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Progressi e recessi
“Non sono un compositore per Parigi… Io voglio l’arte in qualsiasi forma essa si
manifesti, non intrattenimento, artificio, e sistema.”
- Giuseppe Verdi, Lettera a Camille du Locle (7 dicembre 1869)
“La Société des concerts è impermeabile all’empatia, alla fragilità, a tutti quei sentimenti
che di solito guidano l’umanità; nulla la distoglie dal suo percorso, nulla la devia dal suo
scopo.”
- Camille Saint- Saëns, Harmonie et Mélodie (1885)
Verdi soprannominò l’Opéra di Parigi la “grande boutique” e Saint- Saëns chiamò la Société
des concerts du Conservatoire il “santuario”. (1) Entrambi hanno riassunto accuratamente le
caratteristiche della società parigina degli anni ’60 del 1800, quando la musica come bene di
lusso coesisteva con la musica intesa come icona culturale.
L’Opéra, che cambiò tredici sedi in dodici zone diverse dalla sua fondazione nel 1670, ha
sempre avuto sede nell’area più alla moda di Parigi. Nel 1864 essa occupò la Salle Le
Peletier, all’incrocio tra l’odierna rue Rossini e rue Drouot nel nono arrondissement. Infatti,
qui l’Opéra era circondata da un complesso di eleganti boutiques e, come una città nella città
–“un paradiso di Mahommed sulla terra”- ospitava una società altrettanto complessa di
cantanti, ballerini, musicisti, artisti, imprenditori, claqueurs, membri del Jockey Club,
bigliettai e tanti altri. La Grand opera era indispensabile per la società parigina: arte, business
e intrattenimento, il tutto gestito da un dirigente nominato dal governo. (2)
Proprio come era indispensabile la Société des concerts per la società modaiola. Sin dalla sua
fondazione nel 1828, ad opera del direttore d’orchestra François Habeneck, i biglietti di
abbonamento furono sempre molto ricercati e spesso passavano all’interno delle famiglie nel
corso delle generazioni successive. I concerti avevano luogo ogni anno in una rassegna
invernale quindicinale nelle domeniche pomeriggio alla Grande Salle des concert al
Conservatorio. Il direttore del Conservatorio era il presidente della Società e l’orchestra e il
loro erano composti da professori ed ex diplomati. L’orchestra contava approssimativamente
novanta musicisti e il coro settanta voci. Il repertorio fu fin dall’inizio piuttosto circospetto,
facendo guadagnare al Conservatorio l’appellativo di “casa di Beethoven”, e la Società
divenne sempre più dignitosa e riservata con l’arrivo dei popolari concerti domenicali di
Pasdeloup e altre iniziative simili. (3)
L’Orchestra dell’Opéra
La Salle Le Peletier aprì le sue porte a Paul Taffanel il 1° maggio 1864: “Opéra.
Soprannumero. (Signori Dorus, Altés e Leplus)” fu l’appunto nelle sue Notes
bibliographiques. Egli divenne un effettivo membro aggiuntivo, chiamato a discutere i dati
relativi a particolari produzioni o per sostituire l’assenza di uno qualsiasi dei tre flautisti
dell’orchestra. Tutti e tre venivano richiesti per le prime assolute e per rare rappresentazioni
di opera, ma di norma a suonare nell’orchestra potevano essere solo in due. Pertanto, fu
creato un sistema di rotazione e il lavoro fu diviso tra loro. Il modo in cui ha funzionato in
pratica si può notare nei documenti che Taffanel ha conservato in seguito per parte del 8171
e del 1876. Essi, infatti, dimostrano che nonostante i musicisti avessero la loro posizione
ufficiale di primo, secondo e terzo flauto, talvolta uno qualsiasi dei tre finiva per suonare la
parte del primo flauto. (4)
La prestigiosa orchestra dell’Opéra (decisamente un passo avanti all’Opéra comique)
contava circa novantacinque musicisti. (5) Dorus era il primo flauto e ancora una volta egli
poté essere influente sugli avanzamenti di Taffanel, sebbene non ci fosse un gran bisogno di
favori speciali, data la naturale crescita della reputazione di Taffanel. Il secondo flauto era
Henri Altés, con cui Taffanel ebbe rapporti non molto facili. Senza Altès,chiaramente gli
insegnamenti di Dorus sarebbero passati a Taffanel. Ma Altès, nato nel 1826 ed ex alunno di
Tulou al Conservatorio (premier prix nel 1842), era abbastanza anziano per avere precedenza
rispetto a Taffanel. Infatti, egli dovette aspettare di succedergli come primo flauto alla
Société des concerts (1869) e all’Opéra (1876) e finalmente come insegnante di flauto al
Conservatorio (1893).
Altés è stato immortalato nel dipinto “Musiciens de l’orchestre” di Degas, che si trova al
Musée d’Orsay e che lo dipinge, tra gli altri, mentre suonava nella fossa d’orchestra
all’Opéra. Degas ci lavorò tra il 1868 e il 1869, proprio quando Altès susseguì Dorus come
professore al Conservatorio, e dipinse anche un ritratto di profilo di Altès, ora al
Metropolitan Museum di New York. (6)
Altès apparteneva fermamente alla vecchia tradizione virtuosa, sebbene adottò il flauto
Boehm, acquistando un Louis Lout (n. 476) nel 1860. Egli si esibì talvolta come solista,
solitamente in una delle sue fantaisies o solos de concours, ma la sua carriera fu
prevalentemente quella di musicista d’orchestra e insegnante. I suoi pezzi per flauto furono
presto dimenticati, ma il suo Méthode di tre volumi, pubblicato nel 1880, è usato tutt’oggi in
Francia e stimato per il suo approccio metodico. Altès aveva un fratello minore, Ernest (con
il quale spesso viene confuso), che fu un violinista e direttore dell’Opéra e della Société des
concerts.
Il terzo flauto, Ludovic Leplus, era il genero di François Habeneck, il fondatore della Société
des concerts. Nato nel 1807, si unì all’orchestra dell’Opéra nel 1848 come terzo flauto ed era
ora prossimo alla pensione. Nel 1840 fu registrato tra i cinque flautisti più importanti di
Parigi – insieme a Tulou, Drouet, Camus e Dorus- e descritto come uno di coloro che
“abbandonò il nuovo flauto dopo averlo provato.” (8)
Nell’estate del 1864 Dorus richiese tre mesi di assenza dall’orchestra dell’Opéra e su
raccomandazione del direttore d’orchestra, George Hainl, al direttore Emile Perrin, Taffanel
si esibì al suo posto. Il repertorio che avrebbe suonato quell’anno era dominato da opere di
quattro grandi nomi dell’opera lirica: “Mosè in Egitto” di Rossini era il preferito, con
ventotto esibizioni, seguito dal suo “Guglielmo Tell”, “Les Huguenots” di Meyerbeer, “La
Favorite” di Donizetti e “Il Trovatore” di Verdi (nella versione francese “Le Trouvère”).
Anche Auber e Havlévy comparvero, con “La Muette de Portici” e “La Juive”, e un balletto
tra i più popolari fu “Giselle” di Adam. (9)
Il salario inziale di Taffanel all’Opéra era di soli 100 franchi al mese, ma aumentò
improvvisamente a 2250 franchi nell’Aprile del 1866 quando fu nominato secondo flauto,
rimpiazzando Altès, che a sua volta susseguì Dorus come primo flauto. In questo periodo
Taffanel ebbe anche la sicurezza di essere registrato per il fondo pensione dell’Opéra. Il suo
salario poi crebbe ancora a 2700 franchi nel settembre del 1875 e a 3300 franchi il settembre
seguente, quando a sua volta seguì Altès come primo flauto. (10)
Quando Leplus andò in pensione nell’agosto del 1866, Johannes Donjon divenne il nuovo
terzo flauto. Donjon (come asserito nel capitolo precedente) fu un allievo di Tulou
(premimer prix nel 1856) e come Taffanel fu per un certo periodo nell’orchestra dell’Opéra
comique e anch’egli adottò il flauto Boehm. (11) I due uomini diventarono buoni amici e nel
1887 Donjon dedicò il suo Rêverie per piano e flauto a Taffanel- un pezzo riflessivo e
delicato, indice del nuovo stile di suono e scrittura per lo strumento.