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CIVILTÀ CATTOLICA
ANNO NONO
TERZ A1 S E RIE
VOL. NONO
R O MIA
COI TIPI DELLA CIVILTA' CATTOLICA
Via di Borgo Nuovo al Vaticano 81.
1858.
IL CoNGREsso INTERNAZIONALE
. DI BENEFICENZA
A F R A N CO F O RT E
-o-o;9oo
atto. Tutti codesti racconti sapete voi che sono? Sono, si parva li
cet componere magnis, le mediocrità architettoniche di Firenze co
spiranti intorno alla cupola di S. Fiora per escluderne la mente in
ventrice del Brunelleschi.
Sebbene nò, il paragone neanche in piccolo non regge. Chè in
fin dei conti la gelosia di quei di Firenze non giunse a demolire il
già fabbricato e sperderne le macerie. Ben essi volevano appro
priarsi il disegno e la gloria: ma si contentavano di continuare la
fabbrica com'era iniziata, e valersi di quelle pietre che erano già
destinate all'edifizio. Non così gli eterodossi nella fabbrica della casa
spirituale: essi vogliono la società universale del genere umano,
ma fuori del cristianesimo e fabbricata col nulla.
Col nulla; sissignori! proprio col nulla: giacchè il gran mezzo,
il gran ripiego da loro scoperto per congiungere in unità perfetta
tutti i popoli della terra, è stato quello di eliminare a poco a poco
tutti que'dommi, con che la Sapienza incarnata volle congiungerli,
ma che trovavano un contraddittore. Così furono esclusi tutti, fuor
chè quei nove; e poichè contra questi ancora le obbiezioni non
mancano, sarà pur forza abbandonare anche questi e fabbricare l'u
nità d'intelligenze senza dottrine, col nulla, o, come suole dirsi,
con la tolleranza universale 1. - -
1 Pagina 81.
Serie III, vol. IX, 12 4 Gennaro 1858
178 IL CONGRESSO INTERNAZIONALE
Pag. 80.
DI BENEFICENZA A FRANCOFORTE 181
Buon per noi che dall'alto veglia a difesa de popoli e tutto guida
agli eterni suoi fini la Providenza: e a Lei servono senza avveder
CIVILTÀ CATTOLICA
ANNO SETTIMO
TERZA SERIE
VOL. QUARTO
ROMA
COI TIPI DELLA CIVILTÀ' CATTOLICA
Via di Borgo Nuovo al Vaticano Nona. 81.
1856.
LA MENDICITÀ ED I MENDICHI
l'Prov. 22, a.
ED I MENDICHI 287
alla limosina materiale sì aggiungesse quella condizione divisata e
raccomandata con si calde parole dal sig. Raffaele Lambruschini
in una lettera ricordata da noi con molta lode * , noi crediamo
che sarebbe, non che provveduto al vero bisogno , ma occorso e-
ziandio al pericolo di vederlo troppo cresciuto per vizio e simula
to per menzogna. Gli è pur troppo vero che la limosina , la qua
le getta un pane od un obolo al mendico per cavarsi dattorno la
noia d' un importuno , è cosa ben diversa da queh" altra che sten
de la mano perchè si conduole veramente del male altrui ; perchè
ha veduto e misurato il bisogno e nel soddisfarlo eccita , insegna ,
conforta, schiude la via ad ucciderne il germe; il quale spesso si na
sconde più che nel vizio, nell'abbandono, nello scoraggimento, nel
la solitudine di persone , cui nessuno osa appressarsi per tema di
rimetterci del suo. È manifesto che per questa via non solo si prov-
vederebbe al bisogno, ma si scemerebbe insensibilmente il numero
dei bisognosi ; effetti che indarno si aspetterebbero dai mezzi bu
rocratici e governativi, i quali, per poderosi che siano, non posso
no avere veruno effetto salutare nelle coscienze di cui sovvengono ;
e questa faccenda è di tale indole che se non trova rimedio nell' af
fetto e nella coscienza , non lo può trovare che mancante assai ed
incerto. Di qui voi scorgete quanto siano differenti e per poco non
dicemmo ripugnanti tra loro i mezzi presi dalla carità e quelli pro
posti e raccomandati dalla filantropia. Quella vorebbe vedere le due
generazioni di ricchi e di poveri commiste tra loro come due ope
re dello stesso Padre comune ; e gli agiati visitare nelle loro case i
poverelli e cercarne i bisogni, e indagarne le cagioni, ed aggiunge
re una parola amica, suggerire un consiglio prudente, e confortare
colle speranze celesti , ed invigorire alla tranquilla rassegnazione
colle parole e coll' esempio : appunto come si usa fare dalle ammi
rabili Conferenze di S. Vincenzo da Paoli. Questa per converso ,
cioè la filantropia guarda i ricchi ed i mendichi quasi fossero due
popoli diversissimi , li vorrebbe separati recisamente ; e cacciati
1 L' opuscolo avea per titolo : Sui ricoveri designati a benefizio dcgl' indi
genti; e la Iti vista si legge nella seconda serie, voi. X, pag. 183 e scgg.
2 Sui ricoveri designati ecc. preso ad esame dalla Civiltà Cattolica, Apolo.
£ia dell'Autore. 1835.
298 LA MENDICITÀ ED I MENDICHI
tanti Sommi Pontefici 1 che aveano emanate prescrizioni severissi
me ad exlirpandam mendicilatem dalla città di Roma. Ad isgom-
brare questo scrupolo , noi avevamo divisata una Rivista anche di
questo scritto ; e quasi l'avevamo condotta al fine, quando ci cadde
l' occhio sulle poche righe impresse a minutissimi caratteri a tergo
del frontespizio, dove suolsi dichiarare la proprietà letteraria. Ma
che ? questa era asserita dal padre del defunto , che diceva di dare
alla luce quel lavoro postumo del figliuolo, mancato in pochi gior
ni e in cosi giovane età ai vivi. Ci strinse di tanta pietà quel caso,
e ci parve così degna di riverenza l' afflizione di un padre tanto do
lorosamente superstite, che gittammo via la penna ed abbando
nammo la Rivista nel dimenticatoio, rimettendo ad altro tempo il
cogliere il destro da sgombrare quello scrupolo intorno ai tre Pon
tefici ed alle loro Bolle. Or questo ci par che sia desso; e la cosa si
fa in due parole. Leggansi attentamente quelle prescrizioni, e si
troverà che esse nulla fanno meno che condannare universalmente
il dimandar limosina. Pensate! Si sarebbe dovuto cominciare dallo
abolire tutti gli Ordini Mendicanti ; ed i Pontefici , che fino in que
sto secolo ne approvarono qualcuno , non sembrano guari disposti
a queste condiscendenze cogli Economisti. Quelle Bolle dunque mi
rano appunto a quei casi speciali di Mendicità infinta od infingar
da, che reca disturbi e che crea pericoli, nei quali casi già dicemmo
potere l' Autorità civile regolare l' uso di quel diritto, ed anche so
spenderne l'esercizio ; il che tanto più sicuramente si poteva fare in
Roma cosi prodigiosamente ricca d'istituti di carità che bene era più
facile trovare apparecchiato il sovvenimento senza il bisogno , che
non il bisogno a cui non fosse apparecchiato il sovvenimento.
CIVILTÀ CATTOLICA
ANNO NONO
Ps. cxLiii, 8.
TERZ A S E R I E
VOL. UNDECIMO
R O MIA
COI TIPI DELLA CIVILTA' CATTOLICA
Via di Borgo Nuovo alVaticano 8 ,
1858.
L'ECONOMIA ETERODOSSA
A LL E PRESE
1 En laissant à la charité son mobile élevé et son action d'autant plus bien
faisante qu'elle est libre, M. Modeste se prononce pour une vertu plus humaine
-
E dove mai troverà egli (se non fosse in Piemonte ove il sistema
inglese già comincia a portare i suoi frutti 1) una statistica dei mor
ti di fame in Italia, come la veggiamo pubblicarsi di tempo in tem
po rispetto all'Irlanda e all' Inghilterra? Edove troverà egli in Ita
lia, in una sola provincia, 80 famiglie che vivano solo d'erbe rac
colte alla campagna? Dove 770 famiglie costrette a dormire per ter
ra? Dove 400 famiglie, ove le donne non abbiano in sei che una
sola veste per uscire 2? E quella spaventevole tassa depoveri,sot
1 Vedi l'Armonia che cita il Cittadino 1 Maggio pag. 393. Notizie. Un
morto di fame. -
laisse... la place à une vertu plus haute encore (L. cit. pagg. 42, 43).
ALLE PRESE COL PAUPERISMO 151
t . . . Les premiers instincts des droits, les aspirations vagues à t'. éman
cipation. l’initiative lointaine à la vie civile onl dû faire naître le sentiment
plus vif de l'inférioritê;. .. en se regardant dans le miroir éclatant de notre
luxe, la misère s’ est reconnue et nommée: . . . le contact plus fréquent avec un
monde qui lui était complètement fermé jadis, en lui révélant ses privations,
l’ a rendue plus impatiente de la sou/fiance, plus disposée à la révolte; . . .
cette fermentation douloureuse et menaçante à la fois des convoitises éveillees,
en imposant à la société actuelle des devoirs plus impérieuaa, lui crée des dì/fi
cullés toutes nouvelles et des dangers très-pressants (pag. 131).
Dans la comparaison de notre paupérisme bruyant au paupérisme muet7
des époques précédentes... en a voulu rendre responsables dupaupérisme ces élé
ments de fermentation intellectuelle qui troublent la résignation des masses,
tout ce qui relève leurs idées, leurs aspirations, tout ce qui éveille en elles l’in
stinct de leur valeur et le sentiment de leurs droits, tout ce qui, en grandis
sant t' homme intérieur, lui fait paraître en vie trop ail-dessous delui ( t. c.
pag. 33 ).
2 C'est la torpeur mentale qu’il faut guérir, c' est le coeur, c’est la volonté,
qu’il faut enrichir et activer. Faire penser, faire vouloir (pag. 28).
La marche à suivre . .. ce sera partout (1’ éclairer l’ intelligence et le coeur,
d' éveiller l' attention et la prévoyance, de renforcer la volonté, d' ezciter sans
cesse le sentiment de la valeur personnelle. de susciter le stimulant des besoins
élevés, et, tout en veillant à ce que les difficultés de la lutte ne rendent pas la
victoire impossible, de laisser toujours subsister comme conditIOn de la vie la
lutte qui fait la force (pas. 39).
3 Le principe du mal 1.’ est pas en bas plus qu' en haut, il est partout; il est,
je ne crains pas de le dire, plutôt encore dans les régions élevées que dans les
couches inférieures de l'atmosphère sociale. Il n'y a pas, en effet, dans la socié
ALLE PRESE COL PAUPERISMO 155
té, une erreur ou une injustice, pas un système faux , pas un égoisme , une ld
cheté, une corruption, pas un désordre ou une simple faute en politique, en mo
rale, en économie publique, qui ne se traduise matériellement par une perte de
forces productives. (Loco citato pag. 27).
La classe moyenne, plus ardente à acquérir, plus entendue à administrer,
plus dpre à conserver, parait aussi plus spécialement préposée à la realisation
du progrès matériel et à la conquéte de la richesse..., Il ya une classe d'élite su
périeure d la richesse par la noblesse etc.... A cette ambition désintéresse des
intéréts purement matériels,... il faut un idéal grandiose et un but impersonnel,
comme la bienfaisance. (L. c. pag. 44, 45).
1 Le sortéternel de l'homme, est d' aspirerà un repos qu'il n'atteint ja
mais... la solution est la difficulté nouvelle;... la rédemption des misères est
la légitimation des richesses (pag. 44).
2 La solution est-ce autre chose que le travail continu des peuples?... En
vérité tout est solution à la fois et tout est problème. La solution de la veille.
obstacle et danger du lendemain (pag. 44).
3 La conviction, malheureusement très-générale, que la misère est un fait
inhérent à l'imperfection humaine, àpeu près constant et dans tous les cas
156 L'EcoNoMIA ETERoDossA
1 Le sentiment plus marqué de la misère est à la fois, pour celui qui la souf
fre un aiguillon par la douleur, pour celui qui l'approche un avertissement par
la memace(pag. 32)
160 L'ECONOMIA ETERODOSSA ALLE PRESE COL PAUPERISMO
CIVILTÀ CATTOLICA
ANNO NONO
TERZ A1 S E RIE
VOL. NONO
R O MIA
COI TIPI DELLA CIVILTA' CATTOLICA
Via di Borgo Nuovo al Vaticano 81.
1858.
IL CASTELLo DISFATTo 161
Iolanda non potea rinvenire dal suo stordimento udendo tai cose;
e guardata l'inferma con occhi incerti, le disse – Ida, non se' tu
alemanna?
– Sono luitizia, rispose, e tu sai che i Luitizi non sono cristia
ni; anzi sono in continua guerra coi Sassoni, e coi Danesi, che ado
ran Cristo. Egli è appunto perchè ho salvato un Cristiano, ch'io
mi trovo sbandeggiata dalle mie native foreste e raminga con Duno
mio marito. Tu dei sapere che nell'ultima guerra de' miei Luitizi
coi Sassoni, dopo infinita strage dell'uno e dell'altro campo, cia
scuno ritirossi co' suoi feriti e co' suoi prigionieri entro i propri
confini. Fra i nostri prigioni era un nobile e prode cavaliere, fi
gliuolo d'un gran principe di Sassonia, giovine che non avea tocco
ancora i diciott'anni, ma si gagliardo che niuno resisteva alla sua
spada, e nella battaglia uccise ben tre Capi delle nostre tribù. Es
sendogli stato morto il cavallo, così a piedi si difendeva mirabilmen
te; ma circondato da una gran calca de' nostri dovette cedere, e
fu fatto prigione e condotto alle nostre boscaglie.
Le tribù, cui quel nobile guerriero aveva ucciso i condottieri,
gridarono ammutinate che il fiero Sassone si dovesse svenare all'a
ra di Odino per placare l'ombre dei nostri Duci; e cosi fu conve
nuto di fare. Io sono figliuola del gran sacerdote di Odino, e il gio
vane fu tratto nella capanna di mio padre, ed ivi legato a un cep
po attendea la sua morte. Essendo io figliuola unica dimorava col
marito in casa mio padre, e però mi fu dato a guardia il prigionie
ro, il quale nel suo grand'animo non mostrava segno di paura, nè
punto si rammaricava della sua sventura. Fu mandata la grida per
tutto il vasto paese dei Luitizi, che ivi a tre giorni il gran sacerdote
di Odino avrebbe immolato al suo altare sotto la quercia il più pro
de campione dei Sassoni. Tutti i guerrieri convennero, e campeg
giarono sotto le tende. La notte del terzo di tutti gli uomini erano
nel gran prato del Dio, ragionando intorno alla nuova guerra da
rompere ai Sassoni, e faceano al lume delle tede di pino le danze
guerriere che precedono il sacrifizio.
Io era soletta al fuoco, e vedea il giovane prigioniero postosi gi
nocchione pregare come facevi tu dianzi, e levava le mani al cielo,
164. LA CONTESSA MATILDA
valea il promettere che non paleserebbe mai a persona viva chi abi
tasse nei sotterranei di quel castello. Chiedeva di Raimondo,eniu
no le rispondea: quei ceffi la teneano in continuo terrore il giorno
e la notte: pregava la sua Madonnina che si movesse a pietà di lei;
e piangeva e si desolava.
Una notte sente nelle camere vicine un insolito romore, e un ri
dere e sghignazzare, e parlar d' assalti d'una sacristia, e di botti
no d'oro e d'argento, e pareale udire anco una voce donnesca, la
quale millantavasi più dell'altre. Iolanda stava in orecchi e trema
va. Dopo lunga ora di silenzio, perchè cenavano, udì nuovamente
entrar nelle camere contigue e una grossa voce che disse – Va là
in fondo a coricarti, che v'è un'altra donna –e poco appresso en
tra una femmina d'alta persona col lume in mano, la quale chiuse
l'uscio dietro a sè col catenaccio.
Iolanda trasalì a quella vista, e guardata la donna, e conosciu
tala, si getta alle sue ginocchia, e dice sotto voce –Swatiza, aiu
tami per amore di Dio – La zingana abbassa il lume, guarda fiso
la donzella ed esclama – Iolanda, come voi qui? –Sedettero tut
te due sul letticello, e Iolanda le narrò piangendo i suoi casi. Swa
tizapianse, forse per la prima volta in vita sua, tanto la strinse la
pietà di quell'innocente verginella;e presala per mano e carezza
tala affettuosamente – Benefattrice mia, le disse, non temete; io
conosco tutti gli aditi più secreti di questo palagio, e vi farò uscire,
che persona nol saprà: qui sotto il vostro letto è un trabocchello
con una botola a ribaltella, e sopra fu rammattonato; ma i matto
ni non hanno calce e, levatone uno, tutti gli altri si rilevano age
volmente.
– Ma io vorrei salvo anche Raimondo, disse Iolanda – Io ver
rò poi per esso, s'egli è ancor vivo, ripigliò Swatiza, ma intanto
egli non vi è tempo da perdere – E posto da un lato il letticello,
e colla punta d'un trafiere alzato un mattone, tutti gli altri furono
rimossi chetamente: indi alzò la ribalta della botola, prese il lume,
e con Iolanda avviossi peruna scaletta che riusciva sulla ripa del
torrente.
IL CoNGREsso INTERNAZIONALE
. DI BENEFICENZA
A F R A N CO F O RT E
-o-o;9oo
atto. Tutti codesti racconti sapete voi che sono? Sono, si parva li
cet componere magnis, le mediocrità architettoniche di Firenze co
spiranti intorno alla cupola di S. Fiora per escluderne la mente in
ventrice del Brunelleschi.
Sebbene nò, il paragone neanche in piccolo non regge. Chè in
fin dei conti la gelosia di quei di Firenze non giunse a demolire il
già fabbricato e sperderne le macerie. Ben essi volevano appro
priarsi il disegno e la gloria: ma si contentavano di continuare la
fabbrica com'era iniziata, e valersi di quelle pietre che erano già
destinate all'edifizio. Non così gli eterodossi nella fabbrica della casa
spirituale: essi vogliono la società universale del genere umano,
ma fuori del cristianesimo e fabbricata col nulla.
Col nulla; sissignori! proprio col nulla: giacchè il gran mezzo,
il gran ripiego da loro scoperto per congiungere in unità perfetta
tutti i popoli della terra, è stato quello di eliminare a poco a poco
tutti que'dommi, con che la Sapienza incarnata volle congiungerli,
ma che trovavano un contraddittore. Così furono esclusi tutti, fuor
chè quei nove; e poichè contra questi ancora le obbiezioni non
mancano, sarà pur forza abbandonare anche questi e fabbricare l'u
nità d'intelligenze senza dottrine, col nulla, o, come suole dirsi,
con la tolleranza universale 1. - -
1 Pagina 81.
Serie III, vol. IX, 12 4 Gennaro 1858
178 IL CONGRESSO INTERNAZIONALE
21. Quello che egli puòfarsi pagare in certi casi è, come abbia
mo detto poc'anzi, il tempo e l'opera che poteva impiegare per
proprio sostentamento, e che ha dovuto spendere non solo nell'eser
cizio attuale di sua funzione, ma nelle lunghe preparazioni, nello
studio indefesso,nel procacciarlibri estromenti necessari, nel man
tenere corrispondenze coi dotti ecc.: cose tutte che a chi voglia co
scienziatamente consecrarsi a tali funzioni potrebbero meritare ben
altro stipendio, che quello talora meschinissimo, onde vengono re
tribuite. Non per questo crediamo assolutamente giustificate certe
doglianze (in parte, a vero dire, ragionevoli) di chi s'indegna al
vedere meglio retribuita una capriuola della Cerrito, che una lezio
ne astronomica dell'Arago. Certamente è ragionevolissimo il disde
gno, quando si vede un pubblico sì bestialmente schiavo della vo
luttà, che voglia pagare a sì caro prezzo quella capriuola. Ma se
trattasi di rimeritare nei due lavori la parte materiale, quell' ora
impiegata dall'Arago nella lezione accademica non ha un minuto di
più dell'ora impiegata ballando dalla Cerrito. La verità poi che egli
discuopre agl'intelletti non è sua merce: egli altro non fa che ad
ditare la via e alzare il sipario a chi vuole contemplarla. Questa
opera certamente è pregevole, com'è pregevole la gentilezza di chi
vi guida per incognite vie. Ma essa non si può permutare col ma
teriale, nè si deve esagerare, quasi ella fosse creatrice di quella ve
rità, alla quale solo vi apre il cammino.
22. Molto più poi debbono porsi fuori d'ogni conteggio econo
mico tutti que'beni spirituali che la soprannaturale liberalità di Dio
pone talvolta a disposizione degli uomini, sia con provvedimento
ordinario d'istituzioni costanti, come nei Sacramenti e nel Sacri
fizio,sia per grazia straordinaria, come nelle rivelazioni e nei mi
racoli. Nei quali casi, chi volesse ridurre a commercio economico
la grazia divina, cadrebbe in quella colpa che dal fatto di Simon
Mago ricevette presso i teologi il nome di Simonia.
Ecco dunque, come vedete, non poche opere escluse dal com
mercio economico, ossia dal corso delle cose venali. E dalle opere
escluse è facile il discernere tutte le altre che restano incluse nella
9288 LA RICCHEZZA NELLA ECONOMIA SOCIALE
I.
ceremo dal chiedere in che consiste la vita nel suo significato più
ampio; per quinci passare a dire in che propriamente è posta la
vita nel suo significato più ristretto, in quanto cioè prendesi per la
sola vita vegetale. E perciocchè le cause e le sostanze da noi non
si conoscono altrimenti se non in virtù dei loro effetti e delle loro
operazioni; cercheremo della vita in atto secondo, per inferire in
che essa consiste in atto primo. La quistione adunque, che qui agi
tiamo, si riduce alla seguente: che cosa costituiscegeneralmente
l'azione vitale a differenza della non vitale.
S. Tommaso, bene intendendo non essere ufficio del filosofo il
crearsi dottrine a capriccio, ma ragionare i fatti e prendere le mosse
dagli universali concetti del senso comune, entra in tale investiga
zione facendo quasi il comento a ciò che la natura stessa manifesta
implicitamente a ciascuno, e procede a questo modo. Per conoscere
facilmente in che consiste l'azione vitale, è bene volgere la consi
derazione a quegli esseri, in cui la vita più manifestamente ci si
appalesa. Questi sono appunto gli animali. Ex his, quae manife
ste vivunt, accipere possumus quorum sit vivere et quorum non sit
vivere. Vivere autem manifeste animalibusconvenit 1. Ciò è detto sa
pientemente, perchè la vita nei vegetali è troppo latente, per essere
nell'infimo grado; negl'intelligenti poi è troppo astrusa, per essere
nel grado più alto e non percettibile da noi, se non per riflessione
sopra gli atti della ragione. Nell'animale è nel grado mediano, e più
vicina ai sensi, dai quali prende le mosse l'astrazione intellettiva.
L'animale adunque è l'obbietto più opportuno per aprirci la via
nella presente ricerca; e però noi possiamo a diritto distinguere la
vita, ponendo mente a ciò per cui diciamo che l'animale comincia a
vivere o cessadi vivere. Unde secundum illud oportet distinguere vi
ventia a non viventibus, secundum quod animalia dicuntur vivere; hoc
autem est in quo primo manifestatur vita, et in quo ultimo rema
net 2. Ora, noi cominciamo a dire che l'animale è vivo, quando veg
IN GENERALE 291
giamo che esso comincia a muoversi da sè medesimo; e mentre dura
in esso un tal movimento giudichiamo che in lui continua la vita.
Per contrario, allorchè scorgiamo che l'animale non ha più movi
mento ab intrinseco, ma solo vien mosso da impulso esteriore; di
ciamo che esso è morto, in altri termini che ha perduta la vita.
Primo autem dicimus animal vivere, quando incipit ex se motum
habere; et tamdiu iudicatur animal vivere, quamdiu talis motus in
eo perdurat. Quando vero iam ex se non habet aliquem motum sed
0Uetur tantum ab alio, tunc dicitur animal mortuum per defectum
vitae 1. L'attitudine dunque a muovere sè stesso fa sì che l'animale
chiamisi vivo, come l'assoluta incapacità di eseguire più tal movi
mento fa sì che dicasi morto. Il che non vuole intendersi del solo
movimento locale; ma di qualunque azione generalmente. Impe
rocchè è chiaro che quantunque l'animale stia fermo, nondimeno
noi continuiamo a crederlo vivo, finchè ci accorgiamo che esso con
tinua ad esercitare in sè un qualunque atto, come sarebbe il battito
del cuore, la nutrizione, una percezione sensitiva e va dicendo. Che
se tutte queste funzioni fossero in lui soltanto sospese, diremmo
essere nel medesimo sospesa la vita; della quale lo riputeremmo al
tutto orbo, se ci accertassimo esser quelle cessate senza speranza di
ritorno. Dunque l'essere un soggetto dotato di un principio, da cui
sgorghi un'azione che in lui si compia, è ciò che lo costituisce vi
vente. Sicchè in generale può dirsi che la vita in atto secondo con
siste nel muovere sè medesimo; intendendo ciò non del solo mo
vimento locale, nè della sola mutazione quantitativa o qualitativa
de'corpi misurata dal tempo, ma bensì di qualunque operazione:
nel qual senso dicesi movimento anche il sentire e l'intendere. Ex
quo patet quod illa proprie sunt viventia, quae se ipsa secundum
aliquam speciem motus movent, sive accipiatur motus proprie, sicut
motus dicitur actus imperfecti, idest existentis in potentia, sive mo
tus accipiatur communiter prout motus dicitur actus perfecti, prout
intelligere et sentire dicitur moveri, ut dicitur in tertio de anima; ut
1 Luogo citato.
9292 DEL CONCETTO DI VITA
IN GENERALE 293
II.
guaglianza che sta sempre in favore del più ricco che ha minori
bisogni. E purtroppo lo sapete voi esser questa la condizione dei
contraenti; onde corre in proverbio, che La Roba va alla roba, e
per l'opposto
Il povero uomo non fa mai ben,
Se muor la vacca gli avanza il fien
Se la vacca scampa, il fien gli manca 4.
10. Per asserire in generale che mai non sia lecito all'autorità
intervenire nel contratto fra i privati, converrebbe sostenere una
delle proposizioni seguenti: - -
I.
II.
Stahl.
1 GEoRGII ERNEsTI STAHL Theoria medica vera. Halae MDCCVIII. pag. 561.
Brevis repetitio summorum capitum medicae Physiologiae.
420 DI ALCUNE DEFINIZIONI DELLA VITA
1 Il peut méme se faire que tout phénomine de nutrition et par suite, que
toute vitalité soit suspendue, pendant un temps plus ou moins long, soit dans
les graines, soit chez les larves de quelques animaux placées dans certaines
conditions de température, de sécheresse ou d'humiditá. Mais si ces conditions
n'ont pas amené de lésion dans l'organisation, la nutrition et par suite le déve
loppement, pourront reparaitre et continuer, jusqu' à la période de la reprodu
ction. Ainsi dans ces cas-là l'organisme est conservé à l'état statique, c' est-à
dire non apte à agir, ou à manifester les actes propres à la substance organi
sée; c'est un état de mort apparente , mais non réelle; puisque l'organisme
n'est point lésé, et manque seulement des conditions extérieures physico-chimi
ques nécessaires à l'accomplissement des actions qui caractérisent la vie et qui
reprennent dés que celles-ci lui sont rendues. Eléments de physiologie de l'hom
me etc. par le Docteur BERAUD etc. Tome 2, sixième partie, pag., 678; Vitalité.
--- --- -- - - - - - - - -
che intendesi di dire con questa voce d'intrinseco? Che quel prin
cipio non applica la virtù sua stando al di fuori del corpo ma stando
al di dentro; sicchè il moto da lui comunicato al mobile si propaghi
non dalla superficie al centro ma dal centro alla superficie? Sareb
be ridicola al sommo una tale risposta; perchè farebbe pullulare la
vita dalla sola diversa posizione d'un movente, e quindi dalla op
posta direzione che prende il moto da lui prodotto. Oltrechè, se
un diavolo invasasse un cadavere, cagionando in esso tutti i movi
menti analoghi a quelli d'un organismo animato; osereste dire che
quel corpo è tornato a novella vita? Nondimeno la causa del movi
mento gli sarebbe interna, nel senso soprallegato, cioè starebbe
dentro, non fuori; ed il moto anderebbe dal centro alla superficie,
non dalla superficie al centro.
La fervida fantasia di Dante immaginò di vedere nell'inferno l'a
nima di un traditore, di cui il corpo tuttavia sulla terra mostrava di
mangiare e di bere e di esercitare tutte le altre funzioni vitali.
. . . . Col peggiore spirto di Romagna
Trovai un tal di voi, che per sua opra
In anima in Cocito già si bagna,
Ed in corpo par vivo ancor di sopra 1.
1 Inferno c. 33,
2 Ivi,
DI ALCUNE DEFINIZIONI DELLA VITA 425,