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Sophias

NUMERO 1 RIVISTA QUADRIMESTRALE DI


LUGLIO 2008 CULTURA FILOSOFICA

EDITORIALE
di Chiara Colombo

SAGGI
di Elio Guerriero,
Angelo Bertuletti,
Marco Sgarbi,
Luigi de Blasi,
Ilaria Ramelli

CONTRIBUTI KANTIANI

INTERVISTA
a Hans Albert

LA BORSA DI DIOGENE
tratto da R. Casati-A. Varzi

ISSN 1973-2929
EDITORIALE

ETÀ DELL’INFORMAZIONE.
Il titolo non ci è nuovo, anzi, ci appartiene: l’età dell’informazione è la
nostra età, internet è la sua base tecnologica.
Di fronte alla sua inarrestabile flessibilità il contenuto ha dovuto cedere
il passo all’informazione sul contenuto espressa nel link. Vittoria del ti-
tolo sul testo, del nome sull’oggetto.
L’esserci si è tramutato nell’essere-presenti-online, all’interno di una lo-
gica della rete che non conosce altro sistema se non quello binario: 1 o
0, sì o no, acceso o spento, incluso o escluso.
Ci troviamo nel luogo di affermazione di un nuovo pensiero dominan-
te, il pensiero della connessione, capace di rimandare continuamente,
inarrestabile fra cinquanta milioni di siti, settantacinque milioni di blog
INDICE e quasi due milioni di libri pubblicati.
Quello stesso pensiero, oggi si autodefinisce videogame dell’auto-co-
EDITORIALE scienza e sale in cattedra per ammonirci: siamo affetti da una nuova sin-
p. 3 di Chiara Colombo drome, la sindrome dell’attenzione-parziale-continua. Intrappolati nella
logica della rete non siamo più capaci di comprendere, di relazionarci
SAGGI profondamente alle cose e alle persone.
Ricordo di Hans Urs Von Balthasar Se è nell’affermazione di questo deficit che viene esaurendosi la po-
p. 5 di Elio Guerriero tenzialità intrinseca della logica della rete, forse il progetto sottostante il
numero uno di Sophias è destinato a fallire in partenza.
Dire Dio. Fenomenologia e teologia a confronto Von Balthasar e Adrienne von Speyr, l’uomo e la verità nel mito plato-
p. 8 Jean-Luc Marion, Angelo Bertuletti nico della caverna, il pensiero cristiano e Origene, Kant e le categorie
aristoteliche.
La distinzione aristotelica Kat’anthropon-Kat’Aletheian E ancora: Marion e Bertuletti, Fossati e Albert, lo studioso e il testo, fino
in Kant al Lui e alla Lei di una favola filosofica i cui modi giocosi non riescono
p. 16 di Marco Sgarbi a nascondere la profondità dei contenuti.
Contributi diversi, certo, ma tutti accumunati dalla stessa logica di fon-
Platone tra Verità e Distorsione do: una logica dell’incontro come esperienza profonda, esperienza di
Rivisitazione filosofica del mito della caverna vita ed esperienza teoretica che non ammette indifferenza ma esige
p. 25 DI Luigi De Blasi confronto e partecipazione.
Che spazio c’è per una logica di questo tipo all’interno di una pervasivi-
L’Apocatastasi nel cristianesimo tra Sei e Settecento tà distruttiva come quella della rete?
p. 31 di Ilaria Ramelli La domanda è, a mio avviso, assolutamente sbagliata, o meglio, essa na-
sce da un fraintendimento di fondo delle potenzialità della rete stessa.
p. 48 CONTRIBUTI KANTIANI Si pensi alla modalità di funzionamento del link: non si tratta affatto di
una riduzione del contenuto all’informazione, del testo al titolo, bensì
INTERVISTA di una separazione, una differenziazione netta; tale differenziazione, se
p. 52 a Hans Albert
non richiede alcuna fatica, alcun impegno, nella ricerca dell’informazio-
ne, esige, invece volontà di partecipazione laddove si intenda accedere
LA BORSA DI DIOGENE ai contenuti che quella stessa informazione rappresenta.
p. 60 tratto da R. Casati-A. Varzi
In questa prospettiva, la rete ci pone continuamente di fronte, non all’in-

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formazione sterile, bensì alla possibilità di accesso al contenuto.
Nel momento stesso in cui decidiamo di attualizzare quell’accesso, sce-
gliamo consapevolmente di incontrare quel determinato contenuto, di
metterci in gioco, di relazionarci, non solo a esso, ma anche alla rete di
ulteriori relazioni che reca con sé.
La logica della rete, rilancia quella dell’incontro su scala individuale e
globale, la ricomprende e le fornisce nuova linfa, ulteriori mondi di pro-
liferazione.

DIRETTORE RESPONSABILE
Chiara Colombo

REDAZIONE
(redazione.sophias@ilmondodisofia.it)

Francesco Baucia
Beatrice Collarini
Elena Colombo
Francesco Di Martino
Fabio Fumagalli
Elisa Grimi
Enrico Marra

PROGETTO GRAFICO
NetPhilo S.R.L.

EDITORE

Associazione Culturale "Il Mondo di Sofia"


Via G. Piolti de' Bianchi, 2
I-20129 - Milano
Tel. +39 02 91704026
Fax +39 02 700538335
Email acilmondodisofia@tiscali.it
www.ilmondodisofia.it

ISSN 1973-2929

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SAGGI

RICORDO DI HANS URS VON BALTHASAR

di Elio Guerriero

Al ricordo di Hans Urs von Balthasar (1905-1988) mo all’origine di una avventura ecclesiale e teologica di rara intensità.
a 20 anni dalla morte ritengo doveroso asso- Guardando e meditando, immergendosi nel mondo di Dio, anzi la-
ciare la memoria della figura di Adrienne von sciando che Lui inondi la loro anima, la mistica e il teologo vengono
Speyr di cui lo scorso anno ricorreva, invece il condotti in prossimità della vita trinitaria, hanno modo di vedere per
quarantesimo della morte. Il volume che me- un attimo, come Mosè al Sinai o come i tre discepoli al momento della
glio evidenzia l’intensità teologica sviluppa- trasfigurazione, la gloria di Dio. Edotti da Gesù che rifiuta le tre ten-
tasi dall’incontro tra queste due grandi figure de e, subito dopo la trasfigurazione, invita i discepoli a scendere dal
dello spirito cristiano nel XX secolo è Il cuore monte, Adrienne e Hans Urs comprendono che non vi è salto dialet-
del mondo, Jaca Book, Milano di cui, per gen- tico, bensì continuità tra eternità e tempo. Quest’ultimo è la corrente
tile concessione dell’autore, riproduciamo qui che scorre dalla sorgente purissima dell’amore trinitario. È una prigione
un invito alla lettura1. Nell’opera, scritta subito senza uscita il tempo, come l’acqua per i pesci. Se ne esce solo con
dopo il loro incontro negli anni della secon- la morte. Ma è una prigione che nasce da amore e può condurre ad
da guerra mondiale, la mistica e il teologo si amore. Per questo «fidati del tempo. Il tempo è musica; e lo spazio da
immergono nel mondo di Dio, anzi lasciano cui la musica suona è il futuro. Suono dopo suono la sinfonia si crea in
che Lui inondi la loro anima, venendo perme- una dimensione che inventa se stessa»5.
ati dalla vita trinitaria. Hanno così la possibi- Ma perché la creazione e perché il tempo? Gli uomini ne sono la
lità, come Mosè al Sinai o come i 3 apostoli spiegazione nel momento in cui prendono coscienza dell’habitat in
sul monte della trasfigurazione, di contemplare cui si trovano e soprattutto di se stessi. Lo sguardo, tuttavia, è spesso
per un attimo la gloria di Dio. Di qui il lirismo e distolto e non percepisce il valore della luce finché non giungono le
l’entusiasmo che pervade l’opera. Era l’inizio di tenebre; i polmoni non si tendono allo spasimo finché l’aria li inon-
un’avventura teologica che nel Cuore del mon- da generosa. Eppure la corrente d’amore continua a scorrere senza
do viene intravista mentre giungeva a compi- fare mai mancare il tempo che è «la scuola superiore dell’amore»6.
mento nei 15 volumi della trilogia di Gloria, Il tempo deriva allora dall’eternità, dall’amore trinitario, anzi a manife-
Teodrammatica e Teologica. stare questa origine, il Verbo, il principio di razionalità e comprensio-
ne, varcò la soglia e si inserì a sua volta nella corrente senza fine. Ma
Il Cuore del mondo, un libro scritto a Lucerna come parlare d’amore a chi non ne ha esperienza, a chi si lascia vo-
nell’estate del 1945, andrebbe letto insieme a lentieri distrarre da mille occupazioni insensate, da passioni intricate e
Primo sguardo su Adrienne von Speyr2, nel qua- confuse al punto che nessuno riesce a coglierne l’origine e l’approdo?
le, per la prima volta, von Balthasar raccontava Dio non si arrende e concepisce un piano che è come un cavallo di
del suo incontro con la dottoressa in medicina Troia issato al centro del mondo. Egli stesso prenderà un cuore d’uo-
di qualche anno più anziana di lui, e insieme mo, esperto di tutti i grovigli e vagabondaggi. Fu, però, un errore fa-
a Il nostro compito3, una sorta di testamento tale. Perché un cuore è indifeso e la sua fragilità attira tutte le frecce e
con il quale il teologo cercava di respingere a le lance pronte a colpire. «La vita eterna si scelse il luogo di un cuore
priori ogni «tentativo di separare la mia opera umano. Decise di abitare in questa tenda tremante, le piacque di la-
da quella di Adrienne von Speyr»4. Come dire sciarsi colpire. Così la sua morte fu cosa decisa. Perché inerme è la
che nel volume che qui viene presentato sia- fonte della vita. Dio nella sua eterna fortezza, nella sua inaccessibile

5
luce, era inespugnabile (...). Ma Dio nell’abitacolo di un cuore, come lazione tra le persone, von Balthasar vede una
era facile da raggiungere»7. Nel momento dell’incarnazione, era presa corrente d’amore irrefrenabile, in movimento
anche la decisione della morte del Figlio di Dio, anzi veniva decreta- fin dall’eternità. Da principio il Padre, l’origine
to anche il tipo di morte perché Egli doveva venire issato in mezzo al dell’amore, si dona al Figlio e da principio il
campo come il serpente di bronzo di Mosè. Egli venne dunque nel Figlio non erge steccati a contenere la divinità
mondo. Ma l’impresa si rivelò ancora più ardua di come appariva agli ricevuta in dono, ma restituisce l’onda d’amore
occhi di Dio. In Dio il Figlio vedeva l’ingratitudine e la dispersione del- sì che tra Padre e Figlio si muove perennemente
la creatura; ora, tuttavia, doveva confrontarsi con l’odore nauseabondo il comune Spirito d’amore. In seconda istanza
del peccato, con l’accanimento omicida di passioni inconfessate, con il movimento d’amore si sposta verso la crea-
la meschineria che ambisce a restare nascosta mentre, per essere eli- tura. L’amore trinitario, infatti, non si arresta in
minata, deve essere scoperta e portata alla luce. E, in questo viaggio un circuito chiuso, ma crea sempre forme nuove
nella profondità della creatura e del peccato, il Figlio si allontana dal d’amore e di donazione come in una sinfonia di
Padre, dall’origine dell’amore. E più egli discende, più si carica dei un musicista perennemente all’opera. Tra le for-
peccati del mondo come Atlante e capro espiatorio, più egli è solo, me espressive dell’amore di Dio vi è il consiglio
lontano dall’origine dell’amore, dal Padre che nulla può per alleviare e la decisione di creare il cosmo e gli uomini.
le sue pene e la sua solitudine, a meno di rendere vano il suo viaggio Il Figlio che riceve l’onda prima dell’amore del
d’amore. «Adesso egli poggia il piede nel fondo senza fondo, nella Padre è anche Colui nel quale il mondo e gli
melma del mondo, nella palude del peccato. Le onde della tentazione uomini sono creati. È l’immagine prima, spec-
lo assalgono: il regno si potrebbe ancora salvare! Credi nella tua po- chio della sostanza del Padre, riprodotta su ogni
tenza! Confida nella stella dei magi»8. Ma è appunto una tentazione! forma di vita nell’universo. Come suo dono par-
Nella realtà il regno al quale Egli è venuto a dare inizio sembra sgreto- ticolare egli avvolge le creature e gli uomini nel
larsi da ogni parte, mentre rende il Suo spirito nella solitudine. Il Suo tempo perché abbiamo l’occasione di percepire
spirito, tuttavia, è anche l’amore dell’origine, l’amore suo e del Padre e trasmettere l’amore. Ma non con la donazione
che ora avvolge il mondo in un abbraccio unico dall’alto e dal basso. e la generosità risponde l’uomo, bensì con l’ar-
È questa la resurrezione e la storia della salvezza, la grande sfida e resto egoistico, con lo sguardo portato sul pro-
battaglia di Dio combattuta dall’inizio alla fine nell’amore, perchè Dio prio piccolo essere percependo sempre meno il
è amore. A questo punto davanti alla parentesi del mondo è posto il battito d’amore del cuore di Dio e minacciando
segno più, capace di abbracciare ogni dolore e sofferenza; ma sulla di porvi termine erigendo continui argini lì dove
scena del mondo Dio non vuole delle marionette, bensì dei protago- l’amore tende a scorrere e a comunicarsi.
nisti. La storia procede, allora, apparentemente immutata. La morte Ne risulta, al terzo punto, il dramma dell’amo-
è ancora il termine obbligato della vita alla quale, tuttavia, è offerta re ferito e tradito, il mysterium iniquitatis, la gra-
la possibilità reale di prendere parte al piano di Dio. A questo punto, migna che il nemico invidioso semina a piene
però, l’amore diventa legge più esigente di ogni tavola scolpita o in- mani nel campo dove il padrone aveva semi-
cisa. Perché lo stesso Spirito che guidava il Figlio a scendere sempre nato solo semente preziosa. Ma non il no della
più a fondo nella melma del peccato urge sull’amante spingendolo a creatura, bensì il sì di Dio, per usare un’espres-
oltrepassare ogni limite posto da decalogo o elenco di virtù. E questo sione di Karl Barth, con il quale von Balthasar
il luogo dei consigli evangelici, dell’invito alla santità da Gesù rivolto collaborò attivamente negli anni ’40, doveva
non a una categoria particolare di discepoli (i religiosi), ma ad ogni essere a questo punto l’ultima parola sulla cre-
uomo che si vuole mettere sulle sue tracce9. La costante, tuttavia, che azione. Di qui l’incarnazione del Figlio in un
accompagnerà la presenza cristiana nel mondo sarà la debolezza, che gesto di donazione e di espropriazione totale
si rivelerà in tutta la sua impotenza proprio quando la Chiesa cercherà che riproduceva in forma umana la sua che-
di ergere valli e bastioni protettivi. Il cuore del mondo non può essere nosi prima. Era la premessa della morte in cro-
difeso da baluardi, bensì mostrato nel suo incessante movimento di ce, dell’effusione dello Spirito cui segue come
amore. Questa la parabola de Il cuore del mondo, che, in fondo, ripro- quinto punto l’invio dello Spirito sui discepoli e
pone la dottrina cristiana della redenzione. Tuttavia i numerosi accenti la chiamata degli stessi a partecipare alla cor-
nuovi presenti nella riproposizione di Adrienne e di Hans Urs per- redenzione, alla sequela e alla santificazione
mettono di riscoprire una freschezza che sembrava ormai inattingibile. nei consigli di povertà, castità e obbedienza.
Al primo posto vi è lo sguardo nuovo ed entusiasmante portato sulla vita Questi i temi balthasariani enunciati ne Il cuore
di Dio Trinità. Lì dove la scolastica parlava di Motore immobile e di re- del mondo, dove dal punto di vista dottrinale

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l’elemento in qualche modo nuovo è l’insisten- zione a Mistica oggettiva, lo si può leggere ora in Nella preghiera di
za sull’universalità della salvezza che era pre- Dio, Jaca Book, Milano 1997, pp. 273-336.
sente già in Origene, con il quale von Balthasar 3 L’edizione tedesca con il titolo Unser Auftrag è del 1984; la traduzione
si era confrontato sin dagli anni di Fourvière10, italiana presso Jaca Book, Milano, è del 1991.
e nel già ricordato Karl Barth, per il quale tutta 4 Ibidem. p. 9.
la realtà della creazione è eletta in Gesù Cristo, 5 Cfr. infra, p. 20.
l’unico avvenimento centrale della rivelazio- 6 Cfr. infra, p. 21.
ne11. Von Balthasar ritornò più volte su questi 7 Cfr. infra, p. 34.
temi e li sviluppò ampiamente nelle sue opere 8 Cfr. infra, p. 49.
successive. Ricordiamo quelle più direttamen- 9 Su questo tema von Balthasar ritornò più volte in quegli anni. Qui
te collegate con Il cuore del mondo: Abbattere ricordo in particolare: Der Laie und der Ordensstand, Johannes
i bastioni (Borla, Torino 1966) in cui l’autore Verlag, Einsiedeln 1948, e la raccolta di regole Die grossen Orden-
esortava la Chiesa a liberarsi dai baluardi edifi- sregeln, Benziger, Einsiedeln 1948, di cui ho curato in Italia un’edi-
cati nel corso dei secoli per far vedere la fonte zione ridotta, dal titolo La vocazione cristiana. Un percorso attra-
originaria da cui l’amore scaturisce; Teologia verso la Regola di san Basilio, Jaca Book, Milano 2003, contenente
della storia (Morcelliana, Brescia 1964) e Il tut- l’introduzione generale di von Balthasar, la sua introduzione alle
to nel frammento (Jaca Book, Milano 1970) che Regole di san Basilio e la scelta del testo delle regole del padre
riflettono sul tempo come dono assicurato e cappadoce fatta dallo stesso von Balthasar.
garantito dal Figlio di Dio agli uomini; Teologia 10 Frutto di questo studio fu l’antologia Origenes. Geist und Feuer, lo
dei tre giorni (Queriniana, Brescia 1971) dove scritto patristico più impegnativo di von Balthasar, pubblicato pres-
l’attenzione viene concentrata sul descensus so l’editrice Otto Muller di Salisburgo nel 1938.
di Cristo agli inferi con l’annuncio della libera- 11 Cfr. H.U. von Balthasar, La teologia di Karl Barth, Jaca Book, Mila-
zione portato fin dentro e oltre le tenebre del no 1985.
peccato e della distanza da Dio; i volumi con-
clusivi di Gloria, nei quali viene approfondita la
cristologia drammatica; i volumi III, Le persone
del dramma, IV, L’azione, e V, L’ultimo atto, della
Teodrammatica, dove in uno sforzo senza pre-
cedenti il grande teologo, ormai al culmine della
sua opera, cerca di approfondire le implicazioni
trinitarie della discesa e del sacrificio del Figlio
a lode della Gloria del Padre nell’amore senza
riserva dello Spirito.
Il cuore del mondo è, dunque, solo lo squil-
lo di tromba che annuncia la grande impresa.
Eppure l’entusiasmo dell’autore che si annun-
cia incontenibile ad ogni pagina è gioiosa fi-
ducia che ancora oggi coinvolge il lettore in-
vitato a giocare un ruolo da protagonista sul-
la scena del mondo e del tempo che muovo-
no dall’eternità e ad essa tendono a tornare.

1 Introduzione a Hans Urs von Balthasar, Il cuo-


re del mondo, Jaca Book, Milano 2006.
2 Il volume venne scritto da von Balthasar nel
1967, l’anno della morte della von Speyr.
Pubblicato una prima volta come introdu-

7
DIRE DIO.
FENOMENOLOGIA E TEOLOGIA A CONFRONTO

di Jean-Luc Marion e Angelo Bertuletti


Bergamo, 10 Marzo 2008
Testo e note a cura di Marina Olwen Fogarty

Jean-Luc Marion per dire che esiste, e coloro che ne parlano per
Prima di tutto vorrei ringraziare gli organizzatori di questo incontro. dire che non esiste.
Sono lieto di essere qui a Bergamo ad affrontare una discussione così Cosa intendono dire infatti, coloro che affermano
importante, e voglio ringraziare in modo particolare mons. Bertuletti per che Dio non esiste? Intendono ad esempio che
la sua lucida, simpatica e intelligente presentazione delle mie posizioni, Dio non merita di esistere se è l’autore o la cau-
e per i suoi suggerimenti per migliorare o completare il mio lavoro. Pri- sa del male nel mondo, se permette l’ingiustizia
ma di rispondere alle sue considerazioni però, ritengo utile affrontare etc.; in questo caso, l’argomento è molto sempli-
direttamente il tema che dà il titolo a questa serata: Dire Dio. ce razionale: si dice che per definizione Dio è
Prima di discutere sulla possibilità di considerare la fenomenologia imperfetto perchè Dio permette l’imperfezione
come l’interlocutore moderno o post moderno della teologia, vorrei del male. Questa definizione di Dio ne nega la
presentare tre punti utili per un approccio alla questione della possi- perfezione e permette di concludere che, essen-
bilità di dire Dio oggi, così avremo in seguito un terreno comune per do Dio imperfetto, non merita di esistere.
una discussione più precisa sulla metodologia della fenomenologia a Questo argomento, preso seriamente, non è
confronto con la teologia. debole, però è contraddittorio. Non è debole
perchè se Dio fosse soltanto un ente imperfetto,
a) Contraddizione e idolatria della formulazione dire Dio. di certo non meriterebbe di esistere. Il risultato
Mi sembra molto importante sottolineare che quando parliamo di Dio, dell’argomento non è però che Dio non esiste:
sia dal punto di vista del credente, sia dal punto di vista dell’ateo o il risultato è che questa definizione non è una
dell’agnostico, abbiamo già detto troppo. Dire Dio, dire qualcosa riguar- definizione di Dio. La definizione di un ente
do a Dio, è già dire troppo rispetto alle cose che saremmo autorizzati imperfetto infatti esiste, ma è precisamente la
a dire. Dire Dio significa prima di tutto che non possiamo parlare di definizione di una cosa che non è Dio.
Dio così come parleremmo di altri enti, di altri oggetti o delle cose del Il risultato dell’ateismo concettuale è dunque
mondo, perchè vogliamo parlare di una realtà che, per definizione, è e molto chiaro: l’ateismo, se è razionale e pro-
deve essere al di là del mondo. Certo, potremmo al limite sostenere che cede rigorosamente, può giungere soltanto ad
Dio e il mondo siano la stessa cosa, ma in questo caso, anche il mondo una posizione provvisoria; e può solo giunge-
dovrà essere compreso secondo il modo infinito degno di Dio. Quando re alla conclusione che non abbiamo la defi-
parliamo di Dio dunque, siamo già entrati in contraddizione, perchè nizione del vero Dio. Si potrà forse sostenere
facciamo di Dio un oggetto del linguaggio come tutti gli altri oggetti. che tale definizione non esiste, ma non si potrà
Se siamo d’accordo su questo punto, la conseguenza è molto chiara e positivamente concludere che non c’è un ente
inevitabile: non stiamo parlando di Dio. Non è possibile parlare di Dio che sia Dio. Se dunque l’ateismo è razionale,
perchè innanzitutto devo ridurre Dio ad un oggetto delle parole di cui io deve restare provvisorio.
sono l’autore, inoltre mi approprio di quella prerogativa propria di Dio La stessa critica però può essere mossa nei con-
che è la parola (se Dio parla, Egli è colui che parla per primo). Dunque, fronti del credente che sostiene l’esistenza di
quando diciamo parlo di Dio, anche con un punto interrogativo, cadia- Dio, adducendo l’argomento ontologico che
mo già in una doppia contraddizione: parlando per primi prendiamo il considera l’esistenza come una delle perfezio-
posto di Dio, inoltre parliamo di una cosa che, secondo la sua posizione ni divine. La sua convinzione si basa su alcune
nel processo del linguaggio, non può più essere Dio. determinazioni che egli stima essere perfezioni
Questa doppia contraddizione deve essere analizzata molto seriamen- divine appropriate a Dio, elaborando una de-
te, perchè costituisce il punto comune tra coloro che parlano di Dio finizione positiva della sua essenza che non è

8
esente da difficoltà. Anche in questo caso, è b) Possibilità e impossibilità in rapporto a Dio.
il credente a pensare che sia possibile definire In questo frangente, la metafisica (pre-kantiana e post-kantiana) si è
l’essenza di Dio, dire qualcosa su Dio, a pro- trovata nella posizione di dover decidere non soltanto della propria
posito di Dio. Dal punto di vista strettamente possibilità o impossibilità e dei propri limiti. Essa si è dovuta occupare
formale, il credente e il non credente partono anche dei limiti di tutti i suoi oggetti possibili, compresi, ad esempio, i
dallo stesso presupposto: che si possa dire qual- limiti del pensiero di Dio, di cui abbiamo un esempio molto chiaro e
cosa circa l’essenza di Dio. Da un lato si dirà ben conosciuto. Non si tratta né della dimostrazione positiva delle pro-
che questa essenza non è sufficiente a giusti- ve dell’esistenza di Dio, in cui la metafisica ne stabilisce la possibilità,
ficare la pretesa di Dio a esistere, dall’altro lato e neppure della dimostrazione opposta, in cui la metafisica sentenzia
invece si affermerà che questa definizione giu- l’impossibilità dell’esistenza di Dio. Questi infatti sono solo i due estre-
stifica pienamente la pretesa di Dio a esistere mi del dibattito, all’interno dei quali è possibile scegliere una posizione
senza condizioni. In entrambi i casi, ci troviamo più ragionevole: la posizione critica di Kant, nella sua opera La religio-
di fronte ad un’idolatria intellettuale, un’idola- ne entro i limiti della semplice ragione,1 e la posizione di primo Fichte,
tria del concetto. nel Saggio di una critica di ogni rivelazione.2
Per idolatria, intendo la nostra pretesa di poter Esistono due figure del pensiero in cui è possibile distinguere la que-
parlare di Dio così come parliamo di tutte le stione di Dio. La prima è una possibilità di rivelazione fuori dai limiti
altre cose. Non si tiene conto del fatto che, se fissati dalla metafisica e al di là dei limiti della ragione: Dio viene consi-
si dà un ente come Dio, bisogna considerare derato come un fenomeno empirico che si dà a vedere nell’esperienza
che, almeno per definizione, esso non è come sensibile. Se la metafisica non può ammettere una conoscenza nella
tutti gli altri enti: un Dio sottomesso alle carat- sensibilità e nell’empiricità della presenza di Dio, essa può però am-
teristiche di tutte le altre cose del mondo, non mettere una conoscenza di Dio come forma, per esempio dell’espe-
sarebbe più Dio. rienza della moralità.
Il dibattito sull’esistenza o non esistenza di Dio L’esperienza della moralità è un’esperienza che tutti possono fare e,
è dunque molto importante, ma non è fonda- sulla base di tale fatto della ragione (del fatto che si danno il bene,
mentale, e occorre usare prudenza e scettici- il male, il dovere etc.), tutti hanno una chiara coscienza di cosa sia
smo di fronte a dibattiti dove si crede di parlare il dovere, il male e il bene etc. (anche se poi è possibile agire senza
di Dio ma che, dal punto di vista critico, non tenerne conto). Allo stesso modo, possiamo dire che ci sono anche
vengono condotti in modo serio (come certi un’esperienza, una coscienza e una scienza di Dio, e proprio in questo
dibattiti sull’evoluzionismo, il big bang etc.). contesto entra in gioco ciò che secondo Kant la metafisica deve con-
Quando parliamo di Dio dunque, dobbiamo siderare come il più alto concetto, cioè la differenza tra la possibilità e
tenere presente la questione dell’idolatria, che l’impossibilità dell’oggetto.
consiste nella presunzione di poter avere o Applicando a Dio questa distinzione, possiamo distinguere un’acce-
produrre una qualsiasi rappresentazione di Dio zione di Dio dove Egli è un oggetto possibile del pensiero, e un’acce-
(sia essa sensibile, concettuale, astratta etc.). zione di Dio dove Egli è un oggetto impossibile per il pensiero. Ciò che
In che senso allora la filosofia è coinvolta in vorrei sottolineare, è che comunque la metafisica fino alla fine tenta di
questo dibattito? Essa è coinvolta precisamen- sottomettere Dio alla questione delle condizioni di possibilità e di im-
te perchè, nella figura della metafisica, ha ri- possibilità (e su questo punto, poco importa la differenza tra credenti
tenuto possibile offrire le condizioni per un e non credenti). Cosa significa dire che non abbiamo la possibilità di
discorso su Dio. E lo ha fatto attraverso molte accettare questa forma di manifestazione di Dio, o che non abbiamo
figure, per esempio pensando Dio secondo la possibilità di pensare Dio nei limiti della nostra ragione? Siamo esat-
tutte le categorie dell’essere (sostanza, causa- tamente di fronte all’idolatria! Dire che la distinzione tra il possibile e
lità, finalità etc.). l’impossibile può essere applicata a Dio, per quanto possa sembrare
Tutti questi concetti possono certamente esse- ragionevole, di fatto è una contraddizione da un punto di vista logico
re utilizzati per elaborare una rappresentazio- e, in questo caso, teo-logico.
ne concettuale dell’essenza di Dio, ma hanno Riformuliamo ora l’argomento in un altro modo. Ammesso che esista
un prezzo da pagare. Possiamo infatti pensare Dio, che differenza ci sarebbe fra Lui e noi? La differenza consiste nel
Dio in accordo con questi concetti ma, in tal fatto che, per noi, si danno cose possibili e cose impossibili, mentre
modo, essi fissano le condizioni della pensabi- per Dio, per definizione, tutto è possibile, e questa definizione dell’es-
lità stessa di Dio. senza di Dio è condivisa da tutte le grandi tradizioni della storia del

9
pensiero umano, dalle tragedie greche fino ai nostri giorni. Nel pen- Ma cosa succede nel caso di Dio? Tutte le
siero medievale ad esempio, Dio era definito come colui che poteva grandi religioni sono concordi su questo pun-
realizzare tutti gli impossibili, nel Vangelo si dice che nulla è impossi- to: ci sono molti nomi che possono essere usati
bile a Dio (Lc 1, 37) a proposito del concepimento verginale di Maria, per chiamare la divinità e, nel caso della teolo-
così come nell’Antico Testamento lo si dice a proposito della nascita gia cristiana, non si tratta solo di una pluralità,
di Isacco (Gn 18, 14). ma di una lista infinita e indefinita; addirittura
Se dunque la definizione di Dio è che, se esiste un ente come Dio, si- esiste una teologia dei nomi di Dio. Tra i gran-
curamente Egli è l’ente per cui nulla è impossibile, allora cosa diciamo di di questa tradizione, possiamo ricordare lo
quando affermiamo che è impossibile pensare Dio? Diciamo Dio! Pseudo-Dionigi, che parla di Dio come poly-
Se nulla è impossibile a Dio, per definizione Dio non è impossibile. nomos e anonymos: Dio ha una molteplicità
Forse sarà impossibile per noi concepirlo, ma si tratta di un’impossi- di nomi e al contempo è senza nome, ma non
bilità per noi! Niente è impossibile per Dio per definizione, e se c’è c’è alcuna contraddizione. Il fatto che abbia-
una cosa impossibile, non c’è Dio. Se dunque per definizione c’è Dio, mo bisogno di tutti i nomi possibili, includen-
niente è impossibile, inclusa l’impossibilità che Dio esista, l’impossi- do quelli molto inappropriati (pietra, animale
bilità di pensare Dio etc.. Si tratta di un’impossibilità per noi, non per etc.) significa che Dio è al di là di ogni nome
Dio. Per definizione, c’è un’impossibilità dell’impossibilità di Dio. Con proprio. Il nome di Dio rimane sempre impro-
questo non voglio affermare che abbiamo la certezza dell’istanza di prio e noi non abbiamo il potere di chiamare
Dio. Voglio solo dire che per definizione è impossibile che Dio sia Dio nel senso di fare in modo che Dio debba
impossibile, perchè la definizione della possibilità di un Dio è precisa- rispondere alla nostra chiamata: l’anonimità si
mente che niente sia per Lui impossibile. presenta così come una delle figure dell’alterità
Questo paradosso è un paradosso per noi, ed è la dimostrazione del assoluta di Dio. Agostino ha scelto come nome
nostro limite, ma dal punto di vista della definizione di Dio non c’è di Dio una formulazione molto strana: in lati-
nessun paradosso. no è id ipsum, in greco è to auto, che possia-
mo tradurre come come questo. La traduzione
c) Anonimità di Dio. questa cosa aggiunge già un elemento indebi-
Esiste poi un ultimo significato dell’espressione dire Dio. Abbiamo to, bisognerebbe tradurre questo questo, preci-
dimostrato che, di fatto, dire Dio non è una formulazione corretta, samente questo, senza il bisogno di aggiungere
poiché contiene una contraddizione. Con spirito critico, abbiamo cosa. Trovo curioso che in alcune traduzioni
mostrato che per dire Dio occorre prescindere da ogni condizione di moderne si traduca questa espressione con
possibilità, arrivando così a stabilire l’impossibilità dell’impossibilità di l’essere stesso, come se Agostino avesse scritto
Dio come punto sicuro per iniziare una riflessione su tale questione, ipsum esse, secondo la formulazione che inve-
perché se rimaniamo nell’orizzonte che presuppone la distinzione tra il ce è propria di Tommaso d’Aquino. Nel caso
possibile e l’impossibile, non siamo ancora in un ambito in cui la que- di Agostino, non c’è l’espressione essere stesso,
stione di Dio può essere aperta. L’impossibilita dell’impossibilità non è c’è soltanto ipsum, lo stesso, senza una defini-
certo l’orizzonte della nostra razionalità ma, se Dio potrà mai abitarla, zione più precisa: non c’è essere, non c’è cosa,
è precisamente il luogo ove Egli potrebbe trovare la sua dimora. non c’è niente; è id ipsum, questo.
Posto questo, è possibile ora toccare l’ultimo punto circa il nominare Questo questo è forse l’unica cosa che possia-
Dio, che si pone in relazione con una questione molto studiata da mo dire di Dio e quando usiamo la formula id
mons. Bertuletti: l’anonimità. ipsum in questo senso?
L’anonimità, nella nostra esperienza quotidiana dell’alterità e della vita A tutti sarà capitato di non conoscere il nome
nella comunità umana, sembra potersi definire come il contrario della di un oggetto o di una persona e, per spiegarsi,
conoscenza dell’altro. Conoscere l’altro infatti (amare, odiare o trattare di indicarlo con un gesto della mano dicendo
con l’altro), implica l’uso del nome dell’altro: nell’ascoltare e rispon- “questo” o “quello”. In questo caso, non co-
dere alla chiamata, l’altro ammette che il nome che sto utilizzando è nosciamo il nome di ciò di cui parliamo, ma
il suo, dunque conoscere l’altro significa dirgli il suo nome all’interno sappiamo che esso è lì, che lo abbiamo di fron-
della dinamica ambigua del chiamare. Io mi chiamo Marion, e questo te a noi, face à face. L’altro non ci è dunque
significa che Marion è il mio nome e che quando qualcuno dice “Ma- del tutto sconosciuto, ma rimane altro da noi, e
rion!” io ascolto e penso di essere colui che è chiamato. Il mio nome è questa è precisamente la situazione in cui noi
dunque il mio modo di essere sottomesso agli altri. siamo di fronte a Dio.

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Non si tratta qui di decidere, positivamente o un ultimo punto che non ho approfondito, approfitto del suo riferi-
negativamente, di non poter accedere a questo mento per fare un breve accenno. Abbiamo trattato del parlare di Dio
id ipsum, addirittura potremmo anche avere e del parlare a Dio, ma prima di tutto c’è il fatto che Dio ha parlato per
delle buone ragioni per non voler avvicinarlo, primo e che, naturalmente, il parlare a Dio ha si configura innanzitutto
resta però il fatto che facciamo l’esperienza di come una riposta, che può essere data solo dopo una chiamata. Può
sapere che c’è id ipsum e di non potere o non anche darsi il caso in cui io non voglia dare una risposta alla chiamata
volere dire il suo nome: siamo precisamente di di Dio, ma se decido di rispondere e di iniziare a parlare a Dio, non c’è
fronte all’esperienza della Trinità. più anonimato, né di Dio, né di me stesso. L’anteriorità della chiamata
Questa esperienza che facciamo nei confronti di Dio è evidente, ed è anche il luogo dove assume importanza il ruo-
di Dio, è anche un’esperienza che ricorre nelle lo del concetto: il concetto non deve sparire, esso ha il suo ruolo nella
relazioni umane serie e profonde: la situazione comunità delle parole, nella chiamata e nella risposta. Siamo dunque
erotica, amorosa, è precisamente una situazio- completamente d’accordo.
ne in cui è chiaro che l’amato è esattamente
questo, ma l’amante capisce di non potere e Angelo Bertuletti
di non volere dire il suo nome. Non c’è alcuna La riflessione critica che proporrò intende onorare la presenza fra noi
contraddizione, e tutti noi lo sappiamo bene. di Jean-Luc Marion, la vostra presenza e la vostra attenzione.
La questione non è più quindi quella di dire una L’opera di Marion è nella sua interezza una difesa dell’appartenenza
cosa a proposito di Dio, così come non si tratta della questione di Dio all’interrogazione filosofica o, se volete, della
di dire una cosa a proposito dell’altra persona, competenza della filosofia nei confronti della questione di Dio. Con-
ad esempio della donna che amo. Il problema tro la tendenza dominante nel dibattito filosofico contemporaneo che,
non è dire una cosa su questa donna, il proble- con Ricoeur, potremmo genericamente definire un agnosticismo teo-
ma è dire una cosa a questa donna, non è parla- logico della filosofia, Marion ritiene che la questione di Dio interpelli
re di questa donna, ma parlare a questa donna. la filosofia nel cuore stesso della sua interrogazione fondamentale: la
Parallelamente, il problema non è il parlare di filosofia prima.
Dio, il problema serio è il parlare a Dio. Il si- Dio non solo si dice, ma il dire di Dio può e deve essere pensato. Ciò
gnificato di parlare è molto diverso nel caso di non comporta per Marion in nessun modo di riproporre il modello
parlare di e di parlare a qualcuno. Se dunque la classico (prima aristotelico, poi medievale e moderno) che fa della te-
formulazione dire Dio non è una formulazione ologia una determinazione della metafisica (la cosiddetta teologia na-
appropriata, più corretta sarebbe dire a Dio: in turale distinta dalla teologia rivelata, formula con la quale intendiamo
questa situazione, sorge la questione dell’ano- la teologia cristiana). Per un paradosso solo apparente, in Marion la
nimità, sia nel senso del non voler parlare a ragione per cui la questione di Dio riguarda la filosofia prima è la stes-
(anonimità dell’altro), sia nel senso del non voler sa per la quale la teologia non è possibile se non come teologia della
essere chiamato da qualcuno (mia anonimità). Rivelazione: per Marion la filosofia prima è la fenomenologia. Ora,
In conclusione, vorrei evidenziare che è proprio la fenomenologia, la quale esercita una funzione critica nei confronti
anonimità fondamentale, centrale nella que- della teologia metafisica, non può disinteressarsi della teologia rivela-
stione di Dio, il punto su cui ritengo possibile ta, poiché nessuna rivelazione può intervenire senza una forma di fe-
un confronto fra la filosofia e la teologia. Se la nomenalità. Questa formulazione però, è troppo debole per designare
metafisica classica non ha elaborato una dot- la posizione di Marion; più precisa è la seguente: la fenomenologia
trina della parola e del discorso come discorso non può non interessarsi della teologia rivelata poiché il fenomeno di
a, ma come discorso su, possiamo invece guar- Rivelazione costituisce la realizzazione massimale del concetto fonda-
dare alla fenomenologia come quella filosofia mentale della fenomenologia.
che ha prediletto la dottrina del parlare a. A mio A giudizio di Marion, la fenomenologia non diviene pienamente se stes-
parere, questa è la ragione per cui, se la teologia sa se non realizza le potenzialità racchiuse nel suo nuovo inizio, facen-
vuole essere una teologia del parlare a Dio, la do propria e riformulando la questione della metafisica: la fenomeno-
fenomenologia può offrire il suo contributo. logia è la vera erede della metafisica. Ci sono pertanto due ingressi nel
pensiero di Marion, quello che parte dalla ripetizione della storia della
Seconda parte. metafisica e quello che interpreta ed esegue la portata speculativa del
Grazie. Condivido pienamente questa osserva- nuovo principio della fenomenologia. I due percorsi sono perfettamente
zione di Mons. Bertuletti. In effetti ci sarebbe convergenti perché accomunati da una stessa intuizione, da una stessa

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idea direttrice che formulerò cominciando dalla sua interpretazione del- dere ragione della totalità del fenomeno, sal-
la storia della metafisica per poi occuparmi della fenomenologia. vaguardandone l’immanenza, senza introdurre
Marion adotta il dispositivo heideggeriano circa la struttura onto-teo- una causa trascendente. Ora, dei due processi
logica della metafisica, secondo cui l’unica instaurazione del fonda- nei quali Marion esegue questa dimostrazio-
mento si esercita nell’incrocio di una duplice fondazione: la fonda- ne la riduzione del dono alla donazione e la
zione concettuale nell’ente mediante l’essere e la fondazione causale riduzione della fenomenalità alla donazione,6
degli enti nel loro essere mediante l’ente supremo: quod omnes dicunt ritengo che quello decisivo sia la seconda ri-
esse Deum. Secondo Heidegger, questa struttura circoscrive, occul- duzione, non quella del dono, in cui l’autore si
tandola, la vera questione della metafisica: quella concernente il senso concede troppo nelle premesse.
dell’essere, risolvendolo in una fondazione causale. La metafisica sot- Marion ritiene possibile stabilire un’equivalen-
tomette Dio a un concetto quindi, in ultima istanza, al soggetto cono- za fra i due registri concettuali della donazione
scente che lo produce e che lo esercita, rendendo possibile in questo e del fenomeno, perché la fenomenalità della
modo l’oggetto della metafisica. La critica di Nietzsche, il concetto di donazione non è una fenomenalità fra le altre,
ente vuoto, l’idea di un Dio fondatore irricevibile, smaschera l’assenza ma è l’origine. È chiaro che la tesi di Marion è
di fondamento della metafisica e della teologia che essa produce. Si molto complessa, ma ritengo che si possa ri-
deve dunque riformulare la questione della metafisica liberandola dal assumere al meglio nel concetto di fenomeno
dispositivo della causalità. saturo,7 soprattutto se ci poniamo nell’ottica di
Ora, è qui che la questione della metafisica converge con il progetto del- colui che vuole occuparsi del fenomeno, cioè
la fenomenologia di definire un nuovo inizio, non più condizionato dal di un fenomeno in cui non è l’intenzione di
concetto di essere: la metafisica dell’ente cede il posto a una fenomeno- significazione (l’a priori) che misura l’intuizio-
logia della donazione, la quale è più fondamentale della stessa questio- ne, ma al contrario l’intuizione compie l’inten-
ne dell’essere. Essa comanda quella che, con Heidegger, possiamo defi- zione eccedendola. La topica del fenomeno
nire una distruzione del concetto metafisico di causa: il fenomeno non saturo (l’evento imprevedibile, l’opera d’arte
offre solo il fatto di essere, ma anche la sua fonte di essere, il suo perché, o idolo che abbaglia la carne, l’icona che mi
il fatto di non essere un mero effetto di una causa trascendente. guarda etc.) costituisce, insieme al tentativo del
È importante sottolineare che per Marion esiste una rigorosa corrispon- terzo libro di pensare l’accadere come il venire
denza fra l’istanza fenomenologica, che restituisce al fenomeno l’ini- della donazione al fenomeno, uno dei contri-
ziava della sua propria manifestazione, e l’indipendenza del fenomeno buti a mio giudizio più significativi del dibatti-
da qualsiasi condizione. Il suo progetto consiste quindi nella deduzio- to contemporaneo, in ordine all’elaborazione
ne sistematica di quella che oserei definire l’identità delle due istanze. di un pensiero della trascendenza alternativo
La mia ipotesi di lettura, critica in senso kantiano, è che fra esse sussista a quello della causalità, un pensiero della tra-
una tensione, la quale attraversa tutta l’elaborazione del progetto fino a scendenza come la verità dell’immanenza (se-
condurlo, nella sua conclusione, alla teorizzazione della loro divarica- condo la nota formula di Husserl, la trascen-
zione. Precisamente in ciò, ravviso l’interesse del progetto per la teologia. denza immanente). Al fenomeno saturo, come
Il suo risultato è un inveramento che da un lato conferma la pertinenza già è stato anticipato, si collega il fenomeno di
dell’intenzione che lo ispira, e dall’altro apre a una diversa prospettiva. rivelazione, che è il luogo fenomenologico del
L’argomentazione di Marion (sviluppata nel suo saggio più sistematico, discorso su Dio. Esso è introdotto come quin-
Étant Donné3), si sviluppa con un grande movimento circolare volto alla to tipo, non già perché esso fa numero con
messa in opera del concetto di donazione, che egli istituisce nel primo gli altri, ma perché ne satura la fenomenalità
libro come il concetto fondamentale della fenomenologia. al secondo grado, come l’icona (emblema del
La donazione è, secondo Marion, il concetto fondamentale e ultimo4 rapporto con l’altro, del volto), ma esso riuni-
della fenomenologia, poiché esso non designa solo la dimensione ori- sce le proprietà degli altri tipi, e tuttavia lo fa
ginaria del fenomeno della struttura sintetica dell’intenzionalità, ma a un nuovo livello, in una saturazione raddop-
anche l’origine del fenomeno stesso. Questa riduzione,5 lungi dal tra- piata. Questo è di un’importanza decisiva per
sformare la donazione in un principio metafisico, (facendo di essa una il discorso che farò perché appunto l’icona è
causa del fenomeno), sanziona l’intrascendibilità del piano di imma- un’esperienza universale.
nenza del fenomeno. Per definizione la donazione non ha altra realtà Assolutamente indeducibile, il fenomeno di
che l’effettività nella quale essa si esplica: la determinazione della por- Rivelazione può essere pensato solo se e per-
tata del concetto rinvia alla dimostrazione della sua attitudine a ren- ché si dà. Marion si riferisce alla rivelazione

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cristologica, che solo la fenomenologia della sono due: l’essere e l’io, ma poiché l’essere è in quanto condizione
donazione è in grado di pensarle, poiché la a priori di ogni conoscenza, in definitiva le due condizioni sono una
sua peculiarità consiste non nel porre condi- sola: l’Io (il soggetto, come insegna Kant).
zioni al fenomeno, ma nel liberare il fenomeno Ecco dunque l’ultima tappa del processo di Marion, che consiste pre-
distruggendo tutte le condizioni prerequisite. cisamente nella determinazione dello statuto del soggetto. Tale tap-
La fenomenologia tematizza la possibilità, ma pa, lungi dal costituire un corollario di un processo in sé già compiu-
non decide della realtà, e l’insistenza di Marion to, contiene l’ultima risposta di Marion al problema che lo impegna
sulla distinzione tra possibilità e realtà secon- dall’inizio alla fine, e cioè il problema del rapporto fra la donazione e
do me non risponde solo a una preoccupazio- la fenomenalità. Lo strumento concettuale di cui egli si serve consiste
ne teologica - quella di salvaguardare l’inde- nella coppia concettuale appello-risposta (appel-réponse), che desu-
ducibilità della Rivelazione cristiana e la sua me dal fenomeno saturo dell’icona, il quale aveva il carattere sintetico
soprannaturalità -, ma pone un problema che di tutti i fenomeni saturi. Ogni fenomeno saturo esercita una chiama-
riguarda il processo nel suo tenore filosofico, ta, un appello, poiché esso produce un’inversione dell’intenzionalità
poiché il fenomeno di Rivelazione costituisce e sottomette il destinatario (ma occorrerebbe dire l’attributario), alla
il compimento della fenomenalità in generale, presenza di un’istanza che lo consegna a se stesso prima di donargli
è il suo grado massimo che deve essere in qual- qualsiasi cosa. La chiamata è la prima parola, parola inaugurale e invi-
che modo implicato in ogni fenomeno. Solo a sibile, inudibile la definisce Marion, la quale non è preceduta da nulla,
questa condizione la tesi che Marion persegue sorge senza nessun a priori e accede alla visibilità attraverso la via
dell’equivalenza tra donazione e fenomenalità della risposta, riconoscendosi come destinatario della chiamata. L’ado-
può dirsi raggiunta e, con essa, l’appartenenza nato10 le apre un campo di manifestazione prestandosi a riceverne e
della questione “Dio” alla filosofia. ritenerne l’impatto, ma come si produce l’incontro, come e dove? La
Secondo l’ispirazione più profonda di Marion, e forma originaria della réponse caratterizzata dalla sorpresa di prestare
penso anche più vera, il fenomeno saturo non ri- attenzione a un appello, a una chiamata che si donava già prima che
guarda una regione di fenomeni, che sarebbero, l’attributario ne prendesse coscienza. A questo livello originario non
accanto a quelli comuni, ordinari, ma riguarda si può parlare di decisione: la scelta o il rifiuto della donazione si gio-
la dimensione veritativa dell’ordinario. Ha scritto ca nell’oscurità fenomenologica e pre-razionale della coscienza, ma il
un saggio che ha un titolo un po’ paradossale8 in soggetto che conferisce la visibilità viene dopo, la risposta conclude
cui parla di banalità della saturazione, dove per l’appello e ritarda il suo mostrarsi.
banalità intendete l’ordinario: il simbolico non è Con la tematica della risposta, Marion teorizza lo scarto insuperabile
un’aggiunta, la dimensione veritativa dell’espe- fra la donazione e la fenomenalità, non si tratta di una la risposta del
rienza è la dimensione di ogni esperienza. E soggetto all’appello, ma è l’effetto, la ripercussione della chiamata nel
come non citare qui il grandioso Agostino: hoc soggetto. Questa soluzione è certamente compatibile con l’immanen-
est grandius enigma, ut nos non videmus quod za della donazione, e Marion ne è convinto, tuttavia esso le conferi-
non videre non possumus9(questo è il più gran- sce una determinazione decisiva della sua qualità teorica: essa infatti
de enigma, che noi non vediamo ciò che non sospende la totalità del fenomeno a un istanza, la quale ne garantisce
possiamo non vedere). l’autonomia, ma dall’esterno, poiché essa è e deve restare fenomeno-
Da qui nasce un interrogativo: qual è il significa- logicamente anonima, senza volto.11
to della distinzione fra la possibilità e l’effettività, La prospettiva di Marion potrebbe essere caratterizzata come una fon-
nel caso specifico (ma si dovrebbe dire unico) del dazione fenomenologica della metafisica dell’esteriorità che Scoto, nel
fenomeno di Rivelazione? Esso è forse destinato cuore della scolastica, aveva formulato a partire da una rigorosa deter-
a scomparire in una fenomenologia compresa minazione del concetto, che è proprio l’altro del fenomeno. Le formule
come un empirismo radicale come si doman- di Marion non lasciano dubbi su questa affinità, da questa tradizione
da Lévinas? Io ritengo che questo interrogativo egli recepisce la tesi della precedenza della volontà sulla conoscenza,
ci possa ricondurre al problema di fondo della e addirittura la tesi del carattere originario dell’indifferenza cartesiana
proposta di Marion: il rapporto fra le due istanze come forma originaria della libertà. Nella genesi di questa figura di
che definiscono il concetto di donazione (l’istan- metafisica, la questione della teologia rivelata è decisiva. Essa spiega
za di immanenza e l’istanza di assolutezza intesa quella sorta di torsione operata da Scoto sul concetto aristotelico di
come indipendenza da qualsiasi condizione). causa che ne modifica il senso (s’intende qui la causa assoluta, non
Le condizioni del fenomeno tradizionalmente la causa sui Aristotelica), poiché la comprende come la garanzia della

13
positività del finito, cioè della contingenza. esiste), ma non ritengo nemmeno sufficiente il
Secondo Marion, l’anonimato della chiamata è del tutto compatibile parlare a Dio, altrimenti si rischia di cadere in
con la teologia, perché la teologia a suo modo ne costituisce la realiz- un certo pragmatismo radicale che esclude il
zazione massima. Nel fenomeno di Rivelazione, l’eccesso della dona- ruolo del concetto. È chiaro che il parlare a Dio
zione comporta che essa non si affermi nel visibile se non attraverso la costituisce la risposta, e quindi è uno dei poli
negazione delle condizioni comuni della fenomenalità, che addirittura della relazione, ma appunto resta una risposta
ha nel paradosso la sua figura tipica. che non deve mettere in ombra l’aspetto posi-
Concludo con una riflessione che vi propongo: nel campo della feno- tivo del criterio dell’indipendenza da qualsiasi
menologia, il confronto critico non risponde alla logica dimostrativa ben condizione, che io definisco la precedenza as-
retta dalla necessità logica - questo andrebbe indirizzato a chi pretende soluta dell’origine: di Dio si può parlare solo se
di dimostrare che Dio non esiste -, ma consiste nell’ostensione di una Dio si mostra, in definitiva si dice, ma il dire di
prospettiva eventualmente più comprendente. Dio è l’appello, è originariamente l’appello.
Nella formulazione dell’ipotesi di lettura che ho proposto del progetto Naturalmente, per significare l’alterità posso be-
di Marion, ho parlato di una tensione fra due istanze, quella dell’imma- nissimo parlare di anonimato, come ha detto
nenza della donazione del fenomeno e quella della sua indipendenza bene Marion, e l’anonimato vale appunto nei
da qualsiasi condizione. A mio giudizio, la coerenza con la quale Ma- confronti del discorso su Dio, o della pretesa
rion ha sviluppato il suo progetto e lo ha condotto fino al suo invera- in generale di un discorso isolato e idolatrico. I
mento ci permette di delineare un’altra via, la quale ne esegue l’intento suoi tre punti però si muovono a livello in una
fenomenologico, poiché sostituisce all’istanza dell’assolutezza - intesa logica della contraddizione che resta esterna al
come indipendenza da qualsiasi condizione - quella della relazione. problema, ed è questo il motivo per cui tenden-
La donazione si scarta dalla logica metafisica della causalità, poiché la zialmente una tale teoria del concetto approda
sua legge immanente è la reciprocità. Quest’ultima è la forma compiu- a una inconsistenza del concetto nella teologia,
ta della relazione, irriducibile allo scambio, perché la sua qualità non che io non sposo. Ritengo che il concetto abbia
è l’indipendenza dal donatario, dal donatore o dal dono come oggetto. un ruolo anche in teologia, ed è questo lo spa-
La sua qualità è l’unicità. zio per l’apporto grandioso della fenomenologia,
La reciprocità appartiene all’originario della donazione, alla donazione che ci riporta all’esperienza, e quindi alla genesi
come origine, poiché sin nell’origine essa implica l’intenzione della ri- esperienziale dei concetti, non per eliminarli, ma
sposta, la anticipa in qualche modo come costitutiva dell’essenza stes- per porli nel loro vero ambito. Ecco allora l’espe-
sa della chiamata. L’intenzione della risposta iscritta nella donazione rienza che è all’origine dell’affermazione di Dio:
è la fondazione della libertà del destinatario che è posto in relazione il dirsi di Dio; l’uomo viene poi in seconda battu-
con l’origine nella sua unicità. La chiamata non è accessibile se non ta, e in questo senso ritengo ambigua la questio-
nella risposta, ma non perché la risposta accusi un ritardo rispetto ne dell’anonimato, perché un anonimato totale
alla chiamata, preservando così l’inconoscibilità dell’origine (e quale impedirebbe di dire che l’origine è Dio. Grazie
ritardo! lo chiama peccato la Bibbia, ma non è inteso ab origine), ma per questa brillantissima esposizione che ha per-
perché essa compie l’intenzione della chiamata proprio perché ne as- messo un confronto delle nostre posizioni.
sicura la manifestazione. Ritengo che questa sia la figura cristologica
della Rivelazione.
L’interesse dell’opera di Marion per la lavorazione di quella che ho
chiamato altra prospettiva è che essa può istruirsi ed appropriarsi di 1 I. Kant, La religione entro i limiti della sempli-
tutto il suo percorso, delle sue finissime e acute analisi per conferire ad ce ragione, tr. it. di V. Cicero, Rusconi, Mila-
ogni tappa però una diversa orientazione. no 1996.
2 J. G. Fichte, Saggio di una critica di ogni
Seconda Parte: rivelazione, a cura di M. Olivetti, Laterza,
La relazione del prof. Marion ha illustrato bene la differenza, se così Roma-Bari 1998.
si può chiamare, delle due prospettive. La conclusione è molto inte- 3 Jean-Luc Marion, Étant donné, P.U.F., Paris
ressante, perché Marion esclude il parlare di Dio nel modo in cui lo 1997; tr. it. di Rosaria Caldarone, Dato che,
faceva una certa metafisica. Il problema metafisico però va oltre all’ela- S.E.I., Torino 2001.
borazione di un linguaggio su Dio: penso che non solo il cuore del 4 Marion si ricollega qui direttamente a E.
problema non sia parlare di Dio o su Dio (anche se questo problema Husserl, Die Idee der Phänomenologie,

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Husserliana II, p. 61, «[...] absolute Gege-
benheit ist ein Letztes»; cfr. Jean-Luc Ma-
rion, Réduction et donation, P.U.F., Paris
1989, pp. 28-54.
5 Bertuletti introduce qui il termine che Marion
utilizza nei suoi scritti per indicare l’opera-
zione fenomenologica per eccellenza.
6 La riduzione del dono alla donazione è trat-
tata in Étant donné, cap. 2; la riduzione del-
la fenomenalità alla donazione è trattata in
Étant donné, cap. 3.
7 Étant donné, cap. IV, § 21 e ss.; cfr. inoltre
De surcroît. Études sur les phénomènes
saturés, P.U.F., Parigi 2001; Le visible et le
révélé, Cerf, Paris 2005, pp. 35-37.
8 Jean-Luc Marion, «La banalité de la satura-
tion», in F. Bousquet e P. Capelle (ed.), Dieu
et la raison. L’intelligence de la foi parmi les
rationalités contemporaines, Paris 2005; ri-
preso in Jean-Luc Marion, Le visible et le
révélé, Cerf, Paris 2005, cap. 6; tr. it. a cura
di Carla Canullo, Il visibile e il rivelato, Jaca
Book, Milano 2007, cap. 6.
9 Agostino, De Trinitate, 15, 9. 16.
10 Adonato è il termine che Marion usa per
indicare il soggetto inteso secondo le pro-
prietà che lo caratterizzano alla luce della
riduzione della fenomenalità alla donazio-
ne; cfr. Étant donné, cap. 5.
11 Bertuletti precisa, con un inciso, che questa
istanza è il luogo di Dio, dell’origine.

15
LA DISTINZIONE ARISTOTELICA KAT’ANTHROPON-
KAT’ALETHEIAN IN KANT

di Marco Sgarbi

«Ein Beweis aber, der auf Überzeugung angelegt ist, kann wiederum l’opera è intessuta. Temi concernenti la meto-
zwiefacher Art sein, entweder ein solcher, der, was der Gegenstand dologia sono quelli dell’analisi, della sintesi,
an sich sei, oder was er für uns (Menschen überhaupt), nach den uns della prospettiva epistemica, della soggettività,
notwendigen Vernunftprinzipien seiner Beurteilung, sei (ein Beweis dell’oggettività, tuttavia il presente contributo si
kat’aletheian, oder kat’anthropon, das letzer Wort in allgemeiner Be- concentra non tanto su questi specifici concet-
deutung fur Menschen überhaupt genommen)». KGS IV, p. 446. ti fondamentali, quanto, in modo più generale,
sulla prospettiva di Kant sul metodo che si può
1. Il problema del metodo in Kant riassumere nella distinzione aristotelica fra ciò
Uno dei problemi centrali della speculazione kantiana è sicuramente che è primo per l’uomo e ciò che è primo per
quello del metodo. In generale, sulla scia di Giorgio Tonelli, è possi- sé, che nel corpus kantiano è espressa con i
bile dire che la Kritik der reinen Vernunft sia un’opera di metodologia termini greci kat’anthropon e kat’aletheian.
per i continui e insistenti riferimenti alla Kritik come sicher Gang, si- La questione del metodo della scienza è posta
cher Weg, Königlicher Weg, Heeresstrasse, Heeres-Weg, Fusssteig che per la prima volta in tutta la sua problematici-
ricordano la radice etimologica della parola “methodus”1. Non solo, tà da Aristotele nel tentativo di formulare un
all’interno del corpus kantiano, ma soprattutto nell’opera del 1781, è procedimento logico corretto per ottenere una
possibile rintracciare una serie di concetti che collegano la critica ad conoscenza certa e stabile. Aristotele, tuttavia,
una logica applicata intesa come metodo2. L’importanza del metodo non scrive alcun trattato specifico sul metodo
all’interno del sistema critico è testimoniata anche dal fatto che ognuna ma si limita a trattare il problema in vari luoghi,
delle tre critiche conclude con una Methodenlehre e che il suo ruolo specialmente nelle introduzioni dei suoi scrit-
conclusivo è tutt’altro che estrinseco e peregrino, ma è fondamentale ti5. Il testo che più si avvicina ad una scienza
e decisivo nella costruzione di un sapere scientifico. È significativo no- del metodo è, tuttavia, il trattato sulla dimo-
tare anche che gli ultimi due capoversi della Kritik der reinen Vernunft strazione scientifica, cioè gli Analytica poste-
trattano del problema del metodo e definiscono che cosa esso sia, riora. Nel Medio Evo, partendo dagli Analytica
cioè un procedimento per principi. Ma se tutto questo non bastasse posteriora, il problema assunse la sua formu-
a persuadere che la Kritik der reinen Vernunft sia un’opera di meto- lazione definitiva nel pensiero di Averroè con
dologia, interpretazione contrastata dalla maggior parte degli studiosi la distinzione fra nobis notiora e natura notiora
kantiani che ancora continuano a leggere il testo come uno scritto o che Wilhelm Risse ha messo in luce più di un
di metafisica o di teoria della conoscenza3, Kant stesso scrive nella quarto di secolo fa e che una decina di anni fa
seconda Vorrede che la «die Kritik der reinen spekulativen Vernunft Riccardo Pozzo ha approfondito6. La distinzio-
ist ein Traktakt von der Methode»4. La Kritik der reinen Vernunft è un ne fu ripresa e sistematizzata da Jacopo Zaba-
trattato sul metodo; questo è e null’altro. Il problema è determinare che rella nei suoi scritti di logica, il quale la diffuse
genere di metodo sia, quale sia il suo oggetto, il suo fine e in che modo in tutta la Germania raggiungendo Königsberg
esso proceda. Quale è l’oggetto del metodo? Ci sia concesso affermare e la filosofia di Kant.
provvisoriamente che l’oggetto del metodo è la metafisica. Il metodo L’obiettivo del presente contributo è di dimo-
vuole stabilire la via sicura attraverso la quale la metafisica, dall’essere strare l’origine aristotelica del problema del
un campo di lotte senza fine diventi una scienza. Il fine della metodo- metodo in Kant per quanto riguarda la distin-
logia è invece quello di determinare, all’interno dei limiti della ragione, zione di ciò che è primo per l’uomo e ciò che è
una conoscenza epistemica. primo per natura. La prima parte dello studio è
La trattazione kantiana della natura e delle argomentazioni del metodo dedicata alle linee essenziali della metodologia
non hanno una collocazione ben precisa e definita all’interno della Kri- di Aristotele e alla controversa interpretazione
tik der reinen Vernunft, ma esse sono lo sfondo, la tela sulla quale tutta che ne fornisce Wolfgang Wieland. La seconda

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parte analizza la questione in Averroè, Zabarel- che gli elementi più noti a noi possano differire da uomo a uomo e
la e nella tradizione dell’Aristotelismo puro di questo comporterebbe argomentazioni logiche differenti ed espres-
Königsberg. La conclusione tratta la distinzione sioni definitore diverse. Non solo, Aristotele aggiunge che oltre a ciò,
kat’anthropon-kat’aletheian nella Kritik der rei- rispetto al medesimo uomo, in diversi tempi, risultano più noti alcuni
nen Vernunft e nella sua seconda formulazione elementi rispetto che altri8. All’inizio, per gli uomini saranno più note le
nella Kritik der Urteilskraft. cose sensibili mentre una volta acquisita molta esperienza saranno più
note le cose intelligibili9. Per Aristotele è quindi chiaro che in una dimo-
2. Il distinzione emin gnorimoteron - phy- strazione scientifica l’espressione definitoria deve partire da ciò che è
sei gnorimoteron in Aristotele più noto per sé in senso assoluto. Ciò che è più noto in senso assoluto,
La distinzione fra più noto per l’uomo e più è bene chiarirlo, per Aristotele non è qualcosa di ontologicamente dif-
noto per sé è presente in molti passi aristotelici ferente da ciò che è noto per l’uomo. Egli afferma, infatti, che ciò che è
e nonostante la sua importanza per la ricerca noto per sé in senso assoluto è identico a ciò che è noto a chi abbia una
di un metodo della scienza è stata spesso tra- mente acuta e ben costituita10. Questo è un elemento molto importan-
scurata dalla critica o trattata in modo rapido e te perché segna da una parte l’isomorfismo tra linguaggio, pensiero e
fugace7. Nel corpus aristotelico la distinzione si realtà e dall’altra segna la possibilità di indagare la realtà da prospettive
incontra per la prima volta in Topica VI.4, 141 differenti; apre quindi le porte al problema della soggettività. Chi non
b 3-22 nella trattazione del problema della de- ha ben chiaro quale sia il modo migliore per procedere nella scienza
finizione. La definizione, secondo Aristotele, è rischia di fare molta confusione, come è stato il caso per Aristotele dei
composta o da elementi meno noti a noi o da filosofi a lui precedenti. In Physica I.5, egli scrive che «alcuni partono
elementi meno noti in senso assoluto. Più noto da ciò che è anteriore, altri da ciò che è posteriore; alcuni ciò che è più
per sé, in senso assoluto è ciò che è anteriore, conoscibile secondo il pensiero, altri ciò che è più conoscibile secondo
aggiunge lo Stagirita, rispetto a ciò che è poste- la sensazione sicché, in un certo senso, essi parlano di cose identiche
riore. Gli elementi semplici sono più noti per e pur diverse»11. Le cose che sono più conoscibili secondo il pensiero
sé degli elementi composti. Gli esempi di Ari- sono gli universali, le cose che sono più conoscibili secondo la sensa-
stotele sono il punto rispetto la linea e la lettera zione sono i particolari12.
rispetto la sillaba. Aristotele afferma che tuttavia La distinzione ricorre nella sua formulazione più nota proprio nel capi-
agli uomini accade più spesso di afferrare prima tolo introduttivo della Physica, nel quale Aristotele tratta i principi del-
la linea e poi per scomposizione il punto, prima la scienza della natura. Conoscere, ribadisce Aristotele, significa avere
la sillaba o la parola e poi per scomposizione conoscenza delle cause prime, dei principi primi e degli elementi ori-
la lettera. Questo perché, secondo Aristotele, ginari e perciò anche la fisica deve ricercarli. Aristotele afferma che «è
all’uomo è più vicino ciò che proviene dai sensi; naturale che si proceda da ciò che è più noto e chiaro per noi verso
solo alla mente più acuta è concesso di cogliere quello che è più chiaro e noto per natura; infatti non sono la medesi-
gli elementi più noti in senso assoluto. Il me- ma cosa il conoscibile per noi e il conoscibile in senso assoluto»13. Il
todo più scientifico da seguire sarebbe quindi procedimento da adottare, afferma Aristotele, è quello di partire da ciò
quello di rendere noto ciò che è primo per l’uo- che è meno chiaro per natura ma più chiaro per noi al fine di cono-
mo attraverso ciò che è primo per sé, cioè ciò scere ciò che è più chiaro per natura. La ricerca di ciò che è più chiaro
che è posteriore attraverso ciò che è anteriore. e conoscibile per natura corrisponde in Aristotele alla ricerca della
Questo metodo è sicuramente il più scientifico verità. Ricercare la verità, scrive Aristotele in Metaphysica II.1, non è
nell’ordine della dimostrazione ma non è tutta- facile perché ciò che è più noto per natura è per noi più oscuro. Gli
via facile e chiaro nell’ordine dell’esposizione. uomini si comportano con la verità come gli occhi delle nottole nei
Per coloro che non sono capaci di una cono- confronti della luce del sole; di fronte alle cose più evidenti per natura
scenza di ciò che è primo per sé, è necessa- essi si confondono14. Ciò che è più noto per noi è ciò che deriva dalla
rio procedere dagli elementi più vicini e noti sensazione e ciò che è per noi più chiaro ed evidente sono le cose
all’uomo. Questo metodo presenta però gravi nel loro insieme. Aristotele sta parlando dell’induzione imperfetta di-
svantaggi per Aristotele e non si può considera- scussa in Analytica Posteriora II.19, attraverso la quale dopo moltepli-
re scientifico ma conduce ad una conoscenza ci sensazioni, molta esperienza e la ritenzione delle immagini della
solo probabile. Se l’ordine dell’esposizione do- memoria si ottiene un concetto generale15. In Physica I.1, Aristotele
vesse coincidere con l’ordine della dimostrazio- aggiunge che «solo in un secondo momento l’analisi consente di indi-
ne rispetto a ciò che è più noto a noi, è evidente viduare gli elementi e i principi. Perciò bisogna procedere dal generale

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al particolare»16. Per la sensazione, infatti, è più conoscibile l’intero quando conosciamo qualche cosa, la cono-
che è il generale. In questo senso per risoluzione è possibile avere una sciamo per mezzo di qualcosa d’altro, cioè ci
conoscenza rispetto a ciò che è più noto a noi dei primi principi. La si interroga sulla cosa attraverso qualcosa che
conoscenza di questi primi principi però non è realmente scientifica, è già noto. Non si può perciò conoscere imme-
cioè non è dimostrativa perché è fondata su un’induzione imperfetta diatamente una cosa da se stessa. Si deve sem-
che sarà provata solo a posteriori. Una dimostrazione scientifica dei pre presupporre qualcosa che è già conosciuto.
principi primi come ciò che è primo per natura non è possibile fornirla Per Wieland, questo già noto non è necessario
per Aristotele, e tuttavia essi sono necessari per l’indagine scientifica, che sia un sapere nel senso più rigoroso del
cioè sono delle ipotesi. Da una parte, i principi primi devono essere termine23. Ogni conoscenza partirebbe perciò
anteriori e più noti in senso assoluto perché essi sono ciò su cui si da una pre-conoscenza, specialmente tutte le
basa la dimostrazione scientifica, anche se la loro conoscenza non è dottrine e gli insegnamenti fondati sul pensiero
scientifica. Al contrario, una dimostrazione scientifica dei principi non discorsivo sarebbero sviluppati a partire da una
potrebbe essere principio di un’altra dimostrazione e in questo senso conoscenza preesistente.
i principi non sono dimostrati ma sono colti intuitivamente secondo Il principale monito di Wieland è quello di non
l’intellezione17. È presente in Aristotele una ground-theory dei principi cadere nell’errore palese di interpretare la dif-
secondo la quale essi sono anteriori epistemologicamente e ontologi- ferenza tra ciò che è più conosciuto per noi e
camente per natura e sono il fondamento di ogni nostra conoscenza ciò che è più conosciuto per natura come una
scientifica e pertanto anche se non li conosciamo perché a noi sono differenza tra una sfera soggettiva e una sfera
meno noti, dobbiamo supporli come tali. oggettiva. In questa forma, afferma Wieland,
Il valore dei principi primi come ipotesi immediate è trattato nei pri- rientrano i concetti e le distinzioni che sono
mi due capitoli del primo libro degli Analytica Posteriora. Per cono- stati coniati soltanto dopo Aristotele. Wieland
scere scientificamente è necessario, secondo Aristotele, procedere da ha ragione ma, come si vedrà, questa sarà l’in-
premesse vere, prime, immediate, più note, anteriori e principio delle terpretazione che ne darà buona parte della
conclusioni18. I principi come premesse devono essere più noti e ante- tradizione aristotelica e dell’aristotelismo puro
riori delle conclusioni. Le cose sono anteriori e più note in due sensi, sino a Kant. Wieland afferma che la divisione
afferma Aristotele. In un caso sono anteriori e più note le cose che fra soggettivo-oggettivo necessita di una teoria
sono più vicine alla percezione e anteriori e più note in senso assoluto metafisica per spiegare perché l’ordine della
quelle che sono più lontane. Le cose più universali sono in generali conoscenza sia contrario a quell’essere. Tutta-
quelle più lontane a noi, mentre quelle singolari sono quelle più vici- via, non sono questi gli intenti di Aristotele per
ne19. È esclusa quindi ogni circolarità della dimostrazione perché la co- Wieland, infatti con la distinzione si vuole far
noscenza dei principi che si ha all’inizio è immediata e le conclusioni, comprendere soltanto ciò che si è presuppone
«essendo costruite a partire da ciò che è più noto a noi, non formano quando si vuole conoscere qualcosa d’altro.
una dimostrazione in senso proprio»20. Dopo aver raggiunto le conclu- L’analisi condotta da Wieland è corretta e giu-
sioni con la pseudo-dimostrazione, per analisi, si dimostra la validità stifica proprio quello che egli vorrebbe negare.
dei principi, che quindi potranno essere riutilizzati come premesse per Esistono due vie per la conoscenza della cosa,
dimostrazioni che non sono più solo “secondo noi” ma in modo asso- indipendentemente dal fatto che si possano
luto “secondo natura”. attuare entrambe: 1) quella con presupposti o
Sulla distinzione esposta nella Physica, Wieland innesca un’accesa po- soggettiva; e 2) quella nella quale i presupposti
lemica sulle varie possibili interpretazioni, non sempre corretta, ma sono dimostrati o oggettiva24. La cosa è sempre
che aiuta a capire la decisiva importanza di questo presupposto meto- la stessa; si tratta invece di due metodi d’indagi-
dologico e come esso sarà sviluppato successivamente nella tradizione ne differenti. Wieland poi afferma che il sapere
aristotelica. Wieland chiarisce la distinzione affermando che essa tratta non è per Aristotele nulla che possa essere ri-
ciò che è conosciuto e chiaro in senso assoluto, nella sostanza, per condotto a una soggettiva sfera della coscienza
natura, e ciò che è conosciuto e chiaro per noi21. Questa distinzio- perché il concetto di sapere non si riferisce tan-
ne è divenuta a tal punto ovvia e popolare nella tradizione aristoteli- to all’agente, ma al suo contenuto cosicché ciò
ca che, secondo Wieland, essa fu interpretata come un’affermazione che è più conosciuto prima per noi e più tardi
dogmatica dell’incongruenza tra ordine dell’essere e ordine della co- per natura si riferisce alla medesima cosa solo
noscenza22. Tuttavia non è questa la posizione di Aristotele, afferma che essa è conosciuta la prima volta in base a
giustamente l’autore. Tutta la conoscenza parte dal presupposto che principi e la seconda non ancora. La mia in-

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terpretazione, al contrario di quella Wieland, la conoscenza sembrerebbero essere diversi. Wieland in questo caso
sottolinea l’importanza del conoscente rispetto ha torto e dalle sue stesse analisi si possono trarre conclusioni opposte.
la cosa conosciuta altrimenti non sarebbe spie- Ciò che è primo per noi è, infatti, ciò che riguarda l’uomo, cioè il co-
gabile l’esistenza di due vie della conoscenza. noscente. Chi altro potrebbe mai essere se solo l’uomo è capace di un
Concedo a Wieland che in Aristotele non c’è discorso dimostrativo? La “cosa in se stessa” non deve essere concepi-
una sfera della coscienza, questo è noto ed è ta in contrapposizione alla “cosa in altro”. La cosa in quanto oggetto
risaputo. Tuttavia il fatto che la medesima cosa della conoscenza è sempre "cosa in altro", cioè è sempre rispetto al
possa essere conosciuta in due modi differen- soggetto che conosce. La “cosa stessa” è da intendere nel senso che
ti non può riguardare “la cosa stessa” ma ri- nella dimostrazione non si parte più dai presupposti soggettivi, dalle
guarda il punto di vista del soggetto, cioè la ipotesi del soggetto, cioè dalla linea di ciò che è primo per l’uomo, ma
sua soggettività. Se non ci fosse una sfera della è come se ci si ponesse dal punto di vista dell’oggetto per conoscerlo,
soggettività non sarebbe possibile indagare in cioè sulla linea di ciò che è primo per natura. Lo stesso Wieland poi
modi differenti le cose. Ci sarebbe solo una co- conferma la mia interpretazione affermando che «ciò che è conosciuto
noscenza univoca della cosa che negherebbe per natura non è, sostanzialmente nient’altro che ciò che è più cono-
l’esperienza quale fattore determinate nella for- sciuto per noi, solo che ora lo si conosce in modo diverso»27. È proprio
mazione dell’abito della scienza nei vari indivi- in questa modalità d’accesso differente che ha origine la soggettività e
dui. Si tratta del problema che nella tradizione la differenza fra soggettivo e oggettivo, che quindi Wieland non sem-
aristotelica sarà definito “seconda natura”. Ciò bra avere ben chiara nel suo tentativo di confutazione. La distinzione
è confermato dal passo di Ethica Nicomachea fra ciò che è primo per noi e ciò che è primo per natura assume un
I.2, 1095b 2-4, nel quale Aristotele afferma che ruolo fondamentale nella storia dell’aristotelismo proprio per la sua
bisogna partire da ciò che è più noto per noi e relazione con la coppia concettuale soggettivo-oggettivo.
per questo occorre essere stati ben guidati «nei In Analytica Priora II 23, 68 b 35-37 Aristotele tratta proprio la differen-
costumi per ascoltare con profitto le lezioni su za fra questi due procedimenti conoscitivi. Il primo quello “soggettivo”
ciò che è moralmente bello e su ciò che è giusto è per induzione, mentre quello “oggettivo” è secondo sillogismo. Egli
e in generale sugli argomenti di politica»25. Solo scrive che «il sillogismo che si costituisce attraverso il medio è anterio-
acquisendo questa “seconda natura” è possibile re per natura e più evidente; l’induzione invece è più chiara per noi»28.
«possedere i principi e coglierli facilmente»26. Già in Topica I.12, 104 a 16-19, Aristotele affermò che l’induzione è la
Ciò che non bisogna fare è confondere sogget- via che conduce dagli oggetti particolari agli oggetti universali e che
tività con arbitrarietà. C’è un oggetto della co- essa è più persuasiva, chiara e conoscibile per la sfera della sensazio-
noscenza o se si preferisce un tema della cono- ne. Essa è più adatta alla maggioranza delle persone mentre il sillo-
scenza che implica l’esistenza di qualcuno che gismo è più efficace e convincente fra i conoscitori della logica29. La
conosce. Il modo attraverso il quale uno conosce formulazione definitiva della distinzione fra ciò che è più conoscibile
esprime la soggettività del conoscente rispetto il a noi e ciò che è più conoscibile per natura si trova in Metaphysica
conosciuto. La via soggettiva della soggettività VII.3, nel quale Aristotele tratta dell’indagine delle sostanze sensibili.
è quella che parte da ciò che è più noto a noi, Aristotele scrive che «è molto utile procedere per gradi verso ciò che è
mentre quella oggettiva parte da ciò che più più conoscibile per natura»30. Il conoscere procede, infatti, attraverso
noto per natura. Ciò è confermato dal fatto che le cose che sono meno conoscibili per natura ma più conoscibili per
la seconda è quella propriamente scientifica, la noi verso quello che sono più conoscibili per natura ma meno per noi.
quale però non può aver luogo senza la prima. Aristotele esemplifica il procedimento della nostra conoscenza affer-
Deve essere chiaro però che ciò che è noto per mando che «come nelle azioni dobbiamo partire da quelli che sono
noi e ciò che è noto in senso assoluto non sono beni per l’individuo e fare in modo che il bene universale diventi bene
due oggetti o temi differenti ma sono la stessa per l’individuo, così, anche nel sapere, dobbiamo partire dalle cose
cosa vista da due punti di vista differenti. che sono più conoscibili all’individuo e far in modo che ciò che è più
Wieland aggiunge poi che non è nemmeno conoscibile per natura diventi conoscibile anche per l’individuo»31. La
consentito interpretare la distinzione come ciò struttura argomentativa di Aristotele è molto semplice, da delle pre-
che è primo tra l’uomo da un lato e la cosa messe generali ed immediate si guadagna una conoscenza universale
stessa dall’altro perché in questo modo non determinata che successivamente è applicata per conoscenze partico-
solo l’ordine della conoscenza sarebbe diverso lari e determinate. Le cose più conoscibili per l’uomo sono, come ho
dall’ordine dell’essere ma anche gli oggetti del- notato, quelle che derivano dalla sensazione. La sensazione fornisce

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delle conoscenze particolari ma generali sulla cosa, dove per genera- metodo e sull’ordine. Per Zabarella, così come
le si deve intendere non determinato. Nella sensazione, per esempio per Aristotele, “ciò che è primo per natura” è
nella vista, l’oggetto è un uomo in generale indeterminato anche se ultimo nell’ordine della conoscenza dell’uomo
si vede quel preciso particolare uomo. Non si ha ancora una cono- sebbene sia il vero oggetto della conoscenza
scenza determinata del singolare, infatti, non si sa che l’uomo che si scientifica. Dall’altra parte “ciò che è primo per
sta vedendo è Callia32. Le cose che sono più conoscibili e prime per l’uomo” è ciò che è più chiaro e immediato ma
l’individuo sono sovente poco conoscibili per natura e colgono poco non è dimostrato e perciò non è un sapere epi-
o nulla di ciò che riguarda l’essere della cosa33. Nonostante la provvi- stemico. È possibile così individuare secondo
sorietà delle premesse e l’oscurità della conoscenza di ciò che è primo Zabarella due tipi di ordine, l’ordo analyticus e
per noi, è necessario per Aristotele partire da queste «per giungere a l’ordo synteticus, i quali, come ha ben sottoli-
conoscere le cose che sono conoscibili in senso assoluto»34. neato Risse, non indicano ordinamenti di cose
In conclusione per Aristotele ci sono due modi preliminari per indaga- in sé esistenti, ma modi di procedere all’ordi-
re un oggetto in generale. La prima via porta dal conoscente alla cosa namento dei fatti, cioè indicano un ordine ra-
da conoscere, la seconda via porta dalla cosa da conoscere al cono- zionale del soggetto36. L’ordine sintetico, in par-
scente. Solo il primo è possibile anche se solo il secondo è realmente ticolar modo, è l’ordine della metafisica, della
quello scientifico. La distinzione fra ciò che è più noto per noi e ciò matematica e della fisica. Esso parte nell’espo-
che è più noto per natura è uno dei nuclei centrali della riflessione di sizione della dimostrazione logica da ciò che
Aristotele e della tradizione aristotelica: è la radice della soggettività è soggettivamente più noto all’uomo, cioè gli
della conoscenza epistemica. oggetti sensibili o i primi principi immediati, a
ciò che è oggettivamente più noto per natura,
3. La distinzione nella tradizione aristotelica cioè l’universale. Si tratta sempre, come ricorda
La discussione sull’ordine epistemico fra “ciò che è primo per l’uomo” Risse, di un ordine espositivo; infatti, dal punto
e “ciò che è primo per natura” diviene centrale nella storia della tra- di vista conoscitivo, metafisica, matematica e
dizione aristotelica nel sedicesimo presso l’Università di Padova, in fisica rimangono sempre scienze analitiche.
particolare nella figura di Jacopo Zabarella, riprendendo le opere di La distinzione fra “ciò che è primo per l’uomo”
Averroé. Consolidato il fatto che il sapere per Aristotele è sempre un e “ciò che è primo per natura” assume un ruolo
sapere di oggetti dell’esperienza e non una pura costruzione del pen- cruciale nel capitolo secondo del commento di
siero, il metodo dimostrativo applicabile agli oggetti dell’esperienza Zabarella al primo libro degli Analytica Poste-
ha, come spiega Wilhelm Risse, un duplice fondamento: da un lato il riora. Ciò che è primo afferma Zabarella si dice
sistema delle proposizioni e dall’altro l’ordinamento degli oggetti35. Il in due modi: ciò che è più noto per l’umana
sapere è, come ha sostenuto Wieland, conoscenza a partire da prin- natura (humana conditio) che sono gli oggetti
cipi che bisogna già possedere all’inizio della ricerca. Per possederli, sensibili e ciò che è più noto per natura che
Aristotele propone un duplice metodo: da una parte l’induzione anali- sono gli universali37. Negli universali c’è una
tica dell’universale dal particolare e dall’altra la deduzione sintetica del ulteriore differenza. Ci sono quelli prodotti
particolare dall’universale. Nella prima dai casi concreti particolari per dall’uomo attraverso l’induzione e predicabili
generalizzazione è raggiunta la conoscenza dei principi. Nella secon- a molti singolari. Questi non sono gli univer-
da, i principi sono presupposti e la conclusione è verificata nell’espe- sali primi per natura. Ci sono invece quegli
rienza. L’induzione analitica nella tradizione aristotelica è chiamata universali che non sono opera della mente e
anche demonstratio quia mentre la deduzione sintetica demonstratio sono quelli primi per natura che l’uomo può
propter quid. Accanto a questi due tipi di inferenze logiche ovviamente conoscere solo posteriormente38. Ciò che è pri-
è presente anche il sillogismo deduttivo, il quale però è semplicemente mo e immediato per l’uomo nella conoscenza
analitico e non sintetico. Il problema dell’ordine della dimostrazione scientifica sono i principi. Tuttavia questi prin-
è ripreso anche da Averroè, secondo il quale esistono tre specie di cipi sono ipotetici, nel senso greco del termine,
dimostrazioni. La prima dimostrazione procede dai notiora natura e e devono essere dimostrati come tali non solo
deduce da principi universali i fatti particolari. La seconda dimostra- come primi per l’uomo, ma dopo la dimostra-
zione procede dai notiora nobis, la quale induce dai particolari una zione anche primi per natura39. La cognizione
conoscenza universale. Il terzo tipo di dimostrazione, quello matema- di questi principi immediati, afferma Zabarella,
tico, è basato su enti fittizi e perciò l’universale e il particolare coin- non è connata nell’uomo ma acquisita40.
cidono. In questo dibattito si inserisce l’analisi di Jacopo Zabarella sul Zabarella sottolinea la priorità di “ciò che è pri-

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mo per l’uomo” e della sua acquisizione attra- Le riflessioni di Zabarella sulla distinzione fra “ciò che è primo per
verso l’esperienza anche nel commento all’ul- natura” e “cioè che è primo per natura”, e che perciò è assolutamente
timo capitolo del secondo libro degli Analytica necessariamente vero, godettero dell’immensa fortuna che l’Opera lo-
Posteriora. Il generale formato per induzione gica ebbe in Germania nel diciassettesimo secolo. In particolar modo,
sul quale si basa la dimostrazione scientifica, ritroviamo la distinzione kat’anthropon-kat’aletheian in un manuale
è un tipo di universalità che è più vicino alla aristotelico ben conosciuto da Kant, la Dialectica et Analytica di Paul
natura umana, kat’anthropon, rispetto all’uni- Rabe. Esso fu il testo di logica e retorica ufficiale del Collegium Fride-
versalità della conclusione post-dimostrazione. ricianum, obbligatorio per chi volesse conseguire il diploma46. Esso fu
Per universale kat’anthropon significa, precisa composto da Rabe proprio quando egli era ispettore al Collegium. L’ari-
Zabarella, ciò che vale per tutta la natura uma- stotelismo di Rabe ha profonde radici nella tradizione di Königsberg. Il
na come se fosse una, non come qualcosa che suo maestro fu Andreas Hedio, autore di un voluminoso commenta-
è distribuito in vario modo in tutti gli indivi- rio all’Organon aristotelico. Rabe stesso si cimentò nel più esaustivo e
dui41. L’espressione greca "kat’anthropon" per completo commentario al libro delle Categorie di Aristotele del diciot-
Zabarella corrisponde a quella italiana “ogni tesimo secolo, il quale non fu molto diffuso, sebbene sia probabilmente
huomo”. L’universalità di “ciò che è primo per la fonte kantiana della dottrina della categorie e dello schematismo47.
l’uomo” riguarda non tutti gli uomini, ma un Nel capitolo dedicato agli elementi essenziali della dimostrazione to
uomo in generale42. dioti, Rabe individua tre specie di proposizioni immediate universali:
Contrapposta all’universalità kat’anthropon dei 1) assiomi; 2) ipotesi; 3) definizione. La definizione è una «oratio expli-
primi immediati principi c’è per Zabarella l’uni- cans essentiam rei»48. Un assioma è una «propositio immediata, quam
versalità delle proposizioni necessarie, le quali praecognitam jam haber debe is qui discere aliquid vult»49. Esempi
da una parte sono state dimostrate come uni- di assiomi sono il principio di non-contraddizione, il principio che
versali e necessarie da un’altra dimostrazione, e afferma che nulla è causa di se stesso e che non si può progredire
dall’altra sono il fondamento di ogni nuova di- all’infinito. Gli elementi più interessanti della dimostrazione sono le
mostrazione scientifica. L’universalità di queste ipotesi. Un’ipotesi è «propositio immediata quam praecognitam habe-
proposizioni necessarie è espressa in tre modi: re necessum non est, sed quam ponit docens ut ex ea aliquid demo-
1) omni (kata pantos); 2) per se (kat’auto); 3) uni- stret»50. Sono queste ipotesi le proposizioni kat’anthropon perché, pur
versale (katholou)43. L’ultimo tipo di universalità non essendo necessarie, esse sono assunte come principi universali e
si distingue dall’universalità kat’anthropon per- veri per la dimostrazione rispetto a ogni uomo.
ché prima di tutto essendo post-dimostrazione Rabe contrappone alle proposizione immediate della dimostrazione
non è più immediata e perché anche ne è stata to dioti le proposizioni necessarie. Esse sono caratterizzate dal fatto
provata la necessità. Quest’ultima universalità che sono vere, kat’aletheian, in modo necessario. Seguendo Zabarel-
è la sola che può essere veramente detta “pri- la, Rabe le classifica secondo tre gradi di necessità: 1) kata pantos; 2)
ma per natura” ed è la meta della conoscenza kat’auto; 3) katholou51. Anche Rabe, come Zabarella, pone l’accento
epistemica come espressione della verità. sul terzo modo di necessità, il quale sarebbe la sintesi delle prime due.
Il passaggio dall’universalità kat’anthropon La proposizione katholou, ovvero universale, è quello «quod inest
all’universalità kat’aletheian è descritta da Zaba- omni et per se et qua tali»52.
rella all’interno delle dinamiche della logica epi- È dal compendio di Rabe, l’unico a trattar questi argomenti nel diciot-
stemica e della logica delle facoltà nel De ordine tesimo secolo, che sicuramente Kant trae la distinzione kat’anthropon-
intelligendi44. Il problema per Zabarella riguarda kat’aletheian.
l’ordine ella conoscenza. La conoscenza prima
per l’uomo, anche se fosse anche universale, sa- 4. La distinzione kat’anthropon-kat’aletheian in Kant
rebbe più confusa rispetto alla conoscenza uni- Nel corpus kantiano i termini kat’anthropon e kat’aletheian assumono
versale avuta dopo la dimostrazione. La cono- due significati princiali. In un senso kat’anthropon coincide con l’ar-
scenza che proviene dai sensi e che è prima per gumentum ad hominen ed è opposto a kat’aletheian, cioè ad un’argo-
l’uomo è confusa ma nel progredire secondo un mentazione che parte da presupposti ritenuti veri53. In questo primo
ordine artificioso dipendente dalla nostra men- senso i termini occorrono spesso isolati fra loro54. Il secondo senso
te, cioè non secondo natura, ma kat’anthropon, assunto dalla distinzione kat’anthropon-kat’aletheian in Kant è proprio
da una conoscenza sensibile confusa si passa ad quello delineato dalla tradizione aristotelica.
una conoscenza intellettuale distinta.45 La distinzione kat’anthropon-kat’aletheian, in senso aristotelico, com-

21
pare per la prima volta nelle opere pubblicate da Kant nella Methoden- te. Tali pretese sono dogmatiche e offrono una
lehre della Kritik der reinen Vernunft. Un esame delle riflessioni e degli giustificazione kat’anthropon, la quale assicura
appunti delle lezioni, tuttavia, dimostra che la distinzione inizia a oc- la ragione da ogni danno e preserva la sua au-
correre nella fase ypsilon-phi, a partire dagli anni 1776-1779, periodo tonomia, sebbene tale giustificazione non sia
nel quale Kant si interessò più sistematicamente della logica aristoteli- valida in senso assoluto, kat’aletheian63. Ciò
ca. Nella riflessione 5103, datata fra il 1776-1778, Kant accenna per la che Kant vuol dire è che sciolti dalla critica,
prima volta alla dimostrazione kat’anthropon proprio nello stesso modo l’uso della ragione nella sua autonomia produ-
che egli userà più tardi nel 1790 nella Kritik der Urteilskraft. Per stesso ce prove solo kat’anthropon, valide per ogni es-
modo intendo nello stesso contesto, con le stesse parole, spiegando sere razionale in quanto tale, le quali non sono
lo stesso argomento, quasi che quel passo della Kritik der Urteilskraft necessariamente valide in sé necessariamente,
fosse stato concepito più di dieci anni prima, poi ripreso e rielaborato kat’aletheian, ma sono prove solo soggettive.
in maniera sistematica nell’opera a stampa. Kant scrive che il mondo Il tipo di prova assicurata dalla giustificazione
intelligibile ha le sue leggi, così come il mondo sensibile. Esso ha un kat’anthropon è quello indagato nel § 90 della
principium constitutivum che è Dio e un principium regulativum che è Krtik der Urteilskraft, cioè una prova teleolo-
la legge morale55. Le leggi del mondo intellegibile non sono oggetto di gica soggettiva dell’esistenza di Dio. Kant per
intuizione e perciò ogni fisico-teleologia è impossibile. Esse sono og- spiegare la legittimità di una tale prova ricorre
getto di fede e riguardano l’utilizzo riflettente dell’intelletto56. L’uomo ancora una volta alla distinzione kat’anthro-
può conoscere Dio solo attraverso i principi morali. La connessione pon-kat’aletheian così come l’aveva già esposta
del mondo intelligibile con quello sensibile è possibile concepirla solo nella riflessione 5103, tredici anni prima. Kant
attraverso inferenze logiche di tipo analogico. Le inferenze analogiche afferma che una prova che miri a produrre una
e gli argumenta practica kat’anthropon permettono di concepire il tran- convinzione può essere di due specie. La pri-
situm da un mondo all’altro57. Il tipo di prova dell’esistenza di Dio e ma specie di prova, quella kat’aletheian, stabi-
del mondo intellegibile è kat’anthropon secondo Kant, cioè attraverso lisce come è l’oggetto in sé64. Una tale prova,
un argumentum ad modulum humanitatis58. Questa argomentazione, riguardo Dio, per la ragione speculativa è però
riprendendo le tesi esposte anche da Zabarella, è secundum assumta impossibile. La seconda specie di prova, quel-
humanae naturae e non hominis singularis59. Esso cioè non vale per la kat’anthropon, stabilisce «ciò che l’oggetto è
l’uomo in quanto individuo ma come uomo in generale secondo la sua per noi (uomini in generale), secondo i principi
natura morale e razionale. razionali che ci sono necessari per valutarlo»65.
In una riflessione dello stesso periodo, la 5508, Kant afferma, sem- Kant ribadisce che kat’anthropon significa l’ac-
pre parlando della prova dell’esistenza di Dio, che essa può essere cezione universale di uomo in generale66. La
solo kat’anthropon e non apodittica, cioè può essere solo fondata sulle prova kat’anthropon considera semplicemente
condizioni soggettive del pensiero60. Kant contrappone, come Rabe, la maniera in cui qualcosa può essere oggetto
la dimostrazione fondata kat’anthropon ad una di tipo apodittico e della conoscenza per un uomo in generale, se-
necessario. Non solo Dio è dimostrabile kat’anthropon ma, secondo condo la costituzione soggettiva delle sue forze
quanto Kant scrive nella riflessione 6428, anche la libertà e l’immorta- cognitive. I concetti prodotti dalla ragione non
lità dell’anima. Queste tre idee non sono conoscibili dal punto di vista sono perciò messi a confronto con gli oggetto,
teoretico dogmatico, ma sono necessarie dal punto di vista pratico, a ma soltanto con le nostre facoltà conoscitive e
priori rispetto al soggetto61. con l’uso che queste possono fare della rappre-
La distinzione kat’anthropon-kat’aletheian occorre nella Methodenleh- sentazione data. La prospettiva kat’anthropon
re nel capitolo dedicato alla Die Disziplin der reinen Vernunft in Anse- è l’unica possibile per la filosofia trascenden-
hung ihres polemischen Gebrauchs. Kant spiega l’uso polemico della tale; essa ha come obiettivo quello di sapere
ragion pura come disciplina utilizzando la metafora del corpo politico. se qualcosa è o non è un essere conoscibile,
Kant afferma che ad ogni sua impresa la ragione deve sottomettersi non rispetto se stesso bensì, rispetto le facoltà
alla critica e non gli è concesso proibire la libertà della critica senza conoscitive umane67.
danneggiare se stessa e attirare su di sé dannosi sospetti62. Sulla libertà Negli anni immediatamente successivi Kant ri-
della critica si fonda l’esistenza della ragione, la quale non ha alcuna prende la distinzione kat’anthropon-kat’alethe-
autorità dittatoriale poiché il suo decreto è l’accordo di liberi cittadini. ian nello scritto Über die Fortschritte der Me-
Se la ragione non ha a che fare con la censura del giudice, cioè con la taphysik per elucidare la prova morale dell’esi-
critica, ma con le pretese dei suoi cittadini, le cose stanno diversamen- stenza di Dio. Egli scrive che l’argomento mora-

22
le potrebbe chiamarsi «argumentum kat’anthro- trina nelle diverse correnti dell’aristotelismo tedesco, fra le quali quella
pon valido per uomini in quanto enti razionali di Königsberg. In particolar modo la distinzione è tematizzata da Paul
del mondo in generale, e non come semplice Rabe nella sua Dialetica et analytica, testo utilizzato nel corso di logica al
modo di pensare ammesso in modo contingen- Collegium Fridericianum. Kant riprende la dottrina proprio da Rabe ver-
te di questo o di quell’uomo»68. Esso deve esse- so la fine degli anni settanta, periodo nel quale egli stava concludendo
re distinto «dall’argomento teoretico-dogmatico la stesura della Kritik der reinen Vernunft. La presenza sistematica della
kat’aletheian che dà per certo assai più di quello distinzione è prova che Kant fosse estremamente interessato alla logica
che l’uomo può veramente sapere»69. aristotelica e all’appropriazione di alcune delle sue dottrine per la formu-
Kant ritorna sull’impossibilità di fornire una lazione di una dottrina del metodo della filosofia trascendentale.
prova kat’aletheian nello scritto Die Religion in-
nerhalb der Grenzen der bloßen Vernunft pub-
blicato nel 1794. In una nota di questo scritto
afferma che una limitatezza insuperabile della 1 Giorgio Tonelli, Kant’s Critique of Pure Reason within the Tradition
ragione umana è che non è possibile attribuire of Modern Logic, Olms, Hildesheim 1994, p. 4.
un valore morale soprasensibile alle azioni di 2 KGS III, A 708/B 736.
una persona senza rappresentarci essa nello 3 Giorgio Tonelli, Kant’s Critique of Pure Reason within the Tradition of
spazio e nel tempo. In tal modo, afferma Kant, Modern Logic, cit., p. 1-2.
non possiamo conoscere le azioni come esse 4 KGS III, B XXII.
sono in sé (kat’aletheian), infatti, per accedere 5 Cfr. Athanasius Weisheipl, Aristotelian Methodology. A Commentary
ai caratteri soprasensibili è necessaria sempre on Posterior Analytics of Aristotle, River Forest, Pontifical Institute of
una certa analogia con gli esseri della natura, Philosophy 1958.
cioè partire da ciò che è più vicino alla natura 6 Cfr. Wilhelm Risse, Zabarellas Methodenlehre, in Luigi Olivieri (a
umana (kat’anthropon)70. cura di), Aristotelismo veneto e scienza moderna, Padova, Antenore
In Der Streit der Fakultäten del 1798 Kant ricor- 1983, p. 160; Riccardo Pozzo, Res considerata and modus consi-
re per l’ultima volta alla distinzione per spiega- deransi rem: Averroes, Aquinas, Jacopo Zabarella, and Cornelius
re il metodo didattico della predicazione degli Martin on Reduplication, «Medioevo. Rivista di storia della filosofia
apostoli. Kant afferma che il metodo espositivo medievale», 24 (1998), pp. 157-159.
fu scelto dagli apostoli e non era derivato dalla 7 Cfr. Suzanne Mansion, «Plus connu en soi», «plus connu pour nous».
rivelazione divina. Esso era valido in rappor- Une distinction epistemologique importante chez Aristote, «Pensa-
to alla mentalità di quei tempi kat’anthropon miento», 35 (1979), pp. 161-170; Robert Bolton, Aristotle’s Method in
e non era un elemento in se stesso dottrinale, Natural Science: Physics I, in Lindsay Judson (a cura di), Aristotle’s Phy-
cioè kat’aletheian71. sics: A Collection of Essay, Clarendon Press, Oxford 1991, pp. 1-29.
8 Aristotele, Topica VI.4, 142 a 1-2.
5. Conclusione 9 Aristotele, Topica VI.4, 142 a 3-4.
La distinzione kat’anthropon-kat’aletheian divie- 10 Aristotele, Topica VI.4, 142 a 9-10.
ne fondamentale nella filosofia critica di Kant per 11 Aristotele, Physica I.5, 188 b 30-35.
mostrare i due possibili prospettive d’indagine. 12 Aristotele, Physica I.5, 189 a 6-9.
Solo la prospettiva kat’anthropon, cioè rispetto a 13 Aristotele, Physica I.1, 184 a 16-18.
ciò che è più conosciuto e vicino all’uomo è pos- 14 Aristotele, Metaphysica II.1, 993 b 7-11.
sibile secondo la filosofia trascendentale kantia- 15 Aristotele, Analytica Posteriora II.19, 99 b 35-100 b 5.
na. Si può anche affermare che l’obiettivo della 16 Aristotele, Physica I.1, 184 a 21-b 1.
filosofia trascendentale di Kant sia proprio quello 17 Aristotele, Analytica Posteriora II.19, 100 b 6-17.
di investigare ciò che è kat’anthropon. Ho dimo- 18 Aristotele, Analytica Posteriora I.2, 71 b 21-22.
strato che la distinzione kantiana riposa su quella 19 Aristotele, Analytica Posteriora I.2, 72 a 1-5.
più antica emin gnorimoteron-physei gnorimo- 20 Aristotele, Analytica Posteriora I.3, 72 b 32-35.
teron di origine aristotelica. Essa è stata conte- 21 Wolfgang Wieland, Die aristotelische Physik: Untersuchungen
stualizzata prima da Averroé e poi da Zabarella. über die Grundlegung der Naturwissenschaft und die sprachlichen
La disseminazione delle opere zabarelliane in Bedigungen der Prinzipienforschung bei Aristoteles, Vandenhoeck
Germania ha permesso la diffusione della dot- & Ruprecht, Göttingen 1962, pp. 69-70.

23
22 Ivi, p. 70. 54 Cfr. KGS XII, p. 40, KGS XVI, p. 850. Nuchel-
23 Ibidem. mans rintraccia nel wolffiano Samuel Chri-
24 Utilizzo il termine generale di “cosa” al posto del più comune “og- stian Hollmann la prima occorenza della di-
getto” per non applicare una concettualità assente in Aristotele. stinzione kat’anthropon-kat’aletheian, scritta
Tuttavia il concetto aristotelico di antikeimenon è traducibile cor- in greco, come rispettivo della distinzione ar-
rettamente con obiectum e perciò oggetto. gumentum ad hominem e come argomento i
25 Aristotele Ethica Nicomachea I.2, 1095b 5-6. cui principi della dimostrazione sonoritenuti
26 Aristotele Ethica Nicomachea I.2, 1095b 6-7. come veri. Il passo in questione è in Samuel
27 Wolfgang Wieland, Die aristotelische Physik: Untersuchungen über Christian Hollmann, Philosophia rationalis
die Grundlegung der Naturwissenschaft und die sprachlichen Bedi- quae logica vulgo dicitur, Vandenhoeck, Göt-
gungen der Prinzipienforschung bei Aristoteles, cit., p. 74. tigen 1767, p. 650. Cfr. Gabriel Nuchelmans,
28 Aristotele, Analytica Priora II 23, 68 b 35-37. On the fourfold root of the argumentum ad
29 Cfr. Aristotele, Topica VIII.1, 156 a 4-7. hominem, cit., p. 42. Kant utilizza la stessa di-
30 Aristotele, Metaphysica VII.4, 1029 b 3. stinzione di Hollmann almeno due volte nei
31 Aristotele, Metaphysica VII.4, 1029 b 5-8. suoi scritti. La prima commentando l’Auszug
32 Aristotele, Analytica posteriora II.19, 100 b 1. di Meier (KGS XVI, p. 850), mentre la secon-
33 Aristotele, Metaphysica VII.4, 1029 b 8-10. da riferendosi all’Essay di John Locke nella
34 Aristotele, Metaphysica VII.4, 1029 b 10-12. Logik Hechsel. Cfr. Tillmann Pinder, Logik-
35 Wilhelm Risse, Zabarellas Methodenlehre, cit., p. 157. Vorlesungen: Unveröffentliche Nachschriften
36 Ivi, p. 162. II, Meiner, Hamburg 1998, p. 478. Ringrazio
37 Jacopo Zabarella, In duos Aristotelis libros posteriores analyticos Piero Giordanetti per avermi segnalato que-
commentarii, in Id., Opera logica, Zetzner, Köln 1597, 663f. sto passo. Kant era sicuramente a conoscenza
38 Ivi, 664d. dello scritto di Hollmann, il quale può essere
39 Ivi, 667a-670f. stato la fonte kantiana della distinzione intesa
40 Ivi, 672b. in questo senso. Cfr. KGS I, p. 471.
41 Ivi, 1271e. 55 KGS XVIII, p. 88.
42 Ivi, 1271f. 56 Ibidem.
43 Jacopo Zabarella, De propositionibus necessariis libri duo, in Id., 57 Ibidem.
Opera logica, Zetzner, Köln 1597, 345c. 58 Ibidem.
44 Cfr. Marco Sgarbi, Kant, Aristotle and the facultative logic, in Ennio 59 Jacopo Zabarella, In duos Aristotelis libros
De Bellis (cur.), Nuovi studi su Aristotele e la tradizione aristotelica, posteriores analyticos commentarii, cit.,
Saveria Mannelli, Rubettino 2008, pp. 97-108. 1271e.
45 Jacopo Zabarella, De ordine intelligendi, in Id., De rebus naturalibus 60 KGS XVIII, p. 203.
libri triginta, Zetzner, Frankfurt 1607, 1060a-1063b. 61 KGS XVIII, p. 713.
46 Cfr. Riccardo Pozzo, Catalogus prealectionum academiae regiomon- 62 KGS III, A 738/B 766.
tanae 1719-1804, «Studi Kantiani» 4 (1991), p. 176. 63 KGS III, A 739/B 767.
47 Marco Sgarbi, L’origine aristotelica della dottrina delle categorie e 64 KGS V, p. 462.
dello schema in Kant, «Bollettino della Società Filosofica Italiana» 65 KGS V, p. 463.
193 (2008), pp. 11-25. 66 Ibidem.
48 Paul Rabe, Dialectica et analytica, Schlechtiger, Berlin 1703, p. 59. 67 KGS V, p. 467.
49 Ibidem. 68 KGS X, p. 306.
50 Ibidem. 69 Ibidem.
51 Ivi, p. 61. 70 KGS VI, p. 64.
52 Ivi, p. 63. 71 KGS VII, p. 37.
53 Anche in Rabe kat’anthropon è utilizzato a volte per designare l’argu-
mentum ad hominem. Sulla tradizione che riconduce kat’anthropon
all’argumentum ad hominem cfr. Gabriel Nuchelmans, On the fourfold
root of the argumentum ad hominem, in Id., Studies on the History of
Logic and Semantics, Variorum, Aldershot 1996, pp. 37-47.

24
PLATONE TRA VERITÀ E DISTORSIONE
RIVISITAZIONE FILOSOFICA DEL
MITO DELLA CAVERNA

di Luigi DeBlasi
a Rita e Franco

Per Platone, l’uomo è chiamato a predisporsi riamente incline alla ricerca, al giuoco paradossale dell’in sé e dell’al-
per la verità che si presenta come evento do- tro da sé. Nel suo essere dentro e fuori, l’anima si caratterizza nella
nativo, in grado di guidare gli schiavi verso una distensione: un rapportamento ad altro (fuor di sé) per poter essere,
realtà più autentica e originaria. L’uomo avver- autenticamente, se stessa. Il rapporto tra l’anima e la verità non implica
te l’ansia di verità, il cui fondamento, tuttavia è la bramosia, in quanto tendere equivale a non avere, cioè mettersi nel-
oltre l’incatenato, nel senso che all’uomo non la condizione di dis-porsi nella direzione di un qualcosa. Il concetto
si può ascrivere qualsivoglia atto creativo. Du- platonico di anima si esplica, paradossalmente, nel voler essere oltre-
rante il percorso di liberazione, dalla caverna in-se-stessa, un passaggio «in sé, in quanto tale, ‘estesa’ verso altro»1.
alla luce della verità, tutto ciò che accade negli Infatti nel Teeteto si esplicita «l’anima mi si mostra come ciò che nel
stadi in salita (primo, secondo e terzo stadio) e passaggio attraverso se stessa prende di mira»2. L’uomo è quell’ente
nella discesa (quarto stadio) non dipende dalla che non si conserva nella verità come se gli appartenesse. Nell’erme-
umana volontà. L’enigma avvolge l’ascensione, neutica heideggeriana trova ampia risonanza, specie nel testo L’essen-
niente sa circa la condizione di uomo incate- za della verità, la definizione di avere-davanti-a-sé il cui significato
nato e nulla può predire riguardo a ciò che si indica l’aspetto donativo della verità e il suo donarsi si rende possibile
presenterà nei gradi successivi. La sua situazio- a condizione che l’uomo possa liberarsi dalle catene dei pregiudizi.
ne è quella dell’errante che dispone di un’unica Se l’uomo disponesse dell’essere della verità cesserebbe di appellarsi
certezza: la possibilità che possa esserci qual- all’essere-altro e l’anima secondo Platone convalida di fatto l’in sé as-
cosa di diverso nell’eccedenza, rispetto alla sente – il non-avere-ancora. Esisterebbero così due tensioni: una non
condizione precedente di uomo legato con ca- autentica e l’altra autentica. Tendere in modo inautentico comporta
tene, immerso nella finzione umbratile. L’uomo una propensione verso qualcosa di cui si può entrare in possesso, per
che si scioglie dalle catene riproduce tutto il cui questa tensione si consuma nel bene posseduto, non in grado di
pensiero occidentale, in cui coesistono due do- avvalorare quell’essere di più dell’eccedenza. Tale condizione pone
mande fondamentali: è più reale ciò che sta al l’uomo in un sentimento di mero soddisfacimento della propria identità
di qua o al di là, nell’oltre-passamento? L’al-di- soggettiva. Tendere autenticamente non equivale a possedere una veri-
qua non indica soltanto il buio e\o la possibi- tà come se si possedesse una cosa, ma ha lo stesso valore di un andar
lità di discernere la realtà degli enti, ma anche via da sé per ritornarci in modo più pieno. Tale aspetto è stato poco
l’eventualità di poter accogliere, nell’ombra, il sviluppato dalla critica filosofica, e si può ben dimostrare che invece
chiarore nella condizione umbratile che può un pensatore come Martin Heidegger si è saputo spendere più di ogni
rappresentare la possibilità del bagliore. altro nell’approfondimento di tale problematica, che trova vasta riso-
nanza in molte sue opere, soprattutto nel capolavoro – Nietzsche.
1. Il senza accesso e l’anima. In Platone c’è un rapporto di coappartenenza tra sentimento di priva-
L’essere, nell’accezione aristotelica, inteso come zione e di pienezza, in quanto il sussulto a voler esser di più sottende
ciò che in antico ed ora viene cercato e senza la miseria umana per non essere ancora. Non c’è traccia di un’iden-
accesso (Aristotele, Metafisica, libro VII), è in tificazione esaustiva con un’idea o il mondo delle idee, ma un voler
rapporto con l’uomo che si mostra disponibile essere pre-disposto alla giustizia, all’amore …, pertanto l’idea di …
ad accogliere la verità. Il cercatore è l’uomo, si compie nella continua tensione verso un archetipo, cui non si at-
l’inaccessibile è l’essere stesso, cui non si può tribuisce un possesso. Pertanto, la volontà ad essere felici non consi-
non ascrivere, comunque, la ricerca. Da parte ste quindi nel possedere l’oggetto del desiderio, ma nel desiderare la
sua, Platone scorge nell’anima la parte origina- bellezza, solo che chi si espone e anela al bello è dotato di bellezza

25
di grado maggiore e nel Fedro l’anima, addirittura, si espone al desi- il secondo stadio non può essere considerato
derio del bello anche senza essere innamorati3. Nella sezione XXIV non-verità o errore (in rapporto magari al terzo
del Fedro l’anima è immortale; perché ciò che da sempre si muove è stadio). Se da una parte, il cammino verso lo
immortale (Fedro, p. 235). Ciò che si muove da sé può rivolgersi verso stadio successivo può ammettere il ritorno o la
l’alto (l’anima spazia nell’alto) o verso il basso (qui l’anima perde le ali), regressione in uno stadio precedente, dall’altra,
appigliandosi, in quest’ultima direzione, a qualcosa di solido (l’anima il più-svelato non indica che da un lato c’è la
si accasa). Il movimento dell’anima, orientato verso il basso, viene pre- verità e dall’altro solo la menzogna. Il prigionie-
so dall’inerzia e quindi finisce per essere risucchiato dalla gravità delle ro delle ombre non ha il dolore (negli occhi),
cose. Al contrario, nel tendere verso l’alto, l’anima partecipa del divino, non si affatica in quanto non rivolge lo sguardo
perfezionandosi attraverso la contemplazione della bellezza, poi della alla luce, non è colpito dal bagliore; quell’uo-
sapienza, bontà e ogni virtù affine. Ancora, quando si fa riferimento al mo della caverna può su tutto ed ogni cosa gli
divino, si deve ammettere l’esposizione alla verità, in considerazione sembra più facile. L’uomo, nel secondo stadio,
del fatto che lo spaziare nell’alto, nel sito sopraceleste, concede alle anche se dispone della cosiddetta realtà, non
anime, che sono chiamate immortali (Fedro, p. 238), la possibilità di riesce ad aggiungere alcunché, riguardo all’au-
esporsi alla luce della verità. In questa dimora non si parla più di idea, tentica comprensione dell’essere. Le domande
né di sapienza, né di bellezza, ma solo di essenza incolore, informe, da porsi a questo punto sono: perché il prigio-
intangibile che è pilota dell’anima e scaturigine della vera scienza. L’es- niero si libera senza riuscire a comprendere la
sere della verità consiste in una veduta, scevra di determinazioni e natura della liberazione? Quale il movente che
rappresentazioni e quell’essenza informe è il limite a tutto ciò che può spinge il prigioniero ad intraprendere il cammi-
essere detto, è l’eterno essere altro rispetto ai molteplici tentativi di im- no verso la libertà? Perché l’essere tra gli enti
pigliare, superficialmente la verità in questa o quell’altra ideologia. non può bastare?
Nella situazione in cui si trovava prima
2. L’essere tra le ombre e le cose. dell’ascesa al Sole, l’uomo era un’ombra di se
Il Mito della Caverna rappresenta un chiaro esempio sul modo di per- stesso e scambiava gli oggetti con le immagini.
cepire la verità. È indubbio che il rivolgersi alle cose rappresenta il pri- Ma l’ombra è tale in considerazione di una luce
mo atto liberatorio, specie se comparato alle ombre, le quali non pos- (la luce del fuoco all’interno della caverna) di
sono rappresentare la negazione assoluta della verità, in quanto esse grado inferiore e che comunque permette già il
rappresentano, nella fase della prigionia, ciò che può essere credibile. primo discernimento. Si può parlare di ombra
Considerando il Secondo stadio, riferibile alla liberazione dell’uomo a condizione che sia presente una luce seppur
all’interno della caverna, vengono sviluppati alcuni passaggi che chia- fioca. Questa luce è la verità mondana, l’esi-
riscono il senso del superamento delle cose stesse. La conoscenza de- stenza normale che non accetta l’atto violen-
gli enti parrebbe l’autentica liberazione dalle ombre, cui subentrano le to della liberazione e la citazione «se ora uno
cose in carne ed ossa4, anche se la inautentica disposizione dell’essere- lo trascinasse per forza su per l’ascesa» (p.64)
già-stato nel regno delle ombre risulterebbe più vera. Per tale aspetto, convalida l’idea secondo cui l’essere lontano
Platone cerca di rispondere alla domanda portante: che cos’è la verità? dalla luce non è una condizione innaturale.
La verità non si nasconde in una coscienza soggettiva, nell’oggettività L’atto violento dell’ascesa sottende un’azione
in sé. Platone ha molte perplessità circa l’eventualità che l’uomo possa morale, oppure un accadimento casuale o al
essere esposto autenticamente alla verità e l’affermazione esposta nel contrario un evento avvinto nell’enigma? Du-
libro VII del La Repubblica è altamente emblematica, nel senso che rante lo svolgimento verso l’alto, si viene a sa-
solitamente si è portati ad assegnare più verità alle cose che vedeva pere solo che dalla luce non originaria della
prima (le ombre) rispetto a quelle reali5. Tuttavia, la verità non è solo in spelonca si transita alla luce autentica, nella
rapporto all’uomo, ma soprattutto all’essere. Ciò che si presenta nel se- direzione del Sole, in cui si è presi dal bagliore.
condo stadio (il mondo degli enti) risulta essere più svelato, vale a dire In presenza della luce che senso possono avere
che si mostra di più, senza però che si possa parlare ancora di verità. il primo e il secondo stadio? Tutti gli stadi non
Tra le cose che si rappresentano nel primo stadio e quelle dello stadio sono superati, stanno lì e all’interno ci sono i
successivo, la differenza consiste nel fatto che le cose del secondo mondi diversi e le verità celate, le mezze verità,
livello si presentano con più essere, ossia possiedono un qualcosa in non a caso Heidegger è dell’avviso che tutti gli
più, in quanto risultano più esposte alla luce. Platone raccoglie l’atten- altri stadi, anche se sopravanzati, «dobbiamo
zione verso qualcosa che è più manifesto, tuttavia, ciò che precedeva sempre tenerli presente»6, tuttavia si è chiamati

26
a qualcosa di diverso rispetto agli enti. A tal Rispetto alle questioni fin qui svolte deve essere chiaro che: 1. Le idee
punto, viene spontanea una domanda: perché non sono modelli universali, ma rappresentano la possibilità del ve-
l’uomo è chiamato a dirigersi oltre l’ente? Qual dere. La questione delle idee è estremamente complessa e le diverse
è la natura di tale chiamata? A tutto ciò Platone definizioni concettuali dimostrano che tale problematica doveva esse-
non risponde se con una generica curiosità per re complicata per lo stesso Platone. Le idee non possono essere intese
la conoscenza. Ciò a cui si può rispondere è come visioni dell’intelletto, né possono essere pensate nella maniera di
dato dalla condizione dell’uomo, la cui prigio- modelli universali ed eterni, qualsivoglia interpretazione volta a conce-
nia è tale non solo per il primo stadio, ma an- pirle come archetipi originari non considera adeguatamente lo spunto
che per il secondo: un imprigionamento legato platonico, diretto ad invalidare i presupposti della cultura sofistica8.
agli enti, alle cose che comunemente chiamia- 2. Ciò che si dà spontaneamente è l’ombra, ciò che si svela autentica-
mo realtà. Nel primo stadio si scambia l’ombra mente è l’ente e nel secondo stadio, considerare l’ente è come pensare
con la cosa, nel secondo la realtà con la verità. l’essere, senza tuttavia scambiare l’insieme degli enti con l’essere stesso.
Bisogna quindi uscire dalla spelonca per non 3. Rimane la natura fortemente problematica delle idee, soprattutto in
essere presi dalla non-realtà: la verità è sempre riferimento alla loro essenza che non deve coincidere con tutto ciò che
in cammino, pressante è l’ascesa! Solo che il viene espresso nel secondo e se vogliamo anche nel terzo stadio9. 4. La
chiarore della luce, in Platone è il non-tematiz- svelatezza libera dalle catene, produce la libertà, ma l’essere svelativo
zabile, l’inafferrabile, il non-detto, in quanto la è al di là dell’uomo. L’uomo è un cercatore della verità, ma non può es-
luce è ciò che fa vedere, senza essere vista – è sere egli stesso il fondatore, a meno a che non si voglia rappresentarlo
l’incognita, il senza accesso. Non coincide con come misura di tutte le cose. La verità non ha un valore né soggettivo
le idee, gli archetipi ideali, non rappresenta né oggettivo – è un andare sempre oltre l’uomo e il mondo.
neppure la pura moralità, né ha una caratteriz-
zazione meramente gnoseologica. 3. L’uomo tra verità e l’ombra.
Il venir meno delle ombre si concretizza con C’è sempre stato lungo il faticoso cammino verso la verità una condi-
il chiarore della luce, che in Platone assume zione in cui ha regnato la filosofia della spelonca non certo ascrivibile
l’aspetto di idea, in Heidegger diventa l’es- al non-senso. La mancanza di luce non implica per nessun motivo
senza fondamentale della luce, attraverso cui l’apparenza delle ombre o delle false immagini. L’ombra indica la
la veduta è possibilitata a partire dall’essere7. metafora anti-paradigmatica della verità, in quanto essa è la possibile
Veduta, disvelatezza lasciano intendere l’aper- rappresentazione dell’ente. Nel giuoco delle ombre fanno parte tutti
tura di una possibile comprensione, per mezzo quegli erramenti che, nel corso della storia dell’Occidente, hanno de-
della quale si viene a ritenere che qualcosa è terminato il corso delle verità secondo la visione dei filosofi. Dopo Pla-
vera. Rispetto al primo stadio, la veduta è data tone, non è possibile pensare all’uomo senza la problematizzazione
dal chiarore fievole, certo non paragonabile della verità, avvolta nel mistero ed abitualmente ci si mostra propensi
alla luce degli stadi successivi (terzo e quar- a proferire il non-senso quando si ha a che fare con ciò che è ascrivi-
to). L’abbaglio, che rende cechi e\o dormienti bile all’enigma.
i protagonisti del primo stadio, non dipende Le ombre rappresentano l’evento, la verità velata che dimora nella spe-
dal trattenersi nelle ombre, ma dallo scambiare lonca, un accaduto verificatosi nella storia dell’uomo e parte fonda-
la realtà (che va oltre l’insieme degli enti) con mentale per lo svolgimento della verità stessa. Avendo poi veduto gli
l’ombra. Oltretutto, nell’ambito in cui regnano oggetti, l’uomo ha pensato di attribuire loro più verità, finché si rimane
le ombre, gli incatenati vorrebbero attribuire all’interno della logica per cui esistono solo le cose non si può tematiz-
un di più, più realtà, senza prendere coscien- zare la questione verità nella sua più intrinseca essenzialità. Quell’uo-
za che tutto ciò che è svelato nel primo stadio mo non è riuscito a liberarsi nel primo, né nel secondo e nemmeno
ha un valore transitorio. L’errore degli schiavi nel terzo stadio; l’unica cosa certa è che si è venuto a sapere che
non consiste tanto nel permanere tra le ombre, c’è qualcosa oltre le ombre e solo questo è dato da considerare. La
ma nel pensare che non possa esserci – al di possibilità che un qualcosa possa mostrarsi è sempre misteriosamen-
là – un qualcosa in più. Gli incatenati quan- te connesso all’eventualità del nascondimento, dell’ombra. Essere in
do pensano al loro mondo se lo raffigurano in vicinanza della verità comporta uscire dall’oscurità, pertanto il buio e
modo naturale e spontaneo. Il secondo stadio il dirigersi verso la luce rappresentano, unitamente, sia l’aspetto scon-
apre un livello, per cui si può dire che la verità certante, sia l’unica ed autentica possibilità. Per tale aspetto, non solo
si rappresenta nella significazione di più-ente. gli ultimi, ma anche i primi due stadi possono rappresentare, parados-

27
salmente, il senso profondo della verità, in quanto il buio è sempre all’interno della vera visione. Contro Platone, la
gravido di verità. Soltanto nel quarto stadio – il ritorno alla caverna mancanza di senso (vacuità), la parte non illu-
– l’uomo, dopo aver contemplato nella luminosità, ha potuto raggiun- minata sono l’indizio di un rimando a qualcosa
gere un livello superiore di perfezionamento – è un essere in più, in di altro che non coincide con le idee, perché
quanto conosce il significato di ombra a partire dalla luce. Anche nel esse sono solo essenze-presenze che risultano
quarto stadio, comunque, si assiste ad un’altra amarezza, non tanto per insufficienti allo svelamento, senza il gioco di
l’incomprensione dei suoi simili, quanto per un successo a metà che reciprocità tra l’ombra e la luce.
permette solo di stabilire ciò che si era prima dell’assurgere verso l’alto.
Ma è sbagliato pensare che nel primo stadio regni il male o l’assoluto 4. Verità e non-verità
nulla: l’essere velato è l’altra parte della verità e a partire da tale assunto Per meglio comprendere il concetto di veri-
va interpretata la citazione di Heidegger «alla parvenza e il falso ap- tà in Platone bisogna porsi la domanda: che
partiene la verità»10. Il ritorno riscatta gli uomini, dimoranti nel regno cos’è la non-verità? Ciò che non è vero non
delle ombre, offrendo loro dignità. Dopo essere stato esposto alla luce, coincide con il falso, che erroneamente è stato
l’uomo si accinge a percorrere nuovamente un altro percorso, stavolta considerato come il contrario di vero. Ciò che
nella direzione opposta a quella che abbiamo notato nei primi stadi si enuncia come falso, altro non è che la de-
dal basso vero l’alto. Ora, scende verso il basso, ma in questa fase non generazione o l’alterazione di ciò che si svela
è più l’uomo di prima, anche se non ci è dato di conoscere in che cosa come vero. Si dice comunemente falso ciò che
può definirsi uomo nuovo. L’unico indizio può essere offerto da una si spaccia per vero, pertanto se un qualcosa si
manifestazione o meglio da un sigillo, non certo presente nel cammino presenta artificialmente, si suole affermare che
verso l’alto: il sentimento di commiserazione nei confronti di coloro esso è solo apparentemente vero. Il falso non
che continuano a dimorare nella dispersione11. L’essere della verità si ha un’effettiva identità, un qualcosa risulta fal-
è svelato nella compassione: sentimento che sottende il rapporto di so solo in rapporto a ciò che si dice, si quali-
vicinanza con ciò che in sé (il sole in sé). Il percorso dall’alto verso fica come vero. La tematizzazione sulla non-
il basso permette di incontrare i suoi simili senza che l’uomo libero verità viene assunta da Platone soprattutto nel
possa essere preso dalla superbia. Aleggia anche in questa fase, ancora Teeteto che oltretutto è un dialogo intorno al
una volta, un qualcosa che ha a che fare con il mistero, in quanto non sapere. A tal proposito, l’ermeneutica heideg-
si conosce il movente per cui quell’uomo avverte il desiderio impel- geriana muove dalla premessa centrale della
lente di consegnarsi alla discesa. Sente di essere felice, avverte pietà, verità da intendere alla maniera di sottrazione
sentimento, quest’ultimo, non prodotto da una sua ristrettezza o da o privazione, pertanto la non-verità coincide
un appello etico e nemmeno intellettualistico, ma da qualcosa di più. con l’affermazione e quindi con la positività.
L’amarezza, che sembra improntare la chiusura del mito della caver- La valenza affermativa del non-vero dipende
na (per l’incomprensione degli altri), finisce con l’inchiodare l’uomo, dalla immediatezza e dal suo essere alla porta-
proprio dopo l’esposizione alla luce. Tuttavia, non essere compreso ta di tutti a buon mercato. In ogni modo, non
dai suoi simili deve rappresentare il momento più alto all’interno del deve essere confusa la velatezza con la falsità.
mondo delle ombre. Il sentimento di tristezza deriva dalla decisione di Se il non-vero non coincide con il falso, allora
raccontare la sua esperienza e dalla incomprensibilità per tutto ciò che che cos’è la negazione della verità? Il rappor-
l’uomo libero racconta su aspetti che vanno ben oltre la portata degli to tra verità e non-verità è paradossale: il vero
incatenati, presi solo dalle apparenze e dalla mondanità. Forse non era affonda le sue radici sull’essenza del non-vero
quello il momento giusto per esporre ciò che aveva visto, bisognava che rappresenta un qualcosa in più12 e ricalca
che quell’uomo si consegnasse al non-detto, al silenzio di chi si espo- la stretta correlazione tra ciò che si manifesta
sto alla vicinanza del vero. e ciò che si cela. La risposta alla domanda che
L’ultimo stadio offre, oltre all’amaro destino di chi si immola per la cos’è la verità? chiama in causa il nascondi-
libertà e la verità, il contenuto della svelatezza, in un’accezione per la mento, ossia ciò che si rappresenta nell’ombra.
quale l’essere è un uscir fuori da ciò che si sottrae alla pura visione. Alla domanda sull’essenza della verità si deve
Ciò che si sottrae alla luce non rappresenta l’assoluta negatività, l’om- rispondere con la domanda sulla velatezza,
bra non può essere semplicemente il non, il nulla. Nella dimensione sulla non-verità in generale. Solo che bisogna
umbratile c’è un manifestarsi del vero nella distorsione, che non ha nuovamente chiedersi se l’essere di più della
niente a che vedere con la contraffazione, nel senso che ciò che si non verità (interpretazione heideggeriana) non
presenta nell’alterazione è sempre suscettibile di essere ri-compreso sia altro che il contrario della essenzialità del

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vero. Il non vero è un di più, perché si presen- ne esposta dall’immagine dell’auriga che raffigura la condizione della
ta nella distorsione, nella dispersione e nell’al- soggettività, il cui sforzo consiste nel non disperdersi, nel suo sentirsi
terazione di un qualcosa, un di più rispetto a sospesa in una condizione di precarietà ed instabilità. L’auriga non è
ciò che si presenta semplicemente nella verità, la Ragione, ma l’anima che cerca di tenersi nell’unità con il rischio di
nel senso che l’essere semplicemente vero è perdersi nella caduta, quindi nella dispersione. Nell’atto della tensione
così come deve essere. Il vero è il manifestarsi si può incorrere al rischio di rimanere vittima del tendere, perdendo
dell’evento, la negazione di ciò che si annuncia di vista il sé oppure alienandosi con il via-da-se-stesso. L’andare oltre
non può essere un non-evento. Il non accade- se stesso deve sottendere sempre il ritorno in sé, il via da sé oltrepassa
re è un non senso e quando si afferma che il l’in sé per ritornarvi ancora più ricco, per essere di più. Altra cosa è
niente è, come sostenevano i sofisti, la nega- l’alienazione che è un uscire senza ritorno. L’assunto eracliteo della
zione non toglie né aggiunge alcunché a tutto via all’in su e all’in giù viene ripensato nel Teeteto nell’ambito della
ciò che si manifesta, anzi il niente altro non reciprocità nel disporsi su e giù nel senso che l’anima si mostra nel
è che la verità che si compie appunto come prendere di mira l’essere, in modo tale che essa raccoglie presso di sé e
niente, in quanto non si dice che qualcosa non per sé, andando su e giù. La domanda fondamentale sull’essere, assun-
è, ma che il niente è. Il contrario del niente è il to preliminare da cui ci si è mossi, trova legittimazione in Platone, in
qualcosa che non può mai identificarsi o addi- genere nel pensiero greco, nell’essere della non-sussistenza, pertanto
rittura surclassare l’essere della verità. La verità il significato originario della verità si coglie nell’andare oltre se stesso,
è ciò che si mostra nella sua presenzialità e sot- che non implica idealismo, assoluta trascendenza o alienazione – la
to questo aspetto, l’essere percepito equivale verità è quindi tensione ontologica che probabilmente ha fatto mettere
ad avere una veduta-su. Una certa veduta può in moto il prigioniero alla ricerca della luce.
aver senso attraverso la distensione dell’anima,
originaria sede dell’unità, in quanto una veduta
si compie nel raccogliere questa e quell’altra
cosa. In Platone si attua l’immanenza e la tra- 1 M. HEIDEGGER, L’essenza della verità, (ed. it. a cura di F. Volpi),
scendenza, e nell’anima si compie quell’essere Adelphi, Milano 2003, p. 229.
in sé e il fuor di sé – una tensione infinita verso 2 Ibi, (Teeteto), p. 227.
l’altro da se stessa.. Per poter essere pienamen- 3 PLATONE, Fedro, trad. di P. Pucci, Biblioteca universale Laterza,
te non può non andare oltre il sé. Le manca Bari 1984, p. 225.
quell’in più che non può avere, anzi il di più 4 M. HEIDEGGER, cit., p. 55. «e che così facendo provasse dolore
dell’eccedenza è la negazione dell’avere e del e il barbaglio lo rendesse incapace di scorgere quegli oggetti di
potere: il suo volere essere di più alla fine pren- cui prima vedeva le ombre. Che cosa credi che risponderebbe, se
de forma nel suo non potere assolutamente. gli dicesse che prima vedeva vacuità prive di senso, ma che ora,
Platone quando specula sull’anima non pensa essendo più vicino verso oggetti aventi più essere, può vedere me-
in termini soggettivistici, né sostanzialistici, anzi glio? E se, mostrandogli anche ciascuno degli oggetti che passano,
nel Teeteto non c’è alcuna traccia che richiami gli si domandasse e lo si costringesse a rispondere che cosa è? Non
qualcosa che ha a che fare con lo spirito «l’ani- credi che rimarrebbe dubbioso e giudicherebbe più vere le cose
ma mi si mostra come ciò che nel passaggio che vedeva prima di quelle che gli fossero mostrate adesso? Certo
“attraverso se stessa” prende di mira questo al- rispose» in PLATONE, La Repubblica, (da Opere Complete, trad. it.
cunché comune a tutto»13. Un distendersi per di F. Sartori, Laterza, Bari 1983, p. 230).
poter cogliere l’unità che è l’autentico sapere 5 PLATONE, cit., p. 250.
(l’essere), che è «ciò a cui l’anima tende»14. Se 6 M. HEIDEGGER, L’essenza della verità, cit., p. 72.
l’anima è l’unità fondante, ciò che è comune a 7 «Noi vediamo solo a partire dall’essere [...]. L’essere, l’idea sono ciò
tutto non può essere logos, né la ragione, nean- che lascia passare la luce» (M. HEIDEGGER, L’essenza della verità,
che la soggettività (nell’accezione umanistica). cit., p. 82).
Nell’unità e nel tendere verso ciò che è uno è 8 Per tale aspetto F. Adorno è dell’avviso che: «Esse (le idee) almeno in
possibile scorgere l’impostazione classica che principio, sono state poste da Platone di contro il metodo dei fisici
attribuisce alla ragione la risoluzione in unità e dei sofisti, come condizione perché sia possibile la scienza [...]
del molteplice. Non la ragione è eletta all’uni- (con) un rintraccio di termini universali» (F. ADORNO, Introduzio-
tà, ma l’anima che, per non-avere-ancora, vie- ne a Platone, Laterza, Bari 1978, p. 76.

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9 Per tale aspetto, Heidegger infatti afferma «che cosa esse siano,
come esse siano, anzi, se esse in generale ‘siano’ è fino ad oggi una
questione aperta» (M. HEIDEGGER, cit., p. 97).
10 M. HEIDEGGER, L’essenza della verità, cit., p.118.
11 «non credi che si sentirebbe felice del mutamento e proverebbe
pietà per loro?»
(PLATONE, La Repubblica, cit., p. 231).
12 «Nella non-verità non c’è in fondo qualcosa “di più” del semplice
non-essere-presente della verità?» (M. HEIDEGGER, cit., p. 159).
13 Ibi, (Teeteto) p. 227.
14 Ibi, p. 236.

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L’APOCATASTASI NEL CRISTIANESIMO TRA SEI
E SETTECENTO

di Ilaria Ramelli

Nel periodo successivo alla Riforma, a partire leggere Cartesio, e i Platonici di Cambridge furono i primi a usare l’in-
dall’avanzato Seicento, incomincia a trovarsi glese come lingua filosofica. Essi tendevano a vedere la continuità del
un maggiore influsso diretto – quantunque non pensiero platonico attraverso le epoche, quale philosophia perennis,
sempre esplicito e riconosciuto – del pensiero una concezione sostenuta nell’Umanesimo italiano, ad esempio da
di Origene su alcuni teologi universalisti. Ciò Ficino, e poi ripresa da Leibniz. Essi, invece, non amavano l’imposta-
fu dovuto alla possibilità di leggere diretta- zione scolastica propria della filosofia accademica, e si interessarono
mente questo autore, in quanto le sue opere alle novità apportate dalla rivoluzione scientifica.
superstiti godettero di una diffusione maggiore A differenza dei maggiori filosofi dell’epoca, e a somiglianza invece
che in passato. Origene, insieme con S. Pan- di Origene e dei filosofi patristici, essi avevano tutti una preparazione
filo Martire, S. Gregorio di Nissa, Didimo di anche teologica, non ritenendola in contrasto con la ricerca filosofica.
Alessandria, S. Evagrio Pontico, S. Giovanni di Erano convinti della compatibilità di fede e ragione, a cui essi assegna-
Gerusalemme, Rufino di Aquileia, S. Isacco di vano un grande valore. In generale, essi applicarono le loro competenze
Ninive, S. Giovanni di Dalyatha e molti altri te- filosofiche a problemi teologici ed etici, difendendo l’esistenza di Dio e
ologi e filosofi cristiani prevalentemente greci e l’immortalità dell’anima e teorie escatologiche quale quella dell’apoca-
siriaci1, è il principale esponente patristico della tastasi. Sostenevano l’esistenza di principi morali eterni e verità eterne,
dottrina dell’apocatastasi, ossia della restaura- e la presenza di principi razionali ed etici nell’intelletto umano, nonché
zione finale di tutte le creature razionali in Dio il libero arbitrio, contro ogni forma di determinismo. Questo del libero
annunciata fra l’altro da S. Pietro in At 3:20-21, arbitrio era stato un caposaldo anche di Origene, che lo aveva sostenuto
ove sono preconizzati «i tempi dell’apocatasta- strenuamente in funzione soprattutto anti-gnostica. Ho anzi cercato di
si universale2 di cui Dio ha parlato per bocca dimostrare come la dottrina stessa dell’apocatastasi in Origene emerga
dei suoi santi profeti da tempo immemorabile», quale risposta polemica, sul piano della teodicea, al predestinazionismo
«i tempi del sollievo proveniente dal volto del gnostico, in difesa del libero arbitrio delle creature razionali4. Il loro in-
Signore», e da S. Paolo in 1 Cor 15:28, ove è dirizzo platonico li conduceva ad un dualismo intelligibile-sensibile in
profetizzata l’evizione finale delle potenze del cui l’intelligibile era concepito come anteriore e superiore al sensibile, a
male e della morte, la sottomissione di tutte le livello sia ontologico sia gnoseologico, una linea ben presente anche nel
creature a Cristo e la presenza escatologica di Platonismo cristiano di Origene e del Nisseno.
Dio «tutto in tutti». L’ispirazione origeniana nella dottrina dell’apocatastasi e della salvez-
Alcuni importanti sostenitori di teorie soteriolo- za universale in questi pensatori risulta evidente ed esplicita nella ano-
giche universalistiche si situano tra i cosiddetti nima Letter of Resolution Concerning Origen and the Chiefs of His
Platonici di Cambridge, filosofi del XVII seco- Opinions (1661). Quest’opera è oggi usualmente attribuita a George
lo connessi all’università di Cambridge, molto Rust († 1670), che fu allievo del Platonico di Cambridge Henry More e
interessati a Origene – un Platonico cristiano poi divenne vescovo anglicano di Dromore, in Irlanda. In essa è difesa
– e al Neoplatonismo3. Accanto alla tradizio- la teoria della salvezza universale in base all’argomento che Dio creò
ne platonica, essenzialmente Platone e Plotino, tutte le realtà esistenti per amore, e «per il bene e la felicità delle crea-
i Platonici di Cambridge informarono il loro ture stesse». Queste premesse, secondo l’autore, rendono impossibile
pensiero su numerose altre fonti filosofiche, pensare che Dio abbia creato individui che soffriranno eternamente
soprattutto Aristotele e gli Stoici per quanto pene meramente retributive. Ispirandosi evidentemente a Origene,
concerne i pensatori antichi, ma anche filosofi l’autore sostiene infatti che le punizioni, sia terrene sia ultraterrene, sia-
recenti e contemporanei, quali Cartesio, Spino- no esclusivamente educative e catartiche. Come Origene – che contro
za, Hobbes, Bacone, Boyle. More, Cudworth, Gnostici e Marcioniti negava la scissione di giustizia e bontà in Dio –,
Culverwell e Smith furono tra i primi inglesi a l’autore è convinto che la salvezza universale non sia in contrasto con

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la giustizia di Dio, che in Esso coincide con la misericordia. Rust si cupera l’argomento ontologico per la dimostra-
inserisce nel dibattito a lui contemporaneo sul significato e sul valore zione dell’esistenza di Dio, More afferma che
dell’opera redentrice di Cristo: egli respinge la teoria della redenzio- la verità della Provvidenza divina fu mantenu-
ne come pena sostitutiva, scontata da Cristo in luogo dei peccatori. ta viva dal Platonismo, e insiste sulla libertà di
Piuttosto, egli la vede come un mezzo, messo a disposizione dalla coscienza e la consapevolezza che deve ca-
Provvidenza, per riportare i peccatori a Dio. Così, le pene dell’infer- ratterizzare l’adesione alla fede cristiana. Egli
no non sono eterne, dato che perseguono lo scopo di far convertire suggerisce una visione aperta alla possibilità
il peccatore; tuttavia, come Origene e il Nisseno, Rust ammette che, dell’apocatastasi: non sorprende che due dei
per ottenere questo scopo, esse devono essere «molto lunghe, grandi suoi allievi, Rust e Lady Conway, fossero de-
e insopportabili»: solo così anche i peccatori più invischiati nel male cisi sostenitori di questa dottrina. Rust strinse
potranno tornare a rivolgersi a Dio. Rust attacca ironicamente coloro amicizia con Lord Edward Conway, un amico
che sostengono l’eternità delle pene infernali solo perché possono fa- di Henry More, e con sua moglie Lady Anne
cilmente assicurarsi che non toccheranno a loro5. Finch, viscontessa di Conway (1630/31-1679)10.
Non è un caso, in effetti, che Rust fosse molto vicino a Henry More, il Quest’ultima ricevette in casa un’istruzione ac-
quale conosceva bene Origene e dimostra forti influssi delle sue teo- curata: sapeva il greco, il latino e l’ebraico, e
rie. More fu autore di opere filosofiche, tra cui una contro l’ateismo – aveva letto molte opere filosofiche, teologiche
usò la filosofia contro l’ateismo dei razionalisti6 – e una sull’immortalità e mistiche. Il platonico Henry More fu mae-
dell’anima dedicata a Lord Conway, marito di Ann Conway, discepola stro di uno dei suoi fratelli al Christ’s College di
e amica di More e convinta sostenitrice dell’apocatastasi7; dei Poemi Cambridge, il che facilitò la sua corrispondenza
filosofici (1647), in cui si rivela l’impostazione neoplatonica del suo pen- con lei sulla filosofia di Cartesio. More, a sua
siero, e di opere teologiche ed esegetiche8. Scrisse An Explanation of volta, aveva tenuto un epistolario con Cartesio,
the Grand Mystery of Godliness: or a True and Faithful Representation e aveva esordito in filosofia come difensore del
of the Everlasting Gospel of our Lord and Saviour Jesus Christ (1660 e pensiero cartesiano, anche se con riserve, che
1664), dove polemizzò contro la visione pessimistica calvinista, propo- si aggravarono. La corrispondenza tra lui ed
nendo un provvidenzialismo etico e razionale che insiste sulla bontà e Anne11 continuò anche dopo il matrimonio del-
la giustizia di Dio quali inscindibili, come le aveva presentate Origene. la giovinetta nel 1651: More dichiarò che non
More, di famiglia calvinista, presto si era sentito a disagio di fronte alla aveva pressoché mai incontrato una persona in-
dottrina della predestinazione, così come Origene si era sentito a disagio tellettualmente meglio dotata di lei per natura.
di fronte al predestinazionismo gnostico. In quest’opera More recupera Anche Anne, partita dalla filosofia cartesiana, se
la dottrina origeniana, o meglio platonica e plotiniana, della preesistenza ne distaccò; studiò la Qabbalah di Lurja e infine
dell’anima9. Egli dichiara che «Nessun filosofo che abbia ritenuto l’anima si convertì al movimento dei Quaccheri12. Oltre
spirituale e immortale ha mai mancato di ritenerla anche preesistente». a fornire una valutazione critica del pensiero di
More insiste anche sulla dimostrazione dell’esistenza e della natura Hobbes, Spinoza e dello stesso Cartesio, non-
provvidenziale di Dio, laddove la Provvidenza di Dio è fortemente or- ché di More, Lady Conway influì anche su Lei-
dinata alla salvezza. Come già Origene, anch’egli è un deciso asserto- bniz, che ne apprezzò l’opera, suggerendogli
re del libero arbitrio e della facoltà di auto-determinazione umana: dal forse anche il termine «monade»13. Un fattore
greco usato anche da Origene, au tj exousiva, trae autoexousy, impiegato che sembra avere influito sulla sua concezione
anche da un altro Platonico di Cambridge, Ralph Cudworth. In effetti, della salvezza universale è una grave forma di
alle basi del pensiero di More si pone il Neoplatonismo, specialmente cefalea che la afflisse per tutta la vita, refrattaria
di Plotino, al cui studio egli si dedicò in modo approfondito dopo la ad ogni tipo di cura, anche il più drastico: l’uni-
laurea insieme alle opere di Marsilio Ficino e di Platone, e il Platonismo ca spiegazione che ella poteva darsene e che
cristiano di Origene. Anche la Theologia Germanica, opera di teologia fosse conciliabile con l’idea di un Dio buono e
mistica, esercitò un profondo influsso sul suo pensiero. Nella sua esegesi amorevole era che ella dovesse avere peccato
della Genesi, More interpreta che il primo essere umano fu creato come gravemente in una vita precedente, così da aver
puro spirito e solo a causa della caduta fu dotato di un corpo materiale bisogno di incarnarsi nuovamente in una vita
pesante, un’idea che ricorda l’antropologia origeniana. Come Origene, di profonda sofferenza per purificarsi. Questo
More, nell’opera dedicata a dimostrare l’immortalità dell’anima, divide denuncia una forte ispirazione platonica, spe-
gli spiriti in animali, umani e angelici, oltre alle idee o forme germinali. cialmente in quanto implica l’ammissione del-
Nella Spiegazione del grande mistero della Divinità, ove fra l’altro re- la reincarnazione, che Origene invece aveva

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respinto decisamente. Inoltre, è chiaro che la criticato le dottrine riformate relative alla predestinazione di eletti e dan-
Conway condividesse con Rust la convinzione nati come incompatibili con l’idea di un Dio che si rivela e si dona uni-
che la sofferenza fosse necessaria per la salvez- versalmente, quale emerge dalle Scritture. Anche se non si può definire
za. Ella scrive nella sua unica opera propria14: con certezza Boehme un universalista15, certamente fu letto da pensatori
«Ogni sofferenza, ogni tormento suscita o pro- che ne impiegarono le idee in senso universalista, come Sterrey, che ne
voca uno spirito attivo e la vita in qualsiasi esse- inserì le idee entro uno schema di redenzione universale, e il suo disce-
re che stia soffrendo [...] attraverso la sofferenza polo White.
e la sua sopportazione [...] e in tal modo lo spi- Quest’ultimo affermò con maggiore decisione la teoria soteriologica
rito è reso più spirituale, e di conseguenza più universalistica, fondandosi anch’egli sul valore catartico che ogni pu-
attivo e operativo, attraverso la sofferenza». nizione deve avere, se ad infliggerle è un Dio che è amore, e che non
Nel suo libro è sostenuta la dottrina della sal- ritirerà il suo amore da nessuna sua creatura16. Anch’egli, come van
vezza universale, fondata su due principi che Helmont, si preoccupò che le sue tesi non incoraggiassero a peccare
erano già chiari in S. Gregorio di Nissa: l’infini- e non incentivassero un certo lassismo morale, cosicché l’ultimo ca-
tà del Bene, che è Dio, e la finitezza del male, pitolo del suo libro, il cui titolo The Restoration of All Things (London
che dunque cesserà prima o poi, cosicché ogni 1712) si ispira evidentemente al concetto di apocatastasi, s’intitola si-
anima potrà tornare a volgersi verso Dio, in gnificativamente Being a Warning to Sinners. Anch’egli parte dal pre-
un’ascesa infinita che richiama manifestamen- supposto della perfetta unità tra giustizia e amore nella natura divina,
te la e pj e kv tasi" senza fine del Nisseno. Ori- e ne deduce che ogni punizione stabilita da Dio è buona in se stessa,
gene stesso mostra di avere avuto un influsso poiché ogni cosa che Dio faccia è buona, e buona per chi la subisce,
sul suo pensiero, certamente attraverso Henry poiché Dio ama le sue creature. Più complesso appare il tentativo di
More, che lo ammirava fortemente. Il male è da conciliare la dottrina della apocatastasi con quella di una duplice pre-
lei spiegato come una mancanza – secondo il destinazione: per questo egli afferma che la divisione tra eletti e dan-
principio platonico condiviso da Origene e dal nati è destinata ad essere temporanea e finalizzata alla manifestazione
Nisseno –, un allontanamento dalla perfezione della Grazia di Dio. Per conseguenza, White insiste meno sul libero
di Dio, e la sofferenza come parte di un proces- arbitrio umano, che invece Origene aveva enfatizzato, dedicandogli
so di reintegrazione spirituale. Ella ricusa aperta- il terzo libro del De Principiis e molti altri passi anche di altre opere.
mente l’eternità dell’inferno, poiché sarebbe una Come Origene, invece, White si fonda continuamente sulle Scritture,
punizione infinita per un peccato comunque fi- cui dedica lunghi brani esegetici: anch’egli è convinto che l’apocata-
nito: idea incompatibile non solo con la bontà stasi trovi supporto innanzitutto nella Bibbia. Inoltre, nella prefazione
di Dio, ma anche con la sua giustizia. Le sof- egli cita alcuni autori antichi che furono sostenitori della dottrina della
ferenze ultramondane saranno esclusivamente salvezza universale: Origene, ovviamente, ma anche Clemente Ales-
purificatrici e finalizzate all’apocatastasi. Uno sandrino, il quale ritengo infatti che abbia fornito importanti spunti a
dei dottori che assisteva Anne era Francis Van Origene per la sua teoria delle punizioni terapeutiche, dell’onnipresen-
Helmont (fiorito nel 1670-79), anch’egli amico za della misericordia di Dio e dell’apocatastasi17.
di Henry More. Egli pure in uno scritto propu- In Inghilterra, la teoria della salvezza universale fu sostenuta nello stesso
gnava la salvezza universale, fondandosi sulla periodo anche da Jane Lead (1623/4-1704), autrice di numerose opere18.
necessità di concepire tutte le pene imposte da Nel 1681 ella scrisse The Revelation of Revelations, trattato sull’apertura
Dio come correttive e non punitive. Per evitare e il disvelamento dei sette sigilli, sulla Nuova Gerusalemme e le sue do-
che l’idea della salvezza universale incoraggias- dici porte. Del 1694 è The Laws of Paradise, contenente alcune prescri-
se l’immoralità garantendo comunque la salvez- zioni comunicatele dalla Sapienza durante una rivelazione. The Won-
za a tutti, l’autore insistette molto sulla lunghez- ders of God’s Creation (1695) è similmente una rivelazione relativa agli
za e asprezza di queste sofferenze, come Rust e otto mondi o regioni assegnate alle anime umane, in conformità con i
come già Origene e il Nisseno. loro diversi gradi di ascesa o discesa. Dello stesso anno è A Message to
Similmente legati ai Platonici di Cambridge erano the Philadelphian Society e del 1696 A Second Message to the Philadel-
Peter Sterrey (1613-1707) e Jeremiah White (1613- phian Society. Nel 1696, abbiamo un terzo messaggio alla Società del
1672), suo allievo, entrambi ministri indipendenti Filadelfi, The Messenger of a Universal Peace. Nel 1698 ella scrisse The
e cappellani al tempo di Cromwell, e influenzati Tree of Faith, relativo all’albero della vita che spunta nel Paradiso, da
dal pensiero del luterano tedesco Jakob Boehme cui devono procedere tutte le meraviglie della nuova creazione. Come
(1575-1624). Questi, dedito alla teosofia, aveva un supplemento a quest’opera si presenta The Ark of the Faith. Jane ten-

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ne anche un diario degli incontri spirituali a partire dal 1670, pubblicato ca Grazia di Dio giunge fino a quel punto. Ma
successivamente, in tre volumi, nel 1696, 1697 e 1700: A Fountain of questo amore si esprime non soltanto salvando
Gardens. Nel 1697 si colloca The Ascent to the Mount of Vision, con e liberando da una punizione eterna – quale
rivelazioni relative alla prima resurrezione, alla condizione delle anime avrebbe giustamente meritato la trasgressione
separate; alla vita dei patriarchi, e al Regno di Cristo. Nel 1699 abbia- e la disobbedienza proclamata all’intera stir-
mo altre due opere, The Signs of the Times e The Wars of David and pe di Adamo decaduta – per opera di Colui
the Peaceable Reign of Solomon. Nel 1701 ella pubblicò l’ossimorico che si offerse in sacrificio per il peccato, ma
A Living Funeral Testimony, che spiega «la sconfitta e la sommersione si sappia che l’amore di Dio non è così chia-
della morte nella vita di Cristo, con una ulteriore descrizione dei vari ramente visto o illustrato, se dovesse fermarsi
stati delle anime separate riguardo a ciò che esse possono attendersi qui in questa modalità visibile della redenzione
che segua dopo la morte, in Cristo o fuori da Cristo». Nel 1702 uscirono per opera di Cristo, ma deve andare molto più
le Sessanta proposizioni, note anche, in forma modernizzata, come la in profondità, nel cercare di portare alla luce
Profezia del 1679: è la fonte da cui furono tratte molte versioni della nell’anima una nuova somiglianza rispetto a
profezia, originariamente estratta dal Messaggio alla Società dei Filadel- Dio21. Che quello che era diminuito e sparito
fi dai seguaci della Lead e pubblicata nel 1697. possa essere ristabilito e restaurato dalla nascita
L’opera di maggiore rilievo dal punto di vista dell’apocatastasi è The dello Spirito Santo, che è concepito e che sorge
Enochian Walks with God (1694), che si riferisce a Gen 5:24, «Ed Enoch nell’intimo, per un completo rinnovamento in
camminò con Dio, e non fu (più), poiché Dio lo prese»19. Il sottotitolo ogni parte dell’anima: questo troverete che è
è eloquente: «trovate da un viaggiatore spirituale il cui viso era rivolto l’intero fine e l’intento di quanto sta scritto qui
verso il monte Sion, con un resoconto di prima mano di quanto fu [...]. Quindi, a questo scopo, tutti i pastori e gli
conosciuto, visto e udito là. Saggio per una ulteriore rivelazione di insegnanti pubblici e privati dovrebbero sapere
un’ampiezza immensa e infinita dell’Amore di Dio, fino all’apocatasta- come procedere, e che cosa proclamare, e do-
si della sua intera creazione, e come, e in che modo e maniera dob- vrebbero esaltare il ministero dello Spirito per
biamo cercare e attendere quest’ultima manifestazione e venuta del rendere pronte tutte le nazioni, le popolazioni
nostro Dio potente e Salvatore Gesù Cristo». Si tratta della terza opera e le lingue a chiamarli in aiuto, in virtù del po-
profetica pubblicata da Jane Lead per l’edificazione dei suoi, a propo- tere del Vangelo eterno, il cui possente suono
sito del rinnovamento della mente e del cuore necessario per ottenere possa giungere, nello Spirito di Cristo, ai liberi
una “passeggiata con Dio” come Enoch ebbe; sul ruolo della Vergine e ai prigionieri, siano essi nel corpo o fuori dal
nella nascita di Gesù nell’intimo di ciascuno; sui fattori che ostacolano corpo22. Questo Vangelo, infatti, si estenderà
tale processo e impediscono all’anima di progredire. È anche rivela- così ampiamente, al di là dei limiti del tempo,
to – come dichiara espressamente l’antica presentazione – «il primo fino a creature in età ancora remote, e nel pre-
barlume del meccanismo della apocatastasi universale in Dio di tutti sente volume troverete proclamata questa am-
gli spiriti e le creature che hanno apostatato». L’opera è il resoconto di piezza dell’amore redentivo: si tratta anche di
un’esperienza mistica in cui l’autrice apprese la natura delle punizioni una verità rivelata, che non ho potuto tenere
ultramondane; è meno filosofica di quelle degli autori che ho presenta- nascosta al mondo.
to in precedenza e mostra uno stile “biblico”, con inserzioni poetiche. E per quanto riguarda quei passi scritturali che
Le premesse sono sempre l’amore di Dio e la concezione delle pene potrebbero essere addotti contro di essa, mi
in senso catartico e terapeutico, da sempre capisaldi del pensiero dei sono stati interpretati, in modo da conciliarli con
sostenitori dell’apocatastasi. Anche la Lead, tuttavia, come Origene e il il contenuto della rivelazione, e così mi è stato
Nisseno, per evitare di incoraggiare l’immoralità insisteva sulla severità spiegato che quando il Signore Cristo andò a
e sulla lunghezza di queste sofferenze20. predicare agli spiriti imprigionati che erano stati
Riporto qui soltanto alcuni passi salienti, da cui emerge la vicinanza di disobbedienti nei giorni di Noè, o anche prima,
argomenti con Origene e con il Nisseno; i corsivi sono miei. coloro che erano in catene erano rimasti nelle
regioni inferiori, ma all’apparire di Gesù furono
Amici miei, che dimorate nell’amore universale del Dio dell’amore, io liberati: a che scopo avrebbe predicato loro, al-
non dubito che la materia di questo discorso possa trovare accoglienza trimenti? Potete trovare e leggere questo passo
presso di voi, poiché si tratta di un messaggio dall’alto, un messaggio (nelle lettere) di Pietro23. E così avverrà ancora
di bene e di liete novelle per l’intera creazione, dall’inizio del tempo alla Sua seconda e ultima apparizione, quan-
fino al termine ultimo e alla sua massima estensione, poiché la munifi- do verrà a giudicare i vivi e i morti, allorché

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emetterà una sentenza giusta e retta secondo persone, qui e nell’al di là: possa tutto questo essere evitato nel tempo
l’operato di ciascuno; tuttavia, questo Giudice di questa vita per mezzo di una circoncisione interiore, nello spirito, e
si riserverà la libertà di rilasciare e di concedere di una mortificazione della natura malvagia, che la conduca a sotto-
la remissione a tutti coloro che sono passati nel- mettersi alla legge dello Spirito di Santità. Io, infatti, devo solennemen-
le pene purificatrici del fuoco e sono stati in tal te dichiarare a tutti coloro che vivono in maniera dissoluta e vana che
modo mortificati. Prendete nota di quello che essi non avranno parte nella prima resurrezione31 [...]. Questa è la vera
dice l’apostolo Paolo a questo proposito: «sa- festa dei Tabernacoli, che io vi ho descritto32. Nessuno, infatti, può
ranno salvati, ma come attraverso il fuoco»24. salire fin qui senza indossare il suo corpo-tabernacolo, che è il cuore
Quanto alla grave obiezione sollevata in base fiammeggiante dello Spirito Santo.
alle parole di Cristo, «Andàtevene, maledetti, Allora conoscerete un nuovo stato di vita che non avete mai conosciu-
alla punizione eterna», questa si oppone ai ri- to prima, poiché farà uscire dalla porta del cuore l’amore per tutte le
stretti limiti temporali di questo mondo, e am- creature mortali. Questo sarà conosciuto nei fatti [...]. Cristo, il Signore,
mette soltanto un gran numero di periodi tem- brama ardentemente di vedere l’anima viaggiatrice pervenire sana e
porali, in cui possano ancora darsi sofferenze e salva al suo grembo d’amore, molto più di quanto l’anima stessa non
punizioni25; tuttavia non sarà oltre il tempo di desideri di apparire al Suo cospetto. Così, grazie a questo reciproco
Cristo, quando il Signore completerà il Regno patto d’amore, il sempiterno vincolo dell’amore sponsale sarà contrat-
e lo rimetterà a Suo Padre26, poiché Dio era, to, una volta che l’anima sia giunta lassù.
è e ha così stabilito di riconciliare a Se stesso, Questo viaggio, durante il secondo giorno, è più agevole e ristorato-
in Cristo, tutto quello che era in contrasto con re. Le strade emanano un dolce profumo, in base alle promesse del
Lui, poiché non si deve minimamente dubitare Vangelo, assicurando, grazie al sangue riparatore dell’Alleanza, che la
dell’efficacia di Cristo, il secondo Adamo, per colpa del peccato è cancellata, dal che l’anima è incoraggiata e con-
merito del Suo sangue versato (sulla croce) e solata [...]. Nessuna applicazione esterna di Cristo giova tanto quanto
del Suo Spirito effuso e donato in quell’occa- la presenza di Cristo nell’intimo, che effonde come un unguento il Suo
sione, che renderà di nuovo buono tutto quello nome di salvezza, che si prende efficacemente cura della condizione
che il primo Adamo aveva reso cattivo27. Potrei decaduta dell’anima, poiché una malattia interiore deve ricevere una
soffermarmi a dire molto di più, ma spero che medicina interiore, che possa penetrare attraverso le parti interne, per-
posa bastare prendere in considerazione quel ché tutte possano essere rese integre. È questa la promessa redenzione
passo della Scrittura nella Lettera ai Romani, operata da Cristo, e senz’altro reintegrerà l’anima nei suoi diritti33, così
capitolo 5, versetti 14-1628, che è sufficiente a da donarle l’ardire di venire a presentarsi al cospetto di quella grande
chiarire e a persuadere che l’impacco curativo assemblea di spiriti perfetti nel Regno del monte Sion.
che è stato fornito è molto più ampio del danno Preghiera dell’anima di fronte al Signore: Oh, per sempre trova posto,
che la ferita del peccato aveva procurato. spazio per me, e per tutti i Tuoi che amano la Tua manifestazione.
Chiunque tu sia, o Lettore, sappi questo: da un VederTi come sei sicuramente ci muterà nella stessa somiglianza d’im-
potere celeste sono stata indotta a fare chiarez- magine con Te34 .
za e a rivendicare la bontà regale e generosa Mentre si è ancora qui, si fa conoscenza con questa regione celeste,
della Santa Trinità, che concorda nell’unità, per prima di lasciare la propria spoglia mortale in questo basso mondo.
la riconciliazione e la riconduzione ad Essa di È un alto e straordinario privilegio vedere e conoscere in anticipo il
tutti gli esseri spirituali, di qualsiasi tipo29, che proprio luogo e la propria compagnia, poiché Cristo nostro Signore
sono finiti dispersi e divisi da Essa, il che sarà è molto generoso nel mostrare i Principati, le Dominazioni, e le Virtù
reso manifesto nella dispensazione della pie- [sc. ordini angelici] che sono nel Suo Regno a quanti sono spiritual-
nezza del tempo, suscitando ammirato stupore, mente disposti, e a garantire loro con sicurezza che essi sono coeredi
perché l’intera creazione di Dio ami, lodi, esalti della stessa gloria insieme con Lui, come si può constatare nel Vangelo
e adori il suo misericordioso Creatore, che ha di Giovanni, cap. 17, e nella Lettera di S. Paolo ai Romani, cap. 8.
compiuto tale redenzione universale. Questione [sulla salvezza universale finale]
Soltanto, tollera questa parola di avvertimento Ma a questo punto mi si presenta un interrogativo. Che cosa avverrà
e di consiglio: che nessuno presuma di volgere delle vergini stolte che vengono trovate addormentate, e delle altre
questa Grazia di Dio in una condotta di vita categorie e qualità di persone che sono morte e sono state sepolte
viziosa e trascurata30, poiché angoscia e terrore nelle colpe e nei peccati, quando la famosa ultima tromba squillerà
dell’anima, e sofferenza, graveranno su simili per annunciare la Sua apparizione? Sicuramente, non sarà un giorno

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desiderabile per persone tali quali sono costoro, i quali vissero senza che raggiunge questo scopo, mille lo mancano.
un Dio e senza Cristo, e sono completamente stranieri rispetto a que- Perciò, per quanto riguarda coloro i quali furo-
sta regione celeste, poiché amarono e abbracciarono questo mondo, no generati dal Logos eterno e stanno andan-
e fecero di esso il loro Dio. Davvero una grande afflizione attende do avanti, con tutta la loro buona volontà, nel
queste persone, mentre una gioia indicibile attende il sollevarsi del loro progresso spirituale, morendo poco prima
capo di tutti coloro che sono liberati dalla terra: è giunto il loro giorno di terminare questo cammino, ebbene, costoro
beato, che essi hanno aspettato a lungo, per poter volare come colom- saranno ammessi a stare nella regione del Para-
be a Cristo, loro Vita. Ma mi è stato rivelato qualcosa di più riguardo diso, per esercitare le loro facoltà spirituali allo
a quella moltitudine di anime che sono uscite da questa vita in una scopo di realizzare appieno quello che erano
condizione cattiva e non rigenerata, oppure stanno ancora proceden- stati ostacolati e impediti dal realizzare qui in
do in un’avventura disperata, senza preoccuparsi di che cosa avverrà questa vita, e così proseguono nel perfezionare
di quella scintilla immortale che è la loro anima. Quanto sarà terribile quello stato di perfezione, che li farà riuscire a
e degno di compianto che essi abbiano sciupato e dissipato ciò in compiere le ultime e più alte tappe che anco-
cui essi avrebbero potuto guadagnare i privilegi e i doni d’amore che ra mancano al raggiungimento dello stato del
sono stati menzionati qui; se solo avessero migliorato il proprio talen- monte Sion, che è ancora più glorioso36.
to, infatti, il progresso sarebbe stato molteplice: gioia qui, nel tempo E, benché questo non sia stato compreso o cre-
presente, e molto di più quando essi non avranno ormai più tempo a duto, tuttavia è una verità che ho ricevuto da
disposizione. Mi sia consentito di dire loro che il loro danno e la loro buona mano: per questo ho l’ardire di farla co-
sofferenza è tanto grande, e l’angoscia delle loro anime così profonda, noscere, poiché tutte le anime devono passare
che nessuna lingua è in grado di esprimerlo. Quindi, a quanti sono an- attraverso le regioni del raffinamento e della
cora in vita, possa suonare la tromba ammonitrice, sia per coloro che riduzione in cenere, poiché così sono prepa-
sono rigenerati soltanto parzialmente, sia per coloro che non hanno rate alla loro purificazione. E questo avverrà in
neppure incominciato nulla in questo senso [...]. Voi non siete destinati conformità con le misure e i livelli che esse rag-
ad essere esclusi dal cospetto di Dio e ad essere cacciati fuori dal greg- giungono qui in questa vita. Così, tanto meno
ge del Pastore regale, mentre, addolorati, vedrete coloro che vissero esse avranno da fare nella vita a venire, che
insieme con voi nella stessa regione piena di tentazioni, che essi tutta- sarà molto più agevole e tranquilla. Quindi, è
via hanno superato, e saranno come vincitori assisi con il Signore Gesù senz’altro mio compito incitarle a progredire,
sul suo trono, laddove invece voi sarete obbligati ad andarvene in un che, mentre sono ancora nel corpo, possano
luogo di prigionia e di tenebra fittissima. Ma ammettete che ci sarà una correre in modo tale da raggiungere il traguar-
liberazione da questo luogo, alla fine di tutte le generazioni e di tutti i do della resurrezione, poiché ciò procurerà, già
tempi. Eppure, per quanti anni potreste dover rimanere in queste forna- al presente, un frutto di pace, gioia e gloria.
ci che purificano e che mettono alla prova! Un solo giorno qui, durante Ma abbiamo ancora qualcos’altro da procla-
la vita nel corpo, avrebbe fatto progredire il vostro lavoro più di anni mare, riguardo all’aperta dichiarazione e affer-
interi in quei centri in cui dovrete essere confinati. Pertanto, sia questo mazione dell’amore infinito e insondabile del
un lavoro accettabile e provvidenziale per tutte le persone di questo nostro Dio per l’intera stirpe decaduta, per gli
tipo e di questo genere, che tanto poco si curano della felicità della angeli che hanno trascorso il loro tempo nel
loro anima, ossia della condizione di beatitudine presente e futura. cercare di ingannare e tentare tutta l’umanità,
[...] Che sarà di coloro che non hanno la possibilità di andare avanti, il che giungerà a un termine e a una fine, poi-
ma muoiono presto, dato che milioni di anime ogni giorno lasciano ché tutti devono essere redenti e ricostituiti nel-
questo mondo senza essersi rivestite di Cristo, veste senza la quale la loro condizione originaria37, all’arrotolarsi e
non si può pervenire direttamente ad essere con Lui nei tre cieli?35 allo scomparire di tutti i vari scenari che erano
In risposta a questa domanda, si sappia che diverse dimore e regioni finalizzati a manifestare le meraviglie della sa-
sono state predisposte, nella Sua sapienza, provvidenza e grazia, da pienza di Dio in amore, potenza e giustizia.
Dio, il quale sapeva che cosa sarebbe accaduto, sotto questo aspetto, Ma perché non abbiate a fare affidamento
al più gran numero degli esseri creati da Lui stesso. Così, Egli ha pro- esclusivamente sulla mia mera testimonianza,
clamato una redenzione voluta per amore, per tutti, per opera di Cristo, ricordatevi che la Scrittura, nella Lettera agli
manifestato nella carne, al fine di distruggere e di purificare il peccato, Efesini, capitolo 1, versetto 10, afferma: «Nella
eliminandolo dalla carne, cosa che, come possiamo constatare, si ve- pienezza dei tempi, Egli possa ricapitolare in
rifica molto raramente durante il tempo di questa vita, dove, per uno Cristo tutte le realtà che sono in cielo e in ter-

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ra, pienamente realizzate in Lui, che il Padre gradi, nella misura in cui qui ancora mancava. In tutti i luoghi, infatti, si
ha segnato con il sigillo per la restaurazione trovano anime che saranno portate ad uno stato purificato, per mezzo
di quello che il peccato aveva portato ad una di una completa umiliazione per tutte le loro cattive azioni. E anche
confusione disordinata»38. E potrei addurre, quando la generazione secondo la nascita carnale cesserà in questo
a questo punto, anche alcuni altri passi della mondo, allora questa redenzione universale sarà completata, e il com-
Scrittura che sono da me citati brevemente al- pito di mediazione del nostro sommo sacerdote [sc. Cristo] perverrà al
trove, sebbene non qui. termine, cosicché Egli non avrà più nulla da fare, se non consegnare
Oh, amici miei! Quali notizie più gioiose po- il Regno, così completo ormai, al Padre suo, perché Dio possa essere
trebbero giungere alle nostre orecchie se non «tutto in tutti», possedendo, in pieno appagamento, tutto ciò che ap-
quella relativa a questa età che durerà per sem- partiene a questa sua nuova creazione, che sarà una gioia perpetua,
pre, la quale inghiottirà tutte queste età in cui senza fine, grazie alle varie meraviglie e diletti che riempiranno l’eter-
hanno regnato il peccato e la morte,con tutti nità, con strumenti armonizzati nelle lodi della Santa Trinità nella Sua
quegli effetti deplorevoli che ci sono sempre unità, come era dal principio.
stati, fin dalla la creazione di questo mondo? Anche nel seguente titolo e sottotitolo di un’opera del 1696 si ripresen-
Ma Dio arrecherà un modello nuovo e meravi- ta in nuce la dottrina dell’apocatastasi, compresa quella della reinte-
glioso in uno stato appena creato: Ecco – dice il grazione dei dèmoni nel Bene: A Revelation of the Everlasting Gospel
Signore – Io farò nuove tutte le cose; la fine tor- Message, «che non cesserà mai di essere predicato fino all’ora in cui
nerà al suo modo d’essere originario e prima- verrà il giudizio eterno di Cristo, quando sarà proclamato il giubileo
rio. Nessuno si risenta del fatto che la Grazia dell’amore definitivo per l’apocatastasi dell’intera creazione decaduta,
di Dio è di un’ampiezza tale da compiere una umana o angelica che sia, quando tutti i prigionieri saranno liberati in
apocatastasi completa, poiché, come all’inizio virtù del sangue dell’eterna alleanza», versato da Gesù sulla croce.
non c’era né peccato né fulcro su cui esso po- A differenza dei filosofi trattati in precedenza, la Lead predicò anche le
tesse fare leva, così dev’essere ancora, quando proprie teorie raccogliendo una piccola congregazione a Londra, che
verrà l’ora del giudizio di Dio, ad emettere una prese il nome di Philadelphians: le convinzioni dei Filadelfi, «coloro
sentenza definitiva su tutto questo, a gettare tut- che amano i loro fratelli», erano per certi aspetti di tipo millenaristico,
to in quel lago e abisso senza fondo, dove tutto sebbene essi non aspirassero a dividersi dalla Chiesa anglicana; infatti,
ciò che è peccato, morte, dolore e maledizione rimasero sempre al suo interno. La congregazione vera e propria dei
diverrà una non-entità39. Allora non ci sarà più Filadelfi ebbe presto fine, nel 1730, ma le idee della Lead trovarono
nessuno spirito diabolico, nessuno che offenda più durevole séguito in Europa, specialmente in Germania e in Olanda,
Dio e che disturbi e tormenti le Sue creature. anche grazie al suo discepolo e promotore Francis Lee (1661-1719)40.
Tutto questo sarà conosciuto nella profezia Non solo filosofi come i Platonici di Cambridge o mistici e carisma-
dell’eternità, e per questo si gioirà per sempre; tici come Jeane Lead sostennero in questo torno di tempo la dottrina
e precursore di questo giubilo colmo di beati- dell’apocatastasi: a Londra, ad esempio, negli anni ‘90 del Seicento lo
tudine sarà la tromba del Vangelo eterno, lieta fece anche un barbiere, Thomas Moor, in opere come la Clavis Aurea
novella d’amore, di pace e di riconciliazione (London 1695)41. Egli si fondava principalmente su Rm 11:11-33, ove è
per ogni creatura capace di questo, nella carne preannunciata la reintegrazione finale e la salvezza di tutti i gentili e
e fuori dalla carne, che non sia ancora comple- di tutti gli Israeliti: «Forse inciamparono per cadere per sempre? Certa-
tamente redenta. mente no, ma grazie alla loro caduta la salvezza [swthri va] è giunta ai
Ma può darsi che venga domandato: Quando pagani... Se dunque il loro fallimento è stato la ricchezza dei pagani,
si avrà una apocatastasi generale e universale, quanto più lo sarà la loro partecipazione totale [po sv w / ma l' lon to ;
tale che tutti gli spiriti e le creature che aveva- plh vrwma au tj w n' ][...]. Se il loro rifiuto ha segnato la riconciliazione
no apostatato ritornino a godere del favore e [katallagh ]v del mondo, che cosa sarà mai la loro ammissione [pro -v
dell’amicizia del loro Dio e Creatore? Ora, in slhmyi"], se non una resurrezione dai morti [zwh ; e kj nekrw n' ]? Ma
risposta a questo quesito: per quanto riguarda il se la primizia è santa, lo sarà anche tutta la massa [fu vrama]; se la
tempo, esso è noto soltanto a Dio, nella came- radice è santa, lo saranno anche i rami [...]. L’indurimento di una parte
ra segreta del Suo consiglio; per ora, mi è stato di Israele è in atto fino a che non sarà entrata la totalità dei pagani, e
rivelato soltanto che sarà alla fine del grande allora tutto Israele sarà salvato [to ; plh vrwma tw n' e qj nw n' ei jse lv qh ,/
Mistero, quando tutte le anime saranno passate kai; ou t{ w" pa "' Ij srah l; swqh sv etai] [...] avete ottenuto misericordia
attraverso la loro purificazione, nei loro diversi [h lj eh qv hte] per la loro disobbedienza, così anch’essi ora sono divenuti

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disobbedienti ai fini della misericordia verso di voi, affinché anch’essi erano favorevoli all’idea di un’apocatastasi co-
ottengano misericordia [e lj ehqw s ' i]. Dio ha infatti la potenza di inne- smica finale, un’idea che sarebbe divenuta un
starli di nuovo [...] Dio ha rinchiuso tutti [tou "; pa nv ta"] nella disob- tratto distintivo del pietismo radicale47.
bedienza per usare a tutti misericordia [tou "; pa nv ta" e lj eh sv h ]/ ». Si De Benneville, in particolare, emigrò in Ameri-
tratta di un passo che già Origene nel suo commento alla Lettera ai ca e fondò una Chiesa indipendente ad Oley,
Romani interpretava come annuncio dell’apocatastasi42. Osservo però in Pennsylvania; fu un convinto sostenitore del-
che la negazione del libero arbitrio umano da parte di Moor lo allon- la missione evangelica: riteneva che chiunque
tana decisamente da Origene, che del resto egli, molto probabilmente, credesse nella riconciliazione universale finale
non conosceva. Moor negava recisamente l’inferno, tutti i riferimenti al avesse il dovere di proclamare a tutti «il Vange-
quale nel Nuovo Testamento egli intendeva piuttosto indicanti le soffe- lo Universale che restaurerà, a suo tempo, tutta
renze in questo mondo. Moor è uno dei pochi sostenitori dell’apoca- la specie umana senza eccezione»; lasciare le
tastasi a negare qualsiasi punizione ultramondana, ben diversamente persone all’oscuro di questo avrebbe significa-
da Origene, da Gregorio di Nissa, dalla Lead e da molti altri. Su una to privarle di una grande gioia. Egli affermava:
base argomentativa molto simile a quella di Moor, ossia la sostanziale «La mia felicità sarà incompleta fin tanto che
negazione o forte limitazione del libero arbitrio umano, nell’Ottocento una sola creatura rimarrà infelice»48. Perciò egli
gli Unitariani e gli Universalisti avranno ampio spazio e guadagneran- predicò in Germania, Olanda, Francia, Pennsyl-
no numerosi Calvinisti, osservando che i peccati spesso sono dovuti vania, Maryland, Delaware e Virginia. A questa
a circostanze storiche, sociali, biologiche, più che a una libera scelta. corrente pietistica radicale appartenne anche lo
Moor non era preoccupato degli effetti morali di questo: a suo avviso, scrittore tedesco George Klein-Nicolai, il quale
l’amore per Dio incoraggia la buona condotta molto più del timore nel 1700 scrisse, sotto pseudonimo, un tratta-
dell’inferno (convinzione, questa, propria anche di Origene, il quale tello intitolato Il Vangelo eterno, che sembra
tuttavia riteneva che ciò valesse soltanto per quanti sono avanzati spi- essere stato portato con sé dai primi Brethren
ritualmente, mentre per i più immaturi, come per i bambini, il principio emigrati in America, e che in effetti fu il primo
del timore prevale: per questo, Origene aveva qualche preoccupazio- opuscolo universalistico ivi reso pubblico49.
ne a parlare apertamente dell’apocatastasi a tutti). Il contemporaneo Nel XVIII secolo, tendenze universalistiche
di Moor, e da questi citato, John Tillotson, arcivescovo di Canterbury, sembrano essere state proprie anche del già
in un sermone del 1690 sostenne che Dio avrebbe potuto risparmiare ricordato John Wesley (1703-1791), sacerdote
tutti gli esseri umani dall’inferno senza violare le sue promesse. anglicano che, insieme con suo fratello Char-
In area tedesca, tra i sostenitori dell’universalismo escatologico tra Sei les, fu uno dei fondatori del Metodismo, vissuto
e Settecento si possono ricordare alcuni pietisti, ad esempio il critico tra Oxford, dove studiò, la Georgia, e Londra,
biblico Johannes Albrecht Bengel (1687-1752), autore dello studio ese- quando ritornò in Inghilterra, e altre zone ingle-
getico Gnomon Novi Testamenti, che fu molto consultato e ammirato si; fu un instancabile viaggiatore e predicatore50.
da Wesley43: Bengel, pur professando pubblicamente la dottrina lutera- Conosceva bene l’ebraico, i Padri della Chiesa,
na ortodossa in fatto di soteriologia, privatamente inclinava a una teoria soprattutto quella orientale, Macario d’Egitto
della riconciliazione universale. Egli non divulgò tuttavia questa teoria, etc. Una delle sue omelie più celebri tenute a
convinto com’era che non tutti fossero pronti per essa, e che, se fosse Londra fu sulla salvezza personale presente tra-
stata interpretata in modo errato, in senso fatalistico, avrebbe potuto mite la fede, e un’altra sulla Grazia di Dio, «libe-
avere effetti devastanti44. La stessa dialettica tra ortodossia pubblica e ra in tutti, e libera per tutti»; dal punto di vista te-
universalismo privato sembra avere caratterizzato il gruppo pietista te- ologico, insisteva grandemente sull’importanza
desco moderato fondato nel 1708 da Alexander Mack e noto con il della fede ai fini della salvezza. Predicò spesso
nome di Nuovi Battisti, o Brethren, specialmente in quella parte del anche all’aria aperta, poiché a motivo delle sue
gruppo che si stabilì in America a partire dal 171945. L’universalismo dottrine tante volte gli erano chiuse le porte del-
escatologico non fu mai ufficialmente predicato dai Brethren per tema le chiese; subì forti osteggiamenti di vario tipo.
che esso contrastasse con la loro insistenza sui temi della conversione, Permise la predicazione e lo svolgimento delle
della santificazione personale e dell’attivismo sociale46; i Brethren tut- opere pastorali anche da parte di laici. La sua
tavia incoraggiarono probabilmente la predicazione di queste dottrine prima regola generale era: «Non fare mai del
da parte di esponenti di un pietismo più radicale, cui appartennero ad male, di nessun tipo», la seconda «fare del bene
esempio Johann Petersen (1649-1727), Ernst Cristoph Hochmann von in tutti i modi possibili, e possibilmente a tut-
Hochenau (1670-1721) e George de Benneville (1703-1793). Costoro ti». Un ramo della Chiesa metodista si espanse

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presto anche negli Stati Uniti. Wesley, cui tale l’inizio del successivo predicarono e scrissero in favore della dottrina
Chiesa si ispira ancor oggi, fu molto polemico soteriologica universalistica, fondandosi anch’essi sulla concezione
soprattutto con la dottrina della predestinazio- catartica delle pene, e partendo dalla dottrina della giustificazione per
ne calvinista, che a suo avviso presentava «Dio fede, per sostenere che i fedeli non avessero un ruolo attivo nella loro
come peggiore del diavolo»; egli insisteva sulla salvezza, dato quello molto più efficace della Grazia divina55. A loro
dichiarazione di 1Tm 2:4-5: «Dio vuole che tutti volta, i Petersen influenzarono sia i nobili loro protettori sia altri gruppi
gli uomini siano salvi» e piuttosto della prede- pietistici successivi, tra cui alcuni emigrarono in America e poterono
stinazione preferiva la dottrina di Pelagio. Non così diffondere le loro idee anche là56. Questi gruppi non erano settari,
solo, ma credeva in una vita ultraterrena anche non si opponevano alla Chiesa né intendevano uscirne: si distingue-
per le creature irrazionali. La Scrittura è a suo vano soltanto per le loro convinzioni universalistiche, ora professate e
avviso la base di tutto, interpretata attraverso predicate apertamente.
la tradizione dei Padri, la ragione e l’esperien- Le congregazioni universalistiche si moltiplicarono e si diffusero nel
za personale51. Lo Spirito dice a ciascuno dei corso del XVIII e XIX secolo, e ad esse si affiancarono importanti teo-
credenti che sono figli di Dio; la santificazione logi di vario orientamento i quali tutti esposero apertamente, rivisitan-
è possibile sin d’ora, anche se non significa per- dola, l’antica dottrina della salvezza universale57.
fezione totale. Scrisse più di duecento opere, tra Rowell58 distingue due forme di universalismo all’epoca e quattro fat-
omelie, commentari – specialmente le Notes on tori principali che concorsero a queste tesi. Il primo fattore è costitui-
the New Testament (1754-5) e on the Old Testa- to da un ideale teologico ed etico influenzato dalla Patristica greca e
ment – ed inni52, grammatiche, dizionari e altri dall’Arminianesimo e caratterizzato dalla bontà di Dio, dalla libertà
testi scolastici e trattati. Si disse «sacerdote della umana e dalla concezione terapeutica ed educativa delle pene. Il se-
Chiesa universale»; alla morte sua e del fratello condo fattore sarebbe il misticismo, di stampo talora neoplatonico,
lasciò 359 cappelle metodiste53. talora anche apocalittico; il terzo fattore è la reazione alla dottrina
Mary Bosanquet Fletcher (1739-1815) appar- calvinista della doppia predestinazione, il quarto sarebbe dato da con-
tiene alla rinascita wesleyana. In Watchword: vinzioni sociologiche e politiche egualitarie, come l’istanza dell’abo-
The Names of Christ54, insiste sulla redenzione lizione della schiavitù. La prima forma di teorizzazione della salvezza
e la giustificazione portata da Cristo a tutti i universale individuata da Rowell, e alimentata soprattutto dai primi
credenti, sulla sovrabbondanza della grazia ri- due fattori citati, è denominata «universalismo purgatoriale», in quanto
spetto al peccato, sull’essere Cristo vita eterna, propugna la necessità di una purificazione, perché tutti possano, alla
scudo alla giustizia divina, che riforma e pu- fine, essere riconciliati con Dio. La seconda è una sorta di iper-Calvi-
rifica gli esseri umani, come medico e fuoco nismo, in quanto accetta la dottrina della redenzione e della predesti-
che raffina, spada che separa il peccatore dal nazione tipiche del Calvinismo, ma sostenendo che la redenzione e la
peccato (68) e salva tutti coloro che vengono predestinazione al bene siano estese a tutte le persone umane, e non
ad esso: «c’è posto per tutti; tutti sono invita- soltanto a un gruppo di eletti. A sostenere questa forma modificata di
ti» (52). La sua bontà è «non solo al di sopra Calvinismo furono anche certi Calvinisti non soddisfatti della dottrina
dei nostri meriti, ma anche di quanto possiamo della doppia predestinazione; altri Calvinisti, parimenti insoddisfatti, si
concepire [...] onnipotente nel salvare» (63). rivolsero alla prima forma di universalismo. Ovviamente, anche le po-
Una creatura finita non potrebbe sopportare il sizioni egualitarie potevano essere influenzate dalla convinzione che
peso del peccato per l’eternità (78); dalla con- Dio ami tutti allo stesso modo, il che a sua volta poteva avere un peso
danna eterna ha salvato gli uomini la morte di sulle concezioni universalistiche escatologiche.
Cristo (89). Alla fine saranno soddisfatte sia la Per ricordare soltanto alcune figure di universalisti afferenti a ciascuno
giustizia, nel sacrificio di Cristo, sia la miseri- dei due gruppi, si possono includere nel primo gruppo l’americano El-
cordia, nel perdono dei peccatori (94). Conse- hanan Winchester (1758-1816), che scrisse i Dialogues on the Univer-
guenza della fede (che è dono di Dio, come il sal Restoration (1788), e William Vidler, il quale si convertì all’univer-
pentimento: 82-84) «sarà la restaurazione a tut- salismo in seguito alla predicazione del primo in Inghilterra, durante
to ciò che Adamo aveva perduto» (67): l’essere un viaggio missionario in cui Winchester fondò una congregazione a
umano «ritornerà come in principio [...] questo Londra. Quando ritornò in America, Vidler gli succedette nella gui-
Purificatore restaurerà tutte le cose».s da della congregazione, abbracciando poi, insieme con i confratelli,
Tra i pietisti universalisti sono Johann e Johan- l’Unitarianesimo, sempre comunque nel mantenimento delle conce-
na Petersen, che tra la fine del XVIII secolo e zioni escatologiche universalistiche.

39
Nel secondo gruppo, quello dell’universalismo “iper-calvinista”, si può tista di orientamento calvinista che fu ordinato
far rientrare James Relly (1722-1788), il quale, nativo del Pembrokeshi- ministro della Chiesa Universalista nel 1794, e
re, si convertì nei primi anni Quaranta del Settecento e dal 1746 pre- i suoi oppositori, seguaci di Winchester e dun-
dicò come metodista calvinista. Progressivamente, tuttavia, abbracciò que assertori della necessità di una pena ultra-
teorie universalistiche che lo fecero staccare dal metodismo nel 1751, mondana di tipo correttivo ai fini del ritorno dei
fondando una setta indipendente, detta «dei Rellyani». Egli fondava le peccatori a Dio, secondo la convinzione che
proprie tesi soprattutto sulla dichiarazione paolina di Rm 5:18 secondo era stata già di molti Padri sostenitori dell’apo-
cui, come il peccato di un solo uomo, Adamo, portò alla condanna catastasi, da Origene al Nisseno a Diodoro di
di tutti, così l’atto di giustizia di un unico uomo, Cristo, conduce alla Tarso62. Tra questi “universalisti purgatoriali”
giustificazione e alla vita per tutti. Cristo, insomma, con il suo glorioso uno degli esponenti principali fu Edward Tur-
sacrificio avrebbe salvato il genere umano nella sua interezza, come ner (1776-1853). L’accusa mossa da Ballou a
costitutivo di una unità ontologica. Analogamente, anche 1Cor 15:22 questo indirizzo universalistico nel suo Short
era da lui interpretato nel senso che la morte di Cristo ha già effet- Essay on Universalism (1849)63, dove egli com-
tivamente riscattato e salvato tutti. Secondo Relly, avendo Cristo già batte il predestinazionismo calvinista e traccia
pagato il debito per i peccati di tutti, parrebbe addirittura che non ci una breve tassonomia e storia dell’universali-
debba essere nessuna punizione dopo la morte, per alcuno59. Come smo nei tempi per lui recenti, è simile a quella
si vede, questa concezione si discosta dalla linea origeniana, secondo di pelagianesimo: essi, prestando troppo credi-
cui invece le punizioni terapeutiche post mortem ci saranno, nella mi- to alla «filosofia greca» e troppo poco alla sacra
sura necessaria a ciascuno; soltanto, non saranno eterne per nessuno, Scrittura, avrebbero finito per credere alla pos-
ma prima o poi tutti si ricongiungeranno al divino Bene. sibilità di salvarsi grazie a un comportamento
Le idee di Relly furono mantenute e sviluppate dal suo allievo John virtuoso e null’altro. Ciò non sembra del tutto
Murray (1741-1815), il quale era anch’egli, dapprima, un predicatore fondato, dato che i suoi avversari, a differenza
metodista; poi, nei primi anni Sessanta del Settecento, a Londra, in dei Pelagiani, non negavano certo la grazia e
una delle riunioni dei Rellyani, abbracciò le idee di Relly e fu escluso l’azione di Cristo, che avrebbe appunto per-
dai metodisti. Murray entrò anche in polemica con l’ “universalismo messo alle pene post mortem di essere soltanto
purgatoriale” di Winchester, sostenendo che esso rendesse vana la purgatoriali e non infernali. A sua volta, nel suo
redenzione operata da Cristo – senza tenere conto che proprio tale breve trattato Ballou addirittura non accetta il
redenzione rendeva possibile pensare a un valore terapeutico della pu- dogma trinitario, definendolo come «involving
nizione e a pene destinate a cessare, come è chiaro anche dal testo di most palpable absurdity», e la divinità di Cristo,
Jeane Lead che ho citato in precedenza. A loro volta, gli universalisti di oltre a criticare la dottrina della sofferenza vi-
indirizzo “iper-calvinista” furono spesso accusati di essere antinomiani, caria di Cristo in luogo degli uomini per la loro
ossia di non tenere nel debito conto la legge morale, in quanto ritene- redenzione come mancante di fondamento sia
vano la giustificazione già avvenuta, indipendentemente dal compor- scritturale sia razionale.
tamento di ciascuno: in tal modo, il libero arbitrio e la responsabilità Prima di Ballou, gli appartenenti alla Chie-
di ciascuno verrebbero a rivestire una portata assai minore60. Nel 1770 sa Universalista erano ortodossi nella fede, a
Murray si recò in America, nel New England, dove, nello stesso anno, parte la questione escatologica, mentre la sua
a Barnegat Light, tenne un’omelia che aprì la strada alla fondazione predicazione fece spesso deviare gli universa-
della prima Chiesa chiamata esplicitamente Universalistica, che egli listi dall’ortodossia64. La sua argomentazione
contribuì a fondare nel 1793 sotto forma della «Società Universalistica contro l’eternità delle pene infernali è la stessa
di Boston» e che presto, per così dire, si mise in concorrenza con l’altro già svolta da Macrina nel De anima et resur-
filone universalistico, quello “purgatoriale”. Secondo la suddetta accu- rectione di S. Gregorio di Nissa: i peccati non
sa di antinomianesimo, infatti, gli scritti di Murray furono criticati, negli sono infiniti, altrimenti sarebbero tutti uguali,
Stati Uniti, precisamente da un universalista di indirizzo “purgatoriale” ma hanno ciascuno una misura e una gravità, a
come Charles Chauncy (nato nel 1704), il quale li tacciò di incoraggia- cui è commisurata la punizione65. Egli, tuttavia,
mento al libertinismo, sostenendo piuttosto la necessità di una pena non nega soltanto che le pene ultramondane
purificatrice e terapeutica nell’al di là61. saranno eterne, ma nega anche che ci saranno:
Ben presto, in terra americana, dal 1817 al 1831 circa si ebbero dissa- Dio ricompensa e punisce le persone nella vita
pori di maggiore portata, noti sotto la denominazione di Restoration presente, e dopo la morte trasforma ciascuno
Controversy, che ebbe luogo tra Hosea Ballou (1771-1852), un ex bat- in modo tale che tutti possano aver parte del

40
Regno dei cieli. Questa teoria fu chiamata, spe- il suo amico John MacLeod Campbell, e soprattutto fu uno dei pochi
cialmente dai suoi oppositori, Ultra-Universali- universalisti dichiarati del XIX secolo che tentarono tuttavia di rimane-
sm, o Death and Glory, e attrasse molti seguaci re evangelici69. In gioventù lesse i saggi del teologo battista John Foster
durante la vita di Ballou, ma dopo la sua morte (1770-1843), un evangelico che considerava ingiusta la punizione eter-
perse vigore e verso la fine dell’Ottocento la na e preferiva pensare a una redenzione universale progressiva di tutti
quasi totalità degli universalisti in America sarà gli uomini, fatti a immagine di Dio, e da Dio stesso educati e portati alla
propensa a sostenere, piuttosto, la necessità di salvezza70. Erskine, a diciassette anni, lesse il libro di Foster On a Man
una pena catartica ed educativa dopo la morte, Writing Memoirs of Himself e ne fu influenzato e indotto a pensare alla
in linea con la maggior parte dei sostenitori pa- vita nei termini di un continuo processo educativo che dura per l’eter-
tristici della dottrina dell’apocatastasi. nità, secondo una concezione di continuità tra vita presente e futura
Nel 1869-70 uno dei segretari onorari della propria dei Padri che sostennero l’apocatastasi ed evidente in Origene
World’s Evangelical Alliance, il sacerdote angli- e in Gregorio di Nissa. Anche William Law influì sulla formazione del
cano T.R. Birks, che fu noto per la sua oppo- pensiero soteriologico di Erskine, che lo lesse assiduamente e lo citò71.
sizione al darwinismo, pubblicò a Londra uno Attraverso Law, fu portato a studiare anche J. Boehme, nell’originale
studio esoterico intitolato The Victory of Divine tedesco, il quale contribuì a rafforzare in lui l’idea di un processo con-
Goodness. Non si trattava di un’opera propria- tinuativo di purificazione. Alla fine delle guerre napoleoniche, Erskine
mente universalistica; l’autore tuttavia vi soste- intraprese viaggi in Europa, durante uno dei quali assorbì l’influsso di
neva che anche i dannati potevano ancora rav- alcuni teologi tedeschi seguaci di Schleiermacher72. Secondo Erskine,
vedersi e trovare la salvezza; per questo, egli fu il processo di educazione e di purificazione di ciascuno culmina con
costretto a dimettersi dalla sua carica di segre- la sconfitta definitiva del male e il trionfo finale dell’intento di Dio di
tario, anche se non fu censurato pubblicamente salvare tutti, rivelato in 1Tm 2:4, «Dio nostro Salvatore vuole che tutti
come alcuni membri dell’Alleanza avrebbero gli esseri umani siano salvi e arrivino alla conoscenza della verità», e
invece voluto. Essi, per protesta, abbandonaro- confermato in 2Pt 3:9: «Dio non vuole che alcuno perisca, ma che tutti
no il consesso dell’Alleanza66. La maggioranza pervengano alla conversione».
degli Evangelici era ostile a visioni universalisti- Infatti, Erskine, come i suddetti Padri, vedeva una profonda continuità
che o anche soltanto quasi-universalistiche. tra la vita presente e quella futura, per cui il viaggio verso la salvezza,
Anche alcuni Evangelici, tuttavia, sostennero nella sua prospettiva, continua per tutti oltre la morte. Ispirandosi a
tesi universalistiche in àmbito soteriologico, a Law, Erskine citava Rm 5:18 e 1Cor 15:22 per affermare che l’umanità
dispetto della concezione invalsa secondo cui nel suo complesso va intesa in rapporto al suo capo, Adamo o Gesù,
l’universalismo soteriologico e l’impostazione di cui ciascun essere umano partecipa: Adamo è la sorgente corrotta,
evangelica non sarebbero compatibili67. Del re- che va rifiutata; Cristo è la sorgente rinnovata, che va eletta73. Egli fu
sto, sia Lutero sia Calvino avevano rifiutato l’uni- indotto ad assumere la teoria della salvezza universale, negli anni Ven-
versalismo soteriologico, eppure tra i Protestan- ti e Trenta dell’Ottocento, dal problema della teodicea, lo stesso che,
ti varie voci si levarono in favore delle ipotesi a mio avviso, aveva spinto Origene, in polemica contro gli Gnostici,
universalistiche. Oltre a Birks, in effetti, un altro a formulare il proprio pensiero protologico ed escatologico. Poiché il
evangelico che nell’Ottocento sostenne, e in processo educativo divino nei riguardi delle persone non è evidente,
maniera anche meno sfumata, la teoria della sal- in genere, nella vita quotidiana, è necessario supporre l’estensione di
vezza universale fu F.W. Roberston (1816-1853), questo processo per un periodo determinato dopo la morte74. Si tratta
di Brighton. Egli, fondandosi sulla tesi che l’inte- di un’idea che è ritornata nella teologia evangelica dell’ultimo quaran-
ro universo si muove in un continuo progresso, tennio sotto forma del concetto di «seconda scelta» o «evangelizza-
si mostrò favorevole all’idea di una purificazione zione post-mortem», sostenuto ad esempio da George Beasley Mur-
oltremondana e della possibilità di un migliora- ray, Charles Cranfield, Donald Bloesch, Clark Pinnock, Gabriel Fackre
mento anche dopo la morte68. Successivamente e Nigel Wright75. L’influsso di Erskine fu notevole sul movimento di
egli si staccò dalle posizioni evangeliche. santità del tardo Ottocento che era radicato nel pietismo tedesco e i
Ma una forma veramente piena di universali- cui esponenti mostrano di avere spesso tendenze universalistiche. Le
smo tra gli evangelici sembra essere stata soste- sue opere furono lette e discusse dai partecipanti alle conferenze di
nuta in quel periodo soltanto da Thomas Erski- Broadlands che incominciarono poco dopo la sua morte, nel 1874, e
ne (1788-1870). Originario di Linlathen, contri- continuarono fino al 1888. Alla diffusione delle idee e degli scritti di
buì notevolmente alla dogmatica, insieme con Erskine in questa sede furono specialmente due organizzatrici di quel-

41
le conferenze e sue discepole, che lo visitarono spesso a Linlathen: questa dottrina dalle origini cristiane ai no-
Emelia Russell Gurney e Julia Wedgwood76. Le suddette riunioni era- stri giorni, rinvio al mio Apocatastasi, Vita e
no ospitate da Lord e Lady Mount-Temple e presiedute dai Quaccheri Pensiero, Milano, in pubblicazione. Orige-
evangelici Robert e Hannah Pearsall Smith: la simpatia di quest’ultima ne è il primo teorizzatore sistematico e co-
per la teoria della salvezza universale risulta chiaramente dai dialoghi erente dell’apocatastasi cristiana, ma non è
e dalla corrispondenza privata pubblicata dopo la sua morte: come il primo in assoluto, e ancor meno l’ultimo.
Lady Mount-Temple, anch’ella non credeva che Dio, il quale è amore, La teoria dell’apocatastasi costituisce un fi-
avrebbe consegnato a un tormento eterno alcuna delle sue creature77. lone estremamente ricco e ininterrotto, che
percorre tutta la storia del pensiero cristia-
no. La continuazione di questo articolo –
L’Apocatastasi nel Cristianesimo tra Otto e
1 Von Balthasar non è certo l’ultimo esponente della riflessione Novecento – come la seconda parte di un
sull’apocatastasi. Negli ultimi decenni il dibattito si è ampliato e dittico, verrà pubblicata in «Sophias», 3.
arricchito ulteriormente, sia sul versante filosofico sia su quello bi- 2 Nell’originale greco compare precisamente
blico e teologico260. il termine “apocatastasi”: crovnoi ajpokata-
Ciò che emerge dallo studio della concezione dell’apocatastasi ne- stavsew” pavntwn, «tempi della restaura-
gli autori qui considerati, e complessivamente in tutti i pensatori zione / reintegrazione di tutti» o «di tutte le
cristiani che fin dall’età patristica hanno sostenuto questa dottri- cose». Anche il verbo corradicale ajpokaqi-
na261, è che questa, lungi dall’essere il prodotto di un personaggio vsthmi, “restauro”, “reintegro”, “ristabilisco”,
isolato ed eccessivamente influenzato dalle teorie greche – quale è si trova nel Nuovo Testamento, e precisa-
stato troppo spesso considerato Origene, le cui condanne sorsero mente in riferimento ai tempi escatologici:
da molti fraintendimenti –, ha una tradizione assai più ampia, che in Mt 17:11, subito dopo la Trasfigurazione,
si rivela importante, continuativa e antichissima nella storia del Cri- Gesù, dopo aver raccomandato ai discepo-
stianesimo, e soprattutto fondata in Cristo stesso. Non è una teoria li di non parlarne fino alla resurrezione del
non cristiana che affondi le radici nelle concezioni greche e che sia Figlio dell’Uomo, alla loro domanda se Elia
stata sovrapposta artificialmente al Cristianesimo, ma si riconnette dovrà venire prima del Messia alla fine dei
strettamente, alle origini, al Nuovo Testamento, dove molti passi, tempi, predice: «Elia verrà e restaurerà, rein-
specialmente paolini e petrini, ma anche evangelici, possono ben tegrerà tutti gli esseri», ajpokatasthvsei pavn-
suggerirla e sostenerla, e a scritti per molto tempo ritenuti ispirati e ta. Così nel parallelo sinottico di Mc 9:12.
facenti parte di esso, come l’Apocalissi di Pietro e numerosi altri262. 3 I più importanti di essi furono Henry More
Prima di Origene ne troviamo chiare avvisaglie in Clemente, che (1614-1687) e Ralph Cudworth (1617-1689),
riteneva ispirati i suddetti scritti, e un’ancor più chiara formulazio- entrambi fellows al Christ’s College di Cam-
ne in Bardesane, e dopo Origene la si ravvisa manifestamente nel bridge. Altri furono Benjamin Whichcote
Nisseno, ma di certo anche in Didimo, in Evagrio e in molti altri (1609-1683), Peter Sterry (1613-1672), John
autori, per continuare attraverso il Medioevo fino all’età moderna e Smith (1618-1652), Nathaniel Culverwell
contemporanea, anche tramite rivelazioni (ad es. Jane Lead). (1619-1651), John Worthington (1618-1671),
È molto significativo che i primi e massimi assertori di questa teoria, tutti fellows all’Emmanuel College di
Origene e il Nisseno, l’abbiano sostenuta a difesa dell’ortodossia e Cambridge; tra i più giovani, John Norris
contro le eresie del loro tempo: Origene contro lo gnosticismo e (1657-1711) e George Rust ed Anne Conway,
S. Gregorio contro l’arianesimo263. L’idea dell’apocatastasi, in essi sui quali ritornerò a breve. Cfr. F.J. Powicke,
come negli autori analizzati nel presente studio, è frutto della rifles- The Cambridge Platonists: A Study, Linnet,
sione sulla proporzionalità delle pene alla nostra natura finita, e an- Hamden, Conn. 1971; J. Tulloch, Ratio-
cor più della fede e della speranza nell’efficacia dell’incarnazione e nal Theology and Christian Philosophy in
del sacrificio di Cristo e nella grazia di Dio, il quale «vuole che tutti England in the Seventeenth Century, Dou-
gli uomini siano salvi» e intende «usare misericordia a tutti», cosic- bleday, New York 1972; M. Sina, L’avvento
ché alla fine dei tempi, quando tutti si saranno purificati e il male della ragione, Vita e Pensiero, Milano 1976;
sarà stato eliminato, e tutti i nemici si saranno sottomessi, fino alla G.R. Cragg, The Cambridge Platonists, Row-
distruzione dell’ultimo nemico, la morte, Dio sarà «tutto in tutti». man & Littlefield, Lanham 1985; R.W.F. Kroll
Per una storia dell’apocatastasi, la prima che indaghi lo sviluppo di - R. Ashcraft - P. Zagorin, edd., Philosophy,

42
Science, and Religion in England, 1640-1700, neva la preesistenza delle creature razionali (no ve", logika )v , e non
University Press, Cambridge 1992; S. Weyer, di “nude anime” prive di corpi, al mondo sensibile presente. More
Die Cambridge Platonists, Lang, Frankfurt- esprime questa dottrina anche in alcune poesie, come A Platonick
Bern 1993; M. Baldi, ed., Mind Senior to the Song of the Soul, treating of the Life of the Soul, her Immortalitie,
World: Stoicismo e Origenismo nella filo- Sleep, Unitie, and Memorie after Death (Cambridge 1647): «I would
sofia platonica del Seicento Inglese, F. An- sing the Prae-existency / Of humane souls, and live once o’er again /
geli, Milano 1996; C. Taliaferro, Cambridge By recollection and quick memory / All that is past since first we all
Platonist Spirituality, ed. A.J. Teply, Paulist began. / But all too shallow be my wits to scan / So deep a point and
Press, New York 2004; T.E. Jones, ed., The mind too dull to clear / So dark a matter». È lo stesso atteggiamento
Cambridge Platonists: A Brief Introduction. problematico di Origene nei confronti delle materie più oscure da
with Eight Letters of Dr. Antony Tuckney and indagare. Rivolgendosi a Plotino, nella stessa poesia, More aggiunge:
Dr. Benjamin Whichcote, University Press of «Tell what we mortals are, tell what of old we were. / A spark or ray
America, Lanham 2005. of the Divinity / Clouded in earthly fogs [...] / A precious drop sunk
4 In La coerenza della soteriologia origeniana: from Aeternitie, / Spilt on the ground, or rather slunk away». More
dalla polemica contro il determinismo gno- cita tra i sostenitori di questa dottrina Ermete Trismegisto, all’epoca
stico all’universale restaurazione escatolo- ampiamente noto ai Cristiani e usato da loro.
gica, in Pagani e cristiani alla ricerca della 10 Cfr. J. Duran, Anne Viscountess Conway: A Seventeenth Century
salvezza: Atti del XXXIV Incontro di Studiosi Rationalist, «Hypatia» 40 (1989), pp. 64-79; J.A. Kourany, ed., Philo-
dell’Antichità Cristiana, Roma, Augustinia- sophy in a Feminist Voice. Critiques and Reconstructions, University
num, 5-7 maggio 2005, Roma 2006, pp. Press, Princeton 1998; S. Hutton, Lady Anne Conway, in The Stanford
661-688. Encyclopedia of Philosophy Stanford University, Ca. [plato.stanford.
5 «Having easie wayes of assuring themselves edu/]; Ead., Anne Conway: A Woman Philosopher, University Press,
that it shall not be their portion». Cambridge 2004.
6 More fu parimenti un deciso avversario del- 11 Edizione: The Conway Letters: The Correspondence of Anne, Vi-
la filosofia materialistica, ad esempio di scountess Conway, Henry More, and Their Friends, 1642-1684, ed.
Hobbes. E si allontanò progressivamente M.H. Nicolson - S. Hutton, University Press, Oxford 1992.
dal pensiero dualistico cartesiano, che, pur 12 Cfr. C. Merchant, Anne Conway: Quaker and Philosopher, «Guil-
ammettendo certo la res cogitans accanto ford Review», Spring 1986, pp. 2-10.
alla res extensa, non lasciava però spazio 13 Cfr. rispettivamente S. Hutton, Anne Conway critique de Henry
all’azione della prima, ossia dello spirito, More: l’esprit et la matière, «Archives de Philosophie» 58 (1995),
nel mondo fisico. pp. 371-384 e C. Merchant, The Vitalism of Anne Conway: Its Im-
7 Rispettivamente An Antidote against Atheism: pact on Leibniz’s Concept of the Monad, «Journal of the History of
or, An Appeal to the Natural Faculties of the Philosophy» 17, 3 (1979), pp. 255-269.
Mind of Man, whether there be not a God 14 A vari altri scritti ella collaborò insieme con altre persone. La sua
(1653; seconda edizione con appendice, opera fu scritta in inglese tra il 1671 e il 1675, ma pubblicata postu-
1655) e The Immortality of the Soule, so farre ma in versione latina nel 1690, e quindi in inglese nel 1692 come
forth as it is demonstrable from the Knowled- ri-traduzione della verione latina, essendo andato perduto nel frat-
ge of Nature and the Light of Reason (1659). tempo l’originale. A. Conway, Principia philosophiae antiquissimae
8 Interpretò la Genesi alla luce della qabba- et recentissimae de Deo, Christo et Creatura id est de materia et spi-
lah giudaica in Conjectura cabbalistica or a ritu in genere. Amsterdam 1690; The Principles of the most Ancient
Conjectural Essay of interpreting the Mind and Modern Philosophy (1692), p. 193: cfr. P.C. Almond, Heaven and
of Moses, in the first three chapters of Ge- Hell in Enlightenment England, University Press, Cambridge 1994,
nesis, according to a threefold Cabbala, p. 23. Edizione: A. Conway, The Principles of the Most Ancient and
viz. Literal, Philosophical, Mystical (1653). Modern Philosophy, translated and edited by A.P. Coudert and T.
Studiò anche i libri profetici della Bibbia e Corse, University Press, Cambridge 1996 (con traduzione in inglese
l’Apocalissi. moderno, con introduzione e note).
9 Mantengo qui questa denominazione per 15 M. Ludlow, Universal Salvation and a Soteriology of Divine Puni-
praticità, ma per Origene si tratta di una defi- shment, «Scottish Journal of Theology» 53,4 (2000), pp. 449-471,
nizione estremamente imprecisa: egli soste- part. p. 459.

43
16 Cfr. J. White, The Restoration of All Things or, A Vindication of the edizioni moderne. Il testo da me tradotto ri-
Goodness and Grace of God to be Manifest in the Recovery of his produce l’antica edizione del 1694 e incor-
Whole Creation Out of Their Fall (1712), London 1779, part. pp. 9-10; pora le note dell’autrice, che erano stampa-
D.P. Walker, The Decline of Hell: Seventeenth Century Discussions te in margine nell’originale. Qui non ripren-
of Eternal Torment, University Press, Chicago 1964, p. 111. do la traduzione integrale, ma mi limito a
17 Dimostrazione in I. Ramelli, Gregorio di Nissa Sull’anima e la resur- riportare i passi più significativi rispetto alla
rezione, Bompiani, Milano 2007, Saggio Integrativo I. Per i Platonici tematica dell’apocatastasi.
di Cambridge e l’apocatastasi cfr. Walker, The Decline, pp. 104-155. 21 La nozione della restaurazione dell’imma-
18 C. Smith, Mysticism and Feminism: Jacob Boehme and Jane Lead, gine di Dio in ognuno e dell’acquisizione
in D.V. Hiller - R.A. Sheets, edd., in Women and Men: The Con- della somiglianza con Dio, in base a Gen
sequences of Power, University Office of Women’s Studies, Cin- 1:26 (per cui l’essere umano fu creato come
cinnati 1977; Ead., Jane Lead: The Feminist Mind and Art of a Se- eikj w nv e o mJ oi vwsi" di Dio), è uno dei più
venteenth-Century Protestant Mystic, in Women of Spirit: Female cari a Origene in relazione all’apocatastasi
Leadership in the Jewish and Christian Traditions, edd. R. Ruether finale.
- E. McLaughlin, Simon & Schuster, New York 1979; Ead., Jane 22 Anche Origene rifletté sull’eu jagge lv ion ai jw -v
Lead: Mysticism and the Woman Cloathed with the Sun, in Shake- nion che secondo l’Apocalisse sarà rivelato in
speare’s Sisters, edd. S. Gilbert-S. Gubar, Indiana UP, Bloomington sede escatologica. Pensava che, come l’An-
1979; Ead., A Note on Jane Lead with Selections from Her Wri- tico Testamento sta al Nuovo, così il Nuovo
tings, «Studia Mystica» 3,4 (1980), pp. 79-82; Ead., Three Guineas: sta al “Vangelo del mondo a venire”, che
Virginia Woolf’s Prophecy, in Virginia Woolf and Bloomsbury: A sarà reso manifesto nell’ai jw nv futuro. In Princ.
Centenary Celebration, Indiana UP, Bloomington 1987; P. McDo- III 6, 3 e 6, 7 Origene lega la meditazione
well, The Women of Grub Street: Press, Politics and Gender in the sull’eujaggevlion aijwvnion a quella sull’ac-
London Literary Marketplace 1678-1730, University Press, Oxford quisizione escatologica della somiglianza di
1997. Dio, con la stessa connessione che la Lead
19 Così traduco il testo ebraico; la Septuaginta rende invece: kai; istituisce qui. Ciò mi fa pensare che ella fosse
eu hj -re sv thsen Enwc tw ' / Qew ' / kai ; ou cj hu Jrisv keto, o t{ i mete- ispirata precisamente da Origene.
qv hken au tj o n; o J Qeo "v , «Ed Enoch fu gradito a Dio, e non fu (più) 23 Il riferimento al descensus ad inferos di Cri-
trovato, poiché Dio lo trasferì (in un altro luogo)». La Vulgata è sto in 1Pt 3:19-21 è uno dei fondamenti pre-
più rispettosa dell’originale ebraico, almeno quale ci è dato di co- feriti da molti Padri che sostennero l’apoca-
noscerlo oggi: Ambulavitque cum Deo et non apparuit, quia tulit tastasi, da Origene a Efrem, fino a teologi
eum Deus. Sulla tradizione enochica, espressasi anche in forme contemporanei come von Balthasar (cfr. qui
apocrife, rinvio alla documentazione nel mio La “colpa antece- infra il mio L’apocatastasi nel Cristianesimo
dente” come ermeneutica del male in sede storico-religiosa e nei tra Otto e Novecento). Vi è dichiarata la pre-
testi biblici, in XIV Convegno di Studi Veterotestamentari. Origine dicazione della salvezza da parte di Cristo
e fenomenologia del male: le vie della catarsi veterotestamentaria, ai prigionieri negli inferi (toi "' e nj fulakh ' /
Sassone-Ciampino/Roma, 5-7 Settembre 2005, ed. I. Cardellini, pneu m v asin), coloro che un tempo avevano
«Ricerche Storico-Bibliche» 19 (2007), pp. 11-64. Da questa tradi- rifiutato di credere (a pj eiqh sv asi nv pote) ed
zione, conservatasi principalmente nell’Enoch etiopico (1Enoch) e erano periti nel diluvio, in cui gli otto sal-
nell’Enoch slavo (2Enoch), emerge sostanzialmente che Enoch, da vati sull’arca (diesw qv hsan) sono figura dei
vivo, fu trasportato in cielo, passeggiò con Dio, vide i segreti del Cristiani che vengono salvati attraverso il
cielo e della terra, poi tornò presso la sua famiglia, narrò quanto battesimo. Ma Pietro dice appunto che Cri-
aveva visto, e fu nuovamente assunto in cielo; intercedette anche sto va a salvare anche gli altri. H. Pietras,
per gli angeli decaduti che con le donne avevano generato i gigan- L’escatologia della Chiesa, Augustinianum,
ti, secondo Gen 6, 1-4. Roma 2006, p. 38, considera questo pas-
20 La prima traduzione italiana dall’antico inglese del trattato della so come allusione alla salvezza universale.
Lead è offerta integralmente da Ramelli, Gregorio di Nissa, Appen- Questa nozione di salvezza universale è
dice II. Il manoscritto del XVII secolo dei Walks rimase non stampa- presente in varî scritti cristiani antichi, tutti
to per molto tempo, e normalmente inaccessibile al vasto pubblico; di tradizione petrina, come mostro in Apo-
il testo originale contiene termini e frasi normalmente esclusi dalle catastasi, cap. I.

44
24 1Cor 3:14-15 è un altro dei passi neote- 29 Tipica di Origene è l’idea che l’apocatastasi non riguarderà soltanto
stamentarî che depone a favore dell’apo- gli esseri umani, ma tutte le creature razionali, compresi angeli e
catastasi: nel giudizio finale vertente sulle dèmoni.
opere di ciascuno e che si configura come 30 Preoccupazione espressa in più punti anche da Origene, e da Ma-
una prova del fuoco, «se l’opera che uno crina nel dialogo De anima et resurrectione di s. Gregorio Nisseno.
costruì sul fondamento resisterà, costui ri- 31 Cioè (con linguaggio tratto dall’Apocalisse), saranno salvati solo
ceverà una ricompensa; se invece l’opera dopo essere passati attraverso molte sofferenze.
finirà bruciata, egli patirà danno: tuttavia, 32 Nella parte finale del De anima et resurrectione di Gregorio è pre-
si salverà, però come attraverso il fuoco». cisamente la festa dei Tabernacoli ad essere interpretata come al-
Non si parla un terzo caso in cui il peccato- legoria prefigurativa dell’apocatastasi – il cui primo grado sarà la
re stesso non si salvi. resurrezione – e della salvezza universale.
25 Si tratta degli ai jw n' e" di Origene e dei lun- 33 È precisamente il significato etimologico di “apocatastasi”: reinte-
ghi cicli temporali per le punizioni di cui grazione, restaurazione. L’efficacia terapeutica infallibile di Cristo-
parlava Gregorio di Nissa. Il punto è che il medico è in Origene uno dei motivi principali in supporto dell’apo-
pu r' ai jw nv ion di cui parlano i Vangeli non è catastasi di tutti.
un “fuoco eterno”, ma il fuoco del mondo 34 Il riferimento è di nuovo a Gen 1:26 e alla “teologia dell’immagine”
a venire, dell'ai jw n' e" futuro. Infatti, ai jw n' io" di Origene e di Gregorio di Nissa.
nella Bibbia significa strettamente “eterno” 35 Anche questo è un problema che stava a cuore al Nisseno, il quale
solo quando si riferisce a Dio. Cfr. il mio vi dedicò il De infantibus praemature abreptis, dove egli ribadisce
Origene ed il lessico dell’eternità, «Ada- con decisione la dottrina dell’apocatastasi.
mantius» 14 (2008), pp. 100-128. 36 La Lead, come Origene e il Nisseno, vede una profonda continuità
26 1Cor 15:24-28, dove s. Paolo annuncia l’evi- tra la vita presente e quella futura.
zione escatologica delle potenze del male e 37 Un altro caposaldo dell’apocatastasi secondo Origene e secondo
della morte, la sottomissione di tutte le crea- Gregorio di Nissa (che aveva ancor meno ripensamenti di Origene
ture a Cristo, la consegna di queste a Dio Pa- su questo punto) è la salvezza finale di tutti i demoni e del diavolo
dre e la presenza finale di Dio «tutto in tutti», stesso.
è il passo preferito di Origene in assoluto in 38 È questo un altro dei passi biblici più importanti in sostegno
favore dell’apocatastasi. Cfr. il mio Christian dell’apocatastasi.
Soteriology and Christian Platonism. Origen, 39 La nozione del male come non-essere, che sarà annientato alla fine
Gregory of Nyssa, and the Biblical and Phi- e non potrà sussistere, è perfettamente conforme alla linea di Ori-
losophical Basis of the Doctrine of Apokata- gene e di Gregorio di Nissa. Il lago cui la Lead fa cenno è il lago di
stasis, «Vigiliae Christianae» 61 (2007), pp. fuoco dell’Apocalisse, che è detto essere la seconda morte, ma dove
313-356. finiranno la morte stessa e le potenze del male. Anche la sparizione
27 Anche per la Lead, come per Origene e il di ogni maledizione (katavqema) è annunciata nell’Apocalisse.
Nisseno, l’apocatastasi è resa possible in 40 Cfr. G. Rowell, Hell and the Victorians, University Press, Oxford
primissimo luogo da Cristo e dal suo sacrifi- 1974, p. 40.
cio, sulla cui efficacia salvifica universale ed 41 Per un profilo di questo personaggio cfr. W.E. Burns, London’s
eterna Origene insisteva soprattutto basan- Barber-Elijah, «Harvard Theological Review» 95,3 (2002), pp.
dosi sulla Lettera agli Ebrei. Cfr. I. Ramelli, 277-290.
The Universal and Eternal Validity of Jesus’s 42 In C. Rom. IV 2-3 vede in questo passo profetizzato il compimento
High-Priestly Sacrifice. The Epistle to the della promessa fatta ad Abramo di ereditare tutte le genti tramite
Hebrews in Support of Origen’s Theory of la fede, che coinciderà con l’apocatastasi e con la salvezza di tutti
Apokatastasis, in Aa.Vv., A Cloud of Witnes- per fede.
ses: The Theology of Hebrews in Its Ancient 43 Cfr. R.P. Heitzenrater, Wesley and the People Called Methodists,
Contexts, T&T Clark, London 2008, cap. 16. Abingdon Press, Nashville 1995, p. 188; Bengel, Johannes Albrecht,
28 Anche questo è un passo che Origene, com- in F.L. Cross - E.A. Livingstone, edd., The Oxford Dictionary of the
mentatore della Lettera ai Romani, poneva Christian Church, University Press, Oxford 1983, p. 158.
al centro della sua riflessione sull’apocata- 44 H. Thielicke, The Evangelical Faith, III, Eerdmans, Grand Rapids
stasi. 1982, p. 455.

45
45 Il gruppo si chiama oggi The Church of the Brethren. Cfr. D. Hilborn Salvation, Written by Himself, With a Conti-
- D. Horrocks, Universalistic Trends in the Evangelical Tradition: A nuation by Judith Saargent Murray, Univer-
Historical Perspective, in R. Parry - C. Partridge, edd., Universal salist Publishing House, Boston 1870.
Salvation? The Current Debate, Paternoster, Carlisle 2003, pp. 219- 61 Cfr. Wright, The Beginning of Unitarianism,
244, in particolare 223-224. p. 191.
46 D.F. Durnbaugh, Meet the Brethren, The Brethren Press, Elgin, Ill. 62 Per Diodoro e gli altri Padri rinvio a Ramel-
1984, p. 9. li, Apocatastasi, cap. I.
47 Così C.D. Ensign, Radical German Pietism, Diss. Boston 1955, pp. 63 Egli vi definisce la tesi universalistica come la
285-286. convinzione di «the final end of all sin in the
48 Cfr. A.D. Bell, The Life and Times of Dr. George de Benneville, human family, and the consequent holiness
Universalist Church of America, Boston 1953, p. 62 per la citazione and happiness of all men» (§ 1). Questa con-
e l’intero volume per la persona. vinzione è basata sulle Scritture e «has its ori-
49 NJ. Alexander, Universalism Among the Early Brethren, «Brethren gin in the nature of God, and is a necessary
Life and Thought» 32 (1987), pp. 25-32, part. p. 29. result flowing from all the Divine attributes,
50 Dati biografici ad es. in V.H.H. Green, John Wesley, T&T Clark, which harmonize in infinite, unchangeable
London-Edinburgh 1964; H. Abelove, The Evangelist of Desire: John love» (§ 2-3).
Wesley and the Methodists, University Press, Stanford, Ca. 1990. 64 H. Skilton, s.v. Ballou, Hosea, in The New In-
51 T. Källstad, John Wesley and the Bible: a Psychological Study, Upp- ternational Dictionary of the Christian Church,
sala-Stockholm 1974; K.J. Collina, The Theology of John Wesley, ed. J.D. Douglas, Eerdmans, Grand Rapids
Abingdon Press 2007. 1978, p. 98. In particolare, egli influenzò i
52 Cfr. ad es. B.L. Manning, The Hymns of Wesley and Watts: Five suoi adepti in direzione dell’unitarianismo:
Papers, The Epworth Press, London 1942. molto tempo dopo, nel 1961, fu fondata la
53 M. Piette, La réaction Wesléyenne dans l’évolution protestante: Unitarian Universalist Association.
étude d’histoire religieuse, Dewit, Bruxelles 1925; H. Davies, Wor- 65 «If sin be infinite, there can be no difference
ship and Theology in England from Watts and Wesley to Maurice, or degrees in criminality, while the Scriptu-
1690-1850, University Press, Princeton 1961; R. Maddox, Responsi- res clearly teach a comparative distinction,
ble Grace: John Wesley’s Practical Theology, Abingdon Press, Nash- and that while one offender is justly liable
ville, Tenn. 1994; T. Oden, John Wesley’s Scriptural Christianity: A to many stripes, another is exposed to but a
Plain Exposition of His Teaching on Christian Doctrine, Zondervan, few. As to the justice of endless punishment,
Grand Rapids, Mich. 1994; F. Baker, John Wesley and the Church of minds enjoying the liberty of free inquiry
England, Epworth Press, London 1970; 20002. Ulteriori indicazioni could easily detect the diabolical character
in B.M. Jarboe, John and Charles Wesley: a Bibliography, Scare- of such justice, as it is the exact opposite of
crow Press, Metuchen, NJ - London 1987. the Divine nature, which is love».
54 Ed. in «Asbury Journal» 61,2 (2006), pp. 13-94: 19, 24, 27-29, 39, 66 Cfr. I. Randall - D. Hilborn, One Body in
51-52, 54-55, 63-64, 66, 75-76, 78, 80, 83, 86-87. I numeri tra pa- Christ: The History and Significance of the
rentesi tonde nel testo si riferiscono alle pagine di questa edizione. Evangelical Alliance, Paternoster Press, Car-
55 Cfr. Walker, The Decline, p. 240. lisle 2001, pp. 122-133.
56 Sugli sviluppi americani cfr. C. Wright, The Beginning of Unitaria- 67 Cfr. ad es. R. Bauckham, Universalism. A
nism in America, Starr King Press, Boston 1955, cap. 8, e The Dic- Historical Survey, «Themelios» 4,2 (1979),
tionary of Unitarian and Universalist Biography all’indirizzo www. pp. 48-54; J.D. Hunter, Evangelicalism:
uua.org/uuhs/duub. The Coming Generation, University Press,
57 Un breve quadro dell’universalismo è tracciato da T. Talbott, Uni- Chicago 1987, p. 47; D.J. Tidball, Who are
versalism, in The Oxford Handbook of Eschatology, ed. J.L. Walls, the Evangelicals? Tracing the Roots of To-
University Press, Oxford 2007, pp. 446-461. day’s Movements, Harper Collina, London
58 G. Rowell, The Origins and History of Universalist Societies in Britain 1994, pp. 151-152; A. McGrath, A Passion
1750-1850, «Journal of Ecclesiastical History» 22 (1971), pp. 35-56. for Truth: The Intellectual Coherence of
59 Cfr. J. Relly, Union: Or a Treatise of the Consanguinity and Affinity Evangelicalism, Apollos, Leicester 1996, pp.
Between Christ and His Church, London 1759. 236-240; D.R. Dunavant, s.v. Universalism,
60 Cfr. J. Murray, The Life of Rev. John Murray, Preacher of Universal in Evangelical Dictionary of World Missions,

46
ed. A.S Moreau, Baker, Grand Rapids 2000, Have Never Heard?, ed. J. Sanders, InterVarsity Press, Downers Gro-
pp. 988-989; D. Strange, The Possibility of ve, Ill. 1995, pp. 71-95; N.G. Wright, The Radical Evangelical: Seeking
Salvation Among the Unevangelized: An a Place to Stand, SPCK, London 1996, pp. 99-102.
Analysis of Inclusivism in Recent Evangeli- 76 La prima tenne un interessante epistolario che fu pubblicato: Let-
cal Theology, Paternoster, Carlisle 2002, p. ters of Emelia Russell Gurney, London 1902.
31. Per una breve storia dei sostenitori del- 77 Cfr. L. Pearsall Smith, ed., A Religious Rebel: The Letters of Hannah
la salvezza universale tra gli evangelici cfr. Pearsall Smih, London 1949, pp. 27-28; lettera di Erskine a Mrs.
Hilborn-Horrocks, Universalistic Trends, Gurney, 14 maggio 1862, in W. Hanna, ed., Letters of Thomas Er-
pp. 219-244, con mia recensione dell’intero skine of Linlathen, Edinburgh 1877, pp. 253-254.
volume in «Stylos» 14 (2005), pp. 206-208.
68 A.B. Stopford, Life and Letters of Fred W.
Robertson, II, London 1882, pp. 155-156.
69 Cfr. Hilborn - Horrocks, Universalistic Tren-
ds, pp. 227-229; N.R. Needham, Thomas
Erskine of Linlathen: His Life and Theology
(1788-1837), Rutherford House, Edinburgh
1990; D. Horrocks, Laws of the Spiritual Or-
der: Innovation and Reconstruction in the
Soteriology of Thomas Erskine of Linlathen,
Paternoster, Carlisle 2003.
70 Needham, Thomas Erskine, p.29; L.E. Froo-
me, The Conditionalist Faith of Our Forefa-
thers, II, Washington 1966, pp. 318-320.
71 Horrocks, Laws, p. 180ss.
72 Horrocks, Laws, p. 230ss.
73 T. Erskine, The Doctrine of Election, London
1837, p. 305. Altre sue opere importanti sono
l’Essay on Faith, Edinburgh 1822, e quelle rac-
colte in The Spiritual Order and Other Papers
Selected from the Manuscripts of the Late
Thomas Erskine of Linlathen, Edinburgh 1871.
74 Erskine, The Spiritual Order and Other Pa-
pers, pp. 69-70, 75.
75 Cfr. Hilborn-Horrocks, Universalistic Trends,
p. 229 e alcuni testi di riferimento di ciascu-
no di questi teologi: G.R. Beasley Murray,
Baptism in the New Testament, Macmillan,
London 1962, p. 258; C.E.B. Cranfield, The
Interpretation of First Peter 3:19 and 4:6, «Ex-
pository Times» 69 (1958), pp. 369-372, part.
p. 372; D. Bloesch, Essentials of Evangelical
Theology: Life, Ministry, and Hope, II, Har-
perCollins, San Francisco 1978, pp. 226-228;
C.H. Pinnock, The Finality of Jesus Christ in
A World of Religions, in Christian Faith and
Practice in the Modern World, edd. M. Noll
- D.F. Wells, Eerdmans, Grand Rapids 1988,
pp. 152-168, part. 165-167; G. Fackre, Divi-
ne Perseverance, in What About Those Who

47
CONTRIBUTI KANTIANI
Fonti della Kritik der reinen Vernunft

a cura di Piero Giordanetti, Massimo Marassi, Riccardo Pozzo

1) Spazio e tempo come rapporti di contiguità e successione seconda edizione pubblicata nel 1753, come
KGS, III, A39-40/B56-57: Testo in originale: «Nehmen sie die zweite si evince da Warda (Arthur Warda, Immanuel
Partei (von der einige metaphysische Naturlehrer sind), und Raum und Kants Bücher, Martin Breslauer, Berlin 1922, p.
Zeit gelten ihnen als von der Erfahrung abstrahierte, obzwar in der Ab- 47). Autore: Marco Sgarbi
sonderung verworren vorgestellte, Verhältnisse der Erscheinungen (ne-
ben oder nach einander) […]». Testo in italiano: «Se invece prendono 2) Determinabile e determinazione nell’Am-
il secondo partito (quello di alcuni fisici metafisici), e valutano spazio phibolie
e tempo come rapporti (di contiguità e di successione) tra i fenome- KGS, III, A261/B317: Testo in originale: «en-
ni, astratti dall’esperienza e pur tuttavia confusamente rappresentati in dlich des Bestimmbaren und der Bestimmung (
tale separazione […]». Fonti: «Je tenois l’Espace comme quelque chose Materie und Form) […]». Testo in italiano: «in-
de purement relatif, comme le Temps; pour un ordre des Coexisten- fine il determinabile e la determinazione (ma-
ces, comme le temps est un ordre de successions […]». G.W.F. Leibniz, teria e forma) […]». Fonte: «Si ens concipitur ut
PhS, VII, p. 363; «Denn der wahre Begriff von Raume liegt schon unter determinabile, MATERIA […]». A.G. Baumgar-
der Worte, neben einander», «So wird der Begriff von der Succesion ten, Metaphysica, § 344. Commento: Il passo
oder der Folge der Dinge hinter einander übrig bleiben». C.A. Crusius, KGS, XXVIII, p. 575, riporta: «Transscendentale
Entwurf der nothwendigen Vernunft-Wahrheiten, Gledtisch, Leipzig Materie ist das determinabile, transscendentale
[1745], 17663, pp. 86-87, 99. Commento: Il testo di Leibniz è stato letto Form aber die Determination, oder der actus
da Kant in Samuel Clarke, A collection of papers, which passed betwe- determinandi. Die transscendentale Materie ist
en the late learned Mr. Leibnitz, and Dr.Clarke, in the years 1715 and die Realität oder das datum zu allen Dingen.
1716: relating to the principles of natural philosophy and religion, Knap- Die Einschränkung aber der Realität macht die
ton, London 1717, p. 56. Vedi anche KGS, X, p. 108, KGS, XVII, p. 699, transscendentale Form aus. Alle Realitäten der
KGS, XVII, p. 700, KGS, XVIII, p. 514, KGS, XVIII, p. 552, KGS, XVIII, p. Dinge liegen gleichsam in der unendlichen Ma-
564 per gli altri luoghi in cui le dottrine di Samuel Clarke sono citate. terie, wo man alsdann zu einem Dinge einige
Per tutta la discussione sui concetti leibniziani di spazio e tempo come Realitäten absondert, welches die Form ist. Die
rapporti dei fenomeni di contiguità e successione vedi C.A. Crusius, Materie wird unterschieden in Materia ex qua,
Entwurf der nothwendigen Vernunft-Wahrheiten, Gledtisch, Leipzig in qua, und circa quam. Materia ex qua ist das
[1745], 17663, pp. 85-101. Crusius non utilizza “nach einander”, bensì determinabile selbst; ein Ding, welches schon
“hinter einander” che ha comunque lo stesso significato. Il riferimento determinirt ist. Materia circa quam bedeutet die
a Crusius è giustificato all’attribuzione kantiana della teoria al “partito Materie in ipso determinationis actu; z.B. der
dei leibniziani”, così come era attribuita nell’Entwurf. L’opera Entwurf Text einer Predigt ist nicht Materia ex qua, son-
der nothwendigen Vernunft-Wahrheiten, pubblicata a Leipzig nel 1745, dern circa quam aliquis versatur. Materia in qua
fu oggetto di una lettura, o forse meglio dire rilettura, particolarmen- bedeutet das Subject der Inhärenz. Eigentlich
te impegnata intorno la primavera estate del 1760, come testimonia bedeutet materia circa quam die Gedanken,
una lettera del 6 giugno 1760 a Ludwig Ernst Borowski: «Des Crusius wodurch einer Sache die Form gegeben wird.
Metaph: wage noch ein paar Tage zu behalten alsdenn denke meine Z.B. der Plan eines Gebäudes ist materia cir-
eigene zu besitzen ich werde es in Ihrer Eltern Hause abliefern laßen» ca quam; aber die Steine, Holz u.s.w. sind die
(KGS, X, p. 32). Kant probabilmente acquistò qualche tempo dopo la Materia ex qua». Esso è la trascrizione e spie-

48
gazione del paragrafo § 344 della Metaphysica in italiano: «Riguardo ad ogni cosa in generale, posso dire che si tratta
di Baumgarten e dimostra che è la fonte della di sostanza, in quanto io la distingua dai semplici predicati e determina-
Kritik der reinen Vernunft: «Si ens concipitur ut zioni delle cose». Fonte: «Ein Ding kan nicht vor sich selbst bestehen,
determinabile, MATERIA, EX QUA [der Stoff, wenn es unmöglich anders würklich seyn kan, als eine Bestimmung,
der Zeug], in ipso determinationis actu, MATE- oder als ein Prädicat und ein Merkmal eines andern Dinges. [...] Eine
RIA CIRCA QUAM (obiectum, subiectum occu- Substanz ist ein jedwedes vor sich bestehendes Ding. [...] Zu gleicher
pationis) [der Gegenstand], facta determinatione Zeit ist klar, da alle mögliche Dinge entweder Substanzen oder Acciden-
MATERIA IN QUA, et haec cum materia ex qua, zien sind» (G.F. Meier, Metaphysik, § 154). Autore: Manuela Mei
SUBIECTUM vocatur». Autore: Marco Sgarbi.
6) I pensieri come accidenti della propria esistenza e determina-
3) Il concetto di essentialia zioni del proprio stato
KGS, III, A266/B323: Testo in originale: «In je- KGS, III, A 349: Testo in originale: «Also mu jedermann [...] das Den-
dem Wesen sind die Bestandstücke desselben ken aber nur als Accidenzen seines Daseins und Bestimmungen seines
(essentialia) […]». Testo in italiano: «In ogni Zustandes ansehen». Testo in italiano: «Ciascuno deve considerare
ente le parti costitutive (essentialia) […]». Fon- [...] i pensieri soltanto come accidenti della propria esistenza e come
ti: «Ea, quae constater insunt, quorum tamen determinazioni del proprio stato». Fonti: «Die Gedanken sind nichts
unum per alterum per alterum non determina- anders als Accidenzien. [...] weil ein Gedanke nicht anders gedacht
tur, essentialia appello». C. Wolff, Philosophia werden kan, als eine Bestimmung und ein Prädicat eines andern Din-
rationalis sive logica, Renger, Frankfurt-Leipzig ges. Ja, die Erfahrung überzeugt uns stündlich, daß unsere Gedanken
1740, p. 146. «Jene heißen die wesentlichen auf einander folgen, und da sie also nichts anders als Veränderungen
Stücke (essentialia)». G.F. Meier, Auszug aus unserer Seele sind. So können sie auch um dieser Ursach willen nichts
der Vernunftlehre, Gebauer, Halle 1752, p. 31. anders, als Accidenzien unserer Seele, seyn» (G.F. Meier, Metaphysik,
Autore: Marco Sgarbi. § 482); «Ergo cogitationes sunt accidentia animae meae, quarum ali-
quae saltim rationem sufficientem habent in anima mea» (A.G. Baum-
4) Il concetto di sensazione garten, Metaphysica, § 505). Autore: Manuela Mei
KGS, III, A 320/B 376: Testo in originale: «Eine
Perzeption, die sich lediglich auf das Subjekt, 7) La sostanza come aggregato di altre sostanze
als die Modifikation seines Zustandes bezieht, KGS, III, A 351: Testo in originale: «Eine jede zusammengesetzte
ist Empfindung (sensatio)». Testo in italiano: Substanz ist ein Aggregat vieler». Testo in italiano: «Ogni sostanza
«Una percezione che si riferisce unicamente al composta è un aggregato di parecchie sostanze». Fonte: «Substantia
soggetto, come la modificazione del suo stato, [...] composita autem, quae est substantiarum simplicium aggregatum»
è una sensazione (sensatio)». Fonti: «Percep- (C. Wolff, Ontologia, § 794). Autore: Manuela Mei
tiones, quorum ratio continetur in mutationis,
in organis corporis nostri qua talibus conti- 8) Il senso interno come strumento della rappresentazione del
gentibus, dicuntur Sensationes». C. Wolff, Psy- nostro soggetto pensante
chologia empirica, Renger, Frankfurt am Main KGS, III, A 357: Testo in originale: «[...] können wir mit Recht sagen,
1732, p. 37. «Sensationes sunt perceptiones, daß unser denkendes Subject [...] als Gegenstand des inneren Sinnes
quorum ratio continetur in mutationibus, in von uns vorgestellt wird». Testo in italiano: «[...] noi possiamo dire a
organis corporis nostri, qua talibus, contingen- buon diritto, che il nostro soggetto pensante […] è rappresentato da noi
tibus». F.C. Baumeister, Philosophia definitiva, come oggetto del senso interno». Fonti: «Mens etiam sibi conscia est
Ahlfeld, Wittenberg 1735, p. 127. Autore: Mar- eorum, quae in ipsa contingunt, si non omnium, saltem quorundam,
co Sgarbi. atque sic veluti seipsam percipit sensu quodam interno» (C. Wolff, Logi-
ca Latina, § 31); «[...] ich die Vorstellung von meinem Ich niemals ohne
5) La sostanza e la sua distinzione dai pre- das begleitende Selbstgefühl in mir habe» (J.N. Tetens, Philosophische
dicati e dalle determinazioni delle cose Versuche über die menschliche Natur und ihre Entwicklung, parte I, 7,
KGS, III, A 349: Testo in originale: «Von jedem IV, § 12). Autore: Manuela Mei
Dinge überhaupt kann ich sagen, es sei Sub-
stanz, so fern ich es von bloen Prädicaten und 9) Il concetto di persona
Bestimmungen der Dinge unterscheide». Testo KGS, III, A 361: Testo in originale: «Was sich der numerischen Identi-

49
tät seiner selbst in verschiedenen Zeiten bewußt ist, ist so fern eine Per- mea mente posse a me percipi» (R. Descartes,
son». Testo in italiano: «Ciò che è cosciente dell’identità numerica di Meditationes de prima philosophia, II, 31). Au-
se stesso in tempi diversi, è in questo senso una persona». Fonti: «Thus tore: Manuela Mei
we see the Substance, whereof personal self consisted at one time,
may be varied at another, without the change of personal Identity». 13) L’esistenza dell’io come ente pensante
(J.Locke, An Essay concerning human Unterstanding, libro II, cap. XX- KGS, III, A 367-368: Testo in originale: «Da-
VII, § 11); «Da man nun eine Person nennet ein Ding, das sich bewust her auch Cartesius mit Recht alle Wahrneh-
ist, es sey eben dasjenige, was vorher in diesem oder jenem Zustan- mung in der engsten Bedeutung auf den Satz
de gewesen» (C. Wolff, Deutsche Metaphysik, § 924); «Persona dicitur einschränkte: Ich (als ein denkend Wesen) bin».
ens, quod memoriam sui conservat, hoc est, meminit, se esse idem Testo in italiano: «Anche Cartesio limitò quin-
illud ens, quod ante in hoc vel isto fuit statu» (C. Wolff, Psychologia di giustamente ogni percezione – nel senso più
rationalis, § 741). Autore: Manuela Mei stretto – alla proposizione: io (come ente pen-
sante) sono». Fonte: «ego sum, ego existo, quo-
10) La percezione di ciò che è in noi stessi come percezione ties a me profertur, vel mente concipitur, neces-
“immediata” sario esse verum […] Sed quid igitur sum? Res
KGS, III, A 367: Testo in originale: «[...] daß nur dasjenige, was in uns cogitans» (R. Descartes, Meditationes de prima
selbst ist, unmittelbar wahrgenommen werden könne». Testo in italia- philosophia, II, 18, 23). Autore: Manuela Mei
no: «[…] solo ciò che è in noi stessi può essere percepito immediata-
mente». Fonti: «[…] every Substance being as apt, […] to produce in us 14) La deduzione delle cose “esterne” per
those simple Ideas, which we receive immediately from it ». (J.Locke, mezzo di percezioni “interne”
An Essay concerning human Unterstanding, libro II, cap. XXIII, § 7); KGS, III, A 368: Testo in originale: «Ich kann
«[...] ich denke, ich fühle, ich will, es kommt mir so vor, es scheint mir also äußere Dinge eigentlich nicht wahrneh-
u.s.s. Die sind Urtheile über einzelne Veränderungen von mir selbst, men, sondern nur aus meiner inneren Wahr-
unmittelbare Empfindungsurtheile» (J.N. Tetens, Philosophische Ver- nehmung auf ihr Dasein schließen». Testo in
suche über die menschliche Natur und ihre Entwicklung, I, 7, II § 11). italiano: «Propriamente dunque io non posso
Autore: Manuela Mei percepire cose esterne, ma posso soltanto de-
durre la loro esistenza dalla mia percezione in-
11) La propria esistenza come oggetto di una semplice percezione terna». Fonte: «Nempe ea dem quam video,
KGS, III, A 367: Testo in originale: «[…] und da meine eigene Exi- quam tango, quam imaginor, eadem denique
stenz allein der Gegenstand einer blossen Wahrnehmung seine kön- quam ab initio esse arbitrabar. Atqui, quod no-
ne». Testo in italiano: «[…] la mia propria esistenza può essere ogget- tandum est, ejus perceptio non visio, non tactio,
to di una semplice percezione». Fonti: «Nos esse nostri [...] conscios non imaginatio est, nec unquam fuit, quamvis
quovis momento experimur» (C. Wolff, Psychologia empirica, § 11). prius ita videretur, sed solius mentis inspectio»
Autore: Manuela Mei (R. Descartes, Meditationes de prima philoso-
phia, II, 28). Autore: Manuela Mei
12) La “deduzione” dell’esistenza degli oggetti fuori di noi
KGS, III, A 367: Testo in originale: «Also ist das Dasein eines wirkli- 15) La “invenzioni“ dell’immaginazione e la
chen Gegenstandes außer mir […] niemals gerade zu in der Wahrneh- mancanza di un loro corrispettivo empirico
mung gegeben, sondern kann nur zu dieser, welche eine Modification KGS, III, A 374: Testo in originale: «Ist Emp-
des inneren Sinnes ist, als äußere Ursache derselben hinzu gedacht findung einmal gegeben [...], so kann durch die
und mithin geschlossen werden». Testo in italiano: «L’esistenza di un Mannigfaltigkeit derselben mancher Gegen-
oggetto reale fuori di me […] non potrà quindi mai essere data imme- stand in der Einbildung gedichtet werden, der
diatamente nella percezione, ma potrà soltanto venir pensata in ag- außer der Einbildung im Raume oder der Zeit
giunta alla percezione – che è una modificazione del senso interno keine empirische Stelle hat». Testo in italiano:
– come causa esterna di essa, e di conseguenza, potrà soltanto essere «Una volta data la sensazione […], mediante
dedotta». Fonte: «[…] nam cum mihi nunc notum sit ipsamet corpora la molteplicità di essa si potranno inventare
non proprie a sensibus, vel ab imaginandi facultate, sed a solo intellec- nell’immaginazione parecchi oggetti, che non
tu percipi, nec ex eo percipi quod tangantur aut videantur, sed tantum trovano – al di fuori dell’immaginazione – alcu-
ex eo quod intelligantur, aperte cognosco nihil facilius aut evidentius na posizione empirica nello spazio o nel tem-

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po». Fonte: «Si ea componimus, quae sibi mu-
tuo repugnant, vel nature vi in eodem subjecto
conjungi nequeunt, phantasma ens fictum re-
praesentat» (C. Wolff, Psychologia empirica, §
146). Autore: Manuela Mei

16) La dipendenza dell’immaginazione dal-


la percezione
KGS, III, A 377: Testo in originale: «[…] ohne
Wahrnehmung selbst die Erdichtung und der
Traum nicht möglich seien». Testo in italiano:
«[…] senza percezione non sono possibili nep-
pure la fantasia e il sogno». Fonte: «Sine prae-
via sensatione nullum in anima phantasma oriri
potest» (C. Wolff, Psychologia empirica, § 106).
Autore: Manuela Mei

17) Tuttò ciò che è nell’anima è continua-


mente in cambiamento
KGS, III, A 381: Testo in originale: «Denn in
dem, was wir Seele nennen, ist alles im con-
tinuirlichen Flusse».Testo in italiano: «In ciò
che chiamiamo anima, difatti, tutto è in conti-
nuo mutamento». Fonte: «Status animae conti-
nuo mutatur» (C. Wolff, Psychologia rationalis,
§ 58). Autore: Manuela Mei

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INTERVISTA

NOI TUTTI SIAMO QUI SOLO PROVVISORIAMENTE!

Intervista di Lorenzo Fossati a Hans Albert

Questa intervista risale a qualche anno fa, al 5 dicembre 2001, quando Sino alla fine della seconda guerra mondia-
andai a trovare il Professor Hans Albert nella sua casa di Heidelberg, le aderivo alla visione pessimistica della sto-
ed è stata pubblicata prima in tedesco, poi in italiano1. Naturalmente ria della filosofia di Oswald Spengler. La mia
il testo non è stato cambiato, ma ho integrato le note con alcuni rife- concezione del mondo cambiò poi comple-
rimenti bibliografici spero non inutili. A distanza di tempo, oltre agli tamente. Dapprima lessi Benedetto Croce,
aspetti personali legati al ricordo della disponibilità e della cortesia di trovandolo convincente; in seguito lessi altri
Albert, resta in me forte la convinzione che il suo pensiero e il razio- filosofi, per esempio Kant, Russell, Hartmann,
nalismo critico di matrice popperiana continuino a costituire un nodo Scheler, Gehlen, Carnap, Bergson e Heidegger.
interessante della riflessione filosofica recente2. Ritengo probabile che, Alla fine mi sentivo davvero confuso, perché
prima o poi, verrà ridimensionata la centralità di Popper nella filosofia ciascuno aveva apparentemente buoni argo-
del ‘900 che alcuni sostengono, e che prevarranno i motivi di conti- menti, ma le loro concezioni erano inconcilia-
nuità tra il suo pensiero e il Neopositivismo su quelli di discontinuità; bili l’una con l’altra. Al tempo dei miei studi
del resto sono anche convinto che un’adeguata prospettiva storica su di economia incontrai il positivismo logico del
questo movimento e sulla filosofia analitica in genere non sia ancora «Circolo di Vienna», che era stato utilizzato da
riuscita a prendere piede, nonostante i molti importanti contributi in Hutchison per criticare l’economia neoclassi-
tal senso giunti da cespiti differenti e tuttavia convergenti (mi vengono ca3. Io accettai questa critica, ma nel frattem-
in mente, in allegro ordine sparso, le preziose pagine di Parrini, Benoi- po mi ero costruito una concezione filosofica
st, Dummett e Haller). In ogni caso, sia o non sia Popper un «gigante» che si ricollegava al pragmatismo tedesco: alla
o un «neopositivista» (magari eretico), il dibattito filosofico che le sue dottrina dell’azione di Arnold Gehlen, alla so-
tesi hanno aperto e le implicazioni che hanno saputo trarne autori a ciologia del sapere di Max Scheler, al conven-
lui vicini, quale appunto Albert, sono un buon banco di prova per le zionalismo e alla teoria della fondazione ulti-
idee personali (ed eventualmente per le concezioni teoriche) del let- ma di Hugo Dingler. Esposi questa concezione
tore volenteroso: il tema della giustificazione delle nostre conoscenze nella mia dissertazione di dottorato, dal titolo
(o più semplicemente delle nostre convinzioni), quello dei rapporti tra Rationalität und Existenz. Politische Arithmetik
ragione e fede, o tra linguaggio e realtà, rientrano tutti nel novero delle und politische Anthropologie, in cui criticavo
«eterne questioni» su cui sembra auspicabile in filosofia avere un pro- radicalmente l’economia pura4. Nel frattempo
prio punto di vista. Se incontrassi Albert oggi, gli porrei senz’altro altre mi resi conto che, per poter andare avanti, do-
domande e alcune domande le formulerei diversamente, se non altro vevo imparare la logica moderna. Lessi Tarski
per lo stimolo al «pensiero critico» che grazie alla lezione albertiana e scoprii il libro di Victor Kraft, Mathematik,
ho cercato di applicare innanzitutto a me stesso. Ma è così che è an- Logik und Erfahrung5, che conteneva una con-
data… e se eventualmente quelle che ora mi sembrano mie ingenuità vincente confutazione della teoria dingleriana.
suscitassero in chi legge una migliore impressione dell’intervistato, ne Kraft aveva scritto anche un libro sul Circolo
sarei comunque contento e potrei considerare la mia una felix culpa. di Vienna6, nell’ambito del quale annoverava
anche sé stesso e Karl Popper. Lessi così la Lo-
La prima cosa che vorrei chiederLe è naturalmente questa: in che gik der Forschung di Popper7 e i lavori del Cir-
modo è arrivato al razionalismo critico? colo di Vienna, e passai quindi al positivismo

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logico, al quale in un primo tempo associavo gia nell’ottobre del 1961 e la correlazione di Theodor W. Adorno. In
anche la concezione popperiana: accettavo la quell’occasione però non ci fu un autentico dibattito; esso iniziò solo
teoria della scienza di Popper e la collegavo quando Jürgen Habermas attaccò Popper in un articolo, definendo-
alla convinzione positivistica, secondo cui la lo «positivista»11. Popper stesso non vi ha quasi preso parte. Mi mise
metafisica sarebbe priva di significato. Tutto anzi in guardia dal «cacciarmi in quel pantano». Ma io non mi sono
mi appariva dunque molto semplice, finché lasciato dissuadere dall’analizzare criticamente le concezioni di Ha-
non scoprii che la critica di Popper alle idee bermas, Apel, Gadamer, Heidegger ecc. Karl Popper si dedicava ad
del Circolo di Vienna si spingeva molto più altri problemi; si occupava di Kant, della fisica moderna, della teoria
avanti di quanto non avessi pensato, e che la evoluzionistica della conoscenza, dei presocratici. Posso ben capire
tesi dell’assenza di significato della metafisica che non volesse sprecare il suo tempo con altre questioni.
non è accettabile, e questo già per il fatto che
si danno nessi logici tra le asserzioni metafisi- Ha conosciuto personalmente anche Habermas?
che e le asserzioni delle scienze empiriche, per Naturalmente! Quando venni chiamato a Mannheim nel 1963, Ha-
esempio tra il principio generale di causalità, le bermas era professore all’Università di Heidelberg. Ci siamo incontrati
leggi causali e le singole asserzioni causali. Do- nel 1964 al Congresso su Max Weber ad Heidelberg. In quel periodo
ver superare la mia concezione antimetafisica venne a trovarmi e gli prestai il libro di Bartley, The Retreat to Com-
fu per me molto doloroso, ma inevitabile. Pas- mitment. Gli dissi che stavo scrivendo una risposta alla sua critica a
sai così al razionalismo critico di Popper. Co- Popper. Anche in seguito ci siamo visti qualche volta. Mi sono sempre
nobbi poi personalmente Karl Popper nel 1958 sforzato di comprenderlo e di venire incontro alle sue idee. Lui ha
in Tirolo, in occasione del «Forum Europeo sempre discusso con pensatori americani e francesi. Ha tenuto poco
di Alpbach». Da allora iniziammo a scriverci conto dei critici tedeschi e delle loro obiezioni.
e diventammo amici8. Quando nel 1968 uscì
il mio Traktat über kritische Vernunft9, egli mi Lei ha criticato aspramente anche Karl-Otto Apel.
scrisse che si trattava della migliore presenta- Il Signor Apel è un uomo cordiale ed è solito rispondere anche alle
zione globale della sua concezione filosofica. critiche aspre in modo cordiale. Egli ritiene di aver confutato il mio fal-
Tuttavia in questo libro sono contenute anche libilismo conseguente12. E io sono convinto di aver ridotto all’assurdo
idee non rintracciabili in Popper, per esempio la sua posizione «fondata in modo ultimo»13. Altri si sono pronunciati
la critica delle fondazioni ultime con l’aiuto del sulla questione, per esempio ultimamente Nilsson nel suo libro The
Trilemma di Münchausen, la possibilità della Revisability of Cognitive Standards, che sta dalla mia parte14.
critica delle concezioni etiche per mezzo dei
principi-ponte e la mia critica delle concezioni Adesso arriviamo alla sua controversia con la «pragmatica tra-
teologiche di Bultmann e di altri teologi. scendentale». La domanda d’obbligo, in questo caso, è la se-
guente: perché si deve attribuire al fallibilismo una validità ge-
Anche Bartley ha sostenuto in modo perso- nerale? Potrebbe infatti già essere sufficiente sostenere il falli-
nale il criticismo popperiano. bilismo solo in relazione al nostro sapere scientifico o fattuale,
E anche Bartley l’ho poi conosciuto e mi ha mentre nella logica si potrebbe vedere un’eccezione.
influenzato. Ha proposto una versione della fi- La domanda dovrebbe piuttosto essere formulata così: perché mai si
losofia popperiana che Popper in seguito ha ri- dovrebbe fare un’eccezione? Come si fa a sapere che una determinata
conosciuto solo fino a un certo punto10. A causa soluzione di un problema non potrà mai essere rivista? Legga il libro
delle grosse differenze, tuttavia, non ebbe nes- di Bertrand Russell My Philosophical Development15. Da qualche parte
sun contatto con Popper per circa dieci anni. dice di avere prima considerato la matematica come l’ultima provincia
della certezza, ma di aver poi abbandonato questa posizione, una volta
Che cosa ha da dire sul Positivismusstreit – scoperti i paradossi della teoria degli insiemi. Più tardi Imre Lakatos ha
la polemica tra il razionalismo critico e la mostrato come sia accettabile una concezione fallibilista del pensiero
scuola di Francoforte? matematico16. Chi l’avrebbe mai detto? Del resto anche in logica ci sono
Il punto di partenza di questa controversia fu controversie, per esempio sulla legge del terzo escluso. E vengono an-
notoriamente la relazione di Karl Popper sul- che proposte logiche paraconsistenti.
la logica delle scienze sociali al Convegno di
Tübingen della Società tedesca di Sociolo- La sua concezione è sicuramente molto coerente. Al contrario di

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quanto ritengono alcuni suoi critici, non si può dire che contenga Per Lei ed Apel il principio di non contraddi-
contraddizioni. zione deve essere riconosciuto, altrimenti sa-
Sì, ma naturalmente una concezione coerente può pure essere falsa! rebbe possibile trarre qualsiasi conseguenza.
Naturalmente, per essere conseguente, devo applicare il mio fallibili- Rispetto al Apel, Lei dà una diversa fondazio-
smo anche alla mia propria concezione. Non posso cioè escludere, ne di questo principio, ma, al pari di lui, gli
da un punto di vista logico, la possibilità che ci siano eccezioni. Chi attribuisce un ruolo meramente «pratico».
critica la mia posizione deve però provare queste eccezioni. In effetti accetto, come Apel, il principio di
non contraddizione. Solo non affermo di aver-
Il problema potrebbe essere esposto in questo modo: dal punto lo fondato. E la tesi che, non riconoscendolo,
di vista empirico è certo che una cosa abbia molte proprietà, di sarebbe possibile trarre qualsiasi conseguenza,
cui noi possiamo parlare e in merito alle quali possiamo sbagliar- vale solo se si accettano certe regole logiche.
ci; potremmo però affermare di avere a disposizione qualcosa Un dialettico potrebbe obiettare che si potreb-
su cui non possiamo sbagliarci, e cioè la proprietà di avere mol- bero utilizzare altre regole al loro posto, cosic-
te proprietà. Posso, per esempio, sbagliarmi sul colore dei miei ché non sarebbe più possibile trarre qualsiasi
pantaloni, ma non sul fatto che i miei pantaloni debbano avere conseguenza. Della possibilità di logiche pa-
un colore. Che un colore ci sia non potrebbe essere dunque ma- raconsistenti ho già detto. Io resto fedele alla
teria di dubbio. logica classica. La considero accettabile e mi
A questo proposito bisogna dire innanzitutto che molto è quello che sono occupato poco di questi sviluppi. In ogni
di solito si considera certo e indubitabile. Ma questa certezza non è caso finora non ho ancora sentito nulla che mi
un criterio di verità. Che i Suoi pantaloni abbiano un colore potrebbe potesse far cambiare idea.
infatti essere un’illusione. Il colore potrebbe essere un mero fenomeno
della sua coscienza. Potrebbe, allora, obiettarmi che almeno ci sono Finora! Sempre solo provvisoriamente.
colori nella sua coscienza. Ma addirittura l’esistenza di questi viene tal- Certo! Perché no? Del resto noi tutti siamo qui
volta messa in discussione, seppure non da me. Anche qui il fallibilista solo provvisoriamente! Dobbiamo rivedere
conseguente ingaggerà una discussione e non si richiamerà alla certez- costantemente le nostre concezioni. Al razio-
za come criterio di verità. Popper sarebbe forse stato d’accordo con lei nalismo critico appartiene il revisionismo me-
in merito alle cosiddette «verità banali». Ma è possibile che anche que- todologico.
ste siano false: il senso comune può infatti sbagliarsi, anche se talvolta
ha ragione rispetto alle concezioni filosofiche. Che ci siano cose che Lei ha parlato spesso della «ideologia tede-
sembrano avere proprietà, potrebbe tra l’altro essere una conseguenza sca». È una concezione che domina tuttora?
della nostra grammatica, alla quale non possiamo rinunciare, nono- Con quell’espressione mi riferivo alle correnti er-
stante che in questo caso ci induca in errore. Ai problemi ontologici meneutiche e dialettiche. Se le si chiama ideo-
si danno notoriamente soluzioni molto diverse. Se si ha abbastanza logie, non le si è con questo naturalmente anco-
fantasia speculativa, molte ovvietà diventano problematiche. ra tolte di mezzo! Io però non mi sono limitato a
caratterizzarle in questo modo, ma ho argomen-
Verità e certezza non vanno dunque d’accordo? tato contro di esse. È chiaro che Lei vuole che io
Verità e certezza sono comunque due cose diverse. Tra l’altro, di solito, dica qualcosa dello stato attuale del pensiero in
vengono tenute distinte anche dal senso comune ed è addirittura ovvio, Germania. Al contrario del periodo subito dopo
nella vita quotidiana, non considerare la certezza un indizio sicuro del- la Seconda Guerra mondiale, c’è oggi, nell’am-
la verità. Tuttavia crediamo di conoscere con certezza molte cose, per bito linguistico tedesco, una grande varietà di
esempio le semplici verità dell’aritmetica imparate a scuola. Per esempio posizioni filosofiche. E ci sono discussioni tra
sembra ovvio che 1 + 1 = 2. Se però ci chiediamo se davvero ci sia un le diverse correnti alle quali io stesso ho preso
numero «1», un numero «2» e una somma di numeri, o se ci siano forse parte. Non si può parlare della predominanza di
solo segni di numeri, con i quali riusciamo a fare praticamente le opera- certe concezioni. La situazione era diversa su-
zioni, allora magari incontriamo delle difficoltà. Mi ricordo come, in re- bito dopo la seconda guerra mondiale, quando
lazione a questi problemi, mi ha tra l’altro influenzato Ungewissheit und su tutti dominavano Heidegger e i suoi allievi.
Wagnis di Peter Wust17, il filosofo esistenzialista cattolico oggi del tutto Poi vennero la «Scuola di Francoforte» di Max
dimenticato. Lo lessi da studente, molto prima di scoprire Popper, ed è Horkheimer e Theodor W. Adorno e la «Scuola
stato per me molto più interessante di Heidegger, per fare un esempio. di Erlangen» di Paul Lorenzen; infine, Wolfgang

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Stegmüller con la filosofia analitica e il raziona- cratico», che tutti i grandi partiti avrebbero sottoscritto. Innanzitutto è
lismo critico di Karl Popper. Ora il quadro è di- stata la CDU a introdurre in Germania un tipo di riforme che andava in
ventato ancora più complesso. questa direzione, in nome di una «economia sociale di mercato». Più
tardi gli altri partiti hanno incluso nei loro programmi molto di quello
Ha parlato dei marxisti. Anche se spesso cui aspiravano i Verdi. Per quanto riguarda il razionalismo critico, ci
Popper viene considerato una sorta di «anti- sono state personalità di tutti i grandi partiti che si sono rifatte alle idee
Marx», nel suo libro The Open Society si di Karl Popper, soprattutto Helmut Schmidt, ma anche Helmut Kohl e
legge una valutazione parzialmente positi- addirittura Franz Josef Strauß. Popper si è autodefinito liberale e così
va dell’opera marxiana18. Si potrebbe dire vorrei classificarmi anch’io. Ho imparato molto da Adam Smith e da
che Popper si esprime positivamente sugli John Stuart Mill, che ha scritto un libro eccellente sulla libertà21, ma an-
obbiettivi di Marx e negativamente sui suoi che da Karl Marx e da Max Weber, uno dei suoi critici più agguerriti.
metodi. Marx avrebbe certo sostenuto una
teoria della scienza problematica, ma la sua John Stuart Mill era un filosofo molto amato anche dal suo ami-
analisi della società resterebbe comunque co Paul Feyerabend22. A questo proposito Lei ha contrapposto
interessante. «anarchia» e «anomia», sostenendo che Feyerabend di fatto pen-
Su questo ha completamente ragione. Anche serebbe più alla seconda che alla prima.
per me Karl Marx è uno dei sociologi ed eco- Sì, entrambi abbiamo scritto positivamente di Mill, che ha il merito di
nomisti tedeschi più significativi. Gli siamo de- aver introdotto il fallibilismo nella filosofia politica. Per quanto riguar-
bitori di penetranti intuizioni, anche se in certi da l’anarchia, si tratta senz’altro di una situazione di assenza di potere,
punti si è sbagliato. E i suoi errori hanno talvolta che però non esclude affatto, in modo automatico, ogni forma di dirit-
avuto effetti che di sicuro egli non avrebbe au- to. Ma, nelle società moderne, senza uno stato che detenga il mono-
spicato. Soprattutto è stato un grave errore dagli polio dell’uso della forza, probabilmente non si potrebbe, di fatto, reg-
effetti catastrofici l’idea che si potesse costruire gere nessun ordinamento giuridico. Anche il potere stesso può essere
una società libera attraverso l’eliminazione della giuridicamente addomesticato, e questo è parzialmente avvenuto negli
proprietà privata dei mezzi di produzione, del stati moderni sotto l’influsso dell’Illuminismo. Questo ha certamente
mercato e del denaro. La dogmatizzazione del contribuito all’addomesticamento dello Stato e, per impulso della se-
marxismo è però imputabile soprattutto a Lenin. colarizzazione, anche all’addomesticamento della religione23.
Ci si può, tra l’altro, facilmente immaginare che
un uomo come Marx sarebbe stato liquidato in Oggi viviamo in una crisi mondiale e sorge spontanea la domanda
Unione Sovietica. se sia possibile fare un confronto tra la concezione del mondo eu-
In Germania i revisionisti – soprattutto Eduard ropea e le altre. Per esempio, si fa notare che finora l’Islam non ha
Bernstein – hanno invece affrontato criticamente conosciuto alcuna secolarizzazione.
Marx. Bernstein è stato un revisionista non solo Di fatto è problematico che nell’Islam la religione stabilisca l’ordina-
dal punto di vista politico, ma anche da quello mento giuridico. Questo può condurre a grosse difficoltà. In Europa
teorico: ha sottoposto la concezione marxiana la prima separazione dei poteri si ebbe già con le lotte tra Papa e
alla critica e l’ha rivista19. Imperatore, con grandi conseguenze per gli ordinamenti giuridici eu-
ropei. Evidentemente un tale tipo di separazione dei poteri non c’è
Lei ha scritto che «in una società libera i nell’ambito dell’Islam. Per quanto riguarda l’attuale crisi internaziona-
partiti politici possono votarsi difficilmente le, auspicherei che col tempo si riuscisse ad affermare un ordinamento
ad una determinata convinzione filosofi- giuridico internazionale, pressappoco nel senso dell’ideale a suo tem-
ca»20. Il razionalismo critico ha però avuto po delineato da Immanuel Kant. Ma questo sembra difficile senza un
un influsso importante sui programmi della monopolio della forza centralizzato e un tale monopolio è difficile da
Socialdemocrazia tedesca. Lei è socialde- realizzare. Per essere accettabile, un tale ordinamento giuridico do-
mocratico? vrebbe includere un forte elemento federale. A mio avviso, sul lungo
Al giorno d’oggi una risposta affermativa a que- periodo, non è escluso che si riesca ad individuare un quadro giuridi-
sta domanda avrebbe scarso significato. Ralf co generale che possa risultare accettabile nei diversi contesti cultura-
Dahrendorf ha detto a ragione che in Europa, li. Ci sono già molti stati nei quali i seguaci di religioni diverse vivono
dopo la seconda guerra mondiale, si è imposto insieme in modo pacifico. Anche gli appartenenti all’Islam sembrano
qualcosa come «un compromesso socialdemo- talvolta potersi abituare ad un ordinamento giuridico del nostro tipo.

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Talvolta si ha l’impressione che Lei usi come sinonimi religione, qui non si tratta di un rifiuto della metafisica in
intolleranza, dogmatismo e teologia. generale, ma di quello di una determinata tesi.
Questo naturalmente non è corretto: sono convinto che vi siano reli-
gioni più o meno tolleranti e concezioni teologiche più o meno dog- Bartley era d’accordo con Lei. Si potreb-
matiche. Un classico dell’intolleranza era Paolo, come ha notato un be considerare il razionalismo critico come
noto teologo, e anche Lutero e Calvino possono essere caratterizzati in un’espressione paradigmatica dello spirito
questo modo. Si può sostenere invece il contrario di Albert Schweitzer. contemporaneo su questo punto – uno spiri-
Ma certamente vi sono tolleranza ed intolleranza anche in concezio- to che «sta bene» senza uno Spirito più alto.
ni del mondo secolarizzate. Non vorrei essere inteso in questo modo, Qui non si tratta di star bene, ma di come si
come se identificassi la teologia con l’intolleranza o il dogmatismo. possa decidere sulle ipotesi metafisiche: un
problema difficile, come si sa. Esse non pos-
Lei ha contrapposto il fallibilismo all’Offenbarungsmodell der Er- sono direttamente essere confermate con la
kenntnis, al «modello della conoscenza come rivelazione», che ricerca empirica. Chi riconosce che le ipotesi
però non è una categoria epistemologica, bensì teologica. metafisiche sono difficili da giudicare, può na-
Il mio «Offenbarungsmodell» corrisponde pressappoco a quello che turalmente cercare motivi a suffragio della tesi
Popper chiama «manifestation theory of knowledge», cioè «teoria ma- che ci sia un Dio di un certo tipo, cioè il Dio in
nifestativa della conoscenza». Sul fatto che questa sia una buona tradu- cui credono i cristiani. Finora io di buoni mo-
zione, si possono naturalmente nutrire dubbi. Ma considero problema- tivi non ne ho trovati, e anzi ne ho trovati per
tica la netta distinzione che Lei pone tra le categorie epistemologiche credere il contrario, per esempio in riferimento
e quelle teologiche. Dio gioca notoriamente un ruolo importante nella al problema della teodicea. Per quanto riguarda
teoria della conoscenza prekantiana, come Röd ha mostrato nel suo l’«immagine scientifica del mondo», il suo stes-
libro Der Gott der reinen Vernunft24. Anche Popper ha mostrato il si- so riconoscimento come concezione adegua-
gnificato epistemologico della «veracitas dei». ta di nessi reali oggettivi porta a sostenere un
realismo metafisico. Per questo motivo coloro
Forse ci siamo lasciati sedurre troppo dalla «magia delle parole» che credono in Dio sono spesso soliti interpre-
e ci siamo spinti troppo in là. In ogni caso la Sua critica al pen- tare strumentalisticamente le teorie scientifiche,
siero religioso è molto forte. Secondo Lei il razionalismo critico cioè come meri strumenti, privi di reale signifi-
e la religione sono inconciliabili? cato, utili a far fronte alle esigenze della vita.
Albert Schweitzer si è definito una volta un «razionalista critico», anche
se l’ha fatto quando questo non era ancora il nome di una precisa cor- La metafisica non è quindi un non senso,
rente. Egli ha però affermato con insistenza che il pensiero critico deve ma le teorie metafisiche restano inconfuta-
trovare cittadinanza anche all’interno della religione; lo vorrei quindi bili. Come si possono trovare allora buoni
volentieri includere nella mia versione del razionalismo critico. Egli motivi per sostenere il realismo?
stesso si è comportato in questo modo nella sua Geschichte der Leben Innanzitutto il realismo è il punto di partenza del
Jesu-Forschung25, in cui ha mosso critiche addirittura all’etica di Gesù. senso comune. E a questo punto ci si potreb-
be chiedere piuttosto perché mai si dovrebbe
Non si può dire che il razionalismo critico, come moderna con- abbandonare questa posizione. Certamente la
cezione del mondo, non abbia bisogno di Dio? scienza ha sempre sottoposto a critica compo-
Ci sono diverse versioni del razionalismo critico, cosicché la risposta a nenti del senso comune e lo ha rivisto in molti
questa domanda deve risultare molto differenziata. Karl Popper non si punti; però esso resta completamente concilia-
considerava ateo, ma agnostico. Altri razionalisti critici sono atei come bile con il realismo. Le alternative al realismo fi-
me. Ci sono, però, ad esempio, altri sostenitori del razionalismo critico nora proposte si sono mostrate molto artificiose
che si riconoscono nel cattolicesimo. Non voglio obbligare nessuno e hanno comportato eccessive difficoltà. Oggi
di loro a sottoscrivere la mia critica alla religione o alla teologia. Essa è per esempio di moda il costruttivismo radica-
non segue logicamente dal razionalismo critico, ma si basa su ulteriori le, il quale sostiene che la realtà sia una nostra
presupposti che essi possono non condividere affatto. La tesi dell’esi- costruzione. Ci si può allora chiedere di chi sia
stenza di Dio è un’ipotesi metafisica che io non posso accettare per costruzione. E la risposta che sarebbe una co-
certi motivi, soprattutto perché non si armonizza con la moderna im- struzione del nostro cervello, conduce alla do-
magine del mondo ampiamente improntata alle conoscenze scientifiche: manda se questo cervello stesso sia anche solo

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una nostra costruzione. Arriviamo quindi molto scienza26. Ed emerge allora, tra l’altro, che egli non ha considerato i
in fretta a conseguenze assurde. Se questa po- contributi offerti da Karl Bühler, Heinrich Gomperz e Max Weber alla
sizione naufraga in mezzo alle difficoltà, i suoi soluzione di questo problema, e non ha quindi tenuto conto delle im-
sostenitori ripiegano spesso sulla tesi che le no- portanti distinzioni operate da questi e da altri teorici: la sua visione
stre teorie riguardo alla realtà sarebbero nostre unilaterale della situazione problematica gli ha impedito di considerare
costruzioni – una tesi che praticamente nessuno la possibilità di una spiegazione del comprendere, quale è stata intra-
contesta e che è conciliabile con il realismo. In vista già nei primi abbozzi di una ermeneutica generale elaborati nel
metafisica abbiamo da scegliere tra concezioni XVIII secolo. Il suo tentativo di ricondurre ogni possibile tipo di cono-
alternative e per far questo è bene tener conto scenza immediata (Einsicht) sotto un concetto generale del «compren-
anche dei risultati delle scienze. Questo esige dere» non funziona affatto.
considerazioni che non possono essere riferite
in due righe. In tal caso il diavolo sta certamen- Non c’è forse il rischio che anche Lei, in relazione allo «spiega-
te nel dettaglio. Come Popper una volta disse, re» (Erklären), avanzi una pretesa esattamente speculare rispetto
è possibile che il mondo sia troppo complicato a quella sostenuta da Gadamer nei confronti del «comprendere»
per noi, di modo che non potremmo mai spin- (Verstehen)? In ciascuno dei due casi, cioè, si pretenderebbe di
gerci ad una conoscenza delle sue caratteristi- esaurire ogni approccio cognitivo, riducendolo o alla spiegazio-
che che sia del tutto priva di errori. Possiamo in ne o alla comprensione.
ogni caso fare alcuni progressi conoscitivi che ci Assolutamente no! Io accetto per esempio un comprendere nel senso
conducano forse un po’ più vicino alla verità. di una interpretazione dei segni, e questo non può essere descritto
come uno spiegare. Certo la percezione e l’interpretazione dei segni
L’idea dell’approssimazione alla verità è im- non sono in sé uno spiegare, ma possono però, a certe condizioni, es-
prontata alla scienza. Si può dire che la co- sere spiegati da una teoria del comprendere. Per riuscirci, occorre tro-
noscenza autentica sia quella della scienza? vare le regolarità del comprendere. Lo stesso vale per la comprensione
Assolutamente no, perché anche il nostro senso dei motivi, per la spiegazione della quale vi sono interessanti contribu-
comune sembra essere spesso del tutto accet- ti nel pensiero psicologico. Martin Heidegger, la cui filosofia assegna
tabile. Ma dalla ricerca scientifica si ottengono grande valore al linguaggio e al comprendere, non ha in genere tenu-
sempre miglioramenti – correzioni spesso radi- to conto della funzione rappresentativa del linguaggio, messa in luce
cali, approfondimenti e ampliamenti – che noi soprattutto da Karl Bühler27. È certo che egli parla ininterrottamente,
dovremmo accettare. come noi tutti, «su» qualcosa, rendendolo così oggetto della sua rap-
presentazione; però si comporta come se egli potesse superare l’og-
La metafisica ha quindi per il razionalismo gettivismo. Alla fine approda ad un espressionismo filosofico e usa il
critico un significato per così dire «secon- linguaggio solo come «musica dei vocaboli». Questo tipo di filosofia è
dario»? un abuso della ragione. Quando Richard Rorty mette insieme Heideg-
Anche questo sarebbe un fraintendimento. Già ger, Wittgenstein e Dewey come i tre più importanti filosofi moderni,
i programmi conoscitivi delle scienze empiri- suppongo, per non essere scortese nei suoi confronti, che egli abbia
che contengono assunzioni metafisiche, come valutato eccessivamente la sua conoscenza della lingua tedesca.
Popper ha cercato di mostrare. Così l’atomismo
presocratico, al pari di altre concezioni di quel Anche Carnap aveva duramente criticato Heidegger28. Alcuni
periodo, è diventato un programma di ricerca oppositori del razionalismo critico hanno scritto che esso so-
delle scienze empiriche destinato al successo. sterrebbe la stessa «ontologia fattuale» (Tatsachenontologie) del
Se si riconosce che tali programmi conoscitivi Circolo di Vienna29.
giocano un ruolo importante nelle scienze, si La critica carnapiana di Heidegger posso capirla molto bene. Per quanto
deve ammettere che non può esserci un netto riguarda però il Circolo di Vienna, in esso si sostenevano diverse conce-
confine tra scienza e metafisica. E se si sostiene zioni. Nel suo libro Der logische Aufbau der Welt30, Carnap ha de facto
che ci sono tipi particolari di conoscenza oltre sostenuto una metafisica fenomenistica, che per esempio Karl Popper
al sapere scientifico, bisogna discutere questa ha duramente criticato. Il fenomenismo, con il suo ricorso ai dati di
affermazione. Le tesi di Gadamer sul problema senso, è un erede dell’empirismo classico, che deve essere considerato
della comprensione, per esempio, si possono superato sulla base dello sviluppo della psicologia della percezione. In
così discutere in relazione allo sviluppo della seguito, Carnap è passato al fisicalismo. Ma né il fenomenismo né il

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fisicalismo sono accettabili per il razionalismo critico. L’uso dell’espres- 1 Versione italiana in L. Fossati, Ragione e
sione «fatti» (Tatsachen) non è connesso a nessuna ontologia. dogma. Hans Albert critico della teologia,
premessa di H. Albert, Guida, Napoli 2003,
Oggi si parla di filosofia «continentale» e di filosofia «analitica». pp. 194-207; versione tedesca su «Au-
Qual’è la posizione del razionalismo critico in questo dibattito? fklärung und Kritik», 9/2 (2202), pp. 6-18;
Questa suddivisione grossolana delle correnti filosofiche non è secon- http://www.gkpn.de/fossati.pdf
do me molto fruttuosa. Nello sviluppo della filosofia analitica sono 2 Per rimanere in Italia, vorrei qui segnalare al-
riemersi quasi tutti i problemi filosofici e quasi tutte le precedenti po- meno un altro paio di studiosi che nel frat-
sizioni, per così dire, nella forma di una «mascherata analitica». Ora tempo vi si sono dedicati, e cioè Edoardo
essi vengono trattati solo con i mezzi della logica moderna. Nell’am- Fittipaldi con la sua monografia Scienza del
bito della filosofia analitica si può essere oggi neoempiristi, kantiani o diritto e razionalismo critico. Il programma
addirittura esistenzialisti. La filosofia continentale ha rinunciato per un epistemologico di Hans Albert per la scien-
lungo periodo non solo all’uso degli strumenti della logica moderna, za e la sociologia del diritto, Giuffrè, Mila-
ma talvolta ha addirittura abbandonato del tutto l’argomentazione lo- no 2003; e Giuseppe Franco, che ha curato
gicamente stringente. Concezioni di questo tipo sono diventate però una «intervista doppia» ad Hans Albert e
sempre più rare. Di sicuro il razionalismo critico appartiene più alla a Dario Antiseri, L’ermeneutica è scienza?,
cerchia del pensiero analitico, ma considera fra i suoi precursori, per Rubbettino, Soveria Mannelli 2006, e l’an-
esempio, Oswald Külpe, un kantiano che passò al realismo trascen- tologia albertiana Sapere, fede e certezza.
dentale e che non ha utilizzato la logica moderna. Saggi su razionalismo critico e religione, di
imminente pubblicazione presso Barbieri
Per la filosofia analitica è essenziale l’analisi del linguaggio. Si Selvaggi Editori di Taranto.
potrebbe dire che questo vale anche per il razionalismo critico. 3 T.W. Hutchison, The Significance and Basic
Per esempio, è il linguaggio il mezzo con cui vengono formulate Postulates of Economic Theory, Macmillan,
le teorie che poi verranno criticate. Anche il Trilemma di Mün- London 1938.
chausen si riferisce a proposizioni. Il linguaggio si delineerebbe 4 H. Albert, Rationalität und Existenz, Mohr
così come il punto filosofico di partenza per trattare il pensiero Siebeck, Tübingen 2006.
e la conoscenza. 5 V. Kraft, Mathematik, Logik und Erfahrung,
Ci sono molti punti di partenza. In relazione al problema della cono- Springer, Wien 1947.
scenza, un fautore dell’empirismo deve soprattutto parlare anche della 6 Id., Der Wiener Kreis. Der Ursprung des
percezione. Per esempio egli utilizza percezioni per criticare le teorie. Neupositivismus, Springer, Wien 1950; tr. it.
Naturalmente esse devono essere trasformate in proposizioni. Se si tie- di N. De Domenico, Il circolo di Vienna,
ne conto delle ricerche in corso sulle scimmie più altamente evolute, si Peloritana Editrice, Messina 1969.
deve giungere alla concezione che ci sono conoscenze anche in questi 7 K.R. Popper, Logik der Forschung, Julius
animali, senza che essi dispongano di un linguaggio. Anche le recenti Springer, Wien 1935; ed. in. The Logic of
ricerche sull’apprendimento dei bambini piccoli conducono a conse- Scientific Discovery, Hutchinson, London
guenze analoghe: essi sono chiaramente in grado di conoscere qual- 1959; tr. it. di M. Trinchero, Logica della
cosa e di rivedere le proprie conoscenze prima di disporre di strumenti scoperta scientifica, Einaudi, Torino 1970.
linguistici. Certo il linguaggio gioca un ruolo significativo per la cono- 8 H. Albert - K.R. Popper, Briefwechsel, a cura
scenza quotidiana e per quella scientifica, ma credo che dovremmo di M. Morgenstern e R. Zimmer, Fischer,
pensarci bene prima di definire, all’inizio, il concetto di conoscenza in Frankfurt a. M. 2005.
modo tale che siano escluse conoscenze prelinguistiche. 9 H. Albert, Traktat über kritische Vernunft,
Mohr Siebeck, Tübingen 1969, 19915; tr.
Infine: Lei si considera un allievo di Popper? it. di E. Picardi, Per un razionalismo criti-
Ho stretto amicizia con Popper e, se devo indicare il nome di un filoso- co, intr. di G.E. Rusconi, il Mulino, Bologna
fo cui sono debitore in modo decisivo per il mio pensiero, allora devo 1973.
fare il suo. Ma ho imparato molto anche da Max Weber, da Victor Kraft, 10 W.W. Bartley III, The Retreat to Commit-
da Albert Schweitzer e da molti altri, che non posso nominare tutti. ment, Open Court, La Salle - London, 1962,
19842; tr. it. di A. Rainone, Ecologia della
razionalità, Armando, Roma 1990.

58
11 T.W. Adorno, K.R. Popper, R. Dahrendorf, Einleitung, Reclam, Stuttgart 1977, 19842, pp. 30-31.
J. Habermas, H. Albert, H. Pilot, Der Posi- 21 J. Stuart Mill, On Liberty, Parker & Son, London 1859; tr. it. di S.
tivismusstreit in der deutschen Soziologie, a Magistretti, Saggio sulla libertà, Il Saggiatore, Milano 1981.
cura di H. Maus, F. Fürstenberg e F. Bense- 22 H. Albert, P.K. Feyerabend, Briefwechsel, a cura di W. Baum, Fi-
ler, Luchterhand, Neuwied/Berlin 1969; tr. scher, Frankfurt a. M. 1997.
it. di A. Marietti Solmi, Dialettica e positivi- 23 H. Albert, Europa und die Zähmung der Herrschaft. Der europäi-
smo in sociologia, Einaudi, Torino 1972. sche Sonderweg zu einer offenen Gesellschaft, in Freiheit und
12 Cfr. p. es. K.-O. Apel, Das Problem der phi- Ordnung, Mohr (Siebeck), Tübingen 1986, pp. 9-59.
losophischen Letztbegründung im Lichte 24 W. Röd, Der Gott der reinen Vernunft. Die Auseinandersetzung
einer transzendentalen Sprachpragmatik. um den ontologischen Gottesbeweis von Anselm bis Hegel, Beck,
Versuch einer Metakritik des “kritischen Ra- München 1992.
tionalismus”, in Sprache und Erkenntnis, a 25 A. Schweitzer, Geschichte der Leben-Jesu Forschung, Mohr (Sie-
cura di B. Kanitscheider, AMOE, Innsbruck beck), Tübingen 19062; tr. it. di F. Coppellotti, Storia della ricerca
1976, pp. 55-82; Id. - H. Albert, Ist eine phi- sulla vita di Gesù, Paideia, Brescia 1986.
losophische Letztbegründung moralischer 26 H. Albert, Kritik der reinen Hermeneutik. Der Antirealismus und
Normen möglich?, in Funkkolleg Praktische das Problem des Verstehens, Mohr (Siebeck), Tübingen 1994
Philosophie/Ethik: Dialoge, II, Fischer, Fran- 27 H. Albert, Heidegger, la scienza e il linguaggio, «Rivista di filoso-
kfurt a. M. 1984, pp. 82-122. fia», 83 (1991), pp. 163-192.
13 H. Albert, Transzendentale Träumereien. 28 R. Carnap, Überwindung der Metaphysik durch logische Analyse
Karl-Otto Apels Sprachspiele und sein her- der Sprache, «Erkenntnis», 2 (1931), pp. 219-241; tr. it. di E. Melan-
meneutischer Gott, Hoffman und Campe, dri, Il superamento della metafisica mediante l’analisi logica del
Hamburg 1975. linguaggio, in Il Neoempirismo, a cura di A. Pasquinelli, Torino
14 J. Nilsson, Rationality in Inquiry. On the 1969, pp. 504-532.
Revisability of Cognitive Standards, Umeå 29 H. Hempelmann, Kritischer Rationalismus und Theologie als Wis-
Studies in Philosophy, Umeå 2000. senschaft. Zur Frage nach dem Wirklichkeitsbezug des Christlichen
15 B. Russell, My Philosophical Development, Glaubens, Brockhaus, Wuppertal 1980.
Allen & Unwin, London 1959. 30 R. Carnap, Der logische Aufbau der Welt, Weltkreis, Berlin 1928;
16 I. Lakatos, Proofs and Refutations. The Lo- tr. it. di E. Severino, La costruzione logica del mondo, Fabbri, Mi-
gic of Mathematical Discovery, a cura di J. lano 1966.
Worrall - E. Zahar, Cambridge University
Press, Cambridge 1976; ed. it. a cura di G.
Giorello, Dimostrazioni e confutazioni, Fel-
trinelli, Milano 1979.
17 P. Wust, Ungewissheit und Wagnis, Anton
Pustet, Salzburg 1937; tr. it. di E. da Ascoli,
Incertezza e rischio, Morcelliana, Brescia
1943, 19853.
18 K.R. Popper, The Open Society and Its Ene-
mies, Routledge and Kegan Paul, London
1945; tr. it. di D. Antiseri, La società aperta
e i suoi nemici, Roma 1974, 19962.
19 H. Albert, Das Gewissheitsbedürfnis und
die Suche nach Wahrheit. Ideologisches
Denken zwischen Fundamentalismus und
Pragmatismus, in Pragmatismus versus Fun-
damentalismus, a cura di F. Schneider, R.
Strasser, K. Vodrazka, Orac, Wien 1993.
20 H. Albert, Kritische Vernunft und menschli-
che Praxis, . Mit einer autobiografischen

59
LA BORSA DI DIOGENE

IL DISORDINE INVISIVILE

R. Casati-A. Varzi, Semplicità insormontabili. 39 storie filosofi-


che, Laterza, Roma-Bari 2004, pp. 51-54.
R. Casati-A. Varzi, Semplicità insormontabili. 39 storie filosofiche, La- otterrò necessariamente una di queste sedici
terza, Roma-Bari 2004, pp. 51-54. sequenze?
LEI Diciamo che 1 è testa e 0 è croce. Supponi di lanciare una mo- LEI Sì. E qui sta il punto. Se la moneta non è truc-
neta quattro volte di seguito. Potrebbe uscire 1111, ovvero testa-testa- cata, il risultato del lancio della moneta è sicura-
testa-testa. mente dettato dal caso. Quindi tutte le sequenze
LUI Sarebbe strano però. È un esito troppo regolare. Improbabile. di cui abbiamo discusso sono dettate dal caso.
LEI Non vedo la differenza rispetto a 0000, croce-croce-croce-croce. Invece secondo te sono tutte infuse da un ordine
LUI Infatti. Sono sequenze egualmente improbabili. di qualche tipo. E l’ordine esclude il caso.
LEI Prendi allora 0011. LUI Chiunque sarebbe d’accordo con me
LUI Anche questa è una sequenza troppo ordinata (e anche 1100). Tutti sull’ordine. Basta guardare le regole cui ciascu-
gli zero sono andati a finire da una parte, tutti gli uno dall’altra. na di queste sequenze obbedisce: simmetrie,
LEI Che cosa mi dici di 0110? ripetizioni…
LUI Troppo ordine anche qui (e anche in 1001, il suo gemello). C’è una LEI Ma la sequenza è creata dal caso, come fa
simmetria perfetta tra gli uno e gli zero. a obbedire a una regola? No, le “regole” di cui
LEI Vediamo: 1010? mi parli sono un’illusione. L’ordine sta tutto nel-
LUI Siamo da capo. C’è un’alternanza perfetta di uno e zero (come in la nostra mente, non nella realtà della sequen-
0101, del resto). za. Le regole testimoniano solo la tua abilità:
LEI Che cosa posso proporti? 1000, per esempio. sai scovare strutture dappertutto. Sei costante-
LUI Stiamo perdendo il nostro tempo. Come i suoi cugini 0111, 1110 e mente all’erta, alla ricerca di simmetrie, confi-
0001, si tratta di una configurazione semplice e ordinata, non trovi? La gurazioni, ripetizioni, figure. E inevitabilmente
regola è: una cifra-unita-a-tre-ripetizioni-dell’altra. le trovi, se vuoi.
LEI Diresti qualcosa di simile anche per la famiglia 1011, 1101, 0100, LUI D’accordo, supponiamo che l’ordine sia
0010? imposto solo a posteriori. Potrei anche dire che
LUI Certamente: la-sola-cifra-diversa-si-trova-lontano-dagli-estremi, tutte le sequenze sono egualmente ordinate e
Più ordine di così… che quindi hanno tutte le stesse probabilità di
LEI Eri partito dicendo che una sequenza come 1111 è improbabile uscita. Comunque la tua obiezione vale sol-
perché è troppo regolare. Ma adesso mi dici che tutte le sequenze tanto per le sequenze di quattro lanci. Se mi
che ti ho proposto sono ben organizzate. Tutte rispettano una qualche chiedessi di valutare l’aspetto di una sequenza
regola e nessuna sembra essere dettata dal caso. Dovresti dunque dire di sei lanci, sarei d’accordo nel trovare 010110
che sono tutte improbabili. Ma qui ti ritrovi con un problema. meno ordinata di 000000 o anche di 000111.
LUI Quale? LEI Mi stupisce che abbandoni così’ presto la
LEI Le sequenze che ti ho presentato e di cui abbiamo discusso sono tua ricerca di un ordine, Mi era parso di capire
tutte e sole le sedici sequenze di risultati di quattro lanci successivi di che tu la pensassi come Wittgenstein: datemi
una moneta. Non ce ne sono altre. una sequenza qualsivoglia e vi troverò una re-
LUI Questo significa che se lancio una moneta quattro volte di fila, gola di qualche tipo cui la sequenza obbedi-

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sce. (Magari poi la regola sembra strana, ma è
comunque una regola). Tuttavia ti concedo che
l’effetto disordine viene amplificato dalla lun-
ghezza della sequenza. Gli studi di psicologia
dimostrano in effetti che tendiamo a conside-
rare 010110 più probabile di 000111 e suggeri-
scono che questo dipende dal fatto che 010110
sembra più simile all’immagine che ci faccia-
mo di una sequenza disordinata. (E di nuovo si
tratta di un’illusione: 010110 è altrettanto pro-
babile di 000111).
LUI E per quale motivo saremmo così ossessio-
nati dal’ordine?
LEI È il nostro modo di semplificare i dati, e in
moltissimi casi questa semplificazione ci per-
mette di tenere sotto controllo l’enorme flusso
di informazioni che ci bombarda a ogni istan-
te. D’altro canto dobbiamo essere coscienti del
fatto che il meccanismo che ricerca un ordine
è per così dire sempre acceso, anche quando
non c’è nessun ordine da trovare. Pensa a come
funzionano bene le profezie di Celestino o di
Nostradamus: troppo bene, col senno di poi,
il che significa che qualcuno ha selezionato le
cosiddette predizioni in modo da far tornare
i conti. Pensa alla ricerca ossessiva (e perfet-
tamente inutile, come abbiamo già visto) dei
cosiddetti ritardi nel Lotto. Pensa al modo in
cui riscriviamo la nostra vita mettendo in luce
dei fatti che confermano l’immagine elegante
che ci piace avere di noi stessi e dimenticando
quelli che non ci fanno onore. Pensa all’idea
che la storia si ripeta, che è anche una delle
idee più ripetute della storia. In tutti questi casi
imponiamo un ordine a dei fatti di cui abbia-
mo invece ragione di pensare che siano am-
piamente dominati dal caso. Credimi: la realtà,
la vita, e la storia sono infinitamente più com-
plesse delle immagini che ci pare di scorgere
nella loro figura.

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