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1
ACCADEMIA AMBROSIANA
CLASSE DI studi AFRICANI
Sezioni di Berberistica, Coptologia, Etiopistica
a cura di
Paolo Nicelli
BIBLIOTECA AMBROSIANA
BULZONI EDITORE
ISBN 978-88-6897-013-0
© 2015
Veneranda Biblioteca Ambrosiana
20123 Milano (Italy) ˗ Piazza Pio XI, 2
Proprietà letteraria e artistica riservata
Bulzoni Editore
00185 Roma, via dei Viburni, 14
http://bulzoni.it
e-mail: bulzoni@bulzoni.it
sommario
***
Paolo Nicelli
Manoscritti dell’Africa araba, etiopica e copta al tempo
di Federico Borromeo, letti e catalogati
da Enrico Rodolfo Galbiati ed Eugenio Griffini........................pag. 1
Africa berbera
Lionel Galand
L’évolution des études berbères. Témoignage............................pag. 15
Harry Stroomer
New horizons in the study of Berber languages
and linguistics............................................................................. » 19
Vermondo Brugnatelli
Manoscritti e fonti orali: nuove prospettive per gli studi
sul berbero orientale e sulla storia dei suoi parlanti................. » 29
Africa occidentale
Pierluigi Valsecchi
Africani ed europei nella Costa d’Oro pre-ottocentesca............pag. 47
Agostino Soldati
Inediti dal fondo orientale braidense:
una iǧāzah rilasciata da Muḥammad Bello,
califfo di Sokoto, con traduzioni di Michelangelo
Lanci e Josef von Hammer-Purgstall......................................... » 67
Il Corno d’Africa
La tradizione copta
Alberto Camplani
Il copto e la Chiesa copta.
La lenta e inconclusa affermazione della lingua copta
nello spazio pubblico della tarda antichità................................pag. 129
Paola Buzi
La ricostruzione della tradizione copta relativa al monaco
Onofrio: un caso esemplare di integrazione
tra fonti letterarie, archeologiche e documentarie.
Dati acquisiti e questioni aperte................................................. » 155
Abstracts................................................................................................pag. 169
Informazioni accademiche
INDICI
IV
Alberto Camplani
1) come valutare l’apparizione dei primi prodotti in copto, sia letterari sia
documentari, tra la fine del III sec. e l’inizio del IV secolo d.C., dal pun-
to di vista della situazione linguistica egiziana? In quali ambienti sono
stati prodotti? Si tratta degli strati socialmente più bassi, che si esprimo-
no solo in lingua egiziana, oppure di ambienti bilingui e di élite?
2) i primi testi letterari in copto sono solo traduzioni dal greco o in qualche
caso possono essere considerati come creazioni originali? E quale che
sia la risposta a questa domanda, esistono le condizioni linguistiche e
*
Questo contributo si è giovato delle discussioni che a più riprese in questi anni ho
intrattenuto con Alessandro Bausi, Paola Buzi, Anne Boud’ hors, Stephen Emmel, Tito
Orlandi. Mi è gradito ricordare che quando fu pronunciato, la seduta era presieduta da
Gianfranco Fiaccadori, il quale, sia in pubblico, sia in privato, mi diede consigli e mise in
rilievo alcune criticità in quanto avevo detto: di tutto questo ho tenuto conto nella redazione
del testo scritto, avendo vivi nella memoria i momenti di incontro con lui negli ultimi mesi
della sua vita, in occasione di iniziative scientifiche che ci hanno visto partecipi a Milano
e ad Amburgo.
Alberto Camplani
culturali per una creazione originale in lingua copta già nella fase delle
origini (III-V sec.), dimostrabile ad esempio sulla base di papiri docu-
mentari in copto? Oppure è vero il contrario, vale a dire che tutto ciò
che troviamo in copto dev’essere giudicato come un riflesso di testi e
documenti composti in greco?
3) quali tipi di testi letterari, a seconda delle epoche, vengono messi in cir-
colazione in copto? Quali generi letterari rimangono esclusi dai codici
copti? Esistono variazioni in proposito secondo le epoche?
4) quali tipi di documenti (lettere private, contratti, nomine, scomuniche,
circolari) vengono prodotti dalla chiesa egiziana in greco e in copto? A
quale livello della struttura della chiesa, nelle diverse epoche, il copto
può essere usato come alternativa al greco, o addirittura sostituirlo?
1
A. Camplani, A proposito della pluralità linguistica nelle comunità cristiane dell’Egitto prei-
slamico, in G. Aragione (ed.), Vie quotidienne et pluralité des langues. Plurilinguisme dans les
chrétientés du Bas Empire, in corso di stampa.
2
C.A. Ferguson, Diglossia, in «Word», XV, 1959, pp. 325-340.
3
Si prenderanno in considerazione in particolare : R.S. Bagnall, Egypt in Late Antiquity, Princ-
eton, Princeton UP, 1993 ; Id., Linguistic Change and Religious Change : Thinking about the
Temples of the Fayoum in the Roman Period, in G. Gabra (ed.), Christianity and Monasticism
in the Fayoum Oasis, Cairo, The American University in Cairo Press, 2005, pp. 11-19; Id., Early
Christian Books in Egypt, Princeton – Oxford, Princeton UP, 2009; M. Choat, Belief and Cult
in Fourth-Century Papyri, Turnhout, Brepols, 2006 ; Id., Language and Culture in Late Antique
Egypt, in Ph. Rousseau (ed.), A Companion to Late Antiquity, Oxford, Wiley-Blackwell, 2009,
ch. 23, pp. 342-356 ; T. S. Richter, Greek, Coptic and the ‘Language of the Hijra’ : the Rise
130
Il copto e la Chiesa copta
and Decline of the Coptic Language in Late Antique and Medieval Egypt, in H.M. Cotton –
R.G. Hoyland – J.J. Price – D.J. Wasserstein (ed.), From Hellenism to Islam. Cultural and
Linguistic Change in the Roman Near East, Cambridge – New York, Cambridge UP, 2009, ch.
17, pp. 401-446; J.-L. Fournet, The Multilingual Environment of Late Antique Egypt : Greek,
Latin, Coptic, and Persian Documentation, in R.S. Bagnall (ed.), Oxford Handbook of Papy-
rology, Oxford, Oxford UP, 2009, pp. 418-451; A. Sidarus, Plurilinguisme en Égypte sous la
domination gréco-romaine, in «Journal of Coptic Studies», X, 2008, pp. 183-202. S. Torallas
Tovar, Identidad lingüística y identidad religiosa en el Egipto grecorromano, Barcelona, Reial
Acadèmia de Bones Lletres, 2005 ; A. Papaconstantinou (ed.), The Multilingual Experience
in Egypt, from the Ptolemies to the Abbasids, Farnham (UK) – Burlington (VT), Ashgate, 2010.
4
J.A. Fishman, Readings in the Sociology of Language, The Hague – Paris, Mouton, 1968. Si
vedano le critiche di G. Berruto, Fondamenti di sociolinguistica, Roma – Bari, Laterza, 1995,
manuale da cui risulta che i concetti di dilalia e diglossia sono quelli che meglio possono descri-
vere il rapporto mutevole tra greco e copto in Egitto.
5
Torallas Tovar, Identidad, pp. 38-49.
6
Si veda in particolare Bagnall, Egypt, pp. 235-238
131
Alberto Camplani
7
I. Gardner – A. Alcock – W.-P. Funk (ed.), Coptic Documentary Texts from Kellis, vol. 1
(Dakhleh Oasis Project. Monograph 9), Oxford, Oxbow Books, 1999.
8
Epifanio, Panarion, 67.
9
S. Torallas Tovar, La situación lingüística en los monasterios egipcios en los siglos IV-V,
in «Collectanea Christiana Orientalia», I, 2003, pp. 233-245; A. Papaconstantinou, Egyptians
and ‘Hellenists’: linguistic diversity in the early Pachomian monasteries, in G. Tallet - Ch.
Zivie-Coche (ed.), Le myrte et la rose. Mélanges offerts à Françoise Dunand par ses élèves,
collègues et amis, Montpellier, Équipe «Égypte Nilotique et Méditerranéenne», 2014, pp. 15-21.
10
Vita Antonii 74,2; cfr. anche Historia lausiaca 21,15).
11
S. Rubenson, The Letters of St. Antony: Monasticism and the Making of a Saint, Minneapolis,
Fortress, 1995.
132
Il copto e la Chiesa copta
mento vigilante nei confronti delle testimonianze antiche circa la lingua, spes-
so viziate da intenti ideologici: il monolinguismo egiziano potrebbe essere
un tratto intenzionale della rappresentazione letteraria del monachesimo delle
origini, solo parzialmente corrispondente ad una reale situazione sociolingui-
stica di questo ambiente, che dovette essere ben più articolata.
Se nulla di certo possiamo asserire sul bilinguismo orale, i primi testi lette-
rari e i primi papiri documentari in copto offrono invece un ricco materiale
di studio per lo studio della relazione tra questa lingua e il greco a livello
scritto: ambedue queste tipologie rivelano inequivocabilmente ambienti
bilingui. Ciò accade in così larga misura che corre l’obbligo di domandarsi
se il copto abbia un legame stretto con la lingua egiziana parlata tra iii e iv
secolo, oppure sia una creazione nuova, uno strumento linguistico utile per
l’attività scrittoria di una classe parlante egiziano, ma al contempo profon-
damente alfabetizzata ed ellenizzata.
Quando ci volgiamo ai testi letterari, ci troviamo a dover affrontare il
fenomeno delle glosse copte ai testi biblici in greco, che merita una spie-
gazione12, ma soprattutto quello delle traduzioni dal greco di testi religio-
samente fondanti (Bibbia) o di testi teologici e filosofici veicolati da codici
di altissimo livello formale. Fermiamoci brevemente sui codici, perché an-
che il mezzo della trasmissione culturale merita l’attenzione dello storico.
Paola Buzi, facendosi portatrice di un comune consenso critico, ha rilevato
recentemente il carattere greco del layout dei primi codici copti13:
From the beginning, Coptic scribal practice was modelled on Greek
practice, including the repertoires of punctuation marks, abbrevia-
tions (Christian nomina sacra), devices for adjusting the length of
a line, means of paragraphing, and so on. Apart from adding native
Egyptian letters to the Greek alphabet, the only innovation was the
use of a sign (normally either a horizontal ‘superlinear stroke’ or a
dot (jinkim ‘(way of) movement’)) to mark any syllable containing
no vowel, a type of syllable that is frequent in Coptic.
Non solo la forma dei codici, non solo l’organizzazione dei testi al loro in-
terno e la funzione dei titoli14, ma anche i contenuti rendono trasparente la
12
Si veda innanzitutto il caso straordinario delle glosse in fayyūmico a Isaia in Chester Beatty
Papyrus VII, databili al sec. III (LDAB 3018). Una glossa in copto è anche in P. Bodmer VIII.
13
P. Buzi, The layout of the page, in P. Buzi – S. Emmel, Coptic Codicology, in A. Bausi (ed.),
Comparative Oriental Manuscript Studies. An Introduction, Hamburg, COMSt, 2015, p. 147.
14
Su cui si veda P. Buzi, Titoli e autori nella tradizione copta. Studio storico e tipologico, Pisa,
Giardini, 2005, pp. 15-30; 125.
133
Alberto Camplani
15
Non sappiamo se tali traduzioni siano avvenute direttamente dall’aramaico o indirettamente,
attraverso il greco. L’esistenza di prontuari aramaico / copti, pur facendo propendere per la prima
risposta, è meno risoltiva di quanto non si creda quando si parla di testi letterari.
16
T. Orlandi, La patrologia copta, in A. Quacquarelli (ed.), Complementi interdisciplinari di
patrologia, Roma, Città Nuova, 1989, p. 460.
17
T. Orlandi, Letteratura copta e cristianesimo nazionale egiziano, in A. Camplani (ed.), L’E-
gitto cristiano. Aspetti e problemi in età tardo-antica, Roma, Istituto Patristico Augustinianum,
134
Il copto e la Chiesa copta
Roma 1997, pp. 39-120, in particolare pp. 47-48 (Studia Ephemeridis Augustinianum 56). Non
molto distante, nonostante le diverse soluzioni all’interrogativo, la percezione che del fenomeno
propone E. Lucchesi, Deux pages inédites d’une instruction d’Horsièse sur les amitiés particu-
lières, in «Orientalia», LXX, 2001, pp. 183-192, in particolare l’ Appendice. À qui et à quoi les
versions coptes servaient-elles?, pp. 191-192.
18
Faccio riferimento innazitutto a E.D. Zakrzewska, The Coptic Language, in G. Gabra (ed.),
Coptic Civliization. Two Thousand Years of Christianity in Egypt, Cairo, The American Univer-
sity in Cairo, 2014, pp. 79-89, e a Ead., Why Did Egyptians Write Coptic? The Rise of Coptic as
a Literary Language, in A. Mansour (ed.), Copts and Society: Documentary-Historical Studies.
Proceedings of the First International Coptic Studies Conference “Life in Egypt During the
Coptic Period: Towns and Villages, Laymen and Clergy, Bishops and Dioceses”, Alexandria
21-23 September 2010, Alexandria, Bibliotheca Alexandrina, pp. 227-236. La studiosa ha avuto
la gentilezza di inviarmi anche articoli in corso di stampa, tra i quali un corposo articolo in cui
la questione della diffusione del copto viene posta attraverso le teorie della sociologia del lin-
guaggio: E.D. Zakrzewska, A ‘bilingual language variety’ or ‘the language of the pharaohs’?
Coptic from the perspective of contact linguistics, in P. Dils – E. Grossman – T. S. Richter – W.
Schenkel (ed.), Language contact and bilingualism in antiquity: what linguistic borrowing into
Coptic can tell us about it. Papers read at the Inaugural Conference of the DDGLC project, Säch-
sische Akademie der Wissenschaften zu Leipzig, April 2010, Hamburg, 2015, in corso di stampa.
19
Zakrzewska, The Coptic Language, pp. 82-83.
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Alberto Camplani
20
Zakrzewska, Why Did Egyptians Write Coptic?, pp. 95-96.
136
Il copto e la Chiesa copta
21
Sulle prime iscrizioni edessene, non rapportabili ad ambienti giudici o cristiani, si veda H.J.W.
Drijvers – J.F. Healey (ed.), The Old Syriac Inscriptions of Edessa and Osrhoene. Texts, Trans-
lations, and Commentary, Leiden – Boston – Köln, Brill, 1999, pp. 275-279 (Handbuch der
Orientalistik, I, Abteilung Nahe und Mittlere Osten, 24).
22
Orlandi, Patrologia copta, p. 460.
23
Lucchesi, Deux pages inédites, pp. 191-192.
24
Cfr. anche A. Camplani, Momenti di interazione religiosa ad Alessandria e la nascita dell’éli-
te egiziana cristiana, in L. Perrone (ed.), Origeniana Octava. Origen and the Alexandrian Tra-
dition, Peeters, Leuven, 2003, vol. 1, pp. 31-42.
137
Alberto Camplani
a creare una sua lingua letteraria sia in ragione dell’interazione con nuo-
ve dinamiche politico-sociali che ne favoriscono la crescita intellettuale,
sia grazie all’incontro con fenomeni di espansione missionaria di gruppi
specifici, che tale élite avevano messo al centro della loro attenzione. R.S.
Bagnall ha recentemente sollevato la questione della formazione di questa
élite parlante egiziano all’inizio del III secolo d.C., e precisamente quel
gruppo di egiziani ellenizzati che avrebbe ricevuto un nuovo dinamismo
socio-culturale dalla partecipazione alla vita dei nuovi municipi (i quali,
va ricordato, hanno stimolato anche la formazione delle diocesi episcopa-
li), grazie alla normativa di età severiana25. Proprio questa classe sociale
bilingue, impegnata sempre più nella vita civile, avrebbe sentito non solo
l’esigenza di esprimersi in greco, ma anche di dotarsi di uno strumento
linguistico proprio, quasi un contrassegno della propria identità culturale.
Se i più antichi manoscritti letterari veicolano traduzioni dal greco, i pri-
mi archivi documentari a noi noti mostrano non solo una mescolanza di do-
cumenti in greco e in copto, ma anche il caso di un medesimo personaggio
che riceve epistole in greco e in copto, che evidentemente o è in grado di
leggere personalmente o di farsi leggere e tradurre da altri, ovvero il caso di
un medesimo individuo in grado di scrivere in greco e in copto, ovvero, infi-
ne, testi che presentano il passaggio improvviso dal greco al copto26. Su tali
25
Cf. R.S. Bagnall, Early Christian Books in Egypt, Princeton – Oxford, Princeton UP, 2009,
pp. 66-69.
26
Per una presentazione generale delle lettere in copto dal IV sec. in poi, si veda T.S. Richter,
Coptic Letters, in «Asiatische Studien: Zeitschrift der Schweizerischen Asiengesellschaft»,
LXII, 2008, pp. 739-770. Tali fenomeni sono ben evidenti negli archivi meliziani pubblicati in
H. I. Bell, Jews and Christians in Egypt : The Jewish Troubles in Alexandria and the Athanasian
Controversy, London, British Museum, 1924 ; B. Kramer – J.C. Shelton – G.M. Browne (ed.),
Das Archiv des Nepheros und verwandte Texte (Aegyptiaca Treverensia 4), Mainz, Philipp von
Zabern, 1987 . Per altri archivi si vedano G. Schmelz, Kirchliche Amtsträger im Spätantiken
Ägypten nach den Aussagen der griechischen und koptischen Papyri und Ostraka, München –
Leipzig, K.G. Saur, 2002, p. 1-26 ; M. Giorda, Una rassegna di fonti documentarie per lo stu-
dio del monachesimo egiziano, in «Adamantius», XIII, 2007, pp. 379-393. Sul bilinguismo nei
documenti si veda in particolare S.J. Clackson, Coptic or Greek? Bilingualism in the Papyri,
annotated and edited for publication by A. Papaconstantinou, in A. Papaconstantinou (ed.),
The Multilingual Experience in Egypt, from the Ptolemies to the Abbasids, Farnham (UK) – Bur-
lington (VT), Ashgate, 2010, pp. 73-104. Circa la difficoltà dell’affermazione dell’uso del copto
in particolari situazioni è rivelatrice una nota lettera in greco indirizzata dall’egiziano Psoi a un
monaco Giovanni che con ogni probabilità è il Giovanni di Licopoli, di cui le fonti monastiche
rilevano spiritualità e autorità, tanto da poter interloquire con l’imperatore, ma, nello stesso tem-
po, il bisogno di un traduttore e dunque l’ignoranza del greco (Palladio, Historia lausiaca 35),
qualsiasi cosa tale espressione possa significare. Tale ignoranza può essere decifrata e qualificata
qualora si dimostri che effettivamente il piccolo archivio di lettere indirizzate a Giovanni, sia in
copto che in greco, o da lui redatte, sia attribuibile al famoso recluso: questa è l’ipotesi proposta
con buoni argomenti da C. Zuckerman, The Hapless Recruit Psois and the Mighty Anchorite,
Apa John, in «Bulletin of the American Society of Papyrology», XXXII, 1995, pp. 183-194.
Oltre al fatto che Giovanni riceve lettere scritte anche in copto, esiste una lettera in greco in cui il
mittente è Giovanni stesso. Va tuttavia osservato che la firma è stata apposta da una mano eviden-
temente diversa rispetto a quella di colui che ha materialmente vergato la lettera (P. Amh. II 145),
138
Il copto e la Chiesa copta
papiri torneremo tra breve, per illustrarne l’importanza per la storia culturale
del copto.
Possiamo concludere che, per il primo secolo della sua esistenza, il
copto non è mai indipendente da ambienti in cui il greco gioca un ruolo
culturale o sociale fondamentale27. D’altra parte l’uso del copto, in queste
prime testimonianze della sua storia, rivela una grave frattura con le pas-
sate tradizioni culturali, espresse nelle diverse fasi e forme della lingua
egiziana, nella molteplicità dei loro sistemi scrittorî. Prima dei più antichi
manoscritti copti, tutti di contenuto espressamente religioso o filosofico,
non esistono, se non in casi eccezionali e di dubbia interpretazione, testi
egiziani che possano fare da contesto linguistico e letterario o anche più
semplicemente da preistoria culturale significativa agli scritti che essi vei-
colano. Tutto quello che abbiamo in copto letterario è materiale ereditato
dalle culture esprimentesi in lingua greca (o aramaica) circolanti in Egitto,
siano esse di orientamento pagano, cristiano o gnostico-manicheo. Per-
tanto uno dei tratti più cospicui del copto letterario e semiletterario è la
discontinuità quasi totale rispetto alla letteratura egiziana precedente.
Solo la letteratura magica e la presenza di alcuni testi ermetici28 po-
trebbero portare ad argomentare il contrario. Anche in questo caso, tutta-
via, dobbiamo domandarci se la cultura egiziana tradizionale debba essere
considerata l’unica fonte di tale materiale testuale. È infatti più adeguata
e meglio documentata un’altra ipotesi: che anche i testi ermetici29 e magi-
ci30 dal contenuto apparentemente più egiziano siano passati attraverso la
mediazione di testi semiletterari e letterari in lingua greca. Ho sostenuto
in passato che i testi ermetici copti sono stati tradotti in ambienti lontani
ragione per la quale sembra del tutto legittimo sospettare che non sia Giovanni ad aver stilato la
lettera, ma uno scriba che o l’ha trascritta mentre egli la dettava in greco o, con maggiore pro-
babilità, l’ha tradotta mentre la pronunciava in egiziano. Comunque, quello che si delinea è una
situazione di incapacità (dovuta a quale causa ?) di scrivere in greco. Ma la cosa più interessante
da rilevare in questa situazione di comunicazione scrittoria è il fatto che ancora in quest’epoca
(siamo alla fine del IV secolo) alcuni egiziani si sentano obbligati a scrivere in greco ad un altro
egiziano. Non da tutti il copto è sentito come strumento adeguato per comunicazioni che non sia-
no quotidiane o intime, ma di carattere formale. Si veda anche M. Choat – I. Gardner, P.Lond.
Copt. I 1123: Another letter to Apa Johannes?, in «Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik»,
CLVI, 2006, pp. 157–164.
27
Sull’insieme si vedano le importanti appendici in Choat, Belief and Cult, pp. 155-187. Circa
l’influenza del greco sul copto si veda ora A. Hasznos, Graeco-Coptica. Greek and Coptic Clau-
se Patterns, Wiesbaden, Harrassowitz, 2012 (Göttinger Orientforschungen IV/52).
28
Si veda A. Camplani, Scritti ermetici in copto, Brescia, Paideia, 2000, pp. 43-60.
29
Sia quelli contenuti nel VI codice di Naǧ‘ Ḥammādī (NH VI), sia i frammenti ermetici contenu-
ti nel Codex Tchacos (si veda in proposito R. Kasser – G. Wurst, The Gospel of Judas. Together
with the Letter of Peter to Philip, James, and a Book of Allogenes from Codex Tchacos. Critical
Edition, Washington, National Geographic, 2007, pp. 29-30.
30
Sulla magia copta si consultino S. Pernigotti, Testi della magia copta, Imola, La Mandrag-
ora, 2000 ; M. W. Meyer – R. Smith, Ancient Christian Magic : Coptic Texts of Ritual Power,
Princeton, Princeton UP, 1999.
139
Alberto Camplani
31
Camplani, Scritti ermetici in copto, pp. 59-60.
32
Una connessione strettissima tra i codici di Naǧ‘ Ḥammādī e il mondo monastico, anche
pacomiano, è al centro della ricerca, finanziata dall’European Research Council, diretta da H.
Lundhaug, New Contexts for Old Texts: Unorthodox Texts and Monastic Manuscript Culture in
Fourth- and Fifth-Century Egypt. Un corso di pubblicazione è il volume: H. Lundhaug – L.
Jenott, The Monastic Origins of the Nag Hammadi Codices, Tübingen, Mohr Siebeck, 2015.
33
Sullo sviluppo nella seconda metà del III secolo della chiesa episcopale si vedano tra gli altri
A. Martin, Athanase d’Alexandrie et l’Église d’Égypte au ive siècle (328-373), Roma, École
Française de Rome, 1996, p. 17-281 (Collection de l’École française de Rome 216); E. Wip-
szycka, The Institutional Church, in R.S. Bagnall (ed.), Egypt in the Byzantine World 300-700,
140
Il copto e la Chiesa copta
Cambridge – New York – Melbourne, Cambridge UP, 2007, pp. 331-349; ora la trattazione più
completa è E. Wipszycka, The Alexandrian Church. People and Institutions, Warszawa, Univer-
sity of Warsaw, 2015 (Journal of Juristic Papyrology Supplement 25).
34
Ben chiarita da E. Wipszycka, Moines et communauté monastiques en Égypte (IVe-VIIIe
siècles), Warszawa, University of Warsaw, 2009 (JJP Supplement 11).
35
S. Emmel, Coptic Literature in the Byzantine and Early Islamic World, in R.S. Bagnall (ed.),
Egypt in the Byzantine World 300-700, Cambridge – New York – Melbourne, Cambridge UP,
2007, pp. 83-102, in particolare pp. 85-87.
36
E. Lucchesi, Chénouté a-t-il écrit en grec ?, in R.-G. Coquin (ed.), Mélanges Antoine Guillau-
mont : Contribution à l’étude des christianismes orientaux, Genève, Cramer, 1988, pp. 201-210
(Cahier d’Orientalisme 20).
141
Alberto Camplani
dei primi prodotti letterari copti non è argomento sufficiente per asserirne
la natura di traduzioni dal greco, in quanto tale aspetto potrebbe essere
dovuto a fattori di diversa natura, legati al contatto linguistico: ad esempio
potrebbe essere imputato al fatto che l’effettiva abitudine a redigere testi di
traduzione abbia portato al formarsi di una lingua letteraria singolarmente
ellenizzante, anche quando usata per l’elaborazione di prodotti originali in
copto; o al fatto che la pratica scritta del copto è avvenuta soprattutto da
parte di persone il cui bilinguismo ha influenzato l’aspetto stesso del loro
prodotto. Si deve inoltre tener conto del fatto che, pur esistendo un’edu-
cazione elementare alla scrittura in copto, registriamo un’assenza totale di
notizie circa i gradi più avanzati dell’educazione scolastica nella medesima
lingua37. Quest’assenza ha fatto sì che intellettuali desiderosi di scrivere in
copto abbiano dovuto svolgere la loro educazione più avanzata in greco,
cosa che non ha mancato di influenzare la loro espressione scritta in copto.
Non possiamo d’altra parte negare la possibilità di prodotti misti: interes-
sante appare il dubbio espresso da H. Lundhaug che nel Vangelo di Filippo
possano mescolarsi elementi dovuti a un atto di traduzione dal greco al
copto a elementi composti direttamente in copto38.
Dunque, pur in assenza di elementi probanti a favore di un’originaria
redazione in copto di almeno alcuni dei testi trasmessici dai manoscritti
del III-V sec., mi sembra d’obbligo domandarsi se almeno si sia data la
possibilità culturale per questo atto anche in età precoce (III e IV sec.
d.C.). A mio modo di vedere, a suo favore sta la produzione di documenti,
soprattutto lettere private, che, pur se di contenuto quotidiano e concre-
to, possono esibire passi retoricamente elaborati. Leggiamo ad esempio
un documento copto diretto al monaco meliziano Pageus39. In esso, un
certo Timoteo si lancia in un’elaborata captatio benevolentiae al fine di
placare l’animo del padre spirituale nei suoi confronti40; essa è costituita
da un’interessante sequenza di espressioni che ne qualificano la bontà e
la misericordia:
ⲡⲉⲧϩⲁϥⲕⲱ [ⲥ]ⲱϥ ⲛⲁⲡⲕⲟⲥⲙⲟⲥ ⲉϥϭⲱϣⲧ ⲉⲛⲁⲛⲉⲛⲡⲏⲟⲩⲉ
ⲡⲉⲧϩⲁϥ[ⲕⲱ ⲥ]ⲱϥ ⲛⲉⲧϣⲁⲩⲧⲁⲕⲟ ⲉϥϭⲱϣⲧ ⲉⲛⲓⲁⲧⲧⲁⲕⲟ
37
R. Cribiore, Greek and Coptic Education in Late Antique Egypt, in S. Emmel (ed.), Ägypten
und Nubien in spätantiker und christlicher Zeit, vol. 2, Wiesbaden, Reichert, 1999, pp. 279-286,
in particolare pp. 279-280.
38
H. Lundhaug, Images of Rebirth: Cognitive Poetics and Transformational Soteriology in the
Gospel of Philip and the Exegesis on the Soul, Leiden, Brill, 2010, pp. 8-15 (Nag Hammadi and
Manichaean Studies 73).
39
E. Crum, Some Further Meletian Documents, in «Journal of Egyptian Archaeology», XIII,
1927, pp. 19-26, testo pp. 19-20.
40
Si tratta di un peccato o cattivo comportamento la cui natura non riusciamo a cogliere: «Ora,
padre mio, io ti scrivo per supplicarti, a causa del fatto che quando me ne sono andato via da te,
tu eri adirato con me per la menzogna che avevo detto. Ora ti rendo noto che io l’ho detta non
con l’intenzione di ingannarti, ma l’ho detta a causa dell’umana vergogna».
142
Il copto e la Chiesa copta
Colui che ha abbandonato le cose del mondo per guardare alle cose
celesti,
colui che ha [abbandonato] le cose corruttibili per guardare a quelle
incorruttibili,
colui che si umilia nelle cose disprezzabili a causa dell’altezza dei cieli,
colui che rimette i peccati di noi, suoi figli, a causa della misericor-
dia di Dio,
colui che rimette le trasgressioni dei suoi fratelli, a causa dell’e-
spressione “settanta volte sette”41,
colui che rimette i debiti dei suoi servi42 a causa dell’espressione
del Vangelo43.
Ora, padre mio, io ti scrivo per supplicarti (...).
Tra i documenti di Kellis singolare appare P. Kell. Copt. 19, che inizia con
un indirizzo in greco (ποθητῷ μου υἱῷ Μαθεου) per proseguire in copto44:
ⲡⲁϣⲏⲣⲉ ⲡⲁⲙⲉⲣⲓⲧ ⲁⲧⲧⲁⲓⲁⲓⲧ ⲧⲟⲧ’ ⲧⲟⲛⲟⲩ ⲡϣ[ⲏ]ⲣⲉⲧⲉ
ⲧⲇⲓ[ⲕⲁⲓ]ⲟⲥⲩⲛⲏ ⲡⲉⲧⲉ ⲡⲉϥⲥⲧⲓⲛⲟⲩϥⲉ ϩ ⲣⲱⲓ ⲛⲟ ⲛⲓⲙ [ⲉ]
ⲣⲉ ⲧⲉϥⲙⲧⲣ[ⲉ] ϭ[ⲉⲉ]ⲧ ϩ ⲡⲁϩⲏⲧ ⲡⲣⲉⲛ ⲉⲧϩⲁⲗ ϩ ⲣϣⲓ
ⲡⲁϣⲏ[ⲣⲉ] ⲙⲉⲣⲓⲧ ⲙⲁⲑⲉⲟⲥ.
41
Mt 18,22.
42
Il termine non è tradotto da Crum.
43
Mt 6,12.
44
I. Gardner – A. Alcock – W.-P. Funk (ed.), Coptic Documentary Texts, pp. 156-157.
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45
Dato confermato anche dalle traduzioni immediate in copto di certe circolari patriarcali: cfr.
infra.
144
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46
J. van der Vliet, L’épigraphie chrétienne d’Égypte et de Nubie: bilan et perspectives, in A.
Boud’hors – D. Vaillancourt (ed.), Huitième congrès international d’études coptes (Paris
2004). I. Bilan et perspectives 2000-2004, Paris, De Boccard, 2006, pp. 303-320 (Cahiers de la
Bibliothèque copte 15).
47
Si vedano per le scoperte recenti S. Emmel, A Report on Progress in the Study of Coptic Lite-
rature, 1996-2004, in A. Boud’hors – D. Vaillancourt (ed.), Huitième congrès international
d’études coptes (vedi nota 52), p. 173-204 ; H. Brakmann, Neue Funde und Forschungen zur
Liturgie der Kopten (2000-2004)”, ibid., p. 127-149.
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48
T. Orlandi sta pubblicando un testo dedicato ai canoni nella letteratura copta: Coptic texts Re-
lating to the Church Canons. An Overview, Wiesbaden, Harrasowitz, 2015. Si vedano anche gli
articoli di R.-G. Coquin, Le «corpus canonum» copte: un nouveau complément: le ms. I.F.A.O.,
Copte 6, «Orientalia», L, 1981, pp. 40-86; R.-G. Coquin, Apostolic (Constitutions), Canon Law,
Canons (Apostolic), Canons (ecclesiastic), Canons of Clement, Canons of Epiphanius, Canons
of Gregory of Nyssa, Canons of Hippolytus, Canons of Pseudo-Athanasius, Canons of Saint
Basil, Canons of John Chrysostom, Octateuch of Clement, Synods (letter of), in A. S. Atiya (ed.),
The Coptic Encyclopedia, 8 voll., New York, Macmillan, 1991, s.vv.
49
S. Emmel, Book forms, in P. Buzi – S. Emmel, Coptic Codicology, in A. Bausi (ed.), Com-
parative Oriental Manuscript Studies. An Introduction, Hamburg, COMSt, 2015, pp. 140-141.
50
J. Hammerstaedt, Griechische Anaphorenfragmente aus Ägypten und Nubien, Opladen, West-
deutscher Verlag, 1999 (Abhandlungen der Nordrhein-Westfälischen Akademie der Wissen-
schaften. Sonderreihe “Papyrologica coloniensia”, 28).
51
Questo vale anche per il testo dell’anafora della Liturgia di Marco edito da H. Quecke, Ein
saïdischer Zeuge der Markusliturgie (Brit. Mus. N. 54 036), in «Orientalia Christiana Periodica»,
XXXVII, 1971, pp. 40-54.
146
Il copto e la Chiesa copta
52
Orlandi, Patrologia copta, pp. 544-551.
53
Acta Conciliorum Oecomenicorum II,1,1, paragrafo 884, p. 185 ; paragrafo 1044, p. 194.
54
Dalla famosa lettera di Cirillo di Alessandia, Epistula 83, ed. P. E. Pusey, Sancti patris no-
stri Cyrilli archiepiscopi Alexandrini in D. Joannis Evangelium, vol. 3, Oxford, Clarendon
Press, 1872, pp. 603-607, alle lettere riguardanti la diocesi, in R. Pintaudi – R. Dostálová – L.
Vidman (ed.), Papyri Graecae Wessely Pragenses. P.Prag. I (Papyrologica Florentina 16), Fi-
renze, Gonnelli, 1988, nn. 100-101.
55
A. Camplani, Chiesa urbana e “periferie” cristiane di Alessandria nella tarda antichità: pre-
messe per una ricerca, in «Annali di storia dell’esegesi», XXIII, 2006, pp. 389-413.
147
Alberto Camplani
56
Su cui si veda L.S.B. MacCoull, Dioscorus of Aphrodito. His Works and His World, Berkeley
– Los Angeles – Oxford, University of California Press, 1988 (The Transformation of the Classi-
cal Heritage 16), e, più recentemente, J.-L. Fournet, Hellénisme dans l’Égypte du vie siècle. La
bibliothèque et l’œuvre de Dioscore d’Aphrodité, Le Caire, IFAO, 1999.
57
Sulla tipologia dei papiri documentari soprattutto nel VI-IX sec. è fondamentale l’analisi di
T.S. Richter, Rechtssemantik und forensische Rhetorik. Untersuchungen zu Wortschatz, Stil
und Grammatik der Sprache koptischer Rechtsurkunden. 2., überarbeitete Auflage mit einem
Geleitwort von Roger S. Bagnall, Wiesbaden: Harrassowitz, 2008.
58
Il documento più antico era ritenuto CPR IV 90, del 596; ma pubblicazioni recenti segnala-
no documenti ancora più antichi: H. Förster – J.-L. Fournet – T.S. Richter, Une misthosis
d’Aphrodité (P.Lond. inv. 2849): le plus ancien acte notarié copte?, in «Archiv für Papyrusfor-
schung», LVIII, 2012, pp. 344-359.
59
A. Papaconstantinou, Dioscore et la question du bilinguisme dans l’Égypte du vie siècle, in
J.-L. Fournet (ed.), Les archives de Dioscore d’Aphrodité cent ans après leur découverte. His-
toire et culture dans l’Égypte byzantine. Actes du colloque de Strasbourg (8-10 décembre 2008),
Paris, De Boccard, 2008, pp. 77-88.
148
Il copto e la Chiesa copta
bien, que cette revalorisation s’est faite aux dépens du grec et plus
généralement de l’hellénisme. Celui-ci, surtout dans ses formes les
plus raffinées comme la poésie, reste un signe privilégié d’apparte-
nance à l’élite sociale. Cette élite, toutefois, est de moins en moins
réticente à afficher son bilinguisme et à se servir de la langue locale
pour des fonctions traditionnellement réservées au grec.
Questo medesimo periodo è quello in cui appaiono le prime iscrizioni in
copto. La prima in assoluto è in realtà conservata in Nubia e ricorda la tra-
sformazione di un tempio in una chiesa a Dendur60, al tempo del vescovo
Teodoro di File (525 / –575–). Ma presto seguono le iscrizioni tombali
all’inizio del VII secolo61. Anche questa novità segnala il lento cambia-
mento di statuto della lingua copta.
Possiamo ipotizzare che alcuni dei testi letterari attribuiti ai vescovi
dell’epoca (Costantino di Sioout, Pisenzio di Keft, Giovanni di Šmoun,
Rufo di Šotep), retoricamente elaborati62, siano il risultato di una redazione
in copto di una predicazione svolta in egiziano in contesto pubblico non
più monastico, ma diocesano63.
Che il copto stia conquistando nuovi spazi è ancora più visibile nel-
la vita della chiesa locale, se l’archivio di Abraham di Ermonti (attorno
al 600) 64 e quello di Pisenzio di Keft (attorno al 620)65 possono essere
considerati rappresentativi della loro regione (la Tebaide), o addirittura di
tutta la Valle del Nilo, e della loro epoca. Se da una parte non possiamo
60
Se ne veda l’edizione in E. Revillout, Mémoire sur les Blemmyes, à propos d’une inscription
copte trouvée à Dendur, in «Mémoires présentés par divers savants à l’Académie des Inscrip-
tions et Belles-Lettres» VIII, 1874, 2, pp. 373-382; 36-37, pl. CIV, fig. 2; T. Eide – T. Hägg
– R.H. Pierce – L. Török (ed.), Fontes Historiae Nubiorum: Textual Sources for the History of
the Middle Nile Region between the Eighth Century BC and the Sixth Century AD, Vol. 3: From
the First to the Sixth Century AD, Bergen, University of Bergen, 1998, n. 330, pp. 1194-1196;
S.G. Richter, Studien zur Christianisierung Nubiens, Wiesbaden, Reichert, 2002, pp. 164-172.
61
Zakrzewska, The Coptic Language, p. 84.
62
Si veda in particolare M. Sheridan, The Encomium in the Coptic Literature of the Late Sixth
Century, in P. Buzi – A. Camplani (ed.), Christianity in Egypt: literary production and intellec-
tual trends in late antiquity. Studies in honor of Tito Orlandi, Roma 2011, pp. 443-464 (Studia
Ephemeridis Augustinianum 125), Orlandi, Patrologia copta, pp. 570-572.
63
Il caso di Costantino di Siouut sembra il più chiaro in questo senso.
64
Si veda M. Krause, Apa Abraham von Hermonthis. Ein oberägyptischer Bischof um 600,
Berlin 1956 (tesi di dottorato inedita).
65
Per Pisenthios, in attesa della riedizione da parte di un’équipe guidata da J. van der Vliet, si
consulti l’edizione di E. Revillout, Textes coptes extraits de la correspondance de St Pésun-
thius évêque de Coptos et de plusieurs documents analogues (juridiques ou économiques), in
«Revue égyptologique», IX, 1900, pp. 133-177; X, 1902, pp. 34-47; XIV, 1914, pp. 22-32, e gli
articoli preparatori di J. Van der Vliet, Pisenthios de Coptos (569-632), moine, évêque et saint:
Autour d’une nouvelle édition de ses archives, in M.-F. Boussac (ed.), TOPOI. Supplément 3,
Lyon – Paris, 2002, pp. 63-64; R. Dekker, Reconstructing and Re-editing the Archive of Bishop
Pesynthios of Koptos/Keft (7th century), in M. Horn – C. van den Hoven (ed.), Proceedings of
the Eleventh Annual Symposium Which Took Place at Leiden University, The Netherlands, 5-8
January 2010, Oxford, Oxbow, 2011, pp. 36-38.
149
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66
Si vedano i dati numerici prodotti da G. Schmelz, Kirchliche Amtsträger im Spätantiken
Ägypten nach den Aussagen der griechischen und koptischen Papyri und Ostraka, p. 15; e le
lettere greche derivanti da un archivio di un vescovo vicino a Costantino di Sioout: A. Benaissa,
Two Bishops Named Shenutes: Prosopography and New Texts, «Zeitschrift für Papyrologie und
Epigraphik», CLXVI, 2008, pp. 179–194.
67
A. Camplani, A Pastoral Epistle of the Seventh Century Concerning the Eucharist (Pap. Berlin
P. 11346), in V.M. Lepper (ed.), Forschung in der Papyrussammlung. Eine Festgabe für das Neue
Museum. Für das Ägyptische Museum und Papyrussammlung Staatliche Museen zu Berlin, Berlin,
Staatliche Museen zu Berlin -Preussischer Kulturbesitz und Akademie Verlag, 2012, pp. 377-386.
68
Le brevi citazioni di Fil 2,12 e Eb 12,29, pur in accordo con la versione saidica, non sono
risolutive a fini linguistici.
150
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151
Alberto Camplani
sua volontà ed egli compie in voi ciò che gli è gradito, [per] la grazia
e la filantropia del nostro Signore Gesù Cristo, attraverso il quale sia
gloria al Padre, assieme a lui e con lo Spirito [che è santo ...] e in
ogni tempo e per sempre, amen.
Conosciamo solo questo originale in copto, ma non abbiamo elementi di-
rimenti per stabilire la lingua originale di composizione. Il fatto che nella
sua sezione iniziale si faccia riferimento a luoghi e vescovi circonvicini
rende plausibile l’ipotesi di una redazione copta.
Tuttavia, a parte questo papiro e altri di simile tipologia che eventual-
mente vengano alla luce, quando andiamo a verificare cosa succede nella
produzione dei vertici ecclesiastici, constatiamo che l’ascesa del copto a
un certo punto si interrompe. Le circolari patriarcali che noi qualifichiamo
come lettere festali, a noi note da copie di cancelleria, mostrano che il gre-
co è ancora la lingua di redazione, anche in età tarda69.
Di alcune di queste copie prodotte nella cancelleria episcopale abbiamo
traccia significativa, sebbene frammentaria, a partire dal tempo di Cirillo.
Il più interessante è la lettera del 421 di quest’ultimo70, in «maiuscola ales-
sandrina ad alternanza di modulo»71:
La circostanza che la maiuscola alessandrina, scrittura tutta greco-
egizia, è l’unica scrittura testimoniata nelle lettere festali finora note
emanate dal patriarca di Alessandria indica non soltanto una scelta
ben precisa e mirata a una immediata riconoscibilità del messaggio
contenuto, ma anche – e proprio per questo – una iterazione, e quasi
fissità, di forme, possibile solo ove l’educazione grafica di quanti
erano addetti a scrivere quelle lettere avvenisse all’interno stesso
della cancelleria patriarcale, trasmettendo nel tempo un patrimonio
grafico inteso a restare stabile perché non se ne svilisse il significato
simbolico, a partire dal momento in cui la Chiesa d’Egitto si ritiene
e agisce come roccaforte dell’ortodossia in Oriente (…).
Alla luce della constatazione che, almeno nella cancelleria metropo-
litana e patriarcale e nel 421p, si è di fronte a un grado normativo
già molto avanzato (le deviazioni dalla norma riguardano infatti solo
pochi segni grafici – soprattutto omicron, qualche volta epsilon, theta
e sigma – né sono sistematiche), la soluzione più immediata è credere
che sia da porre proprio nella stessa cancelleria patriarcale di Alessan-
dria l’ambito di definitiva sistemazione della maiuscola alessandrina.
69
Cf. A. Camplani, Atanasio di Alessandria. Lettere festali. Anonimo. Indice, Milano, Paoline,
2003, pp. 25-34 (Letture cristiane del primo millennio 34).
70
Lettera festale conservata in PSI inv. 3779 (ora riedito in PSI XVI 1576): G. Bastianini – G.
Cavallo, Un nuovo frammento di lettere festale (PSI inv. 3779), in G. Bastianini – A. Casanova
(ed.), I papiri letterari cristiani. Atti del convegno internazionale di studi in memoria di Mario
Naldini, Firenze, 10-11 giugno 2010, Firenze, Istituto Papirologico «G. Vitelli», 2011, pp. 31-45.
71
Ibid., pp. 33-34.
152
Il copto e la Chiesa copta
72
J. den Heijer, History of the Patriarchs of Alexandria, in A.S. Atiya (ed.), Coptic Encyclope-
dia, vol. 4, New York, Macmillan, 1991, pp. 1238-1242.
73
Su alcuni aspetti della convivenza tra arabo e copto, si vedano tra gli altri J. A. Zaborowski,
From Coptic to Arabic in Medieval Egypt, in «Medieval Encounters», XIV, 2008, pp. 15-40;
T. S. Richter, Greek, Coptic, and the ‘Language of the Hijra’. Rise and Decline of the Coptic
Language in Late Antique and Medieval Egypt, in H. Cotton – R. Hoyland – J. Price – D.J.
Wasserstein (ed.), From Hellenism to Islam: Cultural and Linguistic Change in the Roman Near
East, Cambridge, CUP, 2009, pp. 402-446; A. Papaconstantinou, Why did Coptic fail where Ar-
amaic succeeded? Linguistic developments in Egypt and the Near East after the Arab conquest,
in A. Mullen - P. James (ed.), Multilingualism in the Graeco-Roman Worlds, Cambridge, CUP,
2012, pp. 58-76. Sulla passaggio dell’eredità patristica dal copto e dal greco in direzione dell’ara-
bo, è fondamentale S. Rubenson, Translating the Tradition: Some Remarks on the Arabization of
the Patristic Heritage in Egypt, in «Medieval Encounters», II, 1996, pp. 4-14.
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