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LA PRAGMATICA NELLA COMUNICAZIONE UMANA

Il cervello pragmatico è il cervello che sa usare il linguaggio per comunicare.


La pragmatica è l'uso del linguaggio nella comunicazione, le abilità pragmatiche si
riferiscono alla conoscenza delle regole di adattamento di una lingua al contesto linguistico
ed extralinguistico, entro cui la comunicazione ha luogo. La competenza pragmatica
consente di comprendere il messaggio comunicato dai partecipanti alla comunicazione, al di
là del significato letterale che le parole convenzionalmente hanno, nei suoi aspetti impliciti e
non-letterali (metafore, ironie ecc.) nella dimensione del discorso e della conversazione.
IL MODELLO INFERENZIALE
La teoria della pertinenza è una teoria della cognizione e della comunicazione. Si può
considerare la teoria della pertinenza come lo sviluppo più importante di una delle idee
fondamentali di Paul Grice, ossia l'idea che il carattere essenziale della comunicazione è
l'espressione ed il riconoscimento di intenzioni. In questo senso, essa rappresenta un
modello inferenziale della comunicazione che si oppone al tradizionale modello della
comunicazione come trasferimento di informazione codificata(modello del codice).
Secondo questo modello del codice, la comunicazione orale consiste nel trasferimento di
messaggi, e chiama in causa due dispositivi di trattamento dell'informazione, uno
d'emissione ed uno di ricezione. Il messaggio che si vuole trasmettere viene codificato dal
parlante attraverso un segnale che viene trasmesso attraverso un canale (aria, linea
telefonica, …) e raggiunge il destinatario che lo decodifica. Per raggiungere i loro obiettivi
comunicativi, il parlante ed il destinatario condividono un medesimo codice. In altri termini,
per i teorici del modello del codice, un comunicatore codifica il messaggio (un pensiero,
rappresentazioni mentali, ...) che intende trasmettere in un segnale esterno (un enunciato).
Tale segnale è decodificato dal destinatario in modo tale che questi possa formarsi pensieri o
rappresentazioni mentali analoghe a quelle del parlante, e possa così riconoscere ciò che il
parlante intendeva comunicargli. Ad un'attenta analisi il modello del codice risulta
insufficiente per spiegare i processi comunicativi. Consideriamo un altro scambio tra Pippo
e Paola.
(3) Pippo: “Stasera usciamo a cena?”
Paola: “Stasera c'è il derby!”

Come riesce Pippo ad afferrare il senso di ciò che Paola intende comunicargli? Pare esservi
un “vuoto” tra il significato dell'enunciato di Paola ed il suo voler dire, il significato, cioè,
che Paola intende esprimere col proferimento “Stasera c'è il derby” . In questo caso non è
sufficiente un'operazione di codifica – decodifica del segnale letterale per dar conto del
processo comunicativo. Paola sembra fornire una risposta non pertinente alla domanda di
Pippo; tuttavia, è plausibile pensare che Pippo dovrebbe riuscire senza troppa fatica a
colmare lo scarto tra il significato letterale ed il significato inteso dell'enunciato di Paola.
Pippo, infatti, condividendo con Paola certe informazioni, sarà in grado di capire che la
risposta di Paola è negativa: quella sera Paola intende assistere ad una partita di pallone che
considera irrinunciabile, piuttosto che uscire a cena con Pippo. Pippo coglie l'intenzione
comunicativa di Paola non (solo) perché conosce l'italiano, ma perché conosce il mondo e
conosce la sua interlocutrice, perché è razionale ed è nelle condizioni di poter interpretare
qualcosa in più del semplice codice semantico. Un processo comunicativo come (3) è
spiegato adeguatamente da un altro modello della comunicazione: il modello inferenziale.
Il modello inferenziale è suggerito da Paul Grice e sviluppato in seguito dai teorici della
pertinenza. Secondo questo modello, il comunicatore produce un indizio del suo “voler
dire” a partire dal quale il destinatario inferisce il contenuto di tale significato inteso. Questo
modello ha come fondamenta due idee di Grice:
• Il carattere fondamentale della comunicazione umana è
l'espressione ed il riconoscimento di intenzioni
• Per poter inferire il significato del parlante, il destinatario
viene guidato dall'aspettativa che l'enunciato soddisfi certi
standard.

Seconda la prospettiva del modello inferenziale di Grice, la comunicazione è un'impresa


razionale, cooperativa e finalizzata ad uno scopo. Gli scambi linguistici sono retti da un
principio di cooperazione che stabilisce di contribuire alla comunicazione in maniera
funzionale al suo buon andamento. Il principio di cooperazione si articola in quattro gruppi
di massime, regole che, se soddisfatte, promuovono la razionalità della comunicazione
conducendo al suo buon esito:
1. Massime della Quantità: “Da' solo le informazioni
richieste, né di più né di meno”.
2. Massime della Qualità: “Di' solo ciò che ritieni vero”.
3. Massime della Relazione: “Sii pertinente”.
4. Massime del Modo: “Sii chiaro ed ordinato”.

Le massime possono essere violate; se vengono violate deliberatamente e in modo palese, il


destinatario avanzerà delle ipotesi tali da ricondurre la violazione alla razionalità
comunicativa. Per esempio:
(4) Pippo: “Ti piace il corso di diritto?”
Paola: “È un corso di diritto”

Qui la risposta di Paola è informativamente nulla: la massima violata è quella della quantità.
Si può immaginare che Paola abbia inteso sfruttare questa violazione per ottenere un effetto
comunicativo particolare: un corso di diritto è esattamente come ce lo si aspetta: a seconda
della conoscenza condivisa che si suppone, noioso oppure appassionante. La proposizione
comunicata, addizionale a ciò che è stato detto esplicitamente dal parlante, è chiamata da
Grice “implicatura”. Le implicature non sono inferenze che traiamo logicamente, sono
piuttosto dei meccanismi di formazione e conferma d'ipotesi. Dati un proferimento e un
contesto d'uso, il destinatario, valutando se il parlante rispetta o meno le massime
conversazionali, può muovere da ciò che è detto esplicitamente a quello che il parlante vuol
dire. Ciò che qui interessa non è valutare in modo puntuale la proposta griceana, bensì
sottolineare come il problema centrale della pragmatica, condiviso tanto da Grice quanto dai
teorici della pertinenza, sia quello di spiegare come un interprete colmi la lacuna tra il
significato enunciativo ed il significato del parlante.
Il modello del codice non è adeguato per dar conto di tale scarto. Il modello inferenziale
sembra invece avere più risorse per poter trovare una soluzione al problema. Infatti, la
lacuna tra ciò che un parlante dice e ciò che vuole dire, ha intenzione di comunicare, pare
essere colmata proprio da processi inferenziali che tengono conto del contesto in cui ha
luogo la comunicazione.
IL LINGUAGGIO NON LETTERALE
Per linguaggio non letterale si intendono quei casi in cui il significato del parlante si
allontana dal significato convenzionale trasmesso dalle parole. La linguistica moderna ha
messo in rilievo la presenza del linguaggio non letterale nella comunicazione quotidiana. La
ricerca in pragmatica si è soffermata sul linguaggio non letterale come caso massimamente
evidente di scarto tra ciò che è detto e ciò che è comunicato. Secondo Grice, i vari casi di
linguaggio non letterale sono da ricondursi a una violazione della Massima della qualità: il
parlante dice qualcosa di apertamente falso, che viene riscattato alla luce del Principio di
cooperazione, derivando le implicature. La pragmatica moderna ha ridimensionato la
visione griceana, sottolineando le differenze nei meccanismi di elaborazione dei vari usi non
letterali: ad esempio, mentre la metafora capitalizza su operazioni a livello dei concetti
evocati dalle parole, l'ironia si porta dietro l'espressione di un atteggiamento critico. Resta in
ogni caso un tratto comune tra i vari fenomeni non letterali, ossia lo scarto tra ciò che è detto
e ciò che è comunicato, nonché la dipendenza da processi inferenziali basati sul contesto per
riempire tale scarto. La metafora, la "regina" delle figure retoriche, essa consiste in un uso
figurato del linguaggio dove si fornisce la descrizione di un'entità nei termini di un'altra
entità in un modo che, strettamente e letteralmente parlando, è falso. Ciò consente di
trasmettere un significato particolarmente vivido. Ad esempio, in Quell'avvocato è uno
squalo", l'avvocato è descritto nei termini di uno squalo, in modo tale da enfatizzare
l'aggressività dell'avvocato. Tradizionalmente, il termine che produce la metafora e che la
tra sporta è il "veicolo", mentre l'ambito a cui il veicolo si applica è il "tenore" (topic). Gli
usi metaforici possono riguardare varie parti del discorso, tipicamente nomi
("Quell'avvocato è uno squalo" : "cielo di perla") ma anche aggettivi ("mente luminosa"),
verbi ("Maria ha il- luminato la stanza entrando"), fino a usi che si estendono nella frase o
nel testo. Le metafore variano anche per familiarità: si va da quelle nuove e creative a quelle
più familiari nell'esperienza dei parlanti. Per ripetuta esposizione, le metafore nuove e
creative possono diventare familiari, progressivamente diffondersi e infine entrare nel
dizionario come espressioni convenzionali. Abbiamo detto che in una metafora il tenore è
descritto nei termini del veicolo. Questo trasferimento avviene in virtù di un terreno
comune, tecnicamente chiamato "base" (ground). Più specificamente, in una metafora, una o
più proprietà del concetto espresso dal veicolo vengono promosse e utilizzate per descrivere
il tenore. Ad esempio, nel caso di "Quell'avvocato è uno squalo", la proprietà
dell'aggressività del concetto SQUALO viene promossa, mentre altre - ad esempio essere un
pesce e avere una pinna vengono abbandonate. Questo processo di adattamento del concetto
porta alla formazione di un nuovo concetto, detto concetto ad hoc e indicato
convenzionalmente con un asterisco (SQUALO*), creato per quella specifica occasione
comunicativa. Rispetto al concetto letterale, il concetto ad hoc è in parte allargato (perché,
nel nostro caso, alcune sue proprietà centrali - ad es. l'essere un pesce - sono dismesse), in
parte ristretto (perché alcune proprietà - ad es. l'aggressività - sono focalizzate nel nuovo
significato). A partire dal concetto ad hoc, il parlante deriverà l'implicatura. Naturalmente, è
il contesto a guidare la costruzione dei concetti ad hoc: è il contesto a farci capire che il
parlante che produce l'enunciato "Quell'avvocato è uno squalo" non intende comunicare che
l'avvocato ha la pinna o vive nell'oceano, ma vuole sottolineare l'aggressività dell'avvocato.
In altri contesti, la metafora dello squalo potrebbe ottenere altre interpretazioni, magari
riferite alla dentatura o alla pettinatura del soggetto. Esiste poi il caso in cui una metafora,
anche in uno stesso contesto, si presti di per sé a molte interpretazioni. Mentre le metafore
più familiari trasmettono un'implicatura generalmente condivisa tra parlanti. Nello specifico
la metafora consiste in una corrispondenza (mapping) tra due concetti, stabilita sulla base
di un rapporto di familiarità tra di essi nell'esperienza degli esseri umani. Tipicamente, il
mapping si instaura tra due concetti di differente complessità, l'uno più concreto e
familiare, che rappresenta il dominio sorgente, l'altro più astratto, che rappresenta il dominio
target. Un esempio celebre è quello della metafora L'AMORE È UN VIAGGIO: le diverse
proprietà del concetto AMORE sono messe in corrispondenza con quelle del concetto
VIAGGIO, per cui gli amanti sono i viaggiatori, le difficoltà sono gli ostacoli, l'obiettivo del
rapporto è la difficoltà ecc. Su questa base, la lingua costruisce espressioni metaforiche che
riflettono la metafora cognitiva sottostante, ad esempio "Abbiamo fatto molta strada
insieme"o "La nostra relazione è arrivata al capolinea".
Le espressioni idiomatiche sono espressioni figurate convenzionali, il cui senso non può
essere ricavato in base alla conoscenza del significato delle singole parole che le
compongono. Le espressioni idiomatiche sono espressioni idiomatiche trasparenti, in cui il
significato idiomatico può essere ricavato sulla base dell'immagine evocata (ad es. "prendere
il toro per le corna", che evoca metaforicamente l'affrontare una situazione difficile con
coraggio), c altre opache, che non permettono di risalire al significato figurato, la cui origine
si è persa nella percezione dei parlanti (ad es. "farsene un baffo"). Alcune espressioni
idiomatiche sono congelate e non possono essere trasformate sintatticamente (ad es. "tenere
banco", che non può diventare "il banco è stato tenuto") mentre altre possono subire delle
modifiche (ad es. "abbandonare la navc", che può diventare "la nave che affonda è stata
abbandonata"). Alcune sono ambigue e hanno anche un significato letterale non figurato (ad
es. "vedere le stelle") mentre altre sono non ambigue e prive di un significato letterale
plausibile (ad es. "far venire il latte alle ginocchia"), Alcune riflessioni in pragmatica hanno
però messo in luce che anche il recupero di un significato idiomatico dipende dal contesto, e
può dunque legarsi a meccanismi pragmatici, ciò diventa particolarmente evidente nel caso
di espressioni idiomatiche ambigue (come il già menzionato "vedere le stelle" o "stringere i
denti"), il cui senso deve essere disambiguato integrando il contesto e recuperando le
intenzioni comunicative del parlante. Tipicamente, l'ironia è definita come un uso non
letterale attraverso cui il parlante intende comunicare l'opposto di quello che le sue parole
esprimono. Un esempio classico è l'enunciato "Che bella giornata!", pronunciato in un
giorno di pioggia a catinelle. Ci sono tuttavia anche altri casi che si definiscono ironici, in
cui il messaggio del parlante non è antifrastico rispetto al contenuto espresso. È il caso di
"Ammetto che mi è capitato di vedere film migliori" in risposta alla domanda "Ti è piaciuto
il film?". L'aspetto centrale dell'ironia è infatti l'espressione di un atteggiamento di
dissociazione rispetto al contenuto enunciato. Già Grice aveva legato l'ironia alla
manifestazione di un giudizio ostile o di un sentimento di indignazione o disprezzo. Wilson
e Sperber hanno ulteriormente sviluppato questa idea, all'interno della cosiddetta Teoria
della menzione ecoica: oggetto dell'ironia è un pensiero o enunciato altrui, che viene
evocato ccoicamente (come se si stesse citando qualcosa che qualcuno potrebbe aver detto o
pensato) e rispetto al quale il parlante esprime un atteggiamento critico. Oltre alle
espressioni figurate, ci sono altri modi in cui il parlante può comunicare più di quello che le
sue parole dicono letteralmente. Ad esempio, può ricorrere ai cosiddetti atti linguistici
indiretti, in cui la forma dell'enunciato suggerisce un certo atto (ad es. di domanda, di
asserzione, di richiesta), ma il significato comunicato è differente (ad es. quando questa
stanza", intendendo chiedere che si aprano le finestre).
DISCORSO E CONVERSAZIONE
La pragmatica non è solo andare oltre le parole ma oltre la stessa frase, Per discorso si
intendono i varI eventi linguistici che estendono oltre la singola frase caratterizzati da
un'unità tematica e collocati in un contesto comunicativo sociale. Per comprendere un
discorso occorre conoscere gli aspetti grammaticali e lessicali della lingua e avere
competenze pragmatiche. Chi ascolta deve costantemente monitorare e ricordare ció che
viene detto stabilendo relazioni fra gli elementi del discorso e attivare informazioni
pertinenti rispetto al contenuto. Caratteristiche distintive del discorso sono: coesione che è il
modo in cui le componenti di superficie del discorso sono collegate tra loro. Essa si realizza
tramite espressioni che stabiliscono relazioni tra le parti del testo sia grammaticali che
lessicali. La seconda caratteristica del discorso è la coerenza ovvero il modo in cui i
concetti nel discorso sono reciprocamente accessibili e rilevanti formando un'unità tematica.
Nell'ambito dello studio del discorso ci si concentra sulla interferenza ponte: essa permette
di legare un'espressione ad una antecedente che non è esplicitamente menzionata ma
identificabile inferenzialmente sulla base delle conoscenze; esempio:” Antonio è uscito in
bicicletta, è tornato a casa pieno di lividi”, qui l'inferenza ponte è che Antonio è caduto.. Il
discorso è poi regolato da l'avvicendamento di turni tra i parlanti ovvero la diversa presa di
parola e regole di cortesie dove è richiesto uno sforzo inferenziale da parte dell'ascoltatore.
DALLA PRAGMATICA ALLA NEUROPRAGMATICA
NegLi anni 2000 si é affermata la pragmatica sperimentale il cui scopo è quello di
combinare le “teorie da poltrona” sulla pragmatica con la ricerca empirica nell'ambito della
psicolinguistica, con l'idea che quest'ultima possa offrire un supporto per provare e rifinire
le ipotesi teoriche quali: come calcoliamo le implicature? a che età si acquisiscono le abilità
pragmatiche?
Si rafforza poi la ricerca sul deficit pragmatico nella patologia, la pragmatica clinica.
Recentemente sono nati studi di neuro immagine su classici temi pragmatici come la
comprensione della metafora, dell'ironia e del discorso narrativo. La ricerca sul rapporto tra
linguaggio e cervello include diversi metodi d'indagine: neuro immagine, elettrofisiologia e
studi sui pazienti. Scopo ultimo della neuro pragmatica è quello di descrivere l'architettura
neuro funzionale della pragmatica come sistema che supporta il comportamento
comunicativo adeguato nei contesti d'uso naturali. Per questo motivo deve tener conto di
altre funzioni mentali oltre al linguaggio come comunicare con efficienza significa condurre
un comportamento complesso e finalizzato che coinvolge la dimensione sociale
dell'individuo.
LA TEORIA DELLA MENTE.
Occuparsi di pragmatica significa occuparsi di comunicazione ovvero un'attività che
inevitabilmente riguarda la dimensione sociale dell'individuo. Per teoria della mente si
intende l'abilità di attribuire stati mentali agli altri e ragionare su quelli propri, intendendo
per stati mentali intenzioni, sentimenti, credenze ed emozioni. In che modo la teoria della
mente si relaziona alla pragmatica? Nella prospettiva della pragmatica la comunicazione
coinvolge l'espressione e il riconoscimento di intenzioni. Dal riconoscimento dell'intenzione
del parlante dipende il successo dello scambio comunicativo. Comprendere significa passare
attraverso inferenze, da ciò che il parlante dice a ciò che vuole dire, alla sua intenzione
comunicativa. Scambio che diventa più costoso quando il significato diverge dal significato
letterale.

LE FUNZIONI ESECUTIVE
Esse cooperano con le abilità pragmatiche. Le funzioni esecutive supportano la
pianificazione, l'esecuzione e la regolazione del comportamento diretto a uno scopo. Tra le
funzioni esecutive sono incluse varie abilità, fra cui spiccano:
• la flessibilità cognitiva, il passare da un pensiero all'altro.
• il controllo attentivo, capacità di prestare attenzione a specifici stimoli selettivamente
e di mantenerla.
• Il controllo inibitorio, abilità di sopprimere una risposta dominante e automatica
quando necessario.
• La memoria di lavoro, monitorare l'informazione in entrata rilevante per il compito e
di compiere operazioni cognitive su di essa.
I test per misurare le funzioni esecutive in laboratorio sono molti, per quanto riguarda la
componente di inibizione una misura classica è il test di Stroop, mostrare la parola di un
colore colorata con un colore diverso, blu scritto in rosso. Il risultato è un rallentamento dei
tempi di risposta. Per Grice la conversazione é un comportamento cooperativo finalizzato ad
uno scopo.

MODELLI NEUROBIOLOGICI DEL LINGUAGGIO


Lo studio del rapporto tra linguaggio e cervello trova origine nell'ambito della neurologia, i
neurologi sono i primi a parlare dei fondamenti neurali del linguaggio basandosi
sull'associazione tra deficit linguistici, afasie, e lesioni celebrali. Gli studi di Broca sul
paziente Tan hanno aperto la strada alla neuropsicologia del linguaggio. Altri studi
fondamentali sono stati quelli di Wernicke sulla perdita dell'immagine acustica della parola
e il deficit di comprensione a seguito di danni celebrali. La ricerca afasiologica ha portato
all'elaborazione di un modello di linguaggio fondato sui seguenti assunti fondamentali:
• Il linguaggio è localizzato nell'emisfero sinistro del cervello.
• Le regioni fondamentali per il linguaggio sono le aree di Broca e Wernicke, connesse
da un fascio di fibre detto fascicolo arcuato.
• L'area di Broca è deputata alla produzione; l'area di Wernicke è deputata alla
comprensione, mentre il fascicolo arcuato supporta la ripetizione.
Negli anni 90 lo studio del rapporto fra linguaggio e cervello si é evoluto grazie alle nuove
tecniche di indagine a disposizione come le tecniche di neuroimmagine, specialmente della
risonanza magnetica funzionale. Le neuroimmagini consentono di osservare la
distribuzione dell'attività nell'interno del cervello, vivo e a lavoro. Grazie al fisiologo
Angelo Mosso si è scoperto che l'attività mentale é associata a un aumento del flusso
sanguigno. Quando un soggetto svolge un compito cresce l'attività in specifiche regioni del
cervello procurando una maggiore necessità di glucosio e ossigeno, cui corrisponde un
aumento del flusso sanguigno.
Sappiamo che l'area di Broca è fondamentale per tutte le funzioni linguistiche ma in
particolare custodisce le regole grammaticali mentre l'area di Wernicke è responsabile della
rappresentazione verbale dei concetti e delle parole a essi associate. Queste regioni non
agiscono come centri isolati ma avanzamenti della tecnologia ci permettono di individuare
le regioni della corteccia coinvolte nei compiti cognitivi ma anche di tratteggiare le
connessioni di fibre attraverso cui i neuroni scambiano informazioni. II linguaggio passa su
due fasci di fibre che connettono le aree di Broca e Wernicke, la prima le connette passando
per il dorso del cervello ed è coinvolta nei processi sintattici complessi, l'analisi delle parole
come sono disposte le parole in base ad un sistema grammaticale. La seconda via passa per
il ventre, lungo il lobo temporale fino alla regione di Broca ed analizza i suoni del
linguaggio e ne estrae il significato.
MODELLO STANDARD DI GRICE BASATO SULLE 4 MASSIME VS MODELLO DI
GIBBS
Esistono due scuole di pensiero sul decorso temporale della comprensione del linguaggio
non letterale. La prima deriva dal modello di Grice basato sulle massime conversazionali; la
seconda si è formaTa come reazione al modello di ispirazione griceana.
1. Secondo Grice, l'uso non letterale del linguaggio si basa sullo sfruttamento delle
massime conversazionali. La metafora, ad esempio, rappresenta dal punto di vista del
significato letterale, una violazione palese della prima Massima della qualità, che
prescrive di non affermare ciò che si crede essere falso. Conseguentemente si è pensato
che, nell'ottica griceana. la comprensione del significato figurato richieda più tempo rispetto
a quella del significato letterale, il quale non passa per la fase di violazionc apparente delle
massime conversazionali. In particolare, la comprensione del linguaggio figurato passerà per
un primo stadio di elaborazione del significato letterale e di riconoscimento della violazione
della Massima di qualità, e per un successivo stadio di recupero del significato
pragmaticamente appropriato. Questa visione è diventata nota come Modello indiretto o
Modello standard.
2. Una serie di studi condotti negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso ha radicalmente
messo in discussione il Modello standard. La ricerca ha dimostrato che, quando il contesto è
sufficientemente ricco, il tempo richiesto per comprendere il significato non letterale non è
superiore a quello richiesto per comprendere il significato letterale. Uno dei ricercatori più
attivi in questo campo é stato Gibbs, cui viene attribuita la paternità del Modello
dell'accesso diretto: secondo questo modello, la comprensione del linguaggio figurato non
passa necessariamente per una fase di elaborazione del significato letterale precedente a
quella di riconoscimento del significato comunicato dal parlante. In particolare, il contesto
può agire portando la comprensione direttamente al significato non letterale corretto.
ELETTRONCEFALOGRAMMA E POTENZIALI EVENTO-CORRELATI.
Una tecnica che ha segnato un avanzamento notevole nella nostra conoscenza dei processi
neurali che sono alla base del linguaggio è rappresentata dalla registrazione dei potenziali
evento-correlati (Event-Related Potential - ERP) estratti
dall'EEG(ELETTRONCEFALOGRAMMA).
Gli ERP sono risposte cerebrali temporalmente associate a specifici eventi, in grado di
fornire indicazioni precise sui processi cognitivi nel loro svolgimento nel tempo . La
neurofisiologia alla base della metodica è legata al fatto che il nostro cervello produce
attività spontanea misurabile a livello dello scalpo attraverso l'elettroencefalogramma. Dal
punto di vista procedurale, il segnale elettrico prodotto dal cervello viene registrato da
elettrodi collocati sullo scalpo, campionando il segnale ogni pochi millisecondi, e trasmesso
a bioamplificatori che convertono l'informazione sul voltaggio in segnale digitale,
restituendo il tracciato elettroencefalografico. Questo tracciato riflette l'attività neurale di
tutto il cervello, in risposta a vari aspetti ambientali e a un largo numero di stimoli. Per
ottenere informazioni sull'elaborazione cerebrale di un determinato stimolo, occorrono
sostanzialmente due operazioni. La prima è quella di individuare sull'EEG l'esatto istante in
cui era presentato lo stimolo; la seconda è quella di mediare tra di loro un gran numero di
segmenti di EEG relativi alla risposta allo stimolo, per sottrarre l'attività casuale non legata
all'evento di interesse. Il risultato due operazioni ci porterà a ottenere il potenziale cerebrale
evocato dallo stimolo. Tale potenziale si presenterà come un'onda, la cui forma avrà picchi e
avvallamenti a determinati intervalli di tempo. Picchi e avvallamenti corrispondono alle
"componenti", caratterizzate da polarità (negativa o positiva), visibili in finestre temporali
specifiche e su determinati siti di misura. Lo studio degli ERP legati all'elaborazione linguistica
inizia con lo studio di un errore: l'anomalia semantica. Nel 1980, Martha Kutas e Steven Hillyard
compararono la risposta cerebrale ottenuta confrontando frasi come "Gianni ha mangiato pane con
calze" e "Gianni ha mangiato pane con miele". Le frasi venivano presentate visivamente parola per
parola, in modo da poter ancorare temporalmente la risposta alla parola anomala e alla sua
controparte corretta. La risposta cerebrale registrata alla parola finale mostrava una deflessione
negativa intorno ai 400 millisecondi su elettrodi centro-parietali, maggiore nel caso
dell'anomalia semantica rispetto a quello corretto, chiamata N400 (N per la polarità negativa
e 400 per la latenza temporale della risposta). Inoltre, si è osservato che l'effetto della N400
è graduale: cresce man mano che diminuisce la prevedibilità della parola nel contesto, rag-
giungendo il massimo quando la parola risulta anomala. La N400 dunque non è sensibile
solo all'anomalia semantica della parola nel contesto, ma più in generale al grado di
adattamento di una parola con il contesto: la sua ampiezza è inversamente proporzionale alla
probabilità che tale parola appaia in un test di completamento frasale. L'interpretazione
funzionale della N400 è risultata ancora più chiara quando si è osservato,all'inizio degli anni
Novanta del secolo scorso, che anomalie o parole inattese a livello sintattico stimolavano
una risposta qualitativamente distinta dalla N400. Si tratta specificamente di una
componente con polarità positiva, che si manifesta in una finestra temporale successiva alla
N400, specificamente con una latenza di circa 600 millisecondi rispetto all'inizio dello
stimolo di interesse, distribuita su elettrodi centro-parietali (detta P6o0). I primi studi a
riportare un effetto P600 contenevano violazioni grammaticali, ad esempio nell'accordo tra
soggetto e verbo, come in "*Il bambino viziato buttano i giocattoli per terra', rispetto a "Il
bambino viziato butta i giocattoli per terra"
• La N400, quindi rende conto delle anomalie semantiche e dell’adattamento delle parole al
contesto. La N400 non è sensibile al solo contesto frasale, ma anche al contesto discorsivo,
alla situazione comunicativa e alle conoscenze del mondo. È cruciale nell’elaborazione
pragmatica e rivela che il contesto viene integrato dalla mente con un meccanismo
predittivo e anticipatorio.
• La P600: si manifesta a 600 millisecondi dallo stimolo su elettrodi parieto-occipitali.
Rende conto delle anomalie sintattiche e dell’interpretazione degli enunciati. Cresce al
diminuire
della correttezza strutturale degli enunciati. E.g. “Il giavellotto ha tirato gli atleti”.
N400= è L'INTEGRAZIONE DI UNA PAROLA AL CONTESTO.
P600= è L'ELABORAZIONE DELLA STRUTTURA SINTATTICA.

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