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CANTO:

DALLA SOCIALITÀ ALLA PROFESSIONE


Poche idee ma ben confuse
sul rapporto tra mondo amatoriale e mondo professionale
per coristi ma non solo

di Lorenzo Fattambrini
O ἄνθρωπος φύσει πολιτικoν ζῷον
Abbiamo riscoperto in questi ultimi mesi
ciò che Aristotele intuì 2500 anni fa: grande
studioso della natura umana e attento
osservatore dei tratti che accomunano la
nostra specie, analizzando se stesso e i
propri simili, riuscì a comporre quella che
potremmo quasi definire una psicologia
ante litteram, ovviamente in chiave
filosofica, elencando i bisogni primari
dell’uomo, soffermandosi su quelli che lo
distinguono dal resto degli esseri viventi.
O ἄνθρωπος φύσει πολιτικoν ζῷον
Afferma Aristotele nel primo libro della sua
Politica:
“L’uomo è per natura un animale sociale”.

Con il termine πολιτικoν il filosofo spiega e


riassume uno dei caratteri più propri
dell’essere umano, e cioè la sua “politicità”,
il suo bisogno di confronto e di rapporto,
senza il quale sarebbe un comune animale
solitario.
”Homo sum: humani nihil a me
alienum puto...” ci ricorda anche il
commediografo romano Publio
Terenzio Afro (ed Hegel qualche secolo
più tardi amplificherà la portata di
questa idea): ognuno instaura un
legame indissolubile con l'Umanità
stessa, dettato dalla naturale e
comune condizione di essere Uomini:
siamo nati con l’esigenza primordiale
di non stare da soli.
La solitudine ci rende fragili, esposti
alle lacerazioni, in balia delle difficoltà.
Le relazioni sono alla base della società di
allora e di oggi.
Tutti sappiamo inconsciamente che per
sopravvivere dobbiamo prima convivere.
Ci esprimiamo nella socialità attraverso lo
scambio delle opinioni, il dialogo, il vivo
rapporto con il nostro simile e in questo
modo arricchiamo il nostro essere, il nostro
processo di formazione: ci apriamo a nuove
conoscenze, a nuove idee, a nuovi punti di
vista.
Il rapporto e il confronto – anche nelle forme
più distorte e aberranti che ritroviamo oggi
nelle discussioni della piazza virtuale dei
social - sono per la maggior parte degli esseri
umani dei veri e propri bisogni, tanto quanto
lo sono dormire e mangiare.
CANTO
Il canto è una delle forme di socialità più evidenti e coinvolgenti
della comunità umana.
Il ‘fare musica’ in forme collettive e condivise ha sempre svolto
una funzione sociale preziosa nel delineare identità di gruppo e
veicolare messaggi sociali e valori collettivi.
“Si effonde circolarmente, avvolge e con - fonde cantanti ed ascoltatori
in un unico ambiente sonoro. Chi canta vive interamente nel canto
(nell’in – canto), modula il tempo e fa di esso esperienza pura ed
intensa. In tale modo il canto lo spinge e lo accompagna al centro delle
cose. Quando poi cantano insieme, gli uomini lasciano cadere le
reciproche barriere e si accomunano.”
CANTO
Si avvicinano a quella condizione in cui – come dice l’Apostolo Paolo ai
Corinzi – ci si rende “tutto in tutti”.

Perché grazie al canto comune alla centralità si giunge insieme. E ad


una pienezza non esclusiva, ma tanto più intensa quanto più
condivisa…”
Fin dalla notte dei tempi le esperienze salienti dell’esistenza umana: il
sacro, il trascorrere delle stagioni, la nascita e la morte, l’amore, la
guerra, più tardi anche le lotte sociali - sono state vissute ed elaborate
collettivamente nell’epopea del canto.
CANTO
Il canto popolare, nelle sue varie manifestazioni, è stato a lungo il
presidio dell’identità e dell’orgoglio dei popoli.
Oggi però la Modernità rischia di portare ad un isolamento e una
privatizzazione estrema delle esistenze.
Perfino la guerra – spero di non essere frainteso - che è sempre stata
ispiratrice di canti popolari ora è ridotta, per così dire, a fatto privato,
di “professionisti” che fanno il loro lavoro di routine.
CANTO
La spontaneità canora popolare sta scomparendo, perché sta
scomparendo l’idea di collettività, di popolo.
Al suo posto la massa, fatta di tanti individui soli, ciascuno identificato
con il suo ruolo sociale.
Il canto e la musica non sono scomparsi, ma sono diventati prodotti
industriali offerti sul mercato a consumatori passivi e isolati, anche
quando stanno fisicamente accalcati insieme nelle discoteche e nei
grandi concerti rock.
La sopravvivenza del canto come manifestazione totale umana, sociale
ed individuale, non è affatto scontata, e d’altra parte si è anche ridotta
progressivamente la nostra attitudine all’ascolto.
CANTO
Come osserva Karlheinz Stockhausen: “Non siamo più, da molto tempo, una
società aurale”.
Canto ed attitudine all’ascolto sono due facce della stessa medaglia: fioriscono
o deperiscono insieme. Una situazione preoccupante perché il canto e la
musica hanno da sempre avuto un ruolo insostituibile nell’educazione delle
anime e nella rigenerazione della socialità.
Ciò che Lutero diceva della musica - “che scaccia il diavolo e rende lieta la
gente; fa dimenticare l'ira, la lussuria, la superbia e gli altri vizi”- vale anche, e
forse più, per il canto. Ma oggi il rischio di accontentarsi di un ascolto passivo
e superficiale dei surrogati industriali del canto e della musica sembra sempre
più reale: sarebbe rassegnarsi a subire il destino di una società di atomi
distratti e marginali.”
(atti dalla 7ma edizione del Festival del Canto Spontaneo – a cura di Alberto Madricardo)
CANTO (CORALE):

DALLA SOCIALITÀ
ALLA
PROFESSIONE
CANTO (CORALE):

AMATORIALITÀ
VS
PROFESSIONALITÀ
Senza ragione di cui vergognarsi, la più diffusa realtà di
canto corale è a carattere amatoriale. I cori sono per lo
più composti da persone che amano la Musica e il
Canto, vivendo le esperienze di assieme e ricavandone
benessere potendo avvicinarsi in modo privilegiato al
mondo dell’Arte e della Musica.
DAL DIVERTIRSI ALLA DISCIPLINA

Ognuno porta alle prove:


➢ la propria identità
➢ il proprio carattere

➢ le proprie competenze

➢ le proprie sicurezze e le proprie incertezze

➢ le tensioni personali

➢ la propria voglia di divertirsi

➢ vari pensieri.

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DAL DIVERTIRSI ALLA DISCIPLINA
Nel momento in cui si comincia la prova, in un gruppo
musicale tutto ciò che è personale si dovrebbe accordare alla
costruzione di un suono, un’armonia, un colore vocale,
un’intenzione comune, la comprensione del testo e la sua
corretta pronuncia, la ricerca di precisione nell’intonazione e
nel ritmo: insomma l’obiettivo finale diventa la Musica
realizzata nel pieno delle proprie possibilità.
Scatta la necessità di una autodisciplina che ci porti a
sublimare le necessità di divertimento verso un modus che sia
più efficiente e sofisticato del trovarsi a cantare
convivialmente attorno ad un tavolo di amici.
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DALLE PROVE AL CONCERTO

Il concerto è un atto di rispetto: verso la Musica, verso


se stessi, verso il gruppo e verso il pubblico.
Quando saliamo su un palco deve scattare il senso di
responsabilità e l’atteggiamento professionale,
indipendentemente dal fatto che si sia amatori,
dilettanti o professionisti.
Si può essere dilettanti solo fuori dal palco.
In scena non dovrebbe esserci spazio per il
dilettantismo: è un dovere morale.

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DALLE PROVE AL CONCERTO

Questo non significa dover sembrare più bravi di quel


che si è ma piuttosto affrontare la performance nella
piena consapevolezza delle proprie responsabilità.
Il palco, lo sappiamo, non è per tutti: è un luogo che
richiede presenza mentale, idee chiare, atteggiamento
efficace e – ancora - rispetto.

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DALLA SOCIALITÀ ALLA PROFESSIONALITÀ

È necessario sviluppare la capacità di essere umilmente realistici,


senza umiliarsi però: il gruppo è spesso composto da persone
che vivono fortemente il trovarsi, l’essere sociali e il vivere in
gruppo, mettendo a disposizione il proprio essere, sia con le
eccellenze che con le difficoltà, sia umane che tecniche.
Si può non essere professionisti ma nel momento in cui si è in
scena NON CI SONO SCUSE: È DOVEROSO VERSO LA MUSICA,
VERSO SE STESSI E VERSO IL PUBBLICO.

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DILETTANTI O PROFESSIONISTI?
Ciò che distingue il dilettantismo dal professionismo è l’attività a
scopo di lucro.
Un professionista viene retribuito, un dilettante no.

Eppure nel momento in cui io devo cantare e suonare su un palco


devo essere professionale.

"Ma io non sono pagato per questo!"


La paga del dilettante è fatta di
● Benessere

● Divertimento

● Soddisfazione

● Orgoglio

● esperienza unica e straordinaria

● sentire di aver preso parte a qualcosa di importante e

memorabile
● Contesti a volte straordinari

A chi capita normalmente di sentire la gioia del pubblico da una


postazione così privilegiata?
È un compenso incommensurabile! Senza contare che ci sono
sponsor e pubblico che sostengono tutto questo.
La paga esiste, altroché!
È una moneta morale quella che viene elargita.
QUESITI ONESTI
per chi si pone su un palco in modo "professionale"
(dopo ore e ore di prove)

• sento di essere pronto per dare il tutto per tutto in


scena?

• sono convinto di quello che sto per fare sul palco?

• ho capito a fondo perché sono sul palco? Che ci


faccio qui?
QUESITI ONESTI
per chi si pone su un palco in modo "professionale"
(dopo ore e ore di prove)

• conosco perfettamente la mia parte?

• conosco perfettamente i testi ed ho compreso a


pieno il loro significato?

• so cantare con la corretta intonazione e col ritmo


giusto?
QUESITI ONESTI
per chi si pone su un palco in modo "professionale"
(dopo ore e ore di prove)

• ho il controllo preciso ed efficace del mio


strumento?

• sono in grado di cantare la mia parte in modo


convincente "da solo" sul palco?
QUESITI ONESTI
per chi si pone su un palco in modo "professionale"
(dopo ore e ore di prove)

• ho la padronanza dei miei movimenti nelle


coreografie (se sono previste)?

• ho ben definita in mente la “scaletta”?


QUESITI ONESTI
per chi si pone su un palco in modo "professionale"
(dopo ore e ore di prove)

• sono consapevole delle mie responsabilità verso il


gruppo e verso il pubblico?

• Quali sono?
MA A ME “MI” PIACE
ESSERE DILETTANTE!
A questo punto l’unica soluzione è
affidarsi a qualcuno di veramente
bravo!

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