LA MONARCHIA DI LUIGI XIV: L’EUROPA ALL’EPOCA DELLA
PREOPENDERANZA FRANCESE Il giorno dopo la morte del cardinale Giulio Mazzarino, il 10 marzo 1661, Luigi XIV dichiara di voler governare direttamente, senza più delegare il proprio potere a un ministro favorito. Questa scelta segna la fine di una pratica ovvero il governo tramite un ministro fiduciario dotato di pieni poteri durata oltre mezzo secolo. Tale decisione sarà imitata in tutte le principali monarchie ed è legata alla crisi politica che aveva investito le monarchie europee alla metà del secolo, mostrando con tutta evidenza i danni che comportava la creazione di regimi a fazione unica, mettendo a rischio l’esistenza stessa dell’istituzione monarchica. Il regno di Luigi XIV durerà mezzo secolo. In questi anni sarà forgiato un sistema di governo in cui si evidenzia la potenza assoluta della volontà sovrana, sino a farne uno stile di governo e un sistema di potere che la storiografia ha in seguito chiamato assolutismo. La scelta di Luigi XIV di abbandonare il sistema di governo tramite un ministro favorito e di governare direttamente è solo una delle numerose novità che il nuovo sovrano introduce.
17.1. UN RE DI GUERRA
Al centro della politica di Luigi XIV c’è il tentativo di sostituire l’egemonia
asburgica sull’Europa con quella francese, facendo della fede cattolica il principale elemento di legittimazione dell’azione internazionale, proprio come fecero gli Asburgo. Per portare a termine questo progetto, il primo passo è la creazione di un esercito stabile, ben armato ed equipaggiato, da usare contro il nemico, ma anche, all’occorrenza, per stroncare sul nascere ogni tentativo di ribellione da parte dei sudditi francesi. A tale scopo Luigi XIV affida a un nobile ministro della guerra, Le Tellier, marchese di Louvois il compito di riorganizzare il sistema di reclutamento, sottraendolo al controllo dei nobili, di dotare le truppe di uniformi comuni, di inquadrarle gerarchicamente in modo stabile e di provvedere al loro acquartieramento nelle prime caserme. Minore successo incontra Louvois nell’opera di rifondazione delle milizie. Egli, a partire dal 1688, cerca di rivitalizzare questa antica istituzione medievale. Tuttavia, la creazione del’obbligo per ogni parrocchia rurale del regno di scegliere un giovane il cui addestramento ed equipaggiamento è a carico della sua comunità produce fenomeni di renitenza. Abbandonare il lavoro agricolo significa infatti per i contadini e le loro famiglie perdere braccia preziose e di conseguenza ridurre la capacità produttiva. Ben pochi contadini accettano quindi di essere arruolati nella milizia. Luigi XIV sfruttando il desiderio della popolazione di uscire dai lunghi anni di devastazione prodotti dalla guerra civile e portando avanti un’abile campagna propagandistica che glorifica i successi della dinastia borbonica riesce ad attrarre a sé un ampio consenso tra i ceti dirigenti del paese per una pacificazione interna e un’espansione militare verso l’esterno ,nonostante gli alti costi finanziari e di vite umane che tale politica comporta , causando un sempre più gravoso carico fiscale sulla popolazione francese. Nello scenario europeo una prima direttrice espansiva della politica di Luigi XIV è quella verso est, con l’obiettivo di portare le frontiere del regno sino al fiume Reno, e verso nord-est, in direzione dei Paesi Bassi spagnoli e delle Province Unite. Lungo questo asse, il monarca si avvale dell’opera del più notevole ingegnere specializzato nella costruzione di fortificazioni dell’epoca, ovvero Vauban, che offrono la possibilità ai soldati di difendersi e al tempo stesso organizzare gli attacchi. Il cardine della politica estera di Luigi XIV è però costituito dai complessi rapporti con la monarchia cattolica; egli rivendica infatti il proprio diritto di successione al trono asburgico, sia in quanto figlio di Anna d’Austria (sorella di Filippo IV), sia per aver sposato Maria Teresa, figlia di Filippo IV. Entrambe le principesse avevano in teoria rinunciato ai propri diritti ereditari sulla corona iberica, ma Luigi non esita a servirsi dei propri legami familiari con la dinastia asburgica per raggiungere il suo scopo. Ad aprire il varco alle pretese del sovrano francese è la morte di Filippo IV d’Asburgo nel 1665, a cui succede il figlio Carlo II sotto la reggenza della madre, Marianna d’Austria (per la minore età dell’erede), affiancata da una giunta di ministri. La regina si mostra particolarmente incline ad affidarsi a una serie di favoriti, mentre in opposizione al suo governo cresce la popolarità del figlio di Filippo IV, Giovanni d’Austria (figlio illegittimo di Filippo), che gode del prestigio derivante dal fatto di aver guidato la riconquista spagnola di Napoli (1648) e di Barcellona (1652). Di questo stato di debolezza della monarchia spagnola sa approfittare prontamente Luigi XIV che nel 1667-68 dà il via alla cosiddetta “guerra di devoluzione”, facendo occupare dalle proprie truppe i Paesi Bassi spagnoli e la Franca Contea, territori appartenenti alla monarchia cattolica. La giustificazione di tale atto di aggressione è dato dal fatto che gli Asburgo non avevano versato la dote di Maria Teresa (che era stata pattuita all’epoca del matrimonio nel 1659). In secondo luogo, servendosi dell’opera di alcuni giuristi, Luigi XIV rivendica i diritti della moglie sui Paesi Bassi e la Franca Contea sulla scorta di una norma successoria che qui vige in alcune regioni, specialmente in quella del Brabante, il diritto di devoluzione appunto, che riserva la successione nei beni dei genitori esclusivamente ai figli di primo letto. In questo modo il sovrano francese può dichiarare di agire a tutela degli interessi di Maria Teresa, figlia di primo letto, essendo Carlo II nato da seconde nozze di Filippo IV. Le Province Unite non possono però accettare un’espansione francese fino ai propri confini meridionali. Quindi il governo olandese, sotto la guida di de Witt forma un’alleanza con l’Inghilterra e la Svezia, costringendo Luigi XIV alla pace di Aquisgrana nel maggio 1668, con cui rinuncia alle sue pretese sui Paesi Bassi e la Franca Contea in cambio dell’acquisizione di alcuni territori delle Fiandre. L’espansionismo francese dà vita a un meccanismo di reazione internazionale simile a quello scatenato nei secoli precedenti dagli Asburgo. A causa dei dissidi in materia commerciale, la Francia torna a minacciare militarmente le Province Unite. Nel 1672, il RE sole dopo essersi assicurato l’alleanza di alcuni principi tedeschi e dell’Inghilterra, fa invadere le Province Unite dai propri eserciti. Il paese si salva solo ricorrendo alla rottura delle dighe e all’allagamento di ampie aree, per impedire i movimenti delle truppe francesi. A difesa delle Province Unite, intervengono l’impero e la monarchia spagnola, mentre l’Inghilterra firma una pace separata (1674). La guerra si trascina fino al 1678, allorché con la PACE DI NIMEGA, le Province Unite vedono salvaguardata la propria indipendenza e integrità territoriale, mentre la monarchia cattolica è costretta a cedere a Luigi XIV la Franca Contea e altre importanti città lungo il confine dei Paesi Bassi spagnoli. Tuttavia le mire espansionistiche di Luigi XIV non sono soddisfatte. Negli anni 1680-83, il sovrano, giovandosi delle sentenze delle “Camere di riunione”, degli appositi tribunali creati per rivendicare i diritti della corona francese, attua una serie di annessioni territoriali l’Alsazia e Strasburgo. Nel 1684 egli procede a una nuova prova di forza, questa volta contro Genova, che viene bombardata dalla flotta francese che si vede quindi costretta a dichiararsi neutrale e a interrompere il sostegno finanziario alla monarchia spagnola e all’accettazione della protezione francese. A fronte di tutto ciò si forma nel 1685 un’alleanza antifrancese: la Lega di Augusta, a cui aderiscono l’impero, la monarchia cattolica, molti principi tedeschi, la Svezia e le Province Unite, cui poi si aggiungono l’Inghilterra e il ducato di Savoia. Ne deriva una lunga guerra che dura dal 1688 al 1697 e si conclude con la PACE di RIJSWIJK, con cui la Francia si vede obbligata a cedere i territori conquistati durante il conflitto e anche alcuni di quelli annessi con il meccanismo delle Camere di riunione, mantenendo però Strasburgo. Il meccanismo di reazione internazionale all’azione espansionistica francese si ripeterà ancora nel 1700, allo scoppio della guerra di successione spagnola, in cui, alla morte di Carlo II d’Asburgo, Luigi XIV cercherà di imporre la successione del nipote Filippo di Borbone duca d’Angiò, con il nome di Filippo V. I costi della politica di potenza di Luigi XIV e delle guerre da essa originate impongono uno straordinario sforzo economico alla Francia. A tal fine il Re Sole affida a Jean-Baptiste Colbert, controllore generale delle finanze, il compito di riorganizzare il sistema finanziario e tributario del regno. Non si tratta solo di ridurre l’enorme debito pubblico, ma anche di aumentare il prelievo fiscale. Colbert non è in grado di fare a meno del sistema degli appalti delle imposte, aumentando la pressione fiscale soprattutto sui contadini, mentre l’aristocrazia e il clero mantengono le loro esenzioni. Inoltre egli crea una potente struttura, le cosiddette Fermes générales, incaricata della riscossione delle imposte indirette e di quelle gravanti su sali e tabacchi. A partire dal 1667, le guerre volute dal re, aumentano le spese contribuendo a rendere sempre più difficile la situazione delle finanze statali francesi, con un ritorno all’indebitamento. In ambito economico l’azione di Colbert, passata alla storia come colbertismo, è basata sulla concessione di monopoli, con cui creare o rafforzare settori ritenuti strategici. Colbert nutre un’estrema fiducia nel commercio internazionale come mezzo per attrarre metalli preziosi in Francia , e secondo il ministro la potenza di una nazione dipende dalla sua ricchezza monetaria e questa si raggiunge tassando le merci provenienti dall’estero,in modo da scoraggiare l’importazione di costosi prodotti lavorati e ritiene sia necessario incoraggiare , con la riduzione dei dazi doganali, l’importazione di materie prime o di prodotti semilavorati che dopo la lavorazione e rifinitura in Francia possono essere riesportati, consentendo di accumulare metalli preziosi. Il principale obiettivo di Colbert è il raggiungimento dell’autosufficienza economica, e per ottenerla ritiene sia necessario scardinare l’egemonia che le Province Unite esercitano da tempo negli scambi internazionali. Nel 1664, Colbert promuove l’adozione di tariffe doganali per alzare il prezzo delle merci importate e per aumentare le entrate delle casse regie. Nel settore manifatturiero, Colbert accompagna le misure protezionistiche con l’istituzione di manifatture regie che oltre a servire ai bisogni della corte e degli apparati pubblici, consentono di evitare acquisti all’estero. Sono così create ad esempio, le famose manifatture Gobelin, che realizzano pregiati arazzi, o la rinomata industria di vetri Saint- Gobain. Colbert mira a portare la produzione manifatturiera francese a livelli di eccellenza in Europa, ed infatti procede alla redazione di oltre 150 regolamenti per disciplinare la produzione e garantire la qualità dei prodotti. Ufficiali regi appositamente creati sono incaricati di controllare la lavorazione e di denunciare le eventuali contravvenzioni alle norme che sono molto rigide. Inoltre Colbert vede nel sistema delle corporazioni di mestiere la migliore garanzia per uno sviluppo ordinato dell’intero settore manifatturiero e cerca, con un decreto regio del 1673, di estenderle a tutto il paese, incontrando però l’ostilità dei gruppi mercantili. Mentre in Inghilterra i regolamenti interni all’attività industriale vanno cadendo in disuso, la Francia imbocca la strada opposta anche se i risultai non corrispondono alle aspettative del ministro, infatti molte manifatture sono condannate a un rapido declino. Solo le manifatture che producono armamenti per l’esercito e materiali navali per la marina riescono a sopravvivere. Il ministro promuove lo sviluppo del settore navale, mercantile e militare e delle compagnie commerciali, creando una marina in grado di competere con quella olandese e inglese per portare la Francia a un primato nei traffici internazionali. A tale scopo vengono create varie compagnie, le più importanti entrambe costituite nel 1644, sono la Compagnia delle Indie orientali con il monopolio del commercio nelle zone a est del Capo di Buona Speranza e quella delle Indie occidentali con il monopolio del commercio in Canada, nelle Antille, in America meridionale e in Africa occidentale. Le due compagnie ottengono dal sovrano francese il diritto di concludere accordi diplomatici e di svolgere azioni militari. A differenza però delle altre compagnie europee formate esclusivamente da mercanti, tra gli azionisti di quelle francesi ci sono il sovrano, i membri della famiglia reale i ministri, gli aristocratici e i cortigiani, sotto il controllo diretto della corona. 17.2. IL CONTROLLO DEL SACRO Luigi XIV propone l’immagine di se stesso come un re guerriero circonfuso da un’aura di vittoria. Altrettanto importante, nella creazione dell’immagine del Re Sole, è la sua politica religiosa, volta a restaurare una identificazione tra potere politico e potere religioso e a rendere il sovrano anche, nei fatti, il capo della Chiesa francese. Luigi XIV si mostra fermamente intenzionato a non accettare alcuna subordinazione al papato rispetto agli affari delle istituzioni ecclesiastiche francesi nel nome della tradizione gallicana, causando duri contrasti con il papa. Il passo decisivo nella riaffermazione del potere regio sulla Chiesa francese è la convocazione nel 1681, di un sinodo gallicano che approva l’anno seguente la dichiarazione dei Quattro articoli con cui viene stabilito che: - Il sovrano e i governanti laici non sono soggetti all’autorità ecclesiastica negli affari temporali - La validità dei decreti del Concilio di Costanza che aveva sancito la superiorità dei concili sui pontefici - Il papa deve esercitare la sua autorità in conformità delle tradizioni gallicane - E che le decisioni del papa dovevano ottenere l’approvazione di tutta la Chiesa per essere valide. La conflittualità tra Luigi XIV e la Santa Sede, retta da Innocenzo XI, raggiunge il culmine nel 1687-88, quando esplode la contesa delle franchigie, ossia delle immunità giurisdizionali che i rappresentanti diplomatici francesi a Roma rivendicano per sé e per tutti i propri servitori. La scomunica dell’inviato del Re Sole, il marchese di Lavardin e il suo rifiuto di accettare tale atto in quanto egli dichiara di agire in nome del proprio sovrano, provocano ai primi del 1688, l’invio in segreto della scomunica allo stesso Luigi XIV. Solo nel 1692 viene raggiunto un compromesso tra il sovrano e il nuovo papa, Innocenzo XII. La centralità della questione religiosa agli occhi del Re Sole aveva inoltre visto l’avvio, negli anni precedenti, di una politica antiprotestante contro le comunità ugonotte. Il sovrano procede all’emanazione di leggi che escludono gli ugonotti dagli uffici pubblici e consentono l’alloggiamento forzato delle truppe nelle case dei sudditi di fede non cattolica, tutto ciò al fine di ottenere il loro ritorno al cattolicesimo. Tale politica porta Luigi XIV a promulgare l’editto di Fontainebleau(1685) con il quale viene revocato l’editto di Nantes (1598), il famoso atto con cui Enrico IV aveva chiuso l’epoca delle guerre di religione, garantendo agli ugonotti la libertà di culto. Tutti i culti protestanti, pubblici e privati, vengono ora vietati e gli uffici di culto degli ugonotti demoliti. Ciò causa l’esilio di 200.000 ugonotti verso l’Olanda, la Svizzera, l’Inghilterra e la Germania, sottraendo alla Francia un cospicuo numero di artigiani e professionisti che portarono via con sé la loro intelligenza e capacità professionale, appesantendo ulteriormente la situazione economica del regno. La volontà del sovrano francese di farsi interprete della riaffermazione dell’ortodossia cattolica si manifesta anche nella lotta a una corrente religiosa interna alla Chiesa francese, detta giansenismo, derivante dalle idee di Cornelio Giansenio. Questa dottrina predica il ritorno a una spiritualità personale e intima, nutrita dalla lettura e dalla meditazione diretta del vangelo e influenzata dalle opere di sant’Agostino. Pur rimanendo nell’ambito della fede cattolica, i giansenisti auspicano un rinnovamento interiore per un ritorno a un più puro cattolicesimo delle origini e proponendo una riforma della Chiesa in senso conciliarista. Luigi XIV interviene duramente contro i giansenisti, mostrandosi più intransigente del Papa. In seguito tale movimento viene condannato come eretico nel 1713 con la bolla papale Unigenitus. 17.3. UN NUOVO EQUILIBRIO POLITICO Luigi XIV è molto attento a eliminare quei poteri che possono minacciare l’autorità sovrana. Nei riguardi dell’aristocrazia, egli tenta di realizzare un nuovo processo di integrazione; alla nobiltà vengono offerte maggiori occasioni di servizio nell’esercito, nella marina, negli uffici cortigiani. Questi ultimi, tra l’altro, sono di molto accresciuti con l’edificazione di una maestosa reggia a Versailles, nei pressi di Parigi, che diviene un notevole polo di attrazione per tutti i nobili, sia che cerchino di attingere al patronage regio sia che vogliano influire sui processi decisionali. Il processo che Luigi XIV avvia non è tanto di costrizione, quanto di consenso. Luigi XIV favorisce e cioè nobilita famiglie dedite da generazioni al servizio della corona, ritenute più affidabili, rispetto ai clienti di un grande nobile, la cui fedeltà è condivisa con il nobile. Lo stesso atteggiamento è tenuto tanto nei confronti dei territori, come la Bretagna e la Linguadoca che mantengono un’ampia autonomia e il diritto di gestire l’imposizione delle tasse dei loro Stati provinciali, quanto rispetto al Parlamento di Parigi. Anziché annullare le autonomie e sottomettere i territori a nuovi regimi fiscali, Luigi XIV adotta la linea della contrattazione caso per caso, mirando ad ottenere il massimo contributo finanziario dagli Stati provinciali. Rispetto al Parlamento, il sovrano si mostra inflessibile nell’impedire il ritorno a forme di ingerenza delle corti di giustizia nelle scelte politiche e nel 1673, toglie ai Parlamenti del regno la facoltà di rifiutare la registrazione immediata degli editti regi, mentre per il resto sceglie una strategia, basata sulla mediazione e condivisione. Tuttavia in presenza di atti di insubordinazione non esita a prendere provvedimenti molto severi, per dimostrare quanto grande sarebbe l’errore di chi osasse in futuro contrapporsi al sovrano. Il modello di monarchia realizzato in Francia da Luigi XIV viene presto imitato da altri sovrani; particolarmente importante è l’influenza esercitata su due monarchie europee: la Prussia e la Russia. ̶ Il ducato di Brandeburgo-Prussia, sotto la guida del duca Federico Guglielmo detto il Grande Elettore, intraprende una strada molto simile a quella della Francia. La nobiltà terriera degli junker viene strettamente coinvolta tanto nella creazione di un esercito permanente quanto nel rafforzamento degli apparati statali. La stessa tendenza si verifica sotto il regno del figlio Federico, che nel 1701 ottiene il titolo di re di Prussia dall’imperatore, con il nome di Federico I. ̶ Anche in Russia a un periodo caratterizzato da grandi rivolte e da guerre civili, segue una fase di rafforzamento dell’autorità sovrana intrapresa dallo zar Pietro I Romanov, detto il Grande (1689-1725); anche in questo caso si assiste così al rafforzamento e all’ammodernamento dell’esercito e della marina. Inoltre sul piano interno, lo zar cerca di coinvolgere, seppure con scarso successo, l’aristocrazia nel nuovo esercito e nell’apparato statale. Anche il controllo monarchico sulla Chiesa ortodossa rimane ferreo arrivando all’allontanamento e persecuzione dei religiosi che non vogliono sottomettersi all’autorità dello zar. Infine, grazie all’intervento diretto dello Stato, viene dato un forte impulso all’attività estrattiva e metallurgica nelle regioni degli Urali.