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IL BUDDA
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impaurita da questi eventi e quanto ne soffrisse. Si chiese se esisteva un
modo per liberare le persone da questo dolore. Per cercare di trovare la
risposta a tale domanda, decise di lasciare l’agio e la sicurezza della sua
famiglia per vivere come un uomo povero. Seguì i consigli di alcuni maestri
religiosi e diede disciplina al suo corpo restando senza cibo, calore e
comodità, ma ancora non riusciva a trovare la risposta al problema della
sofferenza. Negli anni sviluppo la sua filosofia di vita, LA MEZZA VIA:
bisognava prendersi cura dei bisogni essenziali del proprio corpo, senza
dedicarsi alla ricerca di nessun' altra cosa che potesse essere superflua. Allo
stesso tempo apprese come calmare la sua mente concentrandosi sul respiro
profondo e come praticare la meditazione. Si ritirò nelle foreste dell’odierna
Urel, sottoponendosi a penitenze, meditazioni interminabili, esercizi fisici di
ogni genere per giungere al completo controllo di se stesso. All’età di 35
anni, mentre stava meditando sotto un albero di fico, ebbe il dono della
chiaroveggenza, Siddhartha ebbe la risposta a quello che cercava. Si sentì
liberato dall’angoscia della malattia, della vecchiaia e della morte. Era
riuscito a staccarsi dal ciclo naturale legato alla nascita, alla morte e dalla
rinascita. In questo preciso momento Siddhartha divenne il Budda:
L’ILLUMINATO. Per il resto della sua vita, il Budda viaggiò per l’India a piedi,
insegnando ed aiutando gli altri a liberarsi dalla sofferenza che accompagna
la vita degli uomini. Siddhartha ebbe come primi discepoli cinque anacoreti
(persone che si ritiravano nel deserto per dedicarsi alla meditazione) che
aveva incontrato sulle rive del Gange e ai quali aveva fatto la sua prima
predica. Insieme a quei cinque seguaci, operò molti prodigi, e convertì altri
mille anacoreti. Il discepolo più caro a Siddhartha fu Ananda. Questo spinse il
Budda a fondare anche un gruppo di discepole, per le quali dettò regole
speciali. Siddhartha morì all’età di 80 anni per aver mangiato probabilmente
dei funghi velenosi.
I LIBRI SACRI
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canestro racconta la vita di Budda e contiene le sue prediche. Il terzo
canestro riguarda la dottrina.
LA DOTTRINA
Tutti i buddisti hanno come obiettivo quello di raggiungere quel luogo dove
non c’è più dolore: il Nirvana. A tale scopo devono osservare otto regole:
1) RETTA FEDE: I buddisti devono aderire alle quattro verità e non devono
svolgere attività in contrasto con l’insegnamento del Budda.
2) RETTA DECISIONE: I buddisti si devono impegnare a tenere lontano da
sé ogni desiderio, odio o malizia.
3) RETTO LINGUAGGIO: Devono dire la verità, usare parole che diffondono
amore e amicizia, usare un tono cortese, non dire sciocchezze
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4) RETTA AZIONE: I buddisti si devono astenere dall’uccidere esseri
viventi, non devono rubare o compiere adulterio e devono rendere felici
gli altri.
5) RETTO COMPORTAMENTO: I buddisti devono tenere un buon
comportamento
6) RETTO SFORZO: I buddisti si devono impegnare ad eliminare il male
cercando di incoraggiare tutti ad incrementare le buone qualità.
7) RETTO PENSIERO O RICORDO: I buddisti devono sempre ricordarsi che
non devono mai cedere ai desideri.
8) RETTA CONCENTRAZIONE: I buddisti praticano la meditazione per
distaccarsi dalle passioni.
Conta soprattutto la retta fede, per non cadere in eresie e quindi impostare la
vita in maniera errata. Non basta, comunque, la rettitudine delle idee,
occorre associare ad essa quella dell’agire. La retta azione se si fonde con la
retta fede, porta l’uomo verso una nuova nascita, che perpetua l’individuo in
un nuovo organismo sempre più vicino alla perfezione morale, fino a
raggiungere l’ultima meta: la santità.
I divieti principali sono cinque:
1) NON UCCIDERE
2) NON RUBARE
3) NON COMMETTERE ATTI IMPURI
4) NON MENTIRE
5) NON FARE USO DI DROGHE O BEVANDE INEBRIANTI.
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un’arte del vivere e un’arte del morire, se si affronta la morte con coraggio ci
si prepara meglio alla prossima rinascita, garantendosi un’esistenza migliore.
FESTE RELIGIOSE
IL BUDDISMO TIBETANO
In Tibet, sul Tetto del Mondo, si raccontano suggestive leggende sulle origini
del suo popolo, fatte di divinità e di demoni; si sa però che i tibetani
discendono da tribù nomadi piuttosto bellicose e che solo intorno al VII
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secolo il Tibet divenne una potenza con il re Songtsen Gampo (618-649). Con
l'introduzione del Buddhismo nella casa reale, comincia l'affermazione della
dottrina del Buddha in Tibet. Durante il suo regno sorse Lhasa (= il "Luogo
degli Dei") dove venne edificato uno dei più antichi templi buddhisti del Tibet
e furono tradotti i primi testi sacri.
Successivamente venne edificato il monastero di Samye (762-766), dove
vennero istruiti i primi monaci tibetani e dove cominciò la traduzione in
lingua tibetana dei testi del cànone buddhista che fu continuata anche sotto i
sovrani successivi. Questi testi vengono detti "terma" e fu allora che gli
insegnamenti di questa scuola furono codificati nella "Raccolta degli antichi
tantra”. Uno dei terma principali della scuola Nyngma, è il testo che ne
contiene i principi, è famoso noto come "Libro tibetano dei morti". I
monasteri buddhisti divennero perciò i centri del potere nella vita del paese.
I superiori dei monasteri sono i "Lama" ed hanno per capi il Dalai-Lama e il
Panchen-Lama .
Nel 779 il Buddhismo fu dichiarato religione di stato.
Nel XIV secolo vediamo una grande fioritura di scuole buddhiste tibetane, tra
le quali la scuola Gelug (I Virtuosi) che conobbe subito una larga diffusione e
divenne la più potente delle scuole buddhiste tibetane: ad essa appartengono
anche il Dalai Lama e il Panchen Lama, ossia la prima e la seconda autorità
spirituale del Tibet.
L'attuale Dalai Lama, Tenzin Gyatso, nato il 6 luglio 1935, è il XIV Dalai Lama,
premio Nobel per la pace nel 1989 ed esponente della dottrina della non
violenza. Dopo aver governato il Tibet dal 1950 al 59, a causa
dell'occupazione cinese, vive in esilio in India dove ha costituito il governo
tibetano in esilio, di cui è il leader politico.
Il Dalai Lama è il capo spirituale della scuola Gelug del Buddhismo tibetano,
oltre ad essere uno dei massimi esperti e divulgatori del buddhismo
nell'occidente.
Il termine "Dalai Lama" è traducibile come "Maestro-oceano", ma si
preferisce utilizzare la più elegante espressione Oceano di saggezza. Egli si
reincarna e lo scopo della reincarnazione è quello di continuare l'opera della
sua precedente vita. Tenzin Gyatso ha avanzato l'ipotesi che, in futuro, la
nomina dei lama possa essere messa ai voti, come avviene per le alte cariche
di altre religioni.