horror.
A questo proposito soffermiamoci su due termini appena citati, che meritano un
approfondimento perché ci aiutano a comprendere meglio molti disegni di Maria.

ERO GURO è una corrente artistica e letteraria giapponese, nata negli anni 20, ma
sviluppatasi negli anni 30 e prevede temi come l’asfissia e la presenza di serpenti o
figure zoomorfe, ma anche molto spesso dell’elemento “occhio”.
Attualmente i due massimi esponenti di questa corrente sono TAKATO YAMAMOTO e
SUEHIRO MARUO, due artisti che, ognuno con il proprio stile, cercano di incanalare nei
propri disegni questa corrente, spesso utilizzata per miscelare iperealismo, grottesco e
disgusto. Non a caso ERO GURO deriva da ERO GURO NANSENSU, che a sua volta
deriva da erotic grotesque nonsense, indicando una componente erotica (erotic), una
grottesca, innaturale o bizzarra (grotesque), e una insensata (nonsense).

Nei disegni ero guro il grottesco viene inteso come malformato (ad esempio per la
presenza di tre occhi), come innaturale e quindi terribile.
Le immagini possono risultare profondamente disturbanti per chi non ha molta
familiarità con il mondo erotico giapponese, che mischia grottesco e tabù, possono
risultare disgustose e malate, ma occorre cercare di guardare oltre e cogliere un ele-
mento positivo di critica ai movimenti politici e alle ipocrisie delle convenzioni sociali
contemporanee.

J-HORROR è un termine utilizzato per riferirsi agli horror di provenienza giapponese,


famosi per le loro tematiche e le loro vicende e caratterizzati da una forte componen-
te psicologica, costruendo tensione su ciò che non viene mostrato. Particolarmente
utilizzati nel genere sono gli yurei, fantasmi giapponesi, e numerosi altri elementi del
folklore, come i demoni.

In sintesi, la cultura giapponese, per la sua caratteristica di concentrarsi particolarmente


sul mondo degli spiriti e dei demoni, ha ispirato notevolmente Maria. Elemento chiave
dei suoi disegni, infatti, è senza dubbio l’eterno dualismo tra bene e male, buono e
cattivo, umano e demoniaco.
THE DARKEST NIGHT
Lotus Dragon (nome d’arte)
Occhi di morte.
Passi scricchiolanti sul legno.
Oscurità
- sta chiamando.

Agghiacciante nebbia
- passa la soglia.
Respiri invisibili.
Bisbiglio dell’ombra.

Urla spezzate in aria.


Battito indomabile.
Tenebre soffocanti
- luci tremolanti.
La paura ti si avvinghia alla gola con mano fantasma,
ti tira giù nell’abisso profondo.
Vuole divorarti
- succhiarti la vita.

Non aprire la porta.


Ti aspettano
- gli spettri del tuo passato.
Chiudi gli occhi.
Non emettere suono.
Non guardarlo
- il buio.

Nebbia che entra nelle cavità degli occhi.


Il mostro affamato del tuo sangue ti trascina lungo il legno.
Non puoi scappare
- non guardare!

Occhi senza fondo.


Gola profonda del mare.
Lame argentate.
Sangue e morte.

Supplicherai l’oscurità
- di morire.
RED
Nikita (nome d’arte)
Rosso, solo rosso.

Rosso come il sangue


che sgorga dalle vene
di quel dannato.

Rosso come i tuoi occhi,


rosso come i tuoi capelli.

Rosso, solo rosso.


L’unico colore. Rosso.

Rosso come il tuo sangue


che sgorga da questo collo.

Rosso si, proprio rosso.

Rosso come la tua faccia


e il resto del tuo corpo,
sommerso da un mare di sangue.
Rosso come la lama di questo coltello.

Si, rosso.

Rosso come la mia faccia, che ti fissa.


Ti guarda attentamente, proprio dietro di te.

Rosso come la tua faccia


quando t’accorgi che… ormai
è troppo tardi!
MAGNIFICA PREDA
Nikita (nome d’arte)
Stelle sbilenche
nel cielo di pece.
Mi stendo al tuo fianco
su un morbido manto.
Ti stringo forte
ti trafiggo la carne,
scavando smanioso
fra tendini e nervi.
Lacrime e sangue
sgorgan copiosi
mentre devasto
il tuo corpo stupendo.
Ma… è soltanto l’inizio
di un incubo eterno.

LO SPETTRO
Charles Baudelaire
Agli angeli dall’occhio di fiera
simile, tornerò nella tua alcova
e silenzioso ti scivolerò accanto
insieme alle ombre della notte;

e ti darò, mia bella bruna,


dei baci gelidi come la luna,
e ti darò carezze di serpente
attorno a una fossa vagante.

Quando verrà il mattino livido,


troverai il mio posto orfano,
e vi farà freddo perfino a sera.

Come qualcuno con la tenerezza,


io sulla tua vita e giovinezza,
io voglio regnar con la paura.
EPILOGO:
luci e ombre

NELLA MIA VITA HO AMATO


Rabindranath Tagore
Nella mia vita ho amato,
cuore e anima,
luci e ombre della terra.
Questo amore senza fine
ha fatto udire la voce della speranza
nell’azzurro del cielo.
E rimarrà nella felicità
e nel dolore più profondo,
rimarrà in ogni gemma e in ogni fiore,
nelle notti primaverili ed estive.
Ho messo l’anello di nozze
alla mano del futuro.
Lettera a Maria Danese
(per il suo mancato compleanno)
Carissima Mary,
sei andata via a soli 25 anni, un fiore, un angelo, nessuna similitudine può descrivere
efficacemente ciò che tu sei ora, e la poesia, per quanto arte alta e sublime, non mi
aiuta.
La cruda verità è che non possiamo sapere ciò che sei diventata.
Oggi, sulla Terra, sarebbe stato il tuo compleanno. Ma dimmi, si festeggiano i comple-
anni in Cielo? O il Paradiso, come dicono, è vivere in un tempo eterno e, dunque, conta-
re gli anni è sciocco, inutile e ciò che conta è soltanto la perpetua visione del Creatore?
Quaggiù, in Sardegna, sembra davvero di vivere in un Paradiso, ma quest’estate, senza
te, è stata un’estate a metà. Tu sei andata via proprio in una mattina di mezza estate:
non una notte, ma una mattina, quando il Cielo è così limpido e azzurro, che non ci
fa desiderare un altro Paradiso; non in un sogno, ma veramente, e troppo in fretta,
privandoci di un ultimo sorriso, un ultimo abbraccio, un’ultima parola di saluto.
Questo è il mio regalo per te oggi: le parole della mia poetessa preferita, Emily Dickin-
son. Ogni volta mi commuovono, fino alle lacrime, e oggi più che mai le sento anche
mie. Leggendole, capirai perché.
“Sono quasi tentata di prendere posto in quel Paradiso di cui scrivono ed essere ora
“per sempre”, tanto sembra meravigliosa l’eternità. La mia sola idea o immagine del
Paradiso è un esteso, azzurro cielo, più azzurro e più esteso del più grande che ho visto
in giugno, e in esso sono tutti i miei amici – tutti loro – ciascuno di loro – quelli che sono
con me ora, e quelli che sono “partiti” mentre camminavamo, e “rapiti in Cielo”.
Chissà se in Cielo ci riconosceremo e se formeremo un gruppo come qui. Sono
propensa a credere di sì – e che il nostro affetto sarà più puro che sulla Terra.
Se le rose non avvizzissero, e il gelo non venisse mai, e qui non cadesse nessuno che io
non possa risvegliare, non ci sarebbe bisogno di altro Cielo se non quello di quaggiù – e
se Dio fosse stato qui quest’estate, e avesse visto le cose che ho visto io – immagino
che considererebbe superfluo il Suo Paradiso. Non deve saperlo, però, per nulla al
mondo, perché dopo tutto quello che Lui ha detto al riguardo, voglio proprio vedere che
cosa ha costruito per noi, senza martello, né pietre, né operai”.
A questo proposito soffermiamoci su due termini appena citati, che meritano un
approfondimento perché ci aiutano a comprendere meglio molti disegni di Maria.

Massimo Steri
Non sapremo mai quale sarebbe stato il futuro artistico di Maria perché un atroce
destino l’ha strappata prematuramente al nostro affetto, non sapremo mai quali strade,
suggestioni, avrebbe percorso o inseguito per dar fiato e dare risposte al suo insazia-
bile desiderio di far arte, non sapremo mai perché quel bianco/nero in cui tanto amava
intingere i suoi personaggi si è spezzato come un filo troppo sottile, ma sappiamo nel
profondo del nostro cuore e nella pienezza dei nostri occhi quello che abbiamo perduto
con la sua scomparsa.
La bellezza del suo animo, la delicatezza del suo essere sempre attenta a non
offendere la suscettibilità altrui, la costanza, dedizione ed entusiasmo per la conoscenza
e lo studio, l’affidabilità e la costanza nel portare a termine gli impegni presi, sono tra le
tante virtù che convivevano nel suo giovane cuore ed io come sua insegnante di Storia
dell’Arte prima e tutor del suo tirocinio formativo presso la Pinacoteca statale Mus’a di
Sassari, in qualità di direttrice, ho avuto modo di conoscere ed apprezzare.
Alcuni suoi lavori oggi esposti vanno letti ancora come frutti non pienamente maturi di
una personalità artistica ancora acerba, ma sicuramente gravida di promesse. Maria ci
mancherà sempre.

Prof.ssa Alma Casula

Una giovane artista ci ha fatto un dono, ci ha presi per mano e ci ha accompagnati in un


viaggio alla scoperta della sua anima.
Attraverso la delicata eleganza dei disegni, l’introspezione, l’atmosfera magica e irreale,
le opere di Maria ci conducono in mondi segreti, dove motivi nascosti diventano segno
e idea.
Dai volti profondi ed eterei dei suoi personaggi, ma soprattutto dalle meravigliose figure
femminili, leggiamo l’anima di un’artista vera, sintesi inaspettata di forza e fragilità, una
sensibilità unica, capace di cogliere significati profondi, di portarli alla luce dall’oscurità e
dall’oblìo delle memorie passate e, grazie alla sua arte, di renderli evidenti.
In ogni disegno, in ogni opera, una parte di Maria, un aspetto della sua personalità, la
dimostrazione della sua straordinaria capacità di tradurre intuizione e sentimento in for-
ma ed emozione, dove il segno maturo, l’originalità espressiva, ambientazioni sospese
ed esotismo vengono messi al servizio di espressione e intensità visiva.
Maria è riuscita a fare ciò che pochi riescono a fare, ha colto trasparenze, messaggi,
sensazioni, li ha letti e tradotti, li ha resi visibili e ce li ha offerti.
E accettando questo regalo, ci facciamo condurre in un’atmosfera irreale ed
evanescente, ci innamoriamo immediatamente di quelle figure preziose, godiamo del
tratto sicuro e dell’originalità espressiva raggiunta attraverso ambientazioni oniriche e
retrò, estrema cura dei preziosi particolari e tanta, tanta leggerezza.
Grazie Maria, grazie per la tua arte, grazie per averci lasciato l’impronta della tua
bellezza, che vivrà per sempre nelle tue creazioni.

Prof.ssa Elisabetta Buono


non sarebbe stato possibile realizzare questo catalogo
e le mostre senza la disponibilità di:
Giuseppe Danese e Nicola

Alfredo Barrago/ospitalitalità per mostra


massimo steri/testi

il liceo artistico di quartu / ospitalità per mostra


Anna Maria Maullu / dirigente scolastico
Rosario Fiscale / coordinazione mostra
i docenti di Maria / collaborazione
Classe Quarta C / Locandina e allestimento mostra

Franco Cuccu / consulenza tecnica


Jonathan Solla / fotografia
Alberto Marci / impaginazione
Paolo Lai / testi
Francesco Cogoni / recensioni
Antonio Mallus / coordinamento

e tanti altri amici.

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