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FRATERNITÀ UNIVERSALE

Un’altra dimensione della fraternità è quella universale, che si basa sul principio
dell’universale paternità di Dio. Poiché siamo figli di uno stesso Padre, le porte della fraternità
sono sempre aperte a tutti, al di là delle disuguaglianze sociali costruite dall’uomo. Non
possiamo negare che, ad un certo punto della storia, la società si sia allineata ad una mentalità
individualista/egoista e anche Francesco ne abbia subito l’influenza. Infatti, si narrava che «un
nobile della città di Assisi…faceva i preparativi militari per andare in Puglia. Venuto a sapere
la cosa, Francesco era stato preso dal desiderio di andare con lui. Così, per essere creato
cavaliere…»1.
Diventare cavaliere, all’epoca, era il sogno di ogni giovane, perché quel titolo garantiva
anche un importante riconoscimento sociale. Francesco desiderava ricoprire i primi posti della
società, essere potente e importante. Tali ambizioni avevano abitato nel suo cuore, fino al
momento della conversione, avvenuta grazie all’incontro con i lebbrosi, da lui descritto così:
«Il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da loro,
ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di animo e di corpo. E in seguito, stetti
un poco e uscii dal secolo»2. Quell’episodio gli permise di rendersi conto di aver vestito, fino
ad allora, i panni di un’identità non sua, autocentrata e orientata sull’immagine di sé come
cavaliere3.
Egli, utilizzando l’espressione “mi fu cambiato”, metteva in luce il fatto che all’inizio
ignorasse che il Signore lo stesse preparando ad entrare in una via di conversione. Da quel
momento in poi avrebbe mutato le ragioni del suo agire, passando dall’avere come unico
riferimento sé stesso, al muoversi sotto la spinta dell’amore gratuito, vivendo da fratello e non
più da cavaliere. Prima di allora, egli non sapeva che la vita valesse più dell’onore che il mondo
poteva offrirgli. La ricerca degli onori mondani era di impedimento all’incontro con la verità e
creava delle barriere fra coloro che credevano di essere più forti e il resto della società. Tale
divisione distoglieva l’uomo dal ricordo della propria principale vocazione: quella di essere
fratelli, uniti in una fraternità universale, in quanto figli di un unico Dio.
1
Leggenda dei tre Compagni, 5: FF 1399.
2
FRANCESCO D’ASSISI, Testamento, 2-3: FF 110.
3
Cfr. P. Maranesi, La conversione di Francesco: racconti di una (doppia) identità, in Vita Minorum 79
(2008), 65-108.
Dopo l’incontro con i lebbrosi, Francesco visse una trasformazione interiore, che lo
aiutò a gustare la bontà di Dio attraverso il creato e le creature e a non considerare importante
solo ciò che è ritenuto tale agli occhi del mondo. Per imitazione di Cristo, che nel Vangelo di
Giovanni (in Gv 17,11) dice di sé «non sono più nel mondo», anche Francesco uscì dal mondo,
nel senso che decise di rinunciare al dominio sul mondo, per essere libero di accogliere la vita
vera che Dio gli aveva donato.
In un primo momento, l’invito a lasciare il mondo, presente nelle Sacre Scritture, fu
interpretato da Francesco come la chiamata ad allontanarsi da esso, in quanto luogo inquinato
dai peccati. Pertanto, anche i frati, compagni di Francesco, si chiesero se dovessero spendere
«la loro vita tra gli uomini o ritirarsi in luoghi solitari»4. Ispirato dallo Spirito, Francesco
comprese che la vita dei frati trovava il proprio compimento nella condivisione con il resto
dell’umanità.
Francesco ed i frati, stando nel mondo, offrivano come esempio il loro modo di vivere
da figli di Dio, provando ad agire come il Signore che «fa sorgere il sole ugualmente sui buoni
e sui cattivi» (Mt, 45). Da quel versetto, si deduce che una delle caratteristiche più importanti
dell’amore del Padre è la sua natura incondizionata e universale, rivelata in modo concreto da
Cristo sulla croce. Vivere da figli di Dio significa interiorizzare che «la sequela di Cristo è una
sequela di amore»5 universale.
Francesco aspirava all’amore universale e scoprì nella dimensione della fraternità la
propria modalità di relazionarsi con il mondo. Si trattava di un amore che abbracciava tutto il
creato e nel quale egli «non solo riconosceva tutti gli elementi e tutti gli esseri con il nome di
fratello e sorella, ma realmente sentiva per ciascuno di essi un sentimento fraterno» 6. Dai suoi
scritti, si deduce che il suo cuore sia stato ispirato a vivere una comunione universale con tutte
le creature, per opera dello Spirito Santo. Francesco, come raccontava il Celano, «mirava il
sole, la luna e le stelle del firmamento…Perfino per i vermi…si preoccupava di toglierli dalla
strada nascondendoli in un luogo sicuro, perché non fossero schiacciati dai passanti» 7.

4
TOMMASO DA CELANO, Vita Prima del beato Francisci, 35: FF 381.
5
S. DURANTI, Francesco ci parla: Commento alle ammonizioni, Edizioni Porziuncola, Assisi, 1992, p.
204.
6
È. LECLERC, La Fraternita come testamento, p. 87.
7
TOMMASO DA CELANO, Vita prima del beato Francisci, 80: FF 458.
Credendo fermamente alle parole della prima lettera a Timoteo, in cui San Paolo affermava che
«tutto ciò che è stato creato da Dio è buono e nulla è da scartarsi», Francesco riteneva che ogni
creatura fosse espressione dell’amore di Dio per l’umanità.
Per vivere la fraternità universale, è necessario riportare la creazione alla sua unità
originaria e il primo passo da compiere da parte dell’uomo dovrebbe essere quello di «non
dimenticare che ogni creatura ha una funzione e nessuna è superflua. Tutto l’universo materiale
è un linguaggio dell’amore di Dio, del suo affetto smisurato per noi. Suolo, acqua, montagne,
tutto è carezza di Dio»8. Tale verità divenne chiara per Francesco grazie all’incontro con i
fratelli lebbrosi. In quell’occasione, egli comprese che tutte le creature sono legate tra loro
dallo stesso filo d’amore che unisce le persone della Trinità. La fraternità francescana, essendo
una porta aperta all’accoglienza di ogni creatura, ha la funzione di rendere visibile quel filo che
la collega al Padre.
La fraternità è quindi chiamata ad amare e conoscere continuamente Dio e lasciando
aperta la propria porta, permette all’uomo di ammirare la magnificenza del Creatore che si
manifesta in ogni creatura. Il Celano commentava con queste parole l’esperienza vissuta da
Francesco: «Chi basterebbe a narrare quanta dolcezza egli godesse contemplando nelle creature
la sapienza del Creatore, la sua potenza e la sua bontà? Questa considerazione lo riempiva di
una gioia mirabile e indicibile, quando guardava il sole, la luna, le stelle del firmamento»9.
La creazione intera è il punto di riferimento di una fraternità universale, che nasce dalla
consapevolezza dell’universale paternità di Dio, che rende tutti (uomini, animali e piante) parte
di una sola famiglia. La fraternità per Francesco non include solo i frati nei conventi ma va
oltre le barriere create dall’uomo.

8
PAPA FRANCESCO, Laudato Si’, (24 maggio 2015), 24.
9
TOMMASO DA CELANO, Vita prima del beato Francisci, 80: FF 456.

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