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Il bolscevismo (in russo: большевизм?

, traslitterato: bol'ševizm) è una corrente


del pensiero politico marxista, sviluppatasi all'inizio del XX secolo all'interno
del Partito Operaio Socialdemocratico Russo (POSDR) e concretizzatasi nella
formazione del Partito bolscevico, poi Partito Comunista dell'Unione Sovietica
(PCUS).

L'origine del termine è legata agli equilibri registrati in alcune votazioni del II
Congresso del POSDR, tenutosi in clandestinità tra Bruxelles e Londra nel 1903:
coloro che appoggiavano le tesi strategiche e organizzative sostenute da Lenin
furono detti bolscevichi (большевики, bol'ševiki), cioè maggioritari, mentre coloro
che le contrastavano furono detti menscevichi, cioè minoritari.

Indice
1 Storia
1.1 La scissione
1.2 Il gruppo dei "vperiodisti"
1.3 La strutturazione in partito
1.4 La Rivoluzione d'ottobre
1.5 I bolscevichi al potere
1.6 La guida di Stalin
2 Ideologia
2.1 Il partito d'avanguardia
2.2 La dittatura del proletariato
2.3 L'internazionalismo
2.4 Il marxismo-leninismo
3 Note
4 Bibliografia
5 Voci correlate
6 Altri progetti
7 Collegamenti esterni
Storia
La scissione

Il primo numero del giornale Iskra (dicembre 1900)


All'inizio del XX secolo era teorizzata da Lenin e dai suoi collaboratori al
giornale Iskra l'esigenza di un partito «democraticamente centralizzato, stabile e
coeso, fondato su un programma marxista rivoluzionario», in grado di «fornire alla
classe operaia in lotta un tipo di direzione che avrebbe assicurato l'egemonia
proletaria nella battaglia per la democrazia fino al trionfo del socialismo».[1] La
fase di concretizzazione di tale idea di partito condusse ad uno scontro,
nell'ambito del II Congresso del POSDR (il primo effettivo dopo quello fondativo
del 1898, svoltosi in condizioni precarie), tra i cosiddetti "iskristi" ed altre
correnti della socialdemocrazia russa. I primi prevalsero sugli economicisti, che
preferivano una struttura organizzativa debole, e sul Bund, che premeva per
un'organizzazione federale di diversi gruppi socialisti, tra cui quello ebraico.[2]

Il Congresso registrò tuttavia anche un aspro conflitto interno agli stessi


"iskristi". Questi ultimi si distinsero in due frazioni: una, guidata da Lenin, fu
detta bolscevica e l'altra, guidata da Martov, fu detta menscevica. Lo scontro si
concentrò soprattutto sull'articolo 1 dello Statuto del Partito: mentre la
formulazione proposta da Lenin pretendeva dai membri la partecipazione attiva ad
una delle organizzazioni del POSDR, quella avanzata da Martov riteneva sufficiente
per l'accettazione nel partito il fatto di collaborare con esso, pur senza
partecipare direttamente. Le due diverse versioni sottintendevano due differenti
idee di partito: una forza d'avanguardia, snella e composta di rivoluzionari di
professione per Lenin, un'organizzazione ampia e di massa per Martov. Dopo un
dibattito molto acceso l'assemblea approvò l'articolo 1 nella versione di Martov,
mentre il resto del testo rifletteva l'idea di Lenin.[3][4]
La divisione in due frazioni fu confermata nel 1904 dalla nascita dell'Ufficio dei
comitati di maggioranza di parte bolscevica e della Commissione organizzativa
menscevica,[5] mentre dopo l'inizio della Rivoluzione russa del 1905 i bolscevichi
tennero il III Congresso del POSDR (che approvò l'articolo 1 dello Statuto nella
versione di Lenin)[6] e i menscevichi svolsero una Conferenza di partito, con
ciascuna delle due assemblee che elesse organismi dirigenti distinti. Le dinamiche
rivoluzionarie portarono a tentativi di riavvicinamento tra le due correnti,[7] e
nella primavera del 1906 si svolse un Congresso unitario.[8] Il periodo reazionario
apertosi nel 1907, però, indebolì l'intero movimento socialdemocratico e acuì le
tensioni interne al partito[7] e alle stesse correnti.[8]

Il gruppo dei "vperiodisti"

Lenin, Bogdanov e Krasin costituirono la trojka dirigenziale bolscevica nel periodo


1905-1907
Tra i bolscevichi scoppiò profondo dissenso tra i principali leader della trojka
che tra il 1905 e il 1907 aveva supervisionato l'attività della frazione: Lenin,
Krasin e Bogdanov.[9] In particolare quest'ultimo, appoggiato anche da Krasin e da
quello che, dal giornale Vperëd, fu detto il gruppo dei "vperiodisti", sosteneva
posizioni cosiddette di "ultrasinistra", incentrate sul dare priorità all'attività
illegale del partito e all'azione militare.[10] Lenin, che trovò il supporto di
Kamenev, Zinov'ev, Rykov, Tomskij e della maggioranza della frazione,[11] riteneva
invece fondamentale, dopo la sconfitta rivoluzionaria, che il partito rimanesse
legato alla massa operaia: a questo scopo era necessario non limitarsi all'attività
clandestina ma partecipare a quella dei sindacati e a quella parlamentare nella
Duma di Stato, che per Bogdanov si doveva boicottare come fatto nel 1905.[12]

La fazione radicale di Bogdanov, appoggiato dalla maggioranza del partito fra cui
Lunačarskij e Aleksinskij, ebbe inizialmente successo tra gli operai, che
conseguentemente aderirono al boicottaggio per concentrarsi sull'insurrezione. In
questo modo Bogdanov si trovò di fatto a capo del movimento bolscevico, ma il suo
successo politico fu di breve durata e scemò con lo svanire della prospettiva di
una nuova insurrezione.[13]

D'altra parte, a causa del boicottaggio messo in atto dai bogdanoviani, i deputati
del POSDR alla terza Duma erano in maggioranza menscevichi. Allora una parte dei
bolscevichi chiese la revoca dei deputati e fu detta degli "otzovisti" (dal russo
otozvat', "richiamare"). Bogdanov e altri pretesero, invece, che i deputati
votassero in base alle istruzioni del Comitato centrale, e furono detti
"ultimatisti". Il peso degli "otzovisti" e degli "ultimatisti" nelle organizzazioni
di partito era significativo; inoltre questa ala sinistra del bolscevismo
comprendeva alcuni tra i maggiori intellettuali, come Gor'kij e Lunačarskij.[13]

La disputa fra Lenin e Bogdanov, che non si limitò a divergenze tattiche ma si


estendeva sul piano strategico, su quello politico-programmatico e su quello
teorico e filosofico, portò nel 1909 all'estromissione di Krasin e Bogdanov dal
Centro bolscevico, che era stato istituito nel 1907 per coordinare l'attività della
frazione; e alla dichiarazione, da parte della conferenza del giornale Proletarii,
della dissociazione della corrente dalle posizioni di Bogdanov, che, non accettando
tali conclusioni, venne infine espulso dalla frazione bolscevica.[11]

Nel conflitto fra Lenin e Bogdanov ebbero grande importanza le scuole di partito.
Appena dopo l'espulsione dalla corrente bolscevica, Bogdanov, con l'aiuto di
Gor'kij e Lunačarskij, fondò la "scuola superiore socialdemocratica di agitazione"
a Capri, che operò dall'agosto al dicembre 1909. Per attrarre gli allievi alla sua
corrente, Lenin aprì allora nell'estate 1911 la scuola di Longjumeau, vicino a
Parigi. Nel novembre dello stesso anno Bogdanov fondò la scuola di Bologna, che fu
attiva fino al marzo successivo.[14]

Nel frattempo anche tra i menscevichi si erano delineate diverse tendenze, tra cui
quella dei cosiddetti "liquidatori", che puntavano allo scioglimento del partito
illegale per spostarsi a operare in organizzazioni legali.[8]

La strutturazione in partito
L'ultimo tentativo di riunificazione coincise con il plenum del gennaio 1910 del
Comitato centrale del POSDR, che tuttavia raggiunse risultati puramente formali e
costituì il preludio alla rottura definitiva.[8] Nel gennaio del 1912 si tenne a
Praga la VI Conferenza del POSDR,[15][16] organizzata dall'ala sinistra, che vi
presenziò in larga maggioranza decretando l'espulsione dei liquidatori. L'assemblea
elesse un Comitato centrale dominato dai bolscevichi, di cui facevano parte tra gli
altri Lenin, Zinov'ev e Ordžonikidze, e in cui più tardi sarebbe stato cooptato
anche Stalin.[17] Da questo momento menscevichi e bolscevichi operarono
definitivamente come due partiti diversi;[8] allo stesso tempo non ebbero seguito
azioni unitarie di tutte le forze socialdemocratiche non bolsceviche, come la
Conferenza tenuta in agosto a Vienna su iniziativa di Trockij, condizionata
dall'incompatibilità tra le posizioni dei menscevichi e quelle sia dei vperiodisti
che dei membri del partito non aderenti a correnti.[18][19] L'anno successivo si
ebbe la scissione ufficiale tra bolscevichi e menscevichi anche all'interno della
frazione socialdemocratica presso la Duma, che fino ad allora era rimasta almeno
formalmente unitaria.[8]

Lenin espone le Tesi di aprile presso il Palazzo di Tauride, sede del Soviet di
Pietroburgo
Essendo i vertici di stanza all'estero, l'attività dei bolscevichi in Russia,
propangandata in particolare tramite i giornali Zvezda e Pravda, era organizzata
dalla frazione alla Duma[8] e dall'Ufficio russo.[17] Il partito conquistò ampio
consenso soprattutto tra i quadri operai delle città,[20] ma fu poco dopo oggetto
di una violenta repressione seguita allo scoppio della Prima guerra mondiale.[21]
Molti dirigenti, tra cui Kamenev e tutti i deputati, furono deportati in Siberia,
dove già erano stati esiliati Ordžonikidze, Stalin e Sverdlov. L'Ufficio russo non
riuscì ad operare per 18 mesi, per poi venire ricostituito tra la primavera e
l'estate del 1916 da Šljapnikov su incarico di Lenin.[22]

Con la Rivoluzione di febbraio del 1917, che depose lo zar, il partito poté
emergere dall'illegalità.[23] Inizialmente la linea prevalente tra i bolscevichi fu
quella di Kamenev e Stalin, rientrati dalla Siberia, che cercavano la
collaborazione con le altre forze rivoluzionarie,[24][25] ma un netto cambiamento
si ebbe nella posizione del partito dopo il ritorno di Lenin dall'esilio in
Svizzera. Le sue Tesi di aprile, dapprima accolte in modo scettico e fortemente
critico,[26] guadagnarono sempre più consenso, fino a venire approvate a larga
maggioranza nell'ambito della Conferenza di aprile, svoltasi a Pietrogrado nella
primavera del 1917, durante la quale venne anche ufficializzata la nascita del
"Partito Operaio Socialdemocratico Russo (bolscevico)".[23] Da quel momento il
partito si pose l'obiettivo di trasformare la rivoluzione borghese in atto in una
rivoluzione socialista, negando ogni sostegno al governo provvisorio.[27][28]

La Rivoluzione d'ottobre
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Rivoluzione
d'ottobre.

L'esercito del Governo provvisorio spara sui manifestanti durante le Giornate di


luglio
L'appoggio delle masse alle parole d'ordine dei bolscevichi crebbe nei mesi
successivi,[29][30] in particolare all'interno dei comitati di fabbrica e
nell'esercito, le cui guarnigioni si erano radicalizzate dopo una fallimentare
offensiva voluta dal Governo a giugno e che aveva portato alla caduta
dell'esecutivo e alla formazione di un nuovo gabinetto guidato dal
socialrivoluzionario Aleksandr Kerenskij. A luglio il partito bolscevico prese la
testa di una manifestazione, inizialmente spontanea, di operai e soldati a
Pietrogrado.[31] Dopo il fallimento di questa iniziativa si scatenarono una
violenta repressione antibolscevica[32][33] e una feroce campagna contro lo stesso
Lenin, accusato di essere un agente tedesco e costretto alla clandestinità fuori
città.[34]

L'arretramento dei bolscevichi fu breve: essi svolsero già in agosto un ruolo


primario guidando il sollevamento di massa di operai e soldati che respinse il
colpo di stato conservatore condotto dal generale Kornilov. Da quel momento il
consenso verso i bolscevichi dilagò ed essi conquistarono la maggioranza in
numerosi soviet, a partire da quelli di Pietroburgo e Mosca. Presidente
dell'assemblea pietroburghese divenne Trockij, che ormai da diversi mesi aveva
sposato la causa bolscevica, divenendo con Lenin il principale leader della
Rivoluzione.[35]

Lev Trockij, con Lenin il principale leader della Rivoluzione d'ottobre


I due ritenevano fin da settembre indispensabile non perdere l'occasione
rivoluzionaria che si era venuta a creare e insistettero per la sollevazione
armata, che fu deliberata il 10 ottobre (23 del calendario gregoriano) dal Comitato
centrale del Partito bolscevico. La decisione fu presa con dieci voti favorevoli e
due contrari, quelli di Kamenev e Zinov'ev.[36][37] Questi ultimi temevano che
l'insurrezione avrebbe compromesso l'intera rivoluzione e ritenevano pertanto più
opportuna una lunga opposizione nei soviet e nella futura Assemblea costituente.
Per la maggioranza, invece, le masse stesse si sarebbero rivolte contro i
bolscevichi se questi avessero temporeggiato, e allo stesso tempo vi era fiducia
nell'estensione della rivoluzione a livello europeo, che avrebbe garantito il
necessario sostegno alla lotta in Russia.[38]

La rivoluzione scattò tra la notte del 24 e il mattino del 25 ottobre (6 e 7


novembre del calendario gregoriano), quando soldati, marinai e operai armati (le
"guardie rosse")[39] occuparono i punti chiave della città.[40][41] Alle ore 10
Lenin poté proclamare il rovesciamento del Governo,[39] mentre la sera gli insorti
occuparono il Palazzo d'Inverno e arrestarono i ministri, ma non Kerenskij che era
già riuscito a lasciare la città.[42]

Contemporaneamente si insediò presso l'Istituto Smol'nyj il II Congresso dei


Soviet, a maggioranza bolscevica, cui fu formalmente consegnato il potere
conquistato con la rivoluzione.[42] I lavori del Congresso furono abbandonati dalla
maggioranza dei menscevichi e dei socialrivoluzionari, che tuttavia subirono la
scissione della propria ala sinistra; essa continuò a partecipare ai lavori e vide
propri rappresentanti entrare a far parte del nuovo Comitato esecutivo centrale
panrusso, presieduto prima da Kamenev e poi da Sverdlov, ma non del Consiglio dei
commissari del popolo (Sovnarkom), eletto la sera del 26 ottobre e composto di soli
bolscevichi[43] guidati da Lenin.[44]

I bolscevichi al potere
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Partito
Comunista dell'Unione Sovietica.
Dopo la conquista del potere i bolscevichi attuarono immediate riforme di tipo
socialista[45][46][47] e nel marzo 1918 sottoscrissero la pace di Brest-Litovsk con
la Germania, che causò l'abbandono del governo da parte dei socialrivoluzionari di
sinistra,[48] che erano entrati nel Sovnarkom a dicembre.[49][50] Intanto le realtà
che si opponevano al potere sovietico acquisirono nuova forza anche grazie
all'appoggio delle potenze straniere[51] e si giunse alla guerra civile.[52] Fu
allora varato il cosiddetto comunismo di guerra, caratterizzato da spirito
egualitario, nazionalizzazione radicale e misure eccezionali.[53][54] All'indomani
della vittoria sull'Armata Bianca tali misure furono revocate con il lancio della
Nuova Politica Economica (NEP),[55][56] che ripristinava elementi di capitalismo,
in particolar modo nel settore agricolo.[57] In questa fase il pericolo che il
proletariato, provato dai grandi sforzi degli anni precedenti, soccombesse di
fronte al ritorno delle forze capitaliste spinse alla messa al bando delle altre
organizzazioni politiche e al divieto di frazionismo nel partito,[58][59] che
limitò quella che fino ad allora era stata una vita interna intensamente
democratica.[60][61]

La guida di Stalin

Ritratto di Stalin eseguito da Isaak Brodskij


Dopo la fondazione dell'Unione Sovietica (dicembre 1922)[62] tali provvedimenti,
che erano stati introdotti in circostanze straordinarie, divennero progressivamente
la regola dopo la malattia e la morte di Lenin, che coincisero con l'avvento al
vertice del partito e del Paese di Stalin. Egli seppe concentrare nelle proprie
mani sempre più potere, sostituendo la leadership collettiva teorizzata da Lenin
con una solida leadership personale.[63] I suoi principali rivali, sopravanzati già
entro la fine degli anni venti,[64][65] furono oggetto dopo il 1934 di processi
pubblici che si conclusero con numerose condanne a morte[66] durante le cosiddette
Grandi purghe, che interessarono centinaia di migliaia di membri del partito.[67]
[68]

Durante il periodo staliniano fu portato avanti un imponente processo di


industrializzazione che, unitamente alla collettivizzazione delle campagne,[69]
accompagnò la trasformazione del Paese in una superpotenza con un elevato livello
di urbanizzazione, mobilità e istruzione,[70] facendo registrare successi di grande
portata a fronte dell'indebolimento del legame democratico con i lavoratori.[71]

L'organizzazione bolscevica rivestì poi un ruolo cruciale prima e durante la


Seconda guerra mondiale: il successo sul nazismo garantì la crescita dell'autorità
di Stalin[72] e del prestigio del partito,[73] che nel 1952 fu ridenominato
"Partito Comunista dell'Unione Sovietica".[74] La scelta del nome, più conforme
agli standard internazionali,[75] portò dunque alla rimozione dell'aggettivo
"bolscevico"[76], che era invece rimasto intatto durante le precedenti
ridenominazioni: quella del 1918 in "Partito comunista russo (bolscevico)", voluta
da Lenin per evidenziare la distanza dalle forze riformiste[77] e segnare il
definitivo superamento della fase borghese della rivoluzione;[78] e quella del 1925
in "Partito Comunista di tutta l'Unione (bolscevico)", che prendeva atto
dell'organizzazione del partito ormai di livello pansovietico.[79]

Ideologia
Il partito d'avanguardia

Lenin in Svizzera nel 1916


I fondamenti teorici e organizzativi del Partito bolscevico risiedono nel
leninismo,[1] inteso come l'insieme delle elaborazioni condotte da Lenin,
incentrate sull'adesione al marxismo rivoluzionario e sulla sua applicazione
concreta alle lotte della classe operaia.[80] Tra gli elementi chiave del
contributo di Lenin vi sono gli aspetti legati all'organizzazione del partito:
secondo il leader bolscevico, esso doveva costituire una forza di avanguardia,
centralizzata ma ramificata in una vasta rete di cellule locali;[81] I militanti,
dediti ad un programma rigorosamente rivoluzionario, dovevano in maggioranza
provenire dalla classe operaia e con essa interagire, senza però che il partito
coincidesse con la classe.[82] Per Lenin il partito doveva essere infatti una forza
impegnata nella lotta teorica, oltre che in quella politica e in quella economica,
capace di portare nella classe operaia una visione profonda di scopi e fini a cui
da sola essa, tenendo conto soltanto della difesa dei propri interessi economici,
non sarebbe potuta arrivare.[83]

La dittatura del proletariato


Con la Rivoluzione del 1905 si consolidò anche la principale differenza strategica
tra bolscevichi e menscevichi. Questi ultimi traevano dall'analisi marxiana la
conclusione che l'unica rivoluzione possibile era quella di carattere democratico-
borghese, che avrebbe dovuto portare alla società capitalista; in essa il
proletariato avrebbe esercitato una funzione di opposizione in cui crescere in
senso politico e numerico. I bolscevichi, e in particolare Lenin, contrapponevano a
questo modello un nesso ininterrotto tra rivoluzione democratico-borghese e
rivoluzione socialista: poiché la prima non poteva essere radicale e si sarebbe
inevitabilmente fermata ai compromessi più cauti per tutelare gli interessi della
classe possidente, era indispensabile che il proletariato diventasse egemone,
nell'ambito di una dittatura degli operai e dei contadini che muovesse verso la
rivoluzione socialista e la dittatura del proletariato.[84]

L'internazionalismo

Alcuni delegati al II Congresso del Comintern (1920)


Il programma bolscevico comprendeva un orientamento marcatamente internazionalista
rivoluzionario, nella convinzione che la lotta operaia negli altri Paesi avrebbe
rafforzato il movimento russo e viceversa,[85] pertanto l'attività dei bolscevichi
era profondamente inserita nel contesto della socialdemocrazia europea[86] e il
partito occupò l'ala sinistra della II Internazionale. Il fallimento
dell'organizzazione causato dall'accettazione della Prima guerra mondiale da parte
di molti partiti socialisti europei, fortemente criticati da Lenin, fornì al leader
bolscevico elementi sia per il proprio appello al passaggio dalla guerra
imperialistica a quella rivoluzionaria, sia per una profonda analisi
dell'imperialismo come fase suprema del capitalismo: esso costituiva cioè il suo
stadio più avanzato e più contraddittorio, vigilia di una rivoluzione socialista da
inquadrare non solo su scala continentale ma mondiale, in cui il proletariato
trovava un alleato nei popoli oppressi delle colonie.[87]

L'obiettivo di estendere la rivoluzione a livello globale fu centrale nella


politica dei bolscevichi anche all'indomani della presa del potere in Russia:[88]
nel 1919 essi furono infatti promotori di una nuova grande organizzazione
sovranazionale, l'Internazionale Comunista (Comintern), spostando a livello
internazionale la lotta contro i socialriformisti che internamente si era
concretizzata con la Rivoluzione d'ottobre.[89]

Il marxismo-leninismo
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Marxismo-
leninismo.
La mancata realizzazione dell'auspicata rivoluzione mondiale e il ripiegamento
verso la teoria del socialismo in un solo paese[90] furono tra le cause del fatto
che, con il tempo, in Unione Sovietica l'interpretazione del marxismo e del
leninismo cominciarono ad assumere caratteristiche di sempre maggior
conservatorismo, portando all'affermazione dello stalinismo e al consolidarsi,
dagli anni trenta, dell'orientamento ideologico del partito in una ben riconosciuta
ortodossia, il marxismo-leninismo.[91]

L'ideologia marxista-leninista, considerata coincidente con il punto di vista della


classe operaia,[92] contribuì a legittimare il ruolo di leadership nel Paese e
nella società del partito,[93] che si riteneva erede, custode e creativo
continuatore dell'elaborazione di Marx, Engels e Lenin.[94]

Note
Le Blanc, p. 57.
^ Le Blanc, p. 64.
^ Bezborodov, Eliseeva, pp. 130-131.
^ Carr, pp. 29-30.
^ Bezborodov, Eliseeva, p. 134.
^ Bezborodov, Eliseeva, p. 135.
Le Blanc, pp. 27-28.
Korgunjuk, Zaslavskij, p. 22.
^ Le Blanc, p. 114.
^ Le Blanc, pp. 115-117.
Le Blanc, p. 120.
^ Le Blanc, pp. 115-118.
Scherrer, pp. 498-499.
^ Scherrer, pp. 512-513.
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^ Le Blanc, pp. 6-7.
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consultato il 1º dicembre 2016.
Voci correlate
Partito Operaio Socialdemocratico Russo
Partito Comunista dell'Unione Sovietica
Rivoluzione d'ottobre
Associazione dei vecchi bolscevichi

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