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Archeologia Medievale

Quarant’anni
di Archeologia
Numero Speciale

Medievale
in Italia
La rivista, i temi, la teoria e i metodi
a cura di Sauro Gelichi
di

Numero Speciale
Quarant’anni
QUARANT’ANNI
di ARCHEOLOGIA
MEDIEVALE
in ITALIA
La rivista, i temi, la teoria e i metodi
a cura di Sauro Gelichi

2014
Numero Speciale

All’Insegna del Giglio


INDICE

SAURO GELICHI
Il ‘canto delle sirene’ e l’archeologia medievale del futuro.......................................................................................................7

SAURO GELICHI
I quarant’anni di Archeologia Medievale e l’archeologia in Italia negli ultimi quarant’anni...............................................11
VINCENzO FIOCCHI NICOLAI
Archeologia medievale e archeologia cristiana: due discipline a confronto....................................................................................21
CRISTINA TONGHINI
Archeologia medievale e archeologia islamica...............................................................................................................................33
MARCO MILANESE
Dall’archeologia postclassica all’archeologia postmedievale. Temi e problemi, vecchie e nuove tendenze.............................................41
JUAN ANTONIO QUIRÓ S CASTILLO
Archeobiologie e Archeologia Medievale. Dall’archeometria all’archeologia ambientale....................................................51
FRANCO CAMBI
Archeologia medievale e storia e archeologia dei paesaggi...........................................................................................................63
ENRICO GIANNICHEDDA
Archeologia della produzione.................................................................................................................................................75
ALESSANDRA MOLINARI
Archeologia medievale e storia economica.....................................................................................................................................95
IRENE BARBIERA
Sepolture e necropoli medievali nei quarant’anni di vita di Archeologia Medievale.....................................................................111
MARCO VALENTI
Archeologia delle campagne altomedievali: diacronia e forme dell’insediamento.............................................................123
GIAN PIETRO BROGIOLO
Costruire castelli nell’arco alpino tra V e VI secolo...............................................................................................................143
GIOvANNA BIANCHI
Archeologia della signoria di castello (X-XIII secolo)............................................................................................................157
ANDREA AUGENTI
Archeologia della città medievale.........................................................................................................................................173
GUIDO VANNINI, MICHELE NUCCIOTTI, CHIARA BONACCHI
Archeologia pubblica e archeologia medievale.............................................................................................................................183
MARTIN OSwALD HUGH CARvER
Medieval archaeology: families and freedoms.............................................................................................................................197
RICHARD HODGES
Medieval Archaeology and Civic Society: Celebrating 40 years of Archeologia Medievale.........................................................205
CHRIS WICKHAM
Reflections: forty years of Archeologia Medievale.................................................................................................................................. 213
Numero Speciale, 2014, pp. 183-195

Guido Vannini, Michele Nucciotti, Chiara Bonacchi

ARCHEOLOGIA PUBBLICA E ARCHEOLOGIA MEDIEVALE

BoNAccHI 2009).
«Gli storici studiano le epoche passate, ma sono figli del
loro tempo. A questa antinomia non si può sfuggire, essa è
inerente alla nostra professione (…) Il lavoro dello storico,
come quello di ogni altro ricercatore, comincia quando ci si
pone delle domande. (…) i risultati della ricerca dipendono
in buona misura dalle domande a cui si cerca di rispondere.
E il modo di formulare le domande sul passato dipende da
come lo storico giudica e comprende la sua epoca»
(MoDzELEwsKI 2008, Introduzione). Questa condizione
richiamata da Karol Modzelewski non solo può riferirsi
anche all’archeologia ma rappresenta la cornice, classica se
si vuole, in cui si inscrive anche un’altra, più recente,
interpretazione della disciplina, che tende a strutturare un
rapporto con la società contempo- ranea, sempre a partire
dai risultati della ricerca sul campo, per contributi in
particolare ai grandi settori della produzione di servizi e/o
di reddito, della comunicazione come strumento strategico
di progettualità sostenibili, di governo consapevole e
condiviso del complesso dei BBCC archeologici (in senso
lato, in un’accezione preferibilmente territoriale), di apporti
identitari per le comunità interessate a cominciare (ma solo
a cominciare) da quelle locali. L’‘Archeologia Pubblica’ –
non a caso preceduta e accompagnata dalla Public History
(NoIRET 2009) – strutturatasi una dozzina di anni fa nel
sistema accademico britannico ed in questo ultimo lustro in
via di diffusione in tutta Europa, anche in Italia (prima che
altrove) è entrata nel dibattito e, con una significativa tem-
pestività, nella stessa prassi di alcune esperienze disciplinari,
in specie, con altrettanta interessante priorità, di ambito
medievistico 1. E non si tratta, in Italia, di un tema agevole,
dovendo ‘prima’ superare un pregiudizio antico («Carmina
non dant panem», scriveva Orazio), fino alla più modesta
sintesi tremontiana “con la cultura non si mangia”:
troppo facile ricordare in proposito i danni che la retorica
dei BBCC come ‘giacimenti’ da sfruttare ha comportato
per una loro autentica valorizzazione anche sul piano
professionale (con le tonnellate di inutili schede
‘neopositivistiche’…) e che tuttora dobbiamo scontare per
una credibilità da ricostruire almeno sul piano della
comunicazione (ciò che, nella società attuale, non è un
dettaglio).

1
Le radici di questo ambito disciplinare sono da rintracciarsi nella Public
Archaeology intesa come gestione delle risorse naturali e culturali (Cultural
Resource Management), affermatasi negli Stati Uniti dagli anni ’70 in risposta
all’inadeguatezza della legislazione in materia di tutela del patrimonio. In
questi termini il settore si è sviluppato rapidamente anche in Gran Bretagna,
dove però verrà diversamente riletto e interpretato, soprattutto grazie al
contributo della ricerca condotta presso l’University College di Londra (cfr.

183
Se infatti nel Workhop di Firenze del 2010 2 e nel I Con-
gresso Nazionale 3 possono riconoscersi le prime
pionieristi- che manifestazioni d’interesse per un
inserimento – fra ricerca pura e applicata – di questo
‘nuovo’ settore della disciplina in Italia, realtà e presenze a
pieno titolo, sia per prassi, magari sperimentale 4, sia per
formazione di competenze già speci- fiche si erano
costituite sfruttando le pieghe dei nostri rigidi regolamenti
accademici 5: tutti segni, indizi, prove infine, di
un’esigenza di ‘coprire’ un settore che si sta rivelando
come strategico per lo stesso futuro della disciplina (fig.
2).

2
«L’Archeologia Pubblica è l’area disciplinare che ricerca e, su base scienti-
fica, promuove il rapporto che l’archeologia ha instaurato o può instaurare
con la società civile. Il potenziale di innovazione del settore risiede nella
capacità di creare un tessuto connettivo forte tra ricerca archeologica e
comunità (locali, regionali o nazionali). I settori che ricadono entro la sua
sfera di interesse sono tre: comunicazione, economia e politiche
dell’archeologia» (PAPT in VANNINI 2011, p. 139).
3
Il Congresso è stato organizzato da Università e Comune a Firenze
(Palazzo Vecchio, ottobre 2012; (coordinamento scientifico di Michele
Nucciotti e Chiara Bonacchi); il programma era stato elaborato da un
ampio comitato scientifico nazionale e internazionale, rappresentativo delle
categorie interessate (ricercatori, amministratori pubblici, imprenditori etc),
che si è riunito in varie sedi, a cadenze regolari, costituendo esso stesso un
primo forum/osservatorio sull’Archeologia Pubblica in Italia (cfr. anche
BoNAccHI 2013a e ZUANNI 2013).
4
Come il progetto relativo alla villa dei Quintili, all’origine dello
splendido (oramai classico) saggio di RIccI 2006; o la prima mostra in Italia
redatta secondo i criteri dell’Archeologia Pubblica (VANNINI, NUccIoTTI
2009; BoNAccHI 2011, pp. 103-112); un fatto che risulta anche da un
censimento sistematico condotto per la tesi di Laurea in Archeologia
Medievale di Laura Lazzerini 2010. Il test della mostra Da Petra a Shawbak
sulle potenzialità di un simile approccio ha dimostrato, in particolare, l’utilità
della progettazione museologica e degli studi sul pubblico nella definizione
dell’impatto socio-economico delle mostre tem- poranee sulle comunità
residenti. Ciò perché costituiva parte di un programma più complesso di
archeologia pubblica che si proponeva di ‘mettere in serie’ i suoi diversi
ambiti di interesse. Schematizzando, i settori da fare interagire erano due:
quello ‘esterno’, affidato ad una scelta di ‘comunicazione’ da giocarsi su di
un palcoscenico di rilievo internazionale come quello europeo della reggia
medicea di Firenze (con una immissione nel sistema economico della città
del 430% (±4%) superiore all’investimento); quello ‘interno’, centrato su
programmi mirati a contribuire allo sviluppo delle comunità locali ed a
produrre servizi per il turismo internazionale. Così, accordi con enti locali e
centrali nell’am- bito di un progetto europeo di sviluppo territoriale Liaisons
for Growth (Italia, Giordania, Armenia) CIUDAD-ENPI, ha portato ad un
radicale aumento dei flussi turistici e dell’occupazione in soli due anni.
L’attività, si è concentrata a costituire e ‘coltivare’ una rete integrata
multilivello (locale, centrale, settoriale, ong etc.) e ad elaborare strumenti
progettuali altrettanto integrati ed interdipen- denti: master plan turistici,
attività concordate con le autorità regionali ed il sito Unesco di Petra,
inserimento di strutture ed organizzazioni locali, etc.; ciò che, fra l’altro, ha
portato ad un alto incremento di addetti contrattualizzati, ad un aumento del
24% del flusso turistico, all’apertura di un albergo con standard
internazionali (fig. 1): a Shawbak, il primo dal Medioevo…
5
Come l’esperienza, che si riferiva direttamente alla Scuola anglosassone, di
Armando De Guio, con i suoi ‘elementi di archeologia pubblica’ impartiti
fino dagli anni ’90 presso l’Università degli Studi di Padova o l’analogo
seminario tenuto da Paolo Peduto nella sua Università di Salerno da
almeno una decina d’anni, fino ai moduli tenuti negli ultimi anni da
Chiara Bonacchi presso la Specializzazione dell’Università di Firenze.

184
G. vANNINI, M. NUCCIOTTI, C. BONACCHI

fig. 1 – Il nuovo Montréal hotel, aperto


a Shawbak (2011), in Giordania, in
seguito alle attività del Progetto europeo
ENPI Liaisons for Growth (Missione
dell’Univer- sità di Firenze Petra
‘medievale’).

fig. 2 – Il primo Congresso nazionale di


Archeologia Pubblica (Firenze, Sala d’armi
2012).
ARCHEOLOGIA PUBBLICA E ARCHEOLOGIA MEDIEvALE

fig. 3 – Lettura del territorio con gli strumenti metodologici dell’archeologia ‘leggera’: ricomporre una sintassi diacronica del contesto
paesaggistico, scavi e ricognizioni ad intensità variabile, per una lettura storica del paesaggio del Pratomagno e come strumento gestibile
all’interno dei SIT comunali e provinciali, per segnare/valorizzare il paesaggio e le sue componenti.

Con una rapidità ed efficacia (sia pure un po’ a macchia che riprendono – con originalità ed appunto
di leopardo, com’è del resto nelle nostre tradizioni) che reinterpretan- do in chiave di archeologia pubblica
costituisce in sé un motivo di riflessione, gli ultimi anni specifiche iniziative di comunicazione per i grandi scavi
hanno visto proliferare iniziative, variamente indirizzate ma che stanno conducendo sul territorio (come ora
tutte ascrivibili alla specificità d’approccio, peraltro in genere l’‘Archeodromo’ di Poggibonsi) – l’inten- sa, sistematica
esplicitamente indicata, proprie della public archaeology; solo impostazione che, sull’intero territorio senese e grossetano,
per esemplificare, l’attività messa in campo negli ultimi aveva dato, anche in questo anticipando i tempi, il
due anni – ancora una volta, significativamente – dalle magistero di Riccardo Francovich. Naturalmente, esempi
Cattedre di Archeologia Medievale: a Padova, per impulso anche di notevole significato si potrebbero citare anche per
di Gian Pietro Brogiolo, in particolare tramite contributi di altri settori dell’archeologia, ma certo che (a parte la
sistema affidati a forum elettivamente italo-britannici presente circostanza dedicata al Medioevo e ciò che, in
ospitati con rilievo su PCA, ma anche come promotore poco più di un lustro, è davvero sorprendente) le
(insieme a M.C. Parrello ed altri) del recente Convegno di iniziative in ambito medievistico sono davvero numerose,
Agrigento6; a Sassari, con le ini- ziative di estremo interesse crescenti e in più casi, come quelli citati (si potrebbero
ed originalità di Marco Milanese, con caratteri di marcata aggiungere Giuliano Volpe a Foggia, Paolo Peduto a
originalità anche rispetto ai ‘modelli’ anglosassoni, che Salerno, Sauro Gelichi a Venezia, Paul Arthur a Lecce …),
coniugano in particolare esiti di ricerche di archeologia tendenzialmente già a sistema, oltre singoli progetti. Tutto
territoriale sistematica con soluzioni innovative legate a ciò si spiega anche per la ricca, articola- ta, competente
strutture di comunicazione appositamente costituite (segno tradizione non solo di studi ma di uso sociale
in sé, fra l’altro, di un convinto coinvolgimento di realtà dell’archeologia, sia pure condotto in altra ottica, per così
locali); a Siena con Marco Valenti e Giovanna Bianchi dire fra mecenatismo ed alta professionalità, già matura e
6
AA.VV 2012, Convegno locale dedicato appunto all’archeologia pub-
disponi- bile per coltivare il ‘nuovo’ settore muovendo da
blica in Sicilia (Archeologia pubblica al tempo della crisi, organizzato dal Parco una risorsa (bbcc e competenze) ineguagliabile
archeologico e paesaggistico della Valle del Templi, il 29-30 novembre 2013, (potenzialmente…) 7.
ad Agrigento; cfr. BoNAccHI 2013a).
7
Citerei due esperienze di percorsi archeologici, in ambito di
archeologia urbana, che possono rappresentare una sensibilità ed una prassi
diffusa nella
G. vANNINI, M. NUCCIOTTI, C. BONACCHI

Nel contesto attuale, credo si possa considerare tematica dinamico (fra una quindicina di contributi, fra i quali citerei il caso di Kalisz
portato da Tadeusz Baranowski (IAEPAN), il primo in Polonia; cfr. BoNAccHI
e prassi, fra ricerca applicata e formazione avanzata, 2014).
dell’Arche- ologia Pubblica anche come una risposta mirata
ad affrontare, nel contempo, un rinnovamento di ruolo
dell’archeologia accademica e la messa in cantiere di
nuove progettualità sostenibili da proporre e condividere
con realtà diverse della società civile, dalla ricerca
scientifica – che potrebbe trarne significativi sostegni in un
momento delicato come l’attuale
– allo sviluppo economico (tramite servizi mirati8,
strutture9, eventi 10), ad una diffusione indirizzata a segmenti
specifici della società di prodotti (ma anche procedure) della
disciplina in opera. Si tratta anche (in significativa
coincidenza con il suo rapido diffondersi in tutta Europa 11)
di uno strumento potenzialmente in grado di affrontare
una crisi che morde la società oramai strutturalmente
reagendo in modo altret- tanto strutturale; interpretare
l’attuale come un momento di svolta (appunto ‘crisi’) con
anche, quindi, l’‘opportunità’ di ripensare convinzioni
consolidate e/o abitudini incrostate (VANNINI 2011;
BRoGIoLo 2012). Si tratta anche, sui tali basi, di progettare
‘prodotti culturali’ attraverso la costruzione di una filiera
complessa fondata su due elementi base: i beni culturali
(come ‘materia prima’) e la ricerca scientifica (come
‘bene/prodotto’).
La sfida, a partire dalla dimensione scientifica, sta nel
se- lezionare una serie opportuna di risultati per contribuire
allo sviluppo delle comunità di riferimento; locali per un
verso (identità consapevole e come processo, dal passato al
futuro, per un presente condiviso), più ampie per altri
aspetti (dal

cultura archeologica italiana, sia prima che al di fuori del diffondersi di un


approccio esplicitamente di public archaeology: il ‘percorso attrezzato’
dell’an- tico Palazzo dei Vescovi di Pistoia, il primo totalmente diacronico, un
‘evento’ che, fra l’altro, ha lasciato una traccia forte nella stessa sensibilità
identitaria della comunità cittadina (RosATI 2014) e l’affascinante itinerario
archeologico allestito nell’interrato di palazzo Valentini a Roma dove, in
particolare, è risolto in modo brillante e convincente, proprio sul piano della
comunicazione (non solo) visiva, il cruciale rapporto fra base documentaria
materiale e soluzioni di comunicazione, dove molto, molto spesso, per
insufficiente condivisione di questa decisiva quanto delicata fase progettuale,
letteralmente naufragano strutture espositive archeologiche anche attrezzate
largamente con ‘nuove’ tecnologie informatiche. Insomma il successo del
progetto credo si debba non solo all’eccellenza dei protagonisti – Piero
Angela per l’allestimento, Eugenio La Rocca per l’archeologia – quanto alla
loro collaborazione, mantenuta anche per il programma di comunicazione
intesa come momento creativo, parte in- tegrante della ricerca stessa (Le domus
romane: http://www.palazzovalentini.it/).
8
Come l’esperienza dell’‘Atlante per l’Edilizia Medievale’. In sintesi, si
tratta di uno strumento programmabile nell’ambito di ricerche territoriali
complesse a carattere interdisciplinare, con taglio tendenzialmente diacronico,
in un’ottica ad ‘archeologia globale’ e con gli strumenti delle ‘archeologie
leggere’. Un’opportuna selezione mirata dei risultati delle indagini sugli
elevati costitu- isce la base per la costruzione di uno strumento, dotato di
apparati tecnici di registrazione informatizzata dei dati, per una gestione dei
bbcc del paesaggio storico, specificamente calibrata sulle necessità di tutela e
intervento architet- tonico, urbanistico e territoriale, a partire dalla conoscenza
della loro specificità culturale, così come la ricerca ha potuto contribuire a
definire. La redazione di tali ‘Atlanti’ è una delle ‘produzioni’ più
caratteristiche del programma di attività che la Cattedra di Archeologia
medievale ha avviato nell’ambito del ‘Progetto Strategico d’Ateneo’ di
Firenze in regioni toscane e mediterranee. La prima realizzazione si riferisce
ai territori dello ‘Stato’ aldobrandesco in area amiatina: NUccIoTTI 2008.
9
Una delle più brillanti realizzazioni, con soluzioni d’avanguardia, è il
Museo di Biddas (Sassari), basato sulle ampie ricerche degli insediamenti
abbandonati sardi dirette da Marco Milanese (cfr. infra).
10
Si possono esemplificativamente citare le iniziative messe in cantiere
per Poggibonsi dallo staff di Marco Valenti.
11
Al 19° Congresso EAA, Pilsen 2013, con una sessione per la prima
volta dedicata alla Public Archaeology è emerso un panorama europeo già
turismo informato ad una comunicazione non sviluppato dalla cultura illuminista.
strumentale di radici – comuni o no – e connotati
culturali ‘interessan- ti’). Si tratta tuttavia di costruire
percorsi non strumentali a partire anche da opzioni
metodologiche, certo di matrice scientifica (come potrebbe
essere quella delle archeologie ‘leggere’, spese sul piano
territoriale), ma che assumano già in fase progettuale la
funzione ‘pubblica’ dell’archeologia (fig. 3). Un approccio
(VANNINI, NUccIoTTI 2011, pp. 44-45) che, a cominciare
dal piano semantico, presenti – come in effetti è o almeno
potrebbe bene essere – il bene culturale archeo- logico non
come “rischio” ma, al contrario, come ‘risorsa’ da gestire per
il territorio e per la comunità non solo residente:
un’endiadi come tale inscindibile.
Credo occorra anche considerare il bene culturale non
solo come un patrimonio che ci è stato trasmesso
‘ogget- tivamente’ e che dobbiamo gestire (studiare,
conservare, valorizzare, comunicare) per trasmetterlo
(per così dire, nello spazio ai contemporanei e nel tempo
a chi ci seguirà) a nostra volta; ma come un’eredità in
cui pietre e uomini sono indissolubilmente connessi, in
quanto frutto di una selezione – positiva e negativa (in
senso anche stratigrafico…)
– che ha interessato più generazioni che vi si sono in
qualche modo riconosciute. Così, l’interpretazione che
l’archeologia pubblica propone supera la dimensione di
sola gestione dei beni culturali e si apre a tutte le
problematiche relative al rapporto tra ‘archeologia’ e
‘pubblico’, questo inteso nella sua duplice accezione di
‘stato’ e ‘società civile’ 12; un rapporto, fra conservazione
e gestione, che contribuisce a ridefinire lo stesso ruolo
dell’archeologo 13. Infine questo approccio ‘pubblico’
dell’archeologia si propone di ridefinire il rap- porto che la
disciplina instaura con il “pubblico”, sia come Stato 14 che
come società civile 15. D’altra parte, a proposito della
struttura del pubblico dell’archeologia contemporanea, è
sorprendente quanto, anche negli ultimi anni, la cultura
archeologica si sia guadagnata, in forme nuove, un proprio
spazio nella vita stessa dei cittadini e come l’archeologia
sia oggi un fatto ‘naturalmente’ pubblico.
Se ciò vale per ogni archeologia, certo l’archeologia
me- dievale dispone, come altre, di alcune proprie
specificità. Possiamo qui limitarci a considerare – sul piano
dei contenuti, certo, ma anche sotto il profilo
metodologico – il Patrimonio medievale come un’efficace
chiave di lettura per una storia territoriale ad ampia
diacronia; il paesaggio delle nostre campagne (e non
solo) è ancora largamente improntato su strutture di
popolamento, stratificatesi e consolidatesi in età
medievale, la cui percettibilità materiale si è complessiva-
mente conservata spesso in modo ancora sufficientemente
organico, tale da costituire una traccia anche per
ricomporre
12
«Any area of the archaeological activity that interacted or has the
potential to interact with the public.» (ScHADLA-HALL 1999).
13
Si vedano ora, in proposito, le considerazioni di G IANNIcHEDDA 2014.
L’ampio e tuttora discusso settore dell’archeologia preventiva, può essere
decli- nato in un’ottica di archeologia pubblica (cfr. i contributi di B RoGIoLo
2012 e, diffusamente, di Giuliano Volpe).
14
Il pubblico come «corpo collettivo della cittadinanza, in
contrapposizione all’interesse e agli ambiti del privato» (V AN HoRN
MELToN 2001), assunzione di un concetto sviluppato già in età romana.
15
MERRIMAN 2004; MATsUDA 2004. Il pubblico come «gruppo di
indi- vidui che dibattono questioni e consumano prodotti culturali e le cui
reazioni sviluppano l’opinione pubblica» (H ABERMAs 1962), un concetto
ARCHEOLOGIA PUBBLICA E ARCHEOLOGIA MEDIEvALE

una sequenza che risalga alle epoche precedenti, oltre che


co- stituire la base per leggere quanto intervenuto in età
moderna, fino agli assetti della nostra contemporaneità. Un
territorio come incontro, anche sotto il profilo di
un’identità delle comunità residenti rintracciata per via
archeologica, in fondo un’ulteriore ricaduta, si potrebbe
anche dire, dell’‘archeologia globale’ di Tiziano Mannoni
(MANNoNI 1994).
G.V.

quadro di progetti di ricerca e sviluppo in Italia sono infatti reperibili quasi


esclusivamente nella cosiddetta “letteratura grigia” (pubblicazioni interne, rela-
1. ARCHEOLOGIA PUBBLICA E MEDIEVALE: 16
zioni tecniche, progetti di ricerca, ecc.) difficilmente accessibile per definizione.
UNA RASSEGNA
Questo contributo ripercorre (selettivamente ma critica-
mente) alcune tappe fondamentali che hanno condotto
nel passato recente e recentissimo allo sviluppo in seno
all’arche- ologia medievale italiana di uno specifico interesse
rivolto alla conoscenza del (proprio) “pubblico”17. Gli esempi
proposti allo scopo di illustrare specifici aspetti teorici o
metodologici clas- sificabili come archeologia pubblica sono
tratti soprattutto da progetti di ricerca e pianificazione
implementati a partire dagli anni ’990 da archeologi
medievisti italiani. Non trattandosi di un report la rassegna
va considerata essenzialmente antologica ed esemplificativa,
anche a causa della scarsa rappresentatività statistica di
quanto finora edito in Italia 18 sul tema discusso. Tuttavia,
pur nelle condizioni date, quanto attualmente dispo- nibile
consente di delineare piuttosto chiaramente un processo di
progressiva definizione di un’area di archeologia pubblica
(BoNAccHI 2013a) entro l’attuale archeologia medievale
italiana. Nelle conclusioni vengono avanzate alcune proposte
operative per integrare l’attività rivolta al pubblico nelle filiere
dei prodotti scientifici e culturali del settore archeologico.
ARcHEoLoGIA PUBBLIcA E ARcHEoLoGIA MEDIEvALE
IN ITALIA

Archeologia Pubblica e Archeologia Medievale si sono


frequentemente intrecciate negli ultimi anni. Le
maggiori iniziative nazionali esplicitamente presentate con
‘l’etichetta’ Archeologia Pubblica sono state infatti spesso
promosse da archeologi medievisti, come (in ordine
cronologico) la mo- stra internazionale da Petra a
Shawbak. Archeologia di una Frontiera (VANNINI,
NUccIoTTI 2009), il volume Archeologia Pubblica in
Toscana: un progetto, una proposta (VANNINI 2011), il
Primo congresso nazionale di Archeologia Pubblica in Italia
(Firenze 2012, curato da Chiara Bonacchi insieme a chi
scrive), il dossier Public Archaeology in Europe curato da
Gian Pietro Brogiolo per il secondo numero della rivista
Post Classical Archaeologies (2/2012) e, infine, il recente
convegno
16
Intesa come «area disciplinare che ricerca e, su base scientifica, promuove
il rapporto che l’archeologia ha instaurato (storicamente o nella contempora-
neità), o può instaurare (in prospettiva futura) con la società civile»
secondo la definizione proposta in VANNINI 2011 (pp. 139-140), a sua volta
collocabile nell’ambito della recente riflessione scientifica di matrice
anglosassone sul tema (MERRIMAN 2004; BoNAccHI 2013).
17
Per una discussione nella letteratura archeologica italiana dell’ambiva-
lenza semantica del termine “pubblico” si vedano Nucciotti in VANNINI 2011
e BoNAccHI 2011.
18
Molti dati rilevanti per valutare l’impatto dell’archeologia pubblica nel
fig. 4 – Museo di Biddas (Sassari), forse la prima ‘struttura’ di
comuni- cazione realizzata in Italia come opera di ‘archeologia
pubblica’.

Archeologia pubblica al tempo della crisi (Agrigento, 2013;


recensito in BoNAccHI 2013a).
Seppure non si possa (né avrebbe senso) parlare dell’ar-
cheologia pubblica italiana come di un’‘archeologia
pubblica medievale’, in quanto ognuna delle iniziative
citate è stata realizzata con il fondamentale contributo di
colleghi arche- ologi non medievisti 19, è certo però che la
‘nostra’ comunità scientifica sta dimostrando, in questo
momento, una forte capacità organizzativa e progettuale
in direzione di una sintesi operativa che includa ricerca
archeologica e pubblico. Un orientamento che, in
qualche modo, è stato rafforzato anche dalla “Società degli
archeologi medievisti italiani” (SAMI) con la creazione nel
2013 del Premio Riccardo Francovich20 per i musei e parchi
archeologici di ambito medievistico, la cui prima edizione
ha premiato (ed è altrettanto significativo) il Museo Biddas
dei Villaggi abbandonati della Sardegna (Sorso, SS); un
ente culturale rurale caratterizzato da una progetta- zione
museologica consapevolmente “pubblica” (fig. 4) 21.

19
Si veda la lista dei componenti del comitato scientifico in
NUccIoTTI, BoNAccHI 2012. Anche online su:
www.archeopubblica2012.it.
20
«Il premio Riccardo Francovich è destinato annualmente al
museo o al parco archeologico che, a livello nazionale, rappresenti un
caso di best practice di allestimento museografico, attività didattico-
comunicative e qualità scientifica in grado di rappresentare adeguatamente le
tematiche e le metodo- logie dell’archeologia post-classica»
(http://archeologiamedievale.unisi.it/sami/ premio-riccardo-francovich).
21
Sito ufficiale: www.museobiddas.it; sono inoltre disponibili online (a.
2014) video-presentazioni del museo con la partecipazione del direttore
Marco
G. vANNINI, M. NUCCIOTTI, C. BONACCHI

La disponibilità della redazione della principale rivista di sui temi affrontati nella discussione: BoNAccHI 2013a; ZUANNI 2013.
settore dell’archeologia medievale italiana a ospitare questo e
altri interventi dedicati all’archeologia pubblica
confermano, infine, questo trend.
L’ARcHEoLoGIA pUBBLIcA IN ITALIA
pRIMA DELL’ ARcHEoLoGIA pUBBLIcA
Nel quadro logico 22 sviluppato per il ‘Primo congresso
di Archeologia pubblica in Italia’ 23 il contesto in cui si
andava a collocare l’iniziativa veniva così sintetizzato:
1. Insufficienti esperienze italiane di archeologia pubblica
(AP)
2. Disponibilità a livello nazionale di un’ampia casistica
di progetti pilota di messa in valore dei beni
archeologici attuati dal pubblico dei destinatari 24.
Conseguente presenza di expertise inquadrabile
nell’ambito dell’AP.
3. Disponibilità a livello internazionale delle conoscenze di
AP integrative a quelle presenti in Italia.
4. Disponibilità di giovani studenti e ricercatori disposti ad
apprendere obiettivi e metodi dell’AP partecipando volon-
tariamente alla realizzazione del progetto
A parte il punto quattro, che rappresentava una con-
tingenza di carattere soprattutto organizzativo, la sintesi
(tuttora attuale) evidenzia al punto due la presenza di quelle
competenze, inquadrabili come ‘di archeologia pubblica’,
già sviluppate in Italia prima del 2012. Esperienze di
successo nella valorizzazione socio-economica del
patrimonio arche- ologico divenute punto di riferimento
(nazionale e non solo) per buone pratiche di gestione. È
qui, infatti, che si rintrac- ciano le vere premesse
strategiche per un pieno auspicabile sviluppo
dell’archeologia pubblica italiana.
In questo quadro il 25% circa dei partecipanti alle tavole
rotonde del congresso nazionale25 erano archeologi medievisti
e hanno offerto una casistica di rilevanza nazionale (e inter-
nazionale) di esperienze di integrazione tra ricerca,
sviluppo socio-economico locale e tutela 26. A tale
proposito i lavori del congresso hanno messo in evidenza
gli apporti ‘genetici’ forniti alla discussione sulla relazione
tra ricerca archeologica e società civile da figure di primo
piano dell’archeologia me- dievale italiana contemporanea e
recente, tra i quali merita particolare attenzione il lavoro di
Riccardo Francovich, pre- cocemente orientato a rendere
esplicita la funzione necessaria della ricerca archeologica (e
medievistica) nella moderna pianificazione territoriale.
Nel volume del 2009 (PREITE 2009), ad esempio, veniva
presentato, in forma pubblica, un masterplan che delineava
pianificazione e implementazione delle strategie territoriali

Milanese: www.youtube.com/watch?v=LXGHS2HtBGA
22
Il congresso era stato pensato come un progetto di archeologia pubblica
e si era dotato di strumenti di monitoraggio e valutazione ex-ante, in-
itinere ed ex-post basati sulla Logical framework analysis per la stesura di un
quadro logico (o log-frame).
23
Sito ufficiale: www.archeopubblica2012.it/.
24
Settori destinatari dell’iniziativa individuati dal comitato scientifico:
accademico, amministrativo, politico, piccola e media impresa, Onlus.
25
Dieci interventi su un totale di trentotto (NUccIoTTI, BoNAccHI
2012).
26
Per gli abstracts degli interventi: NUccIoTTi, BoNAccHI 2012; per gli
articoli della sezione Progetti: DE FALco et al. 2012; per una discussione critica
di valorizzazione del patrimonio e dei paesaggi minerari delle un coordinatore generale) per l’accesso turistico e lo sviluppo delle attività
culturali/formative del parco.
Colline Metallifere (in provincia di Grosseto). Il lavoro, in
italiano e inglese, era articolato in cinque capitoli dedicati
rispettivamente al paesaggio minerario, al patrimonio mi-
nerario, alla presentazione della logica del masterplan, ai
progetti realizzati nei comuni del parco (9 in tutto di cui
4 direttamente o parzialmente ricollegabili a
musealizzazione e/o valorizzazione di aree archeologiche
medievali – Castel di Pietra, Monterotondo Marittimo,
Montieri, Montemassi) e al rapporto tra il masterplan e
la pianificazione vigente. Si trattava di un’opera rivolta
essenzialmente a portatori di interesse locali/specifici e alla
comunità scientifica nazionale e internazionale 27, con una
forte impronta metodologica.
Per quanto riguarda l’interesse per il pubblico, la “Carta
dei prinicipi” (ibid., pp. 191-194), ratificata nel 2007
dai rappresentanti del parco 28 contiene un riferimento
esplicito ai benefici socio-economici attesi per la
popolazione resi- dente. Tra i principi della carta, infatti,
al secondo punto si definisce il ruolo del patrimonio del
parco come: «risorsa utile per promuovere virtuosi
processi di sviluppo locale impostati su principi di
sostenibilità ambientale e di rispetto dell’identità
territoriale» (ibid., p. 192). Il masterplanning delle Colline
Metallifere rappresentava quindi una declinazione
“multivocale”, pluridisciplinare e territoriale (dal basso)
dei principi insiti nel decreto istitutivo del parco stesso,
emanato dal ministro dell’ambiente il 2 maggio 2002 29.
Dal punto di vista della governance il volume del 2009
mostrava inoltre compiutamente la traduzione operativa di
tematiche schiet- tamente scientifiche quali l’archeologia
dell’architettura, l’archeologia dei paesaggi e l’archeologia
della produzione, nel quadro degli strumenti di gestione
amministrativa del parco, in questo adottando una
prospettiva analoga a quan- to sperimentato in Val di
Cornia (GUIDERI 2012), in area amiatina-maremmana
(NUccIoTTI 2008) o, ancora negli stessi anni, in Puglia
(VoLpE, DI ZANNI, LAURENzA 2009).
VERso UN NUovo RUoLo DEL pUBBLIco?
L’archeologia pubblica viene invece esplicitamente
men- zionata tra le metodologie utilizzate nel progetto
europeo di cooperazione Liaisons for Growth (2009-2012)
per la creazione di distretti turistico-archeologici in
Giordania, Italia e Armenia (NUccIoTTI, SEGNINI
2013). Il pubblico dei destinatari di questo intervento è
stato estesamente analizzato attraverso campagne di
studio dei visitatori e dei fruitori potenziali dei diversi
prodotti della ricerca, basate su interviste e
somministrazione di questionari di valutazione e
progettazione partecipata. Nell’area di progetto giordana
(il distretto di Shawbak, Ma’an) i rilevamenti condotti
hanno tra l’altro consentito di osservare il positivo
impatto della

27
Per certi versi assimilabile al Plan director de restauracion della cattedrale
di Vitoria (AzKARATE et al. 2001).
28
Tutti riferibili a livelli di governo locale (5 sindaci e i presidenti
della comunità montana e della provincia di Grosseto) a esclusione del
presidente, in rappresentanza del governo nazionale.
29
Dal punto di vista organizzativo il parco è un consorzio gestito «da
un comitato rappresentativo di tutte le Amministrazioni pubbliche
coinvolte» (CoRsI 2009, p. 8). La “comunicazione istituzionale” si articola
attraverso una serie di punti di accesso detti “Porte del parco” concepiti
come presidi locali (la gestione è affidata ai singoli comuni con l’ausilio di
ARCHEOLOGIA PUBBLICA E ARCHEOLOGIA MEDIEvALE

PRODOTTO AZIONI DA INTEGRARE


Sviluppo del concept, front-end evaluation, sviluppo del progetto museologico (definizione della strategia
Esposizioni temporanee per l’interpretazione, sviluppo della metodologia espositiva, sviluppo del percorso espositivo di dettaglio),
progetto museografico, formative evaluation, realizzazione, summative evaluation
Audience research, marketing research, definizione dell’identità del museo o di percorsi attrezzati sul sito
stesso della ricerca (missione, valori, obiettivi, strategia), definizione del concept per ciascuna sezione, front-
Esposizioni permanenti end evaluation, sviluppo di un piano per la gestione, sviluppo di un piano per la promozione, sviluppo del
progetto museologico (definizione della strategia per l’interpretazione, sviluppo della metodologia
espositiva, sviluppo del percorso espositivo di dettaglio), progetto museografico, formative evaluation,
realizzazione, summative evaluations periodiche sul pubblico, monitoraggio dell’efficacia della gestione e
della promozione
Audience research, marketing research, definizione del concept, front-end evaluation, sviluppo di un piano
per la gestione, sviluppo di un piano per la promozione, sviluppo del progetto museologico (definizione
Parchi archeologico/tecnologici e Master Plans della strategia per l’interpretazione, sviluppo della metodologia per la comunicazione on-site, sviluppo del
percorso espositivo di dettaglio), progetto museografico, formative evaluation, realizzazione, summative
evaluations periodiche sul pubblico, monitoraggio dell’efficacia della gestione e della promozione
Analisi delle necessità di didattica e di ricerca, definizione campi per la catalogazione, realizzazione,
Catalogazione BB CC per Enti Locali o disponibilità online per scopi di didattica e ricerca, promozione della risorsa, monitoraggio dell’efficacia a
assimilabili livello di fruibilità
Presentazione iniziale della ricerca alla comunità locale, open-days per scuole e comunità locale,
Ricerca sul campo partecipazione di non-specialisti all’attività di ricerca (sotto la direzione del responsabile della ricerca e
nelle modalità sostenibili dai singoli progetti), comunicazione dei risultati ottenuti attraverso conferenze,
realizzazione e aggiornamento di depliant/guide dei siti
Selezione segmenti destinatari, definizione standard di accessibilità, sviluppo del concept, definizione
Web di struttura e grafica, sviluppo dei contenuti, realizzazione, monitoraggio del reach attraverso studi sulla
frequentazione del sito e forum
Affiancamento di comunicazioni online destinate a segmenti di pubblico non-specialistico sui temi
Pubblicazioni scientifiche oggetto delle principali pubblicazioni scientifiche prodotte dai diversi gruppi di ricerca
Audience research, selezione dei segmenti destinatari, front-end evaluation sui contenuti da comunicare,
Film/Video sviluppo del concept, pitch, sviluppo del format, sviluppo della sceneggiatura, definizione della scaletta di
produzione, produzione, montaggio video e audio, distribuzione, analisi dei dati di ascolto e summative
evaluation tramite focus groups
Per i prodotti che non ricadono nelle tipologie sopra elencate il Comitato Scientifico di indirizzo, strategia e
Altro controllo valuterà ex ante, caso per caso, le misure di validazione di Archeologia Pubblica

tab. 1 – Azioni previste per la validazione di Archeologia Pubblica sulle tipologie progettuali sviluppate dal PAPT (NUccIoTTI 2011, pp. 148-
149, testo di Chiara Bonacchi).

mostra Da Petra a Shawbak. Archeologia di una Frontiera spettive e le potenzialità espresse da soggetti generalmente
(BoNAccHI 2009b, 2011) sul contesto locale, con un sottorappresentati nella governance dei BB.CC. (in parte
aumento della visibilità del sito archeologico di Shawbak in analogia con le pratiche della Community Archaeology –
nel quadro dell’offerta turistica nazionale e un contributo SMITH, WATERToN 2009).
alla crescita dei visitatori (+22% visitatori internazionali Illuminante a questo proposito l’esito dello studio
tra 2009 e 2010). Al termine del progetto inoltre, nel (2010- 2011) condotto sui visitatori potenziali del ‘museo’
dicembre 2012, l’attività di rete realizzata (basata sul della Rocca di Arcidosso (GR), nel quadro del progetto di
“metodo Leader”, v. SEGNINI 2011), mostrava di aver distretto turi- stico “Amiata-Maremma” previsto in Liaisons
favorito un notevole au- mento dell’occupazione nel settore for Growth. Le circa 200 interviste su questionario hanno
turistico-ricettivo locale, i cui addetti risultavano passati da infatti evidenziato una significativa incapacità di computare
2 unità (2009) a circa 50 (2012). Inoltre (e si tratta di un il tempo in secoli e di collocare temporalmente il Medioevo
dato qualificante), la crescita occupazionale ha riguardato (in due casi esteso fino al XIX secolo) da parte di alcuni
soprattutto il settore privato/ imprenditoriale locale. degli intervistati. La conoscenza tempestiva di questo
Rispetto al masterplan delle Colline Metallifere e ai casi dato, correlato alla com- posizione della popolazione
analoghi, i cui i modelli di intervento fanno più o meno rappresentata 31, ha determinato modifiche nel lessico, nella
direttamente riferimento al Cultural Resources sintassi e nella selezione degli argomenti del ‘museo’ stesso.
Management (McGIMsEY 1972), in Liaisons for Growth Al contrario, senza la ricerca sul pubblico, i testi prodotti (ad
l’instaurazione dei rapporti di rete è stata estesa a tutti i esempio quelli per i pannelli – cfr. ZIFFERERo 1999)
soggetti pubblici e privati potenzialmente interessati allo avrebbero potuto presentare difficoltà
sviluppo socio-economico del contesto di progetto. Il
“pubblico” non è stato cioè ‘descritto’ a priori ma è 31
«The sample that was analysed was composed for the most part of
diventato esso stesso un oggetto della ricerca, la cui residents (58%), whereas 35% were tourists; half of the latter were
conoscenza (progressiva) ha interagito in modo dinamico visiting parents or friends during the summer, and 7% of the sample was
con la progettazione dei prodotti previsti, modificandoli 30. composed of people who had travelled to Arcidosso for reasons related to
their business. The sample, was rather evenly subdivided into men and
Un approccio che, tra l’altro, ha consentito di integrare women (56% and 44% of the total, respectively), and shows a prevalence of
nelle strategie e negli obiettivi progettuali i punti di vista, people between 46 and 75 years old (55% of the total sample). The least
le pro- represented group was the one of young people aged 25 to 36 years old
(10%). The education level attained was generally low: 34% had attended up
to lower secondary school and 44% had also obtained an upper secondary
school diploma. Only 17% held a university degree and a meagre 5% a
30
Ad esempio, nel masterplan delle Colline Metallifere non vengono postgraduate qualification as well. This information will be taken into
espli- citamente definite le strategie e le metodologie di coinvolgimento di consideration when developing the interpretation strategy for the Museum.
residenti e visitatori che presiedono all’attivazione dei valori potenziali del 25% of the sample consisted of retired people. Among active workers, the most
parco, e/o all’integrazione del “pubblico” nei processi decisionali. Aspetti invece recurrent professions were: clerks (14%); qualified professions in commerce and
centrali sia in Liaisons for Growth, sia nella proposta di creazione di un polo services (14%); artisans, specialized plumbers and farmers (14%)», da:
di archeologia pubblica in Toscana (NUccIoTTI 2011). Liaisons for Growth: Final Narrative Report, p. 32 e ss. (offprint).
G. vANNINI, M. NUCCIOTTI, C. BONACCHI

di decifrazione e comprensione per i visitatori, tali da comunicazione in archeologia è stata oggetto di crescente
inficiare (parzialmente) gli obiettivi dell’intera azione. interesse da parte
La centralità del pubblico e il suo ruolo attivo nella
progettazione, gestione e monitoraggio dei progetti di
valorizzazione socio-economica di beni e ricerche archeo-
logiche potrebbe quindi rappresentare (analogamente a
quanto accaduto soprattutto nel Regno Unito) una delle
attuali frontiere (forse quella più caratterizzante) della
giovane archeologia pubblica italiana. Integrando
progressivamente conoscenze e metodologie di carattere
sociologico nei dataset (e nelle pratiche – v. RIccI 2006) di
ricerche archeologiche e progetti di valorizzazione (ovvero,
agendo sui processi), si dovrebbero cioè ottenere
innovazioni migliorative nei pro- dotti. Aspettativa per ora
confortata dai (pochi) casi studio nazionali a disposizione.
Un aspetto strettamente collegato al precedente è, infine,
quello del monitoraggio qualitativo e quantitativo, da in-
tendersi come ‘motore di sviluppo’ progettuale e strumento
centrale di validazione del raggiungimento degli obiettivi
prefissati. In questo senso, ad esempio, Simpson e Williams
(2008) propongono di considerare la ricerca di un affidabile
metodo di valutazione dell’impatto delle azioni di archeo-
logia pubblica (e community archaeology) come una
priorità generale per il settore archeologico tout-court, in
quanto «for archaeology to survive on the government’s
political agenda, when funding for heritage is under
increasing pressure, it must provide the public service it
claims to provide» (ibid., p. 87).
In questo senso sarebbe auspicabile una progressiva
defi- nizione condivisa delle conoscenze da integrare nei
progetti di ricerca archeologica (pura e applicata) al fine di
validare un set di pratiche tra loro confrontabili,
all’interno della comunità scientifica italiana. Per il
momento l’unica meto- dologia pubblicata in Italia si
riferisce al Polo di archeologia pubblica per la Toscana
(PAPT – NUccIoTTI 2011), proget- tata in collaborazione
tra rappresentanti di tutti i settori archeologici delle
università statali toscane e rappresentanti dei soggetti
territoriali pubblici e privati di sviluppo rurale. La proposta
è stata inoltre ‘validata’ dal supporto espresso da
rappresentanti nazionali e internazionali dei portatori di
interesse ‘esterni’ (ibid., 151 e ss.). Si tratta, ovviamente, di
un lavoro prodotto in occasione di una precisa contingenza
e senza alcun fine manualistico. Tuttavia, rappresentando il
frutto di una progettazione concettuale ed operativa
piuttosto ampia e multidisciplinare e proponendo una
declinazione ‘esecutiva’ delle pratiche di archeologia
pubblica (9 degli autori sono inoltre archeologi medievisti),
il PAPT può essere considerato un utile punto di partenza
per una riflessione più generale e inclusiva sugli obiettivi a
breve e medio termine di un’archeologia pubblica (anche
medievale) in Italia.
M.N.

2. RIFLESSIONI SULLA COMUNICAZIONE


IN ARCHEOLOGIA

Negli ultimi venti anni e prima ancora di divenire uno


dei temi chiave del nascente settore dell’Archeologia Pubblica
(BoNAccHI 2009a, 2013a; VANNINI 2011), la
della comunità scientifica in Italia, sebbene non vi siano (il gruppo di persone con cui l’esperienza viene costruita e
stati tentativi di fornirne un inquadramento teorico e condivisa); fisica (lo spazio che ospita l’esperienza) (FALK,
metodolo- gico complessivo. DIERKING 1992, 2000).
Nel 1973, l’anno successivo alla pubblicazione del
primo volume specificatamente dedicato alla Public
Archaeology (McGIMsEY 1972), si potevano già contare
almeno centoven- tisei definizioni del termine
‘comunicazione’ e ancora oggi i significati ad esso
attribuiti variano sensibilmente sulla base
dell’orientamento teorico degli studiosi che se ne
occupano (STEINBERG 2007, p. 39). Nonostante la
potenziale ricchezza di un simile orizzonte semantico,
l’esperienza mostra come in archeologia si sia
prevalentemente teso a riferirsi alla comuni- cazione rivolta a
pubblici non specialistici utilizzando la parola
‘divulgazione’. Quest’ultima, corrispondente all’inglese
disse- mination, suggerisce l’idea di un trasferimento
d’informazioni dall’archeologo ad un pubblico
sostanzialmente indifferenziato, secondo la linea dei
modelli di comunicazione cosiddetti ‘di trasmissione’
(McQUAIL 2005, pp. 62-63). Tali modelli sono stati
sviluppati dal secondo dopoguerra in poi, in ambito
tecnico-ingegneristico, con l’obiettivo di descrivere la
comu- nicazione di massa, definita come mero passaggio di
contenuti da una fonte (sender) ad un destinatario (receiver),
attraverso un canale; secondo questo approccio, esistono dei
messaggi ‘fissi’ che vengono inviati e recepiti passivamente
nell’esatto modo in cui il comunicatore li ha codificati,
producendo gli stessi effetti su chiunque li riceva (FIsKE
2002, pp. 6-10).
Anche alla luce della crescente diffusione dei nuovi media
digitali, un effettivo coinvolgimento del pubblico in
archeo- logia non può che fondarsi, invece, sul paradigma
culturale di comunicazione, alternativo a quello
‘dominante’ al quale si ispirano i modelli di trasmissione
sopra citati (McQUAIL 2005, p. 68). Nell’ambito del
paradigma culturale, la comu- nicazione è concepita come
un processo attivo di costruzione di significato (ibid.), in
continuità con la teoria educativa del costruttivismo, che a
sua volta affonda le proprie radici nella riflessione di John
Dewey sull’apprendimento esperienziale, oltre che di
Piaget, Bruner e Vygotsky (HoopER-GREENHILL 1997, p.
1). Il costruttivismo ha origine dall’incontro di una teoria
dell’apprendimento quale «selezione e organizzazione di
dati a partire da una esperienza culturale» e di una epi-
stemologia che intende la conoscenza come il risultato
di interpretazione soggettiva (HEIN 1991; HoopER-
GREENHILL 1997, p. 1). Si tratta di un orientamento
riassumibile nel prin- cipio che «coloro che apprendono
costruiscono significato per se stessi – ognuno costruisce
significato individualmente (e socialmente) mentre
apprende» (HEIN 1991). Queste linee di pensiero sono
state riprese e applicate nel campo della museologia
soprattutto dagli anni ’90. Falk and Dierking (1992,
2000), ad esempio, ne hanno fatto le fondamenta del
primo modello capace di sintetizzare l’esperienza di visita
al museo tenendo conto delle relazioni esistenti tra una
serie di fattori che in precedenza erano stati studiati solo
isolatamen- te. Secondo tale modello, l’esperienza di visita
si configura come il risultato dell’interazione di tre sfere
(o contexts) nel tempo: personale (ad essa attengono
motivazioni, aspettative, interessi, esperienze pregresse e
caratteristiche socio-demo- grafiche dei visitatori); sociale
ARCHEOLOGIA PUBBLICA E ARCHEOLOGIA MEDIEvALE

fig. 5 – Mostra Da Petra a Shawbak. La prima


mostra in Italia redatta secondo i criteri
dell’Archeologia Pub- blica. Il ruolo della stagione
crociato-ayyubide è stato al centro di approfondite
valutazioni in sede di comitato scientifico per le
implicazioni di carattere socio-politico (Alto
Patronato della Regina Rania Al-Abdullah di
Giordania, del Presidente della Repubblica Italiana
e del Presidente del Parlamento europeo). Creare
un percorso espositivo che inviti il visitatore a
partecipare attivamente al proprio processo di
costruzione dei signi- ficati accanto al curatore
(domande aperte, esperienze interattive, possibilità
di lasciare il proprio feedback). Non percorso per
bambini ma percorso per famiglie.

Nello sviluppare un progetto di comunicazione museale cosiddetto ‘impatto


dell’archeologia, si terrà quindi conto delle variabili che
afferiscono a ciascuna di queste sfere e le si analizzeranno
con indagini ex-ante, in itinere ed ex-post. Essendosi preposti
obiettivi di apprendimento in chiave costruttivista, si andrà
a valutare non ciò che di una mostra è stato compreso
ma, piuttosto, come la conoscenza di determinati argomenti
si è modificata e, se del caso, come si è accresciuta o
consolidata e non si prenderanno in esame solo obiettivi
relativi all’ambito della conoscenza ma anche,
potenzialmente, dell’acquisizione di competenze, del
cambiamento di attitudini, valori o com- portamenti, e della
creatività (HoopER-GREENHILL 2002). La sistematizzazione
su ampia scala (territoriale e disciplinare) di queste operazioni
di ricerca costituirebbe una innovazione di processo in
grado di produrre due vantaggi sostanziali. Da un lato,
favorirebbe una più lucida definizione degli scopi della
comunicazione, dall’altro ne consentirebbe la misurazione.
In ultima analisi, i dati raccolti permetterebbero di
dimostrare, quantitativamente e qualitativamente, il
sociale’ della ricerca, facilitando anche il dialogo con
ammi- nistratori e partner privati.
Un ruolo tanto importante quanto spesso trascurato è
giocato poi dal contesto socio-culturale più ampio entro
cui i processi di comunicazione archeologica si svolgono.
Ad esempio, precedenti studi hanno rivelato come le
modalità di partecipazione del pubblico italiano e di quello
britannico differiscano sostanzialmente (BoNAccHI 2012,
2014). In Gran Bretagna, il coinvolgimento assume forme
generalmente più mediate e la comunicazione museale,
televisiva e via internet sono quelle scelte più di frequente
per avvicinarsi all’arche- ologia (EAD. 2014). In Italia,
invece, il web e la televisione sono utilizzati molto meno
a tale scopo, mentre risultano più diffuse le visite a
musei e siti archeologici (E AD. 2014), che spesso però
lasciano i visitatori insoddisfatti per quegli aspetti che
attengono alla progettazione museologica (E AD. 2012;
MIsITI, BAsILI 2009). La soglia del cosiddetto digital
divide, per la comunicazione archeologica in particolare, è
poi sensibilmente più bassa in Italia, dove si attesta attorno
ai 45
G. vANNINI, M. NUCCIOTTI, C. BONACCHI

anni, rispetto ai 65 della Gran Bretagna (BoNAccHI 2012). Gallery è, infatti, il risultato di una ristrutturazione della
La stessa comunicazione televisiva ha assunto un volto sezione me- dievale originaria, compiuta al fine di
profon- damente diverso nei due paesi e, mentre in Italia aggiornare il percorso espositivo alla luce delle scoperte
sono stati prodotti prevalentemente format di carattere archeologiche intervenute
giornalistico, nel Regno Unito ha conosciuto grande
popolarità, per quasi un ventennio (dal 1994 al 2013), il
programma televisivo Time Team (BoNAccHI 2013b,
2014; TAYLoR 1998). In questa serie TV, un presentatore
(Tony Robinson) segue il lavoro di un gruppo di
archeologi impegnati in attività di scavo e incarna il
punto di vista del telespettatore che, interessato, pone
domande agli ‘esperti’ (BoNAccHI 2013b; TAYLoR 1998).

DUE pERcoRsI EsposITIvI A coNFRoNTo


A partire dall’osservazione di due casi studio, la mostra Da
Petra a Shawbak. Archeologia di una Frontiera e la Medieval
Gallery del Museum of London, le due sezioni che seguono
illu- streranno come la comunicazione museale offra, in
Italia, un terreno particolarmente fertile per promuovere la
conoscenza dell’archeologia come disciplina storica di
forte attualità.
La mostra Da Petra a Shawbak. Archeologia di una
Frontiera, promossa dalla Cattedra di Archeologia
Medievale dell’Uni- versità di Firenze in collaborazione
con il Dipartimento di Antichità di Giordania, è stata
inaugurata a Palazzo Pitti il 12 Luglio 2009 (VANNINI,
NUccIoTTI 2009). L’esposizione mirava a comunicare i
risultati di oltre venti anni di ricerca svolta dalla missione
archeologica Petra ‘Medievale’-Progetto Shawbak,
presentando la storia della Transgiordania, di Petra e
Shawbak attraverso la chiave interpretativa della ‘frontiera’ e i
metodi dell’archeologia ‘leggera’ (VANNINI 2009). Si voleva
soprattutto restituire il ruolo diverso e mutevole nel tempo
che la frontiera ha rivestito, nella Giordania del sud, dal pe-
riodo nabateo sino al ventesimo secolo (VANNINI,
NUccIoTTI 2009). Attraverso questa narrazione si è anche
inteso sotto- lineare come la frontiera medievale costituisca
una struttura storica fondante alla base dell’identità
contemporanea dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo
(VANNINI 2009). La riscoperta di questa funzione ha
permesso di porre l’accento sulla vocazione
dell’archeologia quale strumento in grado di consentire
riletture critiche del presente.
Nel promuovere l’incontro di un pubblico
diversificato con questi contenuti, il progetto
museologico ha teso a facilitare l’intero spettro di
possibili esperienze museali così come descritto da Kotler e
Kotler (1998) (BoNAccHI 2009b, 2011, 2014). Il percorso
espositivo prevedeva al suo interno un’ampia gamma di
media, tra cui reperti, ricostruzioni a scala ridotta o
naturale, illustrazioni archeologiche, espe- rienze
interattive per famiglie con bambini in età trai 5 e i 7
anni e varie tipologie di testo (fig. 5). Questi exhibits sono
stati organizzati in unità espositive, ciascuna
corrispondente ad una diversa funzione della frontiera in
un dato periodo storico (EAD. 2009b).
La metodologia espositiva adottata per la mostra si è
ispirata a quella elaborata in occasione del rifacimento
della Medieval Gallery del Museum of London, portato a
termine nel 2005 (JEATER 2006). L’aspetto attuale della
dagli anni ’70 in poi (ibid.). Oggi, la Medieval Gallery
mette a fuoco i significati storici della cultura materiale 32
Le osservazioni pertinenti a ciascuno dei due campioni nel suo
esposta, proponendosi di comunicare: «… the history and complesso (N = dimensione del campione = 500) sono invece valide con
archaeology of not only the urban centre but of the London un margine di errore del ±4% circa all’intervallo di fiducia del 95%.
region throu- ghout the period AD 410 to 1558, from a
broad national and international viewpoint» (AMos
2004).
Diversamente dal precedente assetto della sezione,
che presentava la città medievale di Londra secondo un
criterio esclusivamente tematico, la struttura della nuova
Gallery è scandita da tre landmarks dalle implicazioni
significative per la storia sociale del centro urbano e della
regione circostante: la fondazione di Lundenburg (886),
la Black Death (1348- 49) e il Supremacy Act (1534).
Particolare rilievo è attribuito, infine, ai temi ritenuti di
«maggiore interesse per la contem- poraneità», tra cui il
popolamento della città di Londra, la vita domestica e la
casa, la salute e la medicina, il lavoro e le professioni, la
religione e le credenze e la diversità culturale della
popolazione di Londra nel suo complesso (AMos 2004).
Nell’ambito di una più ampia ricerca sulla comunicazio-
ne dell’archeologia (BoNAccHI 2012, 2013b, 2014), è
stato effettuato uno studio comparato sui visitatori della
mostra Da Petra a Shawbak e della Medieval Gallery del
Museum of London. L’analisi ha preso in esame due
campioni, ciascuno di 500 visitatori adulti in età non
inferiore ai 18 anni, che sono stati selezionati
casualmente mentre uscivano dai due spazi museali e
sottoposti ad interviste strutturate, condotte con l’ausilio
di un questionario composto da domande chiuse e aperte.
Ambedue i campioni erano costituiti per circa la metà
da visitatori residenti, rispettivamente, in Italia (il 53% del
campione totale della mostra) e in Gran Bretagna (il
54% del campione totale della Medieval Gallery).
Quando non diversamente indicato, le analisi riportate di
seguito si riferiscono a questi due sotto-gruppi e sono da
considerarsi rappresentative con un margine di errore
approssimativa- mente pari al ±6% all’intervallo di
fiducia del 95% 32. La composizione dei due sotto-
campioni, dal punto di vista
socio-demografico è illustrata nella tab. 2.

EspERIENzE DI vIsITA E pERcEzIoNE DELL’ ARcHEoLoGIA


Come si è già avuto modo di rilevare, sia la mostra
che
la Gallery hanno voluto porre l’accento sul rapporto che la
ricerca archeologica consente di stabilire tra ricostruzione
storica del passato e comprensione profonda del
presente. Questo tema, tuttavia, è diversamente messo in
luce dai due percorsi espositivi. La mostra Da Petra a
Shawbak, infatti, ha proposto una sintesi interpretativa
derivante dal lavoro di un team accademico di ricerca
interessato a rispondere a specifici interrogativi storici. La
Medieval Gallery, invece, è stata realizzata con lo scopo di
restituire la storia di Londra nel Medioevo senza però che
venisse adottato un particolare filtro interpretativo e
partendo dalla necessità di comunicare le collezioni del
museo.
Per comprendere entro quali limiti i due modelli
espositivi
riuscissero nell’intento di evidenziare il ruolo
dell’archeologia come disciplina storica di rilievo per la
società contempo-
ARCHEOLOGIA PUBBLICA E ARCHEOLOGIA MEDIEvALE

Medieval Gallery del Museum of London Mostra Da Petra a Shawbak


Visitatori residenti in Gran Bretagna Visitatori residenti in Italia
Percentuale valida Percentuale valida
Uomini 48 Uomini 39
Donne 52 Donne 61
18-25 13 18-25 10
26-35 21 26-35 16
36-45 16 36-45 14
46-55 17 46-55 12
56-65 20 56-65 29
66-75 10 66-75 16
76+ 3 76+ 3
O Level/GCSE 17 Elementari 1
A Level 24 Medie inferiori 10
Titolo di laurea 34 Medie superiori 41.5
Titolo post-laurea 25 Titolo di laurea o post-laurea 47

tab. 2

Medieval Gallery del Museum of London


Categorie di risposta*
* identificate in inglese Percentuale valida
Visitatori residenti in Gran Bretagna Campione totale
Archaeology as material remains/material culture 5 3
Archaeology as the process of reconstructing history/the past 31 34.5
Archaeology as the process of digging/discovery of evidence 11.5 11
Archaeology as the process of studying material remains/cultures in order to understand the past 11.5 10
Archaeology as the process of studying material remains/culture 9 7.5
Archaeology as time travelling 2 1.5
Archaeology as past events 2 3
Archaeology as understanding history/the past to understand the present and build the future 15.5 11
Archaeology as the study of human evolution 6 10
Archaeology as the process of understanding the past through digging/discovering material 0 1
remains
Archaeology as the process of reconstructing the past by digging/discovering material remains
and studying them 3 3
Archaeology as the study of others 1 1
Archaeology as the process of reconstructing history through the environment 1 0
Archaeology as finding and studying material remains 1 1

tab. 3

ranea, si è chiesto ai visitatori che lasciavano i due spazi La distribuzione delle risposte mostra che la
museali di fornire una definizione di ‘archeologia’. Ciò ha maggioranza dei visitatori della Gallery residenti nel
consentito di valutare la conoscenza della disciplina che i Regno Unito (71%) ha definito l’archeologia come una
rispondenti possedevano al termine del percorso espositivo. disciplina storica, mentre solo il 21% l’ha descritta come
Interviste sia in entrata che in uscita avrebbero semplice operazione di scavo e senza menzionare il fine
consentito una misurazione più accurata dell’impatto ultimo di individuare una risposta a interrogativi storici di
dell’esperienza di visita al netto delle conoscenze pregresse ricerca. Percentuali molto più basse di rispondenti hanno
dei rispondenti, ma non è stato purtroppo logisticamente identificato l’archeologia con la cultura materiale (5%),
possibile effettuare una survey all’ingresso della mostra. oppure, in termini più generici, con un ‘viag- gio nel
L’analisi rimane tuttavia giustificabile alla luce di uno studio tempo’ (2%). Più in particolare, del 71% costituito da
sull’apprendimento dei visitatori che ha dimostrato un coloro che hanno riconosciuto la vocazione
accrescimento conoscitivo diffuso sia tra i visitatori della dell’archeologia come disciplina storica, il 15,5% ne ha
Medieval Gallery che tra quelli del percorso Da Petra a posto in evidenza la capacità di facilitare una più
Shawbak (BoNAccHI 2014). approfondita conoscenza del presente, utile anche a
A coloro che hanno partecipato alle due survey, è
stato progettare il futuro della nostra società. Rispondendo alla
chiesto: “How would you define archaeology? ” (ai stessa domanda, il campione della mostra Da Petra a
rispondenti di madrelingua italiana: “Come definirebbe Shawbak. Archeologia di una Frontiera ha invece fornito
l’archeologia?”) e le risposte fornite dai due campioni sono definizioni classificate come segue: ‘studio del
state analizzate separatamente. Per i visitatori della passato/ricostruzione della storia attraverso manufatti e altri
Medieval Gallery sono state individuate quattordici resti materiali’; ‘storia’; ‘studio del passato per
categorie di risposta di cui si è misurata la ricorrenza (tab. comprendere il presente e costruire il futuro’, ‘lo studio
3) e queste classi di risultati sono state poi ulteriormente delle civiltà’, ‘una avventura nello spazio e nel tempo o
raggruppate e ridotte alle seguenti cinque: ‘archeologia attraverso la conoscenza e l’immaginazione’, ‘lo studio del
come disciplina avente uno scopo storico o come storia’, passato e la ricostruzione della storia attraverso lo scavo e
‘archeologia come cultura materiale’, ‘archeologia come l’interpretazione dei manufat- ti’, ‘scavo’, ‘altro’. La maggior
processo (senza l’identificazione di uno scopo storico)’, parte dei rispondenti ritiene che l’archeologia sia ‘lo studio
‘archeologia come viaggio nel tempo’, ‘altro’. del passato/la ricostruzione della storia’ (26%), facendo
pertanto riferimento allo scopo storico
G. vANNINI, M. NUCCIOTTI, C. BONACCHI

della disciplina ma non ai metodi della ricerca. Il 20% dei FALK J., DIERKING L., 2000, Learning from Museums. Visitor
visitatori intervistati ha poi dimostrato di cogliere i caratteri Experiences and the Making of Meaning, Walnut Creek.
di attualità dell’archeologia, descrivendo quest’ultima come
un modo di studiare il passato che aiuta la comprensione
del presente e contribuisce positivamente alla costruzione
informata del futuro. Questo dato, in particolare, rivela la
più marcata efficacia della mostra, rispetto alla Medieval
Gallery del Museum of London, nel presentare l’archeologia
come materia di potenziale interesse per la contemporaneità.
Le considerazioni contenute in questo breve testo dedicato
alla comunicazione in archeologia contribuiscono a mostrare
come l’università italiana e i gruppi di ricerca al suo interno
possano svolgere un ruolo significativo per lo sviluppo ef-
fettivo dell’Archeologia Pubblica in Italia, anche attraverso
percorsi museali capaci di promuovere una maggiore consa-
pevolezza del valore dell’archeologia come disciplina storica;
un valore che deriva dalla ricerca pura e dalle interpretazioni
che questa produce. Com’è stato qui esemplificato, l’Arche-
ologia Pubblica fornisce quel framework di teoria e metodo
che permette di individuare e monitorare i migliori ‘usi
pubblici’ degli assets archeologici. Si rende pertanto più che
mai auspicabile, in Italia, una istituzionalizzazione di questo
settore che dia concretamente seguito alle riflessioni condivise
su questi temi, negli ultimi anni (BoNAccHI 2009b,
2013a,
2014; BRoGIoLo 2012; VANNINI 2011).
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research is considered as a discipline sharing the demand for
Frontiera, in VANNINI, NUccIoTTI 2009, pp. 22-27.
functional sustainability (considering archaeology as a tool) with the
VANNINI G. (a cura di), 2011, Archeologia pubblica in Toscana: un
demand for economic sustainability (in terms of profitability) with
progetto e una proposta, Firenze.
both public and private entities. Thus, specialists in different fields
VANNINI G., 2011 Università e società, ricerca e sviluppo. Verso
are addressed. The formal introduction of this research field in
un’arche- ologia pubblica in Toscana, in VANNINI 2011, pp. 25-
Italy can be traced back to the inauguration of the 1st Congress of
33.
Public Archaeology (Florence 2012). However, activities directly
VANNINI G., NUccIoTTI M. (a cura di), 2009, Da Petra a
influenced by this approach were already taking place in the
Shawbak.
academic world, both in terms of advanced training (at the
Archeologia di una frontiera, Firenze.
Universities of Padua, Salerno and Florence), and in terms of
VANNINI G., NUccIoTTI M., 2011, Light and Public!
research experiences (EU development projects such as Enpi-
International projects and research by the Florence Chair of Ciudad, for Shawbak – Jordan). Finally, this paper focuses on
Medieval Archaeology, in M. FIoRAvANTI, S. MEccA (ed.), communication in archeology, conceived as an active process of con-
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134-38. società civile esigenze di sostenibilità funzionale (strumenti) ed
Summary economica (redditività), tramite una progettualità specialistica. Se
l’atto di introduzione in Italia di tale settore disciplinare può
Public Archaeology and Medieval Archaeology. riconoscersi nel I Congresso Nazionale di Archeologia Pubblica
The last few years have seen a fast-encroaching movement in (Firenze 2012), attività esplicitamente riferite a tale approccio erano
Public Archaeology, avowedly Anglo-Saxon in background, aimed at già in atto in ambito accademico (sia di formazione avanzata:
uniting theoretical frameworks and operational practices drawn from Padova, Salerno, Firenze; sia come esperienze di ricerca: progetto
the traditions and experiences of different schools of thought. This is europeo di sviluppo territoriale CIUDAD-ENPI per Shawbak). Una
particularly the case in relation to the management of archaeological
focalizzazione è dedicata alla comunicazione in archeologia,
Heritage, communication, and identity issues. In Italy this has
concepita come un processo attivo di costruzione di significato e
been happening earlier than elsewhere, especially in the field of
collante delle diverse anime della Public Archaeology, anche
Medieval Archaeology. This paper gives an overview (both selective
mettendo a confronto esperienze recenti britanni- che (Medieval
and critical) of a number of milestones which have led to the
Gallery del Museum of London) ed italiane (mostra Da Petra a
development within Italian medieval archeology of a particular
Shawbak).
interest in, and awareness
€ 48,00
ISSN 0390-0592
ISBN 978-88-7814-607-5

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