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PENSARE LO SPETTACOLO

collana diretta da Orio Caldiron

3
FABIO ROSSI

LA LINGUA IN GIOCO
Da Totò a lezione di retorica

Prefazione di Tullio De Mauro

BULZONI EDITORE
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ISBN 88-8319-697-X

© 2002 by Bulzoni Editore


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http://wWw.bulzoni.it
e-mail: bulzoni@bulzoni.it
Alla cara memoria degli amici
Gigi, Mario e Raffaele Capozzi
INDICE

13 Prefazione di Tullio De Mauro

17 INTRODUZIONE:
TOTÒ, IL PARLATO FILMICO E I GIOCHI LINGUISTICI
17 1. La lingua dei film di/con Totò
24 2. La paternità del testo filmico e l'improvvisazione
30 3. La tipologia linguistica e testuale del film e i criteri di
trascrizione
33 4. Tra gioco, retorica, realismo e sperimentalismo

41 I. «MODESTAMÈNDE QUALCHE LINGUA LA PARLO»:


LE LINGUE STRANIERE
41 I.1. «bisissis bisis»: la pronuncia
42 1.2. Nella hall... «fa più fino»: derisione dei forestierismi
46 1.3. «Vigliacchibus mascalzonibus farabuttibus»: il latinorum,
lingua del potere
49 1.4. «Audax fortuna iuventus»: i proverbi
50 1.5. Il wagon-lit e il vagon qui: le altre lingue

63 Il. «E PARLI ITALIANO BENEDETTO IDDIO!»: I DIALETTI


64 Il. I. Tra terroni e polentoni: Totò dialettofobo
67 11.2. «Ostregheta!»: intercalari dialettali e usi non censori
69 11.3. «Sarà latino coll'accento sardo»: il dialetto spacciato
per lingua straniera
74 11.4. «Sciuminòx»: dialettalismi inventati

77 III. «VENIAMO NOI CON QUESTA MIA ADDIRVI»:


L'ITALIANO POPOLARE
77 III.1. «Ma mi faccino il piacere!»: i congiuntivi alla Fantozzi
e la semplificazione analogica
79 Ill.2. «Punto punto e virgola punto punto e virgola»:
scrittura e punteggiatura
10 INDICE

85 IY. «E CI SI PULISCA IL CULO!»: IL TURPILOQUIO

87 V. «COME SI DICE QUELLA PAROLA? AH/ POMICIARE»:


IL SESSO

91 VI. «SIGNORI SI NASCE»: LE FORME AULICHE E ARCAICHE

101 VII. CA.,.1\fTA CHE TI PASSA: TOTÒ E L'OPERA LIRICA

105 VIII. «A PRESCINDERE»:


LA LINGUA DI PLASTICA E GLI STEREOTIPI

109 IX. «NON W HANNO FATTO COMMENDATORE!»:


LE ASPIRAZIONI DEL BORGHESUCCIO E LE PARODIE
DELLA PARLATA SNOB
109 IX.l. «Lei non sa chi sono io»: il frasario del borghese frustrato
113 IX.2. il «parlare a metà ... no»: parole troncate, intercalari
e altre amenità care allo snob

117 X. «HAI CAPITO? NO// E NEANCHE IO»:


TECNICISMI E BUROCRATISMI

123 XI. «QUESTO NOME NON MI È NUOVO»:


ANTROPONIMI E TOPONIMI
123 XI.l. «Tony» e «Cleo»: nomignoli e nomoni
124 XI.2. Dimmi come ti chiami e ti dirò chi sei: il nomen omen
126 XI.3. Trombetta, Zozzogno e gli altri: nomi deformati e nomi comici
137 XI.4. Totò interpreta ... Totò: attori e personaggi
139 XI.5. Non solo Cuneo: la geografia di Totò

143 XII. «ZETA!»: LE INTERIEZIONI

147 XIII. «GNA GNA GNA GNA GNA GNA .. CHIA CHIA CHIA
CHIA... CHIÈ CHIÈ CHIÈ CHIÈ ... PIPIPIPIPÌ... PIPIPIPIPÌ...
GNA CACACACACACACA COO. .. PEPÈ...»:
IL DELIRIO DEGLI IDEOFONI

151 XIY. «NON BARBOCCHI»:LE PATOLOGIE LINGUISTICHE


RIPRODOTTE CON INTENTO LUDICO
INDICE 11

153 XV. «PERCHÉ È AGGETTNO QUALIFICATNO/ NO?»:


LA FUNZIONE METALINGUISTICA

157 XVI. «QUANDO SI DICEBONGIORNO. .. »:


LA FUNZIONE METATESTUALE E METACOMUNICATNA
157 XVI.I. «Ci sarebbe o c'è?»: la forza pragmatica
160 XVI.2. «Mo mi cieco l'occhi// Stai fermo con gli occhi»:
il finto dialogo
161 XVl.3. «Lei tu»: gli errori d'allocuzione

165 XVII. E CHI PIÙ NE HA, PIÙ NE METTA: L'ACCUMULAZIONE


165 XVll.1. «...affini e collaterali»: amplificazione (pseudo)sinonimica
169 XVIl.2. «Seco lui»: pleonasmi
169 XVIl.3. «Ha capito?! Acca!»: ecolalia e frasi foderate
171 XVII.4. «La serva serve»: paronomasie, figure etimologiche,
poliptoti, rime, assonanze e allitterazioni

177 XVIII. «COL PIMICE E IL POMICE»: GIOCHI


DEL SIGNIFICANTE (FORME IMMOTNATE)
177 XVIII.I. La «pesca subacquèa»: spostamenti d'accento
178 XVIIl.2. «Tutti abbiamo una marna»: aggiunta, perdita o
sostituzione di fonemi o di sillabe
179 XVIII.3. «Sono un forziero!»: metaplasmi

181 XIX. «GIULIETTO E ROMERA»: GIOCHI DEL SIGNIFICANTE


E DEL SIGNIFICATO (FORME MOTNATE)
181 XIX.I. «Impiegati sparastatali»: sostituzione di fonemi che
genera parole inesistenti ma allusive
181 XIX.2. Il «padicherma»: metatesi e inversioni
182 XIX.3. «Per Dinci e Bacco»: segmentazioni
183 XIX.4. «Che ha detto il cadetto?»: segmentazioni di senso
compiuto e ricomposizioni
187 XIX.5. «Miope o preside?»: paronomasie scarsamente motivate
192 XIX.6. I modi «urbani» e «interurbani»: paronomasie
chiaramente motivate, paretimologie e lapsus

201 XX. «PARLI COME BADI»: GIOCHI DEL SIGNIFICANTE E DEL


SIGNIFICATO CONTRO L'AUTOMATISMO LINGUISTICO
12 INDICE

202 XX.I. «In maniche di mutande»: deformazione di collocazioni,


espressioni idiomatiche e proverbi
204 XX.2. «Desto o son sogno?»: modi di dire invertiti
205 XX.3. «Prima abbiamo perduto la guerra// Adesso abbiamo
perduto la pace»: modi di dire intesi in senso letterale
anziché traslato o viceversa

209 XXI. «ALTEZZA» «UNO E SESSANTACINQUE»:


GIOCHI DEL SIGNIFICATO
209 XXl.1. Il «busto d'oro del duce»: metafore, polisemie,
omonimie, equivoci e qui pro quo
221 XXI.2. «Come passa il tempo!»: sfasamento cronologico
223 XXI.3. «Per la contradizion che noi consente»: contraddizioni
223 XXI.4. «È la somma che fa il totale»: nonsense e tautologie

225 XXII. «IPOCRIFO»: LE PAROLE INVENTATE


225 XXII. I. «Soffittizzatevi!»: aggiunta di affissi o desinenze
a radici esistenti
230 XXII.2. «Pinzillacchere»: invenzione di radici

233 XXIII. REPETITA IlNANT: LA FORMULARITÀ


NEL TEATRO E NEL CINEMA DI CONSUMO
234 XXIII. I. Tra manichini, marionette, sputi e suicidi:
formule sceniche
242 XXIII.2. «Che che!»: formule verbali
246 XXIII.3. Da Rossini a Fellini: parodia di film e d'altro

251 CONCLUSIONI: giocando e filmando. La funzione ludica e la ri-


produzione filmica come osservatòri privilegiati sulle
strutture del parlato e sulla storia linguistica nazionale

255 TEATROGRAFIA

259 FILMOGRAFIA

289 BIBUOGRAFIA

299 INDICE DEI NOMI


Prefazione di
Tullio De Mauro

Courteline ha raccontato come un nastrino della Legion d'onore po-


tesse bastare per indurre un mezzemaniche a lasciar perdere la richiesta
di un cospicuo aumento di stipendio. E prima di lui Orazio si era cimen-
tato un paio di volte nel descrivere quante vanità rincorriamo stolidamen-
te noi del genere umano. Per non andar lontano, negli ambienti accade-
mici c'è chi muore per arrivare in una certa sede universitaria, magari la-
sciandone una più picc(?la e meglio dotata. E c'è chi organizza la vita sua
e della famiglia per farsi nominare socio di questa o quella accademia.
Senza pudore, in limine di questo libro tanto serio (ma su questo tor-
nerò) quanto piacevole, confesso di essere anch'io preda delle umane va-
nità e del mondan romore. E se a volte mi pare di resistervi è solo per la
buona ragione che da gran tempo ho avuto anch'io il mio nastrino, anzi
un nastrino doppio, e con un colpo solo. La confessione qui forse non è
impertinente.
Un nastrino l'ho conquistato quando tra anni settanta e ottanta appar-
ve la bella antologia cronologica della critica "totologica" curata da Franca
Faldini e Goffredo Fofì. Sfogliandola, scoprii che si apriva con un mio an-
tico scritto, che si chiamava Storia linguistica dell'Italia unita, in cui, nel
1963, si cercava di collocare Totò nella storia della nostra vicenda lingui-
stica nazionale e se ne metteva in evidenza il grande contributo positivo.
Arrossii di vanitoso piacere nella scoperta. Ma nel mio cuore sapevo di
avere già acquisito in segreto o quasi un primo e più prezioso nastrino. A
render noto il segreto è stato un mio bravo alunno, Giuseppe Romeo, che
ora vedo con piacere tra quanti hanno dato aiuto a Fabio Rossi nel suo la-
voro.
Romeo, studiando per la sua tesi opera e fortune di Totò, ha recupera-
to documenti d'epoca. Nel 1963, quando il mio vecchio libro metteva ac-
canto ai nomi di Manzoni e di Croce quelli di Pecrolini, dei due De Filip-
po, di Sordi e, primus inter pares, di Totò, il principe De Curtis era anco-
ra ritenuto dai più una macchietta qualunque. Errore. Già allora non con-
divideva questa superficiale valutazione un'assai brava giornalista, che giu-
14 LA LINGUA IN GIOCO

stamente vedeva in Totò qualcosa di assai più significativo. Andò a intervi-


starlo per il suo settimanale. Totò si schermiva, non voleva cedere a do-
mande che gli parevano troppo lusinganti. A un certo punto la giornalista,
come raccontò ai suoi lettori, estrasse dalla borsetta un libro, un libro di
studio - specificò - con le note, la bibliografia e tutto il necessario per
sembrare serio. Era appunto la mia vecchia Storia linguistica. Porse il li-
bro a Totò, glielo aprì alle pagine che lo riguardavano. Totò lesse con at-
tenzione, awertì l'inatteso riconoscimento e, racconta la giornalista, si
commosse.
Quel momento di gioia commossa di Totò, confesso, me lo porto nel
cuore come un ricordo prezioso, il mio personale nastrino della legion
d'onore, non una palma accademica, un intero palmeto. E un prezioso
vaccino contro altre vanità. Dopo aver fatto felice, sia pure per un attimo,
il grande Totò, brigare per entrare nell'Accademia degli Impastati o dei
Liocorni? Ma mi facci il piacere!
Ora gli studi sulla lingua del teatro, degli spettacoli, della canzone si
sono moltiplicati, da un lato. E, dall'altro, Totò è finalmente e giustamen-
te ritenuto una gloria della nostra tradizione nazionale. Eppure non tutto
era ed è stato detto. Ce lo mostra assai bene questo nuovo lavoro di Fabio
Rossi.
Rossi ha ripreso dalle radici l'argomento. Consapevole owiamente del-
la grande forza della interazione tra la figura indimenticabile di Totò e il
suo parlato, si è sottoposto a un esercizio certosino, a un paziente "a pre-
scindere" metodologico: si è fatto carico di un'analisi minuziosa, direi
completa di tutto il parlato e del solo parlato di Totò.
Quando un lavoro lo si ricomincia dawero da capo, dalle basi più pro-
fonde, e si rivede dawero tutto il materiale, si hanno sempre sorprese e
novità. Un amico, Nello Ajello, mi ha detto una volta che, a sentirmi, met-
to sullo stesso piano Totò e Benedetto Croce. Accetto per un momento lo
scherzo, se scherzo è: una mia brava alunna, Fabrizia Giuliani, ha ripreso in
mano un argomento che pareva studiato sotto ogni aspetto: le idee lingui-
stiche di Croce. Con grande pazienza è andata a rivisitare tutte le righe di
tutti gli scritti di Croce. E ne è venuto fuori, alla fine, un libro di grande no-
vità, Espressione ed ethos. Il linguaggio nella filosofia di Benedetto Croce;
che appare, più o meno in contemporanea con questo di Rossi, presso l'I-
stituto di Studi Storici di Napoli. Per il libro di Rossi è da dire lo stesso.
L'intero materiale verbale di Totò è stato da Rossi esplorato in ogni pie-
ga. Gli strumenti d'analisi e i reattivi della linguistica, dalla vecchia e soli-
PREFAZIONE 15

da dialettologia, alla linguistica up-to-date.,_pragmalinguistica, neoretorica,


semantica, Textlinguistik, rules changing creativity, palinsesti celati nel si-
gnificante e fatti esplodere, tutti sono stati adoperati sistematicamente, di
capitolo in capitolo, per scomporre e ricostruire criticamente il significato
d'insieme del lavoro linguistico svolto da Totò.
Convincono le conclusioni cui approda Rossi, non le ripeterò se non
per sottolineare non tanto l'assenso (un assenso in parte autocritico),
quanto la cogenza. Rossi ha ragione: in Totò non dobbiamo solo vedere il
contributo corrosivo alla lotta contro gli stereotipi (era quel che sottoli-
neava la vecchia Storia linguistica), ma una forza creativa più profonda.
Essa certo mette in crisi l'italiano aulico e stereotipico, ma la messa in cri-
si è solo un sottoprodotto, importante, benefico, ma in qualche modo se-
condario sulla via che Totò percorre da grande drammaturgo e onomatur-
go: la via di un più radicale sfruttamento delle possibilità, non solo comi-
che, della lingua, di tutta la lingua (e di noi che la parliamo) una volta che
la si sappia mettere "in gioco" (e noi con essa).
INTRODUZIONE
TOTÒ, IL PARLATO FILMICO E I GIOCHI LINGUISTICI

l. La lingua dei film di/con Totò

Quando il significante (vale a dire il suono o l'aspetto grafico delle pa-


role) prevale sul significato, e l'interesse del mittente e del destinatario si
sposta quindi da quel che viene detto o scritto (contesto) a come viene
detto o scritto (messaggio), si ha la funzione poetica 1. Essa, nonostante il
nome, non è affatto esclusiva della poesia e della retorica classicamente
intesa, ma è propria di ogni uso ludico, e non solo, della lingua. Come
disse, oltre due secoli fa, l'enciclopedista César C. Du Marsais, «si fanno
più figure [retoriche] in un giorno di mercato in piazza che in molti gior-
ni di assemblee accademiche» 2 •
Repertorio privilegiato per l'osservazione della funzione poetica è il
genere comico, in cui far ridere con le parole è l'obiettivo principale del-
l'autore. In particolare, la comicità più incline al gioco verbale è quella ba
sata sul nonsense ~ cioè sullo scardinamento delle più elementari regole
della comunicazione - che manipola le parole con distacco, come fossero
oggetti la cui funzione non è data una volta per tutte, né varia in base al
contesto e agli altri classici parametri linguistici di variazione, ma muta
unicamente secondo il piacere dell'artefice 3 . Molte scene dei film con

1 Secondo il classico schema delle sei funzioni linguistiche inJakobson (1963) 1994,

pp. 181-218; cfr. anche Segre 1985 e Marchese 1986. Già Freud (1905] 1992 parlava del-
le basi inconsce e ludiche della funzione poetica.
2 Cfr. Mortara Garavelli 1992, p. 289.
3 «Questi esempi estremi - scriveva Freud, commentando alcuni motti di spirito -

hanno un effetto perché nascono dall'attesa di un motto di spirito, cosicché uno tenta
di trovare il senso nascosto dietro l'assurdo. Ma non trova nulla: sono realmente degli
assurdi. La falsa apparenza rende possibile per un momento di ottenere piacere dal
nonsenso. Questi motti di spirito non sono interamente senza scopo; sono un "ingan-
no", e danno alla persona che li dice una certa dose di piacere nell'ingannare e nel-
l'annoiare l'ascoltatore» (Freud (1905) 1992, p. 146). Va chiarito, una volta per tutte,
che non farò in questa sede alcuna distinzione tra gioco linguistico, gioco verbale e
gioco di parole, e che non mi occuperò, pertanto, del gioco linguistico in senso filo-
18 LA LINGUA IN GIOCO

Totò sono, in questo senso, esemplari. Lì la lingua è puro suono fine a sé


stesso, malleabile, manipolabile all'infinito, spesso senza alcuna apparente
utilità. Un po' come le torsioni oltre i limiti della fisicità, cui il principe de
Curtis riusciva mirabilmente a sottoporre il corpo e il viso, così i suoi
enunciati venivano smembrati e ricomposti in forme inedite (ma ricorren-
ti, nell'ambito della produzione teatrale e filmica di Totò):

Quello per cui [Totò] non ha il dono, quello che smonta e immeschinisce la
sua grandezza di marionetta è il racconto, la storia compiuta, il dialogo con-
gruente, non invece ciò che ne resta dopo che dal suono è stato separato il
senso. Come al gesto e al corpo, così anche al discorso Totò sottrae la «melo-
dia», i rapporti logici, l'armonia tra le sue parti, la loro simmetria e coerenza,
lasciandogli il ritmo, il succedersi e il ripetersi d'accenti e di suoni dentro strut-
ture, snodamenti, giunture verbali. [... ] Come fa con il torso, le braccia, il col-
lo, il mento (... ] , così Totò fa con il linguaggio: lo distacca, lo devia, lo aliena
[... ]. Totò non si limita a dividere l'armonia dal ritmo. Fa del ritmo l'unica pos-
sibile armonia 4•

Come osserva Ruggero Guarini, citando Freud (che, a sua volta, ripren-
deva il concetto da altri autori quali Jentsch e Hoffmann), le acrobazie da
marionetta di Totò, già tanto care ai futuristi, riescono a tenere lo spettato-
re «in uno stato di incertezza sul fatto che una determinata figura sia una
persona o un automa», esprimendo così il senso del «perturbante» 5 .

sofico e pragmatico, inteso come «tutto l'insieme costituito dal linguaggio e dalle atti-
vità di cui è intessuto» (Wittgenstein [1953] 1983, p. 13, e Cardona 1989, pp. 151-52).
Nel corso del lavoro si ricorrerà varie volte al concetto di interazione, e si parlerà della
linguistica pragmatica, senza però mai usare il termine gioco nel senso che ne dà Witt-
genstein.
4 Escobar 1998, p. 69.

5 Cfr. Guarini 1991 (a c. di), pp. 9-10. «Come la mobilità fisica di Totò può eccedere

il normale movimento del corpo umano, così il suo comportamento verbale può arri-
vare, attraverso la parodia e il nonsense, a porsi in conflitto con le competenze lingui-
stiche, comunicative e culturali più largamente riconosciute e condivise. Una vocazione
al sovvertimento comico che non risparmia il tema dell'identità e dell'unità nazionale»
(Ruffin 1996, p. 337). Sul «perturbante» (ciò che porta l'Io a dubitare di sé stesso) cfr.
Freud [1919] 1990. Ricordiamo che, almeno nella prima parte della sua carriera cine-
matografica, la maschera di Totò, amatissima dagli intellettuali delle avanguardie stori-
che, fu sfruttata come «ameno spettro», come creatura a metà tra la vita e la morte, co-
me essere automatizzato e alienato da sé, e quindi come una sorca di emblema del per-
turbante hoffmanniano in senso freudiano: si pensi ai lunghi silenzi (riempiti soltanto
INTRODUZIONE 19

In realtà è possibile estendere questa osservazione sul perturbante an-


che alle operazioni di stravolgimento verbale: l'ascoltatore-spettatore è
perturbato nell'assistere al dissolvimento del codice di comunicazione ri-
dotto a mero suono o a veicolo di significati lontanissimi, quando non op-
posti, a quelli attesi; ne deriva una specie di senso dell'incomunicabilità o,
meglio, un paradossale tentativo (spesso con esito felice) di comunicare
mediante l'incomunicabilità. Gli utenti della lingua vengono posti di fron-
te a una congestione dei meccanismi primari della comunicazione, non
capendo più che cosa è giusto e che cosa è sbagliato, che cosa è vero e
che cosa è falso, trascinati, proprio come gli attori che gli facevano da
spalla, nelle deliranti disquisizioni metalinguistiche di Totò.
Naturalmente non è questa una prerogativa di Totò, ma della lingua co-
mica (del teatro popolare e di varietà, in particolare 6) in genere, che in
Totò raggiunge però la sua applicazione più sistematica e la propagazione
di maggior successo. La fonte principale di questi usi ludici della lingua è
senz'altro, come vedremo, la commedia dell'arte. Per quanto riguarda il
teatro di varietà, nella sua accezione più ampia (farsa, macchietta, avan-

dalla mimica surreale di Totò), alle scene di morte, ai tentativi di suicidio e alle finte re-
surrezioni sotto forma di spettro (awalorate dallo spesso strato di cerone) in film co-
me Fermo con le mani, 1937; Animali pazzi, 1939; L'allegro fantasma, 1941; Due
cuori fra le belve, 1943 ecc. (Anile 1997).
6 Con teatro e cinema popolare ci si riferisce solitamente a quelle produzioni nate

prevalentemente a uso e consumo delle classi meno colte, secondo Spinazzola 1974, p.
348; non è però sempre possibile (e oggi è del tutto impossibile) stabilire un limite tra
arte popolare e arte di massa, poiché ciò che nell'intento dell'autore è indirizzato pre-
valentemente alle fasce sociali più basse può invece avere un successo interclassista o
viceversa. Sarà dunque bene intendere popolare nell'accezione di 'di consumo, owero
che non gode di riconoscimenti pari a quelli dei generi cosiddetti colti' (Spinazzola
1995, p. 16). Nel teatro popolare si annovererà dunque soprattutto l'avanspettacolo e
nel cinema popolare soprattutto il genere melodrammatico e quello farsesco. Va da sé
che anche questa definizione ha forti limiti, dal momento che il teatro di Totò, per es.,
ha talvolta goduto anche di pubblici riconoscimenti, ciò anche in seguito all'integrazio-
ne della cultura popolare all'interno dei canoni della cultura prevalente. Su questi temi
e sul successo di Totò anche presso il pubblico borghese cfr. Meldolesi 1987, pp. 17-55,
da cui si ricava un interessante quadro della rivista come spettacolo, sì, leggero, ma dal
pubblico anche socialmente elevato. La prassi teatrale di Totò, tuttavia, non mutò nella
sostanza, nel passaggio dall'avanspettacolo alla rivista, e l'attore-autore mantenne for-
runatamente inalterata la sua «genialità anarchica» (ibid., p. 44). Per questa ragione,
conscio della parziale incongruenza, farò riferimento unitariamente agli avanspettacoli
e alle riviste di Totò, annoverandoli entrambi nell'accezione data di teatro popolare. Sul
cinema «popolare» cfr. Sorlin 1996.
20 LA LlNGUA IN GIOCO

spettacolo, rivista), più vicino a noi, maestri (diretti o indiretti) di Totò fu-
rono soprattutto Eduardo Scarpetta Qe cui farse Totò porterà al cinema,
dopo averle interpretate a teatro), Ettore Petrolini (col suo parlare confuso
e difficile e coi suoi continui calembour), Raffaele Viviani (tra i primi co-
mici moderni e tra i più grandi autori teatrali del ventesimo secolo), Nico-
la Maldacea O'inventore della macchietta), Gustavo De Marco (l'inventore
dell'uomo marionetta e l'interprete del Bel Ciccillo, imitando il quale Totò
calcò per la prima volta le scene), i fratelli De Rege (quelli di Vieni avanti,
cretino! e delle scenette del balbuziente), per non citare che i più noti 7 •
I motivi per i quali Totò sia stato l'unico di questa tradizione, gloriosa
un tempo ma ormai rimossa (rimozione della povertà?), ad aver mante-
nuto (e anzi rinvigorito con gli anni) un enorme successo esulano dalle
competenze e dagli obiettivi di questo lavoro: giusti agganci col cinema e
poi con la televisione? Giusti compromessi tra spettacoli popolari e spet-
tacoli di massa? Limitazione della dialettalità pura? Geniale combinazione
delle parti migliori della tradizione precedente, in grado di abbracciare il
pubblico più eterogeneo?
L'uso caleidoscopico delle lingue e dei linguaggi, il trionfo del plurilin-
guismo sul monolinguismo, avvicinano senz'altro Totò a Gadda, come
qualche studioso (Contini, De Mauro, Meldolesi 8) ha osservato. Tali usi
linguistici producono un risultato non molto distante da quello che Um-
berto Eco descrive come il senso di «straniamento» o di «spaesamento»:
«l'effetto di straniamento si verifica deautomatizzando il linguaggio: il
linguaggio ci ha abituato a rappresentare certi fatti seguendo determinate
leggi di combinazione, mediante formule fisse. Improvvisamente un auto-
re, per descriverci qualcosa che abbiamo forse sempre visto e conosciuto,
impiega le parole (o gli altri tipi di segni di cui si avvale) in modo diverso,
e la nostra prima reazione si traduce in un senso di spaesamento, quasi in
una incapacità di riconoscere l'oggetto (e questo è l'effetto dovuto alla

7 Questi e altri temi sono riemersi recentemente con grande evidenza e documen-

tazione, in occasione delle celebrazioni del centenario della nascita di Antonio de Cur-
tis, nel convegno Totò Oggi. Memoria, affetti e eredità di un attor comico, Roma, 3-4
dicembre 1998 (atti in preparazione). Sugli autori citati e su molti altri ancora cfr. al-
meno Quargnolo 1980 (essenziale per la storia teatrale del genere e del periodo cui ci
sciamo riferendo), Masoni e Vecchi 1986, Meldolesi 1987, Fano 1993 (a c. di), Gagliarde
1998, Ottai 1998a, b, Caldiron 1999.
• Cfr. Romeo 1998b, p. 88.
INTRODUZIONE 21

organizzazione ambigua del messaggio rispetto al codice). Da questo sen-


so di "stranezza" si procede a una riconsiderazione del messaggio, che ci
porta a guardare in modo diverso la cosa rappresentata ma al tempo stes-
so, come è naturale, anche i mezzi di rappresentazione, e il codice a cui
si riferivano» 9 •
Il centenario della nascita di Antonio de Curtis ha rinvigorito l'interes-
se per la produzione cinematografica di Totò. Non tanto da parte della
nutrita falange dei totomani, che non hanno mai smesso di idolatrare il
proprio beniamino, quanto da parte di coloro che ai film di Totò non han-
no mai dedicato molta attenzione. Più di una pubblicazione ha visto la lu-
ce tra il 1997 e il 1998. Ricordiamo, tra le più interessanti, Bispuri 1997,
Escobar 1998 e soprattutto Anile 1997 e 1998, oltre al catalogo (Totò par-
tenopeo e parte napoletano) della mostra organizzata a Roma nel 1998 e
al già citato convegno Totò Oggi. Tuttavia, quasi nessuno si è interessato
alla componente strettamente linguistica dei film con Totò, se si esclude
la cursoria citazione, perdipiù approssimativa e di solito priva di fonte,
delle solite celeberrime battute (io sono un uomo di mondo, a prescin-
dere, parli come badi ecc.). Spiccano come eccezioni preziose - oltre ai
classici riferimenti di Tullio De Mauro (1963, il primo estimatore di un
Totò «linguista»), Emanuela Cresti (1982), Sergio Raffaelli (1983) e Edgar
Radtke (1983) - i saggi di Valentina Ruffin (1996) e di Giuseppe Romeo
(1997 e 1998). Sembra colpire anche Totò, dunque, quell'annoso disinte-
resse degli studiosi di cinema nei confronti dei dialoghi e quello, specu-
lare, dei linguisti nei confronti del cinema, già commentati in altra sede 10.
Questo libro, controcorrente, vuole invece concentrarsi esclusivamente
sulla componente verbale dei film (nei limiti del possibile, naturalmente,
senza attentare all'ovvia unitarietà tra immagini e parole, su cui si basa
l'intero cinema sonoro), dando per scontati i dati storici, biografici, tea-
trali e cinematografici trattati in modo esauriente almeno dalle monogra-
fie di Caldiron, Governi, Fofi-Faldini e Anile, citate in bibliografia.
Pochi film, nella storia del cinema italiano, hanno riposto nelle inven-
zioni verbali, nello sperimentalismo linguistico e nei ·giochi di parole

9 Eco 1968, p. 79. In termini diversi, molti filosofi hanno voluto interpretare il pia-

cere provocato dai giochi di parole e dai motti di spirito come il passaggio dallo «stu-
pore» dell'inatteso all'«illuminazione» rivelatrice e confortante della soluzione del gioco
(Paradisi 1987).
1° Cfr. Rossi 1999a.
22 LA LINGUA IN GIOCO

un'importanza centrale quanto quelli interpretati da Antonio de Curtis.


Pochi film, d'altro canto, sono stati scritti e girati con la sciatteria e la ve-
locità (quasi sempre meno di un mese di lavorazione) che hanno con-
traddistinto la maggior parte dei film di Totò. Infine, pochi attori, più di de
Curtis, hanno teso a screditare la propria produzione filmica, soprattutto
per via delle sceneggiature scadenti e di certa dichiarata insofferenza per
il cinema sonoro: «io non ho il dono della parola - disse de Curtis - e nel
caso mio il dialogo smonta e immeschinisce tutto. Sono un comico muto,
né antico né moderno perché non esiste la comicità antica o moderna,
esiste la comicità, punto e basta. E meglio che con i dialoghi so esprimer-
mi con la mimica» 11 • «Vorrei essere, come maximum, il protagonista di un
cartone animato. Anche perché vorrei parlare pochissimo» 12 • Più volte
Totò ebbe a dichiarare che il cinema era per lui soltanto una facile fonte di
guadagno e che delle pellicole in cui aveva lavorato salvava si e no cinque
o sei titoli (senz'altro Guardie e ladri, Arrangiatevi! e i film di Pasolini 13).
Questi e altri elementi contraddittori caratterizzano il cinema di con-
sumo. Le creazioni linguistiche indissolubilmente legate al nome di Totò,
prevalentemente frutto della sua improvvisazione (come si vedrà tra po-
co) e prese in prestito dalla sua precedente produzione teatrale, fiorisco-
no dunque in prodotti spesso scadenti, screditati prima di tutto dagli au-
tori stessi e dagli interpreti. È forse questa la ragione principale - legata al
noto snobismo culturale della nostra critica cinematografica, e ancora di
più degli studi linguistici - del pressoché totale disinteresse dei linguisti e
dei filmologi per quel fecondissimo terreno di ricerca che è la produzione
filmica di Totò.
Del resto, non è certo soltanto il destino dei film «di serie B» quello di
essere considerati quasi esclusivamente sotto il profilo iconico e non sot-
to quello verbale. Mancano infatti, com'è stato già più volte notato, inda-
gini sistematiche sui dialoghi del cinema italiano, i quali, peraltro, tanta
parte hanno avuto nella storia linguistica e culturale italiana. Nel caso dei

11 Testimonianza di Totò riportata da vari autori; qui si cita da Romeo 1997, p. 108.

È noto che uno dei desideri irrealizzati di Totò era quello di girare un film muto (cfr.
Escobar 1998, p. 73).
12 Testimonianza di Totò raccolta da Cesare Zavattini (1940, p. 404).

13 «I film di valore che ho interpretato si possono contare sulla punta delle dita.

Quelli che mi stanno a cuore sono Arrangiatevi! di Bolognini e, naturalmente, Uccel-


lacci e uccellini» (Anile 1998, p. 392).
INTRODUZIONE 23

film di Totò la lacuna è ancora più grave, perché la rivalutazione del cine-
ma di consumo, e in particolare di quello di Totò, è un fenomeno in atto
già da molti anni, e ha suscitato più volte l'attenzione degli studiosi. E so-
prattutto perché l'uso fatto da Totò della lingua italiana - talvolta ritratta
fedelmente nei suoi vari registri, talaltra derisa o deformata, ora arricchi-
ta di citazioni dottissime, ora defunzionalizzata e ridotta a puro suono -
costituisce, con la sua ricchezza, uno degli osservatòri privilegiati per uno
studio sulle caratteristiche dell'italiano, sulle sue tendenze evolutive e sul-
la percezione che gli italiani hanno della lingua che parlano. Una storia
della percezione della lingua italiana, che tanto piacerebbe a Tullio De
Mauro, avrebbe nella filmografia di Totò il suo testo cardine.
La centralità del piano linguistico nei film di Totò è confermata anche
dallo scarso successo dell'attore in questione doppiato in un'altra lingua:

Un Totò muto sarebbe [... ] impensabile [... ]. Per Totò awenne il contrario di
quello che capitò a Charlot che, con l'introduzione del sonoro, piano piano
deperì e si estinse: egli era un personaggio fondamentalmente muto e l'av-
vento del sonoro determinò la sua fine [.... ] . [Con film come La legge è legge,
ma] già con Tempi nostri, I tre ladri, Totò, Vittorio e la dottoressa e Totò a Pa-
rigi e poi con Totò, Eva e il pennello proibito, I tartassati, Le belle famiglie,
La mandragola, Operazione San Gennaro e Le streghe si cercò con tenacia
di esportare Totò in Francia, ma l'operazione fallì, a riprova che il grande atto-
re italiano era diverso da Fernandel o da Luis de Funés, che, doppiati in Italia,
acquistavano. Totò invece, doppiato in Francia, moriva [... ]. Totò, al contrario
del muto Charlot, non è esportabile, perché sono assolutamente intraducibili
le sue eccezionali capacità recitative, non riferibili al puro «significante» lingui-
stico, ma radicate fortemente nel retroterra culturale (e quindi anche e so-
prattutto linguistico) dell'italiano e del dialetto 14 •

È bene subito precisare che l'importanza linguistica di Totò non è con-


sistita tanto nell'invenzione o nell'abuso di singole forme, ma nell'aver

" Bispuri 1997, pp. 22, 202. In effetti, di là dall'efficacia comica dello stesso timbro,
delle inflessioni e della cadenza della voce di Totò, come tradurre i suoi giochi di paro-
k? Un gustoso esempio è il gioco sul nome Omar, che genera la citazione della canzo-
ne napoletana Torna a Surriento: «guarda 'o mare quant'è bello» [Totò sceicco, 1950),
m.dotta in francese «regard la mer que c'est jolie!», espressione ovviamente del tutto
pm,-a di comicità (cfr. Caffarelli 1998, p. 57 n. 12; sul gioco onomastico qui in oggetto
m. infra, XI.3).
24 LA LINGUA IN GIOCO

portato il linguaggio al centro dei propri spettacoli, della propria riflessio-


ne, e nell'aver svolto un ruolo non marginale, come mostrato da Tullio De
Mauro, nello svecchiamento e anche nell'apprendimento dell'italiano e,
soprattutto, nell'acquisizione, da parte dei parlanti, di una maggiore con-
sapevolezza delle sue varietà. I numerosi inserti metalinguistici presenti
nei film di Totò, come vedremo, oltre a far ridere, aiutavano anche gli in-
sicuri parlanti regionali a prendere confidenza con quel codice nazionale
ancora, fino agli anni Sessanta, così poco praticato.
L'oggetto di questo studio, appunto la lingua dei film con Totò, solleva
alcuni problemi metodologici, che cercheremo di risolvere, o quantomeno
di rendere espliciti, nei paragrafi successivi. È possibile considerare come
unitario il corpus dei novantasette film interpretati da Totò, soltanto sulla
base della presenza costante dell'attore? Ha senso parlare di lingua di Totò,
o non sarebbe più corretto attribuire le creazioni linguistiche agli sceneg-
giatori o ai registi di quei film? E infine, come va intesa l'improvvisazione di
Totò (descritta spesso dai totomani e dai totologi con i toni del mito) e,
quindi, in che misura è possibile considerare l'attore come coautore dei
suoi film? Preliminare a tutti questi problemi è poi un'altra domanda: qua-
li strumenti linguistici abbiamo a disposizione per analizzare il testo verba-
le di un film, ovvero un tipo di testo che finora, salvo poche eccezioni, nes-
suno ha mai considerato «scientificamente» nella sua complessità?

2. La paternità del testo filmico e l'improvvisazione

Chi è l'autore di un film? Il regista e, in misura minore, gli sceneggia-


tori. Sembrerebbe questa la risposta più ovvia. In realtà sono noti casi in
cui è stato il produttore a intervenire in modo determinante sulla fattura
del film. Alcuni attori, inoltre, specialmente nel passato, solevano improv-
visare sulla scena e quindi non possono non essere considerati coautori
del film. Diciamo che, per comodità e per convenzione, consideriamo il
regista come il responsabile unico di un'opera d'équzpe, anche se la pa-
ternità del testo filmico continua, dalle origini del cinema, ad appassiona-
re gli studiosi e a costituire un quesito non risolto né, forse, risolubile 15 •

is Sul tema, e sui numerosi riferimenti bibliografici, cfr. Rossi 1999a (pp. 40-50), cui
si aggiunga Caldiron 1999 (pp. 9-36).
INTRODUZIONE 25

Molti studiosi hanno sfiorato il tema dell'improvvisazione di Totò 16•


Cercare di stabilire, film per film, quante battute appartengano al reperto-
rio teatrale di Totò e quante siano invece ascrivibili alla penna degli sce-
neggiatori o ai suggerimenti del regista è impresa ardua, se non impossi-
bile, oltreché inutile. L'unitarietà e la significatività del nostro corpus, in-
fatti, non è garantita tanto dalla (comunque innegabile) componente di
improvvisazione di Totò e quindi dalla sua «paternità» di gran parte dei te-
sti filmici, quanto dalla consistente presenza di formule ricorrenti. Tali for-
mule - che, come vedremo nell'ultimo capitolo, sono in larga misura d'a-
scendenza teatrale - testimoniano la volontà dei produttori di rendere i
film di Totò quasi come puntate di un'unica serie, cominciata negli anni
Venti a teatro Oa serialità dei film è confermata dal nome di Totò nel tito-
lo, che ricorre ben trentacinque volte, come specchietto delle allodole per
il pubblico 17), con gli stessi personaggi Oe variazioni del cast da film a film
sono esigue, come emerge chiaramente dalla nostra filmografia conclusi-
va), con le stesse battute e con richiami da un film all'altro. Non ci inte-
ressa, dunque, stabilire la paternità di tali formule, bensì riconoscerne l'o-
mogeneità, tipica dei generi di consumo, di massa o, come preferisce Spi-
nazzola 1995 (p. 16), «marginali». Inoltre, per stessa ammissione degli ad-
detti ai lavori 18, nel caso di Totò i lazzi e i giochi verbali da lui messi in cir-
colazione, fin dai suoi primi spettacoli teatrali, ebbero una tale forza di-
rompente sul pubblico e una tale rapidità di circolazione, che gli sceneg-
giatori stessi dei suoi film (quasi tutti ferventi «totoisti»: Metz e Marchesi,
Age e Scarpelli, Steno e Monicelli...) scrivevano spesso proprio alla manie-
ra di Totò, o citando le sue battute, o componendone di simili, poiché ne
avevano assimilato il genere ed erano cresciuti con la sua arte 19 •

16 Cfr. almeno Faldini e Fofi 1987, Amorosi 1998 e Anile 1998.


i; Addirittura altri tre film (L'allegro fantasma, 1941; Due cuori fra le belve, 1943;
Una di quelle, 1953) furono nuovamente distribuiti, a distanza di qualche tempo, con
il titolo cambiato mediante l'aggiunta di Totò (Totò allegro fantasma; Totò nella fossa
dei leoni; Totò, Peppino e... una di quelle), nella speranza di ulteriori incassi.
18 Per es. Furio Scarpelli, nella sua comunicazione al convegno Totò Oggi cit.

' 9 Sull'omogeneità sostanziale di tutti i film con Totò, e quindi sulla legittimità di
considerarli come un corpus unitario, come un continuum, pone l'accento Escobar
1998, pp. 9-10: «Ecco qual è l'oggetto della nostra indagine: non i film ma il cinema di
hò, inteso come continuum di immagini ed emozioni. In esso, nella memoria che lo
costituisce e di cui è costituito, Totò non è protagonista di storie, non insegue trame
narrative, non è personaggio. Se ci proviamo a definirlo, ci viene spontaneo parlarne
26 LA LINGUA IN GIOCO

Il capitolo dedicato da Anile 1998 (pp. 13-28) all'improwisazione risol-


ve, a mio awiso, una volta per tutte l'annosa questione. Improvvisare, fin
dalla gloriosa tradizione cinque-secentesca (in realtà ben più antica) del-
l'improvvisa (ovvero la commedia dell'arte, recitata sulla base di un cano-
vaccio), non vuol dire inventare, bensì attingere a un ricco formulario di
battute da inserire, all'occorrenza, in qualsiasi testo: «l'abilità dell'attore
consisteva nel camuffare il più possibile un lavoro di ricuciture; il gesto o
la battuta inserita non doveva tradire il riferimento a un repertorio, al con-
trario, doveva sembrare come se sgorgasse appunto "all'improwiso"» 20 •
Totò, che in gioventù aveva frequentato le «ultime propaggini» della com-
media dell'arte napoletana, introiettandone il metodo, «si costruì un pro-
prio "formulario", affidandolo esclusivamente alla propria memoria; fece
tesoro delle battute e degli sketch più riusciti, che continuò ad affinare. E
quando reputò di poterli utilizzare non si fece problemi a inserirli nei suoi
spettacoli» e nei suoi film 21 • Dalla raccolta minuziosa di testimonianze di-
rette, Anile documenta come Totò, pur arricchendo in larga misura la sce-
neggiatura originaria di creazioni linguistiche personali (sostituendosi
dunque spesso sia agli sceneggiatori, sia al regista), non si presentasse
quasi mai davanti alla macchina da presa senza aver concordato con le sue
«spalle» (preferibilmente consumati attori teatrali, meglio se d'avanspetta-
colo o di rivista) gli aggiustamenti da apportare al testo. Non si trattava,
beninteso, delle classiche prove col regista, ma di segreti abboccamenti
tra «guitti» di prim'ordine.
Sceneggiatori, registi e produttori erano ben lieti di assecondare tale
vena «estemporanea>,, sia per risparmiare sui tempi di lavorazione e sull'e-
nergia di inventare nuove situazioni sceniche e linguistiche, sia, soprattut-
to, per la certezza della presa sul grande pubblico di quei lazzi ben collau-
dati da anni.
Riassumendo, dunque: in questo libro si useranno sempre, per como-
dità e per brevità, espressioni come lingua di Totò,formula di Totò ecc.,
intendendo tuttavia di Totò nel senso di una paternità molto allargata, per
stabilire con esattezza la quale, continuando la metafora del padre, non è
possibile fare l'esame del DNA. Una paternità composita (sarebbe forse

come di un'entità in metamorfosi: un uomo-orchestra [... ], qualcuno o meglio qualco-


sa che muta continuamente, e che però resta sempre la stessa cosa».
20 Anile 1998, p. 16.
21 Anile 1998, p. 17.
Ii'a"TRODU7.JONE 27

stato meglio dire lingua della cultura e dell'ambiente di formazione di


Totò), costituita da un intreccio di padri, impossibile da districare: 1) i pa-
dri storici della commedia dell'arte (dai buffoni medievali a Pulcinella 22)
e, ancor prima, alcuni comici della letteratura greco-latina (Aristofane,
Plauto); 2) gli autori-attori del varietà, della rivista, dell'avanspettacolo e
del teatro popolare in genere (abbiamo fatto sopra i nomi di De Marco,
dei De Rege e altri); 3) Totò; 4) gli sceneggiatori che lavoravano con Totò,
che lo conoscevano, lo amavano e spesso lo citavano. 5) A questa fitta re-
te di influenze, va senz'altro aggiunta quella di alcuni scrittori comici (pri-
mo fra tutti Achille Campanile), dei periodici satirici, e in particolare del
«Marc'Aurelio», oltreché quella della radio, con le sue numerose gag 23• Gli
studiosi, secondo i diversi punti di ·vista, hanno finora sopravvalutato o
l'apporto di Totò (Fofi) o quello çlella tradizione teatrale (Menarini,
Radtke), perdendo forse di vista l'aspetto più interessante di questo ge-
nere di consumo, vale a dire, per l'appunto, la sua pluriautorialità.

22 Più di un autore ha voluto affiancare Totò a Pulcinella (cfr. Romeo 1998b). Ricor-

diamo, tuttavia, che Totò interpretò una sola volta, a teatro, la pane di Pulcinella (cfr.
Anile 1997, pp. 186-87, e Ottai 1998a, p. 19). Al cinema, si conta una sola (ma straordi-
naria) interpretazione di Totò-Pulcinella, alla fine di Figaro qua... Figaro là, 1950. Co-
me però afferma Caldiron 1999, p. 130, se nella «debordante filmografia» di Totò Pulci-
nella è quasi assente, «è solo per eccesso di presenza. Totò è !"'archivio generale" dei
lazzi di Pulcinella. Il suo cinema secolarizza la maschera in una straordinaria galleria di
incarnazioni e di varianti che fanno di lui il grande Pulcinella della contemporaneità».
23 Cfr. Romeo 1998b, p. 92. A proposito della stampa umoristica, segnatamente del

..."1:arc'Aurelio» e del «Bertoldo», osserva Giacovelli 1995, p. 17: «Davvero si può affer-
mare che la commedia all'italiana è nata fra le pagine di queste riviste, a cui collabora-
rono fra gli altri Age & Scarpelli, Metz & Marchesi, Ruggero Maccari, Mario Monicelli,
Dino Risi, Ettore Scola, Steno, oltre a Federico Fellini, Cesare Zavattini, e poi ancora
Giaci Mondaini, Sergio Tofano, Oreste Del Buono, e molti altri». Come si vede, molti
autori qui citati lavorarono anche con Totò. Sul «Marc'Aurelio» (1931-1954) e sul «Ber-
toldo» (1936-1943) cfr. Chiesa 1974 (a c. di) e Chiesa 1984. Sulla stampa dell'età del Fa-
scismo, compresi i periodici qui citati, cfr. anche Del Buono 1971 (a c. di). Sulla radio
ù'r. soprattutto Cavallo 1994 (utile anche sul varietà e sulla stampa umoristica dell'epo-
"--:.), La Radio (sui nostri temi, specialmente il saggio di Goffredo Fofi, le voci dell'epo-
,-:a. pp. 94-96) e Gli italiani trasmessi (sulle caratteristiche linguistiche radiofoniche
dcl periodo qui in oggetto, Sergio Raffaelli, La norma linguistica alla radio nel perio-
.:fo fascista, pp. 31-67), con le ricche bibliografie specifiche ivi contenute. Sui rapporti
rr.. stampa, teatro e cinema comici negli anni Trenta e Quaranta è fondamentale Ar-
gemieri 1991 (a c. di). Infine, sul cinema comico italiano nel suo complesso, si dispone
!malmente di una recentissima e ricca ricognizione Oa prima completa, sebbene sinte-
tica) in Giacovelli 1999.
28 LA UNGUA IN GIOCO

I debiti di Totò, e del varietà in genere, nei confronti della commedia


dell'arte e, prima ancora, della commedia classica (Aristofane, Plauto)
sono stati più volte ricordati, seppure di passata, da vari autori. In realtà
è possibile fare un confronto puntuale tra le tecniche umoristiche pre-
senti nei film di Totò e quelle codificate dalla commedia dell'arte, grazie
a un preziosissimo trattato secentesco di Andrea Perrucci (1699), dedi-
cato all'«arte rappresentativa premeditata ed all'improvviso» (ovvero al
teatro scritto e improvvisato). Alle pp. 231-45 dell'edizione moderna
(curata, guarda caso, proprio da quell'Anton Giulio Bragaglia, futurista,
grande ammiratore di Totò e fratello del regista Carlo Ludovico, che di-
resse ben sei film con Totò), il Perrucci dedica un nutrito capitolo («De'
Sali, Motti, Arguzie, ed altre vivezze per le parti ridicole»), ricco d'esem-
pi da vari autori classici e moderni, ai giochi di parole, ai motti di spirito
e alle varie figure retoriche impiegate dai «ridicoli» (o attori buffi), allo
scopo di suscitare il riso del pubblico nelle «commedie improvvise». La
figura principale è la paronomasia (il «fingere de' nomi per bisguizzo, o
bisticcio»), ovvero la deformazione di parole (per es. amore/umore). Ta-
li bisticci o bisguizzi possono essere fatti, per es., mediante un cambia-
mento di sillabe (come in Plauto: Callicia, Calliope, Callinico, Calli-
cramede). Altra figura è quella dell'intervento sul nome proprio, che su-
scita riso o per la forma insolita o perché rimanda a qualche significato:
Spavento, Papurchio, Pacchiarotto, Terrore, Bombarda ecc. Anche gli
ideofoni che imitano i rumori degli animali si addicono ai buffi dell'im-
provvisa: «lo ngui de li Porcielle, l'oh de li Lupe, e lo mbè dell'Ainielle»
(p. 233). Seguono poi le lunghe serie sinonimiche e gli elenchi di titoli:
«parente de li crapie, mercante de piettene, torneatore de calamare, Do-
ce de Venezia co lo cuorno pe corona, Prencepe de Cornovaglia, e Mpe-
ratore de Cornito» (p. 233). Con grande finezza, il Perrucci annovera tra
le tecniche comiche anche lo scardinamento della forza pragmatica de-
gli enunciati, cioè il prendere letteralmente le espressioni traslate ovve-
ro, detto con la sua felicissima espressione, «rispondendo alle parole
non alle intenzioni» (p. 233). E ancora, continuando nell'elenco delle fi-
gure (p. 234), si ha il «contraposto», ovvero il rispondere a una doman-
da con il suo contrario: «Leon. Non sei huomo da uscire dal fuoco?//
Spav. Anze m'annego intonò bicchiere d'acqua»; l'«ugualità de membri»:
«Leo. È bella la morte de generosi,// Spav. È brutta la morte de li potru-
ne»; la «similitudine delle consonanze» (ovvero l'usare parole simili nel
suono ma di diverso significato): «Piet. Fà sonar la campana a desinare.//
INTRODUZIONE 29

Specch. Vuoi di; va fà sanare a iaiunare». Vi sono poi i tropi classici del-
la retorica: metafora, allegoria, ironia, metonimia, antonomasia, iperbo-
le, similitudine ecc.
Insomma, per primo il Perrucci ha mostrato che il teatro comico po-
polare e improvvisato risponde a regole non meno ferree del teatro clas-
sico è «impegnato» e che la comicità apparentemente estemporanea dei
guitti è in realtà conquistata con affinatissime tecniche retoriche:

Le facezie premeditate s'hanno da dire in modo, che premeditate non sem-


brino, ma come a caso nascessero, tanto saranno più belle, e degne d'Applau-
so quando improvisamente nasceranno, scorgendovisi un ingegno pronto, vi-
vace spiritoso, et atto a destare il riso con !'arguzie, eco i Sali come appunto
è acclamata la Risposta di quel vivace bambino, a cui essendo da un huomo
d'autorità detto, che i bambini vivaci, in grandezza divengono stolidi; pronto
rispose: bisogna, ch'ella sia stata molto spiritosa nella fanciullaggine, Quanto
applauso dovette meritare una sì pronta, e frizzante risposta? 24 •

Il Perrucci dà anche una sintetica definizione di soggetto dell'«improv-


"Visa», a p. 256: «il Soggetto non è altro, che una tessitura delle Scene so-
pra un Argomento formato, dove in compendio si accenna un'azzione,
che deve dirsi, e farsi dal Recitante all'improviso, distinguendosi per atti,
e per scene; scorgendosi le Scene nella margine, dove si nota quel perso-
naggio, che ha da uscire, e si contrasegna con una linea rotta dove termi-
na, dicendo via, accorciato da và via, o vanno via». Segue un esempio di
soggetto di un'intera commedia.
Nel corso dei prossimi capitoli, vedremo quante delle arguzie citate
dal Perrucci (soprattutto la paronomasia, il ricco ventaglio degli ideofoni
e delle interiezioni, le accortezze onomastiche) trovino puntuali riscontri
nel nostro corpus e come Totò si collochi perfettamente sulla linea del
teatro comico che, prima di tutto, «si divene a giocare con le parole» 25 •

'' Perruccì (1699) 1961, p. 245.


;s Fittoni 1953, p. 91. Naturalmente sul segmento terminale della linea che va da
,'\..'is!:ofane all'avanspettacolo e alla rivista, passando per il Ruzante, per Rabelais e per la
llDlr.media dell'arte (cfr. Bachtìn (1965] 1979 e (1975) 1997), oltre a Totò andrebbero
,mieno collocati, quali esempi illustri dì inventori e diffusori di giochi linguistici, Petro-
là e !l.1acarìo (cfr. Menarinì 1953 e Radtke 1983), che qui, per questioni di spazio, tra-
:iOlriamo del tutto. Petrolini, tra l'altro, si distinse anche per la composizione di non-
- ~ (sul modello delle «ingarrichiane») graditi in ambiente futurista (De Luca 1998).
30 LA LINGUA IN GIOCO

3. La tipologia linguistica e testuale del.film e i criteri di trascrizione

Il film è un tipo di testo assai singolare. I dialoghi, oltreché l'intera tra-


ma e l'organizzazione delle immagini del film, nascono infatti sotto forma
di testo scritto (prima il soggetto, poi il trattamento, poi la sceneggiatura e
il copione distribuito agli attori). Successivamente, di queste premesse
grafiche non resta traccia (salvo nei rarissimi casi di pubblicazione della
sceneggiatura) e per testo filmico va inteso dunque il film nella sua veste
definitiva: girato, montato e postsincronizzato (ovvero doppiato). Il film è
pertanto un testo eterogeneo (che nasce all'insegna della transcodificazio-
ne: scritto per diventare filmato, parlato e musicato) e composito o pluri-
codice (costituito da immagini, parole, suoni e rumori, musiche e scritte).
Tale complessità strutturale ha spesso disorientato gli studiosi che, per co-
modità, sono costretti a tener conto di un solo aspetto alla volta 26 •
Anche noi, come s'è detto, terremo conto quasi esclusivamente dell'a-
spetto verbale, per far risaltare il quale è necessario un adeguato corredo
di trascrizione, che metta in evidenza soprattutto le peculiarità tonali, tim-
briche e pragmatiche del dialogo filmico. E veniamo così alla struttura del
libro. Si cercherà in primo luogo di ordinare e di classificare i fenomeni sa-
lienti raccolti nei cesti dei film interpretati da Totò, spogliati integralmente
e sottoposti a rigorosa opera di trascrizione parziale. Uno spazio partico-
larmente ampio sarà dedicato ai giochi linguistici, caratteristici dell'arte
verbale di ogni grande comico, e in particolar modo di quella di Tocò.
Ogni fenomeno sarà esemplificato con il maggior numero possibile di ci-
tazioni filmiche (l'abbondanza delle quali è giustificata proprio dalla novità
della ricerca). Ciascun capitolo è dedicato a un fenomeno linguistico. Si
parte dalla riproduzione (in chiave più o meno comica) di Hngue e lin-
guaggi (lingue straniere, dialetti, italiano popolare, italiano aulico ecc.), fi.
no ad arrivare alle parole inventate, passando per i giochi verbali propria-
mente detti. Il percorso è dunque, in un certo senso, dal realismo all'e-
spressionismo linguistico. Gli esempi raccolti per ciascun fenomeno sono
ordinati cronologicamente, secondo la data ·della prima proiezione pub-

Sul significato del termine paronomasia rimando alla nota 7 del cap. XVII.4. Anche tut-
ti gli altri tecnicismi della linguistica qui presenti saranno spiegati, commentati ed
esemplificati nei capitoli successivi.
26 Non mi dilungo su questi argomenti, già sviluppati in Rossi 1999a (pp. 48-50) e

1999d.
INTRODUZIONE 31

blica del film. La filmografia completa è riportata alla fine del libro. Ogni
esempio è introdotto, o seguito, tra parentesi quadre, dal titolo e dall'an-
no d'uscita del film (o dal titolo e dall'anno della rivista: per i problemi le-
gati alla datazione teatrale cfr. la teatrografia conclusiva) da cui è tratto. Se
più esempi contigui sono tratti dal medesimo film, il riferimento filmo-
grafico è riportato una sola volta, dopo l'ultimo esempio relativo. Se non
si specifica il locutore della battuta citata, si tratta di Totò; in caso contra-
rio si segnala di norma l'attore (o il personaggio) che parla.
Dal momento che i titoli (di un libro, di un film ecc.), così come i no-
mi propri (si tratta di nomi propri di opera, a tutti gli effetti), «occupano
un posto particolare nel nostro codice linguistico» 27 , e sono ben isolati
dal contesto mediante l'uso del corsivo, non ritengo opportuno modifi-
carli in alcun modo (per es. mediante l'eliminazione dell'articolo iniziale),
né ricorrere a parole-zeppa come film o a forme di comodo come ne per
in, anche a costo di creare incontri cacofonici: si scriverà dunque, per
esempio, «in Il coraggio», in luogo dei più comuni «nel Coraggio», «nel
film Il coraggio», «ne Il coraggio».
Gli esempi sono stati trascritti direttamente dalle videocassette dei
film. Non si è tenuto conto in nessun caso né della sceneggiatura (oltre-
tutto irreperibile, nella maggior parte dei casi) né di trascrizioni fatte da
alrri autori.
Non sono stati impiegati i segni di punteggiatura tradizionali, più adat-
ti allo scritto che al parlato, bensì un sistema di trascrizione ad hoc già spe-
mnentato in Rossi 1999a (cui si rimanda, alle pp. 21-31, per un'esposizio-
ne dettagliata dei criteri di trascrizione filmica). Secondo tale sistema, ogni
nk\'ante cambiamento d'intonazione (da taluni definito «pausa virtuale»)
~nmerno dello stesso enunciato (owero, per semplificare, ogni porzione
'!OC!ale della stessa frase) è segnalato da una barra obliqua (I); possiamo,
mr-.almente, considerare la barra come l'equivalente orale della virgola, te-
:?~o conto però del fatto che, parlando e recitando, vi sono molti più
cm-.biamenti di intonazione (per esempio tra il soggetto e il verbo o, per
~ dire, tra il tema e il rema) di quanto non si usino virgole nello scrit-
'1it.'1L ù fine dell'enunciato, invece - cui corrisponde solitamente una picco-
• pausa o, comunque, un'intonazione percettibilmente conclusiva-, è in-
· ~ dalla doppia barra // (se si tratta d'enunciato assertivo, owero con

:c- J:lkobson [1963) 1994, p. 150.


32 LA LlNGUA IN GIOCO

un'intonazione conclusiva tendenzialmente discendente), dal punto inter-


rogativo (se è un enunciato interrogativo), dal punto esclamativo (se è
esclamativo) o da entrambi (?! se è interrogativo-esclamativo). I tre punti
( ...) indicano un'intonazione sospensiva. I tre punti tra parentesi quadre
(( ... ]) indicano invece un taglio all'interno della citazione, o perché il bra-
no tagliato non è significativo, o perché non è intelligibile. Una o più paro-
le scritte entro parentesi quadre indicano una porzione di testo non per-
fettamente ricostruita, poiché inintelligibile. Tra parentesi uncinate ( < > ),
si scrivono le porzioni di testo pronunciate simultaneamente (per il noto
fenomeno della sovrapposizione di turno dialogico). In corsivo tra paren-
tesi tonde si trovano alcune brevi indicazioni del trascrittore sulla situazio-
ne comunicativa: per es. (sottovoce) e sim. Il segno # indica una pausa lun-
ga da cinque a quindici secondi circa; con## si indica invece una pausa
più lunga di quindici secondi; non si segnalano pause di durata inferiore ai
cinque secondi. All'interno delle citazioni, tra virgolette alte (" ") si segna-
no i brani di discorso diretto riportato, oppure i brani cantati, recitati o ci-
tati. Tra virgolette basse (« ») si riportano ie citazioni di parole singole o di
brevi brani 28 • L'alfabeto usato è quello standard; la pronuncia aperta o
chiusa delle e e delle o sensibilmente diversa dalla pronuncia standard (ri-
portata dal DOP) è segnalata con l'accento acuto (é, 6) e grave (è, ò). La
pronuncia palatale substandard della s è segnalata con sh (per es. shtare
'stare'). Laj è impiegata sia per la pronuncia semiconsonantica della lace-
rale palatale (jijo 'figlio'), sia per la resa di ci elisa davanti a parola inizian-
te per a, o, u (cj ho, con pronuncia identica a ciò) 29 •
Le parole citate dai film sono riportate tra virgolette basse (« ») se si ci-
ta la forma, in corsivo se si cita il lemma (es.: soffittizzarsi: «soffittizzate-
vi!»). Nell'esemplificazione dei vari fenomeni, si farà talvolta ricorso a una
freccia("""?), che indica il passaggio da una forma all'altra (non necessaria-
mente per derivazione, indicata invece da >: A > B leggi B deriva da A).

28 Per le caratteristiche principali dell'intonazione dei testi parlati e recitati si riman-


da ai lavori di Emanuela Cresti citati in bibliografia e a Rossi 1999a. Per brevità, qualora
si citi un breve frammento di film, se alla fine della citazione non è apposto alcun se-
gno, si intenda un'intonazione di tipo assertivo.
29 Per substandard intendo quelle varietà linguistiche (dialetti, italiano popolare)

che si allontanano dalla varietà d'italiano ritenuta, per convenzione, standard, ovvero
l'italiano codificato nelle grammatiche, nei dizionari. nei manuali d'ortografia e pro-
nuncia. Quanto invece si allontana dallo standard in senso aulico è detto superstan-
dard.
L'-"TRODUZIONE 33

4. Tra gioco, retorica, realismo e sperimentalismo

I giochi linguistici sono una lente attraverso la quale si vede meglio il


funzionamento di una lingua e le abitudini dei suoi parlanti.
Che cos'è un gioco linguistico? Quello che sembra essere alla base di
rutti i giochi fatti con le parole (dalle rime alle paretimologie, dalle metate-
si ai rebus), in tutte le lingue, è l'iconicità, ovvero la tendenza a trovare si-
militudini semantiche tra parole simili soltanto sul piano del significante. In
altri termini, secondo alcune felicissime definizioni riportate da Freud, «il
motto di spirito è il prete travestito che unisce ogni coppia [... ] . Egli prefe-
risce sposare le coppie il cui matrimonio non è ben visto dai parenti» 30• Un
gioco linguistico, semplificando, è dunque un uso particolare della lingua
che si distacca più o meno sensibilmente dagli usi ritenuti normali: «Sarà
proprio nello spazio aperto tra il rispetto e la deviazione dalla norma che
fimpulso comico troverà la via per esprimersi. [... ] quel maligno impulso si
fa strada disattendendo i sensi attesi, facendo saltare le coordinate raziona-
li di chi si trova ad essere suo spettatore» 31 . Tale deflessione dal discorso or-
dinario accomuna i giochi verbali alla letteratura, il cui ricercato scarto dal
i\·ello medio della comunicazione è confermato dai termini tradizional-
mente impiegati dalla retorica per indicare le caratteristiche stilistiche del
discorso poetico e letterario: colori,fiori,figure; la lingua deve cioè essere
colorata, resa più piacevole del solito. Anche tropo ('figura retorica') ha
oo·etimologia interessante: dal greco trépomai 'mi volgo, mi alllontano' 32 •
Oltreché dalle norme ortografiche e morfosintattiche, il gioco lingui-
stico si allontana anche da quelle che potremmo chiamare «norme prag-
matiche» della comunicazione, ovvero quei principi che permettono ad
ogni conversazione di giungere a buon fine. Si tratta di quello che Grice
dtiamava il «Principio di Cooperazione» tra i conversatori; principio basa-
ro su determinate «massime» o norme, appunto:

a. Massima di quantità: dai esattamente quanta informazione è richiesta.


b. Massima di qualità: di' solo ciò che credi sia vero.

"''' Freud [1905) 1992, p: 19. Per un commento dettagliato su quest'opera di Freud e
agenera.le sul funzionamento del motto di spirito e sulle sue relazioni con la retorica,
··ila inguistica e la poesia è indispensabile Fornari 1982 (a c. di).
"' Paradisi 1987, p. 219. Cfr. anche Radtke 1983, p. 141.
x Cfr. Guiraud 1976, p. 83 e Mortara Garavelli 1992, p. 144.
34 LA LINGUA IN GIOCO

c. Massima di relazione: di' cose che hanno rilevanza.


d. Massima di modo: sii chiaro (ordinato, succinto, non ambiguo, non con-
fuso) 33.

Non sarà difficile rawisare sistematiche infrazioni a ciascuna di queste


quattro massime in gran parte delle farneticanti tirate di Totò: quei pezzi
forti della sua comicità, mediante i quali faceva perdere il controllo agli in-
terlocutori, posti di fronte all'impossibilità di reagire a una non-conversa-
zione. Esempi di spicco a riguardo saranno soprattutto due casi: l'onore-
vole in wagon-lit (Totò a colori, 1952, cit. infra in IX.1) e il dialogo tra
Totò e il notaio (Totò diabolicus, 1962, cit. infra in XXI.l).
Si parlava prima d'iconicità. Ogni sistema di comunicazione verbale si
basa sull'arbitrarietà del segno. Da Saussure in poi nessuno osa più con-
trobattere tale assioma, legato all'altro, che vede la lingua soltanto come
forma e non come sostanza. Eppure, come qualche studioso ha dimostra-
to 34, oltre all'arbitrarietà nelle lingue agisce anche il principio opposto: la
motivazione, ovvero l'iconicità, e oltre alla forma è determinante la so-
stanza (fonica): il gioco linguistico crea motivazione tra i segni, laddove
nella comunicazione normale c'è arbitrarietà e rivendica la supremazia
della sostanza sulla forma, del significante sul significato 35 •
Da quanto detto finora, è evidente eh.e il gioco linguistico occupa un
terreno tuttaltro che marginale nella comunicazione. In quanto deforma e
trasforma le unità linguistiche, di queste ultime mostra l'estrema elasticità
e aiuta a mettere a fuoco le caratteristiche più profonde del linguaggio,
spesso occultate dall'uso irriflesso, dagli automatismi della conversazione
quotidiana: «attirer l'attention sur le matériau mème du langage et, en par-
ticulier, sur les phonèmes, revient nécessairement à mettre en valeur les
choix qu'on a faits de ces unités linguistiques, revient donc nécessaire-
ment, en dernière analyse, à attirer l'attention sur des oppositions» 36 • Au-
tomatismi che i giochi linguistici migliori, quasi tutti caratterizzati da una
carica anticonformistica più o meno manifesta 37, tendono a infrangere.

33Paradisi 1987, p. 220.


34Cfr. Simone 1992b, pp. 37-59 e Simone 1995 (a c. di).
35 Cfr. Radtke 1983, p. 141.
36 François 1996, p. 49. I giochi linguistici, in effetti, invitano il linguista «à une spé-

culation sur les formes et !es fonctions du Janguage» (Guiraud 1976, p. 5).
37 «Il motto di spirito rappresenta una ribellione all'autorità, una liberazione dalla

sua pressione» (Freud [1905] 1992, p. 112). «Vnjeu est aussi une forme de libération
INTRODUZIONE 35

Il gioco linguistico si caratterizza per il fatto di essere disinteressato


ma, al tempo stesso, linguisticamente motivato, come il testo poetico:
«dans la mesure où lejeu de mots se définit par sa gratuité, il constitue un
langage détourné de ses fonctions. Fonctions, par ailleurs, auxquelles il
reste - par ses formes - étroitement associé. D'où l'affinité, par exemple,
des formes poétiques et des formes ludiques» 38 •
È ben nota e lontana l'origine della tendenza a mettere in connessio-
ne i meccanismi del gioco con quelli della poesia, delle patologie del lin-
guaggio, dei lapsus e del linguaggio infantile 39 • Prima che i linguisti, il gio-
co di parole, il motto di spirito e la lingua comica hanno interessato i fi-
losofi e poi gli psicologi. Partiamo dal Settecento. I sensisti e i razionalisti
tendevano a ricondurre i meccanismi del riso a meri stimoli fisici. Come
ricorda Kant, l'umorismo e la comicità si basano sull'infrazione dell'oriz-
zonte d'attesa:

Nello scherzo [... ] il giuoco comincia da pensieri, i quali, in quanto vogliono


esprimersi sensibilmente, occupano tutti anche il corpo; e poiché l'intelletto,
non trovando in questa esibizione quello che s'aspettava, s'arresta d'un tratto,
si sente nel corpo, mediante la scossa degli organi, l'effetto di questa interru-
zione, la quale favorisce il ristabilimento dell'equilibrio degli organi stessi, ed
ha un benefico influsso sulla salute. Il riso è un'affezione, che deriva da un'a-
spettazione tesa, la quale d'un tratto si risolve in nulla. Proprio questa risolu-
zione, che certo non ha niente di rallegrante per l'intelletto, indirettamente
rallegra per un istante con molta vivacità. La causa deve dunque consistere
nell'influsso della rappresentazione sul corpo e nella reazione del corpo sul-
ranimo; e non certo in quanto la rappresentazione è oggettivamente oggetto
di diletto (perché come potrebbe dilettare un'aspettazione delusa?), ma uni-

·;b ·.;."Omraintes sociales. (... ] Le jeu peut devenir une subversion délibérée du langage.
:... La vraie fonction des jeu.x de mots est de lutter contre des tabous, plus profonds,
~ tinsidieux et plus obscènes» (Guiraud 1976, pp. 113-19). Dell'«allegrezza anarchica»
tld;:a.mspettacolo e di Totò parla Guarini 1991 (a c. di), p. 12. Per considerazioni ana-
; ~ dr. anche Bispuri 1997, p. 18 e Escobar 1998, pp. 91-96.
·· ;io, Guiraud 1976, p. 78.

'!!', ,.,L'affinità tra un lapsus ed un gioco di parole può essere molto forte» (Freud

}~} 1990, p. 86). «I versi, le allitterazioni, i ritornelli e le altre forme di ripetizione di


~..-eroali simili si serv[o]no della stessa sorgente di piacere - la riscoperta di qual-
~ - d noto» - che alimenta il motto di spirito, il linguaggio infantile, il linguaggio oni-
• 4:°F:'e'...d [1905] 1992, p. 129 sgg.). «Ces procédés rhétoriques ont une étroite pa-
~ e a,,9nité avec !es jeux de mots» (Guiraud 1976, p. 83).
36 LA LINGUA IN GIOCO

camente perché essa, in quanto semplice giuoco delle rappresentazioni, pro-


duce nel corpo un equilibrio delle forze vitali. [... ]. È da notare che in tutti que-
sti casi lo scherzo deve sempre contener qualcosa, che per un istante possa
produrre illusione; sicché, quando l'illusione è dissipata, l'animo si rivolge in-
dietro per provarla di nuovo, e così, per un rapido alternarsi di tensioni e ri-
lassamenti, si trova sospinto e ondeggiante di qua e di là: e, poiché ciò che,
·per così dire, tendeva la corda, vien meno d'un tratto (non per un rilassamen-
to progressivo), ne risulta necessariamente un movimento dell'animo, e ac-
cordato ad esso, un movimento interno del corpo, che si prolunga involonta-
riamente, e produce stanchezza ma anche allegria (gli effetti di un movimento
favorevole alla salute) 40 •

Proprio da Kant prende le mosse Freud, nella sua puntuale analisi del
motto di spirito, spostando l'inatteso, com'è noto, dal corpo all'inconscio.
Quanto a Kant sembrava inatteso è in realtà, secondo Freud, atteso dal-
l'inconscio, ma inibito dalla ragione, e quando finalmente trova il modo di
emergere, liberato dal travestimento del gioco linguistico o del lapsus lin-
guae, non può non generare piacere: il piacere della libertà. Entrambe le
spiegazioni - quella kantiana e quella freudiana - pongono dunque l'ac-
cento sulla funzione dell'inatteso e dell'assurdo; su qualcosa che illude ed
elude, per un attimo, le leggi della logica. Il motto di spirito è dunque so-
lo apparenten:iente frutto del «corto circuito» tra elementi inattesi. In
realtà il riso liberatorio nasce proprio perché dall'inconscio emerge il ri-
conoscimento dell'atteso: «il motto di spirito fa uso di un metodo di con-
catenazione di cose, che viene respinto e studiatamente evitato da un
pensiero serio» 41 •
Ciò che fa di un motto un motto di spirito è la forma, non il contenuto;
Freud riporta infatti esempi di motti parafrasati, che non risultano affatto
divertenti 42 . Ecco che, in questo modo, il motto di spirito viene ricondot-

40 Kant [1790] 1963, pp. 194-96.


41 Freud [1905] 1992, p. 128. Per un'analisi più ricca e dettagliata del funzionamen-
to dei giochi linguistici e del principio di piacere da essi determinato cfr. Paradisi 1987.
Per una tassonomia dei giochi cfr. anche Crystal-Bertinetto 1993, pp. 59-65.
' 2 «La caratteristica dei motti di spirito sta nella loro forma espressiva. [... ] Quando

siamo riusciti a ridurre con successo un motto cli spirito (vale a dire, a sostituire la sua
forma espressiva con un'altra, facendo attenzione a conservarne il senso), esso non ha
perso soltanto la sua caratteristica di motto di spirito, ma anche la capacità di farci ri-
dere - da cui dipende il piacere che esso procura» (Freud [1905] 1992, p. 102). Cfr. an-
che ibid., pp. 26-27.
INTRODUZIONE 37

to al gioco di parole e che l'intero meccanismo freudiano del comico ri-


sulta basato sostanzialmente sulla verbalità. D'accordo con Freud, potrem-
mo dire che non esiste nessun vero comico (naturale o di professione non
importa) che non sia anche un po' linguista, cioè che non faccia del meta-
linguaggio, della riflessione sui meccanismi della comunicazione.
È chiaro, dunque, che negli usi ludici della lingua convergono due for-
ze apparentemente contrastanti, come sottolineerà Roman Jakobson: l'i-
natteso e l'atteso, il perturbamento nato dall'incontrare un termine ina-
spettato per morfologia o significato e il riconoscimento di una rima, di
un'assonanza, di un'allitterazione che rientrano in uno schema dato: «la
soddisfazione [... ] nell'uomo è legata al sentimento dell'inatteso che sorge
dall'atteso, l'uno e l'altro inconcepibili senza il loro contrario» 43 • Il passag-
gio dall'arbitrarietà all'iconicità è quanto accomuna la poesia, il linguaggio
infantile, i disturbi del linguaggio e i giochi linguistici: «la funzione poetica
proietta il principio d'equivalenza dall'asse della selezione all'asse della
combinazione. L'equivalenza è promossa al grado di elemento costitutivo
della sequenza» 44. Insomma - conciliando le conclusioni di Freud con
quelle di Jakobson - quanto induce, inconsciamente, il bambino (o il ma-
tu:o) alla ripetizione e a far terminare tutte le parole con gli stessi suoni è
sfruttato consapevolmente dal poeta per produrre una sorta di piacere de-
rivante dal riemergere di usi linguistici unicamente basati sull'iconicità. Un
piacere ancora maggiore è ottenuto mediante l'immissione, in questo
schema, di elementi inattesi. Nei lapsus agiscono, inconsciamente, gli stes-
Si meccanismi; anche il procedimento dei giochi linguistici è analogo ma,
a:ime nella poesia, la consapevolezza dell'autore è altissima 45 •
Senza voler ripercorrere la complessa casistica dei giochi di parole ri-
ponata da Freud [1905] 1992 e da Guiraud 1976, ricordiamo che i giochi
~cipali si basano sul meccanismo della sostituzione di suoni (contrepet
o contropèterie), e in particolare sull'inversione. L'inversione (o metatesi)
lfNiJiÒ avvenire tra suoni di una stessa parola (fedigrafo per fedifrago), op-
~"e tra parole diverse («Giulietto e Romera» per «Giulietta e Romeo»),
'Gç>-pure può consistere nello scambio·dell'ordine delle parole in un enun-

''Ja.¾:obson [1963] 1994, p. 199.


- Jakobson [1963] 1994, p. 192. Cfr. anche ibid., p. 211 e Freud [1905] 1992, pp.
~-2"¼2~
"'· Cfr. Guiraud 1976.
38 LA LINGUA IN GIOCO

ciato («desto o son sogno» per «sogno o son desto»). La parola deformata
può avere un significato (per es.preside in luogo di presbite), oppure es-
sere del tutto priva di senso (ferrèa anziché fèrrea). Il primo caso è, al-
meno in italiano, decisamente più frequente, oltreché più divertente, poi-
ché, se oltre al suono viene coinvolto il significato, aumenta l'infrazione
dell'orizzonte d'attesa 46 • Quanto più tra la forma di partenza e quella di ar-
rivo c'è distanza semantica, tanto più il gioco, solitamente, diverte. In mol-
ti giochi lo scambio di suoni avviene mediante semplice sostituzione (e
non inversione) della sola prima parte della parola (aerostatici per aristo-
cratici), o della parte finale (consorzio per consorte); oppure per aggiun-
ta di una sillaba nella parte centrale della parola (bomba anatomica per
bomba atomica), ecc 47 •
Come si vede già dai pochi esempi citati, i meccanismi alla base del
gioco linguistico sono comuni anche a certe deformazioni (metatesi) e a
c~rti livellamenti analogici del linguaggio popolare (si pensi soprattutto ai
metaplasmi, alle paretimologie e alle paronomasie) e, conseguentemente,
propri dell'evoluzione da un sistema linguistico all'altro. Vedremo infatti
come alcuni dei fenomeni commentati siano studiati non soltanto dalla
letteratura sui giochi linguistici e dalla retorica, ma anche dalla storia del-
la lingua (appunto la metatesi, il metaplasmo, la paretimologia ecc.). In
questo senso è chiara l'affermazione fatta all'inizio di questo paragrafo, se-
condo la quale il gioco di parole induce a riflettere sui meccanismi di fun-
zionamento della lingua. In altri termini, e per chiarire così anche le teo-
rie freudiane e postfreudiane sull'archetipicità dei giochi, l'essere umano

46 Cfr. Freud (1905] 1992, p. 55 e Umberto Eco, in Queneau (1947] 1983, p. XIY. Il

fenomeno è stato ben esemplificato anche da Charles Bally e dal commento di Cesare
Segre: l'italiano (così come il francese), in virtù della sua origine latina, è una lingua
estremamente sintetica (cioè basata sull'uso di numerosi suffissi e desinenze da appor-
re a un numero limitato di radici) e motivata. Per questo i giochi più frequenti, e anche
più comici, sono quelli che trasformano parole già esistenti in parole diverse, comun-
que esistenti, piuttosto che quelli che inventano forme. Una differenza fondamentale
rispetto al francese, però, è che l'italiano gioca perlopiù sullo scambio di suffissi e sul-
le-false etimologie, laddove il francese (che, per la sua peculiare struttura fonetica, pos-
siede un elevatissimo numero di omofoni) gioca, più di altre lingue, sui calembour ot-
tenuti proprio per omofonia: per cui commentaire 'commento' si pronuncia come
camme en terre 'come in terra'; bonté 'bontà' come bon tbé 'buon te'; dissous 'dissol-
to' come dix sous 'dieci soldi', ecc. (cfr. Bally [1932] 1963, pp. 395-96, 445, 467).
47 Tutti gli esempi citati sono tratti da film di Totò e saranno classificati e commen-

taci nel corso dei capitoli successivi.


INTRODUZIONE 39

sceglie, per giocare con le parole, quei meccanismi che non soltanto
adottava da piccolo ma che ogni lingua adotta nel corso del proprio pro-
cesso evolutivo.
I giochi linguistici sono possibili in tutte le lingue del mondo, in virtù
della doppia articolazione dei codici verbali e della tendenza all'iconicità.
Proprio perché tutte le parole di una lingua sono costituite da un insieme
finito (e molto limitato) di suoni distintivi (fonemi), è possibile creare un
elevato numero di parole di significato molto diverso ma di suono quasi
identico (e spesso identico) 48 • Il gioco linguistico, in conclusione, non fa
che rendere manifesto e consapevole quanto i parlanti fanno spesso in-
consciamente, per esempio quando tendono a ravvisare somiglianze tra
forma e contenuto (creando dunque delle paretimologie) anche laddove
questa somiglianza non è etimologicamente motivabile (zigzag, lemme
lemme). Oppure quando tendono ad associare i suoni come o e u ai co-
lori scuri e alle tonalità gravi, e i suoni come a e è ai colori chiari e alle to-
nalità acute. Anche in sintassi molti fenomeni vengono spiegati iconica-
mente, come la tendenza degli elementi informativamente più rilevanti a
passare al primo posto negli enunciati, mediante i meccanismi chiamati
dai linguisti dislocazioni, focalizzazioni, frasi scisse ecc. 49
In questo libro ai giochi verbali propriamente detti sono dedicati i ca-
pitoli XVIII-XXI. I capitoli precedenti riguardano, più propriamente, la ri-
produzione di alcune varietà di lingua, anche se quasi sempre con inten-
m comico-ludico. È tuttavia possibile leggere alcuni fenomeni (in partico-
bre, come vedremo, la riproduzione dell'italiano popolare) come un ri-
tratto abbastanza attendibile delle incertezze dei parlanti italiani del se-
condo dopoguerra nel dominare la lingua nazionale e anche delle «aSpi-
raz.ioni al possesso della lingua», talvolta mediante la simulazione della si-
curezza nella conoscenza della grammatica e del lessico 50•
Quello che però sembra accomunare tutti i fenomeni analizzati (dai
giochi ai dialetti, dalle lingue straniere all'invenzione di parole, dall'italia-

'"' «C'est l'économie de la double articulation qui permet de fabriquer [... ) un nom-
tre illimité de contrepèteries» (François 1966, p. 47). Per doppia articolazione si in-
?Jf!\àe la suddivisione di ogni linguaggio verbale in segni dotati di significato (parole) e
in· segni (fonemi) privi di significato, che, combinandosi, danno vita alle parole stesse
,.,._;;._ Simone 1992a, p. 75).
"'Cfr. Simone (a c. di) 1995.
'· Romeo 1997, p. 114.
40 LA LINGUA IN GIOCO

no popolare all'abuso di aulicismi) è lo sperimentalismo, la carica espres-


sionistica che alimenta ogni scelta linguistica di Totò. L'intero cinema di
Antonio de Curtis assume dunque ai nostri occhi, oggi più di ieri, l'aspet-
to di un grande laboratorio linguistico, che porta avanti una tradizione se-
colare messa a punto sui palcoscenici e sulle piazze di tutta l'Italia.

Ringrazio Ennio Bispuri, Enzo Cajfarellz: Giovanni Capozzi, Mara


Marzullo, Elena Pistolesi, Sergio Rajfaelli, Giuseppe Romeo, Francesca
Rossi e Antonio Trudu, che mi hanno regalato consigli, critiche e pre-
ziose indicazioni bibliografiche e filmografiche.
Questo mio secondo libro vede la luce grazie a Orio Caldiron, il qua-
le mi ha, concretamente, n·nnovato la sua stima.
I. «MODESTAMÈNDE QUALCHE LINGUA LA PARLO»:
LE LINGUE STRANIERE

I.1. «bisissis bisis»: la pronuncia

Il rapporto di Totò (e di alcuni altri attori del nostro corpus, primo tra
i quali Peppino De Filippo) con le lingue straniere non è dei più tranquil-
li. li minimo che possa accadere è che i forestierismi vengano pronuncia-
ti così come sono scritti, come ad esempio «prìncipal» 1 (Totò a colori,
1952); «equipe» (/ soliti ignoti, 1958); «orevoìr» 'au revoir: arrivederci'
fìòtò a Parigi, 1958). Oppure la pronuncia è fortemente italianizzata, e
talvolta una via di mezzo tra quella corretta e quella della parola italiana
corrispondente:

A"'1ALIA (Alda Mangini): Ah/ e/ ditemi un po' una cosa// E la toilette dov'è?
(pronunciando male)
TRUFFATORE (Mario Castellani): La toilette? (pronunciando correttamente)
:\MALIA: Sì// Ah/ io l'ho detto in francese// [Totò cerca casa, 1949) .

.A,"ffONIO (Totò): Veramòn?;


PITTORE: Vraiment/ vuole dir?
~'ffONIO: Va be'/ lasci fare// Veramòn/ l'ha fatto lei? [Totò a colori, 1952].

~\eramòn» compare anche in Totò a Parigi, 1958 e in Totò di notte n.


1%2, in cui è corretto da Gianni Agus con vraiment (con pronuncia
!bocese standard) 2• Esempi simili sono: «ristaurante» [San Giovanni de-
· ~ , 1940]; «queque» 'chèque: assegno' [Totò terzo uomo, 1951);
- ~ ·record: ricordo' [Totò cerca pace, 1954). «Coctèl» 'cocktail' [Totò
''llit' c'Mt.u.cellino, 1958) può essere spiegato per influenza della pronuncia

{?i "IYon in poi, se una parola in lingua straniera è scritta secondo la grafia standard
~~ iingua, vuol dire che è stata recitata secondo la pronuncia standard; se inve-
~iiiìlie' ~ .,.,uole segnalare la pronuncia substandard, è trascritta esattamente come è sta-
iiii,~ta. Tra apici sono riportati la traduzione o il significato dei termini citati.
;.;~nera anche il nome di un diffuso analgesico (cfr. Caffarelli 1998, p. 64 n. 31).
42 LA LINGUA IN GIOCO

francese o per la tendenza all'accentazione tronca di tutti i forestierismi


(entrambe caratteristiche del pessimo rapporto degli italiani con le lingue
straniere fino a non molti anni fa; oggi, semmai, per oblio del francese e
per influenza e mal conoscenza dell'inglese, prevale la tendenza alla ritra-
zione dell'accento: sàspens per suspense, tronco anche in inglese).
Esempi di pronuncia abnorme sono: «galosces» (così pronunciato) 'ga-
loches' [Gambe d'oro, 1958]; «nàighete clebbe» 'nightclub' [Noi duri,
1960]; «stiptisi» 'strip-tease' [Totò di notte n. 1, 1962]; «cambingo» 'cam-
ping' [Che fine ha fatta Totò Baby?, 1964]; «bisissis bisis» 'business is bu-
siness: gli affari sono affari' [Uccellacci e uccellini, 1966]; «scecchi» 'chè-
ques: assegni' [La terra vista dalla luna, 1967].
Tale approssimazione fonetica può provocare gustosissimi equivoci,
come quello tra Totò e Aldo Fabrizi in Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi,
1960; il cavalier Antonio Cocozza (Totò) chiede al suo futuro consuocero,
il ragionier Giuseppe D'Amore (Aldo Fabrizi), se ha un «tic» ('tight') per
l'imminente matrimonio dei figli; Giuseppe, risentito, risponde:

GIUSEPPE: No/ io non cj ho nessun tic// Quale tic?


ANTONIO: In occasione del matrimonio/ ci vuole il tic//
GIUSEPPE: Ah/ il tight/ vuol dire/ lei//
ANTONIO: Tight?
GIUSEPPE: Tight//
ANTONIO: Che buffo nome! Noi/ a Napoli/ diciamo la sciammèria// Ragioniere/
lei si deve fare una bella sciammèria//.

1.2. Nella hall... «fa più fino»: derisione dei forestierismi

Come si vede già dai pochi esempi citati, l'uso delle lingue straniere ri-
sponde ad almeno tre importanti requisiti: innesca il meccanismo comico
(sia per la semplice deformazione fonetica, sia perché talvolta nascono cu-
riose omonimie: tic 'abito/ticchio' 3); ritrae l'incertezza e l'emarginazione
del parlante di scarsa cultura, che tenta, come meglio può, di capire e di

3 Nell'esempio tratto da Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi va notato anche il doppio


significato del napoletano sciammeria che, oltre a 'abito lungo maschile', ha anche
l'accezione volgare di 'atto sessuale', su cui si gioca soprattutto nell'enunciato: «ragio-
niere/ lei si deve fare una bella sciammèria//».
~:MODESTAMÈNDE QUALCHE LINGUA LA PARLO»: LE LINGUE STRANIERE 43

rar-si capire; deride l'abuso dei forestierismi in coloro che vogliono darsi
un tono: Totò era spesso spietato contro il «malcostume» linguistico, irri-
dendo sia il dialetto, sia gli esotismi, sia ogni altro uso irriflesso della lin-
gua. Quest'ultimo fenomeno è evidente nell'esempio seguente:

AMALIA: Oh! Ma mi manca una valigia// Vai a vedere/ caro/ se l'ho lasciata nel-
la hall//
BENIAMINO (Totò): Come?
.AMALIA: Nella hall//
BENIAMINO: Che cosa//
AMALIA: Nella hall!
BENIAMINO: E chi è la ol? La portiera?
A..l\1ALIA: No/ nell'atrio//
FIGLIA: Nell'anticamera// Qui nei quartieri alti si dice hall// Fa più fino//
BENIAMINO: Ah sì? La hall? Bah! Allora io vado giù a vedere nella hall// (aspi-
rando esageratamente l'iniziale) [Totò cerca casa, 1949].

Anche in Totò a colori, 1952 vengono derisi coloro che, parlando, dis-
seminano forestierismi per impreziosire il proprio (frivolo) eloquio: Leo-
poldo (Galeazzo Benti): «Gente! Giulia Sofia/ amici/ tutti! Un arrivo sen-
sational! Vi presento un mio amico/ testè arrivato/ col suo yacht/ stanza
iJnernazionale/ due carburatori/ in questo momento a Marina piccola!». La
crudeltà di Totò contro gli snob, i finti colti, gli pseudoartisti, tocca il cul-
mine, con tinte di violenza tribale, nella scena dello sputo nell'occhio al
pittore pseudofrancese, sempre in Totò a colori:

PITTORE: Ha avuto paura?


A1\ITONIO (Totò): E come/ no!
PITTORE: E di che?
ANTONIO: E... come di che? Oh! (indicando un quadro astratto alla parete)
Eh// <Eh>//
PITTORE: <Di questo quadro>?
ANTONIO: Eh già//
PITTORE: Ma... è un Picasso//
Al\lTONIO: Cos'è questo?
PITTORE: C'est une imitation/ de Picasso//
ANTONIO: Questo qui?
PITTORE: Mais oui//
ANTONIO: Imitation de Picasso//
PITTORE: Qui//
LA LINGUA IN GIOCO

Al'JTONIO: Picasso//
PITTORE: Picasso//
ANTONIO: Questo qui//
PITTORE: Mais naturellement//
ANTONIO: Eheh// Picasso//
PITTORE: Eh//
ANTONIO: E chi l'ha fatto?
PITTORE: lo//
ANTONIO: Ma no!
PITTORE: Moi//
ANTONIO: Lei?
PITTORE: Qui// Moi//
ANTONIO: Veramòn?
PITTORE: "Vraimenc"/ vuole dir?
ANTONIO: Va be'/ lasci fare// Veramòn/ l'ha fatto lei?
PITTORE: Oui//
ANTONIO: Parola d'onore?
PITTORE: Sì sì sì sì//
ANTONIO: Mi dia la mano// Ah//
ANTONIO: Veramende l'ha fatto lei/ <insomma>?
PITTORE: <Certamente>//
ANTONIO: Ahah! Bravo! La scienza/ va premiata!
PITTORE: Grazie//
ANTONIO: Or tutti a me! Una sedia/ e un rovagliuolo// Venga qui// (ride) Che
caro! Lei/ l'ha fatto//
PITTORE: Sì//
ANTONIO: Eheh// Da... dateme una sedia// Su! Giù! <A ceccia qua>//
PITTORE: < [Va bene// Qui?]// Hm? Hm>//
ANTONIO: <A ceccia qua// Il tovagliuolo/ per cortesia>//
DONNA!: (dando il tovagliolo ad Antonio) [Prego]//
ANTONIO: Eccolo qua// <Grazie>//
PITTORE: <Così va bene>?
ANTONIO: Va benissimo//
PITTORE: Ah//
ANTONIO: Sa/ io sono generoso/ <magnanimo>//
PITTORE: <Grazie>//
ANTONIO: A me mi piace/ premiare il talento/ ecco// (a donna2) Mi dia le ma-
nine// Gli tenga la testa/ così// (al pittore) E no! Fermo! (alla donna) Ec-
co// Gliela tenga così// Forte/ eh?
PITTORE: Ahah!
-«MODESTAMÈNDE QUALCHE LINGUA LA PARLO»: LE LINGUE STRANIERE 45

AlWONIO: (pronunciando con erre moscia) Forte/ forte/ forte! Eheh// (al
pittore) Mi dia la manina sua//
PITTORE: Sì//
ANTONIO: &col si copra quest'occhio qui// <Così>//
PITTO~: <&co>//
Al\lTONIO: Ci vede/ da quest'occhio//
PITTORE: No// <No>//
Al\lTONIO: <Bravo>// (a To.ffi) Lei/ col pimice e il pomice/ mi fa la cortesia?
Mi... mi allarga/ quest'occhio? <Ecco>//
PITTORE: <Ahah>//
ANTONIO: Fermo/ eh? Lei vede/ qua?
PITTORE: Sì// Sì//
ANTONIO: Vede ... vede bene?
PITTORE: Sì sì sì sì sì//
ANTONIO: Allora fermo/ eh?
PITTORE: Hm//
ANTONIO: Fisso/ eh? Fisso qui/ eh?
(Antonio sputa nell'occhio del pittore)
PITTORE: Ahahah!
&''./TONIO: Ecco fatto// Eh?
GIULIA SOFIA: Troppo diverténte! Cos'è?
VFC UOMO: Meraviglioso//
DONNA2: Fantastico! Bellissimo!
(altri commenti indistinti)
PITTORE: Che volgarità! Mah!

L'atteggiamento di Totò nei confronti dei forestierismi è dunque fon-


damentalmente censorio: talvolta, come s'è visto con l'esempio di tight
~ sciammeria, in luogo della parola straniera si suggerisce non solanto
requivalente italiano, ma anche un sinonimo dialettale, come vedremo
ncl capitolo successivo a proposito del passaggio da charcutier a pizzi-
cagnolo a salumiere a casadduoglio [Miseria e nobiltà, 1954].
Tipico della comicità legata alla deformazione delle lingue straniere
funa comicità che, così come la deformazione dei dialetti, trova la sua ori-
gine più diretta nell'avanspettacolo e nella rivista) è il meccanismo grazie
.a! quale il termine straniero viene tradotto solo sulla base dell'assonanza
ron una parola italiana e, viceversa, la parola italiana viene tradotta in una
fulgua straniera solo aggiungendovi affissi ritenuti tipici di quella lingua,
senza tenere in alcun conto il significato e il contesto. Vediamo gli esem-
pi più significativi nei successivi paragrafi.
46 LA LINGUA IN GIOCO

1.3. «Vigliacchibus mascalzonibus Jarabuttibus»: il latinorum, lingua


del potere

Tra le lingue più colpite dai giochi di Totò, in linea con la tradizione del
teatro popolare (e valgano per tutti gli stravolgimenti linguistici di Pulci-
nella 4), c'è senz'altro il latino, in quanto lingua del potere, degli Azzecca-
garbugli, che come tale genera spassosi equivoci nella povera gente:

RAFFAELE: (leggendo una lettera) Un mome ... un mome ... un momento/ c'è
un poscritto//
CONCETTA: Che ci sta?
RAFFAELE: Post scriptum//
CONCETTA: E che significa?
AGOSTINO (Totò): Eh ... che ha scritto in un posto// È latino//
RAFFAELE: Ma no/ è un'aggiunta/ un poscritto//
CONCETTA: Ah! Un coscritto!
AGOSTINO: Sì/ un caporale! [San Giovanni decollato, 1940].

L'espressione latina a priori subisce varie deformazioni e numerosi


fraintendimenti. In primo luogo si trasforma in «a priora» [San Giovanni
decollato, 1940]. Poi viene scambiata per l'italiano al priore (I soliti igno-
ti, 1958]; «Prima (... ] cioè al priore» [Letto a tre piazze, 1960]: qui il gioco
linguistico è duplice, poiché al priore è usato in luogo di a priori, espres-
sione che, a sua volta, sarebbe usata impropriamente nel senso di 'prima';

IMPIEGATO DELLE POSTE: Gliel'ho detto a priori//


TOTÒ: No/ no// A me il priore non mi ha detto niente// (Totò d'Arabia, 1965].

L'espressione ad hoc (usata, senza equivoci, in La macchina fotogra-


fica, 1954 e in Racconti romani, 1955) è addirittura scambiata per un no-
me proprio:

CRI CRI (Mario Castellani): E tu rispondi ad hoc//


ANTONIO (fotò): (indicando una donna) Ma io vorrei rispondere a lei//
CRI CRI: Appunto a lei/ ad hoc//
ANTONIO: Ah/ sì?

4 Cfr. Romeo 1998b, p. 89. Sullo stravolgimento (inconsapevole) del latino ecclesia-

stico da parte dei semicolti si veda da ultimo Beccaria 1999.


~MÈNDE QUALCHE LINGUA LA PARLO»: LE LINGUE STRANIERE 47

CRI CRI: Sì//


A.'ITONIO: Occo?
CRI CRI: Hm
ANTONIO: (alla donna) Senta/ signora Occo// Pardon// Signora/ Occa// [Totò
all'inferno, 1955].

Qui i giochi sono tre: il primo nel fraintendimento del latino con un
r;.0me proprio (hoc = Occo), il secondo nel concordare il nome proprio
.al femminile (Occo ~ Occa), il terzo nell'assonanza occa-oca.
«Cum summa iniuria» è frainteso da Totò (che del fraintendimento si
_gjustifica dicendo: «l'avevo preso per siculo») come «Giulia»; «matrimonio
rato e non consumato» è interpretato da Totò come un matrimonio «che
si può consumare a rate» ·[Letto a tre piazze, 1960].
Senza deformazioni - ma qui è la stessa situazione dell'ex ladro fallito,
·dle si dà arie da professore di scasso, a suscitare la comicità - è la dotta
citazione di Totò in/ soliti ignoti, 1958: «in corpore vili».
Così come il latino burocratico, aulico e il frasario stereotipato degli
pseudocolti, anche il latino ecclesiastico subisce impietosi sarcasmi: del
precetto «vox servi Dei in dubio audire oportet», per esempio, Totò for-
nisce una versione che è un vero capolavoro: «che c'entrano gli utenti
dell'Autovox che non entrano per la porta?» [/ tartassati, 1959]. In due
celebri casi Totò, sfidando la censura, si spaccia per frate. Nel film I due
marescialli, 1961, il finto frate è sorpreso a pregare sottovoce pronun-
ciando parole come «linòleum», «colosseum», «mortis tua/ et tu patri/ et
ru nonni in cariolam mea», «autobus», «es o es». ,\Autobus» fa parte anche
del de profundis recitato da Totò in Il monaco di Monza, 1963. In que-
st'ultimo film, poi, è memorabile la litania di Totò e Macario, finti monaci,
::-ui nomi delle attrici:

PASQUALE (Totò): Doris Duranti//


MAMOZIO (Macario): Ora pro nobis//
PASQUALE: Maria Denis//
:MAMOZIO: Ora pro nobis//
PASQUALE: Sofia Loren//
MAMOZIO: Ora pro nobis//
PASQUALE: Anna Maria Pierangeli//
MAMOZIO: Ora pro nobis//
PASQUALE: Brigitte Lolorum//
MAMOZIO: Ora pro nohis//
48 LA LINGUA IN GIOCO

PASQUALE: Tony Curtis//


MAMOZIO: Ora pro nobis//
PASQUALE: Urti Urghens//
MAMOZIO: Ora pro nobis//
PASQUALE: Brigitte Bardot//
MAMOZIO: Bardot//
PASQUALE: (cantando) "Brigitte Bardot'' ...
MAMOZIO: "Bardot" ....
PASQUALE E MAMOZIO: (cantando) "Brigitte Bardot/ Bardot" ...

Sempre nello stesso film, Totò ignora il significato di «quis vetat dicere
verum», dichiarando a un attonito Nino Taranto di non sapere il latino,
sebbene monaco, perché «il latino è stato abolito». Poco dopo, celebrando
un matrimonio, Totò pronuncia l'enunciato seguente: «Celebramos 'sto
matrimonio/ e che Dios ce la mandi buonam».
Alcuni latinismi vengono inventati di sana pianta, o creati sulla base di
forme italiane, con autentica vis macaronica: «in primis et antimonio»
(che gioca sulla somiglianza fonica tra l'elemento chimico antimonio e
l'espressione latina «in primis et ante omnia>,); «secondis» 'in secondo luo-
go'; «terzis» 'in terzo luogo'; «rimembris omnibus/ cioè/ ricordati uomo»
[San Giovanni decollato, 1940]. L'ultimo gioco linguistico prende spunto
dalla nota formula ecclesiastica «Memento homo quia pulvis es, et in pul-
verem reverteris», detta dal sacerdote durante la messa della Feria IV del-
le Ceneri; lo stravolgimento che ne viene fatto è di tipo assai complesso,
perché «rimembris» gioca sulla vicinanza semantica con «memento», da
cui parte un'altra serie di corrispondenze, o foniche, o semantiche: me-
mento = ricorda = rimembra = rimembris; mentre «omnibus» gioca
sulla vicinanza fonica: homo = omnibus.
Tra gli altri numerosi «maccheronismi» si ricordano: «non esageramus»
[L'imperatore di Capri, 1949]; «cessiamo/ cessiamo// Cessar necessa este!»
[Figaro qua... Figaro là, 1950]; «confondono la tosse monarchica con la
tosse repubblicana// È stato un lapis tossis» [Totò terzo uomo, 1951]; di
«colonna romana» Totò fornisce l'equivalente latino, che è, manco a dirlo,
«colunnum» [Guardie e ladri, 1951]; «errata corrige» [Il turco napoleta-
no, 1953].
Ampio uso del latino maccheronico, facilitato dall'ambientazione stori-
ca della scena, si ha nell'incontro tra Antonio e Cleopatra in Totò all'infer-
no, 1955: Cleopatra: non me riconoscibus?»; Totò: «quandum archibus sei
bonam!»; madre di Cleopatra: «vigliacchibus/ mascalzonibus/ farabuttibus!»;
"3IDDESTAMÈNDE QUALCHE LINGUA LA PARLo»: LE LINGUE STRANIERE 49

madre di Cleopatra: «fìat voluntas tua» e Totò le risponde: «fiat mille e


quattro»; al saluto romano di Cleopatra «vale!» Totò risponde: «sapessi
quanto vali!». Come esclamazione, in Totò e Marcellino, 1958, si incontra
l'ineffabile: «ah! Erga sum!». Si ricordano inoltre: «uice versa» 'viceversa';
---vox popolo/ vox dei»; «in manos tuas» [Gambe d'oro, 1958]; «lapus lazzu-
b- 'lapsus'; «abtorto collo», che forse rimanda anche ad aborto [Il mona-
co di Monza, 1963].

l.4. «Auda:xfortuna iuventus»: i proverbi

Deformazioni analoghe colpiscono alcuni proverbi latini: «a estre-


mum malis/ estremus rimedium» [Il ratto delle Sabine, 1945]; «morsa
rua/ vita mea» [Totò cerca casa, 1949, in cui viene definito «quel vecchio
detto siciliano»; Le sei mogli di Barbablù, 1950]; «castigati ridendo mo-
res// Ridendo/ castigo i Mori», detto schiaffeggiando un arabo [Totò sceic-
ro, 1950]; la massima «excusatio non petita/ adcusatio manifesta» viene
ttadotta come: «ho attaccato i manifesti di Petito» [Le sei mogli di Bar-
bablù, 1950]; «gattibus frettolosibus/ fecit/ gattini guerces// Audax/ fortu-
na iuvat» [Totò a colori, 1952]; «audax/ fortuna iuvat» [Totò, Peppino e le
/ematiche, 1958; Che fine ha fatto Totò Baby?, 1964]; «audax/ fortuna iù-
'--etltus» [Gambe d'oro, 1958]; «audax fortuna iuvèntus» (Chi si ferma è
perduto, 1960].

CICCILLO: (riferendosi a un uomo che si finge pazzo) Lupus/ in fabula//


FEUCE (Totò): Ohé!
MOGUE: Chi è?
TOTÒ: È un lupo della fabbrica// Ce sarà una fabbrica de lupi// Che ne so// [Il
medico dei pazzi, 1954).

«De gustibus/ non ad libitum/ sputazzellam» [Il medico dei pazzi,


1954; Totò, Vittorio e la dottoressa, 1957]; «abbondandis adbondandum»
· flotò, Peppino e... la malafemmina, 1956] ; «fìat/ autobus! L'uomo/ nasce
ii:lero!» [Gambe d'oro, 1958]; «la prudenzia non è mai troppo» [I soliti
ignoti, 1958]. Per distogliere un ufficiale tedesco dall'entrare coi cani in
mesa per stanare i partigiani, Totò inventa un proverbio commisto di ita-
ìf.ano, latino e tedesco: «facciamo un buco nell'acquen// Il proverbio lo di-
,;:e'i Canem in chiesa/ nicht fòrtuna» [I due marescialli, 1961].
50 LA LINGUA IN GIOCO

Anche i proverbi e i modi di dire in lingue diverse dal latino subiscono


varie deformazioni, soprattutto generando pastiche plurilinguistici: «come
dice quel vecchio detto francese/ le scioffèr son le scioffèr» 'gli affari sono
affari' [Fermo con le mani, 1937; Totò cerca casa, 1949]; una versione
pseudoinglese dello stesso proverbio è già stata citata («bisissis bisis» 'bu-
siness is business'). Due ultimi esempi da 47 morto che parla, 1950: «sai
come si dice/ in portoghese? Il tempo/ è moneta// The time/ is/ scudos»;
«noblesse/ oblige// La nobiltà/ è obbligatoria».
La deformazione dei proverbi italiani sarà commentata successivamen-
te (XX.1).

I.5. Il wagon-lit e il vagon qui: le altre lingue

'Iì:a i grecismi spicca eureka, pronunciato sempre con l'accento sulla


penultima sillaba: «eurèka» [Totò cerca moglie, 1950; Figaro qua... Figaro
là, 1950; Le sei mogli di Barbablù, 1950; Totò terzo uomo, 1951; Totò e le
donne, 1952; Il più comico spettacolo del mondo, 1953]: l'accentazione
piana del termine, alla latina, è peraltro attestata in italiano, oltreché po-
polarmente, come nome di prodotti commerciali (DOP, s.v.).
Per l'inglese, oltre agli esempi già citati, si segnalano i giochi seguenti:
«off limits» diventa «osso limìt» [Totò le Mokò, 1949] e «off limite» [Totò a
colori, 1952]. «Sex appello» [Totò sceicco, 1950] sta per sex appeal. Totò
pronuncia «Uistminstèr», Aroldo Tieri corregge: «Westminster/ vuoi dire» e
Totò ribatte: «sempre anglicano è» [Totò terzo uomo, 1951]; qui si osser-
verà la solita tendenza all'accentazione tronca dei forestierismi e un gioco
linguistico· ricorrente in Totò, consistente nel considerare sinonimi (se-
condo le schema o X o Y è lo stesso) termini o nomi propri che sinonimi
non sono (cfr. infra, X:1.3).,

ANTONIO (Totò): Capisco/ capisco// Oh/ senta/ signorina// Giacché lei è così in
buoni rapporti con ... eh ... suo prlncipal...
POPPY (Fulvia Franco): <Hmhm>//
ANTONIO: <eh> ... hm ... potrebbe fare ... hm ... mia cortesia? Far presente... fa-
re presente a suo principali mio copione di musica?
POPPY: Volentieri// Quando io andare Milano/ io parlare Tiscordi// Hm? Tiscor-
di mi sente//
ANTONIO: Eh/ sfid io// Col palm della mane// Eheh// Grazie// Mucia grazie//
POPPY: Hm//
·-OOOOESTAMÈNDE QUALCHE LINGUA LA PARLo»: LE LINGUE STRANIERE 51

A.'rfONIO: Mucia grazie/ Miss// E... crede che io/ sono molt grat a lei...
POPPY: Hm//
A.'1TONIO: e tenere/ per lei/ per mio disobbligamèn ... disobbligamànt ...
POPPY: Hmhm//
A.l\lTONIO: disciobbligamesce/ eh... excuse me/ eh... disciobbligmesce/ una
grande poltroni off limite/ ret grosse ...
POPPY: Hm//
A.~TONIO: mia prima rappresentazione// [Totò a colori, 1952].

Nell'esempio appena citato si noterà il fatto che, mentre per riprodur-


re nta10-americano di Poppy ci si limita all'uso, tutto sommato realistico,
dell'infinito «tuttofare» (e della marcata cadenza anglo-americana nella
pununcia della vibrante e delle dentali, non riprodotta nella trascrizione),
'bò deforma invece le parole italiane con apocopi (cioè troncamenti del-
lrumma vocale: sftd,palm,poltron), ritrazioni d'accento (prìncipal), inve-
~ i l i commistioni di italiano, pseudoinglese (disobbligamèn, disobbli-
§vnànt, disciobbligamesce, disciobbligmesce) e spagnolo (mucia grazie
Jliss) e altro, in un'operazione che, per le mescidanze plurilinguistiche
bnane da ogni realismo, si configura come prettamente espressionistica.
!:'"mtìnito «tuttofare» compare, come di consueto, anche in altre riprodu-
Eilooi dell'italiano parlato dagli stranieri, a partire dalla bambina in Fermo
am. le mani, 1937: «che cosa essere/ funzionario civico municipale?»; op-
pill"e nell'inglese italianizzato parlato da Totò in Guardie e ladri, 1951: «io
nlOir1 vendére// Io avere già promettuto altre persone». Un altro esempio di
ir:wo-americano (stavolta abbastanza verosimile) si ha, sempre in Totò a
.:dori, nel modo di parlare strampalato del gangster Joe Pellecchia:

JOE: This is my paese// Mannaggia a' morte//


SINDACO: Eheh//
JOE: (abbracciando e baciando persone a caso tra la/olla) Great people// A
wonderful people// (all'aiutante) Dai i pacchi a tutti/ eh?
AIUTANTE: Okey/ Joe//
SINDACO: Cittadino!
JOE: Eh//
SINDACO: Venite con me/ sul balcone!
JOE: Sure/ sure! Dollari <a tutti my paesani>!
SINDACO: <Sì// (facendo cenno ad Antonio) Musi€a>! Musica!##
~4.ntonio incomincia a dirigere la banda)
JOE: (con un foglio in mano, sul balcone) Discorso//
SINDACO: Bene/ bene//
52 LA LINGUA IN GIOCO

JOE: Io fare discorso//


SINDACO: Bene/ bene//
JOE: Fare stoppare miusica!
SINDACO: Ah/ sì//# (fa cenno ad Antonio di smettere) Scannagatti! Scanna-
gatti!## (Antonio continua a dirigere. Quando sembra avere termina-
to, Joe comincia a parlare)
JOE: <Oh! It's about time/ for goodness' sakes>!
SINDACO: <Eh/ vede/ vede>! Eh/ eh!
JOE: Paesani! (Antonio ricomincia a dirigere) I can never get started/ with
this speech!
SINDACO: Calma/ calma!## (Quando Antonio sembra avere terminato, Joe
comincia a parlare)
JOE: I am/ vostro fratello Joe! (Antonio ricomincia a dirigere) Why can't
<you get these guys to pipe down>?!
SINDACO: <(Calma/calma! Calma]>!
JOE: Tu <sfottere me>?
SINDACO: <No! No! No>! No!##
JOE: In my paese/ sfottere me?! (... ) ! (urla indistinte)
ROCCO: (dal balcone, verso Antonio) A casa/ ti aspetto io/ a te! A casa! (rin-
correndo Joe) Signor Pellecchia! # #
JOE: (tornando verso la macchina, furente) Prendete tutti i pacchi! Tutti i
pacchi indietro! Via! Come on! Let's go! Let leave me alone! Get on! I
don't want to have anything to do with you! Go on! Come on! I'm disap-
pointed!
AIUTANTE: Go on!
JOE: Come on! Go on! Let's get out of this piace!

Whisky è italianizzato in «vischio» da Peppino De Filippo [Una di quel-


le, 1953]. A Totò che lo chiama in inglese («ehV barman/ excuse me!») Ca-
stellani risponde: «ma/ scusV sa/ io il francese non lo capisco» [La macchi-
na fotografica, 1954], adottando un topos assai frequente nei film con
Totò: una lingua viene presa per un'altra o un dialetto è scambiato per una
lingua straniera o viceversa (cfr. il capitolo successivo, dedicato ai dialetti).
Un paio di interessanti traduzioni bislacche si trova in Siamo uomini o
caporali, 1955: Sonia (Fiorella Mari) chiede: «shall I go?» 'devo andare' e
Totò capisce: «cj hai la gotta?»; similmente, l'esortazione del soldato che lo
invita a recarsi da Mister Black («come on! Come on!») è così tradotta da
Totò: «la commare di mister Black/ cj ha la gotta»; egli, poi, fiero di tanta
abilità da poliglotta, ammette: «l'americano/ in fondo/ poi non è difficile».
Ripercorrendo la storia del cinema, è noto che le traduzioni sbagliate non
..,MODESTAMÈNDE QUALCHE LINGUA LA PARLO»: LE LINGUE STRANIERE 53

sono sempre state frutto di una felice vena umoristica, come in questo
ClSO, ma anche di adattatori ignoranti; proprio a proposito di gotta ripe-
schiamo un gustoso errore riportato dal Menarini (1955, p. 188): «you
gotta stay happy» 'su, coraggio, sta' allegro!', fu tradotto: «la vostra gotta
<è: guarita».
L'approccio di Totò (del comico, in genere) alle lingue straniere consi-
:ste, come s'è visto, nel portare all'esasperazione quei fenomeni di paro-
nomasia e di paretimologia (il caso dei cosiddetti «falsi amici», per cui go
ogot e gotta, perché simili fonicamente, vengono ritenuti simili anche se-
manticamente) che caratterizzano in effetti il livello più basso di cono-
·~enza della lingua. Anche la commistione di lingua straniera e di dialetto
n collocata su questa linea: per il semianalfabeta la lingua straniera è un
~ano parlato male, un po' come un dialetto. Il gioco linguistico, come
~ o accade, non fa, dunque, che restituirci una percezione reale, seb-
hene un po' esagerata in senso espressionistico, del parlante (italiano del
dopoguerra) di fronte alla lingua (italiana e straniera): come già ben vide
•[].e Mauro (1963] 1993 (p. 122), nei film di Totò vediamo spesso ritratto il
piante italiano medio-basso prima dell'effettiva unificazione linguistica
~nale (ovvero prima dell'avvento della televisione).
Seguitando l'elencazione degli anglicismi alterati (talora commisti con
j:mcesismi), ricordiamo: «scotch» 'bevanda' è frainteso da Totò come
~dante» [Il coraggio, 1955]; un montgomery diventa «un bel cocò-
~ americano» [La banda degli onesti, 1956); «how do you do?» 'come
·~ \iene tradotto con «due più due» e «where do you live?» 'dove vivi?'
è-,00 ..-:vuoi un'oliva?» [Totò, Peppino e... la malafemmina, 1956]; «Rocco e
~o» sta per 'rock and roll' [Totò, Peppino e i fuorilegge, 1956]; in luo-
a;:,, di «hobby» Peppino De Filippo capisce «oboe» [Totò, Peppino e le fa-
8Ji!ticbe, 1958]. Il termine hobby era particolarmente caro a Totò, per via
~ numerose possibilità di giochi paronomastici (obelisco, obeso, obi-
~'.:>): «è un hobby//[ ... ]// lo sono un obelisco»; «noi l'hobby/ l'abbiamo
'.~ sangue// In famiglia/ siamo tutti obesi»; «è una specie di hobby// Que-
>:~ giardino/ come lei vede/ è un obitorio» [Chi si ferma è perduto,
. ~)}; a Sylva Koscina che gli offre da bere («whisky/ cognac/ o Pernod?»),
· 'lt!ro, dopo qualche esitazione, risponde: «me faccia un fischio e un per-
~ o / / Ma che sia gelato/ però» [Totò a Parigi, 1958]; «what tipografia?»
~:reso con «quattro tipografie,; [Totò nella luna, 1958]; un'insegna al
·~'il diventa una «mostra al nailon» [/ tartassati, 1959]; breakfast 'cola-
. ~ , è pronuciato «bricfist» da Peppino e «bracco fesso» da Totò [La
54 LA LINGUA IN GIOCO

cambiale, 1959]; Peppino dice: «è l'ostès» (alludendo alla hostess dell'ae-


reo) e Totò risponde: «non lo so se è quello di prima», capendo dunque
«lo stesso» [Letto a tre piazze, 1960].
Ma il trionfo degli equivoci legati all'ignoranza dell'inglese (in questo
caso perfettamente funzionali alla trama del film, che fa il verso sia al ca-
polavoro felliniano sia a certo tipico dandismo della capitale di allora) si
ha in Totò, Peppino e... la dolce vita, 1961, in cui Totò, spacciandosi an-
cora una volta per poliglotta («modestamènde/ qualche lingua la parlo»),
abborda due americane con il seguente sproloquio, di fronte a un attoni-
to Peppino:

ANTONIO: Excuse moi/ please/ se vous plait// Da quante/ tamp/


PEPPINO: Da quante?
ANTONIO: Tamp/ voio/ voi due/ state/ in Italia// Cioè qui/ a Roma/ in Romagna/
in Romania/ va'//[ ... ] Noi/ vogliam/ savuàr/ ove/ voio/ abitàt// Dov'è lavo-
stra/ abìt// La chesa/ va'// La chesa//
PEPPINO: La chesa//
ANTONIO: Quand'uno/ s'è stanc/ voglio andar a chesa// Me voglio riposare//
Un tandìn
PEPPINO: Ma tu stai parlando barese!

Nello stesso film, «you're friend?» viene tradotto da Peppino con «hai
freddo?»; in luogo del nightclub, i nostri eroi partenopei vanno al «natie
club», la cui trasparente paretimologia non richiede spiegazioni; «fischi» è
l'equivalente di «whisky»; da strip-tease nasce l'invito a spogliarsi: «strip-
tiamoci!»; a «m'hanno fatto i flash» ('fotografie') di Totò, Peppino rispon-
de, fraintendendo: «t'hanno fatto fesso»; l'invito ad andare a un «party» è
frainteso da Totò con la parola «parto», al che Peppino domanda «e chi
sgrava?» e Totò risponde: «sòreta!»; l'enunciato «Norma è già in trance» è
così tradotto da Totò: «Norma/ sta già nel tram». Da parte loro, le ameri-
cane fraintendono la domanda latina di Peppino (che si difende dall'igno-
ranza dell'inglese ricorrendo ai classici) «quo vadis?» 'dove andate?', ri-
spondendo «no// Ben Hur», che Totò, pronto, ritorce contro Peppino:
«hanno detto che assomigli a Ben Hur».
Passando ad altri film, «microfilm» è deformato da Peppino in «microfi-
glio» e in «microfritz» [Totò e Peppino divisi a Berlino, 1962]; «I don't un-
derstand» diventa: «c'è un indostano» [Totò di notte n. 1, 1962]; «ok» è re-
so da Totò con «oh cacchio»; «cheers» 'cincin' diventa per Totò «ciccia» [I
due colonnelli, 1962]; «stuàrd» ('steward', pronunciato alla francese da
~DESTAMÈNDE QUALCHE LINGUA LA PARLO»: LE LINGUE STRANIERE 55

una hostess in aereo) viene preso da Macario per «Eduardo» e da Totò per
4 fratello di Maria Stuarda» [Totò se.xy, 1963]; un «boy scooter» è un 'boy
:srout' [Che fine ba fatto Totò Baby?, 1964]. Tra tante amenità, spicca un
~o cultismo filologico e metaforico (su cui è retto peraltro il nome dei
Beatles): ai «capelloni» Totò si rivolge con l'epiteto di «scarafaggi», per via
dell'omofonia, in inglese, tra Beatles (il complesso dei capelloni) e beetles
fscarafaggi') [Il mostro della domenica, 1968].
L'inglese e il francese (o meglio i loro ibridi italianizzati) sono lingue
mnofare, che vengono usate talvolta anche per rivolgersi ai tedeschi.
Esemplare, a riguardo, è il brano di Totò, Peppino e... la malafemmina,
556, in cui, a un vigile urbano milanese scambiato per «un generale au-
mìaco», Totò si rivolge con il seguente pasticbe di lingue (tedesco, ingle-
iie, francese, italiano, lingue inventate): «Dungue/ excuse me// Bitte
sd:lon// [... ]// Noio/ vole ... volevàn ... volevòn/ savuàr/ noio volevàn savuàr
t"mrlrìs ... ja? [... ] Dunque/ eh/ noi/ vogliamo sapere/ per andare/ dove dob-
m!no andare/ per dove dobbiamo andare// Sa/ è una semplice informa-
à:me». Con «excuse me» Totò avvicina una ragazza tedesca, chiedendole
mfinformazione su una strada; ella non sa rispondere e suggerisce a Totò
. ~ rivolgersi a un uomo («fragen Sie ihn» 'chieda a lui'); a questo punto
·'hò crede che «Fraghensì» sia il nome dell'uomo, al quale domanda: «si-
. ~ Fraghensì/ se vous plait/ excuse me/ questa strass/ ove ... ove ... ove
~?»; quando l'uomo gli risponde in tedesco, Totò non capisce nulla e
dire: «adesso ho capito tutto// Che razza de lingua/ che parla 'sta gente!»
~ò e Peppino divisi a Berlino, 1962].
In francese spiccano i seguenti esempi: «mon cher l'impresuàr// Mio
·\Cm) impresario» [Il ratto delle Sabine, 1945].

AMILCARE (Mario Castellani): (a un autista) Ehi/ autista/ a che albergo andia-


mo? Ehi/ autista!
TOTÒ: Sfido io// È tre ore che lo chiami autista// E chiamalo in italiano/ no!
AMILCARE: Come?
TOTÒ: Chauffeur! [Le sei mogli di Barbablù, 1950].

A Bertrand (Mario Castellani), Totò grida, precipitando in mare: «dans


hmer!»; Castellani risponde: «ma no/ quello è mare», evidentemente gio-
~ sulla quasi omofonia tra mer 'mare' e merde 'merda' [47 morto
dJe parla, 1950]; l'equivoco del «wagon-lit» 'vagone letto' [Totò a colori,
1952} è uno dei più celebri della filmografia di Totò:
56 LA LINGUA IN GIOCO

CAPOTRENO: Lei ha il biglietto per il wagon-lit?


ANTONIO (Totò): Ma che vagon lì! Ho il biglietto per questo carro ... questo va-
gone qui//
CAPOTRENO: E appunto// Lei ha il biglietto per il wagon-lit//
ANTONIO: Ma perché mi vuol mandare lì/ se io il biglietto ce l'ho per qui/ scu-
si?!
CAPOTRENO: Ma se lei ha il biglietto per qui/ vuol dire che ha il biglietto per
il wagon-lit//
ANTONIO: A forza/ sa! Io ho il biglietto per qui/ e lei mi vuol mandare lì! Quel
signore giù/ quel colonnello in borghese/ <col cappello in divisa/ m'ha
de> ...
CAPOTRENO: <Hm// Ma che/ il capostazione>?
ANTONIO: Ma che ne so/ come si chiama?!
('..APOTRENO: E [dunque]?
ANTONIO: M'ha detto che questo è il mio treno//
CAPOTRENO: E dunque/ se lei ha il biglietto per qui/ vuol dire che ha il bi-
glietto per il wagon-lit//
ANTONIO: E insiste/ sa!
CAPOTRENO: <No>//
ANTONIO: <Ma perché> mi vuol mandare lì/ se io cj ho il biglietto per qui/
<scusi>?!
[... ]
ONOREVOLE: <Si calmi>/ signore// Si calmi// La prego// <Eh>//
ANTONIO: <Veda/ signor fuochista/ la questione> ...
ONOREVOLE: <Che fuochista> l
CAPOTRENO: <Che fuochista?! Ma come?! Abbia del rispetto! Ma> ...
ANTONIO: <La questione> sbanda//
ONOREVOLE: Scusi/ a me sembra che abbia ragione il conduttore//
CAPOTRENO: Oh!
ONOREVOLE: Ha detto "wagon-lit"// È in francese// <Significa/ vagone letto>//
ANTONIO: <Ma> ... ma è tre ore/ che glielo dico// Hm ... la cosa/ non è venuta
vagliata// <Eh>//
CAPOTRENO: <No>// È tre ore/ che io glielo spiego/ e lei non capisce! Intan-
to mi favorisca il biglietto//
ANTONIO: È tre ore/ che glielo sto mostrando!
CAPOTRENO: Ah! <Vediamo> ...
ANTONIO: <E so' sei>! Avanti!
CAPOTRENO: Eh già/ ha il letto numero sei//.

«Ha un capriccio pour toi» è così tradotto da Totò: «lei cj ha una salsic-
cia in Portogallo» [Totò all'inferno, 1955]; alla richiesta, da parte di Totò,
~MODESTAMÈNDE QUALCHE LlNGUA LA PARLO»: LE LlNGUE STRANIERE 57

dello spumante «Moet et Chandon», Luigi Pavese (che ha capito: «mo


esce Antonio») risponde: «ah/ non lo so// Qualcuno ha visto uscire Anto-
niO»? [Totò lascia o raddoppia?, 1956]; analogo equivoco ricorre in Totò,
Peppino e... la dolce vita, 1961, in cui è Totò a capire «mo esce Antonio»
invece di «Moet et Chandon». Totò dice «cauchemar» 'incubo' e Carlo
Croccolo capisce: «le cosce in mano» [Totò lascia o raddoppia?, 1956].
1Qri equivoci riguardano il «maitre» 'capocameriere', ora tradotto con
-commendatore», ora con «metro» [Totò, Peppino e... la malafemmina,
1956]; analogamente, in Totò, Vittorio e la dottoressa, 1957: «io sono il
metro/ signore// Lui/ è il vice metro// Come vede/ in due/ facciamo un me-
1!.'.:0 e mezzo». Un «coiffeur pour dames» anziché essere un parrucchiere
;à'eflta un «caffè per Dante» [Totò, Peppino e i fuorilegge, 1956]; «rendez
"J/1fi!JIUS,1 in tedesco significa appuntamento» [Totò, Vìttorio e la dottoressa,
,elì51J; «ma com'è carina/ questa vostra/ maisòn meùble! [... ] Quest'ap-
ptemànt/ è tres joli// Anche quattro joli/ volendo»; la «Pompadour»
.~cubina del re di Francia») diventa una «pompa dura» [Totò a Parigi,
·~}, ripetendo una battuta di Quando meno te l'aspetti, 19405; in luo-
·pdi. imbroglione (in francese tricheur), Totò dà del tricheco: «suo figlio
~ un tricheco!» [Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi, 1960]; «garzoniera»
')p.-rçonniere' [Chi si ferma è perduto, 1960]; un liquore «triple sec» di-
- ~ per Totò una «trippa secca» e una «omelette» è per Peppino «Ro-
!J'Jl:ieno» [Totò, Peppino e... la dolce vita, 1961]; «lei è tres simpatique» è
,aà tradotto da Nino Taranto: «dice che è tre volte simpatico» [Lo sme-
l~o di Collegno, 1962]; «comprend pas» è tradotto da Macario: «non
i[~mpra pane» [Totò di notte n. 1, 1962; simile in Vìgile ignoto, 1963];
~ de suite» 'subito' è tradotto da Totò con «zitto zitto» [Totò contro i
;p:;ililtro, 1963]; sentendo il termine «débacle» 'sconfitta', Totò crede si
~ di un nome proprio: «anche lei è candidata? Questa signora De Ba-
-~- fGli onorevoli, 1963]; un «coup de foudre» è un «colpo di fodero»
~ · contro il pirata Nero, 1964].
{!('•,In spagnolo si segnalano gli esempi seguenti: Totò, in Fermo con le
' ~ , 1937, nella scena del massaggio, parla un italiano spagnoleggiante
i~pos», «spagnolas», «scociatas», «capitos», «per la maiellas» 'per la mi-
~ ' - ..massaciusa» 'massaggiatrice'); «mucio» 'molto' crea tutta una serie
Jti, assonanze ispano-dialettali: «mucio», «taccio», «ocio», «vecio», «cacio»

'Cfr: Bevilacqua 1965 (a c. di), p. 31.


58 LA UNGUA IN GIOCO

[Fifa e arena, 1948]; «coraz6n» 'cuore' è scambiato da Totò per «che ore
sono?» [Fifa e arena, 1948; Totò, Eva e il pennello proibito, 1959]; un'a-
rena spagnola è caratterizzata dalla magnifica scritta: «tutti i montecitoros
sono uguali» [Fifa e arena, 1948]. In una scena del film Il coraggio, 1955,
Totò veste i panni di un inverosimile ricco sudamericano, che usa espres-
sioni pseudospagnoleggianti come «a suspì» 'ai suoi piedi'. «Adelante»
'avanti' è scambiato per un nome proprio: «Adelaide» [Totò, Peppino e... la
malafemmina, 1956]. Alla domanda del capotreno spagnolo: «que pasa?»
'che succede?', Totò risponde: «io/ ho passato un guaio»; in luogo di
«mafi.ana» 'domani' Totò fraintende «magnare» 'mangiare'; «de nada» 'di
niente' è preso per un nome proprio: «Renata»; «corno» 'come' è scam-
biato prima per «Como» e poi per «comò»; alla domanda: «abla espaiiol»,
Totò risponde: «io ho avuto la spagnola/ sì/ da ragazzo»; così Totò chiede
un séparé, per appartarsi: «un momentos/ ma no qui/ davanti a todos/ los
mundos// Avete/ un separetas?» [Totò, Eva e il pennello proibito, 1959];
nello stesso film, lo spagnolo «chica» 'ra~za' è inteso come l'italiano cic-
ca 'avanzo di sigaretta'; analogamente, in Totò sexy, 1963, si gioca sulla pa-
ronomasia chica/cicca e sulla polisemia del secondo termine, che viene
utilizzato anche come elemento completivo di negazione: «quelle non val-
gono una cicca», detto delle sigarette Nazionali, e, subito dopo, a Macario:
«guarda che bella chica», riferendosi a una ragazza. «Los dos» 'tutti e due'
è tradotto da Totò: «hai preso l'osso» [Totò di notte n. 1, 1962].
In tedesco, oltre alle mescidanze con l'inglese e con il francese già ci-
tate, ricordiamo: «Telefunken», che, parlando con la moglie tedesca, Totò
usa in luogo di «telefono» [La banda degli onesti, 1956]; «Telefunken» è
usato a sproposito anche in L'imperatore di Capri, 1949 e in Totò, Vlttorio
e la dottoressa, 1957; ad una donna che gli parla in tedesco, Totò dice:
«noi lo spagnolo non lo. capiamo» [Totò, Vittorio e la dottoressa, 1957];
«bitter» è spesso usato o frainteso al posto di 'bitte: prego' [Totò, Peppino
e le fanatiche, 1958; I due marescialli, 1961; Totò e Peppino divisi a Ber-
lino, 1962; Rita, la figlia americana, 1965]; per «Achtung» 'attenzione'
Totò capisce «Arturo» [Totò nella luna, 1958]; di una donna che gli parla
in italiano con accento tedesco, Totò osserva che deve provenire dalla
«Germania meridionale», e per questo il suo «è tedesco che si capisce»;
inoltre azzarda uno pseudotedesco, costruito con parole italiane con desi-
nenza -en («tovagliaten» 'tovaglie', «cosen» 'cose' ecc.), con ritrazioni d'ac-
cento («biancària» 'biancheria') e con qualche parola francese [Totò e Pep-
pino divisi a Berlino, 1962]. Totò crede infine che «alles gut» 'tutto bene'
"'1ll'IODESTAMÈNDE QUALCHE LINGUA LA PARLO»: LE LINGUE STRANIERE 59

.sa una lingua: infatti all'affermazione «alles gut» dell'insegnante di lingue,


bò risponde: «sì/ anche questa/ magari! Ma/ l'inglese e il francese/ è
~ o che ... è più necessario» [Rita, la figlia americana, 1965].
Per il russo, oltre a «dosvjdania» 'arrivederci', che Peppino fraintende
<orome «due sfidate» [Totò e Peppino divisi a Berlino, 1962], è degna di no-
,. i.i stilizzazione del regista sovietico in Totò a colori, 1952:

RUSSO: (... ] ! Sì/ sì! Angòra/ angòra! Questo sì/ che è bellissimo! Questo è gran-
dissime temperamènde italiane! Perché mio maestro Stanislavskij non ti
vedeva! Ah/ che bello! Io ti abbracciare/ io! <Ti abbraccia>!
.ROCCO: <Ah6>! Ma dice sul serio/ o fa su scherzo?
RCSSO: Russo/ sono//
ROCCO: Russo?
FJJSSO: Sì//
ROCCO: Mise ... Allora sul serio/ fa!
RUSSO: Sì!
[~---1
RUSSO: Grande timperamente di attore!

Rl'.SSO: [Sì/ ecco/ cvesta cvi! Cvesta cvi]!


i'-1
R:SSO: Ma come? Tu ingannato me/ regista di grande Russia!

~..:SSO: Che successa?! Che successa?!

I:n esempio semiportoghese si ha in Totò a colori, 1952, allorché Totò


',:li ~òa per un ricco possidente brasiliano, confondendo però «fazen-
J ~ per «faccende»:

U:O·POLDO (Galeazzo Benti): <Eh ... no/ no/ scherza>// Scherza// Era una fa-
miglia che <aveva un sacco di... ah ... di fazzende>//
i!L,mruo (Totò): <No no// Sì>//
~JPPY (Fulvia Franco): Ahah//
aJUA SOFIA (Franca Valeri): Fazzende?
a"'lOMO (Totò): Sì sì// Sai/ ognuno si fa le fazzende sue/ no? Io mi faccio le
fuzzende mie/ tu ti fai le fazzende tue//.

li::.in manca neppure l'arabo all'appello delle lingue «conosciute» da


~ k!.rerpretando l'algerino in Noi duri, 1960, azzarda un improbabile
~ arabo (fatto di suoni inarticolati inventati di sana pianta e intra-
60 LA LINGUA IN GIOCO

scrivibili, spacciati come traduzione di «fermati qui» detto all'autista), di


cui si capisce soltanto l'allocutivo finale «baccalè»; il saluto arabo «salam»
viene italianizzato in «salame» [Totò d'Arabia, 1965], come già aweniva
nella rivista La vergine di Budda, 1932 6 • L'arabo ha poi un ruolo essen-
ziale in Totò sceicco, 1950, allorché viene confuso col bitontese (cfr. il ca-
pitolo successivo).
Qualche problema in più gli procura il cinese: «questo parla il dialetto//
Io ho studiato la lingua», dice per giustificare l'assoluta incomprensione di
un cinese [Totò di notte n. 1, 1962]. Anche in Letto a tre piazze, 1960, il
giapponese, scambiato per cinese, crea incomprensioni in Totò, che si
slancia in una lunghissima frase insensata, rivolta a un giapponese, spac-
ciandola per «scusa in cinese».
Oltre a questi usi, tutti più o meno scherzosi, non mancano casi di in-
tercalari stranieri usati senza deformazioni: è il caso ad esempio di
«aufwiedersehen» 'arrivederci' [Fermo con le mani, 1937; I due orfanelli,
1947; L'imperatore di Capri, 1949; Totò cerca moglie, 1950 e altrove], di
«n'est-ce pas?» 'newero?' [Totò cerca casa, 1949; I tre ladri, 1954; Rac-
conti romani, 1955; Noi duri, 1960 e in molti altri film], di «qui pro quo»
[L'imperatore di Capri, 1949; Totò sceicco, 1950; Totò nella luna, 1958] e
di «cheerio» [Totò cerca moglie, 1950 e Totò a colori, 1952, in cui però è
anche deformato in «cicoria» e in «ciriola»]. Si tratta, in questi casi, di una
sorta di carta di riconoscimento di un genere (il cinema comico e il teatro
di varietà) e di una maschera (Totò), owero di un collante che serve a te-
nere insieme l'intero corpus di film di Totò nella memoria e nei gusti del
grande pubblico. Sul tema si tornerà nel capitolo finale, dedicato alla for-
mularità.
Come si vede, l'uso delle formule straniere è assai antico nel corpus,
risalendo ai primi film, anche se, fino a Fifa e arena, 1948, l'impiego dei
forestierismi è assai parco. I giochi basati sul fraintendimento delle lingue,
in effetti, nascono successivamente (con qualche eccezione) e raggiungo-
no l'acme in molti dei sedici film con Peppino De Filippo. Nei primi film,
la comicità di Totò è essenzialmente quella della maschera-marionetta
(parla pochissimo) e, sull'uso del dialetto o delle lingue straniere, preval-
gono i monologhi-nonsense in italiano: si vedano i vari esempi tratti da
Fermo con le mani, 1937 (il «funzionario civico municipale»), San Gio-

6 Cfr. Fofi 1980 (a c. di), p. 43.


~AMÈNDE QUALCHE LINGUA LA PARLO»: LE LINGUE STRANIERE 61

~i decollato, 1940 (monologo del ciabattino) e Due cuori fra le bel-


1943 (monologo dell'uomo-scimmia), sotto citati (capp. X e XV). Con
ft':,,
'Ulm successivi, invece, lo stile linguistico di Totò muta sensibilmente: au-
~rano i riferimenti sessuali (doppi sensi, ma anche termini più o meno
' ~ t i come mignotta, battona e pomiciare: cfr. infra, N e V) e la
~ i o n e di dialetti e lingue, con il continuo gioco del fraintendi-
~ o italiano/dialetto/lingua straniera. Naturalmente tale evoluzione è
; ~ e n t e condizionata, oltreché dal cambiamento dello stile cinema-
~fico (che via via si distacca dai moduli espressivi del muto e dalle se-
~.:m.i futuristiche), dal mutamento dei tempi e della società, che da un
,à),, romporta un graduale allentamento dei freni della censura (peraltro
~ r e ben vigile, in fatto di sesso), dall'altro segna la crescita della com-
linguistica (dell'italiano e, via via, anche delle altre lingue) del
· o nazionale. Soltanto quando i produttori si rendono conto che
tori cominciano a parlare e a capire discretamente l'italiano, Totò
, a parlare molto più a lungo, libero di improvvisare le sue deforma-
pirotecniche multilinguistiche. Questo sovraccarico verbale, gra-
te, lo priverà, però, dell'originaria fisionomia di marionetta quasi
Inizierà così il metodico sfruttamento commerciale di Totò sul
schermo. Il cinema degli anni d'oro tenterà di ridurre la doppia
di Totò (uomo e marionetta), rubando al Totò teatrale soprattutto
· di parole Oe battute oscene e l'irrisione dei dialettalismi e dei fo-
- mi) e filmando solo di rado il Totò-burattino disarticolato 7 •

~~ggio di Totò dall'«estro funambolo e l'ameno spettro» dei primi film (cari
Mì1iir 9P"{l.ia futurista) alla «maschera tradita» dei film del periodo d'oro (anni '48-
''fi«Jiiàiemente analizzato da Anile 1997 e 1998.
II. «E PARLI ITALIANO BENEDETTO IDDIO!»:
I DIALETTI

Diciamo subito che l'uso del dialetto nel nostro corpus non ha quasi
~ funzione realistica né, come ha detto qualcuno, sembra poter essere
~otto a una volontà ideologica di Totò di opporre il dialetto all'ita-
imID ufficiale e pomposo. La stessa provenienza partenopea del principe
tpantita, sì, dalla pronuncia (e da pochi altri tratti linguistici), che tut-
~ non è mai troppo marcat_a 1 • Come al solito, più che di dialetto vero
cproprio, il cinema si serve ora dell'italiano regionale (nella maggior par-
ledei casi) 2, ora di un uso espressionistico del dialetto (come, per esem-
. ~ in molti film di Lina Wertmuller, oltreché in Totò), ora di deformazio-
'Uedi mescidanze distanti da ogni verosimiglianza:

t:n"altra bella battaglia combattuta da Totò aveva luogo nell'ambito specifico


deil'espressione verbale: era la ridicolizzazione dell'italiano «ufficiale», com-
~.lta incrociando preziosismi aulici e formule burocratiche. Ne nasceva un
quaggio goffo e pretenzioso, imparabile, che rimandava all'oratoria awoca-
l!eSCa e più in generale al galateo, al frasario di convenienza della piccola bor-
~ a meridionale, con le sue «bazzecole, quisquilie, pinzillacchere». Usando-
il· a sproposito, Totò ne fa esplodere il formalismo perbenistico: senza però
n:imrapporgli un linguaggio con una carica di verità. Anche qui, occorre riba-

~ .Salla «coloritura locale molto attenuata» nei film di Totò cfr. anche Ruffin e D'A-
~ : > 1997, p. 129. Sulla preferenza di Totò per i giochi linguistici in italiano in luogo
. " ~ o cfr. Radtke 1983. Di opinione diversa è Cresti 1982, secondo la quale Totò
u ~ a t o la «caratterizzazione dialettale degli "errori", che per secoli è servita a
~ grottescamente il popolo dialettofono, in un'accusa rivolta ai pedanti, ai cen-
~ o più modestamente a quelli che non avevano il coraggio di parlare semplice-
:j,:,lk'- ;;_p. 294). L'argomento è stato già ampiamente sviluppato in Rossi 1999a, cui si
~ per l'esemplificazione, per i riferimenti bibliografici e per un puntuale riscon-
•14lf rum i tratti dialettali presenti in Totò a colori, 1952.
"'Q italiani regionali sono quelle varietà linguistiche che hanno come base lessica-
intattica l'italiano, ma con forti influenze dialettali a livello fonetico (cfr. Pog-
982): «quello che di solito vien chiamato uso del dialetto nel cinema spesso
iuttosto, uso di un italiano regionale, talora popolare [... ] preso per dialet-
: ~ o 1994, pp. 70-71).
64 LA UNGUA IN GIOCO

dire che questa rinunzia è una ragione di forza: l'unico valore linguistico con-
cretamente disponibile sarebbe stato infatti il dialetto, con un'implicita regres-
sione verso il folclore nostalgico. Totò trova il suo proprio linguaggio solo nel-
1'insulto e nello sberleffo, parlato o meglio ancora muto: lo sputo nell'occhio,
concepito secondo un cerimoniale non tanto burlesco quanto brutale 3.

Il dialetto, più che al cinema, ricorre nella produzione poetica di Anto-


nio de Curtis (poesie e canzoni). L'attività poetica, in quanto più intima e
meno vincolata a esigenze di successo e di guadagno, può ben servirsi
della lingua degli affetti più che delle standardizzazioni ad uso pubblico.
Anche qui, tuttavia, lo stile non è monolitico, bensì plurilinguistico 4. '.A li-
vella, la più famosa delle sue poesie, ne è un esempio, fin dai primi versi,
per l'alternanza italiano/napoletano: «Ogn'anno, il due novembre, c'è l'u-
sanza / per i defunti andare al Cimitero. / Ognuno ll'adda fà chesta crian-
za; / ognuno adda tené chistu penziero» 5• Come si vede, la commutazio-
ne di codice non risponde necessariamente al cambiamento d'interlocu-
tore (anche se, nel corso della poesia, il dialetto napoletano del defunto
netturbino è contrapposto all'italiano aulico e arcaico del defunto mar-
chese), ma può avvenire nell'ambito di una sola voce (quella del narrato-
re). Ancora una volta, dunque, il plurilinguismo di Totò, anche nelle poe-
sie, sembra di tipo più espressionistico e gaddiano che realistico.

IL 1. Tra terroni e polentoni: Totò dialettofobo

Non sono rari, nei film di Totò, inviti non troppo cortesi all'uso dell'i-
taliano in luogo del dialetto, o apprezzamenti più o meno offensivi (pro-
pri anch'essi della cultura popolare) sulla provenienza geografica dei par-
lanti: «qui si parla in italiano/ ostrega» [Guardie e ladri, 1951]; «ahah! Mi
fai ridere// Siculo! (alla sorella) Lo senti? Mettilo a posto! [... ] Metti a po-

3 Spinazzola 1974, p. 95. Approfondimenti su questo tema compariranno in Rossi in

stampa.
• Anche nei testi poetici, «Totò ha utilizzato una lingua a volte aulica a volte mo-
derna, con l'innesto di neologismi e il frequente passaggio, nel medesimo testo, dal
vernacolo all'italiano» (Costanzo Ioni, in Guarini 1981 (a c. di], p. 23). Cfr. anche Ro-
meo 1998a.
5 Cito da Guarini 1981 (a c. di), p. 32, vv: 1-4. Per l'analisi linguistita di 'A livella cfr.

Perrone 1996 e Romeo 1998a.


"i: E\R.ll ITALIANO BENEDETTO IODIO!»: I DIALETTI 65

il siculo!» [Totò a colori, 1952]; il povero cognato «siculo» di Totò, in


5ltO
a colori, è anche vittima di un grottesco fraintendimento di «unn'è»
'ìr.,,.tò
~è', scambiato da Totò per un nome proprio («Unnè»):

A¾'TONIO: Villici miserabili! È questa/ la ricombensa?! È questo/ il ringra-


ziamèndo che avete per un u6mo/ che butta il sangue sui libri per studiare/
o.,de creare un'opera che dia lustro/ a questo vostro paesucoh .. Beh/ sorvo-
ìiaino// Eheh// Oh! Oh! Ma vi siete dimendigati chi sono io? Lo avete dimendi-
gato chi sono? Io sono un genio! Sì! E verrà un giorno in cui/ su questa fac-
..iata di questa casa/ ci dovrete mèttere una lapide! "In questa casa/ Antonio
Sc:lnnagatti/ detto il cigno di Caianiello"/ dico/ "Caianiello"/ eheh/ "nonché
ospite gradito/ compose la sua opera/ meravigliosa"//
ROCCO: E unne è?
A"ìDNIO: Unnè?!
ROCCO: Unne è?
&'-'TONIO: Chi è/ Unnè?
ROCCO: Dico/ unn'è/ <unn'è>?
,,.~'\"TONIO: <Chi è/ Unnè>? Chi è?
ROCCO: Dov'è?
c!L'\'TONIO: <Che cosa>?
ROCCO: <Quest'ospite> gradito/ dov'è?
..!\.-...'TONIO: Sono io//
1il!OCCO: Ah/ tu/ sei l'ospite gradito?
JL'\10NIO: Marrano!

Sempre deridendo i siciliani, di un uomo che parla con accento mar-


·~nte siciliano si dice: «è uno dell'alta Italia» [Siamo uomini o capo-
:a:. 1955]. Per restare sulle isole, Totò fa il verso anche al sardo: «Iu? Cu-
.~pi.du?», dice vedendo un busto che lo rappresenta; gli chiedono: «ma
· ~ parla?» e Totò risponde: «sardo» [47 morto che parla, 1950] .
.·Ha lo spirito dialettofobo di Totò colpisce soprattutto il pugliese («e
pi italiano/ benedetto Iddio!»; «si ricordi che lei/ qui in Italia/ è un osh-
i~,.,:), spesso avvalendosi dell'ottima collaborazione della «spalla» Gu-
~ Inglese, come nella celebre scena di Totò a colori, 1952, riportata
~"'" (II.3). La derisione del dialetto pugliese è ottenuta esasperando
itmltrim sempre coerentemente) i tratti propri di quella varietà regionale: la
~"\iiz:zazione di a in e e talvolta anche l'apertura di i in e: dèca 'dica';
~ a 'sicumera', sèndaco 'sindaco', gelsomene 'gelsomino', tulepene
··~11.'lO', orchetette 'orchidea', cleneca 'clinica', crepi 'Capri' [Totò a co-
66 LA LlNGUA IN GIOCO

lori, 1952]. «Cefre» 'cifre' detto da Guglielmo Inglese, è frainteso da Totò


come «cefali» [Il turco napoletano, 1953]; Totò corregge «stoce» con «sto»
[Miseria e nobiltà, 1954]; a un soldato pugliese che pronuncia «varva» per
«barba» Totò intima: «e parla italiano!» [/ due colonnelli, 1962]. Una serie
di fraintendimenti del pugliese di Nino Taranto si ha in Totò contro i quat-
tro, 1963: le deformazioni fonetiche di Taranto, che cominciano con «sub-
doro» 'subodoro', provocano in Totò l'accorato: «ah/ GaribaldV ch'hai fat-
to!». Vediamo gli altri pugliesismi (deformati) di Nino Taranto nello stesso
film: «chiose» 'chiuse'; «cacaina» 'cocaina'; «dong» 'dunque'; «impiagato»
'impiegato'; «corno» 'come'. Altre caratterizzazioni più o meno censorie
del pugliese si hanno in Tototarzan, 1950; Totò sceicco, 1950; Totò terzo
uomo, 1951; Totò all'inferno, 1955; Gambe d'oro, 1958. Il topos antipu-
gliese ha origini teatrali, come si può vedere almeno nella rivista Dei due
chi sarà, 1936, sempre con Guglielmo Inglese:

INGLESE: TI songhe domandate se mi mette dentre lo sacche.


(... )
TOTÒ: Ma che razza di lingua parlano. Che sono, Giapponesi?
INGLESE: Què bellò ... c'è poco da sfottere ... Io non so ciapponese ...
[... )
TOTÒ: Ma dove siete nati?
A DUE: A Besceglie.
TOTÒ: E dove resta?
INGLESE: Foggia, Bere, Terente, Pizzagnole, Roccacuriosa, B~sceglie 6.

Razzismo antimeridionale si ravvisa nella moglie di Totò in Gambe d'o-


ro, 1958, allorché la donna, milanese, dà del «terrone» al marito, il quale
però, a sua volta, le dà della «mangiapolenta», della «barbara» e della «lon-
gobarda». Della «terrona» Totò già dava all'algerina Suleima («ma vai via/
terrona!»), in Totò le Mokò, 1949. Contro i dialetti settentrionali ricordia-
mo le continue derisioni di Totò nei confronti del modo di parlare della
moglie veneta, in Totò e i re di Roma, 1952, e «parli italiano// Si spieghi»,
detto a un contadino veneto, e «è proibito parlare in dialetto!» [Totò e Ca-
rolina, 1955]; contro il «ciava» 'chiave' detto da una donna, Totò protesta:
«ligure!» [La banda degli onesti, 1956].

6 Cfr. Fofi 1980 (a c. di), pp. 62-63.


>E. 11!\RU ITALIANO BENEDETTO IDDIO!»: I DIALETTI 67

·lLZ.. ,-Ostregheta!»: intercalari dialettali e usi non censori

1ra i celebri intercalari di Totò se ne contano alcuni in dialetto: il pie-


)~tesismo «cerèa» 'arrivederci' [San Giovanni decollato, 1940; Due
, ~fra le belve, 1943; Le sei mogli di Barbablù, 1950; Il turco napole-
~ . 1953; Gambe d'oro, 1958: detto da Luigi Pavese e poi anche da
' ~ Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi, 1960, detto da Oreste Lionello] 7 e
•I:! mreriezioni venete «ostregheta» [San Giovanni decollato, 1940; Una
ili quelle, 1953] e «ostrega» (/ pompieri di Viggiù, 1949; Guardie e ladri,
ffil; li medico dei pazzi, 1954 e in molti altri film].
m Totò le Mokò, 1949, si ha l'intercalare piemontese «neh» («ciao
•di Ciao neh»), che sembra fare il verso a Macario. Una rapida carrella-
molti dialetti (siciliano, pugliese, napoletano, laziale, toscano, emi-
~ - veneto, lombardo, genovese), nella parlata di vari ferrovieri italia-
~ s ha in Tototarzan, 1950, durante il surreale dirottamento di un tre-
~d.illa Sicilia alla Liguria. «Te 'l dis mi» 'te lo dico io' e «jel dis mi» 'glie-
·~·dco io' compaiono in due film, nello stesso contesto: «le serve conta-
~V 1è 'l dis mi» [Totò terzo uomo, 1951); «la serva è gagliarda! Guardi
• b. serva/ è consigliabile// Jel... jel dis mi» [Totò a colori, 1952]. In

-2
>~ie e ladri, 1951, il romanesco di Aldo Fabrizi è un ottimo esempio
i.,fflSO realistico del dialetto - lontano da ogni esagerazione macchietti-
e dalle già usurate stilizzazioni filmiche - utile anche per l'attesta-
~ di forme ormai desuete: «fo» 'faccio', «schina» 'schiena'. Tra l'altro,
~:~so Totò si lasciava andare talvolta a espressioni romanesche 8, for-
~.@liW che per via della sua lunga residenza romana, per fare il verso alla
~ egemone del cinema: «ah6/ te passino ammazzà! Ma annà ... » [Totò
\~i.dori, 1952].
f ·.~ ì! toscano, oltre a «micco» 'sciocco' [Totò e Carolina, 1955; Letto a
; _ , ~ , 1960], si segnala la garbata imitazione di Totò del fiorentino del-
~~ Ave Ninchi, con tanto di gorgia e con «un» per 'non' [Totò cerca
~.1954).
tf;fy. 'b i dialettalismi che suscitano fraintendimento, pur senza essere de-
;~ ~iamo «ciofeca» 'schifezza' (riferito al caffè): «e che vuol dir/ cio-

:·.x::·•arèa (da *messerìa), inizialmente forma reverenziale di saluto, ma poi anche


i/illiit~.!a!iOpiù diffuso di 'ciao' e 'addio', cfr. Rohlfs [1949-54] 1966-69, § 478.
'*'CEi:: a.ìcune osservazioni di Tullio De Mauro in Napolitano 1986 (a c. di), p. 167.
68 LA LINGUA IN GIOCO

feca?» [Franca Valeri in Totò a colori, 1952] e, nello stesso film, il siciliano
inquocchiare 'avere a che fare':

ROCCO: Che c'inquocchia/ suo nipote?


SINDACO: Come?
ROCCO: Che c'entra/ suo nipote//.

«È una ciofeca», detto sempre del caffè, sputandolo, è anche in Totò,


Peppino e i fuorilegge, 1956 e/ due marescialli, 1961. Ricordiamo infine
la voce narrante fuori campo di Nino Manfredi che parla in cociaro, in
Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi, 1960, e il famoso «ca/ nisciun è fesso!» [I
ladri, 1959; Totò contro i quattro, 1963; Totò d'Arabia, 1965], che nel film
i ladri si guadagna addirittura un acronimo: «CNF» (con il quale, tra l'al-
tro, si ridicolizza l'abuso di acronimi in tutto il film: «FBI», «QDN» 'Que-
stura di Napoli'). Per un'altra ridicolizzazione di acronimi, si veda «SPA»
'Sindacato posteggiatori abusivi' [Totò, Peppino e.... la dolce vita, 1961] 9•
Segnaliamo infine un solo caso di evidente esaltazione del dialetto (di
matrice scarpettiana) nei confronti delle lingue straniere e dell'italiano
(che anticipa, tra l'atro, l'esempio di tight ~ sciammeria sopra citato),
anche qui, però, con intenti comici più che ideologici:

PASQUALE (Enzo Turco): Siccome il monte di pietà era chiuso/ vai dallo char-
cutier qui alla cantonata/ eh?
FELICE (Totò): Da chi?
PASQUALE: Dallo charcutier alla cantonata//
FELICE: E chi è questo sciacquettiere?
PASQUALE: Il pizzicagnolo// Il salumiere//
FELICE: Il casadduoglio?
PASQUALE: Ehi/
FELICE: E parla chiaro!
PASQUALE: Il bottegaio//
FELICE: Eh//[ .... ] Se io vado dallo sciartonier con questo paltò/ quello me pi-
glia a calci/ capito? [Miseria e nobiltà, 1954].

9 Anche la ridicolizzazione dell'abuso degli acronimi ha origini teatrali: «oggi, vedi


tutto deve essere rapido, sintetico, e perciò bisogna sempre usare la sigla» (Quando
meno te l'aspetti, 1940, cit. in Bevilacqua 1965 [a c. di]. p. 26).
E ~ n:U.L\NO BENEDETTO JDDIO!»: I DIALETTI 69

:fil.3. «Sarà latino coll'accento sardo»: il dialetto spacciato per lingua


straniera

A Totò, come s'è detto, il dialetto serve soprattutto per far ridere il
prol.ico con facili mezzi. Uno di questi è senz'altro lo scambio del dia-
mo per lingua straniera e viceversa. Anche qui si tratta di un collaudato
~ teatrale (come s'è visto sopra, con il pugliese preso per giappone-
~t 'Vediamo gli esempi: in una scena di comicità irresistibile, in Totò
~ o , 1950, il bitontese (varietà del pugliese parlata a Bitonto, in pro-
1 1 ~ di Bari) viene scambiato per arabo, in un 'incomprensibile litania

~l':a quale si capisce soltanto un iterato, minacciosissimo, «mòia!» detto


:f:'.rercro Totò; «de visu» è scambiato per sardo: «dev'essere sardo» [Le sei
!P1Pi di Barbablù, 1950; Letto a tre piazze, 1960]; anche a «statu quo» e
·~.~ manu» tocca la medesima sorte;

IDTÒ: Ma allora è proprio sardo! [... ] Te lo dicevo/ io// Questo è sardo spac-
cato//
A.\filCARE (Mario Castellani): Ma no/ è latino!
·roTò: Sarà latino/ coll'accento sardo// [Le sei mogli di Barbablù, 1950].

. ·. Senza deformazioni, invece, «de visu» ricorre in «osservo de visu»


i~ lascia o raddoppia?, 1956] e in «mi lasci constatare de visu» [I la-
• ; 1959]. In Totò a colon·, 1952, Totò crede che il giardiniere pugliese
·~~Imo Inglese) sia straniero e gli si rivolge in francese, inglese, tede-
:;p,,spagnolo e russo:

(;IARDINIERE: (cantando) "Femena/ tu sei una mela/ femena// Quist'uocchi


hai fatto chiangere// Nun me posso più domandà ca"//
.~'<TONIO: Giardinieri! Contadini! Facchini! Uomini di fatica! Uomini a mezza-
dria! Mezzadri! Mezzadresse! Figli dei contadini abbandonati! lavoratori
della terra! Eh?
GARDINIERE: Dèca//
A,'\"TONIO: Come?
Q'\RDINIERE: Dèca//
!..'\TONIO: Eh ... sa ... eh ... accuse moi//Vous parlez français?
G..\R.DINIERE: No//
.J.,"TONIO: Speak anglìsc?
Gi\RDINIERE: No//
.";.'\"TONIO: Sprechen Sie deutsch?
70 LA UNGUA IN GIOCO

GIARDINIERE: Neanche//
ANTONIO: Habla espaflol?
GIARDINIERE: No//
ANTONIO: Gavarit pa rus?
GIARDINIERE: Ma che parùs/ che so ... parlo taliane?!
ANTONIO: Ah/ lei parla italiano?
GIARDINIERE: Eh//
ANTONIO: E parli italiano/ benedetto Iddio! Dunque//
GIARDINIERE: Decevo/ "dèca/ lei"//
ANTONIO: "Dèca/ lei"? Ah/ "dica"// Eh//
GIARDINIERE: Eh//
ANTONIO: Voleva dire/ "dica"//
GIARDINIERE: Eh//
ANTONIO: Ho indovinato// Eccomi qua//
GIARDINIERE: Dica/ dove va/ con questa secomera?
ANTONIO: Io?
GIARDINIERE: Eh//
ANTONIO: Hm? (guardandosi intorno) Non credo/ sa? Vuol ripetere/ scusi?
GIARDINIERE: Dico/ dove va/ con questa secomera?
ANTONIO: Eh/ veramente io sono solo// Je suis seul// Eheh//
GIARDINIERE: Con questa baldanza// Con questa securezza//
ANTONIO: Ah/ "sicumera"//
GIARDINIERE: Eh//
ANTONIO: Lei dice/ "secomera// Com'era"// Che ne so/ io/ com'era? Dunque/
questa/ se non erro/ è la villa del sindaco//
GIARDINIERE: <Sì>//
ANTONIO: <Sì>// È la vi ... Questa è la serra// La serra la villa// Io vorrei parla-
re proprio col sindaco// In persona// Di fisico//
GIARDINIERE: Col sendaco?
ANTONIO: No// Col sindaco//
GIARDINIERE: El;t// Col sendaco//
ANTONIO: Ma/ perché mi vuole far parlare col sendaco/ se io voglio parlare col
sindaco?
GIARDINIERE: E col sendaco! <Sto dicendo! Ohé>!
ANTONIO: <E non si arrabbi! Non si arrabbi>! Ha capito? Villico!
GIARDINIERE: Eh//
ANTONIO: Ha capito? Si ricordi che lei/ qui in Italia/ è un oshpite!
GIARDINIERE: E io so' taliane! Non fa lo shpiritose! Famme lavorare/ che devo
potare lo gelsomene/ lo tulepene/ l'orchetette ...
ANTONIO: Eh/ l'ingegnere/ l'awochete ... Quale architette/ e architètto// Si di-
ce/ orchidea// <Hm>//
-E: ll!!!.Rl.1 ITALIANO BENEDETTO IDDIO!»: I DIALETTI 71

Gl\RDINIERE: <Comongue>/ il sendaco non c'è//


.'i..'\"TONIO: Non c'è?
Gl-\RDINIERE: No//
_-\.,TONIO: E dov'è andato?
GI.-\RDINIERE: E dopo il fatto di iere/ è ricoverato alla cleneca//
.\.'ffONIO: Alla cleneca?
GL-\RDINIERE: Eh//
.\..'\"TONIO: Alla clinica//
Gl-\RDINIERE: Eh//
A..'\"TONIO: Fatto di ieri?
GIARDINIERE: Eh//
.\.'\"TONIO: E... e ... e ... quale fatto di ieri? Ah/ ho capito// Quella sciocchezzuo-
la// Sì// <Eheheh>//
GIARDINIERE: <Sciocchezzuola>! Quell'è successo il finimondo!
A'i"TONIO: Beh/ beh/ non esageriamo! Non esa ... È stata una sciocchezza equi-
vocata// Sì sì sì sì sì// Eh ... beh/ va be'/ e allora me faccia parlare col nipote//
Oppure con quella signorina/ Pa... Poppy// <Po ... Poppy// Poppy>//
GIARDINIERE: <Ah/ la ... l'amerecana> //
.-\:'\"TONIO: Eh/ l'americana// <Eheh>//
GIARDINIERE: <Eh>// Sono partiti//
_-\.'\"TONIO: Sono partiti?!
Gl-\RDINIERE: Eh//
A.'\"TONIO: No! Sono partiti?!
GL-\RDINIERE: Eh//
.-\:"\"TONIO: E com'è possibile?
GL-\RDINIERE: Eh//
.:\.'\"TONIO: E come?! [Me doveva fà] la raccomandazione... e... ha
telefonato per Milano// Per... per... per Tiscordi// Hm ... e come? Partiti/
così// Sono partiti entrambi?
GIARDINIERE: No// Che tram? So' partiti col taxì//
A.'•ffONIO: Ah/ col ta ... No/ che che che c'entra/ il taxì? Non v'ho mica do-
mandato se sono partiti a piedi o in taxì? Sono partiti entrambi/ per dire/
"son partiti tutt'e due"// Eh sì// Son partiti a piedi// Per forza//
GL\RDINIERE: Eh//
..\..'\"TONIO: Ehm ... e dove sono andati? Ehm ... dove sono andati?
Gl<\RDINIERE: Crepi//
A.'ffONIO: Eh? Come?
GIARDINIERE: Crepi!
.\..'\"TONIO: Ma crepa tu/ <e tua sorella/ sa'>!
Gl-\RDINIERE: <Eh>//
.-\..'ffONIO: Animale/ che non sei altro/!
72 LA LINGUA IN GIOCO

GIARDINIERE: Uhé!
ANTONIO: Te do uno schiaffone/ sa'?
GIARDINIERE: Beh!
ANTONIO: Come si permette? Ineducato/ villanzone/ che non è altro!
GIARDINIERE: Hm//
ANTONIO: Io sono un signore! Un galantuomo! Ha capito? Sono un musicista!
Sono un genio! <Ha capito>?
GIARDINIERE: <Ma sarai Eugenio>// D'accordo// Ma che vuoi da me?
ANTONIO: Ma che Eugenio e Nicola! Sono un genio/ ho detto!
GIARDINIERE: <E mbeh>?
ANTONIO: <Un>// Anicolo indeterminato// Un//
GIARDINIERE: E ti ho detto/ che sono... partiti per l'isola de Crepi!
ANTONIO: Ah! L'isola di Capri!
GIARDINIERE: E mbeh?
ANTONIO: Eh! Isola di Capri! Eh/ 'sta lingua! Damme la forbice (fa per ta-
gliargli la lingua) <Tatatata> ...
GIARDINIERE: <Dai/ stette ferme>! Stette ferme/ <rabbassa le mane>!
ANTONIO: Capri// Sono andati a Capri// Io po ... potrò ... potrei raggiungerli//
Eh già//
GIARDINIERE: Eh//
ANTONIO: Io posso rnggiungedi// E chi me lo vieta?
GIARDINIERE: Eh//
ANTONIO: Nessuno// Che ore so'? Sì! So' le cose e tando!
GIARDINIERE: Eh// Ce manga 'n guarte//
ANTONIO: Ce manga un guarto// Faccio a tempo//Vado// <Vado//Va> ...
GIARDINIERE: <Dove vai>?
ANTONIO: Come/ dove vado?! È tre ore/ che lo stiamo parlando/ no? Lo stiamo
dicendo! Vado a Capri! A Crepi! L'isola delle sirene! L'iso ... Marina piccola!
Marina grnnde! L'unghia marina// (fa finta di graffiare il giardiniere)
GIARDINIERE: Eh//
ANTONIO: Baccalà! Ah!

Di una scritta inglese, a Milano, si dice: «è scritto in milanese»; nel ca-


poluogo lombardo, inoltre, secondo Totò e Peppino, si parla tedesco e un
vigile urbano milanese è «un generale austriaco» [Totò, Peppino e... la ma-
lafemmina, 1956): il fatto che conosca anche un po' d'italiano (a clire il
vero assai regionalizzato), dunque, meraviglia oltremodo i due compagni
di viaggio:

ANTONIO: Excuse me//[ ... ] Scusi/ eh/ lei è di qua?


VIGILE: Dica//
~ ~ IT.4.LIANO BENEDETTO IDDIO!»: I D!ALETII 73

.-\i,TONIO: È di qua?
\1GILE: SÌ// Eh/ sono di qua/ perché/ m'ha ciapà per un tedèsco?
A.'\TONIO: Ah/ è tedesco? Te l'avevo detto/ io/ ch'era tedesco//
PEPPINO: Ah/ e allora come si fa?
.\.:'\"TONIO: E ci parlo io//
PEPPIN_O: Perché/ tu parli?
A,'\10NIO: Eeh! Ho avuto un amico/ prigioniero in Germania// Non m'inder-
rompere/ sennò perdo il filo// Dungue/ excuse me//
'lt1GILE: Se gh'è//
ANTONIO: Bitte schon// Noio ... <noio> ...
\1GILE: <Se gh'è>?!
•.\:.'ffONIO: Ha ... ha capito!
PEPPINO: Ch'ha detto?
.\c:'\TONIO: Dopo ti shpiego//
-~'""TONIO: Noia/ vole ... volevàn ... volevòn/ savuàr/ noia volevàn savuàr l'in-
drìs ... ja?
PEPPINO: Ja//
';,1GILE: Eh/ ma/ bisogna/ che parliate l'italiano/ perché io non vi capisco//
l'L'ffONIO: Parla italiano!
PEPPINO: Ah!
!L'\10NIO: Parla italiano!
PEPPINO: Ah! Complimèndi!
.'\."ffONIO: Complimèndi!
~PINO: <Complimèndi>!
."-.,'IONIO: <Parla italiano>! Bravo!
··~ILE: Ma scusate//
A¾"'TONIO: Dungue ...
'i!GILE: Ma dove vi credevate di essere? Siamo a Milano/ qua!
Appundo/ Io so//
ft:PPL~O: Eh//
Jl."lffONIO: Dunque/ eh/ noi/ vogliamo sapere/
ff?PINO: Pere//
··""-"-"TONIO: per andare/
ft:P"PL'\"O: Per andare//
A.'"TONIO: dove dobbiamo andare/
· '0: Andare//
:r. t~"'-"'TONIO: per dove dobbiamo andare//
t;;;t• .~l:.,O: An ... andare//
~;°z0/i;&""'iTONIO: Sa/ è una semblice informazione//
ìt;,,,fs:fiGllE: Sentite//
t@f ~ O : SignorsÌ//
74 lA LINGUA IN GIOCO

ANTONIO: Sissignore//
VIGILE: Se volete andare/
PEPPINO: Sissignore//
VIGILE: al manicomio/
ANTONIO E PEPPINO: Sissignore//
VIGILE: Vi accompagno io//
ANTONIO: <Sissignore>//
PEPPINO: <Va bene>// Bene//
VIGILE: Ma varda un po'/ che roba! Ma da dove venite/ voi? Dalla Val Bremba-
na?
ANTONIO: Non ha capito una parola!

In Letto a tre piazze, 1960, il latino è preso per siciliano. In Totò, Pep-
pino e ... la dolce vita, 1961, Totò tenta di parlare in inglese e invece par-
la in pugliese (il brano è citato sopra). Soprattutto l'italiano regionale pu-
gliese, dunque, o una varietà dialettale più o meno vicina al barese, viene
utilizzato come termine medio nel passaggio dalla lingua straniera (ingle-
se, arabo) all'italiano e viceversa. Ma, come s'è visto, anche il siciliano può
assolvere alla stessa funzione:

TOTÒ: Sursum corda// Che significa?


SERVITORE: lo mica parlo il francese//
TOTÒ: Ah già/ questo è siciliano// [Signori si nasce, 1960].

«Sursum corda! Su colle corde!» [Il monaco di Monza, 1963]. la com-


mistione dialetto/lingua straniera è finemente sfruttata, infine, anche in
Totò, Fabrizi, e i giovani d'oggi, 1960, allorché l'insegnante d'inglese leg-
ge una poesia con pronuncia impeccabilmente britannica e poi, rivolgen-
dosi all'alunna indisciplinata, prorompe in una marcata cadenza siciliana.

II.4. «Sciuminòx»: dialettalismi inventati

A conferma del fatto che, a parte qualche eccezione, i dialetti sono per
Totò degli strumenti ludici, non realistici, citiamo alcune forme inventate,
o quantomeno ibridate sulla base di diverse provenienze regionali: «sciu-
minòx» (deformazione del settentrionale giuinòt 'giovanotto') e «si sgui-
sh» (deformazione del toscano e centro-meridionale si sguiscia 'si scivo-
la'), in Totò a colori, 1952, e ancora gli improbabili (a Milano) «chian» e
·•'E PARLI IT."1.lANO BENEDETTO IODIO!»: I Dw..ETTI 75

-corrèr», nello stesso film: «gh'è la nebia! Chi/ a Milàn/ gh'è la nebia! È pe-
riculùs/ cùrer// Hai capito? Anzi/ ghe penso mi// (all'autista) SciuminòX//
È periculùs// Vai chian! E non corrèr! Si sguish!». Milanesissima, invece,
nel medesimo film, è l'espressione «se gh'è» ('che cosa c'è?'), detta da
1òtò in risposta alle minacce dell'iracondo cognato siciliano Rocco e ri-
presa anche in Totò, Peppino e... la malafemmina, 1956, pronunciata
!due volte dal vigile urbano in reazione alle farneticanti domande di Totò
e Peppino.
Anche se pseudodialettalismi propriamente detti si riscontrano soltan-
ro in Totò a colori, si sono già visti altri casi di parole fortemente defor-
ì!r&ate, che al dialetto rimandano solo allusivamente: «orchetette» 'orchi-
dea', «cefre» 'cifre', «cacaina» 'cocaina' (usato perché fa ridere, per via del-
l':!SSOnanza con cacare), «impiagato» 'impiegato' (usato perché è molto
~ e a piagato) e gli altri sopra citati 10 •

,w·rltenori esempi tratti dai film di Totò sui temi delle lingue straniere e dei dialet-
[~~n~1'-0no trovare in Brunetta 1996, pp. 51-53; Ruffìn 1996; Romeo 1997 e 1998b.
III. «VENIAMO NOI CON QUESTA MIA ADDIRVI»:
L'ITALIANO POPOLARE

Ill.1. «Ma mi faccino il piacere!»: i congiuntivi alla Fantozzi e la


semplificazione analogica

Con italiano popolare i linguisti intendono quella varietà di italiano


.appresa da chi ha per madrelingua il dialetto. È una sorta di italiano re-
gionalizzato, sì (nell'orale, perché nello scritto la regionalità è, ovviamen-
te, meno evidente), ma.con fenomeni comuni a tutta l'Italia, caratterizza-
to da numerosi errori di morfosintassi nell'accordo del genere e del nu-
mero delle parole, nell'uso delle persone, dei tempi e dei modi verbali;
da errori di segmentazione delle parole e di punteggiatura; dalla mesco-
bnza di espressioni auliche e burocratiche a espressioni triviali e dialetta-
i,. dal pleonasmo e dall'anacoluto 1 • Tra le caratteristiche ricorrenti nella
riproduzione (sempre, beninteso, con intento umoristico) dell'italiano
popolare ricordiamo gli usi substandard del congiuntivo (di solito con
desinenze errate) e la tendenza al livellamento analogico dei paradigmi
~ i e nominali.
Per il congiuntivo, spiccano gli esempi seguenti: «ma mi faccino il pia-
~r,. [Totò cerca casa, 1949; Totò e le donne, 1952]; «venghi» (detto da
~eazzo Benti); «possino» [Totò a colori, 1952); «digli che ti <lasse» [Totò
; ~ moglie, 1950]; «se ne vadino» [Totò e le donne, 1952); «vadino»
".7..:;\l'Ò_ Vittorio e la dottoressa, 1957; I tartassati, 1959]; «faccino» [Totò
. ._ . luna, 1958]; «mi permettino» [J tartassati, 1959]; «Mi facci scende-
·~ [detto 4 volte da un personaggio secondario, in Signori si nasce,
~ : «venghino» [Totò, Peppino e... la dolce vita, 1961]; «se ne vadi» [Il

•'Su!l.'italiano popolare unitario cfr. almeno De Mauro [1963] 1993 e 1970; Corte-
~ . 1976; Sanga 1981; Poggi Salani 1982. Sul significato di pleonasmo cfr. infra,
~ . !.."anacoluto indica un cambio cli progetto, owero un passaggio sintattico da un
,_."°, che rimane in sospeso, all'altro, nell'ambito dello stesso enunciato: per es.,
~ - un termine che dapprima sembra un soggetto diventa poi un complemento:
- ~ ,;ne muoiono, bisogna pregare Iddio per loro» (A. Manzoni,/ promessi sposi,
\.-~.3n.
78 LA LINGUA IN GIOCO

monaco di Monza, 1963]. Abbiamo anche un ipercorrettismo: «mi sa-


prebbe dire che significhi Paliatone?» [Totò e i re di Roma, 1952].
Com'è noto, il più grande erede di Totò nell'uso del congiuntivo po-
polare sarà Paolo Villaggio nei panni di Fantozzi.
Tra gli altri fenomeni dell'italiano popolare si incontrano alcuni plurali
analogici: «sindachi» 'sindaci' [47 morto che parla, 1950]; «le nostre co-
niughe» 'coniugi' [Totò, Peppino e le fanatiche, 1958]; «monachi» 'mona-
ci' [Il monaco di Monza, 1963].
Errori di genere e di desinenza: «arrivederla» [detto da una comparsa
salutando Aldo Fabrizi, in Guardie e ladri, 1951]; «scapole» 'nubili'; «lei è
proprio il giornalista/ autentica» [Totò, Peppino e le fanatiche, 1958]; «co-
niugia» 'coniuge' [Lo smemorato di Collegno, 1962].
Livellamenti analogici del paradigma verbale si incontrano in: «pungia-
to» 'punto: participio passato di pungere' [Figaro qua... Figaro là, 1950];
in analogia con il tema di nascere abbiamo «nascio» 'nasco' e «nasciano'
'nascono':

GIULIA SOFIA: Come nasci/ stella?


LEOPOLDO: Ah già//
ANTONIO: Come nascio io?
LEOPOLDO: Ehm ...
GIULIA SOFIA: Sì//
ANTONIO: E nasc ... nascio come nasciano gli altri/ no? (mimando un grande
sforzo, come per tirar fuori qualcosa) Hm/! [Totò a colori, 1952].

Ma l'analogia è possibile anche col tema di nasco: «il bambino nasca


quando vuol nascare!» [Il monaco di Monza, 1963]. Sempre in Il mona-
co di Monza, 1963, Nino Taranto dice «morse» invece di morì (che, in ef-
fetti, può essere valutato come arcaismo, oltreché come popolarismo);
quest'utilma forma serve qui unicamente per riattivare un gioco linguisti-
co già introdotto: Totò crede infatti che l'avo di Taranto, anziché discen-
dere dai «Borboni», discenda dai «barboncini», sicché appena sente «mor-
se» dice: «tutti i barboni hanno questo difetto di mordere ... ,,. Il participio
passato diparere, infine, è oraparvo («mi era parvo»), oraparvuto («t'è
parvuto male») [Il mostro della domenica, 1968).
Tipiche deformazioni dell'italiano popolare sono «!aura>, 'laurea' [Totò,
Peppino e... la malafemmina, 1956; Totò diabolicus, 1962] e «psicopàta»
'psicopatico' [Totò contro i quattro, 1963].
,.YE:"<lo\;\10 NOI CON QUESTA MIA ADDIRVI»: L'ITALIANO POPOLARE 79

Per la sintassi, si ricorda l'anacoluto: «della persona a cui noi ci telefo-


P.ano» (Totò e le donne, 1952] e l'uso transitivo di rimanere: «ho rimasto
1a macchinetta altrove», alludendo all'accendisigari dimenticato (I ladri,
1959]. Della fraseologia popolare è la formula «tomo tomo/ cacchio cac-
chio» 'bel bello' [Lo smemorato di Collegno, 1962; Il mostro della dome-
nica, 1968); «tomo tomo» compare anche due volte nella poesia 'A livel-
la, di Antonio de Curtis. Indizio di italiano popolare possono essere an-
che alcuni usi pleonastici riportati nel capitolo XVII.2.

ID.2. «Punto punto e virgola punto punto e virgola»: scrittura e


punteggiatura

Il regno dell'italiano popolare è soprattutto la scrittura, e infatti l'ap-


plicazione artisticamente più alta (e più citata) degli stilemi dell'italiano
popolare si ha nella celebre dettatura della lettera in Totò, Peppino e... la
malafemmina, 1956, che riportiamo prima integralmente (con il rigo-
glioso scambio di battute tra Totò e Peppino) e poi nella sola forma della
k:ttera, così come sarebbe apparsa alla destinataria «malafemmina»:

TOTÒ: (dettando) Signorina// Signorina//


PEPPINO: (guardandosi attorno) Dove sta?
TOTÒ: Chi è?
PEPPINO: La signorina//
TOTÒ: Quale signorina?
PEPPINO: Hai detto "signorina"//
TOTÒ: È endrata na signorina?
PEPPINO: E che ne so/ io?
TOTÒ: Signo ...
PEPPINO: Avandi!
TOTÒ: Animale! Signorina! È l'indesdazione autonoma// Della lettera// Oh! Si-
gnorina//
PEPPINO: (cambiando foglio) Ecco//
TOTÒ: E... co ... e ... non era buona/ quella signorina lì?
PEPPINO: È macchiato//
TOTÒ: Signorina// Veniamo ... veniamo ...
PEPPINO: Veniamo ...
TOTÒ: noi...
PEPPINO: noi ...
TOTÒ: con questa mia/ a dirvi//
80 LA LINGUA IN GIOCO

PEPPINO: con questa...


TOTÒ: Veniamo noi/ con questa <mia/ a dirvi>//
PEPPINO: <mia>/ a dirvi//
TOTÒ: Addirvi// Una parola// Addirvi//
PEPPINO: A dirvi/ una parola//
TOTÒ: Che!
PEPPINO: Che//
TOTÒ: Che//
PEPPINO: Che//
TOTÒ: Ch'è?
PEPPINO: Uno// Quanti?
TOTÒ: Che è?
PEPPINO: Uno che//
TOTÒ: Uno che//
PEPPINO: Ah//
TOTÒ: Che/!
PEPPINO: Che// Eh//
TOTÒ: Shcusate se sono poche//
PEPPINO: Che//
TOTÒ: Che// Shcusate se sono poche// Ma settecendo mila lire/ pundo e vir-
gola/ noi ...
PEPPINO: noi...
TOTÒ: ci fanno/ shpecie che quest'anno/ una parola/ questanno/ c'è stato/ una
grande moria delle vacche//
PEPPINO: Una grande...
TOTÒ: Come voi/ ben sapete// Punto//
PEPPINO: Punto//
TOTÒ: Due punti! Ma sì! Fai a vedé che abbondiamo! ''.Abbondandis adboo-
dandum"//
PEPPINO: <Du> ...
TOTÒ: <Questa> moneta/ servono/ questa moneta/ servono/ questa
servono a che voi/ vi consolate ... Ah6/ shcrivi presto!
PEPPINO: Con <insalate> ...
TOTÒ: <Che voi>/ vi consolate ...
PEPPINO: Con... Ah/ "con" ... Avevo <capito "con le insalate"// Hm>//
TOTÒ: <Voi vi consolate> ... Non mi fare perdere il filo/ che ce l'ho tutta
PEPPINO: Avevo capito "con l'insalata"//
TOTÒ\ Dai dispiacere ...
PEPPINO: Dai...
TOTÒ: Dai dispiacere...
PEPPINO: <dispiacere> ...
«VENJA.\4O NOI CON QUESTA MIA ADDIRVI»: L'ITALIANO POPOLARE 81

TOTÒ: <Che avreta>// Che avreta// Che avreta// Eh già/ è ... femmina// È fem-
minile// Che avreca perché//
PEPPINO: Che//
TOTÒ: Perché?
PEPPINO: Non so//
TOTÒ: Che è/ "non so"?
PEPPINO: "Perché" che cosa?
TOTÒ: "Perché" che?
.PEPPINO: "Perché" qua?
fOTÒ: Oh! Perché!
>E.PPINO: Ah/ "perché" qua!
fOTÒ: Il dispiacere che avrete perché//
"EPPLl\/0: "Perché" qua//
iOTÒ: È aggettivo qualificativo/ no?
FE>l'L"iiO: Beh/ io scrivo//
roTÒ: Perché/ dovete lasciare/ nostro nipote// Che gli zii/ che siamo noi/ me-
desimo/ di persona ... Ma che stai facendo na faticata? S'asciuga il sudore//
m>P!NO: Eh!
rorò: Che siamo noi medesimo di persona/ vi mandano questo// (indica a
R>ppino il pacco con i soldi)
Bft."\O: Questo//
~ : Perché il giovanotto/ è studente che studia/ che si deve prendere una
~al
:_Laura//

me deve tenere la testa>/ al solito posto// Cioè/


,Cioè...
collo//
<collo>//
>/ pund'e virgola ...
do//
· e un pund'e virgola//
pa robba//
. wcia fare! Che dica che noi siamo provingiali/ siamo tirati...
,pp...
i indisdindamènde/ salutandovi indisdindamènde ...

-./ Salutandovi indisdindamènde/ i fratelli Caponi// Che siamo


.' apri una parende// Apri una parende/ dici/ "che siamo noi//
ç-.,,,..,,.,,...,.~;.-
. ~ J . . U {j
82 LA LINGUA IN GIOCO

PEPPINO: Caponi//
TOTÒ: Hai aperto la parende? Chiudila//
PEPPINO: Ecco fatto//
TOTÒ: Volevi aggiungere qualcosa/ cu/ allora?
PEPPINO: Ma ... hm ... beh ...
TOTÒ: Va be'//
PEPPINO: Così! senza nulla a pretendere/ non c'è ... non c'è bisogno//
TOTÒ: In ba ... in data odierna//
PEPPINO: Beh/ <ma... ma quello poi si capisce>//
TOTÒ: <Va be'// Si capisce>//.

Owero:

Signorina veniamo noi con questa mia addirvi che scusate se sono poche ma
settecento mila lire; noi ci fanno specie che quescanno c'è stato una grande
moria delle vacche come voi ben sapete.: questa moneta servono a che voi vi
consolate dai dispiacere che avreca perché dovete lasciare nostro nipote che
gli zii che siamo noi medesimo di persona vi mandano questo perché il giova-
notto è studente che studia che si deve prendere una !aura che deve tenere la
testa al solito posto cioè sul collo.;.; salutandovi indistintamente i fratelli Ca-
poni (che siamo noi).

Vale la pena di sottolineare, alla svelta, le caratteristiche linguistiche di


questo brano, talmente ricco di popolarismi acutamente scelti e sapiente-
mente combinati, da essere una sorta di microtrattato di linguistica dell'i-
taliano popolare. Tutta la prima parte della scena mostra lo scambio del
piano intralinguistico e metalinguistico (la dettatura della lettera) con
quello extralinguistico: Peppino crede che il «signorina» che Totò gli detta
sia un allocutivo riferito a qualcuno presente nella stanza. Analogo gioco
si ha poco sotto, con «che» e con «perché», che Peppino crede rivolti a sé
e non dettati. Numerose sono le parole deformate o fraintese, talora in
modo poco credibile («consolate» ~ «con le insalate»), talaltra creando
paronomasie verosimili, nelle varietà diastratiche più basse («autografa»~
«autonoma»; «distintamente ~ «indistintamente»; «parentesi» ~ «paren-
te»; «laurea»~ «!aura»). Errori di segmentazione delle parole e delle frasi
si hanno (oltreché in «con le insalate» per «consolate») in «addirvi» per «3
dirvi» - forma che mostra la tendenza popolare a tradurre graficamente il
raddoppiamento fonosintattico e ne!la quale si gioca anche sull'equivoco
«VENIAMO NOI CON QUESTA MIA ADDIRVI»: L'ITALIANO POPOLARE 83

tra «a dirvi una parola» e «addirvi// Una parola» (cioè scritto in una parola
sola) - e in «questanno».
Ma, sebbene ai limiti dell'analfabetismo, i nostri eroi sono tuttaltro che
privi della coscienza della variazione diamesica (ovvero della differenza
che oppone un testo scritto a uno parlato e tipologie testuali diverse tra
loro), tanto che vengono sfruttate formule pompose tipiche dello scritto
pretenzioso e del burocratese: «veniamo noi con questa mia addirvi». Fuo-
ri dalla lettera, Totò azzarda anche una dotta citazione latina, naturalmen-
te alterata: «melius abundare» diventa «abbondandis adbondandum». La
formula pseudoburocratica «nulla a pretendere» si incontra anche in Totò,
Vittorio e la dottoressa, 1957. La sintassi, come si vede nella stesura defi-
nitiva della lettera, è un capolavoro di incongruenza, con quell'ipotassi in-
concludente e quella filza di che polivalenti («a che voi vi consolate dai di-
spiacere che avreta perché dovete lasciare nostro nipote che gli zii che sia-
mo noi medesimo di persona vi mandano questo perché il giovanotto è
studente che studia che si deve prendere una laura che deve tenere la te-
~ al solito posto cioè sul collo»). La regola dell'accordo è violata in: «c'è
:!l.lio una grande moria delle vacche»; «questa moneta servono»; «dai di-
~ere»; «noi medesimo». In un caso l'intento pragmatico di un'espres-
m:.e idiomatica («avere la testa sulle spalle» 'essere responsabile') f-àllisce,
pe.- ,"ia della riduzione dell'espressione al suo significato letterale, insensa-
iJì!0ìl; in quel contesto: «deve tenere la testa al solito posto cioè sul collo».
~ ,-olte Totò scambia la funzione delle parti del discorso, lanciandosi in
~.dZioni metalinguistiche, una volta accordando una desinenza verbale
ia · ~ al genere, come se si trattasse di un aggettivo («che avreta// Eh già/
~;.,,. iemmina// È femminile»), un·altra definendo la congiunzione perché
·~ ~ttivo qualificativo». E infine, la vera chicca della lettera, la punteg-
-""""" ..... il soggetto viene separato dal verbo con un punto e virgola («set-
. mila lire; noi ci fanno»), i due punti seguono il punto («come voi
~,~te.:»
{·,..;;, .
e, ciliegina sulla torta, l'incredibile serie di punto + punto e
~+punto + punto e virgola («cioè sul collo.;.;»).
a.."U, molto più sbiadito, esempio dì dettatura di lettera (stavolta è
\ha"Ì.11.!~o, scrittore e un pugliese il dettatore) si trova in Miseria e nobiltà,
~··.':.:::. c:;.1i si segnala soltanto· la già citata correzione «stoce» per «sto».

-~SJS
~ , della dettatura della lettera con svarioni può essere considerato
d'ascendenza teatrale, come dimostra il brano seguente:
84 LA LINGUA IN GIOCO

COMMENDATORE: Vogliate gradire egregio signore i segni della mia più ri-
spettosa differenza...
DATTILOGRAFA: Deferenza...
COMMENDATORE: Differenza ...
DATTILOGRAFA: Deferenza...
COMMENDATORE: Differenza ... la grammatica me la faccio da me ... E non vo-
glio osservazioni... (Se fossi un don Giovanni, 1938, ripreso in Belle o
brutte mi piaccion tutte!, 1942 2].

2 Cfr. Guarini 1991 (a c. di), p. 218.


N. «E CI SI PULISCA IL CULO!»:
IL TURPILOQUIO

Assai esiguo è lo spazio lasciato al turpiloquio nel cinema, fino almeno


agli anni Settanta. La censura era, in questo, piuttosto inflessibile. Anche
se il film popolare (tanto più se apparentato all'avanspettacolo, come
gran parte dei film di Totò) mostra qualche licenza in più rispetto agli al-
tri generi coevi. Tra gli insulti e le imprecazioni ricordiamo: «va morì am-
mazzato» [Fermo con le mani, 1937; detto senza voce, col solo movi-
mento delle labbra, in Dov'è la libertà ... ?, 1954; Il coraggio, 1955; Totò,
Eva e il pennello proibito, 1959; Totò e Cleopatra, 1963]; «te passino am-
mazzà!» [Totò a colori, 1952]; «cornuto» [Totò a colori, 1952; Totò e Cleo-
patra, 1963]; «li mortacci tua» [I due marescialli, 1961; Il monaco di
Monza, 1963; Totò e Cleopatra, 1963]; il magnificamente liberatorio «e ci
si pulisca il culo!» (è forse la parolaccia più bella del cinema italiano, per-
ché assolutamente funzionale al contesto), pronunciato da Totò in rispo-
sta a «io ho carta bianca» detto dall'ufficiale nazista [I due colonnelli,
1962]; «me fa piglià le fregne!» [Il monaco di Monza, 1963]; «stiamo per-
dendo come romani/ come egiziani/ o come fregnoni?» [Totò e Cleopatra,
1963]; «figlio d'una mignotta» [Totò s~, 1963]; «battona», «pappa» e
«pappone» (Che fine ha fatto Totò Baby?, 1964]. Con solo movimento del-
le labbra, ma chiaramente intelligibile, Totò dice al nano: «figlio de na mi-
gnotta», e il nano negro risponde: «a soreta» [Totò d'Arabia, 1965]. L'eu-
femismo «cacchio» compare in Il monaco di Monza, 1963.
Come si vede, gli insulti più pesanti si trovano soltanto negli ultimi film.
Vi sono poi molti insulti deformati, più che a scopo ludico, stavolta,
forse proprio per aggirare la censura. Famosi sono i facili doppi sensi sul-
la città di Troia, a proposito di Elena di Troia (già in teatro, Quando meno
te l'aspetti, 1940 1): «Troia ... Troia ... Questo nome non mi è nuovo» [L'im-
peratore di Capri, 1949]; «Elena di Troia [... ]// L'ho sentito qualch'altra
volta/ questo nome ... E non mi ricordo ...» [Totò all'inferno, 1955]. Il rife-

1 Cfr. Bevilacqua 1965 (a c. di), p. 30.


86 LA LINGUA IN GIOCO

rimento, qui molto più raffinato, è anche in Totò lascia o raddoppia?,


1956, in cui a una donna che si chiama Helen Totò dice: «Helen// Ma que-
sto nome non mi è nuovo».
Di facile effetto sono anche alcune paronomasie: «per la maiella,, [Fifa
e arena, 1948, Totò d'Arabia, 1965, ma s'è già citato «per la maiellas», in
Fermo con le mani, 1937]; la parola cappio dà adito al gioco: «oh/ cappio!
Ma di che cappio parla?» [Figaro qua... Figaro là, 1950]; «se ognuno pen-
sasse agli incassi suoi!» [Gambe d'oro, 1958]; «li mortai vostri» e «li mortai
loro» [I due colonnelli, 1962]; «avviati a piedi// Io ti seguo col cocchio»
[Nino Taranto, in Totò contro Maciste, 1962]; l'espressione «pagare il fio»
fornisce a Nino Turanto l'occasione di insultare il nascituro illegittimo del-
la sua amata: «il fio! 'Sto fio de ...» [Il monaco di Monza, 1963]; «figlio de
na mignocca,, [Il monaco di Monza, 1963; Il mostro della domenica,
1968]; «ma che Cassio vai dicendo?» [detto da Ciccio Ingrassia, in Che co-
sa sono le nuvole, 1968, riferendosi al Cassio shakespeariano con eviden-
te doppio senso]. Di grande effetto è: «bisogna stabilire le multe secondo
scale// Ci uno/ ci due/ ci sua» [Vigile ignoto, 1963].
V. «COME SI DICE QUELLA PAROLA?
AH/ POMICIARE»: IL SESSO

Anche in questo caso valgono le osservazioni sulla censura fatte nel ca-
pitolo precedente. Comunque, anche se con moderazione di termini, le al-
lusioni sessuali nei film di Totò sono numerosissime. In I pompien· di Vig-
giù, 1949, si incontra una delle battute più «audaci» del nostro corpus, det-
ta da Carlo Dapporto nei panni di un Petronio palesemente omosessuale,
che ironizza sul fraintendimento dei nomi di due sue concubine, l'una
Pomponia e l'altra Lavinia: «Pomponia/ Lavinia/ facevano nascere/ non so/
uno strano miscuglio nel mio cervello/ che io pensavo che lei si chiamasse
Pompinia>, Oa battuta sfuma, sicuramente per volontà della censura, e
«Pompinia» si capisce appena, ma il pubblico in scena ride, comprendendo
l'evidente assonanza oscena). Gli stessi bikini delle ballerine in qualche
scena del film sono di un succinto inaudito per il cinema dell'epoca (se
escludiamo i seni nudi di Blasetti, già alla fine degli anni Trenta 1). Com'è
noto, I pompieri di Viggiù è un collage di brani di rivista. Tuie allentamen-
to dei freni della censura in questo film ci conferma che, sul teatro popo-
lare, i «Catoni» dell'epoca erano ben disposti a chiudere un occhio. La mo-
rale del teatro popolare è, del resto, dichiarata ad apertura di Il turco na-
poletano, 1953: allorché una spettatrice avanza qualche perplessità sull'au-
dacia della farsa scarpettiana («è una cosa forte/ spinta»), Peppino De Mar-
tino la tranquillizza («quando si ride/ fa sempre bene»), tanto che la donna
conclude: «quando ci si scherza sopra/ tutti gli argomenti sono leciti».
Negli altri film ricordiamo: i doppi sensi su pisello 'in gergo teatrale, la
s interdentale': «se non avessi il pisello sarei un attore» (Castellani); «e tu
col pisello fai l'attore?»; «ma tu il pisello ce l'hai» [L'imperatore di Capri,
1949]; «io voglio ... Come si dice quella parola? Ah/ pomiciare» [Tototar-
za.n, 1950]; «facciamo un po' di pomicio?» [Totò a Pa.rigi, 1958]; «pomi-

' Comunemente si dice che il primo seno nudo della scoria del cinema (non di-
chiaratamente pornografico) sia stato quello di Clara Calamai in La cena delle beffe,
1941, di Alessandro Blasetti. In realtà l'evento può essere retrodatato almeno al 1938,
in Ettore Fieramosca, dello stesso Blasetti.
88 LA LINGUA IN GIOCO

ciare» è anche in Totò, Eva e il pennello proibito, 1959; un lettino è defi-


nito «sommier egiziano da pomicio» [Il monaco di Monza, 1963] . Nume-
rosi sono i doppi sensi sessuali in Totò a colori, 1952, a cominciare dal co-
gnome dell'onorevole (Trombetta), deformato all'occorrenza in «Trombo-
ne», e di suo cognato (Bocca):

LEOPOLDO: Lo sa che dalla nostra villa si vedono i faraglioni?


ANTONIO: Ah sì? (guardando il seno di Poppy) Oh Dio// I faraglioni non si ve-
dono mica solo ... dalla sua villa/ eh?;

ANTONIO: <Vorrei parlare con la signorina>//


SINDACO: <Sì/ lo so/ ma> ...
ANTONIO: Ho notato che è molto graziosa/ <eh>?
SINDACO: <Hm>/ caccia riservata// Eheh//
ANTONIO: Lo so/ ma ... eh/ è bella/ eh? <Bella>//
SINDACO: <Eh/ lo so/ lo so// Dunque/ maestro> ...
ANTONIO: <Sa/ do ... do> ... dopo quest'ultima guerra... <eh? Capito>?
SINDACO: <Eheheh/ capisco>//;

ANTONIO: E perché la trombètta si mètte in bocca// Dove la vuol mèttere/


<lei/ la trombètta>?!
ONOREVOLE: <Oh/ cosa avete capito>?
ANTONIO: Ha visto mai lei qualcuno con la trombètta in un altro posto?;

ANTONIO: Quando vedo un buco/ c'entro dentro//;

ONOREVOLE: (in rifen·mento a Isa Barzizza) Adesso ... adesso ... la sistemia-
mo noi/ eheh//
ANTONIO: Eh/ la sistemiamo noi//
ONOREVOLE: Sì//
ANTONIO: Le daremo una bella sistemata//.

Nella versione scritta (e figuriamoci dunque in quella dal vivo!) della


scena teatrale dell'onorevole in vagone letto, tali allusioni erano ancora
più esplicite: «ho capito ... sua sorella si mette in Bocca la Trombetta di
quel trombone di suo cognato ... e suo cognato ha in Bocca la trombetta
di quel Trombone di sua sorella» 2•

2 Cfr. L'onorevole in vagone letto, dalla rivista C'era una volta il mondo, 1947, in

Fofi 1980 (a c. di), pp. 218-24 (in part. p. 219). D'altra parte, la versione televisiva della
«COME SI DICE .QUELLA PAROLA? AH/ POMICIARE»: IL SESSO 89

Continuando la nostra elencazione dei doppi sensi: «mi dia uno sguar-
do all'uccello» [Totò a Parigi, 1958]; «sapete perché noi nobili siamo bra-
vi a giocare a biliardo? Perché abbiamo dimistichezza con le palle» [Signo-
ri si nasce, 1960]; «tetta a tetta» 'tète-a-tète' [Aldo Giuffré, in Chi si ferma
è perduto, 1960]; «scorci e parli», detto da Nino Taranto, viene frainteso
da Totò come: «scorci le palle» [Lo smemorato di Collegno, 1962]; l'epi-
teto di «proci» è attribuito a due omosessuali, con facile assonanza osce-
na e con bisticcio con «Traci»; «viva la biga» [Totò e Cleopatra, 1963].

DONNE: Viviamo col tappo// (intendendo con la percentuale delle bottiglie


fatte consumare ai clienti)
NINÌ (Totò): Siete tappate [... ]// Se volessimo stapparvi? [... ] (al cameriere)
Un cavatappi// [Totò sexy., 1963].

«Tira più un capello di donna/ che una pariglia di buoi», dove capello
sta per 'pelo', nel noto detto osceno qui fortemente castigato. A un grup-
po di donne fuggite al suo ingresso, Totò chiede: «cosa avete visto/ Io spa-
ventapassere?» [Totò d'Arabia, 1965].

stessa scenetta dell'onorevole (in Premo Nobel, episodio del programma Tutto Totò, re-
gia di Daniele D'Anza, 1967), si mostra ulteriormente censurata rispetto all'l':dizione fil-
mica di Totò a colori. Nella scena degli starnuti, infatti (peraltro assente nella versione
teatrale pubblicata in Fofi 1980 [a c. di], pp. 218-24), il film presenta per ben tre volte
il vietatissimo verbo abortire («ha abortito», nel senso di 'lo starnuto si è ritirato'), lad-
dove la versione televisiva sostituisce «s'è strozzato» e, coniando un nuovo derivato,
«s'è ribistrozzato».
VI. «SIGNORI SI NASCE»:
LE FORME AULICHE E ARCAICHE

«Una apparente deroga» all'esigenza del cinema, in quanto spettacolo


di massa, di essere sempre chiaro e comprensibile per tutti e di evitare
quindi strutture sintattiche e parole troppo complesse, «e insieme un se-
condo contributo del linguaggio cinematografico, importante non meno
delle rare innovazioni, è costituito dall'uso che esso fa di parole e co-
strutti aulici, inseriti in un contesto fortemente prosaico e quotidiano per
sorprendere e divertire lo spettatore. Il "gag" dell'aulicità risalirebbe a Pe-
trolini e sarebbe poi stato ripreso, prima del secondo conflitto, da Maca-
rio; ma certamente il napoletano Totò è riuscito meglio di tutti a trarne
profitto»: si pensi ai vari fa d'uopo e alle quisquilie, per esempio. «Su
questi elementi, grazie anche alla sua mimica molto espressiva, il comico
napoletano ha attratto il ridicolo, e ne ha così bruciato le possibilità d'u-
so irriflesso» 1•
Nei film di Totò, in realtà, sembrano, anche linguisticamente, convive-
re due anime: quella del «lazziatore» z che deride il parolaio pomposo, e
quella del nobile risentito che, in cuor suo, auspicherebbe un ritorno agli
antichi fasti della patria lingua: «si pensi ai giochi verbali di un Totò alle
prese con "quisquilie e pinzillacchere" che, colpendo (nel solco di una
tradizione vitale da secoli nel teatro) gli aulicismi, le rarità terminologi-
che, il latino, concedevano sfogo dissimulato a un aristocratico disagio
per la crescente banalità anche linguistica nelle relazioni sociali» 3• A que-
sto si aggiunga la naturale inclinazione della produzione popolare agli au-
licismi o ai poetismi (Serianni 2001).
Numerosissimi sono gli aulicismi (o quantomeno parole e locuzioni
molto ricercate) e gli arcaismi nella lingua di Totò. Tra i primi ricordiamo
istesso in luogo di stesso, che è uno dei tormentoni di Totò, usato in quasi

'De Mauro [1963] 1993, p. 122.


2 «Il comico deve essere antico e lazziatore» (Antonio de Curtis, cit. in Anile 1998,
p. 13).
~ Raffaelli 1996a, p. 322.
92 LA LINGUA IN GIOCO

tutti i film come una sorta di carta di riconoscimento del comico, al pari
delle bazzecole, delle quisquilie e delle pinzillacchere: Animali pazzi,
1939; Figaro qua... Figaro là, 1950; Tototarzan, 1950; Totò sceicco, 1950;
47 morto che parla, 1950; Totò terzo uomo, 1951; Sette ore di guai, 1951;
Totò a colori, 1952; Totò e i re di Roma, 1952; Totò cerca pace, 1954; Totò
all'inferno, 1955; Il coraggio, 1955; La banda degli onesti, 1956; Gambe
d'oro, 1958; La legge è legge, 1958; Totò, Eva e il pennello proibito, 1959;
I tartassati, 1959; La cambiale, 1959; Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi,
1960; Chi si ferma è perduto, 1960; Tototruffa '62, 1961; I due marescial-
li, 1961; Totò diabolicus, 1962; I due colonnelli, 1962; Il monaco di Mon-
za, 1963; Totò contro il pirata Nero, 1964; Rita, la figlia americana, 1965.
Seguitiamo l'elenco: «io sono d'antica nobiltà/ caro signore// L'ultimo
rampollo d'una prosapia illustre»; «poscia la pecunia» [Fermo con le mani,
1937]; «poscia» è anche in La macchina fotografica, 1954; Letto a tre piaz-
ze, 1960; Il monaco di Monza, 1963; «acme» [La macchina fotografica,
1954]; «siete erronei»; «tacete/ con queste querimonie»; «giammai»; «laon-
de»; «magione»; «menzognero»; «fraudolente»; «cibarie» [San Giovanni de-
collato, 1940]; «<lessa»; «sintetico e olezzante omaggio floreale»; «dispaia»;
«si desìna» e «desinasi» 'si mangia' [Due cuori fra le belve, 1943].
Almeno in due occasioni è esplicita la satira fatta al teatro drammatico
della tradizione (in particolare Shakespeare), mediante l'esasperazione
degli stilemi recitativi tipici del vecchio trombone, tutto enfasi e sospiri:

TOTÒ: Non vi spaventate// I... io non sono che/ un'ombra// U... u ... u ... una lar-
va// Un fantasma gemile/ un passante// Un Romeo/ di passaggio// Anzi/ di
sottopassaggio// Ih ih// Un innamorato errante// Un grido! Un grido solo/
e voi vedete quest'uomo che vi sta dinanzi/ folle/ per avervi/ potuto tur-
bare/ percuotersi/ con autopercosse// (dandosi degli schiaffetti sulla
guancia, tirandosi un orecchio, emettendo dei gridolinz) Ah ah ah// Eh
sparire// Nel buio! Per sempre! Sì!
LAURA: Ma insomma/ si può sapere chi siete?! Che cosa volete!
TOTÒ: Chi... chi... chi lo sa// No ... non lo so// Comunque/ non vi adombrate//
Forse/ voglio morire vicino a voi// Così/ senza un lamento// In una notte
da brivido// (s'avvertono un lampo e un tuono) Il tampino! Co ... con le
suole di gomma// Sì// E il cuore ... [... ] A prescindere// Pensate a me// Pri-
ma/ e dopo il pasto// [Due cuori fra le belve, 1943].

Anche in Chi si ferma è perduto, 1960, Totò si lascia andare a remini-


scenze shakespeariane, sia nel discorso funebre tenuto per la morte del
<<SIGNORI SI NASCE»: LE FORME AULICHE E ARCAICHE 93

capo ufficio, direttamente ispirato al Giulio Cesare, sia nel delizioso duet-
to con Lia Zoppelli (che Totò cerca di sedurre soltanto perché sorella del
presidente della società da cui rischia di essere licenziato), ispirato a Ro-
meo e Giulietta:

ANTONIO: Ride/ delle cicatrici/ chi non ha mai provato una ferita// Ma piano!
Quale luce/ vedo da quel balcone? Quella finestra è l'oriente! E Giulietta/
è la promozione// (urlando) Giulietta! Giulietta! (fischia) Giulié!
GIULIA: È Romeo!
ANTONIO: Deh/ Giulietta! Calami/ la scaletta!
GIULIA: Siedi piuttosto// E non avere fretta!
ANTONIO: Ma dove seder degg'io/ se qui sgabel non v'è?
GIULIA: Siedi su quel pendio/ oppur favella in piè//
ANTONIO: Favellerò di botto// In piedi/ da qui sotto//
GIULIA: Hm! Che cosa domandate?
ANTONIO: Domando se mi amate//
GIULIA: Oh sì/ v'amo! Audace!
ANTONIO: Audax fortuna iuventus!
GIULIA.: Sì/ v'amo! Ma al verone son venuta per dirvi/ di non essere/ impru-
dente// Mio fratello sospetta/ giustamente// E ieri sera più d'un impiega-
to/ ha abbozzato un sorriso d'ironia!
ANTONIO: Non mi importa/ se qualcuno ha già svagato// Voglio solo che pre-
sto/ siate mia!
GIULIA: Mi proponete allor/ d'essere amanti!
ANTONIO: Non siamo i soli// Ce ne sono tanti! Eh!
GIULIA: Ma un giorno/ mi farete vostra sposa?
ANTONIO: Mia sposa! No/ non posso// Come oso?! Sposare voi/ un umile im-
piegato morto di fame/ e sempre squattrinato!
GIULIA: Potremmo fare/ qualche sacrificio//
ANTONIO: È meglio farmi fare capuffìcio// A cuoppo cupo/ poco pepe capa//
Dico ... eh?
GIULIA: Il vostro amore/ allora/ è interessato!
ANTONIO: Giulietta mia/ che dici?! Hai equivocato! Io t'amo in ogni modo! E
tu lo sai//
GIULIA: Questo amore/ può metterci nei guai!
ANTONIO: Non importa! Io ti darò il mio cuore!
GIULIA: È troppo poco/ per un grande amore// Oltra al cuore/ io voglio tutto
il resto//
ANTONIO: Pure le frattaglie?! Dimmi/ io faccio presto// (aprendosi la veste sul
petto) Ciappa!
FRATELLO: Giulia!
94 LA LINGUA IN GIOCO

GIULIA: Oh! Mio fratello mi chiama! Che disdetta!


ANTONIO: Che faccio? Salgo su nella stanzetta?
GIULIA: Oh/ no/ Romeo/ ti prego! Non farlo/ non è giusto!
ANTONIO: Laddove c'è il periglio c'è più gusto// Comunque// Ci vedremo in
altro loco// Domani istesso//
GIULIA: Ah! Già son tutta fuoco!
ANTONIO: È un posto sicurissimo/ appartato//
GIULIA: Come si chiama?
ANTONIO: Domani istesso/ col mio biglietto/ dirotti/ dove è sito l'alberghetto//
GIULIA: E poi?
ANTONIO: Eh/ domani notte ... Domani notte alfin potrai sapere ...
GIULIA: Che cosa?
ANTONIO: Lo vuoi sapere adesso?
GIULIA: Lo voglio!
ANTONIO: Un anticipo?
GIULIA: Hm!
ANTONIO: Com'è buono il formaggio con le pere//
GIULIA: Oh!
FRATELLO: Giulia!
GIULIA: Oh! Debbo andare// A presto/ amore mio//
ANTONIO: (starnutisce)
GIULIA: Salute//
ANTONIO: Grazie//
GIULIA: A presto/ amore mio//
ANTONIO: Addio/ Giulietta//
GIULIA: Addio//
ANTONIO: Addio/ Giulietta//
GIULIA: Addio//
ANTONIO: Giulietta!
GIULIA: Ho capito! Ciao!
ANTONIO: Ahé/ e un t'arrabbià! Eh! Scusa tanto! [... ]//Parolacce/finzioni/ e
starnutone/ (ride) che s'ha da fa/ pe 'sta promozione!

Continuiamo nella nostra lista di aulicismi:

ARISTIDE (Totò): È appunto con lui/ che io <leggio favellare//


CAMERIERA: Come? Come dite?
ARISTIDE: Volgarmente/ parlare// [Il ratto delle Sabine, 1945].

«Fantesca» [Il ratto delle Sabine, 1945; Totò a colori, 1952; L'uomo, la
bestia e la virtù, 1953]; l'uccisione della cameriera è dunque un «infante-
«SIGNORI SI NASCE»: LE FOR.l\>IE AULICHE E ARCAICHE 95

schicidio» [Totò e le donne, 1952]; «fedele e morigerata governante» [Totò


al giro d'Italia, 1948]; «armigero» 'ufficiale'; citazione dantesca: «se il se-
natore ti pianta/ nel mezzo del cammin della tua vita/ come dice il poeta/
tu ti troverai in una selva oscura» [Yvonne la nuit, 1949]; «fantolino»;
«ciangottava»; «farfugliava»; «ubbie»; «fisime»; «testé»; «sovente»; «obliato»;
«questi arredamenti moderni non tengono niun conto delle esigenze fisi-
che idrauliche»; «i comodini difettano» 'non ci sono'; «ohib6» [Totò cerca
casa, 1949]; «testé» è anche in Totò a colori, 1952 e in I ladri, 1959; «eso-
so» [L'imperatore di Capri, 1949; Figaro qua... Figaro là, 1950; Totò e i
re di Roma, 1952; I tre ladri,1954; I soliti ignoti, 1958; La legge è legge,
1958; Totò, Eva e il pennello proibito, 1959; Chi si ferma è perduto, 1960;
Totò e Peppino divisi a Berlino, 1962].
«Urge» e «d'uopo» fanno parte delle formule più frequenti nei film di
Totò:

ANTONIO (Totò): Ma scusi/ questo viaggio a Capri/ urge? Fa d'uopo?


ASDRUBALE (Mario Castellani): È d'uopo//
ANTONIO: Ahi ma allora/ se fa d'uopo/ fa d'uopo// [L'imperatore di Capri,
1949].

«Fa d'uopo» [San Giovanni decollato, 1940; Totò le Mokò, 1949; Le sei
mogli di Barbablù, 1950; L'uomo, la bestia e la virtù, 1953; Totò e Caro-
lina, 1955; Totò e Peppino divisi a Berlino, 1962; Totò e Cleopatra, 1963;
I due colonnelli, 1962]; «è d'uopo» [Totò all'inferno, 1955; La banda de-
gli onesti, 1956]; «era d'uopo» [Gambe d'oro, 1958]. Notevole è il fatto
che Totò ricorra non solo alla forma, sempre aulica, più comune (è d'uo-
po) ma anche a quella più rara (fa d'uopo). Quest'espressione è d'ascen-
denza teatrale: «fa d'uopo» si incontra infatti già nella rivista Dei due chi
sarà, 1936 4, e compare anche nella produzione poetica di _de Curtis: «fa
d'uopo, quindi, che cerchiate un fosso I tra i vostri pari, tra la vostra gen-
te» ('.A livella 5). La battuta dell'Imperatore di Capri sopra citata colpì an-
che due linguisti: Mario Fittoni e Alberto Menarini, che la citarono e la
commentarono in «Lingua Nostra» 6 •

4 Cfr. Fofi 1980 (a c. di), p. 66.


5 Cfr. Guarini 1991 (a c. di), p. 34, vv. 67-68.
6 Cfr. Fittoni 1953 e Menarini 1953.
96 LA LINGUA IN GIOCO

E ancora, sempre tra le forme ricercate: «io declino» 'rifiuto, non pos-
so accettare' [L'imperatore di Capn·, 1949; Totò a colori, 1952;· Che fine
ha fatto Totò Baby?, 1964]; «dianzi» [Totò le Mokò, 1949; Una di quelle,
1953; I tartassati, 1959; Noi duri, 1960; Totò, Peppino e... la dolce vita,
1961]; «oriuolo» 'orologio'; «batterommi» [Totò le Mokò, 1949]; «stupisci!»
'meravìgliati', usato come interiezione; «per me sono cose cognite» [Totò
cerca moglie, 1950]; «tampoco» [Figaro qua... Figaro là, 1950; Guardie e
ladri, 1951; Totò, Eva e il pennello proibito, 1959]; «di dove sono eglino?»
[Tototarzan, 19501; «costui», «sponsali», «ingerenze editoriali», «opino» [Le
sei mogli di Barbablù, 1950]; «contare» 'raccontare' [Le sei mogli di Bar-
bablù, 1950]; «poffarbacco» [Totò sceicco, 1950; Totò all'inferno, 1955];
«famiglio melenso», detto da Totò al cameriere; «fedifraga»; «trapassai/ de-
funsi/ decessi»; «perniciosa>,, «svélati», «palésati», «sodalizio», «femina,, [47
morto che parla, 1950]; obliare compare in 47 morto che parla, 1950; La
macchina fotografica, 1954; Totò d'Arabia, 1965; «lei è pervicace»; « adi-
re» [Sette ore di guai, 1951]; «villico» [Seite ore di guai, 1951; Totò a co-
lori, 1952].
Questi sono i lemmi appartenenti al registro molto elevato in Totò a
colori, 1952, esclusi quelli già citati sopra: abituro, baldanza, combutta,
concupire, cortigiano, epopea, flebile, furtare, fustigare, indulgere, le-
stofante, lustro, marrano, musico, nicchiare, paesucolo, sicumera, to-
sto, zelante. Combutta è anche in Totò, Peppino e i fuorilegge, 1956; nic-
chiare 'essere titubante' è anche in Gambe d'oro, 1958, Totò contro Ma-
ciste, 1962 e Totò diabolicus, 1962; marrano è anche in Totò a Parigi,
1958 e in Chi si ferma è perduto, 1960; tosto 'subito' è anche in Letto a tre
piazze, 1960; abituro è anche in Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi, 1960; si-
cumera è anche in Totò diabolicus, 1962.
Più brani mostrano il tipico ricorso del potere politico alla retorica, co-
me nel passo seguente, reso comico mediante la stonata metafora del ce-
mento armato: «Non infrangere/ non vilipendere l'integerrima categoria
di coloro/ che anche sua eccellenza Togni/ nel suo ultimo disorso ha det-
to/ che sono/ la struttura della patria// Il cemento armato della nazione»
[Totò·e i re di Roma, 1952] 7 •

7 L'ironia non risparmia il ministro democristiano Giuseppe Togni, bersaglio di va-

rie critiche dell'epoca.


«SIGNORI SI NASCE»: LE FORME AULICHE E ARCAICHE 97

E ancora: «in tal modo/ o in tal guisa// Tanto è l'istesso» [Totò e le don-
ne, 1952]; «in tale guisa» è anche in Gli onorevoli, 1963; «lei si adonta»;
«tutte queste adonterie» (detto da Peppino); «non eccepisco» [Totò e le
donne, 1952); «sei agnostica», rivolto all'amante, per dirle che non capi-
sce niente; «agnosticismo incredulare» [L'uomo, la bestia e la virtù,
1953]; «codesto»; «fronzuti»; «pertinace» [Totò e Carolina, 1955]; «io sono
autarchico», intendendo 'non mi voglio sposare' [Totò all'inferno, 1955);
«non conosco l'ubicazione»; «sempre nell'ombra grigia di un'esistenza
grama>>; «teutonici» 'tedeschi'; di una bottiglia di spumante si dice: «la-
sciamola assiderare» 'raffreddare' [Siamo uomini o caporali, 1955].
Anche quando non si tratta propriamente di forme auliche, Totò pre-
ferisce talvolta, a scopo umoristico, perifrasi ricercate a termini comuni:
«uomo marino» 'marinaio' [L'imperatore di Capri, 1949]; «liquido acqua-
tico» 'acqua' [I soliti ignoti, 1958).
Citiamo adesso due brani che esemplificano, in certo qual modo, il
registro della lingua scritta, più che recitata, molto formale. Il primo
esempio è tratto da Siamo uomini o caporali, 1955, film che, com'è ·no-
to, è tratto dal libro omonimo scritto (tra gli altri) da Antonio de Curtis
(cfr. Totò 1952):

Dottore/ le spiego// L'umanità io l'ho divisa in due categorie di persone// Uo-


mini/ e caporali// La categoria degli uomini/ è la maggioranza// Quella dei ca-
porali/ per fortuna/ è la minoranza// Gli uomini sono quegli esseri costretti a
lavorare tutta la vita/ come bestie// Senza vedere mai un raggio di sole/ senza
mai la minima soddisfazione/ sempre nell'ombra grigia/ di un'esistenza gra-
ma// I caporali sono appunto coloro che sfruttano/ che tiranneggiano/ che
maltrattano/ che umiliano// Questi esseri invasati/ dalla loro bramosia di gua-
dagno/ li troviamo sempre a galla// Sempre al posto di comando// Spesso sen-
za averne l'autorità/ l'abilità/ o l'intelligenza/ ma con la sola bravura delle loro
facce toste// Della loro prepotenza// Pronti a vessare/ il povero uomo qualun-
que// Dunque dottore ha capito? Caporale si nasce// Non si diventa// A qua-
lunque ceto essi appartengano/ di qualunque nazione essi siano/ ci faccia ca-
so/ hanno tutti la stessa faccia/ le stesse espressioni/ gli stessi modi// Pensano
tutti/ alla stessa maniera//.

Il ricorso a terne («l'autorità/ l'abilità/ o l'intelligenza»; «la stessa faccia/


le stesse espressioni/ gli stessi modi»), a climax («che sfruttano/ che tiran-
neggiano/ che maltrattano/ che umiliano») e a termini ricercati (bramosia,
gramo, tiranneggiare, vessare) avvicina questo brano più allo scritto che
98 LA LINGUA IN GIOCO

al parlato 8 • In più, nel consueto gioco prismatico delle allusioni e delle de-
risioni, si noti come lo sfoggio dei tropi (soprattutto le terne, appunto) fos-
se una delle caratteristiche della retorica mussoliniana. E Mussolini, il ca-
porale vessatore per antonomasia, è il costante bersaglio di Paolo Stoppa
nelle caratterizzazioni di tutti i caporali del film Siamo uomini o caporali:
mani sui fianchi, petto all'infuori, gambe divaricate, voce sostenuta...
Il secondo esempio, stavolta manifestamente scritto (si tratta infatti di
una lettera letta nella prima parte da Totò, che ne è anche l'autore, e nel-
la seconda da Vittorio De Sica, che ne è il destinatario), ha chiare ambi-
zioni auliche, anche se con qualche caduta nell'italiano popolare («pelu-
ria» per «penuria», «appergono» 'albergano'?), è ricco di figure retoriche
(anadiplosi, dittologie sinonimiche9), di latinismi («audito») e di stereotipi
(«un male che non perdona», «adorata. mamma», «letto di dolore»):

Il viandante/ che in un'afosa sera di giugno/ si fosse trovato a passare/ in un


oscuro vicolc) della periferia/ avrebbe audito una voce straziante di mamma/
gèmere// "Figlio! Aiutami! Le medicine! Le medicine"! Quell'invocazione illu-
strissima/ era profferita dalla mia adorata mamma// Minata da un male che non
perdona// Era rivolta a me// A me che impotente/ di fronte a tanto dolore/ mi
struggo e mi macero/ nell'angoscia di non poterla soccorrere// Prima di rivol-
germi a lei/ ho molto/ esitato// Ma tre cose/ mi hanno convinto ad osare// E co-
me vede/ illustrissimo/ oso// Primo/ il dolore che ci accomuna// Lei/ ha perdu-
to la sua adorata mamma/ ed io/ dopo di aver perso il povero babbo/ sto per
perdere la mia// Secondo// La fama che aleggia/ intorno alla sua illustre perso-
na/ fama di un uomo di grande mente/ e di grande cuore// Terzo// La squallida
indigenza/ e la peluria di cibo/ che appergono/ nella misera bicocca/ dove vivo/
con la mia povera mamma// Come chiamare/ questa fisica angoscia/ se non con
il nome di fame/ voglia/ illustre awocato/ accettare l'offerta/ di quest'oggetto
artistico// (prende in mano un'orribile statuetta dorata) Il mio povero bab-
bo ... il mio povero babbo dal cielo/ la mia povera mamma... dal suo letto di do-
lore/ ed io/ pregheremo per lei/ e la considereremo/ il nostro angelo/ benefat-
tore// (Racconti romani, 19551.

' La terna è la disposizione triadica di termini o membri frastici. Il clima:x:. si ha


quando si dispongono più parole in modo scalare (ascendente o discendente: in que-
st'ultimo caso si parla preferibilmente di anticlimax) dal punto di vista del significato.
9 L"anadiplosi consiste nell'usare all'inizio di una frase la stessa parola usata alla fi-

ne della frase precedente: «era rivolta a me// A me che impotente•. La dittologia sino-
nimica è l'uso in coppia di sinonimi a scopo puramente esornativo: «mi struggo e mi
macero».
<<SIGNORI SI NASCE»: LE FORME AULICHE E ARCAJCHE 99

Riprendiamo, per concluderla, la lista degli aulicismi: «a me pare che


ciò basti/ e soverchia» [Il coraggio, 1955]; «porgimi il tergo», dice Totò al
cameriere per dargli un calcio r:iel sedere; «mi lasci compulsare» 'riflette-
re'; <<Sto compulsando» [Totò lascia o raddoppia?, 1956]; «questo mi con-
sta» 'lo vedo'; «lei opina?» 'lei crede?' [Totò lascia o raddoppia?, 1956;
Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi, 1960]; «non precorriamo gli eventi»; «fate
una richiesta proba» [Totò, Peppino e... la malafemmina, 1956]; «ga-
glioffo» [La legge è legge, 1958]; «ava paterna» 'nonna' [Totò nella luna,
1958]; «pria»; «sciente» 'allievo'; «apolide» 'senza dimora' [Totò, Eva e il
pennello proibito, 1959]; «lei è un ubiquo!»; «ivi»; «mercè l'ausilio/ di un
fuga calli» [I ladri, 1959]; «meco» [I ladri, 1959; Totò e Peppino divisi a
Berlino, 1962]; «manutengolo» [Letto a tre piazze, 1960] e «manutengo-
la» [I due colonnelli, 1962]; «il mal tolto» 'le cose rubate'; «il mal creato»
'il delinquente' [Risate di gioia, 1960]; «c'è il mare per lo mezzo»; «bilu-
stri» 'molti lustri'; «lenone» e «paraninfo» 'ruffiano' [Chi si ferma è perdu-
to, 1960]; «periglio» [Chi si ferma è perduto, 1960; Il monaco di Monza,
1963]; «siamo soggiunti» [Totò, Peppino e... la dolce vita, 1961]; «imman-
tinente// Senza indugio» [Totò diabolicus, 1962]; «cobelligerare» [I due
colonnelli, 1962]; «io/ il mio assistente terziario fra' Mamozio/ e i dodici
figli della provvidenza/ stiamo facendo un giro d'ispezione nella zona/ on-
de snidare dai castelli aviti/ gli spiriti maligni/ e i satanassi» [Il monaco di
Monza, 1963]; «che si sommuovano»; «le nobili terga» [Totò e Cleopatra,
1963]; «uxoricida» [Totò se.xy, 1963]; «prosseneta» 'ruffiano, protettore di
prostitute', detto da Castellani [Che fine ha fatto Totò Baby?, 1964]; «non
essere parco»; «perché vi fugate alla mia presenza?» [Totò d'Arabia, 1965];
«lubrica» [Rita, la figlia americana, 1965].
A questo punto, dopo aver visto gli usi più popolari e quelli più raffi-
nati di Totò, verrebbe voglia di chiedersi quale fosse la lingua parlata da
Antonio de Curtis. Da quel che resta delle poche interviste televisive,
traiamo l'impressione di un italiano colto e sobrio, con impalpabili vena-
ture partenopee; vario nel lessico e nella sintassi, senza essere pomposo.
Insomma un italiano distante da tutte le esagerazioni di Totò. Anche lin-
guisticamente, dunque, lo sdoppiamento del principe de Curtis da Totò
era radicale e qua,si schizofrenico, così come più volte è stato osservato 10 •

w Sul tema dello sdoppiamento cfr. almeno Cresti 1982, Guarini 1991 (a c. di), Per-
rane 1996, Bispuri 1997, Anile 1997 e 1998, Romeo 1998a, b.
100 LA UNGUA IN GIOCO

Una sola volta, forse, Totò al cinema parla così come avrebbe parlato An-
tonio de Curtis. Si tratta, fuori d'enfasi, di uno dei brani più poetici della
storia del cinema italiano, inserito in uno dei suoi film peggiori. È la pre-
ghiera del clown (recitata da Totò alla fine dello spettacolo circense e trat-
ta da Il più comico spettacolo del mondo, 1953), nata non sappiamo (e
poco importa) se dalla penna di de Curtis o da quella di qualche sceneg-
giatore, ma adattata perfettamente al grande clown Totò:

Noi ti ringraziamo/ nostro buon protettore// Per averci dato anche oggi la for-
za/ di fare il più bello spettacolo del mondo// Tu che proteggi uomini/ animali/
e baracconi/ tu che rendi i leoni docili come gli uomini/ e gli uomini coraggio-
si come leoni/ tu che ogni sera/ presti agli acrobati/ le ali degli angeli/ fa che
sulla nostra mensa/ non venga mai a mancare/ pane/ ed applausi// Noi ti chie-
diamo protezione// Ma se non ne fossimo degni/ se qualche disgrazia dovesse
accaderci/ fa' che awenga dopo lo spettacolo// Ed in ogni caso/ ricordati di sal-
vare/ prima le bestie/ e i bambini// Tu che permetti ai nani/ e ai giganti/ di es-
sere ugualmente felici// Tu che sei la vera/ l'unica rete dei nostri pericolosi
esercizi/ fa' che in nessun momento della nostra vita/ venga a mancarci/ una
tenda/ una pista/ e un riflettore// Guardaci dalle unghie delle nostre donne/
che da quelle delle tigri/ ci guardiamo noi// Dacci ancora la forza/ di far ridere
gli uomini// Di sopportare serenamente le loro assordanti risate/ e lascia pure/
che essi ci credano felici// Più ho voglia di piangere/ e più gli uomini si diver-
tono// Ma non importa// Io li perdono// Un po' perché essi non sanno// Un po'
per amor tuo/ e un po' perché hanno pagato il biglietto// Se le mie buffonate
servono ad alleviare le loro pene/ rendi pure questa mia faccia ancora più ridi-
cola// Ma aiutami a portarla in giro/ con disinvoltura// C'è tanta gente/ che si di-
verte a far piangere l'umanità// Noi/ dobbiamo soffrire/ per divertirla// Manda/
se puoi/ qualcuno/ su questo mondo/ capace di far ridere me/ come io faccio
ridere gli altri//.
VII. CANTA CHE TI PASSA:
TOTÒ E L'OPERA LIRICA

Ruolo non molto diverso da quello degli aulicismi hanno le citazioni


d'opera, che, se da un lato sono talora funzionali alla trama del film (Totò
veste più d'una volta i panni di un musicista e la musica, come giusta-
mente osservò lo Spinazzola, ha un ruolo tematico e psicologico essen-
ziale nella vita di Totò 1), dall'altro hanno, più spesso, un indiscutibile va-
lore comico-espressionistico (ma a volte anche realistico: il melodramma
aveva, fino a cinquant'anni fa, diffusione interclassista, anche popolare),
segnando la conflagrazione del registro semicolto con quello aulico: «chi
ripensi alle lettere di prigionieri italiani della prima guerra mondiale e al-
le ingenue inserzioni di elementi aulici, di origine melodrammatica, in
una compagine lessicale poverissima e semi dialettale (... ], può valutare
quanto gli scherzi di Totò hanno aiutato i più (... ] ad avvertire, prima an-

1 Il personaggio Totò, in alcuni film, è il «poveraccio che non tanto suona quanto vi-

ve la musica,, - come valvola di sfogo, come compensazione al disagio fisico e sociale -,


sentita quasi come frenetica partecipazione del corpo ai suoni. Egli si riconcilia così con
il proprio personaggio, interiori7.zando a suo modo l'armonia perfetta della musica. Dal-
la deformità fisica e dal disagio sociale approda «al canone supremo, quello della bellez-
za disinteressata, dell'armonia pura: se ne appropria, lo riduce alla sua dimensione, se
ne compenetra: cioè si esprime finalmente in piena libenà. In questo modo il circolo co-
mico è condotto a chiusura perfetta: il criticismo ironico nei confronti dell'universo
esterno si interiorizza, nella scopena della fonte di gioia attingibile con l'esaltazione
estetica della propria bi7..zarria. Così il personaggio Totò si risarcisce dei toni che l'esi-
stenza gli infligge: e dal chiarimento dei motivi soggiacenti alla sua popolarità emergono
le risorse geniali dell'interprete che lo ha incarnato» (Spinazzola 1974, pp. 96-97). Non si
dimentichi, poi, che Antonio de Curtis fu autore di una cinquantina di canzoni e che in
molte occasioni esternò il suo amore (istintivo e da non musicista) per la musica, oltre-
ché per la poesia: «io alle mie canzoni ci ho dedicato buona pane della mia vita, nei lo-
ro versi si ritrovano la mia felicità, la mia amarezza, i miei ricordi» (Anile 1998, p. 392).
Già altrove (Rossi 1999a, pp. 441-44) ho osservato i punti di contatto tra la poetica ros-
siniana e Totò, senza che questo implichi peraltro un'assidua frequentazione del teatro
d'opera da parte di de Curtis. L'amore di Totò per la musica è anche confermato dal-
l'importanza fondamentale del ritmo nella sua recitazione: «La comicità è musica, nel
senso che è basata sul "tempo''» (Antonio de Curtis, cit. in Anile 1998, p. 13).
102 LA LINGUA IN GIOCO

cora che il ridicolo dell'aulicità fuor di luogo, la aulicità stessa di certi ele-
menti lessicali, che per l'innanzi, se noti, rischiavano di essere adoperati in
contesti che non li esigevano affatto» 2 •
Il ricorso al linguaggio operistico si può riscontrare già nei titoli di alcu-
ni spettacoli con Totò (tale abitudine non fa che confermare la popolarità
del linguaggio d'opera fino alla metà del ventesimo secolo): Se quell'evaso
io fossi, 1933 (dall'Aida di Verdi: «Se quel guerrier io fossi»); Se fossi un
Don Giovanni, 1938 (che fa il verso all'intero capolavoro mozartiano, con
gli stessi personaggi e con tanto di parodia della celebre serenata «Deh vie-
ni alla finestra») 3; Ma se ci toccano nel nostro debole, 1947 (che richiama
i versi della cavatina di Rosina in Il barbiere di Siviglia di Rossini). In La
vergine di Budda, 1932, infine, viene citata quasi alla lettera una battuta di
La traviata: «questa donna conoscete? [... ] Quel che fece lo sapete?»4.
Nei film, l'esempio operistico più esplicito è senz'altro Figaro qua... Fi-
garo là, 1950, parodia di Il barbiere di Siviglia di Rossini (all'inizio del
film vengono citati interi versi del libretto e la musica è quasi esclusiva-
mente tratta dal Barbiere).
La parodia del direttore d'orchestra e del compositore è presente al-
meno in Fermo con le mani, 1937; San Giovanni decollato, 1940; L'alle-
gro fantasma, 1941; I pompieri di Viggiù, 1949; Totò le Mokò, 1949; Totò
a colori, 1952; Rita, la figlia americana, 1965 (altre volte Totò si finge
contrabbassista: Totò a colori, 1952 dove suona anche il violino; Totò al-
l'inferno, 1955; Totò di notte n. I, 1962).
In Totò a colori, 1952, i riferimenti musicali sono numerosi e vengono
citati Verdi, Rossini (la cui ouverture di La gazza ladra è suonata da una
«bandaccia di paese»), Donizetti, Wagner. Ciacoschi (così pronunciato) e
Chopin (pronunciato «Sciòpen»), oltreché gli editori musicali Ricordi e
Sonzogno, parodiati in «Tiscordi» e «Zozzogno».
Ma veniamo ora alle citazioni operistiche propriamente dette: «se quel
baron io fossi», citazione da Aida [Animali pazzi, 1939]. Un pezzetto del-
l'ouverture di La gazza ladra di «Giuseppe Rossini» (sic) viene storpiato
in San Giovanni decollato, 1940. La trama di Fifa e arena, 1948, non po-
teva non rimandare alla Carmen di Bizet, che infatti compare nella colon-

2 De Mauro [ 1963] 1993, p. 122. Sulla popolarità del melodramma cfr. anche Sorlin

1996, p. 122 .
.~ Cfr. Fofi 1980 (a c. di), p. 94.
• Cfr. Fofi 1980 (a c. di), p. 46.
CANTA CHE TI PASSA: TOTÒ E L'OPERA LIRICA 103

na sonora. In Totò al gfro d'Italia, 1948, interi brani da Il barbiere di Si-


viglia e da La gazza ladra, con le parole cambiate (l'aria finale è dedica-
ta alla «maglia rosa»), vengono cantati da Totò, doppiato da voci maschili
e femminili. Citazioni da Cavalleria rusticana (se. VI: «bada, Santuzza,
schiavo non sono di questa vana tua gelosia!» e scena VII: «a te la mala Pa-
squa!») di Pietro Mascagni (libretto di G. Targioni Tozzetti e G. Menasci,
da Verga) sono in Totò le Mokò, 1949 («Suleima/ schiavo non sono di que-
sta tua vana gelosia!»; «a te la mala Pasqua», a cui Totò risponde: «cosa me
ne frega? È ferragosto»), in Le sei mogli di Barbablù, 1950 («a te la mala
Pasqua»), in Chi si ferma è perduto, 1960 («a te la mala Pasqua») e in To-
totruffa '62, 1961 («schiava non sono/ di questa vana tua gelosia!»). In
Totò le Mokò, 1949 viene anche nominata «La gazza ladra>> e compaiono
citazioni musicali da Il trovatore. «Questa o quella per me pari sono», dal
Rigoletto di Verdi [Totò sceicco, 1950).
In Totò a colori, 1952, oltre a quanto già detto, abbiamo due citazioni
operistiche: «È strano// È strano», canticchiato secondo il celebre motivo
verdiano di La traviata; «Chi mi frena!» (in due scene), dal celebre sestet-
to del secondo atto «Chi mi frena in tal momento», della Lucia di Lam-
mermoor di Donizetti. Altre tre citazioni in Il turco napoletano, 1953: «La
mia è la forza del destino», secondo l'omonima opera verdiana; «La donna
è mobile/ e io mi sento mobiliere», che stravolge la celebre aria dal Rigo-
letto; nello stesso film, un personaggio chiamato don Pasquale (titolo di
un'opera di Donizetti) canticchia l'ouverture di Il barbiere di Siviglia. II
riferimento al solito Barbiere di Rossini è costante in Il medico dei pazzi,
1954: il finto pazzo (Giacomo Furia), sedicente tenore, impronta una
sgangheratissima interpretazione della cavatina «Una voce poco fa» (che
oltretutto è per voce femminile), con Totò che lo accompagna usando un
ombrello ora come archetto di contrabbasso (su una sedia), ora come
tromba, ed emettendo suoni con la bocca, mentre Aldo Giuffré dirige, in
un folle girontondo. Tutto il film Totò, Peppino e... la malafemmina, 1956
non è che una banalizzazione della trama di La traviata. «Ridi/ pagliaccio»,
da I pagliacci di Ruggero Leoncavallo, compare in Chi si ferma è perdu-
to, 1960. Un accenno dell'aria «la donna è mobile», dal Rigoletto, è canta-
to da Totò in Totò, Peppino e... la dolce vita, 1961. L'aria di Figaro da Il
barbiere di Siviglia («Largo al factotum della città») è canticchiata dal co-
lonnello inglese in I due colonnelli, 1962.
VIII. «A PRESCINDERE»:
LA LINGUA DI PLASTICA E GLI STEREOTIPI

Gli stereotipi linguistici, ovvero tutti quei modi di dire che, per l'abu-
so, si svuotano di significato, sono presi di mira in più occasioni da Totò,
che ne distrugge l'automatismo e l'uso irriflesso, o perché li dissemina a
sproposito, del tutto decontestualizzati, o perché li deforma in vario mo-
do (come si vedrà nei capitoli dedicati ai giochi linguistici) 1 • Certe espres-
sioni fanno parte di quelle formule di riconoscimento tipiche dell'attore,
come una sorta di firma dei suoi film. Vediamone alcune: «quando c'è la
salute» [cfr. almeno Le sei mogli di Barbablù, 1950] o «pensa alla salute»
[almeno in Una di quelle, 1953; Totò, Peppino e... la malafemmina,
1956; Gambe d'oro, 1958] ricorrono quasi in ogni film, spesso dopo un'e-
numerazione di malattie. «Quando c'è la salute» è talmente proprio di
Totò, anche a teatro, che lo incontriamo addirittura nel primo cinegiorna-
le Cines (1932) interpretato da Antonio de Curtis, nei panni di un Totò
aspirante nuovo Rodolfo Valentino 2 •
Un'altra serie di modi di dire è quella che segue lo schema X si nasce
non si diventa: «calzolaio si nasce! Non si diventa!» [San Giovanni de-
collato, 1940]; «caporale si nasce// Non si diventa» [Siamo uomini o ca-
porali, 1955]; «portiere si nasce/ non .si diventa» [La banda degli onesti,
1956]; «ladro si nasce/ non si diventa// Facchino/ si diventa» [Che fine ha
fatto Iòtò Baby?, 1964]; senza la conclusione del «non si diventa» si ha poi
il sublime: «signori si nasce// E io lo nacqui/ modestamente» [Signori si
nasce, 1960].
Il vezzo linguistico forse più ricorrente è «a prescindere», nella mag-
gior parte dei casi detto del tutto a sproposito [San Giovanni decollato,
1940; Due cuori.fra le belve, 1943; Il ratto delle Sabine, 1945; I due or-
fanelli, 1947; Fifa e arena, 1948; L'imperatore di Capri, 1949; Totò a co-
lori, 1952; Totò all'inferno, 1955; Iòtò lascia o raddoppia?, 1956; Iòto-

1 Sulla lingua di plastica, appunto la lingua rigida e irriflessa degli stereotipi, cfr. Ca-

stellani Pollidoti 1995.


'Cfr. Anile 1997, pp. 29-32.
106 LA LINGUA IN GIOCO

tnr;ffa '62, 1961; Totò contro il pirata Nero, 1964]. Ricordiamo che, tanta
era la celebrità di quest'espressione (nata a teatro e, probabilmente, presa
in prestito da Petrolini 3), che l'ultima rivista interpretata da Totò a teatro
si intitola proprio A prescindere, 1956. In un brano molto significativo
tratto da quello spettacolo, si raccolgono in versi alcuni dei modi di dire
più famosi di 1btò:

A prescindere!

Dolcissimo segreto
che mai non fu svelato,
cos'è questo «A prescindere!»
che abbacina, che allucina?...
È forse il carme igno.to
di un vate sconsolato?
Cos'è questo «A prescindere!»,
che mai vuol dir? Non so!
Vuol dir
che il sole eternamente sorge
nel ciel?...
Vuol dir
che il cuore eternamente batte? ...
Che bel?
La Sfinge, interpellata,
rimase tramortita,
poi disse, scocciatissima:
«Chiedetelo a Totò!»
È un rebus a sorpresa?
È un coro a bocca chiusa?
Cos'è questo «A prescindere!»
che fulmina,
che illumina?
È il sogno di un cinese?
È l'urlo di un tifoso?
Quisquilie! Pinzellacchere?
Che mai nasconde in sé?
Vuol dir
che c'è un rimedio ad ogni male?

; Cfr. Romeo 1998b, p. 92.


«A PRESCINDERE»: LA LINGUA DI PLASTICA E GLI STEREOTIPI 107

Chissà! Vuol dir:


«Fa l'uomo e non il caporale»!
Mava...
comunque questa cosa
che non è made in Usa
sì sì, lo so, è bellissima, ma sempre russa è! 4

Nel libro Siamo uomini o caporali?, Totò dichiara l'origine teatrale cli
molte sue tipiche espressioni (tra cui «a prescindere»), tutte usate asco-
po, sl, umoristico, ma, stando alle sue parole, partendo sempre dall'os-
servazione diretta di personaggi reali, nell'intento di «rifare il verso a mo-
di di dire ormai invalsi nell'uso comune e adoperati, spesso, da molte
persone con un certo tal tono di saccenteria e di prosopopea: "A pescin-
dere ... ", ''.Apoteosi", "Cç)Inunque ... ", "Io sono un uomo di mondo ... "»;_
Totò insomma si sentiva non meno realista che umorista, nell'osservazio-
ne e nell'imitazione quasi ossessiva delle altrui caratteristiche, in una sor-
ta di «mania» che lo stesso attore chiamava «il complesso dei fratelli sia-
mesi»:

Non appena noto un tipo che mi colpisce per alcune caratteristiche, mi sem-
hra che un fluido mi leghi a lui, per cui... divt:nto l'altra parte dell'individuo
che osservo; mi unisco attraverso un ideale cordone ombelicale alla sua per-
sonalità, ai suoi gesti, alla sua maniera di esprimersi. Divento un suo duplica-
to; mi lego a lui, vivo metà della sua vita, - infine costituisco, con lui, un'idea-
le coppia di gemelli [... ) . Ho prelevato il materiale da studiare, da viviseziona-
re e da trasferire su un piano caricaturale, sempre e direttamente dalla realtà.
E, in questo senso, potrei anch'io vantare dei meriti neorealistici... Molti dei
«tipi» da me riprodotti sulla scena il ho incontrati in qualche strada di Roma e
di altre città[ ... ). Secondo me, l'umorismo è la rappresentazione, filtrata attra-
verso la propria sensibilità, degli uomini nei loro difetti, nelle loro manchevo-
lezze, nelle loro vanaglorie. Cerco di cogliere l'aspetto ridicolo e lo ritraggo
con la mutevolezza del mio viso e le possibilità acrobatiche del mio fisico, al-
lo stesso modo che Onorato o De Seta, con la loro matita, tracciano, su un fo-
glio da disegno, la caricatura di una persona, esasperandone i tratti, pur ri-
spettando, nelr sostanza, le linee del volto. Come se avessi a mia disposizio-
ne della creta, posso formare, in pochi secondi, sul mio volto, l'espressione

• Da,tprescindere (19;6), riportato da Guarini 1991 (a c. di), p. 260.


5 Da Siamo uomini o caporali? (1952), riportato da Guarini 1991 (a c. di). p. 304.
108 LA UNGUA IN GIOCO

corrucciata del dittatore, stupefatta dello sciocco, impaurita del debole, auda-
ce e avida del dongiovanni, istericamente ghignante del gagarello vanitoso, im-
bronciata o civettuola del bambino, pseudomisteriosa dell'uomo che si ritiene
depositario dei segreti di Pulcinella. Interpreto gli uomini a mio modo, è vero;
ma tento di riprodurre, con la maggiore fedeltà possibile, lembi di vita auten-
tica, aspetti sentimentali, cristi e lieti, di tutti i giorni 6.

Menarini 1955 (pp. 123-25) attribuisce al Macario teatrale la paternità


di tanti intercalari di Totò: comunque, eziandio 7 , laonde, fa d'uopo, a
prescindere. A proposito dell'espressione siamo uomini o caporali, Me-
narini (p. 124) propone come prima attestazione quella della rivista tea-
trale Bada che ti mangio (1950).

6 Jbid., pp. 304-6.


7 «Eziandio» già compare ironicamente nella lingua della «signorina Memè» sul
«Marc'Aurelio» (cfr. Chiesa 1974 [a c. di], p. 263), su cui si rimanda alla prima nota del
capitolo successivo.
IX. «NON LO HANNO FATTO COMMENDATORE!»:
LE ASPIRAZIONI DEL BORGHESUCCIO
E LE PARODIE DELLA PARLATA SNOB

Vittime del maniacale spirito d'osservazione di Totò e della sua infalli-


bile vena satirica erano, prima di tutti, gli snob, gli intellettuali da strapaz-
zo, gli pseudoartisti, gli arricchiti. In un'operazione analoga a quella com-
piuta, più o meno in quegli stessi anni, da Franca Valeri 1 , Totò costruisce
un vero e proprio frasario del borghese grande e piccolo, contrapponen-
dovi sempre, più o meno dichiaratamente e con malcelata aristocrazia, i
modi di fare e di dire del vero signore.

IX. l. «Lei non sa chi sono io»: il frasario del borghese frustrato

Chi ha paura di non emergere per le proprie qualità cerca a tutti i co-
sti di stabilire le distanze e di ribadire la propria posizione sociale; la fra-
se emblematica è, in questi casi, «lei non sa chi sono io!» [Rita, la figlia
americana, 1965], o simili: «ma vi siete dimendigati chi sono io? Lo ave-
te dimendigato chi sono? Io sono un genio!»; «lei non sa con chi sta par-
lando!»; «chi sono io? Eheh// Lo vedrete/ chi sono io»; «finalmènde/ hai
capito/ chi sono io/ eh?» [Totò a colori, 1952].

CAPOTRENO: Ma lei chi è?


ANTONIO: Come/ "lei chi è"?
CAPOTRENO: Eh//
ANTONIO: No ... no ... non mi riconosce?
CAPOTRENO: lo? No//

1 Cfr. Valeri 1951. Si ricordi che la celebre parodia della «signorina snob», creata da

Franca Valeri perJa trasmissione radiofonica Zig-zag, 1950, e da lì acquisita dal cinema
e poi dalla televisione in tante gag interpretate dalla stessa Valeri, è stata influenzata di-
rettamente dall'analoga figura della «signorina Memè», nata dalle penne del periodico
satirico «Marc'Aurelio» già negli anni Quaranta (cfr. Medici 1951 e Chiesa 1974 [a c. di],
pp. 263-64). Si conferma così, ancora una volta, lo stretto rapporto tra stampa umori-
stico-satirica, radio, varietà e cinema comico, già commentato nell'introduzione.
110 LA LINGUA IN GIOCO

ANTONIO: Non mi riconosce?


CAPOTRENO: Ma niente affatto!
ANTONIO: Sono un viaggiatore in borghese//
[ ... ]
ANTONIO: Lei non sa con chi sta parlando!
CAPOTRENO: Ma chi è? Me lo dica! <Ma io non lo so>!
ANTONIO: <So> ... sotto queste spoglie/
CAPOTRENO: Eh//
ANTONIO: c'è un genio della musica!
CAPOTRENO: Ahah!
ANTONIO: Sì//
CAPOTRENO: <Ah/ perbac> ...
.i\NTONIO: <E sono un libero cittadino>//
CAPOTRENO: Anche! <Eh>!
ANTONIO: <lo> professo una dottrina!
CAPOTRENO: Quale?
ANTOl\"10: Libero la cittadinanza//
CAPOTRENO: Sì?
ONOREVOLE: Eh ...
ANTONIO: E potrei essere anche di leva!
CAPOTRENO: Ahi sì?
ANTONIO: Ha capito?;

ONOREVOLE: Beh/ allora/ se mi permettete/ io sono l'onorevole Cosimo


Trombetta//
ANTONIO: 1i·ombetta?
ONOREVOLE: Sì//
ANTONIO: Trombetta/ Trombetta ... Questo nome non mi è nuovo//
ONOREVOLE: Beh/ l'avrete letto sul giornale/ è vero?
ANTONIO: Io ho conosciuto anche suo padre/ sa?
ONOREVOLE: Sì?
ANTONIO: Eh!
ONOREVOLE: Beh/ non mi stupisce// Eh ... mi... mio padre è talmente cono-
sciuto!;
[... ]
ONOREVOLE: Sentite/ per cortesia/ v'ho pregato/ non mi toccate// Non mi
<po> ...
ANTONIO: <l\o/ no>/ dico/ tu/ tu// Che mestiere fai?
ONOREVOLE: E ho ben capito! Questo tu! <Scusate>!
ANTONIO: <Beh/ lascia fare>!
ONOREVOLE: Che/ "lascia fare"? Ci conosciamo da cinque minuti!
«NON LO HANNO FATTO COMMENDATORE!»: LE ASPIRAZIONI. .• 111

ANTONIO: Ma io non ci tengo//


ONOREVOLE: Ma ci tengo io! Se non ci tenete voi!
ANTONIO: Sono democratico//
ONOREVOLE: Non mi piacciono le confidenze// <E non mi posso sentir toc-
care! Come ve lo devo dire>?
ANTONIO: <Democrazia! Ma neanche io/ sa?// Ah/ neanche io! Guai/ se uno
mi tocca/ a me! Per carità! Lasci fare>?
ONOREVOLE: <Oh! Meno male! Allora andiamo d'accordo>// FJ tanto per vo-
stra norma e regola/ io non faccio nessun mestiere/i <Eh>//
ANTONIO: <Ah/ bravo>! Disoccupato!
ONOREVOLE: Disoccupato// Ma che disoccupato?!
ANTONIO: Occupato?
ONOREVOIE: Ma nossignore! <Esercito/ una professione>//
ANTONIO: <Marescia ... >/ maresciallo?
ONOREVOLE: Che marescia... Esercito/ una professione!
[... )
ONOREVOLE: È mezz'ora/ che stiamo parlando/ e non ... non avete ancora ca-
pito con chi state parlando// lo sono l'onorevole Cosimo n·ombetta// Lo
volete capire/ sì/ o no? <Oh>! [Totò a colori, 1952].

«Dove passo io/ non cresce più nemmeno un filo d'erba// Lo sai chi so-
no io? Sono come Attilia (sic]» [Risate di gioia, 1960).
Altro pezzo forte del formulario della frustrazione borghese è «badi
come parla»: «ma badate come parlate voi/ egregio signore!» [Totò a colo-
ri, 1952]; della deformazione «parli come badi» [Totò a colori, 1952; Sia-
mo uomini o caporali, 1955; Totò, Eva e il pennello proibito, 1959) si
parlerà a proposito dei giochi linguistici (XX.2).
Su questa stessa linea è la tendenza di Totò ad abusare, a scopo umo-
ristico, dei titoli onorifici o di carica, in primis «commendatore» e «mare-
sciallo». Abbiamo appena visto, in Totò a colori, il gioco costruito su ma-
resciallo (nato dal fraintendimento tra esercito verbo e sostantivo). In
particolare, in molti film, Totò, applicando una sorta di meccanismo ico-
nico al potere sociale (persona di notevoli dimensioni = carica importan-
te), finge di crucciarsi perché un personaggio di corporatura robusta non
è stato fatto maresciallo, o commendatore, usando espressioni del tipo:

FERDINANDO (Totò): Oh perbacco! Non lo hanno fatto commendatore!


WRENZO (Aldo Fabrizi): Ma perché/ dovrei essere commendatore?!
FERDINANDO: Ma come! Un uomo così grosso ...
LORENZO: E perchéi i commendatori vanno a peso?
112 LA LINGUA IN GIOCO

FERDINANDO: Comunque/ per me/ lei è commendatore [Guardie e ladri,


1951];

ANTONIO (Totò): Non è commendatore?


PSICHIATRA (Aroldo neri): No/ non sono commendatore//
ANTONIO: Non l'hanno fatto commendatore?
PSICHIATRA: No/ no//
ANTONIO: Ma che ingiustizia! Ma guarda un po'! Ma come/ fanno commenda-
tore a tanta gente!
PSICHIATRA: Eh eh//
ANTONIO: E un tipo come lui/ che potrebbe essere/ arcicommendatore// Per
noi/ è commendatore// (Totò, Peppino e le fanatiche, 1958];

L'ALGERINO (Totò): Non è capitano?!


DOGANIERE (Luigi Pavese): No/ no no!
L'ALGERINO: Non l'hanno fatto ancora capitano?!
DOGANIERE: No [... ]//
L'ALGERINO: Ma guarda/ e lei non ha ancora reclamato/ niente//
DOGANIERE: che reclamato?!
L'ALGERINO: Guarda l'ingiustizia umana! Quest'uomo/ non è ancora capita-
no// Lei/ per me/ colo ... Se io fossi il vostro capo ...
DOGANIERE: Sì//
L'ALGERINO: È vero/ io la nominerei generale!
DOGANIERE: Sì/ va be'/ va be'/ grazie//
L'ALGERINO: E cj azzeccherei! [Noi duri, 1960].

In Totò sexy, 1963, Totò chiama «ragioniere» il secondino (Mario Ca-


stellani): «lei per noi è un ragioniere superiore»; una situazione analoga ri-
corre ancora in Totò contro il pirata Nero, 1964, in cui Totò chiama «ma-
resciallo» e «commendatore» il pirata Nero e «commissario» il cerimoniere.
Altra perla cara a Totò è «si informi», in molti film, di solito per confer-
mare un insulto: «lei ha la faccia del cretino// Si informi» [Tototarzan,
1950]; «lei è ridicolo// S'informi» [Totò, Peppino e le fanatiche, 1958], e
ancora in Totò a colori, 1952; Totò, Eva e il pennello proibito, 1959; La,
cambiale, 1959; Letto a tre piazze, 1960; Totò d'Arabia, 1965; Rita, la fi-
glia amen·cana, 1965. Si tratta, anche qui, della ridicolizzazione dell'ita-
liano pretenzioso e pieno di stereotipi, sociali oltreché linguistici. Per ca-
pire a che tipo di italiano fa il verso il «si informi», da Totò quasi sempre
usato a sproposito, basta leggere la scena del notaio Cucuzza (sotta citata
in XXI.I): «s'informi un po'/ chi è/ l'u ... il ... notaio Cucuzza!» [Totò diabo-
«NON LO HANNO FATTO COMMENDATORE!»: LE ASPIRAZIONI. •• 113

licus, 1962]. Sono qui parodiati, dunque, tutti coloro che cercano di farsi
valere a suon di titoli, di credenziali e di raccomandazioni, consci delle
proprie scarse capacità reali.

IX.2. il «parlare a metà... no»: parole troncate, intercalari e altre


amenità care allo snob

Il gergo snob, come tutti i gerghi, fa della lingua (più o meno defor-
mata, nel significante e nel significato, rispetto all'uso medio) un biglietto
d'ingresso in un gruppo chiuso. Chi non parla la lingua del clan è emargi-
nato. Uno dei vezzi del gergo snob, almeno fino a qualche anno fa, consi-
steva nel troncare le parole («matusa,, 'matusalemme: vecchio, genitore';
«rimba,, 'rimbambito'). Totò, nei testi teatrali, ci dà un piccolo assaggio di
questa abitudine: in Quando meno te l'aspetti, 1940 (scena del gagà e del-
la signora, con Totò e Anna Magnani), una gustosa parodia del linguaggio
snob si basa soprattutto sulle parole troncate (con il bel gioco linguistico
che ne deriva: parlare a metà... no? ~ a metano ~ a gassogeno):

SIGNORA: Già ... Poi uscimmo e ce ne andammo per la strada mangiando la


pizzetta ... Tu cercavi un Tele ...
GAGÀ: Cosa?
SIGNORA: Ma sì... tu cercavi un tele ... fono. Ma non lo sai che oggi si parla a
metà?
GAGÀ: Ah già... e quando lo trovai...
SIGNORA: ... Era occu ...
GAGÀ: Come?
SIGNORA: Occu ... pato ... ma non te l'ho detto che oggi si parla a metà ... no?
GAGÀ: Già... sono tanto distratto ... poi uscimmo e tu cercavi la Bici...
SIGNORA: No, cercavo Caterina.. .
GAGÀ: Ah no... la Bici... eletta ... me lo hai detto tu che oggi si parla a gasso-
geno ... cioè a metà... no? 2

Il gioco è ripreso in Volumineide, 1942 (con gli stessi personaggi e gli


stessi interpreti):

2 In Fofì 1980 (a c. di), p. 125. Anche la figura del «gagà» è stata presa in prestito da

numerosissime vignette del «Marc'Aurelio» (cfr. Chiesa 1974 [a c. di], pp. 10, 91, 100,
115 et passim).
114 LA LINGUA IN GIOCO

MARFA: Ci fu del tenero fra noi... allora dicevo il tele ... la bici...
GAGÀ: Che?...
MARFA: Parlavo a metà ... no?
GAGÀ: Già ... a metano ... Ma adesso non c'è nemmeno più quello!. .. ·1

Un altro intervento dei gerghi sulla lingua standard consiste nel costi-
tuire un bagaglio di parole chiave usate fuori dal senso comune in cui so-
no generalmente impiegate nel parlato e nello scritto ordinari: un esem-
pio significativo si ha nell'iterato uso enfatico dell'aggettivo enorme (cin-
que occorrenze), affettatamente ricondotto al suo etimo originario ('ecce-
zionale, fuori dalla norma'), in Totò a colori, 1952: «sénti/ è il tipo più
enorme/ di tutti i tipi formidabili che ho mai conosciuto».
Carissimi agli snob, tuttora, sono certi usi allocutivi pseudoamichevoli
(carissimo, cheri, darling, tesoro), spesso al diminutivo, che diventano
veri e propri intercalari di casta; anche quest'uso è acutamente immorta-
lato in Totò a colori: stella, por stelìn, gioia, ciccetti, ninni, nanni,
nanìn. Un sintagma molto amato èfare + nome o aggettivo 'seguire la
moda propria di': «non fa Dado»; «fa Capri»; «fa molto Gange»; «fa molto
Gilda»; «fa molto Luchino»; «fa più fino».,.
Vediamo un brano emblematico di Totò a colori, recitato da Franca Va-
leri, con buona parte degli snobismi linguistici più significativi:

(al telefono) Sì? Maria Giorgia! Che gioia! Stella/ da dove mi piovi? Ma no! Dal-
le Baleari// Che béllo! Sénti/ gli indigeni son simpatici? Sì? Sì? Carini/ stella//
Sénti/ perché non fai un salto in lungo/ e vieni fin qua? Sì// Sénti... Ma cosa/ sei
stanca! TI preparo un bel bagno caldo// Sì// Con dòccia finlandese/ natural-
mente// Sì// Ti faccio fustigare/ con rami di betulla dai nostri maschioni// Ti va?
Sì// Brava/ stella// Sì// Sì/ gioia// Sì? Sénti/ io son qua/ nel solito abituro paterno//
Sì// Eh/ cosa vuoi/ è una cosa tranquilla/ qualunque// Sì// Non c'è niente di stra-
no// C'è la Patrizia/ che è ,una ragazza piuttosto béne// Sai/ non è nobile/ però
ha il cane SCQZZese// Sì// Uh/ guarda! C'è la Poppy/ che si sta allenando per non
mettere i malleoli// Sì// È fidanzatissima col Poldo/ che sta flirtacchiando con

·1Fofi 1980 (a c. di), p. 138.


1 Esempi tratti da C'era una volta il mondo, 1947, cit. in Fofi 1980 (a c. di), pp. 213-
17, tranne l'ultimo («fa più fino»), tratto da Totò cerca casa, 1949. Altri fenomeni ciel
linguaggio snob sono elencati in De Mauro [1963] 1993, pp. 178-79 n. 32, cui si 1iman-
da anche per i principali riferimenti bibliografici. In particolare sul tipo fa Capri,fa fi-
no, calco sintattico sul francese. cfr. Medici 1951 (che assegna alla stampa umorL5tica e
alla radio un ruolo notevole nella propagazione del costrutto) e Fabi e Migliarini 1952.
«NON LO HANNO FATTO COMMENDATORE!»: LE ASPIRAZIONI. .. 115

un'altra/ più o meno// Sì// Non ti dico/ lei/ se la spassa da morire// Ah/ a pro-
posito// Abbiamo un francesone// Che béllo! Ce l'hanno mandato da Cape
d'Antibes// Tipo molto Napoleòn// È così semplice/ sai? Si veste in un modo
talmente tranquillo/ por stelìn// Sénto che qualcuno mi sta facéndo una sor-
presa// (a Tojfi che le si è avvicinato) Brutto! Sì// È il Tofin stelìn// Lo sai chi è?
Sì// Adesso te lo passo// (a To.ffi) Di' ciao alla Maria Giorgia/ su!

Ma è soprattutto nell'abitudine di creare ridicoli diminutivi o compo-


sti altisonanti nei nomi propri, che Totò stigmatizza la parlata snob. Que-
sto fenomeno sarà commentato in XI.I, a proposito dell'onomastica.
X. «HAI CAPITO? NO// E NEANCHE IO»:
TECNICISMI E BUROCRATISMI

Simile, per certi aspetti, all'umorismo sul gergo è la parodia che Totò
fa dell'abuso di tecnicismi 1 • Uno dei primi esempi si incontra nel brano
del ciabattino in San Giovanni decollato, 1940, con continuo passaggio
da tecnicismi autentici a parole deformate, dal livello letterario a quello
popolare, dall'italiano, al napoletano, al veneto, al latino, dal «ciabattine-
sco» al chimico-farmacologico, dal registro formale al colloquiale:

AGOSTINO (Totò): (al calzolaio, che rivendica ventotto lire per un paio di
scarpe) Menzoniero! Queste sono scarpe da fiera!
CALZOLAIO: Da fiera!
AGOSTINO: Da fiera! (ride) Degne di... sette lire/ sei e cinquanta al massimo//
CALZOLAIO: Sei e cinquanta!
AGOSTINO: Sì/ sì/ sì//
CALZOLAIO: Ma che ne capite voi/ signor mio?
AGOSTINO: Che ne capisco io?!
CALZOLAIO: Eh//
AGOSTINO: Come/ che ne capisco io! O mamma! Che ne capisco io! (riden-
do, togliendosi i guanti e strappando la scarpa di ma,no al calzolaio)
Dai qua! In primis/ et antimonio/ una scarpa fine si fa di capretto/ o di vi-
tellino di latte//
CAIZOLAIO: Perché/ questo qua che cos'è?
AGOSTINO: Questo qua che cos'è? Ah ah! Questa è la madre/ del vitello//
Chiamata volgarmente/ vacchetta//
NONNO: Che professore!
AGOSTINO: Secondis// Questa tinta/ è fatta col vitriuolo!
CALZOLAIO: No//
AGOSTINO: Sì! sì! Vitriuolo// E difatti/ un signore/ appena sopra/ vi poggia/ il
dito/ del pipistrello della mano/ se lo ... se lo sporca// Se lo anilifica// (mo-
strando il dito) Guarda// Terzis// Terzis/ questa suola/ non è battuta a do-
vere// E difatti/ dopo un giorno/ o due/ di marcia/ o di camminamento a
piedi/ mette fuori la lingua/_come un cane da caccia// Ancora due parole//

'In questo campo, è evidente l'influenza di Petrolini (cfr. Romeo 1998b, pp. 90-91).
118 LA LINGUA IN GIOCO

Non ho finito verbo// Gli elastici/ sono di cotone// E non di seta! E perciò
cedono// Vedi// Vedi/ che cedono// La tremezza/ è usata/ fraudolente// I
punti di questo guardione/ sono dati con la zappa/ e non con la lesina//
Dico/ lesina// Ed infine/ mio caro amico/ le solette interne/ guarda/
CAJ.ZOLAIO: Piano!
AGOSTINO: Che piano! Sono di cartone/ e non di pelle//
FIGLIA: Papà!
GENERO: Professore!
AGOSTINO: Perciò/ mio carissimo signor ciabattino/ queste scarpe sono da fie-
ra// Sei e cinquanta// E se non sapete fare il calzolaio/ andate a fare il far-
macista! Che è meglio! Rimembris/ omrlibus// Cioè/ ricordati/ uomo// Che
calzolaio si nasce! Non si diventa! Ah ah! Ostregheta!

Ancora più criptico, giocato tra scienza e nonsense (o, meglio, è la


scienza che viene ridotta a nonsense), è il monologo della scimmia in Due
cuori_fra le belve, 1943:

La scimmia/ non è proprio una bestia del regno animale// Ma bensì/ una meta-
morfosi vulcanica/ dell'umanità integerrima// La paratomia dell'uomo sintetico/
è una sintesi delle cellule umanitarie/ che/ a prescindere dalla corpulenza ana-
tomica maschile/ escludendo ben inteso la parte addominale delle mucose lo-
giche/ abbiamo il nervo simpatico/ che soffre d'antipatia e simpatia// Così/ che/
calcolando/ la distanza epidermica/ fra/ l'uomo e il gorilla/ assistiamo/ al caso
specifico/ della vostra perfetta rassomiglianza/ con lo scimpanzé// È chiaro?

Nel medesimo film, si incontra un altro brano tipico, più che del lin-
guaggio tecnico, del parlar difficile: «ogni fiore ha il suo linguaggio lingui-
stico// Ed è appunto attraverso questo suo linguaggio/ che il cuore si
esprime con la eco del suo linguaggio enigmistico// È chiaro?». Proprio per
il piacere di deridere la difficoltà fine a sé stessa, enigmistico è un aggetti-
vo assai caro a Totò: cfr. anche «settimino enigmistico» [Le sei mogli di
Barbablù, 1950].
Tra gli altri tecnicismi, quasi tutti d'ambito medico, si ricordano: «duo-
dene// Pancreas» (con cambio di desinenza: «duodene» per «duodeno»);
«mi saponificano» [Totò cerca moglie, 1950]; «artritismo deformante»
[Guardie e ladri, 1951]; «podagra» e «colicistite» [Totò a colori, 1952]; «ba-
se cranica» [Totò e Carolina, 1955]; «malleolo del cervello» [Siamo uomi-
ni o caporali, 1955]; «azione antibatterica dell'antibiotico pennicillinico»
[Totò, Eva e il pennello proibito, 1959]; «glandole salivari» [I ladri, 1959].
«HAI CAPITO? NO// E NEAI'ICHE IO»: TECNICISMI E BUROCRATISMI 119

L'abuso dei tecnicismi e la parodia del parlar difficile ha numerosi an-


tecenti teatrali. In particolare sui tecnicismi medici è notevole la scenetta
tratta da La banda delle gialle, 1933:

SIGNORA: Io ho un dolore qui ed al mattino viene piano piano, al pomeriggio


diventa forte forte, la sera ritorna piano, e la notte ridiventa forte forte.
Che sarà, dottore?
MARDOCHEO: Un pianoforte.
SIGNORA: Ma come? Ho un pianoforte in petto?
MARDOCHEO: Noialtri medici sintetizziamo i termini. La vostra malattia la
chiamiamo la malattia del piano forte.
SIGNORA: E che cosa sarebbe?
l'viARDOCHEO: È il cuore che trovasi a contatto col velopendolo asciatico,
gonfia i varicosceli e la moscia.
SIGNORA: Ma io non ho capito nulla.
MARDOCHEO: Nemmeno io.
NIK: Vede, Signoria, è la vera scienza. Non bisogna mai capire nulla.
MARDOCHEO: Guai se l'ammalato capisse qualche cosa! Allora i medici che ci
starebbero a fare? 2

Un magnifico esempio di derisione del linguaggio parascientifico-bu-


rocratico e delle dimostrazioni cervellotiche applicate ad argomenti futili
si ha nel seguente nonsense tratto dal ladri, 1959, in cui Totò cerca di di-
mostrare come un capello sia un perfetto elemento d'indagine, ostentan-
do al collega americano la modernità degli strumenti investigativi italiani,
salvo poi ironizzare su tutta l'operazione:

GENNARO (1btò): Con questo capello che abbiamo trovato sulla sterlina/ noi
siamo sicuri/ col nostro metodo/ di acciuffare/ il complice di Castagnato//
LANOCELLA (Enzo Turco): E come?
GENNARO: È chiaro/ che questo capello è di sesso maschile? Osservi// Dico
bene?
UOMO DELLA SCIENTIFICA: Sì/ sì//
GENNARO: Bene dico// Bene detto// Cosa facciamo? Prendiamo una capella//
UOMO DELLA SCIENTIFICA e LANOCELLA: Una capella?!
GENNARO: Una capella/ di sesso femminile// Esatto// Li uniamo// E li lasciamo
soli/ in un ambiente ben riscaldato// Se i capelli/ tra di loro simpatizzano/

2 Cfr. Fofi 1980 (a c. di), p. 56.


120 LA LINGUA IN GIOCO

dopo ventiquattr'ore/ abbiamo/ la riproduzione// Cioè/ vale a dire/ la na-


scita/ del capellino// "Ma quanto è carino! Ma quanto è bellino! Rassomi-
glia tutto alla capella madre! Rassomiglia tutto al capello padre! Come lo
chiamiamo"! Niente! Lo chiamiamo/ capello// Lo si toglie con dolce vio-
lenza dai suoi genitori sanguigni/ e lo si pone/ nell'incubatrice per adulti//
Dico/ per adulti// Nell'incubatrice/ il capello testé/ sviluppa/ mette il suo
bulbo/ i suoi vasi sanguigni/ la struttura ossea/ il sistema nervoso/ la car-
tillagine/ etti cetera/ etti cetera// Dopo nove mesi/ che cosa avviene? Che
il capello/ è diventato capillone// Il neocapello/ è diventato capillone// Lo
prendiamo/ lo portiamo in giro per la città in un giorno festivo/ gridando
forte/ ad alta voce/ "chi ha perduto questo capello?! Gente/ chi ha perdu-
to questo capello?!" Il primo che dice/ "è mio"/ Io si acchiappa/ e lo si
schiaffa dentro// Quello/ è il colpevole!

In Totò nella luna, 1958, si ha un esempio parodico di lingua della fan-


tascienza: «processo telecellulare sessotrasformativo» 'procedimento che
serve per trasformare un uomo in una donna'.
Ma talvolta Totò gioca anche sul fraintendimento di termini a basso o
nullo grado di tecnicità, per il semplice gusto della deformazione del si-
gnificato di tutte le parole che si distacchino dall'uso medio: alla parola
«diapositiva» Totò chiede: «è una malattia?»; per malattia è scambiato an-
che l'ordinario «fisima»: sentendo l'enunciato «Il mio fidanzato ha delle fi-
sime», Totò è preoccupato all'idea che l'uomo sia affetto da qualche ma-
lattia [Totò lascia o raddoppia?, 1956].
Un certo spazio è dedicato nei film di Totò alla presa in giro della ter-
minologia giuridico-burocratica 3: oltre alla definizione di «funzionario civi-
co municipale» [Fermo con le mani, 1937], citata a proposito della fun-
zione metalinguistica (XV), rientrano in questa categoria anche altri esem-
pi: «io sono contumacia/ e dissidente»; «sono dissidente// Dissido» [San
Giovanni decollato, 1940]; «i comodini non ci sono// Sono in contumacia»
[Totò cerca casa, 1949]; «in contumacia» [Tototarzan, 1950; Totò diaboli-
cus, 1962]; «sposare in contumacia//[ ... ] Con la latitanza» [Totò e le donne,
1952]; «è contumace», per dire 'è scappato' [Totò all'inferno, 1955].
Tipico del burocratese è l'uso delle perifrasi e dei termini più astrusi
per esprimere i concetti più semplici: è quanto fa Totò, in Totò al giro d'I-
talia, 1948, per spiegare alla madre che ha tentato di andare in bicicletta:

3 Cfr. Ruffin 1996, pp. 353-55.


«HAI CAPITO? NO// E NEANCHE IO»: TECNICISMI E BUROCRATISMI 121

«un esperimento di propulsione psichico-meccanica/ abbinata a un mez-


zo metallico/ munito di pignone e campanello». «È esposta alla condanna
prefettizia»; «integerrimo avventizio anagrafico» [Totò cerca casa, 1949];
«ti proibisco di colluttarti», detto da Mario Castellani [L'imperatore di Ca-
pri, 1949); per informarsi se la suocera gli ha mandato dei soldi, Totò
chiede se gli ha mandato «qualche acconto pecuniario»; «un disguido in-
fantile» è lo scambio tra due neonati [Sette ore di guai, 1951); «lei è affet-
to da pessimismo senile» [La banda degli onesti, 1956); «apparato mec-
canico movimentale» [Totò, Peppino e... la malafemmina, 1956);
«corrèo» 'complice' [Totò, Peppino e i fuorilegge, 1956]; «mio malgrado/
mi vedo costretto/ ad adire/ alle vie letali» [Noi duri, 1960]; «faccio am-
menda» 'chiedo scusa' [Risate di gioia, 1960]; «aiuto! Qui si delinque! Uo-
mini di legge! Aiuto!» [Totò d'Arabia, 1965).
Ascriverei al registro burocratico (anche se non mancano attestazioni
antiche di vario genere in GDLI) anche notiziare e ragguagliare 'infor-
mare'; in effetti nei film in oggetto questi termini vengono usati come fos-
sero neologismi su cui ironizzare: «ragguagliami» è ripetuto più volte in Il
medico dei pazzi, 1954; «notiziatemi» e «ragguagliatemi» sono in Totò nel-
la luna, 1958.
XI. «QUESTO NOME NON MI È NUOVO»:
ANTROPONIMI E TOPONIMI

Già più volte, negli esempi citati, ci siamo imbattuti in alcuni perso-
naggi dal nome assai bizzarro, o perché insolito, o perché deformato ri-
spetto a nomi reali («Tiscordi» e «Zozzogno» in Totò a colori, 1952), o per-
ché consente un facile doppio senso («Trombetta» e «Bocca», sempre in
Totò a colon). In realtà basta scorrere l'intera filmografia di Totò, per ren-
dersi conto che quasi ogni film annovera almeno un personaggio il cui
nome innesca il meccanismo umoristico. L'onomastica ha, fin dalle origi-
ni del teatro comico, un ruolo centrale nell'elaborazione dei soggetti, co-
sì come abbiamo letto nelle testimonianze secentesche di Andrea Perruc-
ci citate nell'introduzione 1.

Xl.I. «Tony» e «Cleo»: nomignoli e nomoni

I nomignoli caratterizzano, nei film come nelle riviste teatrali, gli


snob e gli esistenzialisti. «Fuffi», «Marfa» e «Foffo» si incontrano in Quan-
do meno te l'aspetti, 1940, e in Volumineide, 1942. L'ironia sugli esi-
stenzialisti (in J due o,fanelli, 1947, «esistenzialista» è usato addirittura
come insulto; in Fifa e arena, 1948, è contrapposto a «qualunquista» e
in Totò, Peppino e i fuorilegge, 1956, è riferito allo squallido ambiente in
cui Totò è tenuto in ostaggio), con i loro nomignoli, con le loro manie
del trasandato, dello sporco e del macabro, con il loro ostentato pessi-
mismo ecc., è uno dei fulcri scenici della rivista C'era una volta il mon-
do, 1947: qui incontriamo nomi come «Edvige», «Luano», «Chery», «Da-
do», «Foffo», «Chico» 2 •

1 Sull'antroponomastica cfr. Caffarelli 1996, che dedica anche qualche pagina al ci-

nema d'ambientazione romanesca (pp. 287-302). Specificamente dedicato agli usi


onomastici nei film di Totò è Caffarelli 1998, cui si rimanda per la ricca esemplifica-
zione.
2 Cfr. Fofi 1980 (a c. di), pp. 213-17. I riferimenti alle altre due riviste sopra citate si

trovano ibid., pp. 125-27 e 138-40.


124 I.A UNGUA IN GIOCO

Alcuni dei riferimenti agli esistenzialisti passano da questa rivista al ci-


nema: L'imperatore di Capri, 1949; Totò cerca moglie, 1950; Totò a colo-
ri, 1952 3; Totò all'inferno, 1955. In L'imperatore di Capri, 1949, incon-
triamo: «Bubi», «Dodo della Bagina», «Enrichetta Giusi», «Pupetto Turac-
ciolo»; in Totò a colori, 1952, nella scena di Capri: «Pupetto Montmartre di
Champs Elysées», «Leopoldo» detto «Poldo» o «Poldino» o «Podi», «Chic-
chi», «Dado», «Pimpi», «Poppo», «Poppy», «Titti», «Toffi» o «tofìn». Dopo es-
sere stato in Egitto, Antonio si serve di diminutivi effeminati e snob come
«Cleo» e «Tony» [Totò e Cleopatra, 1963]; «Cleo» per «Cleopatra» era già in
1btò all'inferno, 1955. In Totò diabolicus, 1962, infine, compare il «baro-
ne Michelino» detto «I.allo» (Raimondo Vianello).
Ma oltre ai nomi ridotti ai minimi termini, gli snob (ma anche i nobili)
amano i nomi composti: «Giulia Sofia», «Maria Giorgia», contro i semplici
nomi dei protagonisti ,~ntonio» e «Rocco», in Totò a colori, 1952; «Rena-
ta Francesca», «Luisa Giovanna», «Maria Grazia Sofia Lorella», «marchese
Daniele Augusto Maria Fortebraccio Pitone» [1btò, Peppino e... la dolce vi-
ta, 1961]. Abbiamo poi i nomi dei blasonati: «Galeazzo», «Scipione», «Lau-
domia» [Totò diabolicus, 1962]. I più fortunati, godono di un nomone e
di un nomignolo, come il barone Ottone Spinelli degli Ulivi detto «Zazà»
[Signori si nasce, 1960].

XI.2. Dimmi come ti chiami e .ti dirò chi sei: il nomen omen

Anche quella del nomen amen (o «nome parlante», ovvero del nome o
del cognome anagrafici che sembrano preannunciare qualità o difetti pro-
pri del personaggio, in un meccanismo analogico inverso a quello del so-
prannome, che viene invece attribuito sulla base di quelle stesse qualità le
quali, in questo caso, determinano dunque il nome fittizio, anziché esser-
ne conseguenza) è una tecnica assai impiegata dal teatro e dal cinema co-
mici. Oggi non se ne hanno più molte tracce, anche se, in un recente fil-
mato pubblicitario, si incontra il cognome «Boccasana», utilizzato per pro-
pagandare un farmaco contro il mal di gola.

3 Le corrispondenze tra la scena di Capri di L'imperatore di Capri e quella di Totò

a colori sono assai precise: si equivalgono almeno la colonna sonora, l'attore che fa il
primo snob (Galeazzo Benti), il nome dell'albergo («Quisisana»), la s interdentale e
qualche nome proprio («Pupetto»).
«QUESTO NOME NON MI È NUOVo»: A.1"TROPONIMI E TOPONIMI 125

Tra i primi esempi di nomen amen nei film di Totò citiamo «il notaio
Pensabene/ dice lui» [L'allegro fantasma, 1941]. «Aristide Tromboni» è il
capocomico interpretato da Totò [Il ratto delle Sabine, 1945]. «Bellavista»
è il cognome di una famiglia di miopi [Totò cerca moglie, 1950]. «Antonio
della Buffas» sembra in effetti rimandare al buffissimo comportamento di
Totò in Tototarzan, 1950, oltreché ricordare il non amato futuro genero
di Totò, il produttore Gianni Buffardi. Per antifrasi, «Ricordi» diventa «Ti-
scordi», che è nomen amen in quanto l'editore non fa che scordare o
ignorare le ripetute spedizioni dell'opera del maestro Antonio Scannagat-
ti. «Antonio Guardalavecchia» e «Peppino Colabona» sono i nomi dei per-
sonaggi interpretati da Totò e da Peppino in Chi si ferma è perduto, 1960,
e giocano sul fatto che Peppino ha una moglie giovane, bellissima e disi-
nibita (ballerina francese), mentre Totò è scontento della propria consor-
te. La defunta moglie di Totò si chiamava «Provvidenza», e quindi Totò di-
ce ai figli che sono «i figli della Provvidenza» [Il monaco di Monza, 1963].
Un manipolo di nomi rimanda all'attività professionale del personag-
gio: «Scorcelletti» (evidentemente da scorcio) è il cognome del pittore in-
terpretato da Totò [Totò, Eva e il pennello proibito, 1959]; Totò si chiama
«Torquato Pezzella» e Fabrizi «Fabio Topponi», in I tartassati, 1959: anche
nei nomi si vuole richiamare il settore tessile, parodiato nel film (pezza e
toppa); Totò, che si spaccia per vigile urbano, si chiama, per l'appunto,
«Urbano Cacace» [Wgile ignoto, 1963], con in più un chiaro riferimento
scatologico.
Anche sui nomi di luogo può operare la tecnica del nomen amen:
«Quisisana» è il nome dell'albergo di Capri, scambiato per un ospedale e
deformato in «Quisimuore» [Totò a colori, 1952].
Tanta è la forza topica del nomen amen, inscindibile dalla tipologia te-
stuale del genere comico, che anche Pier Paolo Pasolini, nei suoi unici
film semicomici, interpretati da Totò, non intende sottrarsi al gioco ono-
mastico e si serve di nomi scelti con grande raffinatezza, per palesare su-
bito il carattere o il destino del personaggio: «Totò Innocenti» e «Grazia
Semplicetti» sono i nomi di Totò e di sua moglie, puri sottoproletari non
infettati dalle ideologie; «Luna» è l'eterea prostituta [Uccellacci e uccelli-
ni, 1966]; «Ciancicato Miao» è il povero e stropicciato Totò; «Crisantema»
è la prima moglie morta; «Assurdina» è la metafisica Silvana Mangano [La
terra vista dalla luna, 1967].
Più raramente si tratta di soprannomi: a un americano Totò si rivolge
con «signor made in Usa». A un tedesco con «signor potenza» [Totò nella
126 LA LINGUA IN GIOCO

luna, 1958]. «Franck Bombardone» è il soprannome del poliziotto che si


spaccia per direttore d'orchestra [Noi duri, 1%0]. Totò è soprannomina-
to «Infortunio», sia perché porta sfortuna, sia perché cerca di lucrare con
l'assicurazione su finti o esagerati infortuni [Risate di gioia, 1960]. Il ladro
gentiluomo di Operazione San Gennaro, 1966, è soprannominato «'o fe-
nomeno».

XI.3. Trombetta, Zozzogno e gli altri: nomi deformati e nomi comici

Come abbiamo visto, il nome proprio è spesso deformato e asservito


alle esigenze della comicità. La tendenza analogica, iconica, propria del
nomen omen, è alla base anche di altri fenomeni onomastici, mediante i
quali lo spenatore ride perché vede il nome proprio trattato alla stregua
di un nome comune - talvolta flesso in base al genere e al numero, spes-
so ricondotto a una motivazione semantica e adattato al contesto del di-
scorso, talora soggetto a deliranti spiegazioni etimologiche -, tanto da da-
re adito a tutta una serie di equivoci.
Ricordiamo, con Jakobson [1963] 1994, pp. 150-51, che i nomi propri
«occupano un posto particolare nel nostro codice linguistico», dal mo-
mento che «il significato generale di un nome proprio non può definirsi al
di fuori di un rinvio al codice»; pertanto, in questa parte della lingua, il co-
dice non fa che rinviare a sé stesso, circolarmente, e per questo, a diffe-
renza dei nomi comuni che invece rimandano al contesto del mondo
esterno, il nome proprio non ammette né definizione, né sinonimi, né pa-
rafrasi, né alcun'altra operazione propria delle altre parole di una lingua.
Come vedremo, 1btò disattende puntualmente tale circolarità, provocan-
do il riso, anche qui, grazie ài noti meccanismi d'infrazione dell'orizzonte
d'attesa commentati nell'introduzione:

L'aspetto più tipico e caratterizzante del nomen ridens appare [... ] in Totò la
convinta interpretazione del nome proprio come nome comune. Il cognome
semanticamente trasparente, insomma, non sì è fissato in una mera etichetta:
agli occhi e all'orecchio di Tarò ha conservato tutto il suo significato etimolo-
gico e chi porta quel nome s'identifica con l'azione, l'oggetto, l'animale, il
comportamento che può spiegare l'origine dell'antico soprannome. L'avan-
spettacolo e la rivista in genere non erano certo estranei a questo procedi-
mento, in cui una delle motivazioni della comicità risiede nel fatto che un in-
terlocutore può comprendere solo il significato letterale, esteriore di un sìgni-
«QUESTO KOME NON MI È NUOVO»: ANTROPONIMI E TOPONIMI 127

ficante, prendere cioè alla lettera ciò che ascolta [... ]; tuttavia in Totò tale
aspetto linguistico assume un carattere insistito e dirompente [... ]: perché mai
un significante così trasparente dovrebbe perdere il suo significato solo per-
ché presentato come cognome? 4

Partendo dal teatro, Al Capone diventa «Al Gallina» in Cinquanta mi-


lioni c'è da impazzire, 1935 5 . Sentendo l'ignoto awerbio «colà», Totò e
sua moglie credono che si tratti di un nome proprio:

CONCETTA (Titina De Filippo): E chi sarà questo signor Colà?


AGOSTINO (Totò): Il suocero// [San Giovanni decollato, 1940].

Lo «zio Pantaleo» viene deformato in «zio Pantanella» [L'allegro fanta-


sma, 1941]. «Grancassi? Com è Trombone» [Totò cerca casa, 1949]. Ono-
mastica e filologia si sposano allorché ci si lancia nell'etimologia del co-
gnome «Le Mokò», da «Lumac6», da «Lumaconi» [Totò le Mokò, 1949]. <<Ar-
ruolando» viene scambiato per il nome «Rolando». «Omar» si presta ad es-
sere scomposto in «'o mar» 'il mare', sicché «guarda Omar» diventa una ci-
tazione dalla celebre canzone napoletana Torna a Surriento (di Ernesto
de Curtis, 1902): «guarda 'o mare quant'è bello» [Totò sceicco, 1950]; ana-
logamente, «apro la finestra e vedo Omàr// Vide 'o mare quant'è bello»;
«guarda Ornàr/ com'è bello» [Totò d'Arabia, 1965]; similmente viene
deformato il nome arabo «Abdullà Vidomàr», suscitando «vid' 'o mare
quant'è bello» e una sequela di altre canzoni [Noi duri, 1960] 6 • Sul dop-
pio senso «Domenica» 'nome proprio/giorno della settimana' è giocata
tutta una scena di Le sei mogli di Barbablù, 1950, dove Totò spiega a Ca-
stellani il motivo della propria fuga dalla moglie:

TOTÒ: Io quella sera/ credevo che fosse Domenica// Viceversa non era Do-
menica//
AMILCARE: Era lunedV/
TOTÒ: Ma no/ era domenica//
AMILCARE: E allora?
TOTÒ: Io credevo di sposare Domenica/ invece sposai Carmela//

• Caffarelli 1998, pp. 64-65, 73.


5 Cfr. Guarini 1991 (a c. di), pp. 249-59.

6 Cfr. introduzione, n. 14.


128 LA LINGUA IN GIOCO

AMILCARE: Oh/ un momento/ io non capisco niente// Per piacere/ spiegati me-
glio//
TOTÒ: Tutc'ad un tratto/ venne Pecorino/ e mi dice/ "tu/ la sposi domenica"//
Io dissi/ "volentieri"// Ma/ credevo di sposare Domenica//Viceversa/ la do-
menica che andai a sposare Domenica/ non era Domenica// Era Carmela//
E a pensare che era tanto bella/ quella Domenica// Ah/ che brutta dome-
nica/ che fu quella domenica! Ah!

Il cognome «Barbisio» è deformato in «Barbetta» e in «Barbone» (47


morto che parla, 1950]. Così Totò si rivolge ali' «avvocato Es pinaci»:

TOTÒ: La vedo spesso//


AWOCATO (Eduardo Passarelli): E dove?
TOTÒ: Al mercato//
AWOCATO: Infatti// Ci vado spesso//;

successivamente, il malcapitato avvocato viene ribattezzato «Broccoli»:

TOTÒ: Beh/ Espinaci/ Broccoli// Siamo lì// Lasci fare a me//


AWOCATO: Noi non siamo/ lì//
TOTÒ: Eh sì/ erbaggi//;

poco dopo lo chiama «Cavoletti» e si giustifica dicendo: «beh/ Espinaci/


Cavoletti... Erbaggi// Lasci fare a me»; ancora dopo: «Lattuga [.. .]// Beh/
Lattuga/ Es pinaci/ sempre/ erbaggi sono»; poi: «Pisello [... ]// O Spinaci/ o
Pisello/ per me è l'istesso»; poi: «Ravanelli»; ancora: «Cipolla (... ]// Spinaci/
Cipolla/ sempre erbaggi/ sono»; «Insalata» e infine: «Piselli// Verdura// Ca-
voletti» [Sette ore di guai, 1951]. Come si vede, questa ossessione della
deformazione onomastica assume talvolta le dimensioni del lungo to~-
mentone che occupa almeno un'intera scena del film: «il cognome del
partner è un concreto oggetto da infrangere e poi ricostruire, irridere e
ricreare, corredandolo di assonanze e risonanze, dove l'allitterazione di-
venta strumento per infinite varianti semantiche» i, Lo schema della defor-
mazione onomastica, quando si serve dell'amplificazione parasinonimica
(spinaci, broccoli, erbaggi, cavoletti, piselli ecc.), segue spesso lo sche-
ma: o X o Y è lo stesso. La forza anarchica e dissacratoria di Totò, così co-

7 Anile 1998, p. 232.


«QUESTO NOME NON MI È NUOVO»: ANTROPONIMI E TOPONIMI 129

me di tutti i grandi comici, la sua straordinaria abilità nello sdoppiamento


e nel giocare tra ciò che è vivo e ciò che è inanimato, arriva così a colpi-
re alle radici la distinzione tra uomini e cose, annullando ogni frontiera
tra nome proprio e nome comune.
Alla richiesta della moglie di «allacciare relazioni» con la famiglia Bottoni
(quella che Totò ignora essere la famiglia del suo nemico poliziotto), Totò
risponde: «va bene// Vuol dire che allacceremo questi bottoni»; se riferito a
una sola persona, poi, il cognome «Bottoni» diventa «Bottone»: «questo
Bottone è diventato un benefattore» [Guardie e ladri, 1951]. «Zozzogno»
(in luogo di Sonzogno) si presta a essere usato come ,Q;ozzone» 'sporcac-
cione', allorché il povero editore Tiscordi è trovato in mutande da Totò:

ANTONIO: Ma mi dica un po' ... mi dica un po'/ lei/


TISCORDI: Che?
ANTONIO: è Tishcordi/ o è Zozzogno?
TISCORDI: Tiscordi!
ANTONIO: Ahi no! Eheh// No/ perdinci!
TISCORDI: <Come>!
ANTONIO: <Lei è Zozzogno> !
TISCORDI: Oh!
ANTONIO: Sì! Perché solo un zozzogno/
TISCORDI: <Oh>!
ANTONIO: <si fa trovare> in quelle condizioni! Ha capito? E mi meraviglio di
lei! [Totò a colori, 1952].

Di «Trombetta» e «Bocca» s'è già parlato; qui si aggiunga che «Trom-


betta» è deformato in «Contrabbasso» [Totò a colori, 1952]; nello stesso
film, si ricordi l'equivoco del sicilianismo «unn'è» 'dov'è', preso per un
nome proprio (Unnè).
Una scena che dispiega largamente tutta l'abilità nel gioco onomastico
di Totò e di Mario Castellani si ha nel film Il più comico spettacolo del
mondo, 1953: Castellani, parrucchiere effeminato con forte accento fran-
cese, cerca un nome d'arte adatto per l'aiutante Totò, il cui vero nome,
Otello, «non è adatto/ al locale»; ne risulta un brano in cui l'umorismo le-
gato all'equivoco tra nome proprio e nome comune e alla parodia dei no-
mi snob («Lallo») raggiunge le sue vette più alte:

LUCIO (Mario Castellani): Bisogna prendere/ un nome di battaglia//


TOTTONS (Totò): Maresciallo// Mah//
130 LA LINGUA IN GIOCO

LUCIO: Ma che c'entra?!


TOTTONS: Maresciallo//
LUCIO: Ma no/ non fa coiffeur!
TOTTONS: Ah no?
LUCIO: No!
TOTTONS: Sergente?
LUCIO: Ser... Mais neanche!
TOTTONS: Sergente di battaglia li conosco!
LUCIO: Mais no/ tu non capisci! Ci vuole un nome/ scintillante!
TOTTONS: Sì? Un nome scindillande/
LUCIO: Sì//
TOTTONS: scindillande ...
LUCIO: Ah//
TOTTONS: Ottone!
LUCIO: Otton ..
TOTTONS: Col Sidol// Lucido// <Scintilla>//
LUCIO: Bruto! <Troppo pesante>//
TOTTONS: Ottone?
LUCIO: Hm sì// Una cosa più leggera//
TOTTONS: Più leggero?
LUCIO: Sì//
TOTTONS: Più leggero?
LUCIO: Hm//
TOTTONS: Piombino//
LUCIO: Mais non/ non va/ non va!
TOTTONS: Piombino//
LUCIO: No! Un nome scoppiettante/ je veux!
TOTTONS: Castagnole!
LL"CIO: Castagn... .
TOTTONS: Ah/ ah! Sì!
LUCIO: No/ no/ no/ no! Zitto! Zitto!
TOTTONS: Sì//
LUCIO: Zitto!
TOTTONS: Sì//
LUCIO: Ho trovato!
TOTTONS: Sì?
LUCIO: Ah! Eurèka! TI chamerò/
TOTTONS: Eh//
LUCIO: Laila!
TOTTONS: Eh ...
LUCIO: Eh?
«QUESTO !\OME NON Ml È NUOVO»: ANTROPONIMI E TOPONIMI 131

TOTTONS: Lallo!
LUCIO: Oui// Lallo// Et bien?
TOTTONS: Lallo//
LUCIO: Oui/ Lallo// Non ti piace?
TOTTONS: Lucio//
LUCIO: Eh//
TOTTONS: Lucio//
LUCIO: Sì//
TOTIONS: Ma I.allo/
LUCIO: Eh?
TOTIONS: TI sembra più bello di Otello?
LUCIO: Mais naturalement! Fa più coiffeur! Stai tranquillo// Vado a prenderti il
camice//
TOTIONS: !..allo! I.allo!
LUCIO: Lallo/ è una trovata//.

Nello stesso film, tra le tonalità di rosso Totò annovera il «rosso di


;s.lm secondo» e il «rossellini». Su un equivoco tra nomi comuni o agget-
• e nomi propri di cavallo si regge gran parte dell'intreccio di Totò cer-
,u,pace, 1954: Totò (il cui nome filmico è Gennaro Piselli) crede si stia
';~do dell'adulterio di sua moglie Gemma, sentendo, all'ippodromo,
cc~:rm:.d di cavallo come «Gemma», «Vedovo» e «Geloso»; nello stesso film,
i'!l·~me «Pumeroli» è sostituito da Totò con «Trapani», «Cacciaviti»,
!~i inglesi», con la solita giustificazione parasinonimica: «beh/ pun-
;~t trapani/ cacciaviti/ o chiavi inglesi/ sempre ferri del mestiere so-
~"' ~ina» è frainteso da Totò come «mezza lira»; «Miss Angoscia»
~.mata da Totò «Miss due bell'angosce», con esplicito rimando al-
iTotò all'inferno, 1955). Di una donna napoletana chiamata
Totò insiste col dire che deve essere milanese, perché «gli
sono milanesi» [Siamo uomini o caporali, 1955). Il nome
«Lo 1ùrco» (Peppino De Filippo) viene deformato da Totò in
-: «Lo Truzzo», «Lo Turzo», «Lo Struzzo», «Turchetti» ecc. [La
4eg/i onesti, 1956]. Sul cognome del notaio «Baracca» è facile l'i-
132 LA LlNGUA IN GIOCO

NOTAIO: Macché sfollato!


DUCA: Ma allora che baracca è?! [1btò lascia o raddoppia?, 1956).

Nello stesso film, ,1oe Taccola» è deformato da Totò in «Gioia Cacco-


la»; a una donna che gli si presenta come: ,~da Barbalunga/ vedova Bar-
biere», Totò risponde: «morto il barbiere/ la barba/ s'allunga». A una don-
na che di cognome fa «Bellomo», Totò non può non dire: «lo sa che co-
me Bellomo/ è proprio una bella donna?» [Totò, Vittorio e la dottoressa,
1957] . Il nome del poliziotto «Zeffirino» (Memmo Carotenuto) è defor-
mato da Totò in «Zafferano» [Totò e Marcellino, 1958]. ~to» sta per~-
do» [Gambe d'oro, 1958]. Quando Totò nomina il «famoso fu Cimin», Ma-
stroianni chiede: «Fu Cimin// Chi è/ un cinese?» e Totò risponde: «ma che
cinese! Veneziano/ era! Fu/ sarebbe/ che/ morì// Cimin è il cognome/ no?»
[I soliti ignoti, 1958]. «Caprioli», cognome del personaggio interpretato
da Peppino De Filippo, viene deformato dal capufficio in «Pecorelli»; po-
cci dopo è lo stesso Peppino a confondersi e a chiamarsi «Capretti» [Totò,
Peppino e le fanatiche, 1958] . «Cin cin» è scambiato per il nome proprio
«Ciccillo»: «Ciccillo al nostro matrimonio» [Totò a Parigi, 1958]. Analoga-
mente in Totò, Peppino e... la dolce vita, 1961. Il nome della scrittrice Ca-
rolina Invernizio è variamente deformato, nel significante e nel significa-
to, da Totò e da Ugo Tognazzi, che giocano anche con la marca di for-
maggi lnvernizzi: «Carolina Liquerizia», «Robiolina Invernizio» e «Caroli-
na Invenizio»; Totò, in quanto editore, viene blandito da Tognazzi con
questi epiteti: «mondadorino», «rizzolaccio», «treccani»; a quest'ultimo,
Totò reagisce: «beh/ non esageriamo/ tre cani! Sono un cane solo/ bello
grosso!» [Totò nella luna, 1958]. Totò sente chiamare da Mario Carote-
nuto il cameriere spagnolo «]osè» e capisce «Cos'è?»; addirittura il segno
di punteggiatura di un telegramma («stop») è preso da Totò per il nome
di un pittore: «copiare importante quadro stop», sicché Totò parte per
Madrid convinto di dover copiare il quadro del signor Stop anziché del
Goya [Totò, Eva e il pennello proibito, 1959]. Il cognome «Bruscatelli»
viene deformato in «Bruscolini» [La cambiale, 1959]. Il cognome «Lano-
cella» viene deformato in vario modo: «Lanoce», «Laficosecco», «o nocella
o fico secco siamo lì», «Laperetta», «Lanocchia», «Lafinocchia», «o la nocel-
la/ o la finocchia/ siamo lì», «Lameloni», «Lamellona», «Latortora», «Ortola-
ni», e suscita un doppio senso: «io mi copro la nocella» [I ladri, 1959].
Forse, tanto accanimento onomastico è una vendetta personale di Totò
contro il suo principale detrattore (il critico del «Corriere della Sera» Ar-
«QUESTO NOME NON MI È NUOVO»: ANTROPONIMI E TOPONIMI 133

turo Lanocita 8 • Il nome «Pio» facilmente si presta a un gioco d'omonimia


con il verbo pigliare: «sono i soldi di Pio/ e io pio» [Signori si nasce,
1960]. «Salomone» è deformato in «Salamone», «Salmone», «Salamino»
{Letto a tre piazze, 1960]. Fadli giochi di parole nascono dal cognome
·«Cocozza»: «suo figlio/ non si piglia una ragazza qualunque! Si piglia una
Cocozza!»; «entra in un teatro/ entra in un ristorante/ con la cocozza sot-
to al braccio» [Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi, 1960]. In Totò diabolicus,
1962, come vedremo, il notaio si chiama «Cucuzza>,. «Attilia» è usato in
luogo di «Attila»: «dove passo io/ non cresce più nemmeno un filo d'er-
ba// Lo sai chi sono io? Sono come Attilia>> [Risate di gioia, 1960]. Luigi
De Filippo, in Chi si/erma è perduto, 1960, interpreta «Donato Cavallo»,
nome che non può non ricordare il proverbio «a caval donato non si
guarda in bocca»; questo proverbio era già stato connesso con le pro-
dezze onomastiche di Totò, nel film Totò lascia o raddoppia?, 1956, in
cui, vedendo la fotografia di un cavallo, Totò sostiene di riconoscervi Do-
nato: quando Mike Bongiorno gli chiede come ha fatto a rispondere
esattamente, Totò dice che il cavallo aveva la bocca chiusa, dal momento
che «a cavallo Donato/ non si guarda in bocca». Il nomignolo «Gugo» è
deformato da Totò in «Buco»; in luogo di «Jaqueline» Totò capisce «Giac-
dlettino»; «Magda» è deformato in «Mammeta» da Peppino; del cognome
di Totò, «Barbacane», viene fornita una bizzarra etimologia, dal latino «ca-
~-e canem» [Totò, Peppino e... la dolce vita, 1961]. Il nome della princi-
pessa «Nefertite» viene frainteso come «nefrite» [Totò contro Maciste,
1962]. Il cognome «Canarinis» subisce due deformazioni: «Quaglia» e
.canana», la prima sulla base del significato (canarino--+ quaglia), la se-
ronda del significante (canarinis--+ canaria) [Totò e Peppino divisi a
Berlino, 1962]. Il cognome del brigadiere «Di Sabato» sucita tutta una se-
ne di prevedibili giochi (su sabato 'giorno della settimana') fatti da.Pep-
pn() De Filippo [Totò contro i quattro, 1963]. «Manuel» viene deforma-
m da Totò in «manovella» [Il monaco di Monza, 1963]. «Fausta>>, nel sen-
m. di 'propizia' («giornata fausta»), è inteso da Totò come un nome pro-
i ~ 1o stesso per «prònuba» [Totò e Cleopatra, 1963]. Il nome francese
"'8ernancourt» viene frainteso da Totò come «metà corto» [Totò contro il
- ~ Nero, 1964]. Il nome russo «Mischa» viene scambiato da Totò per
li nome di un gatto, per via dell'assonanza con «micio» [Che fine bafat-

"Or: Anile 1998, p. 273.


134 LA LINGUA IN GIOCO

to Totò Baby?, 1964]. Il nome arabo «El Kasser» viene da Totò deformato
in «Alcaseltz» [Totò d'Arabia, 1965]. Il cognome del direttore d'orchestra
«von Karajan» viene deformato da Totò in «von Caricard» e «von Carica-
no»; per celare l'identità di Fabrizio, col quale il maggiordomo sta parlan-
do al telefono, il giovanotto viene presentato a Totò col nome di «Squin-
zetti» (perché la parola che Totò ha sentito al telefono era «squinziette»),
che Totò deforma in «Spalletti», «Stracchino» e «Schizzetto» [Rita, la figlia
americana, 1965]. Ciccio Ingrassia gioca sul nome «Cassio»: «ma che
Cassio vai dicendo?» [Che cosa sono le nuvole, 1968].
Oltreché trasformare un nome proprio in un nome comune, può ac-
cadere anche il processo inverso: sull'omonimia di assunto (participio e
nome proprio) si gioca in Il più comico spettacolo del mondo, 1953:

LUCIO (Mario Castellani): Sei assunto//


TOTTONS (Totò): Ma/ veramente io non mi chiamo Assunto//.

Similmente, in Rita, la figlia americana, 1965:

FABRIZIO: Maestro/ sono onorato//


SERAFINO (Totò): Molto piacere/ Onorato//.

«Mania>>, detto da Aroldo Tieri, è frainteso da Peppino per «Maria»


[Totò, Peppino e le fanatiche, 1958].
Talvolta il nome del personaggio si limita a richiamare molto da vicino,
pur senza ingenerare equivoci, il nome di un personaggio famoso: «Pizio
Scevola>> rimanda a «Muzio Scevola» [Il medico dei pazzi, 1954]; «Antonio
Marchi» è la reincarnazione di «Marco Antonio» [Totò all'inferno, 1955];
«Anastasio» (Luigi Pavese) viene chiamato da Totò prima «Metastasio» e
poi «Vespasiano» [Totò lascia o raddoppia?, 1956]; «Michele Spillone» ita-
lianizza il nome dell'attore «Mike Spillane» e viene inserito in una sorta cli
parodia dei film gialli americani [Totò, Vittorio e la dottoressa, 1957]; «Pa-
squale Belafronte» richiama il nome del cantante Harry Belafonte [Tolà
nella luna, 1958].
Altre volte un nome fa ridere non per gli equivoci o le deformaziom,
ma soltanto perché ricorda un oggetto più o meno bizzarro, un a n ~
una parola strana e simili: una nobildonna tedesca è la «baronessa TI:m
Krapfen» e un aristocratico italiano è «Pupetto Turacciolo», con evidem.:::·
allusione a Caracciolo [L'imperatore di Capri, 1949]; «Salam Mortadd-e
:<QUESTO NOME NON Ml È NUOVO»: ANTROPONIMI E TOPONIMI 135

«Za La Mortadelle» sono nomi arabi (l'ultimo, poi, è anche deformazione


scherzosa di Za la Mort, nome dell'apache, interpretato da Emilio Ghio-
ne dal 1921, protagonista della serie di film italiani a episodi Topi grigi,
dal 1916 9) [Totò le Mokò, 1949]; il nome in codice dell'agente segreto
«K8» non può non far pensare a «cappotto» [Totò cerca moglie, 1950]; il
nome del musicista protagonista di Totò a colori, 1952 è «Antonio Scan-
nagatti», nome non certo lusinghiero e che dà adito, infatti, a una can-
wncina ingiuriosa di un coretto di bambini, parzialmente incomprensibi-
le: «strimpellone/ Scannagatti/ [fa le grufola]/ e sbatte li gatti// Batte li gat-
ti/ [ ... ]/ Scannagatti strimpellone// Batte li gatti/ [... ]/ Scannagatti strim-
pellone». «Tapioca» è il nome di Totò in I tre ladri, 1954; il nome del po-
liziotto protagonista di Totò e Carolina, 1955, è il poco gradevole «Anto-
ruo Caccavallo»; la piccola Susy diventa una «Susina» ('prugna'): «ho la
mia Susina» [Il coraggio, 1955]. Ben tre volte i cognomi fanno riferimen-
co alla quaglia: «Antonio La Quaglia» [Destinazione Piovarolo, 1955]; Ce-
'.¼h-e e Peppino «Posalaquaglia» [La cambiale, 1959]; sergente maggiore
~.iaglia» [J due colonnelli, 1962]. Insieme altisonante e ridicolo è il no-
.,me del duca «Gagliardo della Forcoletta» [Totò lascia o raddoppia?,
't956]; «Giuseppe la Paglia» è Totò in La legge è legge, 1958; «Illuminato»
t i nome dell'arzillo nonnetto di Arrangiatevi!, 1959, interpretato da
«Antonio la Puzza» è Totò in Totò e Peppino divisi a Berlino, 1962;
~Jfò si chiama «Antonio Cicciacalda» in Il monaco di Monza, 1963; «An-
Ia Trippa» è interpretato da Totò in Gli onorevoli, 1963 (in cui non
l'ironia sul suo cognome, allorché qualcuno lo glossa con «al su-
«San Gemini» (che, più che al santo, fa pensare al noto marchioni-
'B\ deiJ'acqua minerale) è invocato in Che fine ha fatto Totò Baby?, 1964;
E: Buzur» e «Omar El Bedu» (per assonanza con buzzurro e bedui-
•ls.:Jao due arabi in Totò d'Arabia, 1965; sul nome Alì, Totò aveva già
in Totò sceicco, 1950, e in Noi duri, 1960, come vedremo nel ca-
dedicato alle paronomasie.
-.,""'"",= legata all'iconicità dei nomi propri è un'altra figura retorica
•mr~:1,u talvolta da Totò e riassumibile nella seguente formula: se B è fi-
--,·~ ,l il cognome di B sarà morfologicamente alterato come dimi-
·~mi\ oppure A sarà accrescitivo di B. «Trombetta» è figlio di «Trom-
h~{l::wò a colori, 1952]; «Cucuzziello» è figlio di «Cucuzza» [Totò dia-

•6 1~!ini 1955, p. 88 e Raffaelli 1979, p. 477.


136 LA UNGUA IN GIOCO

bolicus, 1962]; analogamente, «senta un po'/ signor Pitone// Lei cj ha una


sorella// Che si chiama Boa» [Totò, Peppino e... la dolce vita, 1961],
Insomma, com'è ormai evidente, la deformazione del nome proprio, al
pari delle deformazioni del latinorum e della snobistica esibizione di au-
licismi, neologismi e forestierismi, è un altro duro colpo assestato ai tron-
fi, ai supponenti, ai sopraffattori, ai millantatori, in una parola ai «capora-
li», i quali, al culmine dello sciorinamento dei propri titoli e dei propri pre-
sunti successi, vengono smascherati e gettati nel ridicolo mediante la co-
micità suscitata dalla dichiarazione del nome: che fiducia si può dare al-
1'onorevole Trombetta e ai notai Baracca e Cucuzza?
In un caso la deformazione è di tipo diverso da quelli visti finora: i nomi
vengono adattati morfologicamente alla tipologia onomastica ritenuta pro-
pria del periodo e del luogo in cui è ambientato il film; conseguentemente,
Totò e Nino Turanto calati in Egitto diventano «Totokamen» e «Turantenka-
men», in evidepte analogia a «Tutankhamon» [Totò contro Maciste, 1962].
Molti nomi stranieri (di persona o di luogo) vengono da Totò adattati,
in modo più o meno scherzoso, all'italiano: «Pepé» diventa «Peppe» [Totò
le Mokò, 1949]; «San Gennaro» è tradotto in spagnolo («San Gennaros»)
[Figaro qua... Figaro là, 1950], in tedesco («San Jenar») e in russo («San
Jenarof») [Totò e Peppino divisi a Berlino, 1962]. Questo tipo di gioco è
particolarmente frequente in Le sei mogli di Barbablù, 1950: «Parter» di-
venta «Parte»; «Lukas» ~ «Luca»; «Maryon» ~ «Marco»; «Patson» ~ «paz-
zo»; «Nick» ~ «Micco» 'scemo'; «Porrow» ~ «Porro», con ulteriori defor-
mazioni e giochi di parole:

AMILCARE (Mario Castellani): M'hanno preso per Patson//


TOTÒ: Invece tu sei scemon//.

Vittima d'elezione per questi calembour è la protagonista femminile


Lana Ross 0a giornalista americana interpretata da Isa Barzizza): «con La-
na» diventa «collana»; è scontata l'omonimia Lana/lana, mentre, più ori-
ginale, quella in cui «Lana Ross» rimanda alla marca di tessuti Lanerossi u1;

LADISLAO (lino Buazzelli): Conoscerete certamente gli articoli di Lana//•


TOTÒ: No/ veda/ dato la stagione/ io mi interesso degli articoli di cotoninat'.7
LADISLAO: Ma no/ che dice/ maestro! Lana Ross è una scrittrice/ di vaglia//

10 Sullo sfruttamento dei marchionimi in Totò cfr. Caffarelli 1998, p. 64 n. 31.


«QUESTO NOME NON MI È NUOVQ»: ANTROPONIMI E TOPONIMI 137

TOTÒ: Ci sono! Oh che sventato! Me prenderei a ceffoni! Lei è impiegata alle


poste/ è vero [Le sei mogli di Barbablù, 1950].

Chopin è pronunciato «Sciòpen» [Totò a colori, 1952; Totò di notte n.


1, 1962] e Cajkovskij «Ciacoschi» [Totò a colori, 1952]; «Gregorio Pecco»
sta per «Gregory Peck» [Totò e le donne, 1952]. «Gennaro Vaccariello»
{Totò), nel travestimento ispano-americano (venezuelano), diventa «Ja-
neiro de Vaccarijos», con doppio senso con «vacca» nei confronti dell'a-
mante facile: «una Vaccarijos in più/ una Vaccarijos in meno»; «Juan le pin»
(toponimo) è reso da Totò come «Giovanna le Pigne» [Il coraggio, 1955].
Per- farsi belli con le tedesche Brigitte e Trude, Peppino e Antonio inter-
nazionalizzano i propri nomi in «Pepy» e «Tony» [Totò, Peppino e le fana-
lii::be, 1958]. «Cape Canaveral» viene reso da Totò come «Capo Cadavere»
flòtò nella luna, 1958]; il cognome francese «Marechàl» è italianizzato da
bò in «Marescialla» [I ladri, 1959]; «Giorgio il becco» sta per «George
Bacon» [Totò di notte n. 1, 1962].

XI.4. Totò interpreta ... lbtò: attori e personaggi

Quando il regista lascia inalterati i nomi degli attori lo fa per due ragio-
:a., O per una forte esigenza realistica: vuole che il pubblico creda davvero
rlle gli attori interpretino sé stessi, senza intermediazione alcuna. Oppure
;per il motivo opposto: per ridurre l'attore a una maschera; e la maschera,
s sa. non può interpretare altri che sé stessa. Totò in molti film (soprattut-
~ tpclll in cui i registi volevano sfruttarlo come maschera e non come at-
· ~ ma talvolta anche nei film seri) si chiama Totò, Antonio o Antonino:
· ~ con le mani, 1937; Animali pazzi, 1939; L'allegro fantasma, 1941;
~ cuori fra le belve, 1943; lbtò al giro d'Italia, 1948; L'imperatore di
Hn, 1949; Totò le Mokò, 1949; Totò cerca moglie, 1950; Tototarzan,
- le sei mogli di Barbablù, 1950; Totò sceicco, 1950; 47 morto che
~~ 1950; lbtò terzo uomo, 1951; Sette ore di guai, 1951; Totò a colori,
: ~ 11 pi.ù comico spettacolo del mondo, 1953 (nel quale la volontà rea-
~ . di far credere che il film sia un documentario sul mondo del circo in-
···r." i regista a mantenere alcuni nomi degli attori: Mare, Tonia, May); Totò
, ) ! ~ , 1955; Totò all'inferno, 1955; Siamo uomini o caporali, 1955;
r~ Piovarolo, 1955; La banda degli onesti, 1956; Totò, Peppino
ji..;~ malafemmina, 1956; lbtò, Peppino e i_fuorilegge, 1956; Totò, Peppi-
138 LA LINGUA IN GIOCO

no e le fanatiche, 1958; Totò a Parigi, 1958; Totò, Eva e il pennello proibi-


to, 1959; Letto a tre piazze, 1960; Totò, Fabrizi e i giovani d'og,gi, 1960; Chi
si ferma è perduto, 1960; Totò, Peppino e... la dolce vita, 1961; Tototruffa
'62, 1961; I due marescialli, 1961; Totò contro Maciste, 1962; Totò diaboli-
cus, 1962; Totò e Peppino divisi a Berlino, 1962; I due colonnelli, 1962;
Totò contro i quattro, 1963; Totò e Cleopatra, 1963; Gli onorevoli, 1963; Il
comandante, 1963; Che fine ha fatto Totò Baby?, 1964; Totò d'Arabia,
1965; Amore e morte, 1965; Uccellacci e uccellini, 1966 (dove anche Ni-
netto Davoli si chiama Ninetto). In Totò lascia o raddoppia?, 1956, il nome
del personaggio interpretato da Totò è Gagliardo, che allude a uno dei nu-
merosi nomi di Antonio Maria Giuseppe Gagliardi de Curtis Griffo Focas
Angelo Flavio Ducas Comneno Porfirogenito di Bisanzio.
In questi fenomeni di utilizzazione dei nomi, i registi e i produttori dei
film con Totò non fanno che attenersi a una lunga tradizione comica, an-
ch'essa risalente almeno alla commedia dell'arte, che tendeva all'identifi-
cazione (soprattutto per una più facile presa sul pubblico) tra maschera,
personaggio e attore, sia nel caso degli ipocoristici basati sul nome ana-
grafico dell'attore (per l'appunto Totò, ipocoristico di Antonio), sia nel-
l'invenzione di nomignoli che alludono ad alcune sue caratteristiche (soli-
tamente negative), sia infine mediante un nome inventato che tuttavia ac-
compagnerà il personaggio per tutti i film della stessa serie: si pensi, per
il cinema, ai casi di Cretinetti, Tontolini, Stanlio e Ollio, Gianni e Pinotto,
Charlot, tanto per citare i più noti, fino ai più recenti Fracchia e Fantozzi 11.
Anche Peppino De Filippo si chiama di solito Giuseppe o Peppino: La
banda degli onesti, 1956; Totò, Peppino e... la malafemmina, 1956; Totò,
Peppino e i fuorilegge, 1956; Totò, Peppino e le fanatiche, 1958; La cam-
biale, 1959; Arrangiatevi!, 1959; Letto a tre piazze, 1960; Chi si ferma è
perduto, 1960; Totò, Peppino e ... la dolce vita, 1961; Totò e Peppino divi-
si a Berlino, 1962; Il giorno più corto, 1963; Gli onorevoli, 1963. .
Vittorio De Sica si chiama Vittorio in Totò, Vitton·o e la dottoressa, 195 ,;
e in I due marescialli, 1961.
To.lvolta i registi giocano anche con Mario Castellani, talora defor~
gli il cognome: Cast in Fifa e arena, 1948; Castelluccio in Totò cerca moglie\
1950; Mario in Totò terzo uomo, 1951; Castelletti in Il comandante, 1%1:;i
Fred Buscaglione interpreta Fred Bombardone in Noi duri, 1960.

11 Il fenomeno è analizzato ed esemplificato riccamente da Raffaelli 1979, pp. 4T-,~


«QUESTO NOME NON Ml È NUOVo»: AJ,ITROPONIMI E TOPONIMI 139

Rita Pavone e Fabrizio Capucci mantengono i primi nomi in Rita, la fi-


glia americana, 1965.
Talvolta il nome di Totò viene leggermente deformato, come abbiamo
già visto: «Tottons» [Il più comico spettacolo del mondo, 1953); «Totoka-
men» e «Tarantenkamen» [Totò contro Maciste, 1962]; «Totonno» [Totò e
aeopatra, 1963]. D'altro canto, anche quando Totò interpretava un per-
sonaggio di nome diverso da Totò, registi e produttori prowedevano a ri-
badire fin dal titolo la presenza della maschera, secondo le note formule
1òtò... , Totò cerca ... o Totò e... , per la prima volta adottate in Totò al giro
àltalia, 1948. Il nome «Totò» compare nei titoli ben trentacinque volte
{:trentotto, se si includono i tre titoli cambiati, citati nell'introduzione), va-
. . le a dire in più di un titolo su tre dell'intero corpus di film.
Un vezzo di sceneggiatori e registi era quello di disseminare qua e là i
~ r i nomi o quelli di amici: per es., nel film Il coraggio, 1955, Gino Cer-
~ 3:bita in «via Marcello Marchesi» (uno degli sceneggiatori del film); in
~ lascia o raddoppia?, 1956, il personaggio interpretato da Carlo Crac-
~ è «Camilla» (come il regista Mastrocinque»); Mastrocinque è citato
~ . come se fosse un numero, in Il monaco di Monza, 1963 12 •

~5. Jion solo Cuneo: la geografia di Totò

r8cionnazioni analoghe a quelle dei nomi di persona vengono speri-


~:am:e anche sui nomi di luogo. Oltre agli svarioni geografici (che col-
~ a caso le varie città del mondo) e al tormentone «ho fatto tre anni
- ~ a Cuneo», Totò si divertiva in vari modi a giocare con i luoghi.
if~ione «siamo attesi» è segmentata da Totò come fosse un com-

-~à
di luogo («a Tesi»: cfr. XIX.4) [Le sei mogli di Barbablù, 1950] .
.·. nome di Ponte Milvio (Ponte Mollo), a Roma, dà adito a un fa-
.a,è:i!OCt «Ponte Milvio è mollo// Si sta comodi» [Guardie e ladri, 1951].
colori, 1952, il nome del paese campano «Caianello» (talvolta
col dittongo metafonetico «Caianiello») viene deformato in
· hcli6!» e «Copacabana» in «Campa Campana»:

~SOFL.\.: Sénti/ adesso da dove vieni? <Da Copacabana>?


~ < E h e h > ...

~ai:..atp>i del genere in Caffarelli 1998.


140 LA LlNGUA IN GIOCO

ANTONIO: Da dove?
GIULIA SOFIA: Copacabana//
LEOPOLDO: Eh ... Copacabana//
ANTONIO: Che Campa Campana! Io vengo da Caianiello//
GIULIA SOFIA: <Caianiello?! Dov'è>?
LEOPOLDO: <Ehm> ...
ANTONIO: Caianiello dov'è?
GIULIA SOFIA: Eh//
ANTONIO: Eh ... Teano/ Frosinone/ <Sparanise/ Roma>//
LEOPOLDO: <No ... (sussurrando ad Antonio) (Che dici]>?
POPPY: <No/ honey// No// Caienna/ hello!
LEOPOLDO: Hello! <Hello>!
ANTONIO: <Ohé> !
GIULIA SOFIA: <Ah/ Caienna> ! Bagno penale! <Che diverténte> !
LEOPOLDO: <Eh/ sì>//
ANTONIO: Ma che bagno penale? Caianiello// <Oh>//
LEOPOLDO: <No>// Come turista//.

Nello stesso film, «Roccarasata» è deformato da Totò in «Roccapelata» e


gli abitanti di «Montelepre» sono i «montelevrieri». Al posto di «Losanna»
Totò capisce «lo sanno»; al posto di «Scandinavia», «scantinato»; i «Paesi
Bassi» sono per Totò i «paesi piccolini» [Il medico dei pazzi, 1954]. Il no-
me della città di Anzio ben si presta alle paronomasie; spesso Totò capisce
«Anzio» al posto di «anzi» o di «ansia»: «di Anzio» 'dianzi' [Totò e le donne,
1952; Il monaco di Monza, 1963).

CICCILLO (Aldo Giuffré): È il pazzo di poc'anzi//


FEUCE (Totò): No!
CICCILLO: Sì//
FEUCE: È il pazzo di poca Anzio//
CONCETTA (Tecla Scarano): E che significa//
TOTÒ: Significa/ che è un pazzo/ che un po' sta qua/ e un po' sta ad Anzio//
Che ne so/ io?! [Il medico dei pazzi, 1954].

«In ansia» è frainteso come «ad Anzio» [Totò, Peppino e i fuorilegge,


1956). «Sono in Anzio» 'sono in ansia' [Letto a tre piazze, 1960).
Al complimento «lei è saggio?», Totò risponde: «no/ no/ io so' napole-
tano» [Siamo uomini o caporali, 1955). «Polacchìa» sta per «Polonia»
[Totò, Peppino e i fuorilegge, 1956). «Montecaro» sta per «Montecarlo»,
con allusione al fatto che vi si spendono molti soldi [La banda degli one-
«QDllSTO NOME NON Ml È NUOVQ»: ANTROPONIMI E TOPONIMI 141

st.i, 1956]. «Corea» sta per «correa» [Totò, Vittorio e la dottoressa, 1957].
«Desolato» è interpretato come «de Solato», dove «Solato» è il nome di un
paese; «devo fare un salto a Digione», detto da Sylva Koscina, è frainteso
da Totò come «fare un salto a digiuno» e, subito dopo, giocando anche
con la polisemia di saltare 'fare un salto/fare a meno di': «salto i pasti/ ma
il salto a digiuno non lo faccio»; all'espressione «abiti d'ogni epoca e fog-
gia», Totò crede che degli abiti siano di Foggia, e dice: «un abito di questi
fuggiaschi», generando così un doppio gioco linguistico: foggia/Foggia
(omonimia) .e Joggiani!foggiaschi, paronimo di fuggiaschi [Totò a Parigi,
1958] . «Forgia» è frainteso da Totò come «Foggia» anche in Totò contro il
pirata Nero, 1964. «I.a Spezia» diventa «la Svezia» e le svedesi sono «svez-
zate»: «queste attrici nascono sempre in Isvezia// Sì/ sì// Tutte/ tutte svez-
zate/ sono» [Totò nella_ luna, 1958]. «Inammissibili» è frainteso da Totò
come «in Abissinia» [Letto a tre piazze, 1960].
In Il giorno più corto, 1963, la piccolissima partecipazione di Totò si
riduce all'equivoco tra toponimi e nomi comuni o nomi di persona: «Ab-
oomo conquistato Fiume/ e conquisteremo gli affluenti! Abbiamo con-
q.ùstato Pola/ e conquisteremo anche Amapola! Trento l'abbiamo fatto
D1)Stro/ e dopo Trento faremo anche Trentuno! Pace e bene/ fratelli! Pace
.e bene!».

?.~QUALE (Totò): Io vado a tentoni/ adessci//


MAMOZIO (Macario): Dove vai?
~QUALE: A tentoni//
M.A,\10210: Quando?
P.~QUALE: Adesso// Quando?
YAMOZIO: E mi lasci solo/ qui/ con la marchesa? [Il monaco di Monza, 1963] .

..coetanei» è frainteso come «di Catania» [Totò contro il pirata Nero,


~l- «Mi sono fatto male il Vomero», anziché «all'omero» [Totò d'Ara-
~ - 1965].
Oitre ai giochi di parole propriamente detti, quello dell'ignoranza geo-

•Si
~ è uno dei topoi della produzione filmica di Totò, al quale non di ra-
accompagna un certo razzismo, spesso caratteristico del cinema po-
· ~ (si ricordino anche i citati luoghi comuni sui dialetti).
~tebello Siculo è in Lombardia [San Giovanni decollato, 1940].
· ~ ,iene scambiata ora per le Americhe, ora per le Canarie [L'impera-
~ di Capn·, 1949]. Per andare a Milano, in Totò a colori, 1952, Totò si
142 LA LINGUA IN GIOCO

fornisce di franchi svizzeri. «Cuneo provincia di Verona» [Totò e i re di Ro-


ma, 1952]. Sempre Milano è il bersaglio prediletto di Totò, Peppino e... la
malafemmina, 1956, in cui il capoluogo lombardo è collocato in varie
parti d'Italia e d'Europa: Milano si trova in Calabria o in Sardegna, l'abbi-
gliamento di Totò e Peppino giunti alla stazione milanese è quello tipico
dei russi, la lingua che vi si parla è il tedesco, c'è il Colosseo («adesso che
stiamo a Milano/ vogliamo andare a vedere questo famoso Colosseo?») e
l'Arco di Tito, per arrivarvi occorrono quattro giorni di mare, il duomo,
«mezzo ovale» in perfetto stile «etrusco», è scambiato da Peppino per il
municipio e da Totò per La Scala e quest'ultima, naturalmente, è ritenuta
uno strumento per salire e non un teatro.
«Romagna», «romagnoli», «impero romagnolo» e «romanese» vengono
tutti ricondotti a «Roma» [Totò, Peppino e i fuorilegge, 1956]. Analoga-
mente, «Roma>,, «Romagna>, e «Romania» sono sinonimi [Totò, Peppino e...
la dolce vita, 1961] e i «romanisti» sono i 'romani' [Totò e Cleopatra,
1963]. Le cascate del Niagara si trovano in Norvegia [Tototruffa '62, 1961].
La regione viene confusa col fiume, nel tormentone «ho attraversato l'Al-
to Adige» [Totò e Peppino divisi a Berlino, 1962]. Neppure sulla posizio-
ne geografica dell'Egitto Totò mostra di avere le idee particolarmente
chiare [Totò e Cleopatra, 1963]. Gli «arabeschi» sono gli 'arabi' [Totò d'A-
rabia, 1965].
Per tutti gli scambi tra lingue e dialetti si rimanda ai relativi capitoli I e IL
Un gioco ricorrente consiste nel fraintendere un aggettivo o un so-
stantivo (schizofrenico, mastodontico, esca) per un'indicazione geografi-
ca: «non è italiano?», chiede Totò, sentendo l'aggettivo «mastodontico»
[Totò le Mokò, 1949] 13 •
Il colore della pelle è talora deriso [L'imperatore di Capri, 1949; Totò
cerca moglie, 1950; Tototruffa '62, 1961; Totò di notte n. 1, 1962], secon-
do un'infelice prassi del cinema fino a non molti anni fa (si pensi anche al
doppiaggio di personaggi di colore, in primis la Mammy di Vìa col vento):
«è una negra/ una selvaggia/ una cannibale!» [Totò cerca moglie, 1950].
Del razzismo antimeridionale e antisettentrionale si è già parlato a propo-
sito dei dialetti, nel secondo capitolo 14 •

Per gli esempi di questo gioco cfr. Ruffin 1996, p. 340.


13

Alcuni dei temi trattati in questo paragrafo sono stati acutamente approfonditi da
14

Valentina Ruffin (1996).


XII. «ZETA!»: LE INTERIEZIONI

le interiezioni primarie, i segnali discorsivi e le pause vocalizzate (ov-


~o quei riempitivi che caratterizzano gran parte del parlato spontaneo,
ora per prendere tempo mentre si progetta un enunciato, ora per dare
segni di assenso o dissenso, ora per esprimere meraviglia o disappunto
e..-.:.) hanno un ruolo molto importante nei film di Totò. È evidente, dal
a:mfronto con il linguaggio cinematografico medio, che il numero e la va-
rietà di queste forme (che d'ora in avanti chiamerò soltanto, cumulativa-
~te, interiezioni, per brevità) sono di gran lunga superiori rispetto ad
.·mi film. L'alta frequenza di interiezioni è determinata soprattutto dal fat-
1!!0 che quasi tutti i film con Totò, specialmente per quanto riguarda il pro-
·~nista, erano girati in presa diretta e con un ampio margine lasciato al-
Jìznprovvisazione. È chiaro che i vari ehm, eh, mhm, ah, utilizzati per
~ere tempo, per ricordare una battuta, per autocorreggersi, sono di
~ o eliminati dal doppiaggio, e anche da un tipo di recitazione tradizio-
;~, interamente basata sul copione 1•
Nel solo Totò a colori, 1952, oltre alle forme base presenti pratica-
~ t e in ogni testo orale (ah, beh, eh, ehi, hm, oh), abbiamo la se-
.~1:e gamma di tipi interiettivi: ahé, bah, ih, mah, ohé, ohi, ohiohiohi,
.,,_, uh, uhé, uhuh. Oltre alle interiezioni usate in fitte serie ribattute o
: : ~ , quasi a simulare una risatina: ah ah ah ah, eh eh eh eh,
: ~ a h , eheheheh ecc. In media, si calcolano più di sei interiezioni
~ rento parole del film. Tale varietà va spiegata, oltreché con la pre-
1:& rlz..retta, anche con la tradizionale prassi teatrale comica, che da sem-
. .1/JFe 5frutta i suoni inarticolati o semanticamente e morfologicamente
~ per suscitare il riso, giocando con la lingua come fosse musica
: ~ significato. Il fenomeno va visto parallelamente all'uso dei termi-
,;~-~tati e deformati e degli ideofoni (di cui al prossimo capitolo),
~issimi in Totò.

' \ ~ interiezioni nel cinema cfr. Rossi 1999a, pp. 113-14, 180-81, 341-46, 441-48.
144 LA LINGUA IN GIOCO

A proposito delle interiezioni, è celeberrimo l'uso di «zeta» dopo la se-


rie di oh, eh, ah in Totò contro Maciste, 1962:

TOTOKAMEN (Totò): Oh//


TARANTENKAMEN (Nino Taranto): Ascolta bene il mio piano//
TOTOKAMEN: Oh//
TARANTENKAMEN: Dunque/ io/ adesso/ vi precedo nel tempio ...
TOTOKAMEN: Oh!
TARANTENKAMEN: Senti/ smettila con queste "oh"/ perché/ per piacere/ è
un'esclamazione che adesso non c'entra per niente!
TOTOKAMEN: L'o/ eh?
TARANTENKAMEN: Sì//
TOTOKAMEN: T'è antipatico?
TARANTENKAMEN:Sì//
TOTOKAMEN: Oh/ scusa
TARANTENKAMEN: Non m'è antipatico/ ma non c'entra//
TOTOKAMEN: Va beh/ comunque/ ma non lo vuoi vedere//
TARANTENKAMEN: Dunque//
TOTOKAMEN: Sì//
TARANTENKAMEN: Io vi precedo nel tempio//
TOTOKAMEN: Eh//
TARANTENKAMEN: Qua... Pure "eh"/ mo?!
TOTOKAMEN: Eh/ hai detto "oh"/ prima/ scusa!
TARANTENKAMEN: Me danno fastidio le esclamazioni/ adesso!
TOTOKAMEN: Eh e oh//
TARANTENKAMEN: Sì/ me danno fastidio!
TOTOKAMEN: Ho capito//
TARANTENKAMEN: Entro nel tempio/
TOTOKAMEN: Hm//
TARANTENKAMEN: e vado a... a mettermi... a nascondermi/ nella statua del dio
Amon//
TOTOKAMEN: Ah!
TARANTENKAMEN: Smettila con queste vocali/[ ... ]
TOTOKAMEN: Ah/ è proprio ... è tutto il sillabario/ ch'è da rifare!
TARANTENKAMEN: Sì// Eh/ me dà fastidio il sillabario!
TOTOKAMEN: E va bè/ abbando/ abbando le vocali//
TARANTENKAMEN: Ah!
TOTOKAMEN: Dunque//
TARANTENKAMEN: Entrato nella statua del/ dio Amon/
TOTOKAMEN: Zeta!
«ZETA!»: LE INTERIEZIONI 145

Come al solito, non si può stabilire a chi spetti il merito di aver ideato
questo piccolo capolavoro di comicità, comunque perfettamente in linea
con l'umorismo di Totò. Quel che è certo è che l'autore mostra una ca-
pacità deformante straordinaria, al punto da intervenire sulle più piccole
e più primitive particelle del codice verbale: le esclamazioni.
XIII. «GNA GNA GNA GNA GNA GNA. ..
CHIA CHIA CHIA CHIA... CHIÈ CHIÈ CHIÈ CHIÈ ...
PIPIPIPIPÌ... PIPIPIPIPÌ... GNA CACACACACACACA COO. ..
PEPÈ ...»: IL DELIRIO DEGLI IDEOFONI

Gli ideofoni (o forme onomatopeiche, owero quelle parole che non


hanno altro significato se non il loro stesso suono, imitativo di versi d'ani-
mali, rumori e simili) fanno parte del bagaglio essenziale del testo comico,
fin dalle origini (cfr. le citate indicazioni di Andrea Perrucci). Prendendo an-
cora una volta a modello Totò a colori, 1952, ricordiamo i seguenti ideofo-
ni: chichichichì, clocloclocloclò, dindindindin, dr, drang, mao, meeh,
ndr, ssh, ta, taratattattara, tatara, tatatatatatà, tettetettetè, tippetippetìp,
zac, zazà, zun, zunzunzùn. Alcuni di questi compaiono nel brano se-
guente, che cito per esteso, sia perché mostra un massiccio ricorso a suo-
ni scarsamente articolati (interiezioni primarie e ideofoni), sia perché è la
battuta più lunga di tutto il film e mostra in pieno l'abilità di Totò di domi-
nare da solo il palcoscenico, addirittura facendo la parte di più personaggi
e cose (in questo caso, fingendosi Tiscordi, Zozzogno e il campanello):

È strano// (cantando) "È strano// È strano// Mi sembra molto strano// Ma/ chis-
sà/ perché// Ah/ sì sì sì sì/ capisco// Zunzunzùn// Capisco/ forse"// (Parlando)
Questi vorranno venire di persona// Eh già/ vengono di persona// Tippetip-
petìp/ qui// E allora bisogna che io m ... mi... mi affretti a terminare il secondo
tempo// Strano// Perché gli ho mandato quasi tutta l'opera// Mah// Affrettiamo-
ci a finire il secondo tembo// Eh già// Perché da un momèndo all'altro/ posso-
no venire qua/ bussano alla porta// "Ndr"// "Chi è"? "L'editore Tiscordi"// Op-
pure/ "ndr"// "Chi è"? "L'editore Zozzogno"// "Eccomi qua/ il maestro// Prego/
si accomodi"// "Grazie"// (alla cameriera) Eccoci qua// Questa è la mia opera//
Il mio capolavoro// Eccolo qui// Ho già trovato il titolo/ sai? Sì// La chiamerò/
Epopea italica// Magnifico// (mostrando le spartito alla cameriera) Vedi/ cara/
qui siamo al terzo atto// Quando Cristoforo Colombo/ fa rapire/ Elena di Troia//
Che poi sopraggiunge la madre di Elena... Beh/ beh/ lasciamo perdere/ vai// Mi
ci vorrebbe un'ispirazione// Sendi/ mia buona e dolce fandesea/ apri meglio la
finestra// Fa' che io mi ispiri// Poiché i temi della natura/ sono sembre i sugge-
rimèndi migliori// Sì// Fa' che io mi ispiri// Voglio origliare// Origlio// Hmhm//
(ascoltando il rumore dell'acqua di una fontana e tentando di riprodurlo
con il pianoforte. Immagine della fontana) Sì/ hm/ sì! Eccola! Sì! Ah! (scri-
vendo sul pentagramma) Do// Do// Si diesis// Re fa// Croma// Semicroma// Bi-
148 LA LINGUA IN GIOCO

scroma// Un accidente/ in chiave// Eheheheh//# (ascoltando il canto di un


uccellino e tentando di riprodurlo con il pianoforte e con la voce. Immagi-
ne di due uccellini) "Chichichichì// Chichichichì// Chichichichì"// Sì// (scriven-
do sul pentagramma) È una biscroma// È un si// Si/ biscroma// Biscroma si//
(suonando e cantando) "Chichichichì"// Eheh//# (sentendo il rumore di uno
sciacquone. Immagine di Rocco al bagno. Antonio chiude il pianoforte e si
alza di scatto) Bah! Ma come si può comborre in questa casa?! Ecco! Uno scro-
scio di igienico idraulico! Non si può creare! In questa casa non si sende altro
che parolacce/ la pèndola che bolle/ la vacca che partorisce! Che ispirazione
può venire fuori?! "Clocloclocloclò// Meeh// Ssh// Ah6/ te possino ammazzà! Ma
annà" ... Robba da pazzi! (suona il campanello) Ro ... Han ... han ... hanno suo-
nato! Hanno suonato! Oh Dio/ hanno suonato! Questo dev'ess ... i...

A metà del film Totò, Peppino e i fuorilegge, 1956, quando la moglie di


Antonio (Titina De Filippo) si trova nel bosco di notte per pagare il riscat-
to del marito che crede rapito, c'è un brano esilarante di Peppino e di Totò
che imitano il verso degli animali più strani, per spaventare la donna. Ri-
produrre graficamente tali suoni è impossibile, anche se ho tentato di far-
lo nelle forme riponate nel titolo di questo capitolo. Totò e Peppino sem-
brano due strumenti musicali impazziti, che emettono suoni mai sentiti
prima. Anche qui si ha l'impressione, ancor più che con «zeta!» citato nel
capitolo precedente, di assistere all'annullamento del linguaggio, o a un
suo regredire alla fase preverbale, allo sgretolarsi dei fonemi in meri foni:
la totale deprivazione di significato riduce la lingua a musica o rumore.
A me pare che l'abuso di interiezioni e di fonosimboli, spesso svuotati
semanticamente e utilizzati più a scopo musicale e ludico che pragmatico,
possa ricondursi al rapporto di Totò con la musica, e in panicolare con l'o-
pera rossiniana, da lui più volte citata (Il barbiere di Siviglia, La gazza la-
dra: cfr. supra, VII): il trionfo della confusione babelica, mirabilmente re-
sa dall'iterazione di espressioni onomatopeiche e ideofoniche, era infatti
frequente in Rossini (L'italiana in Algeri, Il turco in Italia, Il barbiere di
Siviglia, La Cenerentola) 1• Abbiamo già letto l'opinione dello Spinazzola
(1974), secondo il quale per Totò la musica era una vitale valvola di sfogo,
come compensazione al disagio fisico e sociale. Ma tutto questo doveva
evidentemente far parte del bagaglio profondo del comico, di una sua sin-

1
Esempi e maggiori dettagli su questo tema si trovano in Rossi 1999a, pp. 180, 441-
44, cui si rimanda anche per la bibliografia sugli ideofoni.
«GNA GNA GNA GNA GNA GNA... CHIA CHIA CHIA CHIA ... 149

tonia quasi inconscia con i meccanismi dell'opera buffa, dato che, dalla
testimonianza raccolta da Franca Faldini, non pare che Antonio de Curtis
fosse un assiduo ascoltatore di musica operistica.
Anche per questo fenomeno Totò a colori è un film emblematico, spe-
cialmente nei brani in cui Totò canta le interiezioni o gli ideofoni, allonta-
nandosi dunque ancora di più da ogni realismo comunicativo:

ROCCO: (entrando, dopo aver sfondato la porta) Vuoi piantarla? Scimunito


(autentico]/ ah?!
ANTONIO: (cantando) ''.Ahi ahi ah/ <ah>"//
ROCCO: <Vuoi finirla>/ sì o no?!
ANTONIO: È un la// È un la// <Oh>!
ROCCO: <Vuoi finirla>/ sì o no?
ANTONIO: (cantando) "Vuoi finirla/ sì o no"? Ripeti//
ROCCO: Vuoi finirla/ sì o no?
ANTONIO: (cantando) "Do re mi fa sol do do/ do re mi fa sol do do/ do re mi
fa sol do do/ do re mi fa <sol do do"// Sì>//
ROCCO: <Ah! Ah>!
ANTONIO: <Eh>// Bene/ bene// Questo me piace// Questo me piace// Sulla
quarta corda// (Prende il violino e tenta di riprodurre i lamenti di Roc-
co) Ahi sì//
ROCCO: <È pazzo>!
ANTONIO: <Ahi sì>// Ahi sì// (Rocco rompe un vaso e esce, Antonio canta)
"làratattattara/ tatara/ ah// Vuoi finirla/ sì o no? làtatatatatà/ ta"// (Bussa-
no) Avanti! Avanti! Avanti!;

(cantando) «'1\h/ sì sì sì sì/ capisco// Zunzunzùn// Capisco/ forse"»;


(cantando) «"Tatatatatà/ zun/ tatatatatatà/ re"».
Ma, soprattutto, l'uso di ideofoni sembra doversi collegare con la già
commentata tendenza all'iconicità tipica del linguaggio comico: le interie-
zioni primarie e gli ideofoni sono le forme (almeno parzialmente) moti-
vate per eccellenza; il loro significante non è arbitrario rispetto al signifi-
cato; anzi, al contrario, il significato è raffigurato fonicamente dal signifi-
cante: se la parola cane rimanda all'animale 'cane' soltanto per conven-
2
zione, bau non designa, bensì è il verso del cane (anche se stilizzato) .
Come Freud ((1905] 1992, p. 133) ha spiegato chiaramente, il bambino

" Cfr. Saussure [De Mauro 1995], pp. 87-88. All'intero testo si rimanda per il tema
del.l'arbitrarietà e della motivazione nella lingua.
150 LA LINGUA IN GIOCO

comincia a usare la lingua proprio con queste forme motivate e prova pia-
cere nel mescolare le parole in libertà, soltanto in base al suono: dunque
motivazione e assenza di motivazione si combinano liberamente. Da adul-
to, questo piacere gli viene inibito e l'innata facoltà iconica viene soffoca-
ta dal superio e dal funzionamento essenzialmente arbitrario della comu-
nicazione. Ma i giochi linguistici, il linguaggio onirico, i lapsus e certe pa-
tologie fanno occasionalmente riemergere quella facoltà provocando così
un piacere che, nei giochi linguistici, si manifesta sotto la forma del riso.
È il piacere di infrangere un divieto della ragione. A questo piacere si ri-
connetterà anche la poesia, non a caso ricca di forme motivate e fonosim-
boliche (oltreché di rime e di figure foniche), alle quali l'adulto assocerà
inconsciamente il piacere dei suoi primi giochi infantili.
Sembra dunque da ricondursi alle radici della comicità (in quanto alle
radici dell'inconscio) l'uso ampio e variegato di forme ideofoniche in Totò.
xrv. «NON BARBOCCHI»:
LE PATOLOGIE LINGUISTICHE
RIPRODOTTE CON INTENTO LUDICO

Totò si serve anche dei difetti di pronuncia, nel suo lavoro di attenta
riflessione linguistica e di gioco con ogni materiale verbale. Un vago (in-
trascrivibile) tentativo di riprodurre una lingua pregrammaticale, anima-
le, fatta di gesti, urli ecc. è in Tototarzan, 1950. In Totò a colori, 1952, in-
vece, sia in Virgilio Riento (il maestro Tiburzi), sia in Vittorio Caprioli (il
tenore) si cerca di riprodurre la balbuzie (altro topos della comicità po-
polare):

TIBURZI: (balbettando) [... ) <bobobobobobo> ...


ANTONIO: <No no no/ non barbocchi/ sa! Non barbocchi/ sa! Ha capito>?;

TIBURZI: (tra i suoni inarticolati) <Non ... non ... non ... non> ... non potrò
dirigere più! < [... ) >!
CONSIGUERE ROSSETTI: [... ]//
CONSIGLIERE PARRINI: [... ]// <Maestro! Maestro>!
SINDACO: <Maestro! Maestro>! Che si sente?
TIBURZI: (non riuscendo più ad articolare le parole per via della paresi) [Il
mio braccio]!
SINDACO: Come?
TIBURZI: (articolando a stento) Hm! Non potrò più dirigere!
SINDACO: Come?
TIBURZI: (articolando a stento) Non potrò più dirigere!
SINDACO: Ma che cosa dice?!
TIBURZI: (articolando a stento) Non dirigererò più! Oh!

Si ricordi anche la balbuzie di Gassman in/ soliti ignoti, 1958.


Alcuni tratti fonetici vengono efficacemente sfruttati per imitare e de-
ndere il linguaggio snob: la so z interdentale e la vibrante uvulare (o «er-
re moscia»). La prima si trova in Totò al giro d'Italia, 1948; L'imperatore
di Capri, 1949; Totò cerca moglie, 1950; Totò a colori, 1952; Noi duri,
1960; Signori si nasce, 1960. La z interdentale si incontra invece in I pom-
pieri di Viggiù, 1949 e in Totò e Cleopatra, 1963. La vibrante uvulare com-
pare in Totò a colori, 1952; Signori si nasce, 1960; Totò diabolicus, 1962.
152 LA UNGUA lN GIOCO

In Totò a colori, 1952, la vibrante uvulare viene esplicitamente inserita nel


decalogo del comportamento snob:

LEOPOLDO (Galeazzo Benti): (sottovoce ad Antonio) [Allora]/ ricordàte le


mie istruzioni// Camminata internazionale/
ANTONIO (Totò): Sì//
LEOPOLDO: stanchezza congenita/
ANTONIO: Sì//
LEOPOLDO: e al posto della erre/ la erre// (Pronuncia la seconda erre mo-
scia)
ANTONIO: Sì// Al posto della erre/ la erre// (pronuncia la erre moscia e la
esse tra i denti, da qui alla fine della scena).

S'è già più volte sottolineato che più d'un elemento accomuna i mec-
canismi della comicità a quelli delle patologie del linguaggio.
XV. «PERCHÉ È AGGETTNO QUALIFICATIVO/ NO?»:
LA FUNZIONE METALINGUISTICA

Oltre che della funzione «paralinguistica» (equivoci e giochi di parole),


Totò si serve spesso della funzione «metalinguistica» o «epilinguistica» (ri-
flessioni sul linguaggio e sulla maggiore o minore appropriatezza di certe
scelte grammaticali e lessicali) 1. Si tratta delle celebri spiegazioni gram-
maticali di Totò. Anche l'impiego ludico della funzione metalinguistica ha
lontane origini teatrali: si pensj alla commedia dell'arte, e specialmente a
Pulcinella, con la sua «grammatica alla rovescia» 2 • Secondo Tullio De Mau-
ro e Giuseppe Romeo, inoltre, tali interventi di Totò sono un utile docu-
mento della coscienza metalinguistica degli italiani prima dell'effettiva
unità linguistica nazionale: «i personaggi interpretati dal comico vogliono
impossessarsi della lingua nazionale e nei loro tentativi coinvolgono gli in-
terlocutori in discussioni metalinguistiche, simulando sicurezza nel pos-
sesso delle regole grammaticali e stilistiche. Il pubblico contemporaneo
rideva, ritrovando negli sforzi di Totò le proprie aspirazioni al possesso
della lingua italiana» 3•
Vediamo dunque alcune delle discettazioni metalinguistiche più signi-
ficative.
Cominciamo dalla definizione di funzionario civico municipale, in
Fermo con le mani, 1937, in cui viene coniata addirittura una nuova ca-
tegoria grammaticale: l' «aggettivo qualificativo di genere funzionatorio»:

TOTÒ: Il funzionario civico municipale/ è un aggettivo qualificativo di genere


funzionatorio// Il funzionario/ fisiologicamente funziona/ con la meta-
morfosi estiva della metempsicosi// La metamorfosi del funzionamento/
muove la leva idraulica delle cellule che agendo sull'arterioscleròsi del
soggetto patologico/ lo fa funzionare nell'esercizio delle proprie funzio-
ni// Hai capito?

'Cfr. Romeo 1997, p. 108. Il riferimento alle funzioni «paralinguistica» e «epilingui-


stica» è in Polena 1991, p. 106.
2 Romeo 1997, p. 108.

3 Romeo 1997, p. 114.


154 LA LlNGUA IN GIOCO

BAMBINA (Miranda Bonansea}: No//


TOTÒ: E neanche io//.

Nello stesso film, i «verbi difettivi» sono quelli che indicano i 'tempi di
povertà'. Seguitiamo con altri esempi che illustrano l'attribuzione di una
categoria grammaticale sbagliata o inesistente. Paura è un «aggettivo signi-
ficativo»: «nel mio vocabolario non esiste/ questo aggettivo significativo// A
meno che non sia un errore di stampa» [Due cuori fra le belve, 1943].
«Un// Articolo indeterminato// Un» [Totò a colori, 1952]. Abbiamo già visto,
in Totò, Peppino e... la malafemmina, 1956, l'attribuzione del femminile a
un futuro («che avreta// Eh già/ è... femmina// È femminile») e la definizio-
ne di perché come «aggettivo qualificativo». Le persone verbali vengono an-
che riferite a elementi non personalizzabili: per es., uno schiaffo «in prima
persona» [Totò, Peppino e i fuorilegge, 1956]; oppure, scambiando una
persona con un'altra: «lei/ dico lei/ prima persona/ è proprio notaio/ no?»
[Totò diabolicus, 1962].
Così Totò spiega al suo assistente l'equivoco tra starci 'esserci' e star-
ci 'cedere al corteggiamento':

TOBIA (Giacomo Furia): Lasciate perdere questa donna// Ce ne stanno tante


altre//
TOTÒ: Ce ne stanno/ eh? Il guaio è che non ci stanno//
TOBIA: Mi volete far credere che non ci stanno donne!
TOTÒ: Ignorante! Impara l'italiano// Ce ne stanno/ è voce del verbo cenesti-
re// Viceversa starci/ è l'imperfetto/ è l'imperfetto del verbo pomicia_re//
[Totò, Eva e il pennello proibito, 1959] .

Vediamo infine lo scambio tra passato prossimo e passato remoto:

LOLA (Gina Rovere): Io sto qua/ perché m'è accaduto un fatto strano//
CESARE (Totò): Perbacco! E dove l'è caduto questo fatto?
PEPPINO (Peppino De Filippo): No no no/ tse/ è ignorante// Non l'è caduto//
L'è accaduto//
CESARE: Ah! Passato remoto! [La cambiale, 1959].

Abbiamo già avuto modo di commentare, a proposito dell'onomasti-


ca, la formula stilistica che considera sinonimi termini che non possono
esserlo: o X o Y è lo stesso; «l'importante è che i vocaboli scelti comuni-
..PERCHÉ È AGGETINO QUALIFICATNO/ NO?»: LA FUNZIONE METAUNGUISTICA 155

chino il concetto voluto, non che siano normativamente corretti» 4 : «o


celibe o nubile/ sempre scapolo è» [Totò cerca moglie, 1950]; Totò chia-
ma «maresciallo» il marchese Nino Taranto, questi si risente e Totò si
giustifica dicendo: «marchese/ maresciallo/ sempre con la lettera emme
cominciano» [Il monaco di Monza, 1963].
Alcuni esempi illustrano i suggerimenti ortografici di Totò: «capelli/
con la p// Come ... Padova ... Mantova ... » [Totò cerca moglie, 1950]. Esa-
sperato perché la famiglia di distratti gli cambia sempre il cognome, Totò
urla: «De Pasquale! Col P! Come Livorno!» (Sette ore di guai, 1951]. Totò,
cui è stata chiesta una parola che inizi con l'h, risponde: «acca ... acca... ac-
cavallo!» [Totò e i re di Roma, 1952]. «Ossobuco/ con due buchi...», vo-
lendo chiedere se si scrive con una b o con due; l'interrogata risponde:
«no// Con una b», e Totò: «con un buco solo» [Siamo uomini o caporali,
1955]. «Rospi è plurale/ due pi», suggerisce Totò con fine collegamento
analogico tra numero del nome (singolare/plurale) e numero dei grafemi
[Totò, Peppino e i fuonlegge, 1956].

ARMANDO (Memmo Carotenuto): Perché hanno licenziato Aldo?


LUIGI (Totò): Hanno licenziato Aldo?!
ARMANDO: Eh//
LUIGI: Hanno licenziato Aldo?! Ho/ licenziato! Ho! Con l'acca precedente!
[Gambe d'oro, 1958].

Nell'esempio appena citato, il contrasto tra hanno e ho viene trasforma-


.o da opposizione di persona (terza plurale/prima singolare) a opposizione
grafica (peraltro inesistente, visto che l'iniziale è sempre h). Totò suggerisce
dì scrivere «fattura>, con la f minuscola, perché è rivolta a persona di poco
ronto, anche qui innescando un felice meccanismo di iconicità grafica: f
grande = persona di grande importanza; poco dopo, suggerisce al suo al-
aevo di scrivere «per» con la «p» [Totò, Eva e il pennello proibito, 1959). «Ot-
rone è con due t// Come Torino// Domodossola» (Signori si nasce, 1960).
Altre volte la correzione riguarda l'accento o la desinenza di una parola:

LlDIA: Non si dice missìli// Si dice mìssili// Con l'accento sulla prima i// Quan-
te volte te Io devo dire?

• Romeo 1997, p. 109.


156 LA LlNGUA IN GIOCO

PASQUALE (Totò): Io l'accento/ per regola e norma tua/ lo metto dove mi pa-
re// In casa mia comando io/ fino a prova contraria// E l'accento lo voglio
mettere dove voglio io// Anche sul comodino/ volendo// (... ] Mìssile//
Una parola così antipatica// Fa venire il singhiozzo// Mìssile// (Totò nella
luna, 1958].

«Missìle» compariva già in Totò, Vittorio e la dottoressa, 1957. Totò vie-


ne corretto dalla figlia, che, dizionario alla mano, con eccessivo purismo,
gli dimostra che non si dice «succube», bensì «succubo»; al che Totò con-
trobatte: «questo dopoguerra non si capisce più niente// Questi americani
hanno cambiato tutto/ hanno cambiato»; successivamente sarà Totò a rim-
proverare Fabrizi perché dice «succube» anziché «succubo» [Totò, Fabrizi
e i giovani d'oggi, 1960]. _
Talora è il significato delle parole a essere stravolto, come in San Gio-
vanni decollato, 1940, dove l'aggettivo compromessa viene etimologica-
mente ricondotto a promessa e significa quindi 'fidanzata':

AGOSTINO (Totò): Sappilo/ Serafina è compromessa//


CONCETTA (Titina De Filippo): Che cos'è?
AGOSTINO: Compromessa// Promessa con// Volgarmente si dice fidanzata//.

Abbiamo infine un bellissimo esempio (scritto da Alberto Moravia) di


idiosincrasia linguistica. In Racconti romani, 1955, l'avvocato Mazzoni Ba-
ralla (Vittorio De Sica) si adira nel sentire la parola mamma perché ha tre
m; tra l'altro Totò non fa che accentuare il suo fastidio, poiché, secondo
un topos riproposto anche altrove, gonfia in modo esagerato le guance
nell'articolazione della labiale intensa di mamma e, soprattutto, di babbo:
«sono appunto tutte queste/ emme/ che mi rendono antipatica/ questa pa-
rola», dice l'avvocato, a proposito di mamma, e aggiunge, poco dopo: «io/
per esempio/ non posso soffrire le parole/ zuppa/ muffa/ truffa»; al che
Totò, per non irritare l'avvocato: «tutti abbiamo una ma ... una marna//
Hm// Ho tolto una emme» 5 .

5 In Moravia, Racconti romani, 1955 (p. 227 dell'edizione Milano, Tascabili Bom-

piani, 1983): «vede, sono proprio tutte queste emme che mi rendono antipatica quella
parola»; molto meno efficace la replica: «tutti abbiamo una mam ... voglio dire una ma-
dre» (ibid.).
XVI. «QUANDO SI DICE BONGIORNO .. .»:
LA FUNZIONE METATESTUALE
E METACOMUNICATIVA

Molti interventi di Totò sono, sì, incentrati sulla lingua, ma in maniera


diversa rispetto agli esempi visti a proposito del metalinguaggio. Lì le ri-
flessioni linguistiche di Totò avevano come obiettivo l'ortografia, la pro-
nuncia, il significato o la morfologia dei termini, erano dunque tutte più
o meno interessate alla lingua scolasticamente intesa soltanto come gram-
matica e come vocabolario. Qui, invece, Totò intende riflettere, più
profondamente (anche se sempre umoristicamente: ma sappiamo bene
che umorismo e profondità non sono necessariamente in opposizione, in
'Iotò), sul funzionamento della lingua come interazione tra i parlanti, met-
re:ndo a nudo alcuni meccanismi fondamentali della comunicazione, co-
me per esempio l'alternanza degli interlocutori nella conversazione e le
condizioni di validità di alcuni enunciati che si addicono a certi tipi di te-
sto mentre sono sconvenienti in altri. In sostanza, al centro delle osserva-
:ooni del grande comico è qui quella che i linguisti chiamano la pragma-
~ , per l'appunto tutto ciò che pertiene alla lingua intesa come attività
&erattiva, e la linguistica testuale, cioè le caratteristiche proprie dei di-
. ~ tipi di testo: e dunque lo scambio di interlocutori, l'uso dei modi
'm'bali, i diminutivi attenuativi, il senso traslato di alcuni enunciati, gli
·apedienti usati per convincere l'interlocutore ecc. Confunzione metate-
~ e metacomunicativa si intenda quindi l'attività di riflessione (e di
~rmazione ludica) su questi temi.

:DI.I. «Ci sarebbe o c'è?»: la forza pragmatica

Non sempre, parlando, il significato degli enunciati è semplicemente


ibmùbile dalla somma dei significati delle parole che li compongono,
Rdal significato riportato sui vocabolari, né dall'accezione in cui quegli
. ~ enunciati sono impiegati più di frequente o con un'intonazione di-
~ Il contesto, la situazione comunicativa, il tipo di testo e l'intonazio-
;•:arutano, di volta in volta, a capire la cosiddetta «forza pragmatica» de-
158 LA LINGUA IN GIOCO

gli enunciati, ovvero il loro uso più appropriato, il loro funzionamento al-
l'interno del discorso. Anche se, a rigore, ogni elemento della lingua è in-
terpretabile pragmaticamente (vale a dire che, grazie alla sua intonazione
e al contesto, può variare di senso), i linguisti intendono in genere con
enunciati' con forza pragmatica quegli enunciati che funzionano (cioè
che fanno in modo che l'ascoltatore faccia o capisca quello che il parlante
vuole da lui) soltanto se intesi in modo non letterale. Per es., a una do-
manda del tipo «sai l'ora?» non si può rispondere semplicemente «sì», ma
bisogna indicare l'ora esatta: «sono le sei meno un quarto»; se si provasse
a rispondere letteralmente agli enunciati con forza pragmatica («chi ti co-
nosce?», «dove sta scritto?», «chi l'ha detto?» ecc.), si farebbe fallire l'atto
comunicativo, «rispondendo alle parole non alle intenzioni» 1 • Quello che
talvolta fa Totò (e gli altri attori dei film qui considerati) consiste proprio
nel disattendere le aspettative pragmatiche dell'interlocutore, ingeneran-
do fraintendimento e, ovviamente, comicità, come accade ogniqualvolta
venga infranto un uso consolidato.
Vediamo il primo esempio, tratto da Guardie e ladri, 1951; il tassista
Mario Castellani, che non è riuscito a farsi risarcire dalla polizia, se ne va
salutando, con fare ironico, il brigadiere Aldo Fabrizi, responsabile della
fuga di Totò, il ladro:

TASSISTA: Bongiorno//
BRIGADIERE: Di'/ aoh/ che vòi_ dire/ con questo "bongiorno"//
TASSITA: Niente/ ho detto/ "bongiorno"//
BRIGADIERE: No/ perché/ "bongiorno"/ quando si dice "bongiorno"/ bisogna
significare veramente bongiorno//.

Qui, con acume, Fabrizi capta l'intonazione leggermente ironica di Ca-


stellani che, con quel «bongiorno», tutto voleva fuorché salutare. L'esem-
pio seguente pertiene alla pragmatica delle allocuzioni:

CAMERIERA: Buongiorno/ signor Antonio//


ANTONIO (Totò): "Signor Andonio! Signor Andonio"! Quande volte/ debbo
dirti/ che mi devi chiamare maestro?! <Eh>?
CAMERIERA: <Sì/ signore>// Buongiorno/ signor maestro//

1 Perrucci [1699] 1961, p. 233. Sugli enunciati con for.1:a pragmatica cfr. Simone

1992a, pp. 515-17, e Poggi 1996.


..iQ{JA,'iiOO SI DICE BONGJORNO ... »; LA FUNZIONE METfJESTiiAI.E ... 159

A,'\ffONIO: Eh/ "buongiòrno/ signor maestro"// Stiamo alla terza elemendare/


stiamo? Maestro e basta! Senza signore// Il signore non c'entra// Sono un
signore ma non ... Si dice maestro// Ecco// Signore è una cosa/ e il mae-
stro è un'altra// [Totò a colori, 1952].

In questo caso Totò osserva giustamente che il titolo proprio dei com-
positori è «maestro» ma che, per motivi difficilmente spiegabili lessicolo-
gicamente, se a maestro si fa precedere signore, il titolo diventa più ap-
propriato a un insegnante di scuola elementare; tutto il brano è dunque
giocato sulla polisemia di maestro 'musicista/insegnante' e di signore 'ti-
tolo generico/persona rispettabile e fine'.. In un altro bell'esempio, Totò
chiede a Peppino, entrando nel negozio da barbiere:

A.t\iTONIO: Barbiere da strapazzo/ c'è molto da aspettare?


PEPPINO: Ma se non c'è nessuno!
A,1'ff0NIO: Come sempre!
PEPPINO: E allora che me lo domandate a fare/ eh?
A\iTONIO: Sono domande che si dicono// Quando si va in un salone di bar-
biere/ si dice/ "c'è molto da aspettare"?
.PEPPINO: Domande per perdere tempo// [Totò, Peppino e i.fuorilegge, 1956].

r u riflessione pragmatica di Totò è ineccepibile: la forza pragmatica e la


D.i..mzione sociale della pseudodomanda «c'è molto da aspettare?», detta en-
t ~ dal barbiere, non è tanto quella di informarsi sul numero dei clienti,
~ t o di costituire un modo convenzionale per avviare la conversazione 2.
in Totò, Peppino e le fanatiche, 1958, Totò ironizza sull'abuso del di-
1~:tivo e del vezzeggiativo come tecniche pragmatiche attenuative, uti-
t~e nella fattispecie per far apparire al debitore un conto meno salato:

L'OMO DELLE CAMBIALI: Con una cosuccia al mese/ uno nemmeno se ne ac-
corge//
A.'t'TONIO (Totò): E/ quanto sarebbe/ questa cosuccia/ che non dovrei nem-
meno accorgermene?
,!ilOMO DELLE CAMBIALI: Ah/ ecco/ nel suo caso/ sono/ quarantotto ratine/ a
trentamila lirette al mese/ fanno un milioncino/ quattrocentoquarantami-
la lire//.

,;$'~ giochi linguistici analoghi, che infrangono le convenzioni sociali della lingua,
~ i 1987, pp. 223-26.
160 LA IJNGUA IN GIOCO

Alla continua risposta «comandi?» di un uomo, Totò comincia a impar-


tirgli degli ordini: «me vada a prendere una sedia/ su!»; l'uomo si ribella
(«mica faccio il suo servitore/ sa/ io!») e Totò risponde: «scusi/ è tre ore
che lei dice comandi/ comandi/ e io comando/ no?!», ridicolizzando, cosi
il servile stereotipo linguistico e sociale del «comandi» in luogo di un sem-
plice «sì» [Arrangiatevi!, 1959].
L'ultimo esempio smaschera la forza pragmatica dell'uso attenuativo
del condizionale in luogo del più perentorio indicativo: la direttrice di una
lussuosa scuola privata dice a Totò: «ci sarebbe da pagare mezzo milione,,,
e Totò puntualizza: «ci sarebbe o c'è?» [Tototruffa '62, 1961].
In XX.3 vedremo altri esempi in un certo senso connessi con l'altera,-
zione della forza pragmatica degli enunciati: i modi di dire condotti dal ~
gnificato metaforico a quello letterale.

XVl.2. «Mo mi cieco l'occhi!/ Stai fermo cçm gli occhi»: il finto dialogo

Molto è stato detto sullo sdoppiamento di Totò: l'attore Antonio de


Curtis è stato spesso dipinto come una sorta di schizofrenico, sdoppiaro
in un triste aristocratico e in un clown 3• Lo stesso Totò si compiacev-a ~-·
tale sdoppiamento, al punto che, in una nota· intervista televisiva rilasciat:l
a Lello Bersani, si fece riprendere negli eleganti panni del principe (ap,;:
punto, Antonio de Curtis) in salotto e, in cucina, nelle vesti del servo Torò.
sprezzante nei confronti del proprio padrone. Qui non ci interessa tanto i
referto psicanalitico di Antonio de Curtis e il suo eventuale complesso di_
Sosia 4, quanto la funzionalità linguistica di alcuni sdoppiamenti di Tooi
Egli soleva talvolta, in effetti, fungere da più di un interlocutore, come•
questo caso, in cui Totò così reagisce alle proteste della cameriera, che m
tentato di sedurre:

Hai ragione// Hai ragione// Scusa tando// Mi son lasciato trasportare dall'imbej
to! Dall'imbulso della carne! Da questa carnaccia maledetta! (picchiando...<Jj;
Ah/ ah/ ah/ ah! I... io/ non so che mi farei! Mo mi cieco !'occhi// "Stai fermo <n!ii··
gli occhi"! Eh già// Io debbo penzare all'opera! Me metto a penzare/ alle me--

3 Cfr. Guarini 1991 (a c. di), pp. 5-8, il quale legge tutta l'opera di Totò alla luce

lo sdoppiamento.
4 Cfr. Cresti 1982, p. 294.
~ 3 04<:E BONGIORNO ...»; LA FUNZIONE METATESTIJAI.E •..
·,.:·:···
161

,,!iiJfBleheh// Sendi un bo'/ piuttosto// È arrivata posta per me? [Totò a colo-
'~ 1551;.

: ~ questa pantomima di autopunizione Totò vuole mostrare la pro-


-~rovazione della sua stessa carne, dissociarsi, prendere le di-
~ - & essa»;_
-- · "'ì~pìo appena citato è ripreso in Totò all'inferno, 1955: «io me ce-
ifi'.iw rn occhio// "Stai fermo con la vista"// Me cieco un occhio// "Stai
~ ' .:on gli occhi"» e in La legge è legge, 1958: «io mi cecherei un oc-
~ · "'Stai fermo con le mani"// Mi voglio cecare un occhio// "Stai fermo
lll'll!lt~ <'P..ani"». Sempre in Totò a colori, abbiamo già citato la scena in cui
- - ~ non soltanto Tiscordi e Zozzogno, ma addirittura il suono del
"' lll!Ad'fo: «perché da un momèndo all'altro/ possono venire qua/ bus-
~ • porta// "Ndr"// "Chi è"? "L'editore Tiscordi"// Oppure/ "ndr"//
~è'.. · ~1.'editore Zozzogno"// "Eccomi qua/ il maestro// Prego/ si acco-
~--,- "Grazie"» [Totò a colori, 1952]; analogamente, nello stesso film:
&·t ~ia porta"// "Chi è?" "Mio fratello"// "Oh Dio"!». ·
.\E~ \l:idi'esempio di discorso diretto riportato, inserito in una disquisi-
-. parascientifica, si ha nel citato brano (cap. X) del capello in/ ladri,
.a c-..n Totò fa ad un tratto la parte dei parenti del capello, per poi
::;;ubito, senza segnali di passaggio, al discorso referenziale: «"ma
_ è errino! Ma quanto è bellino! Rassomiglia tutto alla capella ma-
} ~ g l i a tutto al capello padre! Come lo chiamiamo!"».

~-.-lei tu»: gli errori d'allocuzione

~- ilitirno gruppo d'esempi fa capo al fenomeno del malinteso dei


IBl*m (o dei nomi usati come) allocutivi. Per via del fatto che l'allocu-
~--cortesia in italiano è alla terza persona femminile (Lei), i frainten-
11'MC ,._ 1lOS.5ibili sono molteplici.
- ~ t a r e che gli chiede: «il nome del signore?», Totò risponde,
•fiibmc;Jo in cielo, estatico: «eh/ il nome del signore!» [Tototarzan, 1950].

; : ' ~ 1996; p. 112. L'autrice commenta dettagliatamente il brano citato da Totò a


~ ~ d o in rilievo tutte le caratteristiche verbali, pragmatiche, tonali e mimico-
~ d ' & quella che viene detta la «partitura del parlato multimodale» (p. 100).
162 LA UNGUA IN GIOCO

SORELLA: Ha ragione! <Ha ragione>!


ANTONIO (fatò): <Ho ragione>!
SORELLA: Sì/ <ha ragione>//
ANTONIO: <La senti>? Ho ragione! <Eheh>//
SORELLA: <Che c'entri/ tu? Lui>!
ROCCO:<[ ... ]! Che vuoi?! Oh>!
SORELLA: <Che c'entri? Ohé>!
ANTONIO: <Che c'entri/ tu? "Lui"/ vuole dire>! A me! [Sono) io! [Totò a co-
lori, 1952].

Gli errori d'allocuzione in Totò, Peppino e... la malafemmina, 1956,


con il caratteristico passaggio dal piano intralinguistico della lettera a quel-
lo extralinguistico, sono già stati comi;nentati (111.2). Peppino non capisce
l'egli detto da Totò parlando di Peppino in terza persona:

ANTONIO (Totò) (alla moglie): Come tu ben sai/ egli... (a Peppino che si gira
cercando un'altra persona) Chi è? Che c'è?
PEPPINO: Egli chi?
ANTONIO: Egli che?
PEPPINO: Egli chi è?
.Ai'ITONIO: Egli tu//
PEPPINO: Ah/ io//
ANTONIO: Ho detto "lui/ egli/ lui"...
PEPPINO: Ah no/ ho sentito "egli"//
ANTONIO: No/ parlavo in seconda persona//
PEPPINO: Ah ... Siccome siamo in prima// [Totò, Peppino e i fuorilegge, 1956] •.

Totò parla dell'ingaggio di Aldo in un'altra squadra calcistica, mentre


Aldo crede che Totò gli stia offrendo la mano della figlia:

LUIGI (Totò): Penso/ che ci voglia anche il consenso suo/ no?


ALDO (Paolo Ferrari): Suo ... di lei?
LUIGI: Suo... suo/ di lei// Di lei lei/ va? Di lei lui// Di... hm ... di lei tu// Come si;-
dice? Eh//
ALDO: Di me? [Gambe d'oro, 1958].

6 A un diverso livello d'analisi, si potrebbe anche osservare il senso di alienazione.e::

di straniamento prodotto da simili fraintendimenti di pronomi personali. A riguarckt,;11:f


in particolare su quest'ultima scena citata, cfr. Blissett 1996, pp. 5-6. \'i
-QUk'iDO SI DICE BONG/ORNO ...»: LA FUNZIONE Mfil'ATESTUALE ... 163

DOGANIERE (Luigi Pavese): Il passaporto!


L'ALGERINO (Totò): Oh! Quale?
DOGANIERE: Il suo//
L'ALGERINO (riferendosi a Castellani) Il suo? <Dagli il passaporto>//
DOGANIERE: <Non il suo>// Il suo//
L'ALGERINO: Il mio?
DOGANIERE: Il suo//
L:ALGERINO: Il mio di mio?
DOGANIERE: Sì// Il suo// Il suo passaporto// Presto! [Noi duri, 1960] .

.PSICHIATRA (Nino Taranto) (a Totò): Chi le ha dato il permesso di entrare?


SMEMORATO (Totò): Non lo so// Chi glielo ha dato?
PSICHIATRA: A lei! Chi ha dato il permesso di entrare?
SMEMORATO: (alla suora che si trova nello studio medico) A lei/ sorella! Chi
gli ha dato il permesso di entrare? [Lo smemorato di Collegno, 1962].
XVII. E CHI PIÙ NE HA; PIÙ NE METTA:
L'ACCUMULAZIONE

La ridondanza, la ripetizione, le lunghe serie enumerative, l'amplifica-


mn.e sinonimica, lo sfruttamento delle rime e delle assonanze sono stile-
mi assai noti in retorica e in stilistica 1 . Vediamo vari esempi dai film di
~ò, ordinati in sottofenomeni.

~1U. « ... affini e collaterali»: amplificazione (pseudo)sinonimica

·.fw volte abbiamo osservato come aulico e popolare, arcaismi e neo-


~ ' italiano, dialetti e lingue straniere conflagrino in uno stesso enun-
-~-~~ v.uiamente commisti in miscele più espressionistiche, gaddiane, ca-
B:bs.oopiche, che realistiche. Nei capitoli successivi, dedicati ai giochi
:~<e propri, ci soffermeremo sulla giustapposizione di elementi seman-
\ 1 ~ . e distanti tra loro e sui lapsus autocorretti, che generano, an-
;ff~. lunghe serie sinonimiche o, più spesso, .pseudosinonimiche. In
~ paragrafo vedremo invece l'accumulazione di sinonimi non legata
1,illli ffl53iimente al gioco verbale vero e proprio (inteso come deformazione
- ~ t e o del significato), anche se riconducibile comunque alle
, ~ . ~egie ludiche di infrazione dell'orizzonte d'attesa. Più che di
::-111 lii III ii:mzione di codice o di contiguità di registri 2 si potrebbe parlare,
-~~ di Totò, di un «tamponamento di registri», che provoca esplo-
;~;por.ei.,1iche analoghe a quelle, mimiche, che Totò, fin dal primo
llllìit~.wmpiaceva di riprodurre con le mani e con il volto 3. Incastonan-

~ !>1archese 1981, p. 15 e Mortara Garavelli 1992, pp. 216-24.


·one di codice (o code-switching) è il passaggio da una lingua all'al-
alla lingua, o da un registro all'altro; se invece queste diverse varietà
ilRIRll'llll!IIUl!lii,'.1!»-'~e, per ottenere così un mistilinguismo, si parla di enunciazione mi-
. ixing (cfr. Grassi, Sobrero e Telmon 1997, p. 179).
naturalmente, al topos teatrale dei fuochi artificiali (forse ripreso da
,,_. ···. >, che al cinema si incontra in Fermo con le mani, 1937; San Gio-
- ~ " - 1940; / pompieri di Viggiù, 1949; Totò a colori, 1952. Fu lo stesso
166 LA LINGUA IN GIOCO

do gli aulicismi in un contesto popolare, e scardinando così le più preve-


dibili dinamiche sociali della lingua, Totò provoca una specie di corto cir-
cuito comunicativo che, per il fatto di essere talmente inaspettato e lonta-
no da ogni previsione dello spettatore, non può non generare la risata li-
beratoria, secondo i più volte ricordati meccanismi freudiani della comi-
cità. In un certo senso è il pirandelliano «awertimento del contrario», alla
base della comicità, spostato dal piano contenutistico, filosofico e meta-
teatrale (Pirandello) a quello linguistico, metalinguistico e metacomunica-
tivo (fotò), grazie alla scomposizione e al rimescolamento delle strutture
e alla giustapposizione degli opposti. La lingua usata in modo imprevisto
diventa quindi una molla della comicità. Il mondo a rovescio, il carnevale,
diventa in Totò principalmente rovesciamento e carnevale linguistico 4. Ve-
diamo dunque alcuni dei tamponamenti («vicinati inattesi») e dei sovrac-
carichi sinonimici più significativi.
. Una sorta di compasso per misurare le dimensioni del cranio viene
chiamato, quasi di seguito, «contrappasso», «fracasso», «termogène» (forse
deformazione di termògeno), «fonografo» [Due cuori fra le belve, 1943] :
come si vede, qui quello che conta è ridurre i linguaggi settoriali a un va-
niloquio, mediante l'ipertrofia pseudosinonimica di termini assolutamen-
te decontestualizzati o inventati (termogène).
Molte di queste serie parasinonimiche sono disposte in climax o in
anticlimax, perlopiù diafasico (owero ogni termine o sintagma si mostra
un gradino stilistico più in alto o più in basso del termine o del sintagma
precedente): «scevro// Anatomizzo// Studio i particolari»: lingua colta ~

Totò a confessare il proprio amore per i fuochi artificiali in scena, perché «la mia infan-
zia è tutto un fuoco artificiale; sento ancora l'odore della polvere pirica» (Zavattini
1940, p. 405).
• Non esiste comicità che non passi per il gioco verbale, come già accennato nel-
l'introduzione. Su questi temi sono fondamentali le opere di Michail Bachtin (cfr. L"::'
particolare Bachtin [1975] 1997, pp. 231-405). Bachtin, a proposito di Rabelais, accen-
na anche all'«alogismo», generato dalla giustapposizione di parole abitualmente non as--
sociate nel discorso comune, owero dal passaggio dai «vicinati consueti» ai «vicinal!iì
inattesi» (ibid., p. 315): «Rabelais non teme a volte neppure le locuzioni del tutto as--•
surde pur di porre accanto ("stabilire rapporti di vicinato'') parole e concetti che il dib-?
scorso umano sulla base di un determinato ordine, di una determinata concezione dd.
mondo, di un determinato sistema di valutazioni non usa mai in un solo contesto.. .m.
un solo genere, in un solo stile, in una sola frase, con una sola intonazione. Rabem:,
non teme la logica dell'alogismo» (ibid., pp. 323-24). È chiaro dunque, ancora unaoy
ta, che la comicità e lo stile di cui stiamo parlando ha origini secolari. :,:4
E CHI PIÙ NE HA, PIÙ NE METTA: L'ACCUMULAZIONE 167

tecnicismo-+ lingua neutra; in luogo di chiacchierare ecco la raffica di si-


nonimi (diafasicamente variegati) fornita da Totò: conversare, blaterare,
parlottare, ciangottare [Totò cerca casa, 1949]. «Trapassai/ defunsi/ de-
cessi» O'ultimo termine presenta l'arcaica, ricercatissima, forma decessi,
i."1 luogo di decedetti o decedei); «vattene/ sparisci/ dilèguati»; alla propo-
Sta di fingersi fantasma, Totò risponde: «mi proponi una società di spiriti//
Un'intesa fra anime benedette// Un pio sodalizio/ di trapassati»; «svélati//
Palésati» [47 morto che parla, 1950]. Abbiamo già commentato l'accosta-
~nto tra dialetto e italiano (ed eventualmente lingue straniere); qui si
-.unga: «ho bisogno di una consorte/ di una moglie/ di una mogliera/
Q'~•: italiano ricercato -+ italiano medio -+ dialetto (ma anche italiano ar-
,ib.ii...--o) [Destinazione Piovarolo, 1955]. «Di là siete attesi// Ma che attesi!
'.'~erati// Ma che desiderati! Addirittura/ invocati!»; «basta/ con i colpi di
Jiìlm:ma! Con le lotterie! Coi telequiz! Coi totosporti! Coi totototi!» [Gam-
Lliéd'oro, 1958]: la battuta (tra l'altro genialmente costruita sull'assonanza
'~: 1òtò e totocalcio, con l'invenzione sarcastica totototi 'lotterie incon-
du,f.emi fatte con ogni stupidissimo pretesto'), col senno di poi, ci si mo-
a :quasi una vaticinante protesta contro l'indecente sfruttamento del
~l'ili1,:;;rli Totò per un recente filmato pubblicitario sulle lotterie, che, come
a,~. non ha neppure avuto il pregio di inventare un gioco linguistico
• " ~isto da Totò. «Fonografo», «fotografo», «frigorifero» e «fedigrafo»
: i l ~ usati in luogo di «fedifrago» [Letto a tre piazze, 1960]. «Un in-
~ / un limpido/ un puro/ uno scevro» [Totò e Peppino divisi a Ber-

..,.i,
~ 1%Zj: in questo caso il climax sembra costruito, per i primi tre
di là da ogni intento parodico, quand'ecco che arriva il quarto
~1mn11ltt: me vanifica la figura retorica, facendola precipitare nel ridicolo,
_ ,. .scevro viene usato, contrariamente alle attese lessicali, in modo

f'".ebre stilema di Totò consiste nel terminare le serie sinonimiche


ione «affini e collaterali», nel senso di 'e così via, eccetera'
o, 1950; Totò a colori, 1952 e altri film sotto citati], o anche
, to dei due termini (quasi sempre affine): «conti/ barbieri/
~ 1 Fratelli! Fratellastri! Compagni! Camerati! Cugini! Affini!»

. e; che scevro assoluto è attestato nell'italiano antico nell'accezione di


rl; nell'italiano moderno di registro elevato, scevro di qualcosa indica
da o privo di qualcosa': scevro di rischi, d'inganni, di colpe, ecc.
168 LA LINGUA IN GIOCO

[Figaro qua... Figaro là, 1950]; «qualche bacio// Qualche affine» chiede
Totò alla Pampanini [47 morto che parla, 1950]; «macchinista! Fuochista!
Ferrovieri! Facchini! Affini! Collaterali! Uomini di fatica!»; «ferrovieri! Per-
sonale viaggiande! Ferrovieri! Macchinisti! Fuochisti! Affini! Uomini di fa-
tica!»; «impiegati! Fattorini! Domestici! Camerieri! Affini!» [Totò a colori,
1952]; «Guadagnati una laurea// Un diploma// Un affine» [Totò e i re di
Roma, 1952]; «siamo parenti// Affini» [Il medico dei pazzi, 1954], in cui
affine è usato, sì, propriamente (nel senso di 'parente acquisito'), ma
che, in quanto parola chiave del linguaggio «totoista», non può non inne-
scare il meccanismo comico del riconoscimento; lo stesso valga per «co-
gnato mio/ mio caro affine// Eh/ già/ tu come cognato mi sei affine» [Totò
a colori, 1952]. «Tutti gli avoli della mia famiglia/ e i collaterali» [Totò a
Parigi, 1958]; «un pezzo di formaggio/ un affine»; «ai parenti di Colabona/
ai familiari/ agli affini/ ai collaterali/ agli ascendenti e ai discendenti/ legit-
timi e naturali/ fino al quarto grado/ non bisogna rivolgere la parola» [Chi"
si ferma è perduto, 1960] ; «sala/ per concerti sinfonici/ melodici/ e affini»;
«vino/ liquori/ aperitivi/ e affini» [Rita, la figlia americana, 1965].
Le lunghe serie pseudosinonimiche usate come allocutivi possono an-
che essere prive di affini: «giardinieri! Contadini! Facchini! Uomini di fati-
ca! Uomini a mezzadria! Mezzadri! Mezzadresse! Figli dei contadini abban-
donati! Lavoratori della terra!» [Totò a colori, 1952]; «fuochisti! Macchinisti!
Uomini di fatica!» [Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi, 1960]. Viene così forse
parodiata la retorica mussoliniana, che con questo stilem~, ad apertura di
discorso, soleva includere populisticamente tutte le categorie di lavoratori.
Un'accumulazione particolare, non di termini ma di costrutti, si trova
in Totò a colori, 1952, film che più di altri fa ricorso a questa figura; nel
brano seguente si può infatti osservare l'uso del congiuntivo e della terza
persona plurale come allocutivo di cortesia, la presenza di termini ricerca-
ti (tentennare; poco sopra aveva usato nicchiare), commisti con un trat-
to popolare o quantomeno informale (a me mt), il tutto ridicolizzato sia
dal rovesciamento del senso traslato di tentennare 'essere indeciso', in
quello letterale di 'oscillare' (reso esplicito, iconico, dal movimento della
testa e dall'osservazione: «vedono che un individuo sta tendennando/ lo si
spezza»), sia dal tamponamento tra tono inutilmente ricercato e argo-
mento futile Oa direzione di una «bandaccia di paese»): «mi lascino ten-
dennare! Scusino! Mi lascino tendennare! Eh! Vedono che un individuo
sta tendennando/ lo si spezza// Poi domani la colpa è mia// A me mi sec-
ca// Eh// (oscilla la testa) Ho tendennato».
E CHI PIÙ NE HA, PIÙ NE METTA: L'ACCUMULAZIONE 169

X"VII.2. «Seco lui»: pleonasmi

Un tipico caso di ridondanza è costituito dai pleonasmi, ovvero dal-


fimpiego di più parole per esprimere un concetto già implicito nella pri-
ma parola. Numerosi esempi si trovano in San Giovanni decollato,
1940, per connotare popolarmente i protagonisti: «padre paterno»; «ma-
dre materna»; «figlia femmina»; alla lettura del messaggio di Serafina, che
sì apre con «cari genitori mamma e papà», il barbiere lettore osserva che
.ìì «mamma e papà» è superfluo, e la madre Concetta (fitina De Filippo)
replica: «i genitori è un conto/ il padre e la madre è un altro»; «vostra ma-
d.re verrà a coabitare seco voi»; «padre legittimo e putativo di Serafina
.mia figlia» [San Giovanni decollato, 1940]. I pleonasmi con seco si ripe-
<&:Eo anche in altri film: «seco lui» [Totò sceicco, 1950; Totò d'Arabia,
1%5]; «seco lei» [Totò, Peppino e... la dolce vita, 1961]. «Linguaggio lin-
gw.stico» [Due cuori fra le belve, 1943]; «lei spogliarsi così// Davanti a un
.a'\ffio maschile» [Totò cerca casa, 1949]; «io sono un tipo virtualmente
*tuoso/ morigerato/ eccetera» [Totò cerca moglie, 1950]; «riuscirò a riu-
iiicire?» [Figaro qua... Figaro là, 1950]; «il soldato militare» [Tototarzan,
.1950}; «cadavere morto» [Le sei mogli di Barbablù, 1950]; «qualche cai-
- ~ della sua età» 'coetaneo' [Sette ore di guai, 1951]; «teschio mortua-
"ro- {Totò a colori, 1952); «la voce acustica dell'individuo»; «uomini di
. ~ maschile»; «il nome dell'onomastico» [Totò e le donne, 1952);
~ e n t e : «il nome del mio onomastico» [La banda degli onesti,
( ~ ; lo smemorato di Collegno, 1962]; «mi manomettono con le mani»;
'~stanco di stanchezza» [I tre ladri, 1954]; «la montagna me fa veni-
'~i capogiri in testa» [Totò all'inferno, 1955); «cos'è questo baccano
~ o ? » [Il coraggio, 1955]; «marito consorte» [Totò, Peppino e ifuo-
···. · , 1956]; «in qualità di genitore/ e padre della ragazza» [Totò, Fa-
.. . e i giovani d'oggi, 1960]; «un prete sacerdote» [J due marescialli,
?. .l"!; «lebbo andare a un funerale di un morto»; «vedovo di moglie»
· Jine ha fatto Totò Baby?, 1964]; «siamo uomini umani» e «un uomo
[Uccellacci e uccellini, 1966].

'<Ulte Totò ripete le sillabe conclusive delle parole di un altro per-


- , creando così un divertente effetto d'eco (o ecolalia):
170 LA LINGUA IN GIOCO

AMILCARE (Mario Castellani): Frutta candita//


TOTÒ: Candita//
AMILCARE: Marmellata d'albicocche//
TOTÒ: Cocche//
AMILCARE: Di susine//
TOTÒ: Ine// [Le sei mogli di Barbablù, 1950];

ORAZIO (Umberto D'Orsi): Nel pomeriggio/


SERAFINO (Totò): Iggio//
ORAZIO: quando sono arrivati i quattro professori di Formia/
SERAFINO: Ormia//
ORAZIO: Erano molto agitati//
SERAFINO: Agitati?
ORAZIO: Molto/ commossi//
SERAFINO: Mossi?
ORAZIO: Molto/ nervosi//
SERAFINO: I musici? [Rita, la figlia americana, 1965).

A Sophia Loren, che si dichiara disposta a fare qualsiasi cosa pur di ave-
re una macchina fotografica, Totò domanda: «proprio qualsiasi? Siasi/ sia-
si?» [La macchina fotografica, 1954]. Nel brano già citato tratto da Totò,
Peppino e... la malafemmina, 1956, Peppino ripete la parte finale delle
battute di Totò:

ANTONIO: Dunque/ eh/ noi/ vogliamo sapere/


PEPPINO: Pere//
ANTONIO: per andare/
PEPPINO: Per andare//
ANTONIO: dove dobbiamo andare/
PEPPINO: Andare//
ANTONIO: per dove dobbiamo andare//
PEPPINO: An ... andare//.

Altre volte, invece, uno stesso enunciato viene concluso con la ripeti:-
zione della sua parte iniziale, spesso spezzata. È il fenomeno, abbastanza.
frequente nel parlato popolare romano e in altri dialetti, denominato «fo-
deramento» o «frasi foderate» o «frasi ad eco»; si può manifestare sotro
due forme diverse: o con ripetizione piena di un'intera parola o sintagma
(«è lui/ è»; «mi pare strano/ mi pare»), oppure con ripetizione, a signifie2-
to zero, di una sola parte della parola o di due parole collegate («si t'ac-"
E CHI PIÙ NE HA, PIÙ NE METTA: L'ACCUMULAZIONE 171

rnìappo, sitta>>: la prima cellula ritmica dell'enunciato viene ripetuta alla fi-
ae per motivi puramente fonico-ritmici, cioè di «saturazione fonologica» 6 ,
e ludici, contraddicendo le leggi semantiche e lessicali di integrità della
parola: «sitta»). Il secondo tipo, molto meno usato del primo, si incontra
1a!i:m.a\-ia nei film di Totò. Vediamone alcuni esempi: «mi ci costringi/ miei»,
m cui è anche possibile il doppio senso con Micio, che è il nomignolo
.cm cui l'amante chiama Gino Cervi e con cui Totò ricatterà lo stesso Cer-
~· Ili coraggio, 1955]. «Ha capito?! Acca! Pito!» [Il monaco di Monza,
~3j. «li babbo non si frega// Nonsi» [Che fine ba fatto Totò Baby?, 1964].
:. Come risulta abbastanza chiaramente dagli esempi citati, non si tratta
:IP della mimesi del parlato spontaneo e popolare, bensì di quei ludismi
- ~ c i , cari alla tradizione comica, che ripropongono meccanismi co-
;~tivi tipici del parlato infantile, come appunto l'ecolalia (coinvolta
:itei:•~ anche in manifestazioni psicopatologiche), la ripetizione di paro-
¾~Siiiocolata da scopi semantici e, in sostanza, lo sfruttamento della forza
· me ritmico-musicale del linguaggio. Valgono, dunque, in questo
. k stesse osservazioni fatte in XIII, a proposito degli abusi di interie-
~~ primarie e di ideofoni.

p..4. •Ùl serva serve»: paronomasie, figure etimologiche, poliptoti,


~ , assonanze e allitterazioni

, ~ abbiamo chiarito nell'introduzione, uno degli usi primitivi e


~ del linguaggio, secondo Freud e Jakobson, consiste nel mecca-
~Elnico per cui ciò che si assomiglia sul piano del significante è av-
anche sul piano del significato. Tale meccanismo, inconscio nel
_- infantile e nei lapsus, è consapevolmente sfruttato a fini umo-
~$J; ,estetici in poesia (con le rime e le assonanze) e nei giochi lingui-
- · ~ !<X.Ulperemo dunque, in questo paragrafo, di quelle figure retori-

w.s•
-*· :sembrano portare alle estreme conseguenze la funzione poetica
-
d.a Jakobson e basata essenzialmente sulla ripetizione, sul parai-
tra forme diverse e sul ritmo, inteso come ricorrenza di schemi

1992a, p. 240. L'esempio romanesco «si t'acchiappo, sitta» - «clausola ite-


'" ~
-re sillabe iterate hanno una pura e semplice funzione ritmica, sono seg-
-.,.~te a significato zero» - è tratto dal commento di Tullio De Mauro in
~·~ !J.auro 1995), pp. 442-43 n. 234.
172 LA LINGUA IN GIOCO

accentuali7. Secondo la «funzione paronomasticai- della poesia, «parole fo-


nematicamente simili sono collegate sul piano semantico» 8; nella poesia,
come nei giochi verbali, dunque, l' «arbitrarietà del segno linguistico» cede
il posto all'iconicità 9 •
Quest'ultimo paragrafo relativo alle figure d'accumulazione ben funge
da trait d'union tra gli usi più propriamente retorici e stilistici descritti fi-
nora e quelli prettamente ludici descritti nei capitoli successivi.
Le rime in -ista erano particolarmente care a Totò, anche per parodia-
re la proliferazione continua di termini indicanti movimenti artistici, cul-
turali o politici e la mania di incasellare tutto in una scuola preconfezio-
nata: alla domanda «sei fatalista/ pessimista o esistenzialista?», Totò rispon-
de «veramente/ io sono farmacista» [Fifa e arena, 1948] ; di nuovo, alla do-
manda «è futurista/ impressionista/ realista?», Totò risponde: «io/ socialde-
mocratico/ monarchico/ repubblicano», al che l'interrogante séguita: «sto-
rico?» e Totò: «no// Geografico» [Totò cerca casa, 1949]. In Totò cerca mo-
glie, 1950, la coppia di termini artista/podista sposta la vicinanza foniG,
(rima in -ista) dal significante al significato (Totò scultore corre dalla sta-
tua alla porta per spiare il lavoro e la modella di un suo collega): «non ba-
sta essere artista// Bisogna anche essere podista»; nello stesso film, Castel-
lani chiede: «io non capisco che razza di arte è la tua// Astrattista/ futurista/

7 Conparonomàsia o bisticcio si intende l'accostamento (o lo scambio) di parole

che abbiano una qualche somiglianza fonica (non necessariamente per motivi etimolo-
gici), ma che siano differenti nel significato (fischi per fiaschi). I.a.figura etimologica è
la ripetizione della radice di un vocabolo (natura snaturata). Il poliptòto è la ricor-
renza di un vocabolo con funzioni sintattiche diverse (con le mani in mano). Perché
vi sia rima propriamente detta tra due parole, esse debbono avere identità fonica a par-
tire almeno dall'accento (vita: smarrita). Se le parti finali di due versi si assomigliano,
senza essere identiche, si ha un'assonanza. Si ha, infine, allitterazione, quando più fo.
nemi si ripetono, sia tra parole diverse, sia all'interno della stessa parola (mass media).
Come si vede, tutte le figure sopra elencate sono caratterizzate dal fenomeno della so-
miglianza fonica e sfruttano, più o meno felicemente, la tendenza umana a considerare
associate anche semanticamente parole vicine solo fonicamente: in ogni essere umano
è innato, secondo Freud ([1905] 1992, p. 129), il piacere derivante dal vedere la lingua
come iconicamente motivata. Su queste e altre figure retoriche cfr. almeno Marchese
1981 e Mortara Garavelli 1992. A differenza delle paronomasie commentate nei capito-
li successivi, qui si raccolgono soltanto i casi in cui l'uso di un termine sia motivato
esclusivamente dall'assonanza e dalla rima con un termine presente a breve distanza;
non si citano dunque gli esempi di parole usate al posto di altre.
8 Jakobson [1963] 1994, p. 209.
9 lbid., p. 211.
E CHI PIÙ NE HA, PIÙ NE METTA: L'ACCUMULAZIONE 173

esistenzialista>, e Totò risponde: «la mia arte/ è assenteista// Cioè/ vale a di-
re! nelle mie opere/ manca sempre/ qualche cosa». Similmente:

CRI CRI (Mario Castellani): Naturalmente/ siete esistenzialista//


TOTÒ: Io no//
CRI CRI: No? Astrattista?
TOTÒ: No no no no//
CRI CRI: Ah/ ho capito// Cubista//
TOTÒ: Ma nemmeno per sogno!
CRI CRI: Ma amico mio/ allora che cosa siete?
TOTÒ: Romanista democratico// Però qualche volta/ tifo per il Napoli [Totò al-
l'inferno, 1955].

Un bell'esempio di paronomasie, figure etimologiche, allitterazioni e


as.._"<:manze si trova in Figaro qua ... Figaro là, 1950:

FIORELLO (Pietro Tordi): Padrone/ qui c'è una porta//


•.\L\fAVNA (Gianni Agus): Chi lo sa/ dove porta?
FIGARO (Totò): Che cosa importa/ dove porta/ la porta?! In qualche parte/
porta! [... ]
FIORELLO: Oh/ la porta è aperta!
AL\1AVNA: Già!
flGARO: Allora siamo in· porto! Si parte!

, n cognome e la provenienza della non awenente moglie di Totò si


:,~no a facili giochi di parole:

. NICK (Carlo Ninchi): Carmela d'Aci Trezza/ Capuzzi da ragazza//


TOTÒ: Carmela d'Aci Trezza/ che puzza da ragazza!
_-\.\filCARE (Mario Castellani): Che tristezza!
WTÒ: Che schifezza! [Le sei mogli di Barbablù, 1950] .

.B nome di «Alì Babà» suscita «a li morté» e «come sta mammà» [Totò


, , ~ , 1950]. Una cosiddetta rima sdrucciola si incontra in «questo sta-
. mi sconfinfera» [Totò cerca casa, 1949] 10 • Abbiamo già incontrato se-

, ""Con rima sdrucciola si intende quell'assonanza ritmica che consiste nel solo ri-
. , · dell'accentazione sdrucciola, senza identità di suono dall'ultimo accento; per
lchi di Manzoni: «sparsa le trecce morbide», «lenta le palme, e rorida», «gia-
;'.\*~ pc col tremolo» ecc.
174 LA LINGUA IN GIOCO

co nei pleonasmi; ora lo vediamo utilizzato in giochi rimici («seco meco»


e «seco teco»): «vieni seco meco» [L'imperatore di Capri, 1949]; «seco te-
co voglio dividere onori e glorie» [Totò contro Maciste, 1962]. All'accusa
di «crumiro» rivoltagli da uno scioperante dei traghetti di Napoli-Capri,
Totò risponde: «fachiro» [L'imperatore di Capri, 1949]. «San Siro/ Sanso-
ne/ san Babila/ tutti parenti sono»: i santi e l'eroe biblico vengono acco-
munati soltanto in base alla sillaba iniziale (san). Console e consolare ven-
gono giustapposti per paronomasia:

DONNA: Al ricevimento del console//


TOTÒ: Ciò è consolante// E il console
DONNA: È al consolato//
TOTÒ: Oh/ mi consola//.

Analogamente l'ora e il questore, nel celeberrimo:

TOTÒ: E dove avete intenzione di condurmi a quest'ora?


UOMO: In questura// Dal questore//
TOTÒ: Dal questore/ in quest'ore/ in questura?! [Totò le Mokò, 1949].

«La serva serve» [Totò terzo uomo, 1951], gioco che, in Totò a colori,
1952, diventa un vero e proprio tormentone: «la serva non serve/ no?», «la
serva serve», «fa' che io la serva», «vado a osservare dove sta la serva», «ma
la serva non serve mai/ però». «Cosa? La casa del coso?/ Ma/ scusi/ lei par-
la a caso»; «il primo che compare/ gli faremo fare il compare» [Sette ore di
guai, 1951]. Altra rima sdrucciola in: «un'attrazione fisica/ psichica/ ar-
cheologica» [Il più comico spettacolo del mondo, 1953]. «Sette per otto/
qui succede il quarantotto» [Totò all'inferno, 1955]. A1 nome di «duca»,
Totò risponde sempre con «dica», in un tormentone paronomastico che
percorre l'intero Totò lascia o raddoppia?, 1956. «Lucullo/ come culina-
ria»: qui le due parole sono accostate non soltanto per l'allitterazione, ma
anche per la contiguità semantica possibile grazie all'espressione idioma-
tica pranzo luculliano, in cui in effetti il nome del poeta latino Lucullo è
associato al campo semantico della culinaria [Totò lascia o raddoppia?,
1956]. «Se lei non mi lascia passare/ il lasciapassare/ chi me lo rilascia.?»
[Gambe d'oro, 1958]. «E io come tratto/ la tratta/ se non so di che si trat-
ta?» [Totò, Peppino e le fanatiche, 1958]. La figura etimologica retta sulla
radice cosa, con allusioni oscene, caratterizza la scena conclusiva di Totò
nella luna, 1958: «tu sei un bel pezzo di casona», «non sai ancora casare»,
E CHI PIÙ NE HA, PIÙ NE METTA: L'ACCUMULAZIONE 175

..che bella cosa/ na casona e sera», «cosa oggi/ cosa domani/ da cosa nasce
,:osa». Lo spagnolo «te quiero» 'ti voglio' è «come bicchiero/ carabiniero»
[Jotò, Eva e il pennello proibito, 1959]. Totò chiama il suo servitore (Alì,
Mario Castellani) per ben tre volte, soltanto per il facile gioco fonico: «Alì!
Mé!» [Noi duri, 1960]. «Sei affascinante// Sei conturbante// E oserei dire/
se mi è permesso/ adiacente» [Signori si nasce, 1960]. «lo mi inchino/ a
capo chino/[ ... ]// E andiamo a Capo di Chino»; «il caso del caso sui mac-
dleroni»; «a cuoppo cupo/ poco pepe capa» [Chi si ferma è perduto,
1960]; dallo stesso film, abbiamo già citato il lungo brano shakespeariano
neramente recitato in rima (VI). «Ninfette» viene collegato a «infette» e a
~tiche» [Totò di notte n. 1, 1962]. Per far rima con «Grecia», «Tracia» e
..cappadocia» Totò dice: «spengo la lòcia» [Totò e Cleopatra, 1963].
XVIII. «COL PIMICE E IL POMICE»:
GIOCHI DEL SIGNIFICANTE (FORME IMMOTIVATE)

Tuttì i giochi linguistici sono caratterizzati da uno slittamento, cioè da


~ deformazione di parole o di enunciati, o del solo significato (giocan-
'00 sulla polisemia e sull'omonimia), o del solo significante (deformando
·la fonetica di una parola, riducendola a forma inesistente), o del significa-
li e del significante insieme (usando una parola al posto di un'altra: è
'~to il caso più frequente e più divertente). Conforme immotivate si
bende una deformazione del significante che genera una parola non ri-
:,cQC',ducibile ad alcun significato, ma simile soltanto alla forma di partenza.
k forme motivate sono invece quelle parole (sintagmi o enunciati) che,
. ~ deformate, permettono comunque di intuire dove vuole andare a pa-
,ne il comico, lasciando cioè trasparire la somiglianza con una parola di-
· ~ da quella di partenza. Anche in questo caso, come di consueto, le
~ d e forme sono più divertentì delle prime, poiché gli utenti della lin-
p provano un piacere tanto più vivo quanto più lo stravolgimento del
, ~ investe sia il significato sia il significante, mettendo così a repenta-
. funzionamento dell'intera macchina comunicativa, in una sorta di
ione carnevalesca.
fune al solito, in tutti gli esempi seguenti, oltre alla funzione ludica
essere occasionalmente osservata anche una certa volontà mimeti-
. tica, ora dell'italiano popolare, ora del linguaggio snob. Ancora
~TOita è tuttavia necessario precisare che i due aspetti (mimetico e
~ c o ) non sono mai facilmente separabili nel teatro e nel cinema
~ltaò, e in particolar modo in Totò.

~ I . la «pesca subacquèa»: spostamenti d'accento

l'accento della parola viene ritratto: «chiamatemi un tàssi»


con le mani, 1937}; «dicèria» [Le sei mogli di Barbablù, 1950];
·confà' [Totò sceicco, 1950]; «indòvina» [Totò all'inferno, 1955];
ITotò, Peppino e... la malafemmina., 1956]; «Tòbia» per «Tobia»
178 LA UNGUA IN GIOCO

[Totò, Eva e il pennello proibito, 1959]; «mormòrio» [Totò contro Maciste,


1962]; «cospìcua/ o còspicua» [Totò e Peppino divisi a Berlino, 1962]; «im-
presario èdile» [Totò contro i quattro, 1963], detto da Castellani, ma la
forma, errata, èdile è, ed era, talmente diffusa, che forse non si tratta qui
di fenomeno voluto ma del tutto involontario.
Più spesso, l'accento viene invece fatto avanzare di una sillaba, forse
perché alle parole sdrucciole Totò (e la comicità popolare) assegnava un
risibile sapore di ricercatezza e d'esotismo, degno di essere parodiato e
stravolto: «nausèa,, [Fifa e arena, 1948]; «anedòto» 'aneddoto' [Totò a co-
lori, 1952]; «disciplina ferrèa» [Totò, Peppino e... la malafemmina, 1956];
«missìle» e «missìli» [Totò, Vittorio e la dottoressa, 1957; Totò nella luna,
1958]: cfr. anche il cap. XV, sulla giustificazione fornita da Totò a proposi-
to di questo spostamento d'accento; «ebète» 'ebete' [Totò, Eva e il pen-
nello proibito, 1959]; «lei titùba» [/ tartassati, 1959]; «talàmo» [Letto a tre
piazze, 1960]; «spontanèa» [Chi si ferma è perduto, 1960]; «atèi» [Totò e
Peppino divisi a Berlino, 1962]; «baritòni» [/ due colonnelli, 1962]; «intè-
gra» [Totò contro i quattro, 1963]; «pesca subacquèa»; «occhio vitrèo»
[Che fine ha fatto Totò Baby?, 1964].
Di «eurèka», «errata corrìge» e «coctèl» 'cocktail' abbiamo già detto a
proposito dei forestierismi.

XVIIl.2. «Tutti abbiamo una marna»: aggiunta, perdita o sostituzione di


fonemi o di sillabe

Aggiunta di fonemi o di sillabe: «enziandio» [Totò le Mokò, 1949; Le sei


mogli di Barbablù, 1950; Totò a colori, 1952; I tre ladri,1954; Totò lascia
o raddoppia?, 1956; Totò, Vittorio e la dottoressa, 1957; Totò, Eva e il pen-
nello proibito, 1959; Totò 'e Peppino divisi a Berlino, 1962; I due colon-
nelli, 1962; Amore e morte, 1965; Totò d'Arabia, 1965]; «ritornandocici» e
«entrarvicici» [Totò le Mokò, 1949]; «anneddoto» [Totò cerca pace, 1954];
«sono stufio» 'stufo' (Totò all'inferno, 1955]; «indingenti» 'indigenti' [Rac-
conti romani, 1955]; «manovra stratregica» [Totò, Peppino e... la mala-
Jemmina, 1956]; «indingenza,, 'malattia' [Il monaco di Monza, 1963].
Perdita di fonemi: «colpo apopletico» [Il più comico spettacolo del
mondo, 1953]; già abbiamo visto il caso di «marna» 'mamma' in Racconti
romani, 1955; «stai zito! Che ti sa.lutti!» [Che fine ha fatto Totò Baby?,
·<D. ffl,fICE E IL POMICE»: GIOCHI DEL SIGNIFICANTE (FORME IMMOTNATE) 179

•1; «nono» 'nonno', «babo» 'babbo' e «marna» 'mamma' [Amore e


~ ' 1965).
:Sostituzione di fonemi o di sillabe: «mosica» e «mòseca» 'musica' [San
~ n i decollato, 1940; Totò a colori, 1952; Gli onorevoli, 1963; Rita,
._figlia americana, 1965: «la mòseca sì// Ma quella vera// Quella con la
. maioscola»]. «Carta di dindiridà» 'carta di identità', che è già in tea-
.. , . in Se fossi un don Giovanni, 1938, ripreso in Belle o brutte mi piac-
~ IUtte!, 1942 1, al cinema si trova in Le sei mogli di Barbablù, 1950; Il
~ napoletano, 1953; Lo smemorato di Collegno, 1962 (nella variante
,,. d'indindindà); Totò e Cleopatra, 1963 (nella variante «carta d'indio-
·., ' ). «Farabotto» [47 morto che parla, 1950]; «ho acconsensato» 'ac-
~ t i t o ' [Totò terzo uomo, 1951); «qualche caitano della sua età» 'coe-
., · (che gioca anche sull'assonanza col nome Gaetano); «anciclopedi-
e ore di guai, 1951]; «col pimice e il pomice» 'con l'indice e il
[Totò a colori, 1952); «il dito pomice» 'pollice' torna anche in Totò
n. 1, 1962 (in entrambi i casi, forse, si gioca con l'identità con pie-
ice e, soprattutto, con la somiglianza col verbo pomiciare); «io
gìle» viene da altri corretto in «longevo» [Totò cerca pace, 1954);
» 'filigrana' [La banda degli onesti, 1956); «io sono un profes-
'professionista' (che forse gioca sull'omofonia con professione x,
,,-. . ·on nichts, cioè 'nessuna professione') [Totò e Marcellino,
~ : : «inciopiente» 'incipiente' [Gambe d'oro, 1958); «frigorifico» 'frigo-
!aiD' [Totò a Parigi, 1958); «amatema» 'anatema' [Il monaco di Monza,
~;i; <Ultifecosativo» 'antifecondativo' [Uccellacci e uccellini, 1966);
~ 'sindaci' [Operazione San Gennaro, 1966].

"'"· ~5. cSono un /orziero!»: metaplasmi

-~[aldenza al livellamento analogico è tipica dei giochi linguistici, ol-


~ dei linguaggio infantile e popolare e della trasformazione di un si-
~ . Èguistico in un altro. Anche questo fenomeno colloca dunque il
:!iiedlale su un terreno confinante con quello delle origini di una lin-
fasi infantili dell'apprendimento. Il metaplasmo, ben noto in
~ lingua italiana, consiste nel passaggio delle parole da un grup-

:.G: Gwrini 1991 (a c. di), p. 206.


180 LA LINGUA IN GIOCO

po di desinenze a un altro, nella transizione dal latino all'italiano: in italia-


no antico si avevano per esempio comuno e tristo (da COMMUNEM e
TRISTEM), che oggi, per rilatinizzazione successiva, sono ridiventati co-
mune e triste. Tuttora si dice mòrdere e àrdere dal lat. MORDERE e AR-
DERE. Non mancano, nei film di Totò, le forme metaplastiche, solitamen-
te utilizzate per connotare i personaggi appartenenti ai ceti più bassi o
che vogliono darsi un tono, senza riuscirci. Il fenomeno tipico è quello di
considerare maschili tutti i sostantivi terminanti in -o e femminili quelli in
-a e, per conseguenza, di far terminare in -o anche i maschili in -a e in -e
e di far terminare in -a anche i femminili in -e 2 •
«Commara» 'comare' [San Giovanni decollato, 1940]; «rudere» 'rude-
re' (attestato anche in italiano antico) [Guardie e ladri, 1951]; «flebile»
'flebili', femm. plur. [Totò a colori, 1952]; «forziero» 'forziere: che ha for-
za' (Giuffré: «accidenti/ e che forza/ che tiene!», Totò: «sono un forziero! È
per questo/ che faccio il donnaiuolo») [Il turco napoletano, 1953]: come
si vede, qui il gioco è duplice, poiché oltre al metaplasmo (peraltro atte-
stato nell'italiano antico) si ha anche il cambiamento di significato difor-
ziere. «Coniugo» 'coniuge, marito' [Totò, Peppino e i fuorilegge, 1956; Chi
si ferma è perduto, 1960]; il capello di una donna è «una capella» [I ladri,
1959]; quest'ultimo esempio mostra la tendenza di Totò a flettere in base
al genere anche i termini che non lo consentono: si ricordi «avreta» 'avre-
te' nella citata lettera di Totò, Peppino e... la malafemmina, 1956; si veda
anche «levatricio» 'un uomo che fa da levatrice' [Il monaco di Monza,
1963]. «Cagnomo» 'cognome' [Lo smemorato di Collegno, 1962]; «ribello,.
'ribelle' (attestato anche in italiano antico); «l'amatema più profonda» 'l'a-
natema più profondo' [Il monaco di Monza, 1963]; «catastròfa» 'catastro-
fe', con metaplasmo e avanzamento d'accento [Totò contro il pirata Ne-
ro, 1964].

2 Si intende qui metaplasmo nell'accezione più ristretta che del termine danno #-'.
storici della lingua italiana (cfr. Serianni 1989, p. 69), anche se in retorica esso è inteso·•
più ampiamente come 'ogni cambiamento di forma di una parola': protesi (aggiunta à;
uno o più suoni all'inizio della parola), epentesi o anaptissi (aggiunta di uno o più suo-- ;
ni in corpo di parola), epitesi (aggiunta di uno o più suoni alla fine della parola),
resi (caduta di uno o più suoni all'inizio della parola), sincope (caduta di uno o ,
suoni in corpo di parola), apocope (caduta di uno o più suoni alla fine della parola), 4 {
sione (caduta della vocale conclusiva di una parola solo davanti a parola che inizi pei:;J
vocale) ecc. (cfr. Mortara Garavelli 1992, pp. 122-32). 1
XIX. «GIULIETTO E ROMERA.»:
GIOCHI DEL SIGNIFICANTE E DEL SIGNIFICATO
(FORME MOTNATE)

':'m.1. «Impiegati sparastatali»: sostituzione di fonemi che genera


parole inesistenti ma allusive

Jn questo gruppo d'esempi, la parola inventata rimanda inequivocabil-


e, nel suono, a un'altra parola, anche se spesso del tutto deconte-
ta.
,impiegati sparastatali»: rimanda a sparare [I due orfanelli, 1947J;
~erenze» 'referenze': nato dall'incrocio tra riverenza e benemeren-
~ {i"Jlò cerca moglie, 1950J; «caspite» capisce Totò in luogo di «aspide»,
F~50nanza con «caspita», resa esplicita nella battuta seguente: «che ca-
.· di. morso/ m'ha dato questo caspite» [Totò all'inferno, 1955]. «Ippo-
o di Londra»: evidente incrocio tra Ippodrome 'nome di un fa-
tra londinese' e ippopotamo [Siamo uomini o caporali, 1955];
pa» 'autostop': rimanda a stoppa [Totò a Parigi, 1958]; «astrona-
C'•.,·· ~ itm1tanda a natica [Totò nella luna, 1958]; «incoscio» 'inconscio,
6am': rimanda a coscia [Chi si ferma è perduto, 1960; Totò di notte n.
~.~}; «rotocacchi» 'rotocalchi': rimanda a cacca e a cacchio [Totò di
1, 1962]; «cacamita» 'calamita': rimanda a cacare, cacca; «bisesti-
'bì:sestile': rimanda a stitico [Totò contro il pirata Nero, 1964].

~;.M .padicherma»: metatesi e inversioni

·' esi si intende l'inversione dell'ordine di successione dei suo-


rola, fenomeno anche questo caratteristico sia dei giochi lin-
dei lapsus, sia del linguaggio infantile, sia del linguaggio po-
1Jpiare 'storpiare'), sia, talvolta, dell'italiano rispetto al latino
da CROCODILUS). :Vediamone alcuni esempi nei nostri film.
, in questo come nel successivo paragrafo, anche esempi
, sono forme non motivate (in quanto non rimandano ad al-
~rola, se non a quella di partenza), ma che si preferisce tratta-
182 LA UNGUA IN GIOCO

re unitariamente, per non disperdere il fenomeno dell'inversione (e della


segmentazione) in due distinti capitoli.
«Crepi», metatesi per «Capri», è inteso da Totò come un insulto [Totò a
colori, 1952]; «padicherma» 'pachiderma' [Totò e i re di Roma, 1952];
«Missipissi» 'Mississipi' [Totò e Marcellino, 1958]; «benedico» e «benedet-
to» 'dico bene' e 'ben detto'; «fuga calli» 'callifugo' [I ladri, 1959]; «fedi-
grafo» 'fedifrago' [Letto a tre piazze, 1960; Gli onorevoli, 1963]; «pirolo»
'piloro' [Il monaco di Monza, 1963].
È possibile l'inversione anche tra sillabe appartenenti a parole diverse
e tra parole della stessa frase: «riflesso a otto cilindri» è deformazione di
«cilindro a otto riflessi» [Animali pazzi, 1939]; «Giulietto e Romera» e «Ra-
metto e Giuliera» 'Giulietta e Romeo' [Il ratto delle Sabine, 1945]; anziché
dire «un amico vestito da prete», Totò dice: «un prete vestito da amico»
[Guardie e ladri, 1951]; Peppino De Filippo anziché dire «arrivederla a
Montefiori// Tanti auguri», come gli suggerisce Totò, dice: «auguri/ signo-
ra// e tanti fiori a Monteauguri» (Una di quelle, 1953] .
Altri esempi di questo tipo si trovano nel capitolo successivo, a propo-
sito della deformazione dei modi di dire. Questo tipo di gioco viene anche
detto antìstrofe o, in francese, contrepet o contrepèterie (in varie grafie) 1.

XIX.3. «Per Dinci e Bacco»: segmentazioni

Consistono nello scomporre le parole di senso compiuto o i nomi pro-


pri in due frammenti, che, spesso, sono senza senso e, talvolta, hanno in-
vece significato autonomo e diverso da quello di partenza: «Sic e Spir»
'Shakespeare' [Il ratto delle Sabine, 1945]; «enzio andio» 'eziandio' [Totò
cerca casa, 1949; Totò le Mokò, 1949; Figaro qua... Figaro là, 1950; 7btò
contro Maciste, 1962; Totò sexy, 1963]; «per Oinci e Bacco» [Le sei mogli
di Barbablù, 1950; Totò all'inferno, 1955]; «a Chicche e Sia» [La banda
degli onesti, 1956; Totò, Eva e il pennello proibito, 1959; Chi si ferma è
perduto, 1960; Totò e Cleopatra, 1963; Totò contro il pirata Nero, 1964j:
«Gani Mede» [Totò, Peppino e i fuorilegge, 1956]; «Odissee Ea» [Totò, Pep;-

1 «la contrepèterie [... ] mira all'inversione delle lettere o delle sillabe di una catena,

verbale per produrre un effetto comico e sovente osceno: dafemmefolle de la messe


a/emme molle de la fesse» (Umberto Eco, in Queneau (1947] 1983, p. VII n. 1). Suf
contrepet cfr. anche François 1966.
"1QLUE1TO E ROMERA»: GIOCHI DEL SIGNIFICANTE E DEL SIGNIFICATO... 183

aJmW e i fuorilegge, 1956]; «tergi e versare» [I tartassati, 1959]; «ai roto e


ak:hi» [Chi si ferma è perduto, 1960]; «Walter e Closet» 'water-closet' [Lo
:'BJl!lemorato di Collegno, 1962]; «a Ong e Ncong» [Totò di notte n. 1,
1%2J; «Marco e Antonio» 'Marcantonio' [Il monaco di Monza, 1963].

UX.4. «Che ha detto il cadetto?»: segmentazioni di senso compiuto e


ricomposizioni

•. . )ololto più divertenti sono gli esempi nei quali si gioca anche sul signi-
;~o delle forme scomposte. Si tratta perlopiù dei fenomeni cosiddetti
.;~concrezione (o agglutinazione) e di discrezione (in genere dell'artico-
o della preposizione, ma possibili tra due morfemi qualsiasi): un sin-
··· costituito da articolo o preposizione + nome viene reinterpretato
\t~ un'unica parola (l'ava 'la nonna' ~ lava) o, viceversa, un'unica pa-
1• 1,,iene reinterpretata come articolo o preposizione + nome (accesso
i~al cesso) o, infine, l'articolo pieno viene reinterpretato come articolo
\~, e una parte di esso viene accorpata alla parola successiva o vicever-
:;• ti.ii gente ~ l'agente; l'udito ~ lu dito 'il dito'). Anche questo è uno
;~ fenomeni tipici del linguaggio popolare e, quindi, della trasformazio-
;F ;;fu, un sistema linguistico a un altro: tra gli esempi più noti si può cita-
·~Kiespressione piantare in asso, che deriva dal mito di Bacco e Arianna,
' tima abbandonata dal dio nell'isola di Nasso; similmente, si pensi
. tivo allarme, che deriva dall'univerbazione della locuzione al-
usata come grido per annunciare la presenza del nemico, oppure
tivo avello, dal lat. LABELLUM (da cui deriva anche lavello) 2 •
:My [1932] 1963 (pp. 395-96) cita numerosi giochi linguistici in fran-
!Mil::,retti proprio sul meccanismo dei «falsi tagli»: il nome «Alexandre»
l\llflkper esempio facilmente tramutarsi in un incendio: «allez! Que cen-
_,)mdate! Che cenere!»; «pauvre mais honnete» 'povero ma onesto'~
~ maisonnette» 'povera casetta', ecc. Il francese, come spiega l'au-
~ è fa lingua in cui questi giochi riescono meglio, dal momento che la
-~ttura fonetica è incline all'«addensarsi dei gruppi», ovvero, me-
~ i fenomeni dell'aferesi, della sincope e dell'apocope (caduta di
~:.,lrinizio, al centro o in fine di parola), mostra una spiccata tenden-

ff'c~quesio tipo di giochi cfr. Guiraud 1976, pp. 12-14.


184 LA UNGUA IN GIOCO

za a ridurre il corpo fonico delle parole e a limitare le differenze tra nessi


di suoni. Tali tendenze, sempre più precocemente attestate nella pronun-
cia che nella scrittura (conservativa per sua natura), sono esplicite anche
nella vistosa distanza tra grafia e pronuncia francesi.
Ma vediamo ora alcuni esempi tratti dal nostro corpus: all'espressione
«rendergli omaggio» Totò riponde: «o giugno» [Animali pazzi, 1939]; un
«drammaturgo» diventa un «dramma turco» [Il ratto delle Sabine, 1945].

ATTORE (Mario Castellani): Prestami/ per un istante/ l'udito//


FIGARO (Totò, nelle vesti di Pulcinella): (mostrando un dito) Te'//
ATTORE: Ma non questo//
FIGARO: (mostrando l'altra mano) Questo//
ATTORE: Né questo/ né quello//
FIGARO: E allora/ quale vuoi?
ATTORE: Ho detto/ "prestami"!
FIGARO: (porgendo un dito) Lu dito//
ATTORE: Ma no! Prestami l'attenzione! Ascoltami!;

FIGARO (Totò): E se invece dell'oste/ c'è la moglie?


FIORELLO: È lo stesso//
FIGARO: È lo stesso? Eh no! È l'ostessa// [Figaro qua... Figaro là, 1950].

Similmente, «hostess» è inteso come «la stessa» in Letto a tre piazze,


1960; un «otorinolaringoiatra» diventa «a Torino laringoiatra» [Figaro
qua ... Figaro là, 1950]; alla domanda di Castellani: «partenopeo?», Totò ri,;-
sponde: «Parte nopeo/ e parte napoletano» [Le sei mogli di Barbabll}~
1950]; la felicissima battuta, che dà anche il titolo al catalogo della mosta
su Totò tenuta a Roma nel 1998-1999, torna, leggermente modificata, an-
che in Il monaco di Monza, 1963: «oriundo partenopeo// Parte napol~!
no/ e parte di Casoria»; similmente, alla domanda «sei circasso?», Totò à+i
sponde: «circa/ casso» [Totò d'Arabia, 1965], in cui si gioca anche sulr~l
sonanza oscena di «casso». '"'

LADISLAO (Tino Buazzelli): Ma non eravate di là/ con Lana? 'f;Ì


TOTÒ: Sì! ero con la collana// Poi è venuto Barbablù [Le sei mogli di ~1
blù, 1950]. I:;

L'espressione «in mezzo alla gente» è così fraintesa da Totò: «di pu~i;
ca sicurezza!/ Uno di qua/ e l'altro di qua» [Le sei mogli di BarmlN~
·~UETTO E ROMERA»: GIOCHI DEL SIGNIFICANTE E DEL SIGNIFICATO... 185

l950}; il gioco ritorna in Totò sexy, 1963, quando, alla presentazione di


~ spogliarellista come una che «si spoglia davanti alla gente», Macario
· ~ : «si spoglia davanti alla pubblica sicurezza».

L.\i'ìA (Isa Barzizza): Ho canta emozione// E voi?


TOTÒ: Io? Novanta/ la paura// [Le sei mogli di Barbablù, 1950].

SONIA (Fiorella Mari): Ho tanta paura//


TOTÒ: Ottanta paura// Ottanta paura// Cominciamo col dire che sei in errore//
Perché la paura non fa ottanta// La paura fa novanta// [Siamo uomini o
caporali, 1955]3.

l ~ i o n e «siamo attesi» è presa da Totò come un complemento di


; ~ («a Tesi»), tanto che la sua reazione è: «come/ non siamo a Napoli?»
···. · i mogli di Barbablù, 1950]; analogamente, «desolato» è interpreta-
. e «de Solato», cioè proveniente da un fantomatico paese di nome
e, subito dopo, «accaduto» è frainteso come «è caduto»:

Q.\IERIERE: Sono desolato//


'IDTÒ: Ah/ molto piacere// Eh/ de Solato/ de Solato ... Dove resta/ questo pae-
se?
c~_\fERIERE: No! Io/ sono desolato//
'IOTÒ: Ma non è francese/ lei?
G.\iERIERE: Si/ francese//
!IDfÒ: Dice/ "sono de Solato"//
~ R E : Desolato/ sconvolto per l'accaduto//
\'fflfÒ: Ah/ è caduto qualche cosa/ si è sconvolto... [Totò a Parigi, 1958].

1[iome abbiamo già visto, «è caduto» per «è accaduto» torna anche in


· aie, 1959. Sempre sul genere di attesi e desolato c'è a tentoni,
· Macario per un complemento di luogo («a Tenton~»), citato nel
dedicato all'onomastica (XI.5). Il giardiniere pugliese di Totò a
1952, nel brano sopra citato, fraintende «entrambi» come «in tram»
come «Eugenio»; nello stesso film, il nome di «Cortina d'Am-
, viene deformato da Totò: «angh'io/ sono stato a Cortina/ ma
,pez;zD/ ci sono stato». Le «peripezie» diventano delle «pere per la

:pm «ho tanta paura [... ] No! Novanta la paura» è già nella rivista La vergine di
\".'32 (cfr. Fofi 1980 [a c. di], p. 44).
186 LA UNGUA IN GIOCO

zia» [Siamo uomini o caporali, 1955; Totò contro il pirata Nero, 1964]. Il
duomo di Milano viene definito «mezzo ovale» 'medievale' [Totò, Peppino
e... la malafemmina, 1956]; «medio ovale» per «medievale» è anche in
Gambe d'oro, 1958, e in Totò nella luna, 1958. Nella lettera di Totò, Pep-
pino e... la malafemmina, 1956, abbiamo già commentato «a dirvi» ~
«addirvi», «quest'anno» ~ «questanno» e «consolate» ~ «con le insalate».
«Di soppiatto», detto da Totò, è frainteso dall'amico come «sotto i piatti»
(Totò, Vittorio e la dottoressa, 1957]. «Sugo cosciente» sta per «subco-
sciente» [Gambe d'oro, 1958]. «La guna di Venezia» [Totò a Parigi, 1958].
«Questo è dovere» è frainteso da Totò come «questo dov'era?»; «addetto»
è preso per «ha detto» [Noi duri, 1960]. All'accusa di Fabrizi «sua figlia è
una ninfetta!», Totò risponde: «noi in casa stiamo tutti quanti bene di sa-
lute// Mia figlia/ non ninfetta nessuno/ non ninfetta!» [Totò, Fabrizi e i gio-
vani d'oggi, 1960]. A «sei edotto» Totò reagisce con: «quattordici»; all'ac-
cusa di «pusillanime» Totò si risente: «badi come parla! L'anima puzzerà a
lei!» [Totò contro Maciste, 1962]. Il notaio dice «beni immobili» e Totò ca-
pisce «beni e mobili» [Totò diabolicus, 1962]. Nino Taranto: «con che co-
munichi? Con Checca/ vuoi comunicare!» [Il monaco di Monza, 1963].

EGIDIO (Nino Turanto): Sia dato loro libero accesso//


PASQUALE (Totò): Non ho capito// ·
EGIDIO: Libero accesso//
PASQUALE: (a Egidio) Grazie// (aMamozio) Hai bisogno/ tu/ dL.
MAMOZIO (Macario): Io no//
PASQUALE: E nemmeno io// Dopo/ caso mai//
(... )
EGIDIO: Concesso//
PASQUALE: Non c'è bisogno// Basta un piccolo vasetto//.

PASQUALE: Chi è Nicoletta?


EGIDIO: L'ava//
PASQUALE: Eh?
EGIDIO: L'ava/ la nonna//
PASQUALE: Nicoletta?
EGIDIO: Eh//
PASQUALE: Lava la nonna?
EGIDIO: Nicoletta l'ava/ la nonna//
PASQUALE: Perché/ la nonna cj aveva i moncherini// Non se poteva lavare da
sé? (Il monaco di Monza, 1963].
<OGR1l.lETIO E ROMERA»: GIOCHI DEL SIGNIFICANTE E DEL SIGNIFICATO... 187

Poco dopo, nello stesso film, il marchese Egidio è definito «il nipote
della lavandaia», con ripresa del gioco di «lava» per «l'ava». Con battuta
proverbiale, alla domanda «il popolo chiede sesterzi», Totò risponde: «se
~ o so' fatti miei» [Totò e Cleopatra, 1963]. «Educandato», detto da
'hò, è frainteso da Macario come «dov'è andato» [Totò sexy, 1963). «Ma-
. ~ amo», detto da una donna, è frainteso da Totò come «ma non lo
a10» [Totò contro il pirata Nero, 1964}. Nel capitolo dedicato all'ono-
.a;astica abbiamo vi.sto altri esempi analoghi di scomposizione e ricompo-
~ne di nomi propri: «Lumaconi» > «Le Mokò» [Totò le Mokò, 1949];
<ìiOmar» > «'o mar>> 'il mare' [Totò sceicco, 1950; Totò d'Arabia, 1965] e
~omàr» > «vid' 'o mar» 'vedi il mare' [Noi duri, 1960]. Infine, «cadet-
• è scambiato, prima da Totò, poi dal suo interlocutore cadetto, per
<h 'ha detto?» [Totò contro il pirata Nero, 1964].

m-5. «Miope o preside?»: paronomasie scarsamente motivate


fu realtà, sotto il nome di paronomasia, come abbiamo già detto
,P\11.4, n. 7), rientra la gran parte dei giochi di parole (traduttore/tradi-
~). delle figure poetiche (Laura/l'aura) e delle deformazioni dell'ita-
m:> popolare (acne/acme; schermire/schernire; avallare/avvallare),
.·~ sulla sostituzione di suoni 4. In questo capitolo ci occuperemo degli
' . ~ i di parole svincolati da motivi semantici: le parole usate l'una al po-
·•;a;, dell'altra hanno cioè soltanto suoni simili, ma significati diversissimi
t'~, appunto, acne/acme ecc.) e lo scambio non è mai motivabile dal
::~esco. Talvolta a innescare il gioco è un ostacolo fisico: Totò non sen-
i:J;;ene quello che gli viene detto e riformula così a suo modo l'intero
:~ato. Altre volte, invece, l'enunciato nasce già deformato, o per mi-
··.•·~ dei modismi popolari, o, più spesso, con mera finalità ludica.
:Y};i .sumerossissimi gli esempi.
i,}> "dffOstatici» 'aristocratici' [San Giovanni decollato, 1940; Il più comico
·~alo del mondo, 1953: «areostatiche» 'aristocratiche'}; «pipistrello»
!~ella' [San Giovanni decollato, 1940]. In Totò le Mokò, 1949, d'am-
}"vuzione algerina, si gioca variamente sul bisticcio casba/casa: «questa è


%. . ca.sba di tolleranza>,; «non sei il tipo casbalingo»; «donna di casba»; «ca-
t:\/-

~:'' J'Cfr. Mortara Garavelli 1992, pp. 208-10.


188

sba mia/ casba mia/ per piccina che tu sia/ tu mi sembri una badia»;
in casba». Le «mense» sono 'le mensole'; «effetto ottimo» 'effetto
«consorzio» 'consorte' [Totò cerca casa, 1949]. «Preside» 'presbite':
chiali possono dunque essere «da miope o da preside» [Totò cerca
1950]; questa paronomasia viene ripresa, rovesciata, in Letto a tre ,
1960: «signor presbite» dice Totò al preside della scuola; in Il mo~~;
Monza, 1963, invece, presbite è sostituito con prestito: «leggi tu/ · ''
non ci vedo bene// Io cj ho un occhio miope// L'altro è prestito». Delle
plici amnesie diventano «amnistie cerebrali» [Totò cerca moglie, 1950}:

ATTORE (Mario Castellani): Tu! quale mi vedi/ io sono un uomo/ che la


ne/ di soppiatto/ devasta/ e che l'affetto uccide!
FIGARO (Totò, nei panni di Pulcinella): Anche a me/ sai?
ATTORE: Che cosa?
FIGARO: Anch'io/ sono un uomo/ che cj ho la passione/ per un bel piatto di
gioii/ e la pasta/ e due fettuccine [... ]// [Figaro qua ... Figaro là, 1

«Pediluvio» viene usato al posto di «plenilunio», allorché, alla rie


dell'età, Totò risponde:

ANTONIO: Quattro eclissi/ due alluvioni/ e un pediluvio//


ALBERGATORE: Ma cosa dice?! Ma non è possibile!
ANTONIO: Non li dimostro// Anche nella foresta/ tutti mi davano due p
di meno// [Tototarzan, 1950].

Nel medesimo film, mentre è in aereo e sta per lanciarsi col para~;
te, per il rumore dei motori Totò non riesce a sentire quello che gli ~
no e quindi fraintende tutte le indicazioni: '

COMMILITONE: Ci si lancia col paracadute//



ANTONIO (Totò): si mangia[ ... ] banane crude//
COMMILITONE: Ci vuole coraggio/ quando ci si butta//
ANTONIO: Formaggio e frutta//.
?i
L'equivoco si sviluppa, tanto che Totò crede di andare a un banche~!
mentre invece sta per gettarsi dall'aereo. «Fama» è frainteso come « f ~

LUKAS (Luigi Pavese): Un uomo con la vostra fama!


TOTÒ: Si vede?
Pi '.Jà-~y,: GIOCHI DEL SIGNIFICANTE E DEL SIGNIFICATO... 189

,oos;a?
~pai;-irlo,// [Le sei mogli di Barbablù, 1950].

'.film, «lussuriosa» per «lussuosa,,. «Predone» è da Totò frain-


, tanto che aggiunge: «io sono un laicone»; il Patto Atlan-
:un ..garro atlantico»; «colluttorio» 'colluttazione' e «colpo d'in-
'insolazione, colpo di sole' [Totò sceicco, 1950]. «Asmatico»
[Guardie e ladri, 1951]. In luogo di «chi mi frena!», det-
maestro Tiburzi (Virgilio Riento) capisce «chi mi frega» e invei-
.. che lo frega// Lei è un maniaco!»; in luogo di «ostetrico» (la
dell'onorevole Cosimo Trombetta/Mario Castellani), Totò capi-
e questo è il suo commento: «beh/ se capisce// Per forza// [... ]
ostriche/ si guadagna poco» [1btò a colori, 1952]. «Zio fraterno»
da Totò come «zio fetente» [Totò e i re di Roma, 1952]; l'aggetti-
. e altri accostamenti paronomastici: a Nino Turanto che gli
· _Totò grida: «fetente!», poi correggendolo in «potente!» [Il mo-
' 1963]; «fetente» è infine accostato a «offende»: «chi si of-
mote» [Totò d'Arabia, 1965]. «Cinturone» sta per «centurione»
.e di Roma, 1952]. «Esequie» 'ossequi' [Totò e le donne, 1952; Uc-
e uccellini, 1966] ; «esequie» viene utilizzato anche per 'condo-
..esequie/ signora// Le mie esequie» [Siamo uomini o caporali,
are» 'combinare' [Totò e le donne, 1952]. «Un evaso da notte»
e), detto da Totò, allude paronomasticamente a «un vaso da
turco napoletano, 1953; Totò contro Maciste, 1962]. Totò dice
e Peppino capisce «vitamina» [Una di quelle, 1953] . Totò, contan-
..nuova» per «nove»: «abbassiamo due àfre e porta nuova// E porta
e Castellani prontamente ribatte: «sì/ pijo er tranve...» [La macchi-
' 1954]. Don Gaetano (Gianni Cavalieri): «sono commesso ...
per aver conosàuto una famiglia tanto lustra e illustrata» 'illu-
a e nobiltà, 1954]. Totò capisce «suonatore» anziché «senatore»
·- :o dei pazzi, 1954]; nello stesso film, «crudo» sta per «drudo»:

Oli5TALDI (Mario Castellani): Eccolo! Il tuo drudo!


~ (Totò): Ma che ... ma che crudo e crudo! Signore/ io sono cotto// Ma
cotto dal ... dal ... dal sonno//.

~colina», detto affettuosamente da Castellani alla moglie, è defor-


llJlda Totò in «concolina» [Il medico dei pazzi, 1954]; similmente, «la
190

concubina del re di Francia» (M.me de Pompadour) è deformato ••ì


concolina del re di Francia» [Totò a Parigi, 1958]. La classica invoc.;,,2i;9111R.1
di Caronte: «anime prave» è, prevedibilmente, intesa da Totò come~;;
brave»; «soppressato» sta per «sorpassato»; il dottore dice «il tra
chico», Pacifico (Dante Maggio) capisce «il tram delle pasticche»
controbatte: «il piroscafo delle caramelle» [Totò all'inferno, 1955] ..~
ria» sta per «penuria» [Racconti romani, 1955; la banda degli ar•4
1956; Tototrujfa '62, 1961; Totò contro Maciste, 1962]. «Figliolo ad "
adulto/ pardon» [Il coraggio, 1955] e, viceversa: «adulto» 'adultero' . ,,
a tre piazze, 1960]. «Impronte vegetali» 'digitali'; «policlinico dello~
'poligrafico'; la celeberrima «pietra emiliana» 'pietra miliare'; «con gli~
mari» è frainteso da Totò come «coi calamari» [La banda degli o ~
1956]. «Bicarbonato» 'carburatore'; «frasi sottòsemaforo» 'frasi m ~
che, sotto metafora' [Totò, Peppino e... la malafemmina, 1956]; ~
mente:

MICHELE (Totò): Metti in moto// Non te ne fare accorgere//


AMICO: E come faccio/ a mettere in moto?
MICHELE: Sotto metafora//
AMICO: Sotto metafora non c'è la messa in moto// La messa in moto sta SopQ
la metafora [Totò, Vittorio e la dottoressa, 1957].

«Laura» 'laurea' [Totò, Peppino e... la malafemmina, 1956; Totò dia~


licus, 1962]. «Oltre il consueto» 'oltre il consentito'; «coliche apatiche/!'
'epatiche'; una «caravella» diventa una «caramella», nel titolo della ri~
musicale: La caravella delle donne perdute; «parente» 'parentesi' [Toto,
Peppino e... la malafemmina, 1956]. «Parrocchia» per «parecchi»; «seda,.
no» dice l'amico, volendo intendere 'siedano', e Totò reagisce: «sì/ cip~
no// Siedano/ si dice//; «uno sputnik in un occhio» (alludendo alla famosa
navicella spaziale); «fotografi» 'fedifraghi' [Totò, Vittorio e la dottoressa,,
1957]. «Una volta tandem/ sono io/ che chiedo un favore a te»; «acme» 'ac-
ne'; «porpora>> per «puerpera» [Gambe d'oro, 1958]. «Singolo» 'posto in
treno' è frainteso da Totò per «simbolo»; «arrostire» 'arrestare': «chiamo le
guardie e la faccio arrostire» [Totò a Parigi, 1958]. «Paparino» lo chiama
Tognazzi, e Totò capisce «Paperino»; «forza di gravidanza» 'forza di gravità';
«santo Lumi» 'santi numi'; «boia» 'boa di struzzo' [Totò nella luna, 1958].
«Opere insegne» 'insigni'; «che siano rifocillati», detto da Mario Carotenu-
to, è frainteso da Totò come «rifucilati»; da «Maja» (il celebre dipinto del
aJl.iJf~.,,.: GIOCHI DEL SIGNIFICANTE E DEL SIGNIFICATO... 191

·creati: «maglia», «maglietta» e «magliaro» 'il pittore che co-


i museo madrileno del «Prado» è ridotto a un semplice
13.Ja e il pennello proibito, 1959]. «Marcella» sta per «par-
sta per «cronaca» [La cambiale, 1959] e «cronico» per
contro Maciste, 1962]. «Droghiere» 'spacciatore di droga';
'bJilcatto':

Buscaglìone): Ti offro un baratto//


... (Totò): E tu credi/ che io mi lasci convinvere/ per un barattolo/
· ~ di marmellata di prugne? O di pomodoro liquido? [Noi duri,

è frainteso come .«bibita»; «perizia callifuga» 'calligrafica'; «cj


imese» 'ecchìmosi'; «biga» 'bigama'; «siamo in avaria» è in-
o arrivando da Maria»; «tubi» per «dubbi»; «alito» per «ali-
tre piazze, 1960]. «Coliche» è frainteso da Totò come «alcoli-
Fabrizi e i giovani d'oggi, 1960). «Ho molta stitichezza» 'di-
' viene subito autocorretto [Chi si ferma è perduto, 1960] .
• detto da Totò, è frainteso come «materazzi» da Peppino De Fi-
<era un panno nel motore» 'una panna, un guasto' [Totò, Peppino
-4olce vita, 1961]. «Ambienti» 'abbienti'; «scuole alimentari» 'ele-
iTototruffa '62, 1961]. «Pedinare» è stravolto in «pettinare»; «ci-
to» 'prova di forza con le armi', per evidente assonanza con
armato» [Totò contro Maciste, 1962]. Peppino De Filippo dice
e «nacchera» per intendere 'natica'; Peppino usa «cappero» per
': sempre Peppino dice «m'hai fatto fa giorno» e Totò capisce
o fagioli» [Totò e Peppino divisi a Berlino, 1962]. La «Nona» di-
«nonna», sicché alla richiesta della «Nona di Beethoven», Totò e
rispondono di conoscere solo la zia [Totò di notte n. 1, 1962). «La
ne di Ginevra» 'convenzione' [J due colonnelli, 1962]. «Banale»,
Peppino De Filippo, viene frainteso da Totò come «banana» [Totò
!J!,J..l :r:. i quattro, 1963]. «Bergamasco» 'bergamotto' [Totò contro i quat-
- , 1963]. «Manico di manzo» sta per «monaco di Monza»; all'accusa di

·~termine magliaro non è privo d'agganci con la realtà socioculturale dell'epoca


· · ripreso anche in 1btò e Peppino divisi a Berlino, 1962, dove in effetti Totò fa il
· te di stoffe, per l'appunto il magliaro. Il tutto è evidente parodia del film,
sociale, I magliari, 1959, di Francesco Rosi.
192 LA llNGUA IN GIOCO

«moroso» Totò si offende, capendo «amoroso» (ma moroso in molti dia-


letti settentrionali), tanto che si difende obiettando: «non offenda/ sa?! Per
regola e norma sua/ io non sono moroso! Io sono un uomo serio! Me fac-
cio i fatti miei/ e sono vedovo!»; Taranto parla dei «Borboni», mentre Totò
capisce «barboni»; Taranto dice «carcassa» 'scheletro' e Totò capisce «gran-
cassa»; in luogo di «cripta» Totò capisce «trippa»; Turanto dice «prole» e Fu-
ria capisce «provola»; Taranto dice «tortura» e Totò capisce «creatura» [Il
monaco di Monza, 1963). Il baccalà diventa un «baccanale alla livornese»;
«veterinari» 'veterani': «veterinari di tutte le guerre» [Totò e Cleopatra,
1963]. Il «curaro» diventa un «curato» [Totò sexy, 1963]. In luogo di «cin-
que echi» Totò capisce «cinque ciechi»:

OMAR (Mario Castellani): Stiamo attraversando la gola dei cinque echi//


TOTÒ: E dove stanno?
OMAR: Chi?
TOTÒ: Questi... questi cinque ciechi che hai detto tu [Totò d'Arabia, 1965J.

Nello stesso film, «idioma!» 'idiota', poi corretto: «si dice idiota/ igno-
rante!». «Con un colpo solo ti recido/ la carota della gola!» 'carotide' [Rita,
la figlia americana, 1965]_.

XIX.6. I modi «urbani» e «interurbani»: paronomasie chiaramente


motivate, paretimologie e lapsus

In questo gruppo rientrano quegli scambi di parole in cui il passaggio


da una forma (quella corretta) all'altra (quella del gioco) avviene per ra-
gioni semantiche abbastanza evidenti ed è in vario modo motivabile dai
contesto, oltreché spesso motivato dagli stessi attori, che ne forniscono
qualche giustificazione. Le due forme hanno perlopiù in comune la rac:lire
(industriale e industriata) e lo scambio può awenire per paretimologia;;
owero falsa etimologia o etimologia popolare, che è il fenomeno (comu-
ne nella storia della lingua) secondo il quale il parlante tende a considera-
re come appartenenti alla stessa famiglia semantica gli omonimi o i quasiJ-
omonimi: per es. manometro da mano. Oppure, anche se fonicamenre
diverse, le due forme possono avere in comune qualche tratto semantico,
(aspettativa e attesa), o essere sia fonicamente sia etimologicamente ap:'.:
parentate, ma non interscambiabili (manomettere per mettere le ~
~ E ROMERA>>: GIOCHI DEL SIGNIFICANTE E DEL SIGNIFICATO... 193

11 Uc~). Questo tipo di gioco mostra, ancora una volta, in tutta la sua
~ , la forza dell'analogia: il parlante tende (proprio come nei la-
~ · a estendere la somiglianza tra forme dal piano del significante a
' · .· del significato (o, più raramente, a estendere a tutti gli usi l'analo-
tica, cioè la sinonimia, che certi termini hanno soltanto in pochi
·. aspettativa e attesa). I giochi linguistici più riusciti, cioè più di-
sono, come è stato detto altre volte, quelli più motivati, vale a di-
. che coinvolgono anche il significato piuttosto che quelli del ca-
precedente .
. ~ o gli esempi.
~diato» è inteso come 'seduto su una sedia', tanto che Totò, uden-
ii termine, commenta: «qui sedie non ce ne sono» [Fermo con le ma-
., iJ937]. «Manomettere» 'toccare, mettere le mani addosso': «adagio con
~~\manomissioni// Io non voglio essere manomesso» [Due cuori fra le
;,~. 1943]; analogamente, «non mi manomettere!» [47 morto che par-
k 1950]; «mi manomette» [Guardie e ladri?, 1951]; «mi manomettono
"" ili: mani» [I tre ladri, 1954]; «ma io non ho mai manomesso una don-
Piarno uomini o caporali, 1955]; «non posso manomettere una bel-
come lei» [Totò lascia o raddoppia, 1956]; similmente in Il mo-
. Monza, 1963; stessa sorte subisce mantenere 'trattenere': «non
enere! Lasciami!» [Totò nella luna, 1958]; «Orazio/ non mi man-
> [Rita, la figlia americana, 1965]. Come si vede, qui si gioca su
, .. di inversione delle componenti etimologiche del verbo, che ge-
~a però un'espressione dal significato assai diverso: manomettere =
,.-.. le mani addosso; mantenere= tenere con le mani.
tinuiamo nell'elencazione delle paronomasie semanticamente mo-
«gitani» 'gitanti': «questa non è una gita? Voi non siete dei gitani»;
umanitarie» 'umane' e «nervo simpatico e antipatico» compaiono
citato monologo sull'uomo scimmia [Due cuori fra le belve,
il «nervo simpatico» è anche in L'uomo, la bestia e la virtù, 1953,
overato da Totò tra i nervi che servono per ridere; il solito nervo,
è tirato in ballo da Totò anche nel film Il monaco di Monza, 1963,
are le contratture musçolari del defunto e i suoi sospetti movi-
canto che Macario conclude che «è il gran simpatico/ che ha fatto
l'antipatico».
sono in aspettativa» 'aspetto, sono in attesa' [Il ratto delle Sabine,
. ; similmente, «ti aspetto// Mi metto subito in aspettativa» [Totò a Pa-
1958). A urbano viene spesso contrapposto, anziché inurbano o ex-
194 LA LINGUA IN GIOCO

traurbano, interurbano: «modi interurbani» [J due orfanelli, 1947; Totò e


i re di Roma, 1952; Totò, Peppino e i fuorilegge, 1956; Totò, Eva e il pen-
nello proibito, 1959]; arringando i parcheggiatori: «abusivi di tutti i po-
steggi urbani e interurbani/ unitevi!» [Totò, Peppino e... la dolce vita,
1961]; «i tuoi modi sono urbani// O popolo di vigili urbani!» [Lo smemo-
rato di Collegno, 1962]. In un caso, a urbano si sostituisce urbanistico:
«traffico urbanistico» [Totò, Peppino e... la dolce vita, 1961].
«Volatile» 'passeggero di un aereo' [Fifa e arena, 1948]; del «nucleo
volante» della polizia tributaria Totò dice che lavora «all'aeroporto» [La
banda degli onesti, 1956]. La «toponomastica» è un topicida, un rimedio
contro i topi, ovvero un gatto [Fifa e arena, 1948]. «Ripetizione» 'petizio-
ne': «una ripetizione al ministero»; «industriata» 'industriale': «corrente in-
dustriata» [Totò cerca casa, 1949]. «Dipartire» sta per «partire», con allu-
sione all'atmosfera macabra della situazione [L'imperatore di Capri, 1949;
Che fine ha fatto Totò Baby?, 1964]; analogamente, «trapassare» 'passare':
«trapassiamo di là», con riferimento ironico all'amore per il macabro e ai
memento mori degli snob capresi [L'imperatore di Capri, 1949]; il gioco
compariva peraltro, senza motivazione semantica, anche in Due cuorifra
le belve, 1943. Da «taglia» 'ricompensa offerta a chi catturi un ricercato'
vien fatto derivare «tagliente»: «sono tagliente// [... ]// C'è una taglia suìhl,
mia testa» [Totò le Mokò, 1949]. <~ticcia» 'alta' [Totò cerca moglie, 1950j:
Il diminutivo di brigante fa, naturalmente, pensare all'imbarcazione: «lui è.
un brigante// Io sono un brigantino»; Totò fraintende «rapire» per «rapare>
(il fatto che egli sia un barbiere fornisce l'aggancio contestuale a qu~::
felicissimo gioco), per via della prima persona plurale in comune ai d.rt
verbi:

AIMAVNA (Gianni Agus): Poi/ noi/ col favore della notte/


FIGARO (Totò): Sì//
AIMAVNA: Rapiamo Rosina//
FIGARO: Eh/ dovevate dirmelo prima//
AIMAVNA: Perché//
FIGARO: Non ho portato il rasoio//
AIMAVNA: Per che fare?
FIGARO: Per raparla/ no?
AIMAVNA: Ma che cosa hai capito?! Noi/ non la rapiamo! Ma la rapiamo!
FIORELLO: Hai capito?
FIGARO: No//
.AIMAVNA: Noi/ non la rapiamo rapiamo// Ma la rapiamo rapiamo//
~UE'JTO E ROMERA»: GIOCHI DEL SIGNIFICANTE E DEL SIGNIFICATO... 195

FIGARO: Ma scusate/ chi la rapa?


.l.J.2v1A.VNA.: Nessuno!
FIGARO: E allora perché avete detto "la rapiamo"/ se nessuno la rapa! Ohé/
giovanotto/ non facciamo scherzi! Qui/ l'unico del mestiere/ che può ra-
parla/ modestamente/ sono io//
MMAVNA.: Ma lo vedi che non capisci niente! Si tratta di un ratto!
BGARO: Ah! Un ratto consenziente! [Figaro qua ... Figaro là, 1950].

la paronomasia rapate/rapite era già in Il ratto delle Sabine, 1945, e


!rapito tornerà anche in Totò lascia o raddoppia?, 1956, ma senza
·a di Figaro qua ... Figaro là, 1950, a dimostrazione del fatto che
io contestuale è fondamentale per una buona riuscita dei giochi

;~.ìARDIA.: Non fare lo gnorri!


BGARO (Totò): Ma io gnorri sul serio/ sa!

;,~egnorri significa 'ignoro';

~IA.: Te ne infischi!
,~o: Ma se io non so fischiare!;
~ O : (a un uomo che sta scrivendo) Scusi/ signor giudice//
a»!O: Ehm ... io sono il cancelliere// Non sono il giudice//
~ O : Ma/ lei sta scrivendo// Se fosse il cancelliere/ cancellerebbe// [Figaro
qua... Figaro là, 1950].
':;,%;:".:.

~ografico» 'democratico' [Tototar.zan, 1950); «gente demografica»


· ilenza si fermò a mangi,are, 1961). «Do le dimissioni», cioè «so-
ente»; chi ha fresco è un «frescone»; «io sono un uomo di fore-
forèstiero» [Tototar.zan, 1950]. «Sotterranei» viene variamente
, sempre mantenendo il primo elemento sotto-: «sottopassag-
gi» e «sottocutanei»; «istantaneo» 'istante': «bisogna che io ci
istantaneo»; «bomba anatomica», detto a una bella donna [Le
di Barbablù, 1950]; in Totò d'Arabia, 1965, si ha invece, senza
·so semantico, «bomba atoniea».

(Isa Barzizza): Oh/ Nick! Siete enigmatico//


. (nei panni di Nick Parter) Eh/ sfido/ io// Sono nato di sette mesi//
196 LA LlNGUA IN GIOCO

LANA: E che cosa c'entra?


TOTÒ: Eh/ sono un settimino/ enigmistico [Le sei mogli di Barbablù, 1950].

«Un libero cittadino» è colui che esercita la professione di liberare la


cittadinanza [Totò a colori, 1952). «Non sono aderente» 'non aderisco allo
sciopero' [Totò e i re di Roma, 1952). «Antediluviane» 'antelucane' [Totò e
le donne, 1952]. Dall'aggettivo mobile viene fatto derivare mobiliere, nel
già citato «la donna è mobile/ e io mi sento mobiliere» [Il turco napoleta-
no; 1953]. Un «forno crematorio» deve essere fatto a «Cremona» [Il più
comico spettacolo del mondo, 1953]; similmente, «crema» viene ricon-
dotto a «cremare»: «mi faccio cremare// Un bel vasetto di crema» [Signori
si nasce, 1960]. «Si vede tutto il panoramica» (Il medico dei pazzi, 1954].
«Orfano» 'vedovo' [Totò cerca pace, 1954]. «Dolo di testa» 'dolore di te-
sta'; «un caso peripatetico» 'una prostituta malata': acutissimo incrocio tra
patetico e peripatetico; «appendicite» 'appendice': «non siamo soli nella
vita// Abbiamo sempre qualcuno// Abbiamo sempre qualche appendicite»
[Totò e Carolina, 1955]. Fornicare ~ formica:

DIAVOLO: Tu hai fornicato?


ANTONIO (Totò): Eh! Nella vita io ho formicato sempre// Mi chiamavano il for-
michiere// [Totò all'inferno, 1955].

Alludendo alle gambe di una donna, Totò esclama: «che angoscia!»,


«che angosciosa!», con evidente allusione a coscia, così come, poco pri-
ma, aveva giocato col nome di «Miss Angoscia»; «eri reincarnato», dice i
diavolo a Totò, confessandogli di essere la reincarnazione di Marco Anto-·
nio: Totò crede che reincarnato abbia a che vedere con «un'unghia m-
carnata» ('incarnita') [Totò all'inferno, 1955]. «Tacchino» in luogo di 'tae".".
quino', forse anche per affinità semantica con «penna» (penna di taccmc;;
no), nominata subito dopo: «il tacchino// La penna»; su testimone ocuiani<
viene coniato il verbo oculare: «io sono testimone oculare [... ]//Vera.me:ef{
te/ io non ho oculato niente», con probabile assonanza oscena (Siamo~;;;
mini o caporali, 1955]; sempre da testimone si forma «testone» ' · ····
teste, testimone' [Lo smemorato di Collegno, 1962); «testimone oc
significa invece 'testimone di nozze' in Operazione San Gennaro, l
termine salvagente viene ricondotto al suo etimo nell'espressione
revole salvagente», epiteto di Gino Cervi, perché ha l'hobby di sal .,
persone che stanno per annegare [Il coraggio, 1955]. «Contatore» ·~,';
...ralJì.IE'ITO E ROMERA»: GIOCHI DEL SIGNIFICANTE E' DEL SIGNIFICATO... 197

che conta': «voi sarete un bravo tipografo/ ma come contatore non valete
niente» [La banda degli onesti, 1956]. Totò scambia il «casinò» per il «ca-
sino» 'bordello': a chi gli ricord~ che a Montecarlo «c'è il casinò», Totò ri-
sponde candidamente: «e c'è bisogno di andare a Montecarlo?» [La ban-
da degli onesti, 1956]. «Iniziò la sua carriera equina/ cioè equestre», det-
.. ID di un fantino; una piccola/orca (patibolo) è chiamata «forchetta», ter-
~ e che è anche paronomastico col nome del personaggio interpretato
,. Totò: duca Gagliardo della Forcoletta [Totò lascia o raddoppia?,
.i956]. «Lettera omonima» 'lettera anonima' [Totò, Peppino e... la mala-
/1,e:mmina, 1956]; nello stesso film, il «coperto» del ristorante è scambiato
····p!'C una «coperta», riprendendo così una battuta teatrale da Se fossi un
(hm• Giovanni, 1938, e da Belle o brutte mi piaccion tutte!, 1942 6• «Ano-
~ per «omonimo» è anche in Rita, la figlia americana, 1965: «per
~ , lei non è mica parente/ al grande anonimo?», chiede Totò a Greta
~,cr; «omonimo» corregge Orazio, e Totò: «e va be'/ sempre parenti
~ / Sono in Germania// So' tedeschi». «Scappamento» 'scappatella'
~ - Peppino e... la malafemmina, 1956]. «Io sono materno» 'assomi-
~ a mia madre'; «mangime» 'pasto, cibo'; «lettera minatoria» 'lettera a
~minatore' [Totò, Peppino e i fuorilegge, 1956]. «Cotone idrofobo» chie-
.. lotò in farmacia e il farmacista lo corregge: «idrofilo» [Totò, Vittorio e
oressa, 1957]. «Comunale» 'comune':

'"'~HIATRA (Aroldo 'fieri): Questo era un esame// Il più comune//


~'-\"TONIO (Totò): Ah! Un esame/ comunale/ insomma// [7btò, Peppino e le fa-
natiche, 1958).

~ stesso film, mentre sta facendo dei conti, Totò viene distratto dal
ce della segretaria, sicché, anziché dire «milioni», dice «melo-
lone» per «milione» si aveva già nel dialetto ciociaro della came-
Totò e le donne, 1952, senza però alcun riferimento sessuale. «La-
è confuso con «laguna» che, per il già commentato fenomeno della
~ dell'articolo, si segmenta in «la guna»: «eh/ sì/ ho perduto la
• (.i Infatti/ nella mia testa/ avvengono delle lacune/ che la guna di
/ diventa un'inezia lagunare»; una fidanzata in comune è «in con-

i¼(k rispettivamente Fotì 1980 (a c. di), p. 88 e Guarini 1991 (a c. di), p. 210.


198 LA LINGUA IN GIOCO

dominio»: «abbiamo la fidanzata in condominio»; «frappare» (italianizza-


zione del fr.jrapper 'mettere nel ghiaccio') è ricondotto a «frappa»:

CAMERIERE: (girando la bottiglia di champagne nel ghiaccio) Glielo frappo//


TOTÒ: (all'amica): TI piace la frappa? [Totò a Parigi, 1958].

·«ora nottambula» 'ora notturna'; «piovre» è interpretato da Totò come


«piove»: «piovre» dice Tognazzi, enumerando tutti i mostri che potrebbe
incontrare nello spazio - ironizzando dunque su tutti i film di fantascien-
za che mostravano strani giganteschi molluschi - e Totò risponde, frain-
tendendo: «e te porti l'ombrello/ fesso!»; «razzolare» 'far esplodere razzi':
«chi è quell'idiota che si permette di razzolare a quest'ora?»; «uomini raz-
ziali» 'che provengono da un razzo spaziale, extraterrestri', ironizzando,
ancora una volta, sulla cinematografia fantascientifica [Totò nella luna,
1958]. «Perché lei tergiversa le carte in tavola?» [/ tartassati, 1959]. Fred
Bombardone, in quanto «ci ha sbarazzato di tutti i cadaveri», è definito da
Totò: «sbarazzino» [Noi duri, 1960]. «Il bagno è disoccupato» 'libero' [Let-
to a tre piazze, 1960]. «Quinterna» 'cinquina'; coloro che ospitano, che
sono ospitali, sono detti «ospedalieri»; chi dà la promozione è detto «pro-
motore»; «ordine analfabetico»; «tardiva» 'che non capisce, tarda' [Chi si
ferma è perduto, 1960]. «Circolare» 'circolazione sanguigna'; «posate d'o-
ro circoncise da Benvenuto Cellini» [Sua eccellenza, si fermò a mangiare,
1961]: qui il gioco è reso ancora più gustoso dal fatto che Totò sta fingen-
do di parlare al telefono con Mussolini, al quale non poteva certo esser
gradito il riferimento alla circoncisione; «spogliatoio» 'che spoglia con gli
occhi, che seduce' [Tototruffa '62, 1961]. A proposito dell'«incenso» Totò
dice: «sono incensurato» [Totò contro Maciste, 1962]. «Rugantino» 'che ha
le rughe' [Totò diabolicus, 1962]. «Io cj ho l'occhio policlinico»; «alieno al-
la pubblicità» [Totò di notte n. I, 1962]. «Magnanimo», detto da Taranto, è
definito da Totò: che «magnava le anime»:

EGIDIO (Nino Turante): Mio padre/ buonanima/ che era un uomo magnanimo1
molto magnanimo...
PASQUALE (Totò): Ah sì?
MAMOZIO (Macario): Che magnava?
PASQUALE: Magnava le anime// Molte anime//
MAMOZIO: <Cannibale>//
EGIDIO: <Non ho detto magnava>// Ho detto magnanimo! Generoso! [Il mo-
naco di Monza, 1963].
«GIULIETTO E ROMERA»: GIOCHI DEL SIGNIFICANTE E DEL SIGNIFICATO ... 199

A Nino Taranto, che gli ricorda continuamente la cripta, minacciando


di murarcelo dentro, Totò risponde: «ma lei è criptomane/ proprio!»; «un
santo monaco di Monza/ cioè un monzambico»; colui che veglia un mor-
to è definito «vegliardo» e «veglione»; «ignoto» 'ignaro' [Il monaco di
Jfonza, 1963]. Alla richiesta di mostrare il fregio che attesti la sua iden-
tità di vigile urbano, Totò risponde: «non ce l'ho// sono sfregiato»; a una
donna che si mette il rossetto mentre aspetta in macchina davanti a un
semaforo rosso, Totò finto vigile dice che «lo può fare/ perché il semafo-
ro è rosso// Perché se era verde/ doveva mettersi il verdetto» [Vigile igno-
to, 1963]. «Mattone» 'grande matto': «se io sono matto/ lei è mattone»
[Totò contro il pirata Nero, 1964]. Tutta la parte conclusiva di Che fine
ba fatto Totò Baby?, 1964, si regge sullo scambio tra due vegetali, fatal-
mente con i nomi quasi identici, anche se dagli effetti diversissimi:
--majurana» 'maggiorana' Oatinismo inventato) e «marijuana»; dati gli ef-
fetti devastanti di questa fantomatica majurana, il film precorre così, sep-
pure in chiave burlesca, la lunga serie di film sulla droga. «Emergere» 'es-
sere in emergenza':

SPIA: Quella somma/ serve unicamente in caso di emergenza//


TOTÒ: E non sto emergendo/ io? [Totò d'Arabia, 1965].

Contro Orazio che dissente, Totò replica: «bisogna che tu la smetti/


con questa dissenterite/ sai?!», e Orazio corregge: «maestro/ le faccio umil-
1r.aente notare/ che dissenterite è una malattia/ mentre io ho detto dissen-
We» [Rita, la figlia americana, 1965].
XX. «PARLI COME BADI»:
GIOCHI DEL SIGNIFICANTE E DEL SIGNIFICATO
CONTRO L'AUTOMATISMO LINGUISTICO

Gran parte della lingua scritta e parlata è fatta di stereotipi o, quanto-


meno, di relazioni semantiche e testuali abbastanza stabili, al punto da
.aeare attese nel lettore-ascoltatore. Questo non accade soltanto nei pro-
- ~ e nelle espressioni idiomatiche - in cui è ovvio che a «rosso di sera...»
· ~ associno «... bel tempo si spera» o a «.. .le cuoia» tutti associno «tirare»
;(e non, per esempio, stirare o allungare o altro sinonimo) - ma anche in
·9---ei gruppi di parole le quali, dai momento che si presentano prevalente-
miente unite in uno stesso contesto e nei medesimo ordine sintattico, si
~mono nella memoria dei parlanti un po' come le frasi fatte (la guer-
;'PO è guerra) e le parole compiesse (ferro da stiro, indice di gradimento,
C:ffnoccbina da scrivere ecc., trattate quasi come fossero singole entrate les-
~ ) : incontrando una parola di quel gruppo, ci si aspetta di imbattersi a
hh>e distanza anche nell'altra. Si tratta delle cosiddette collocazioni, ov-
~ di quelle «sequenze di parole, frequentissime nelle lingue, che ten-
i&:mo a presentarsi in combinazioni stabili tra loro e privilegiate» 1 •
E dunque, se si legge in un testo il verbo bandire, si attenderà di lì a
> ~ concorso; nitrire richiede un cavallo (anche se, ovviamente, sono
,sempre possibili, per le infinite risorse della lingua, usi figurati, ironici
ecc.: quel cantante non canta, nitrisce); cordialmente fa subito pensare
ai saluti di una lettera e così via. Senza dubbio, se non ci fosse questa re-
te di attese nella comunicazione, il lessico sarebbe «una massa disordina-
la di parole» 2 e il nostro compito di utenti della lingua sarebbe talmente
difficile (bisognerebbe avere una memoria infinita, senza questi piccoli
aiuti lessicali) da relegarci in un eterno silenzio. Alcune varietà testuali
.sfruttano fino all'abuso tali aspettative lessicali, tanto da essere costituite
quasi esclusivamente da stereotipi: i titoli dei giornali e dei telegiornali
{,un male che non perdona; tragedia della follia, un suicidio è sempre
.wi gesto sconsiderato ecc.), delle canzoni e dei film, la pubblicità, le Jet-

' Simone 1992a, p. 440.


2 Simone 1992a, p. 502.
202 LA LINGUA IN GIOCO

tere formali e così via. I linguaggi burocratico, politico e commerciale, in


particolare, sembrano fatti essenzialmente di usi irriflessi. Il linguaggio co-
mico, e nella fattispecie quello di Totò, molto spesso infrange tale auto-
matismo, ora invertendo l'ordine delle espressioni cristallizzate (desto o
son sogno), ora deformandone i termini (volare è potare), ora sostituen-
do una delle parole che compongono la collocazione (sedia a gas). Anco-
ra una volta, dunque, ridendo e divertendo, Totò ci induce (malgré lui) a
riflettere sullo statuto stesso della comunicazione e a porci, nei limiti del
possibile, al di fuori della lingua che parliamo, per osservarla meglio e per
capirne gli usi irriflessi e le condizioni del suo funzionamento e della sua
comprensibilità.

XX.I. «In maniche di mutande»: deformazione di collocazioni,


espressioni idiomatiche e proverbi

Cominciamo dalle tre uniche deformazioni del solo significante, che


creano cioè parole inesistenti: «per nogola e nerma tua» 'per regola e nor-
ma tua' [Fermo con le mani, 1937], in cui si ha metatesi tra la e di regola
e la o di norma e anticipazione della n dalla seconda alla prima parola;
inoltre l'espressione è invertita rispetto all'ordine più consueto: «per tua
norma e regola». «Scherzi di manette/ scherzi di villanette» [Totò le Mokò,
1949] . «Chi lascia la moglie morta per la viva/ sa quello che lascia/ ma non
sa quello che triva» [Totò cerca pace, 1954].
In tutti gli esempi seguenti, invece, la deformazione, spesso felicissi-
ma, sfrutta parole comunque esistenti ma che, inserite nella collocazione,
ne compromettono il significato e, data la forza dell'infrazione del mecca-
nismo d'attesa, suscitano un'evidente comicità.
La carta di identità del diavolo reca il timbro del «Ministero degli Inferni»;

TOTÒ: (che desidera vincere il Giro d'Italia) Volere è potere//


ALLENATORE (Mario Castellani): Bisogna volare// (Per poter vincere il Giro
d'Italia)
TOTÒ: Volare è potare// [Totò al giro d'Italia, 1948].

In luogo di una camera a gas o di una sedia elettrica si ha una «sedia a


gas», perché «l'elettricità scarseggia» [Totò le Mokò, 1949]. Il proverbio
«non c'è rosa senza spina» viene così deformato:
~ COME BADI»: GIOCHI DEL SIGNIFICANTE E DEL SIGNIFICATO... 203

GOVERNATORE (Guglielmo Barnabò): Si segga alla spinetta di Rosina!


FIGARO (Totò): Alla spinetta di Rosina! Ah/ già/ è vero// Che stupido// Che
sventato// Non c'è Rosina/ senza spinetta// (toccando Rosina) Ih! Mi so-
no pungicato [Figaro qua ... Figaro là, 1950).

«È meglio cento giorni di galera/ che un sol giorno con il leone» [Le
sei mogli di Barbablù, 1950]. «I pacchi sono pacchi» 'i patti sono patti'
{Guardie e ladri, 1951]. Oltre alla «camicia di forza» si hanno anche le
-mutande di forza», i «pantaloni di forza» e «tutte le cose di forza» [Totò
all'inferno, 1955]. «Cosa fatta a capo ha» [Il coraggio, 1955]. A proposito
dell'eventualità che la futura suocera possa essere morta, Totò afferma:
«non tutti i mali vengono per suocere»; «scusi se mi disturba» anziché «se
b disturbo» [Totò a Parigi, 1958]. «La guerra fredda è diventata calda»,
cioè 'imminente'; «ho un razzo nella manica», anziché un «asso», dal mo-
mento che si parla di razzi, in questo film di fantascienza [Totò nella lu-
na, 1958]. «Paese che vaV uniforme che trovi»; «morto un microbo/ se ne
& un altro» [Totò, Eva e il pennello proibito, 1959]. A Peppino De Filippo
che chiede una penna biro, Totò risponde: «chi usa biro/ campa cent'an-
ni,., modificando il detto: «chi beve birra campa cent'anni» [La cambiale,
1959]. «Come dice/ quel vecchio detto del Siam// "Dare al Cesare/ le so-
relle siamesi//'» [Noi dur.i, 1960]. «In maniche di mutande», collocazione
inesistente nata dall'incrocio tra «in mutande» e «in maniche di camicia»
fSignori si nasce, 1960; Totò contro il pirata Nero, 1964]. Uno scompar-
timento di treno in cui la tolleranza dei passeggeri è messa a dura prova
dalla maleducazione di un altro viaggiatore è uno «scompartimento di tol-
kranza», che allude owiamente a «casa di tolleranza»; 'del tutto superio-
re per censo' diventa «superiore al censo per censo»; «panini aglio e
ogl.io» 'panini all'olio', per influenza della pasta aglio, oglio e peperonci-
no; a Lia Zoppelli che gli dice «lei è senza alcun vincolo» (intendendo:
~non è sposato'), Totò risponde «io sto in un vincolo cieco» ('sono sposa-
to'); «è meglio oggi l'ambo/ che domani la gallina,,, detto a proposito del
gioco del lotto; in luogo della frase fatta «vinca il migliore», detta da Pep-
pino De Filippo, Totò capisce: «vinca un milione»; sull'espressione di Lia
Zoppelli «dal pelago alla riva,, (che è citazione dantesca 3), Totò conia il

; «E come quei che con lena affannata/ uscito fuor del pelago alla riva/ si volge al-
!:..-cqua perigliosa e guata [... ]» (Dante, Inferno, I, w. 22-24).
204 LA UNGUA IN GIOCO

modo di dire «cercare il pelago nell'uovo» [Chi si ferma è perduto, 1960].


«Che cosa chiediamo noi/ alle autorità costituite e ricostituite? Un posteg-
gio al sole!», in cui si infrange sia la collocazione giuridico-burocratico-
giornalistica autorità costituite (che viene ridotta a una specie di espres-
sione farmacologica, visto che «ricostituite» rimanda a ricostituente), sia il
titolo del celebre film Un posto al sole (A Piace in the Sun, 1951, di Geor-
ge Stevens) [Totò, Peppino e... la dolce vita, 1961]. «Malcostume/ mezzo
gaudio» [Sua eccellenza si fermò a mangiare, 1961]. L'espressione
«pompa magna» sus.cita il commento: «non pompa e non magna»; «signo-
ri/ in corazza!», che, più che un'incitazione marziale, sembra un annuncio
ferroviario: «in carrozza!» [Totò contro Maciste, 1962]. «Un infarto mali-
gno», mentre maligno è soltanto il tumore [Totò di notte n. I, 1962]. «Lei
per me rappresenta un caso chiuso// E se vuole/ ricorra pure alla senatri-
ce Merlin!», con uno dei tanti espliciti riferimenti alle «case chiuse» 4; «con-
cilio economico» 'concilio ecumenico', detto da Carlo Delle Piane [Totò
contro i quattro, 1963]. «Veniamo/ al nocciolo/ della matassa>,, incrocio tra
bando della matassa e nocciolo della questione; «chi va nella cripta/ im-
para a criptare» [Il monaco di Monza, 1963]. Il titolo del film Vigile igno-
to, 1963, è alterazione della collocazione «milite ignoto»; !'«ala>> dell'aereo
innesca la sostituzione ala~ coscia, quando Totò domanda, a un impie-
gato dell'Alitalia: «lei è della coscia?»; «cammina in punta di ginocchia»
[Totò s~, 1963]. «Ai postumi/ l'ardua sentenza>, [Rita, la figlia america-
na, 1965].

XX.2. «Desto o son sogno?»: modi di dire invertiti

Vediamo ora alcune collocazioni nelle quali viene scambiato l'or~


dei membri frastici: «desto/ o son sogno? Eh ... sogno/ o son desto?» [Le~;
mogli di Barbablù, 1950; Totò all'inferno, 1955]; «ogni limite ha una~.
zienza» [Sette ore di guai, 1951; Totò a colori, 1952; Totò, Eva e il pe!lfk)
nello proibito, 1959; Chi si ferma è perduto, 1960; I due colon~
1962]; «parli come badi» [Totò a colori, 1952; Siamo uomini o capomfli';
:tti

4 Per gli altri riferimenti alla famigerata legge Merlin si confronti, owiamenie. ,;;;:;
rangiatevi!, 1959, interamente dedicato al problema, e la gustosa battuta in Totò
pino divisi a Berlino, 1962, rivolta alla cameriera di una casa equivoca: «co
qualche Frau Mèrlin?».
«PARI.I COME BADI»: GIOCHI DEL SIGNIFICANTE E DEL SIGMFICATO... 205

1955; Totò, Eva e il pennello proibito, 1959]; «niente opere di bene/ ma


soltanto fiori» [Totò e i re di Roma, 1952); «cj ho un capello per diavolo»
f..Jl medico dei pazzi, 1954; Totò diabolicus, 1962]; al detto «campa caval-
ro/ che l'erba cresce» Totò risponde: «io non so se l'erba campa/ e il ca-
,'allo cresce» [Destinazione Piovarolo, 1955]; «ognuno fa la gamba/ se-
rondo il suo passo»; «dato e non concesso// Oppure/ concesso/ e non da-
to» [Totò e Marcellino, 1958]; «il vaso/ che ha fatto traboccare la goccia»
{lbtò, Peppino e le fanatiche, 1958]. «Per regola e norma tua>> [Totò nella
lwza, 1958], «per sua regola e norma» [Noi duri, 1960], «per regola e
oorma sua» [Il monaco di Monza, 1963], oltreché il già citato «per nogo-
h e nerma tua» [Fermo con le mani, 1937), invertono la frase fatta «per
ma norma e regola». «Con un piccione/ lei piglia due fav. .. cioè/ con una
imi.,! piglia due piccioni» [Il monaco di Monza, 1963] .

•ll.3. «Prima abbiamo perduto la guerra// Adesso abbiamo perduto la


pace»: modi di dire intesi in senso letterale anziché traslato o
viceversa

fu questo caso lo slittamento semantico è essenzialmente pragmatico,


~ . alterazioni di forma, vale a dire che l'espressione, di per sé inecce-
~ sia sul piano del significante sia sù quello del significato, non fun-
~ nella conversazione perché la sua «forza pragmatica» (cfr. XVI.1) si
.1'1.2. soltanto se viene usata in accezione traslata e non in senso lettera-
it40ppure, viceversa, Totò interpreta in senso traslato un'espressione che
h:e il suo interlocutore usa in senso letterale.
lo::o gli esempi del primo tipo: per congratularsi con un uomo e una
~ amanti non sposati Totò dice: «fate bene/ fratelli», che rimanda al
i frati ospedalieri (jatebenejratellt) [Sette ore di guai, 1951]; l'e-
ricorda quello, già citato, di Quisisana (nome dell'albergo di Ca-
tto da Totò, che lo scambia per un ospedale, a «Quisimuore»
colori, 1952]. L'espressione figurata «abbiamo perduto la pace» è
tta da Tocò a un impossibile significato letterale, giustapposto al-
. ne antonimica «abbiamo perduto la guerra»:

~ : Abbiamo perduto la pace! <La pace/ abbiamo perduto>!


'" · r,,.10 (Totò): <No>!
!\: <La pace>!
206 LA LINGUA IN GIOCO

ANTONIO: <Hai capito>? Hai capito? Per colpa tua// Prima abbiamo perduto
la guerra// Adesso abbiamo perduro la pace// [Totò a colori, 1952].

Nello stesso film, tentennare viene usato nell'accezione primaria di


'oscillare': «mi lascino tendennare! Scusino! Mi lascino tendennare! Eh!
Vedono che un individuo sta tendennando/ lo si spezza// Poi domani la
colpa è mia// A me mi secca// Eh// (oscilla la testa) Ho tendennato/» e «mi
era rimasto un bo' di tendennatura nella testa// Sa/ alle volte uno [sba-
glio] ...»; sempre in Totò a colori, l'espressione «solita musica» è usata da
Totò in senso letterale, essendo lui un musicista, mentre è intesa da TI-
scordi (Luigi Pavese) in senso traslato 'le solite parole', e serve a fomenta-
re la lunga serie di equivoci che vivacizzano l'ultima parte del film. «Lingua
madre» è usato nel senso di 'lingua parlata dalla madre': «io parlo soltanto
la lingua madre// [... ]// Perché mio padre morì/ quando io ero bambino»
[Una di quelle, 1953]. Totò intende in senso letterale l'espressione: «mi
ha messo una pulce nell'orecchio», detta da Carlo Ninchi, sicché risponde:
«ma che so' scherzi che si fanno?! Si mette la pulce nell'orecchio/ a un si-
gnore/ galantuomo// Una pulce nell'orecchio// Ma lo sa/ che è pericoloso?
La pulce può forare il timpano/ e va sulla Tromba di Eustachio/ e va al cer-
vello», dopodiché soffia violentemente nell'orecchio del povero Ninchi; al-
la sfida «noi dobbiamo batterci all'ultimo sangue» Totò si sottrae con la
scusa seguente: «io sono anemico» [Il medico dei pazzi, 1954] 5• «Sedia-
moci sopra» risponde Totò a Gino Cervi che aveva detto «soprassediamo»
[Il coraggio, 1955]. In Totò lascia o raddoppia?, 1956, è Luigi Pavese a in-
terpretare in senso letterale l'espressione di Totò «non fa una grinza», os-
servando: «il foglio è nuovo», tanto che Totò è costretto a rettificare: «no/
dico/ non fa una grinza/ il contenuto» dell'accordo per comprare il bar.
«Tenere la testa a posto» è inteso da Totò e Peppino come 'tenere la testa
sul collo', nella già citata lettera di Totò, Peppino e... la malafemmina,
1956.

DOGANIERE (Luigi Pavese): ma che volete farmi uscire pazzo/ voi/ eh!
L'ALGERINO (Totò): Vuole uscire pazzo?
DOGANIERE: Sì//
L'ALGERINO: S'accomodi//;

5 La battuta è d'origine teatrale: Cinquanta milioni c'è da impazzire, 1935 (dii:


Guarini 1991 [a c. di], p. 258).
•ili!'IRU COME BADI»: GIOCHI DEL SIGNIFICANTE E DEL SlGNIF!C,\TO... 207

non pago di avere così esasperato il povero doganiere, che chiarisce il


~so dell'espressione uscire pazzo, Totò lo corregge, suggerendo: «allo-
ra doveva dire/ leV "m ... me fate entrare pazzo"/ scusi» [Noi duri, 1960] .
.JW.a dichiarazione di Peppino De Filippo «io cj ho il piede di porco», Totò
,domanda: «che numero porta?» [Chi si ferma è perduto, 1960]. All'e-
spressione «due miliardi e rotti», Totò domanda: «e chi li ha rotti?» [Toto-
iltnljfa '62, 1961]; questa battuta è di provenienza teatrale, da Fra moglie
re marito... la suocera e il dito, 1938: «un uomo che possiede 4 milioni e
,ftni...» «Quali rotti... I 4 milioni sono sanissimi ...» 6; all'invito «sbottonate-
/$> ·confidatevi', di Taranto, Totò osserva: «e che mi sbottono/ che non cj
'.!~ bcmoni?!»;
EGIDIO (Nino Taranto): E perché/ poc'anzi/ hai menato il can per l'aia?
P.-\SQUALE (Totò): Io/ ho menato un cane per l'aia?
EGIDIO: Sì// Hai menato il can per l'aia//
E;\SQUALE: Quale cane?;

a.eco (Giacomo Furia): Dov'è il frutto della colpa?


~,SQUALE: Ma giovanotto/ questa è una stanza/ non è un negozio da frutta-
rolo! [Il monaco di Monza, 1963].

· ~ medesimo film, a Celentano che lo chiama «fratello» ('frate'), Totò


me: «ma che fratello/ e fratello?! Io sono figlio unico!». Dopo essere
dal tu al Lei, Totò si giustifica: «siccome/ il viaggio è lungo/ io ho
di/ accorciare le distanze» [Totò d'Arabia, 1965].
'Del secondo tipo, cioè delle espressioni interpretate da Totò in senso
~ o anziché letterale, si segnala un solo esempio, in 47 morto che
~ - 1950: Totò, diventato fantasma, è così tranquillizzato da un altro
~:ma: «non possono vederti», intendendo che, essendo uno spirito,
~~ essere visto dai compaesani; Totò commenta: «neanch'io ho mai
iamfli'Ji veder loro», cioè 'mi sono sempre stati antipatici'.

t~•-Gt.--ar:ini 1991 (a c. di), p. 227.


XXI. «ALTEZZA» «UNO E SESSANTACINQUE»:
GIOCHI DEL SIGNIFICATO

'XXI.I. Il «busto d'oro del duce»: metafore, polisemie, omonimie,


equivoci e qui pro quo

Ogni lingua è caratterizzata in larga misura dall'ambiguità. La semioti-


):a ci ha insegnato che, tra tutti i sistemi di segni, le lingue verbali sono
;;rodici particolarmente ambigui, poiché sono sinonimici (uno stesso con-
h,reno può essere espresso da più parole o enunciati pressoché equivalen-
L~l e polisemici (una stessa parola o enunciato può avere più di un signi-
[,,Èto) e quindi vaghi 1• Nella comunicazione ordinaria esistono varie stra-
f"'~e per limitare questa vaghezza: ci si può servire, per esempio, di pa-
fdrasi e di glosse per limitare il rischio del fraintendimento di termini po-
;: kmici; si sfrutta l'ordine delle parole e il contesto per avvicinarsi il più
\tPJ5Sibile al senso che si vuole comunicare; si può addirittura ricorrere ad
{'."iilli!i codici: gesti o immagini.
'. Al di fuori della comunicazione ordinaria, l'ambiguità del linguaggio è
E~ente sfruttata. Per esempio dalla poesia, forma testuale ambigua
t"(:..smbolica, complessa, polisemica») per antonomasia: «l'ambiguità è un
&r.iil!a:attere intrinseco inalienabile di ogni messaggio concentrato su se stes-
r::io; è, insomma, un corollario della poesia» 2 • Anche i giochi linguistici si
i!;;~o essenzialmente sull'equivoco («l'équivoque constitue l'essence du
f~de mots» 3), e quindi sull'ambiguità della lingua. Nel gioco verbale, an-
~;~ così come nella poesia, emergono tutti quegli accidenti che potrebbe-
([:~ mettere a repentaglio la normale comunicazione e che quindi nella
,,, , ersazione scritta e parlata ordinaria sono deliberatamente evitati 4.
'"'' Oggetto di questo capitolo è dunque l'equivoco (o, per dirla con Totò,
;f''i~i pro quo) dovuto alla polisemia o all'omonimia o al fraintendimento
k.t
) .
f,/:'"

:,:.·.:·. 0 Cfr. Simone 1992a, p. 46.


~i:->··; "Jakobson (1963] 1994, pp. 208-9.
,;; Guiraud 1976, p. 9.
I:;. • Cfr. Guiraud 1976, p. 79.
210 LA UNGUA IN GIOCO

del significato di certi termini;_ Non si tratta più di parole o frasi defor-
mate nel significante, ma soltanto nel significato. Su questa linea, il vir-
tuosismo comico di Totò e delle sue spalle raggiunge i livelli più alti: sono
in effetti, questi ultimi, i giochi più divertenti di tutti quelli citati finora. Il
gioco tocca il suo culmine quando Totò porta quasi alla follia i propri in-
terlocutori, coinvolgendoli in un interminabile scambio di accezioni.
Esempi sommi in tal senso sono l'intera scena dell'onorevole in wagon-lit,
in Totò a colori, 1952 (di cui abbiamo già commentato i brani salienti), e
il lungo dialogo tra Totò e il notaio Cucuzza, in Totò diabolicus, 1962, sot-
to trascritto. Tolvolta, come vedremo, gli equivoci provocaci dalla polise-
mia costituiscono il motore della trama di tutta una scena [Totò a colori,
1952] o di un intero film [Totò le Mokò, 1949; Totò nella luna, 1958].
Passiamo ora ai numeorsi esempi.
Quattro polisemie (scuola 'movimento culturale/edificio'; sfollati 'sen-
zatetto/ipotetico movimento pittorico'; corrente 'movimento artistico/cor-
rente elettrica'; alternata 'tipo di corrente elettrica/attività suddivisa in
turni') si succedono nel brano seguente:

MODELLA: (credendo che Totò sia un famoso pittore) Ho sentito parlare tan-
to bene di lei/ maestro// [Perché) è uno dei migliori/ pittori moderni// Da
che scuola/ proviene?
BENIAMINO (fotò) (alludendo all'edificio scolastico che occupava abusiva-
mente) Io dalla scuola Garibaldi// Ci stavo come sfollato// Sì sì// Eh eh//
MODELLA: Sfollati a quale corrente appartengono?
BENIAMINO: Beh/ sa/ corrente alternata// Con questi turni! [Totò cerca casa,
1949].

Tutto il film Totò le Mokò, 1949, si regge sull'equivoco innescato dalla


polisemia del termine banda (e confermato dalle duplici accezioni, gene-
riche o metaforiche e musicali, dei termini fuga, terzetto, programma,
strumento, opera e sinfonia 6), da Totò inteso come 'complesso strumen-
tale' e dai suoi seguaci algerini come 'associazione a delinquere'.

5 La polisemia indica la pluralità di significati di uno stesso termine (per es. cane

'animale/parte della pistola'), mentre l'omonimia indica due termini diversi (cioè con
diversa etimologia, oltreché significato), identici nel significante, per es.perito 'morto'.
dal lat. PERIRE, e perito 'esperto', dal lat. (EX)PERIRI.
6 Cfr. Ruffin 1996, p. 352.
~ A » «UNO E SESSANTACINQUE»: GIOCHI DEI. SIGNIFICATO 211

'.i> Quando il ricchissimo padrone di casa gli illustra la dignità storica del-
•popria dimora («era un castello dei Medici»), Totò, fraintendendo, do-
~ : «era un ospedale?>, [Le sei mogli di Barbablù, 1950]. Scontata,
~ stesso film, la polisemia di piano 'progetto/pianoforte':
;;e
1it> lAt"ìA (Isa Barzizza): In confidenza/ io ho un piano//
[,;1\ TOTÒ: Ss! Confidenza per confidenza/ ma... mi raccomando/ eh? Io ho due
t} pifferi/ e una zampogna//
L-\i~A: Ma non avete capito! Io ho un piano astutissimo!
TOTÒ: Io cj ho una zampogna ch'è grossa così! [Le sei mogli di Barbablù, 1950).

Sulla stessa polisemia di piano si gioca anche in Il monaco di Monza,


e già in Fermo con le mani, 1937: «è un mare pieno di perico!V/ Per
atrnversarlo avevo un piano// Ma è scordato». «Una scrittrice di vaglia» 'di
~uo' è inteso da Totò come un'«impiegata alle poste» [Le sei mogli di
~blù, 1950). La polisemia di aereo 'diafano/aeromobile' è alla base
Id dialogo seguente (il gioco è arricchito anche da un aggancio conte-
~ : nel film si parla di una mongolfiera):

FAl'-ffASMA: Siamo aerei//


.-\.--..TONIO (Totò): Allora siamo dirigibili//
FAI'ITASMA: Siamo fatti d'aria//
Ai~TONIO: Palloni// (47 morto che parla, 1950].

Nel medesimo film: «potrebbe essere una panna// Una doppia pann~,,
:,~o di un'automobile guasta: la forma sing. panna 'guasto' (avere una
~ma), attestata, è comunque molto rara e non c'è dubbio che qui Totò
" · i sull'omonimia. «Persiane» 'donne di Persia/finestre': «ho accostato
rsiane», detto accostando l'una all'altra due donne provenienti dalla
~ia; all'appellativo onorifico di «altezza», Totò risponde: «uno e sessan-
~que» [L'imperatore di Capri, 1949]. Corso è inteso sia nell'accezione
f "serie di lezioni', sia in quella di 'strada':

GOVERNATORE (Guglielmo Barnabò): E... don Basilio le avrà anche detto/ a


che punto del corso l'ha lasciata//
FIGARO (Totò): Sì/ a piazza Dante//;

l'uso traslato di imbottire di piombo 'uccidere' e la doppia accezione


~ferro come 'metallo' e come 'elemento chimico' è alla base del dialogo
~ente:
212 LA UNGUA IN GIOCO

ALONZO (Renato Rasce!): Modrai imbottito di piombo!


FIGARO: Oh/ non è possibile//
ALONZO: Perché//
FIGARO: Il medico m'ha ordinato il ferro//;

il verbo cantare è usato dai banditi nel senso di 'confessare', mentre


Totò comincia a cantare, quando gli dicono «canta!»; sull'omonimia conti
plur. di conte/conti plur. di conto si basa il gioco seguente:

FIGARO (Totò): È tornato/ il conte d'Almaviva?


GUARDIA: No//
FIGARO: Questi conti/ che non tornano mai! [Figaro qua ... Figaro là, 1950].

Il gioco si ripete in Totò lascia o raddoppia?, 1956: «i conti qualche


volta non tornano// Ma io sono duca», dice Totò a Mike Bongiorno, che
credeva che il duca non arrivasse in trasmissione. «Lui è un principe del
foro// È come un sorcio// È con,osciuto in tutti i fori» [Sette ore di guai,
1951]. Alla fine di Guardie e ladri, 1951, si gioca (anche se stavolta con
toni autenticamente drammatici) sulla doppia accezione di stazione 'fer-
roviaria/di polizia': Totò saluta la famiglia come se stesse partendo, mentre
sta per andare in prigione. Il doppio senso di democrazia 'forma di go-
verno/partito politico' è sfruttato in Totò a colori, 1952: «e ammettendo
anche che io/ per democrazia cristiana/ ammettendo/ che io/ per demo-
crazia cristiana/ [... ] volessi dirigere questa banda/ eh/ questa bandaccia/
mi dica un po'/ lei/ che è sindaco/ eh/ il trombone chi lo suona? Giuseppe
Vèrdi?». Il primo riferimento, non lusinghiero, alla Democrazia Cristiana si
ha, in realtà, nella celebre scena del pesce in Fifa e arena, 1948: Totò sta
spiando Isa Barzizza nuda attraverso un acquario, quando un pesce (bril-
lante espediente della censura) si intromette, impedendogli di vedere le
parti salienti, sicché Totò protesta, sostenendo che quel pesce «dev'essere
democristiano»; la battuta, che subito divenne proverbiale tra il pubblico
(come testimonia la stessa Barzizza 7), viene citata anche in I pompieri di
Viggiù, 1949, allorché Totò dichiara alla Barzizza di conoscerla quasi tutta:
«tutta no/ ma quasi// Se non c'era quel pesce! Vi avrei conosciuta tutta».
Continuiamo con gli esempi: sull'omonimia di esercito verbo/sostanti-
vo si gioca in Totò a colori, 1952, quando l'onorevole Trombetta dichiara:

7 Cfr. Anile 1998, p. 41.


-~> «UNO E SESSANTACINQUE»: GIOCHI DEL SIGNIFICATO 213

--esercito una professione» e Totò crede che il suo interlocutore faccia il


maresciallo, dal momento che ha inteso esercito come sostantivo. Sempre
-~ 1òtò a colori è notevole tutta una serie di polisemie che sono alla base
11.ki gustoso gioco di equivoci delle scene conclusive del film: Antonio
Scannagatti (Totò), sfonunato compositore, si presenta all'editore musica-
Je TtScordi (Luigi Pavese) ~redendo che questi sia intenzionato ad allestire
:6 Scala una sua opera; Tiscordi, invece, è convinto che Scannagatti sia
oo infermiere inviato dall'ospedale per fargli un'iniezione. Il lungo equi-
,oco è possibile grazie alle seguenti omonimie e polisemie: Quisisana è il
<Ì!ilOffie di un albergo di Capri e di una clinica di Milano; opera 'melodram-
mair.attività infermieristica'; introduzione 'dell'ago durante l'iniezione/ou-
r-erture di un'opera lirica'; mano 'abilità nel fare iniezioni/abilità nel diri-
- ~ l'orchestra'; solita musica 'solite composizioni musicali/solite scuse
:per mascherare la propria imperizia nel fare le iniezioni' e infine la scala
~pioli, su cui Tiscordi monta per farsi fare l'iniezione, altro non era, per il
p-ero maestro Scannagatti, che il Teatro alla Scala. Gli equivoci si susse-
?~.rono in un crescendo di comicità, fino a che non interviene un termine
:mnosemico: bombardino 'strumento musicale a fiato', che induce a
\u:,gliere la situazione con la rivelazione della parola chiave, ovviamente
:;pjuta (in presenza di Totò) fino a questo momento: iniezione. Come
,ittdb migliore tradizione della comicità popolare, la risoluzione dell'equi-
~ comporta la fuga di Totò a gambe levate, non senza varie catastrofi,
j;~ le urla furiose del deriso Tiscordi, precipitato al suolo da un'alta li-
i;,:lreria su cui era montato all'inseguimento di Totò.
· L'omonimia di scala 'oggetto/nome proprio di teatro' tornerà, ma con
"'.-more verve, in Totò, Peppino e... la malafemmina, 1956, allorché Totò
\si Peppino credono che dentro il duomo di Milano ci sia la scala.
~'.; Seguitando nel nostro elenco: «due secondini fanno un quartino/ no?
-~ruo secondini fanno mezzo litro»: secondino 'guardia carceraria' ~
'\~utivo dell'aggettivo numerale secondo' ~ 'frazione del quanino di.
t'/'}Ìft)· [Il turco napoletano, 1953]. Totò crede che la «prognosi riservata»
· a malattia: «ammalati di prognosi riservata» e la moglie (Tecla Scara-
. .. . chiede se si tratta di «una nuova epidemia [... ] come fosse un colera»
l(Mmedico dei pazzi, 1954]; gioco analogo si ha in Arrangiatevi!, 1959.
· .Il medico dei pazzi, 1954, si regge sull'equivoco della pensione che
essere fatta passare per un manicomio, perché solo così lo zio Feli-
. otò) continuerà a dare soldi al nipote Ciccillo (Aldo Giuffré), cre-
olo un medico brillante, mentre invece è uno sfaccendato cliente
214 LA LINGUA IN GIOCO

della pensione. L'equivoco è reso più credibile proprio perché tutti conti-
nuano a dire che i clienti della pensione sono «pazzi» e che la pensione è
un «manicomio», in senso metaforico, mentre Totò intende sempre in sen-
so letterale. Inoltre i clienti hanno in effetti dei comportamenti molto ec-
centrici, e tutto il film sembra dunque una dimostrazione dell'affermazio-
ne shakespeariana e pirandelliana, o se si vuole freudiana, che tra pazzi e
savi passa una ben sottile differenza. In realtà il film altro non è che il
trionfo dell'equivoco verbale e del gioco delle metafore.
Il «polo», inteso come 'sport equestre', viene confuso da Totò per il
'polo geografico'; al posto di un «bacio» vero, Totò riceve un cioccolatino
[Totò lascia o raddoppia?, 1956]. Portando una sedia da un antiquario:

PROFESSORE (Totò): Questa/ poi/ è un Luigi//


ANTIQUARIO: Ma che Luigi!
PROFESSORE: Sarà Pasquale/ il fratello di Luigi/ ma è una poltrona antica//
[Totò e Marcellino, 1958].

BARBIERE: Irritato?
LUIGI (Totò): No no// Mai stato così allegro come oggi!
BARBIERE: No! Io dicevo sul collo// [Gambe d'oro, 1958].

«Spuntato» 'senza punta/defalcato':

DANTE (Totò) (passando a Peppe i ferri del mestiere di scassinatore) Uno


scalpello//
PEPPE (Vittorio Gassman): Spuntato//
DANTE: (chiedendo all'uomo che sta defalcando via via i ferri elencati)
Spuntato?
PEPPE: No/ spuntato pe davero// È se ... è senza punta// [I soliti ignoti, 1958].

Tutto il fim Totò nella luna, 1958, si regge sull'equivoco tra un «lancio»
editoriale e un «lancio» nello spazio. Equivoco tra «Porto» vino e «porto»
voce del verbo portare [Totò, Eva e il pennello proibito, 1959]. «Cane»
'animale/parte del fucile' [I tartassati, 1959]. «Consegnare», usato da Pep-
pino De Filippo nel senso di 'punire un soldato', è inteso da Totò nel sen-
so di 'dare' [Arrangiatevi!, 1959]. Totò dice a Buscagliene: «l'eroina/ no?»,
invitandolo a compiere un'altra operazione di spaccio, e Buscagliene non
capisce e risponde: «chi/ Giovanna D'Arco?» e Totò ribatte: «sì/ Anna Ma-
gnani!» [Noi duri, 1960].
"'liW"EU..A» «UNO E SESSANTACINQUE»: GIOCHI DEL SIGNIFICATO 215

PEPPINO (Peppino De Filippo): (in aereo) Siamo sulla rotta//


A..l\l'TONIO (Totò): Allora è pericoloso// È rotta// [Letto a tre piazze, 1960].

Sulla polisemia di rotta si gioca anche in Totò sexy, 1963:

IMPIEGATO ALITALIA: L'aereo ha una rotta precisa//


NINÌ (Totò): Ah no/ eh! Non facciamo scherzi// Se è rotta io non volo//.

Sull'omonimia di perito 'esperto' e di perito 'morto' si gioca in Chi si


.,,ferma è perduto, 1960, laddove, di Peppino che è «perito commerciale»,
'lbtò ironizza: «è perito/ è perito/ e non perisce mai// E perisca/ una buo-
na volta!». Il termine seduta 'seduta spiritica' è inteso da Totò e Peppino
De Filippo come 'stare seduti':

DONNA: Ma voi non fate la seduta?


PEPPINO (Peppino De Filippo): Signorina/ noi già stavamo seduti//
ANTONIO (Totò): Siamo stati seduti fino adesso// [Totò, Peppino e... la dolce
vita, 1961].

All'invocazione «tu/ prode», Totò risponde: «no/ a me non mi prode»;


Totò, sentendo il terminefaraona 'regina d'Egitto', dice: «pensa che io
l'avevo scambiata per una padovana», giocando sulla polisemia difarao-
na 'regina/gallina' e dipadovana 'di Padova/gallina' [Totò contro Maciste,
1962].
Vediamo ora uno dei brani più esilaranti dell'intero corpus, tratto da
Totò diabolicus, 1962, giocato su una serie di malintesi e di giochi di pa-
role, tra cui spiccano tre polisemie: millecento Fiat 'tipo d'automobi-
le/1100 azioni della società Fiat'; Montecatini 'nome di paese/nome di
una società per azioni'; busto 'statua/panciera'. Il brano, oltreché per la fi-
gura della polisemia, è uno degli esempi più brillanti del rapido e piro-
tecnico susseguirsi di botta e risposta tra Totò e le sue spalle migliori, in
disquisizioni demenziali che portano le stesse spalle quasi alla follia, nel-
lo sforzo di tener testa alle invenzioni linguistiche di Totò e alle sue deli-
ranti argomentazioni:

NOTAIO (Peppino De Martino): E poi/ al lascito azionario di sua sorella/ biso-


gna aggiungere millecento Fiati/
PASQUALE (Totò): Ma dico/ vogliamo far ridere i polli? Li vogliamo far ridere/
questi polli? Ma le sembra che un uomo nella mia posizione/ va in giro
216 LA UNGUA IN GIOCO

con una millecento Fiat ... Ma io/ perlomeno/ ho bisogno d'una Cadillàc/
spaziosa! Una Nincon!
NOTAIO: Sì/ va bene ...
PASQUALE: Magari un autobùs fuoriserie//
NOTAIO: Sì/ ma/ no ...
PASQUALE: Eh eh eh//
NOTAIO: Ecco/ m ... mi sono spiegato male// ·
PASQUALE: <Eh/ sì// Sì// Sì>//
NOTAIO: <Ehm/ dicevo>/ millecento azioni/ Fiati/
PASQUALE: Come sarebbe a dire!
NOTAIO: Azioni/ titoli//
PASQUALE: Titoli?
NOTAIO: Titoli azionari della ... società Fiati/
PASQUALE: Mah/ sarà!
NOTAIO: Del resto ci sono ari.che/ tremila Montecatini//
PASQUALE: Ma lei mi vuol prendere in giro// Mi dica la verità//
NOTAIO:<[ ... ]>!
PASQUALE: <Lei c'è venuto/ o ce l'hanno mandato/ per prendermi in giro! Ma
come>! Tremila Montecatini!
NOTAIO: 'fremila!
PASQUALE: Montecatini n'esiste uno solo! E/ lo so perché/ un amico mio cj an-
dava/ e come/ cj andava!
NOTAIO: Ecco/ allora/ mi sono spiegato male/ ancora una volta//
PASQUALE: Eh/ eh/ eh/ lei è recidivo//
NOTAIO: Sono/ recidivo//
PASQUALE: Lei è recidivo// Ma/ mi dica la verità/ mi guardi negli occhi// Da uo-
mo a uomo//
NOTAIO: Che c'è?
PASQUALE: Lei/ dico lei/ prima persona/ è proprio notaio/ no?
NOTAIO: Come no! Sono/ notaio!
PASQUALE: Abusi... abuSÌ"l("O//
NOTAIO: Ma che abusivo!
PASQUALE: Lei è notaio?
NOTAIO: Sono notaio! Eh!
PASQUALE: Con la !aura?
NOTAIO: Con ... Con la laurea//
PASQUALE: La che?
NOTAIO: Laurea//
PASQUALE: Ah/ adesso si dice laurea?
NOTAIO: No no no/ s'è sempre detto così//
PASQUALE: Appunto/ dico//
l\illUEZZA» «UNO E SESSANTACINQUE»: GIOCHI DEL SIGNIFICATO 217

NOTAIO: Eh//
PASQUALE: S'è sempre detto così//
NOTAIO: S'è sempre detto così// Non Laura// Laurea//
PASQUALE: E... e ... e ... e ... cj ha l'ufficio/ no?
NOTAIO: Ho l'ufficio// Un antichissimo/ ufficio!
PASQUALE: Eh!
NOTAIO: Dal mio bisnonno!
PASQUALE: Con l'ufficio?
NOTAIO: Di padre in figlio/ so ... so.... so ... siamo arrivati a me//
PASQUALE: Però clienti...
NOTAIO: S'informi/ s'informi//
PASQUALE: Però clienti... (facendo cenno con la mano sotto il mento per in-
dicare 'niente)
NOTAIO: Affollatissimo! Moltissimi/ clienti! S'informi un po'/ chi è/ l'u ... il...
notaio Cucuzza!
PASQUALE: Cucuzza?
NOTAIO: Cucuzza// Sono io//
PASQUALE: Ma io ho conosciuto suo figlio!
NOTAIO: Mio figlio?
PASQUALE: Sì! Cucuzziello// Eh!
NOTAIO: Ma no ... non dica ...
PASQUALE: Non è suo figlio?
NOTAIO: Non è ... non è mio figlio/ perché non ne ho/ figli// Eh//
PASQUALE: Cj avrei giurato/ sa? [... ]
NOTAIO: E invece/ tagliamo/ tagliamo qui//
PASQUALE: Tagliamo qui// Dunque//
NOTAIO: Dunque/ qui/ c'è/ l'elenco dei beni immobili/ lasciati dal professor
Carlo//
PASQUALE: Beni e mobili?
NOTAIO: Beni immobili//
PASQUALE: Immobili//
NOTAIO: Lasciati dal professor Carlo//
PASQUALE: Letto... letti... armadi...
NOTAIO: Hm ... beni immobili! Beni immobili! Case/ palazzi...
PASQUALE: Ma si spieghi/ giovanotto! Si spieghi!
NOTAIO: Ma mi spiego benissimo! Scusi!
PASQUALE: Io sono miliardario! Ha capito/ o no? Eh/ lei sta parlasdo con un
milionario!
NOTAIO: Ecco/ va bene// Va bene//
. PASQUALE: Mica con un fesso qualunque! Oh!
NOTAIO: No ... no ... non mi permetterei! Eh!
218 LA LINGUA IN GIOCO

PASQUALE: Eh/ no/ lei si sta permettendo/ invece! Avanti! Andiamo avanti!
NOTAIO: Il ... il professor Carlo/
PASQUALE: Mio frate!.. mio fratello//
NOTAIO: ha lasciato anche/ suo fratello/ due cliniche modello//
PASQUALE: Due cliniche?
NOTAIO: Modello//
PASQUALE: Come sarebbe/ modello?
NOTAIO: Due cliniche perfette//
PASQUALE: C'è gente/ dentro?
NOTAIO: Come no?
PASQUALE: Ammalati?
NOTAIO: Ammalati//
PASQUALE: Via via via via via! Facciamo piazza pulita! La clinica io ne ho biso-
gno ... libera! Io ci debbo sguazzare dentro! E poi/ oh! Io so' miliardario!
Cj ho due cliniche! Eh/ mi servono!
NOTAIO: Va be'/ ma lei può fare quello che vuole/
PASQUALE: Eh!
NOTAIO: ma ci sono degli ammalati gravi// Come si fa ...
PASQUALE: Malati gravi?
NOTAIO: E certo!
PASQUALE: Si manda lo sfratto//
NOTAIO: Lo sfratto agli ammalati?
PASQUALE: Quanto possono campare/ questi ammalati?
NOTAIO: Ma non lo so!
PASQUALE: Ammettiamo anche che io voglia essere indulgente// Quanto pos-
sono campare?
NOTAIO: Ma non lo so!
PASQUALE: Tre quattro giorni// E poi me li faccia fuori/ abbia pazien ... ! Me ...
me li faccia fuori!
NOTAIO: Ma che li faccio fuori/ eh ...
PASQUALE: Uff! (al notaio che si sta pulendo il vestito dalla cenere che Pa-
squale gli ha buttato addosso) Che fa?! Cosa fa?!
NOTAIO: Eh/ la cenere qui... sulla ... Infine/ tra le proprietà lasciate dal genera-
le/ l'altro suo fratello/
PASQUALE: Sì//
NOTAIO: è compreso un busto in oro del duce// Un busto in oro/ del duce//
PASQUALE: Ma no!
NOTAIO: Sì//
PASQUALE: Un busto!
NOTAIO: Un busto// In oro//
~ » «UNO E SESSANTACINQUE»: GIOCHI DEL SIGNIFICATO 219

PASQUALE: Ma sa/ che questo mi giunge nuovo! (ride) E chi poteva pensare
che il duce portasse il busto!
NOTAIO: No!
PASQUALE: (imitando Mussolini) Ecco/ perché stava bello tutto dritto/ aitan-
te//
NOTAIO: Non/ no/ no/ non è che il duce/ portasse il busto! Non lo portava//
E.<\SQUALE: Ah no!
NOTAIO: Ma no!
PASQUALE: Portava un reggipetto//
NOTAIO: Un re ... Nossignore! Che reggipetto! Dice ...
PASQUALE: La panciera?
NOTAIO: Ma neanche la panciera!
PASQUALE: Ma lo sa che lei è un bel. tipo? Lei prima dice il busto/ e poi se lo
nega!
NOTAIO: Ma non me lo nego affatto!
PASQUALE: Ma come/ se lo sta negando!
NOTAIO: Ma chi se lo nega!
PASQUALE: Lei ha detto eh ...
NOTAIO: Ho detto un busto in oro// Un busto significa/ una statua// Va bene?
Una statua!
PASQUALE: Co ... col reggipetto? <Con la panciera>//
NOTAIO: <Senza reggi... Oh/ ma lei mi vuol prendere in giro>/ scusi?!
PASQUALE: Sissignore//
NOTAIO: Ah/ ah sì?!
PASQUALE: No/ dico/ sissigno ...
NOTAIO: Lei conferma che mi prende in giro?!
P.<\SQUALE: <Ah/ ma sa che ... ma sa che> ...
NOTAIO: <Io non so/ no so come faccio a>· ...
PASQUALE: (battendo violentemente la mano sul cappello del notaio pog-
giato sul tavolo) Ma lei sa che ... lei sa che è un ...
NOTAIO: È il mio cappello!
PASQUALE: Abbia pasienza!
NOTAIO: Ma che pazienza e pa ...
MAGGIORDOMO: Signore//
PASQUALE: Che ... che c'è? (dando la sigaretta al notaio) Areggi/ areggi//
NOTAIO: Che/ che è? (scottandosi con la sigaretta) Ahi!
:vtAGGIORDOMO: Ha telefonato il portiere/ che sta salendo la polizia//
PASQUALE: La polizia! Io lo sapevo! (al notaio) lo scappo// Lei cosa fa?
NOTAIO: Che devo fare?
PASQUALE: Scappi anche lei!
NOTAIO: Perché?!
220 LA LINGUA IN G!ClO?

PASQUALE: E se sanno che lei non è notaio?.


NOTAIO: Ma come/ non sono notaio!
PASQUALE: Questi sanno tutto!
NOTAIO: Oh/ io non ho niente da temere! E neanche lei// È tutto in regola-:
E... la polizia/ semmai/ verrà per le indagini//.

«Tenore» 'cantante/modo di vita' (Totò contro i quattro, 1963]. Bravo


sostantivo è frainteso da Totò e Macario come aggettivo: all'invocazione di
Taranto «bravi!» (riferita ai suoi scagnozzi, parodia dei bravi manzoniani),
Totò replica: «bravissimi! Fuori! Bis!»; giochi assai prevedibili si fanno sulla
polisemia di ala e di braccio 'del castello/del pollo'; sposare è sempre in-
teso come 'celebrare il matrimonio'.da Taranto e come 'prendere in spo-
sa' da Totò: il colmo dell'equivoco si tocca quando Turante chiede a Totò:
«mi sposereste?» e Totò rimane attonito; «pulzella» è inteso da Totò per
'piccola pulce':

EGIDIO (Nino Tu.ramo): Questo fra' Terenzio/ non volle essere comprensivo
con mio zio/ che aveva una pulzella per la testa//
PASQUALE (Totò): Ah sì?
MAMOZIO (Macario): Cosa aveva?
EGIDIO: Una pulzella//
PASQUALE: Lo zio/ aveva/ in testa/ sai quelle piccole pulzelle che se mettono
fra i capelli [... ]//;

«cappuccino» 'monaco' è inteso da Totò come 'bevanda':

FIORENZA (Lisa Gastoni): Per un momento pensavo che voi foste ...
PASQUALE: Un cappuccino// Invece no// Sono un monaco// Un monaco mac-
chiato/ ma sono un monaco//;

«guida monaci» è intesa come 'guida dei monaci':

EGIDIO: Ma allora non siete un monaco vero!


PASQUALE: Come/ non sono un monaco vero! Come si permette di dire que-
sto?! Lei guardi sulla guida monaci// E vedrà che mi trova»;

alla richiesta di Nino Taranto «acqua!», Totò e Macario cercano in giro,


come se stessero giocando alla caccia al tesoro; una grossa salma è chia-
mata «un salmone»; supplicando di non abbassare la leva che aziona la
macchina della tortura, Totò supplica: «no/ la leva no! Io non sono di le-
~ «UNO E SESSANTACINQUE»: GIOCHI DEL SIGNIFICATO 221

i~ {Il monaco di Monza, 1963]. Urlatore 'colui che urla/cantante mo-


~mo': all'uso del sost. urlatore nel senso di 'colui che urla', Totò glossa:
: ~ ne possiamo più di questi urlatori» (e cambia scena su Gianni Mo-
; ~ che canta Penelope) [Totò sexy, 1963]. «Ramo» della famiglia è frain-
\ ~ da Totò come 'ramo dell'albero' [Totò contro il pirata Nero, 1964].

'.lb:I.2. «Come passa il tempo!»: sfasamento cronologico


Questo gioco è basato sulla distanza storica tra l'epoca rappresentata
·~· i concetti espressi nel film; i dialoghi vengono cioè decontestualizzati
jmnologicamente. Esempi del genere si trovano soltanto, evidentemen-
.•~ nei film storici e nei casi in cui, di un personaggio storico, si finge di
·.oon sapere che sia morto da secoli.
I due principali film storico-parodici di Totò (Totò contro Maciste,
1962, e Totò e Cleopatra, 1963), regno del Kitsch e della farsaccia, hanno
Zi"ldubbio merito, degli autori e degli attori, di smascherare la tronfia fin-
tiene dei film storici americani: in questi ultimi la decontestualizzazione è
mscosta nelle intenzioni ma evidente nei fatti (nelle acconciature e nelle
muazioni tipicamente moderne), mentre in Totò è volutamente sottoli-
Deata in ogni battuta. In Totò contro Maciste, 1962, trovano posto il «ni-
•.!;bt club», gli «urlatori» e le «mille bolle blu» di Mina, il «tabaccaio», le «si-
pette», «San Gennaro», !'«autobus» e !'«accelerato» ('treno'), «Rocco e i
suoi fratelli», nella celebre invocazione: «spezzeremo i reni a Maciste e ai
suoi compagni// A Rocco e i suoi fratelli». In Totò e Cleopatra, 1963, com-
paiono invece, oltre al «nightclub» e alla «girl friend», «Pia dei Tolomei»,
~ cieca di Sorrento», la «censura», gli «alimenti»· in seguito al divorzio e la
rorrente elettrica.
Vediamo ora qualche esempio di sfasamento cronologico nei film non
storici, perlopiù secondo lo schema «È morto X» «E quando?» «Y anni fa»
<eme passa il tempo!» e simili (dove X= personaggio storico e Y = al-
meno 100 anni fa):

PROFESSORE: (parlando di Aristofane) Ma no/ sono più di duemila anni/ che


è morto!
ARISTIDE (Totò): No!
PROFESSORE: Eh!
ARISTIDE: Aristofane?!
222 LA LINGUA IN GIOCO

PROFESSORE: Sì!/
ARISTIDE: È morto?
PROFESSORE: Certo//
ARISTIDE: E quando?
PROFESSORE: Eh/ duemila anni fa!
ARISTIDE: Dio/ come passa/ il tempo! [Il ratto delle Sabine, 1945].

«Dio come passa il tempo/ ragazzi!», è detto a proposito della morte di


Cosimo de' Medici [Le sei mogli di Barbablù, 1950].

SINDACO: Eheheh/ capisco// Dunque/ maestro/


ANTONIO (Totò): Hm//
SINDACO: volevo dirle/ probabilmente lei avrà saputo della sciagura/ che ha
colpito il suo collega//
ANTONIO: Eh!
CONSIGUERE PARRINI: Eh! (si sente come sottofondo un brano di Chopin)
ANTONIO: Eh! Non me ne parli! Non me ne parli!
CONSIGUERE PARRINI: Eh sì!
ANTONIO: Eh/ beh/ cosa vuol fare? È una cosa/ però/ che/ vede ...
SINDACO: Eh//
ANTONIO: Povero Sciòpen/ povero!
SINDACO: (pronunciando correttamente) Chopin?
CONSIGUERE PARRINI: (c.s.) Chopin?
CONSIGLIERE ROSSETTI: (c.s.) <Chopin>?
ANTONIO: <Eh>// Beh?
CONSIGLIERE ROSSETTI!: No! Il maestro Tiburzi! [Totò a colori, 1952).

Quando Totò apprende di essere la reincarnazione di Marco Antonio,


amante di Cleopatra duemila anni prima, esclama: «Dio/ come passa il
tempo!» [Totò all'inferno, 1955].
Altro tipo di esempi: spacciandosi per guida turistica, Totò spiega a un
gruppo di americani le tombe presenti nel Foro Romano, citando, tra gli
altri, «Tito Tazio// Quello che fece il ratto di/ Fara Sabina» e la «tomba di
Cristoforo Colombo»; dice inoltre che il foro è «sinistrato» per via del «ter-
remoto di Avezzano»; la moneta spacciata per antica romana è «dell'epo-
ca di Giolitti» [Guardie e ladri, 1951]. La trama dell'opera del maestro
Scannagatti, infine, mette insieme Cristoforo Colombo e Elena di Troia:
«vedi/ cara/ qui siamo al terzo atto// Quando Cristoforo Colombo/ fa rapi-
re/ Elena di Troia// Che poi sopraggiunge la madre di Elena ...» [Totò a co-
lori, 1952].
'l!!iutZ7..A» «UNO E SESSANTACINQUE»: GIOCHI DEL SIGNIFICATO 223

XXI.3. «Per la contradizion che nol consente»: contraddizioni

Vere e proprie contraddizioni sono: «padre legittimo e putativo di Se-


rafina mia figlia» [San Giovanni decollato, 1940]; «eccellenza/ se dovete
fucilare/ fucilatemi// Ma almeno/ salvatemi la vita!»;

FIGARO (Totò): Coraggio ce l'ho//


GUARDIA: E allora?
FIGARO: È la paura/ che mi frega! [Figaro qua... Figaro là, 1950].

Assegnando i ruoli per l'allestimento della sua opera, Totò annuncia:


..w sei mio cognato/ te farò fare il cognato di Romolo» [Totò a colori,
1952]: se c'è un parente che Romolo non può avere è proprio il cognato,
usto che non ha sorelle né moglie! «Io sono un minorenne anziano»
{Totò lascia o raddoppia?, 1956]. «Incubatrice per adulti» [/ ladri, 1959].
Ovviamente, il tipico meccanismo umoristico sotteso a questi esempi
è proprio lo stridore degli accostamenti, o «vicinati inattesi» 8 •

.XXI.4. «È la somma che fa il totale».- nonsense e tautologie

Talvolta, le parole vengono usate senza alcuna ragione semantica par-


ticolare: a un uomo che ha trentaquattro denti Totò dice «lei è bisestile»
(Totò all'iriferno, 1955]. «Bisestile» figurava anche in un altro nonsense:
·«rerragosto/ Befana/ siamo lì// L'anno bisestile» [Il medico dei pazzi,
1954]. Vera e propria tautologia senza senso è «è la somma/ che fa il tota-
k--, più volte ripetuta in Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi, 1960.
Si ha, in questi rari casi, il massimo grado di infrazione delle regole co-
municative (viene meno la terza massima del «Principio di Cooperazione»
di Grice: «di' cose che hanno rilevanza» 9): qui non c'è neppure il gusto
del gioco fonico o della conflagrazione di opposti, a mettere in moto la
romicità; c'è soltanto il compiacimento di azzerare ogni componente ra-
zi.onale della conversazione.

8 Cfr. Bachtin, cit. in XVII.I, n. 4.


9 Cfr. introduzione, ultimo paragrafo, n. 33.
XXII. «IPOCRIFO»: LE PAROLE INVENTATE

L'originalità e la ricchissima vena inventiva presente nella lingua dei


film con Totò non traspare tanto nel conio di neologismi, quanto, come
abbiamo visto sinora, nei giochi verbali che sfruttano abilmente tutto il
materiale linguistico già esistente. Si contano comunque alcune invenzio-
ni lessicali (in particolare pinzillacchere e soffittizzarsz), che hanno an-
dle goduto di una certa fortuna (il primo lemma è riportato in ogni di-
zionario, con attribuzione ad Antonio de Curtis).
Le invenzioni lessicali possono essere distinte in due gruppi: i termini
{pochi) del tutto inventati (a partire cioè dalla radice) e quelli (più nu-
merosi), diciamo così, virtuali (secondo i meccanismi di formazione delle
parole propri dell'italiano), formati cioè dall'accorpamento di affissi e de-
sinenze esistenti (ma insoliti in quel contesto) a radici comunque presen-
!J:i. nella nostra lingua.
Non si ripetono qui i casi di deformazione di parole (italiane e stra-
mere) già citati nei capitoli precedenti, anche se, in un certo senso, an-
dl'essi potrebbero essere annoverati tra le invenzioni lessicali.

XXII. I. «Soffittizzatevi!»: aggiunta di affissi o desinenze a radici


esistenti

Suonifero 'che fa cantare': in Animali pazzi, 1939, parte della trama


del film è retta sulla sostituzione di un «sonnifero» con un «suonifero»,
dre, anziché far dormire, fa cantare. Qui la trovata paronomastica, del tut-
w in linea con la comicità degli autori Bragaglia e Campanile, si compiace
,,ietl'effetto che deriva dalla vicinanza fonica tra sonnifero e suonifero, che
È\'ece hanno effetti opposti.
Facchinissimo e superjacchino vengono usati come insulto in risposta
ii. "'ffialeducato»: «facchino! Due volte facchino! Anzi facchinissimo! Super-
&rchino!»; eia casigliano 'coinquilino' viene coniato il verbo casigliare:
<:asigliani che casigliate in questa casa» [San Giovanni decollato, 1940].
226 LA IlNGUA IN GIOCO

Paratomia sta forse per anatomia, con scambio di prefisso; errofagia


è la malattia di chi non pronuncia bene lardi trentatré, all'atto dell'au-
scultazione medica; «radiomarellica» (dal nome di marchio Radiomaretli)
viene detto come complimento a una donna: «divina! Celestiale! Paradi-
siaca! Radiomarellica!»; termogène 'lapsus per compasso', forse coniato su
termogeno; «autopercosse» 'percosse inflitte a sé stessi' [Due cuori fra le
belve, 1943).
Panoramare 'guardare il panorama': «panoramate» [Totò cerca casa,
1949].
«!solisti» 'isolani'; sparomania 'mania per le sparatorie'; futilizzare
'rendere superficiale', futilizzarsi 'diventare superficiale, pensare a cose
futili': «tu ti devi futilizzare», «futilìzzati», «ti futilizzo io», «fatti futilizzare»
[L'imperatore di Capri, 1949). Il termine, insieme col sotto citato soffit-
tizzarsi, godette di un certo interesse presso i linguisti, tanto da meritare
una menzione nella rivista «Lingua Nostra», nel 1953: cfr. Fittoni 1953, il
quale cita, accanto a /utilizzarsi e a soffittizzarsi, anche quisquilie e ha
d'uopo. Purtroppo, a conferma della scarsa attenzione dei linguisti alla lin-
gua del cinema, il riferimento è impreciso: infatti il Fittoni riporta la forma
«futilizziamoci», assente nel film.
Osatura 'atto di osare' (forse si gioca sull'assonanza con ossatura): «e
se osasse/ coll'osacura/ sarebbero dolori»; concubire 'concupire una don-
na e tenerla come concubina', dall'incrocio tra concupire, concubina e,
probabilmente, concùbito 'rapporto sessuale': «io ti concubisco// Ci siamo
concubiti? Tu mi concubisci»; pan.filare 'andare in panfilo, dare un pas-
saggio in panfilo': «cosa aspettiamo a panfilare?», «fammi vedere come
panfili», «mi dai una panfilata fino a Napoli» [Totò le Mokò, 1949].
Sbafatorio agg. 'che è fatto a spese di altri': «scultura sbafatoria clan-
destina» è una scultura copiata, da sbafare [Totò cerca moglie, 1950].
Lezionare 'dare lezioni'; menzognare 'mentire': «signori/ qui si men-
zogna!» [Figaro qua... Figaro là, 1950].
«Sono bicarogna» 'due volte carogna'; per deridere le manie naturisti-
che snob, da Tarzan e dal titolo del film Tototarzan si coniano tarzani-
smo, tarzanista, tototarzanismo e tototarzanista, e se ne dà anche una
bella definizione: tarzanismo è «una specie di naturismo mondano» [Toto-
tarzan, 1950].
«Bilunga» 'lunghissima' [Le sei mogli di Barbablù, 1950).
"'!POCRIFO»: LE PAROLE INVENTATE 227

Marchesionicidio 'uccisione di un marchese'; gli «abitanti» di una ne-


cropoli sono i «necropolitani» (coniato in evidente assonanza con metro-
politana) e quelli del deserto sono i «desertani» [Totò sceicco, 1950).
Loditudine 'l'atto di lodare'· [Sette ore di guai, 1951).
Timidarsi 'lasciarsi intimidire':

LORENZO (Aldo Fabrizi): Sparo in aria/ a scopo intimidatorio//


FERDINANDO (Totò): E va be'// Io non mi timido//( ... ] Tu puoi sparare solo
per legittima difesa// io non offendo;

«pietre appiane» 'della via Appia' [Guardie e ladri, 1951].


«Piumistiche» 'leggere come piume'; «si supercapisce» 'si capisce be-
nissimo' [Totò a colori, 1952].
«Detopizzare l'ambiente» 'mettere le trappole per topi' [Totò e i re di
Roma, 1952).
Infanteschicidio 'uccisione della cameriera', da infanticidio e fante-
sca; adonteria 'atto di adontarsi': «tutte queste adonterie» (detto da Pep-
pino De Filippo); soffittizzarsi 'ritirarsi in soffitta': «uomini di genere ma-
schile! Contro il logorio della donna moderna/ soffittizzatevi!» [Totò e le
donne, 1952). Su quest'ultimo neologismo si espressero Fittoni (1953, ci-
tandolo male: «soffittizziamoci») e Menarini (1953, correggendo l'errore
di citazione del Fittoni). Menarini individua giustamente il precedente cui
Totò (o chi per lui, visto che Menarini sottovaluta la creatività di Totò e so-
prawaluta quella degli sceneggiatori) deve essersi ispirato: la pubblicità
della Vespa Piaggio: «vespizzatevi!», a sua volta coniato su «motorizzatevi»,
che diede il La a tutta una serie di effimere creazioni pubblicitarie, come
"lambrettiZZatevi» e «metanizzatevi».
Decoltizzarsi 'mostrare il décolleté': «mostra il décolleté// Decoltìzza-
ti» [L'uomo, la bestia e la virtù, 1953] .
Supersudare 'faticare moltissimo': «i soldi me li lavoro/ me li sudo/ me
!i supersudo»; tattomane 'pieno di tatto':

LUCIO (Mario Castellani): Avete del tatto/ voi?


TOTTONS (Totò): Beh/ veramente so' uscito così all'improwiso/ sa//
LUCIO: No no no/ dico/ siete gentile nei modi//
TOTTONS: Ah/ sì sV ehi sono tattomane/ si immagini! [Il più comico spetta-
colo del mondo, 1953].
228 LA LlNGUA IN GIOCO

«Superdivina» 'bellissima' [La macchinafotograftca, 1954].


All'ingrande 'in grande', per incrocio tra in grande e all'ingrosso e
passaggio parasinonimico da grosso a grande: «loro fanno le cose all'in-
grande»; «assecondatura» 'l'atto di assecondare'; congratulanze 'congra-
tulazioni e condoglianze':

AMICO: (avendo appreso che Totò si è risposato dopo la morte della prima
moglie) Adesso/ non so se farti le condoglianze/ per/ la prima/ o le con-
gratulazioni. ..
GENNARO (fotò): Beh/ facciamo una cosa// Una via di mezzo// Fammi le con-
gratulanze/ e non ne parliamo più//;

psicologare 'intuire, avere attitudini e sensibilità da psicologo, da co-


noscitore dell'animo umano': «non hai psicologato niente» dice Totò a un
cameriere che si piccava di saper conoscere i segreti dei suoi clienti con
abilità da psicologo; sprizzaiuolo 'chi sprizza salute': «io sprizzo salute da
tutti i pori// Io sono sprizzaiuolo» [Totò cerca pace, 1954].
Fiutarolo 'che ha fiuto': «il mio naso è fiutarolo» [Totò e Carolina, 1955).
Da siamese (sorelle siamesi) nasce siamesetico: «che ginepraio siame-
setico!» 'problema intricato di sorelle siamesi' [Totò all'inferno, 1955].
Franitico 'causato da una frana': «impedimento franitico» [Destinazio-
ne Piovarolo, 1955]
Co/azionare 'mangiare a colazione': «questo minestrone/ me lo cola-
ziono io» [Il coraggio, 1955].
Scapolata 'accoppiata tra persone non sposate': «oh/ allora/ voi siete
scapole? Noi siamo scapoli// Io direi/ perché non facciamo una bella sca-
polata?!» [Totò, Peppino e le fanatiche, 1958]: qui c'è anche l'uso di sca-
pola per nubile e credo non sia da escludere la ricercata assonanza con il
censurabile scopare 'avere un rapporto sessuale'.
Inftondare 'colpire con la fionda': «un ragazzo/ la settimana scorsa/
con la fionda/ non m'ha in ... in ... infiondato il sedere?»; tanftglio 'odore
sgradevole'; maggiordomare 'assumere come maggiordomo': «e quando
l'ho maggiordomato/ a lei?» [1btò a Parigi, 1958).
Fantascienzare 'scrivere libri di fantascienza'; fantaschifezza 'brutto
libro di fantascienza'; «perspicaciona» 'donna assai perspicace'; tramata
'luogo in cui si trama'; «tramaturghi» 'coloro che ordiscono trame', owia-
mente per assonanza con drammaturgo, già deformato in «dramma tur-
co», in Il ratto delle Sabine, 1945; un «essere scarafonico» è uno «scar-
~RIFo»: LE PAROLE INVENTATE 229

rafone», owero 'scarafaggio'; aerostop 'atto di chiedere il passaggio a un


"-elivolo'; carpa 'corpo femminile': «io sono un corpo/ e per vivere qua
:sopra/ ho bisogno di una corpa» [Totò nella luna, 1958).
Strombare 'soffiarsi il naso con violenza, come se si suonasse una
tromba': «non ci si stromba il naso nel lavandino!» [Arrangiatevi!, 1959):
il termine è tanto più comico se si pensa alla dotta accezione architetto-
nica del verbo omonimo ('dotare un muro di una svasatura intorno a una
porta o a una finestra, come nelle chiese gotiche').
Bilateggiare: «bilateggia» è detto di un uomo (Fred Buscaglione) che
bacia due donne (travestite da uomo), una a destra, una a sinistra; inal-
jàbeta 'analfabeta' [Noi duri, 1960].
Ma/educanda 'educanda maleducata' [Signori si nasce, 1960].
Da impegnarsi viene coniato l'antonimo spegnarsi 'venir meno a un
impegno preso': «sarebbe troppo comodo// Uno si impegna/ si spegna// A
comodità sua// Eh/ no/ eh!» [Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi, 1960): l'in-
venzione è basata sul transitivo spegnare, esistente, 'liberare un oggetto
dato in pegno'.
Esuberatore 'esuberante'; vagitare 'vagire, emettere vagiti': «io sento
un vagito//[ ... ] Qui si vagita dentro» [Chi si/erma è perduto, 1960].
Dettagliamento 'dettaglio' [Totò, Peppino e... la dolce vita, 1961).
Escandire 'dare in escandescenze': «chi indossa/ un abito talare/ non
\'a in escandescenze// Non escandisce» [I due marescialli, 1961].
Paparazzare 'fotografare, disturbare alla maniera dei paparazzi': «lei è
un paparazzo/ ed è ora che smetta/ di p_aparazzarci!» [Totò di notte n. 1,
1962].
«Irruziamo» 'facciamo irruzione' [I due colonnelli, 1962].
Bipranzo 'doppio pasto al giorno': «ah sì! Adesso tiriamo fuori delle
pretese! Mangiare/ due volte al giorno! Vogliamo fare/ il bipranzo!»; estre-
munzionare e_estremunzionire 'impartire l'estrema unzione': «se lei vuol
essere estremunzionato/ la estremunzionisco subito»; da nozze si formano
le contronozze e le supernozze; da cripta, nasce criptare 'rinchiudere
nella cripta'; un morto è definito «miraggioso» perché i suoi apparenti mo-
vimenti sono frutto di un miraggio [Il monaco di Monza, 1963].
Spreparare 'antonimo di preparare'; snominare 'antonimo di nomi-
nare' [Totò e Cleopatra, 1963].
Sottomozzo 'carica inferiore a quella di mozzo': «mozzi/ sottomozzi»;
peculatore 'chi commette peculato', per analogia con speculatore [Totò
contro il pirata Nero, 1964].
230 LA LINGUA IN GIOCO

Da «passo felpato» viene coniato felpare 'camminare con passo felpa-


to': «stai felpando?», «e felpa!»; cadaverizzare 'uccidere': «quel cadavere/
non l'abbiamo mica cadaverizzato noi» [Che fine ha fatto Totò Baby?,
1964].
Cartivoro 'chi mangia carta' [Totò d'Arabia, 1965].

XXIl.2. «Pinzillacchere»: invenzione di radici

Il primo e più illustre esempio di termine inventato da Totò è pinzil-


lacchera 'cosa da nulla'. Esso fu per la prima volta inserito in un vocabo-
lario nel 1963, da Bruno Migliarini, che lo attribuiva a Totò e a Silvio Gigli
(1930). Si tratta forse di una deformazione di pillacchera 'grumo di mel-
ma o di sterco', con varie accezioni traslate (cfr. GDLI, s.v. pinzillacche-
ra). Nei film di Totò il termine (quasi sempre al plurale) è attestato anche
nella forma «pinzellacchera» e si incontra spesso (in otto film), soprattut-
to nei primi anni. Il pubblico lo aveva già sentito a teatro e, evidentemen-
te, l'aveva gradito, tanto che Totò se ne separerà soltanto nel 1960. Fino
ad allora, le pinzillacchere saranno una sorta di carta d'identità della ma-
schera e del suo genere filmico. Pinzillacchere è quasi sempre associato a
quisquilie (o quisquiglie) e a bazzecole (o bezzegole): Quisquiglie e pin-
zillacchere è anche il titolo di un famoso libro che Goffredo Fofi (1980)
ha dedicato al teatro di Totò.
Vediamo ora le attestazioni nel nostro corpus: Fermo con le mani,
1937; San Giovanni decollato, 1940; Due cuori fra le belve, 1943; Fifa e
arena, 1948; Totò le Mokò, 1949; Tototarzan, 1950; Destinazione Piova-
rolo, 1955; Chi si/erma è perduto, 1960.
In altri film incontriamo soltanto le «bazzecole» [Totò, Peppino e i fuo-
rilegge, 1956; Totò, Vittorio e la dottoressa, 1957; Totò e Marcellino,
1958; Totò, Peppino e le fanatiche, 1958; Signori si nasce, 1960; I due
marescialli, 1961; Lo smemorato di Collegno, 1962], o soltanto le «qui-
squilie» [Animali pazzi, 1939; Il ratto delle Sabine, 1945; Yvonne la
nuit, 1949], o entrambi [Totò al giro d'Italia, 1948]. In altri compaiono
anche le «sciocchezze» o le «sciocchezzuole» [Fermo con le mani, 1937;
San Giovanni decollato, 1940; Due cuori fra le belve, 1943; Totò a colo-
ri, 1952]. In Totò a Parigi, 1958, e in Signori si nasce, 1960, c'è anche
l' «inezia».
•IPOCRIFO»: LE PAROLE INVENTATE 231

Per il teatro, ricordiamo «una bazzecola... una quisquiglia... una pinzel-


.lacchera... una sciocchezzuola ...», in Quando meno te l'aspetti, 1950 1•
Fanfuglie 'cose da poco, nugae' [Animali pazzi, 19391.
Anilificare 'sporcare' - forse per deformazione di annerificare 'anne-
rire' - anch'esso inventato, oppure coniato da anilina 'sostanza usata per
ia preparazione di coloranti': «se lo sporca/ se lo anilifica» [il dito] [San
Giovanni decollato, 1940].
Persipelle, '?', usato come insulto;pignoro '?', usato come insulto; co-
nossiva '?': ,,coppia perniciosa e conossiva!» [47 morto che parla, 1950].
Paliatone '?', termine che Totò inventa per mettere in crisi il suo terri-
bile esaminatore (Alberto Sordi): «mi saprebbe dire/ che significhi/ palia-
tone?» [Totò e i re di Roma, 1952].
«Appergono» 'albergano?': «la sguallida indigenza/ e la peluria di cibo/
che appergono/ nella misera bicocca/ dove vivo/ con la mia povera mam-
ma» [Racconti romani, 1955].
lpocrifo 'ipocrita' [Letto a tre piazze, 1960].
Disficoltare 'semplificare', da difficile, difficoltà:

TANZANELLA (fotò): Quando qualcuno è in difficoltà/ io cerco di disficoltar-


lo//
ERNESTO (Ugo Tognazzi): Come/ scusi?
TANZANELLA (Totò): Lo disficòlto// [Sua eccellenza si fermò a mangiare,
1961].

Ceciare e ciaciare 'sollazzarsi con una ceciona', dove ceciona e cia-


ciona 'ragazza procace' [Il monaco di Monza, 1963].

1 Cfr. Bevilacqua 1965 (a c. di), p. 36.


XXIII. REPETITA IUVANI': LA FORMULARITÀ
NEL TEATRO E NEL CINEMA DI CONSUMO

La serialità - intesa come riuso di materiale scenico, narrativo e lingui-


stico - è una delle caratteristiche dei generi di consumo. L'avanspettaco-
lo, la rivista e, prima ancora, la commedia dell'arte, come abbiamo detto,
prendevano vita proprio dalla ricorrenza delle formule, sia perché uno
stesso canovaccio, con infinite variazioni più o meno estemporanee, ve-
niva riciclato per anni (o per secoli), sia perché in storie del tutto diverse
l'una dall'altra venivano introdotte le stesse battute. Cercheremo, in que-
sto capitolo, di raccogliere alcune delle formule (sceniche o verbali: si-
tuazioni, soggetti, battute ecc.) più usate nei film di Totò, specificando,
laddove sia stato possibile reperirle, le eventali fonti teatrali da cui sono
tratte. Non si ripeteranno qui quelle invenzioni lessicali e quei giochi di
parole della cui ricorrenza si è già dato conto nei capitoli precedenti.
Alla base di questa formularità nel cinema di Totò c'è indubbiamente
un motivo economico, oltre alla continuazione di una prassi teatrale: è
inutile sperimentare nuove scene e nuove battute, se quelle già consoli-
date continuano ad avere successo, al punto da essersi attaccate a Totò un
po' come la sua maschera. Per lo stesso motivo, anche i cast erano quasi
sempre gli stessi, con poche variazioni: scorrendo gli interpreti dei vari
film, si può facilmente constatare la presenza costante di alcuni attori-
spalla (Isa Barzizza, Galeazzo Benti, Mario Castellani, Carlo Croccolo, Pie-
tro De Vico, Giacomo Furia, Aldo Giuffré, Alda Mangini, Ave Ninchi, Carlo
Ninchi, Luigi Pavese, Aroldo Tieri, Enzo Turco e altri; senza contare i co-
protagonisti illustri: Peppino De Filippo, Titina De Filippo, Vittorio De Si-
ca, Aldo Fabrizi, Erminio Macario, Nino Taranto). Essi costituiscono il
nocciolo duro della comicità popolare, quasi tutti con esperienze dell'a-
vanspettacolo e della rivista, come Totò. Sappiamo infatti (Anile 1998) che
Totò amava essere circondato da persone che potevano condividere e as-
secondare i suoi giochi teatrali e i registi, interessati a concludere le ri-
prese dei film in meno di un mese, cercavano di allestire cast sempre si-
milì, ben collaudati, dando vita a quella serialità che è poi la cifra distinti-
va delle produzioni di massa (si pensi anche ai film di Matarazzo con
234 LA LINGUA IN GIOCO

Amedeo Nazzari e Yvonne Sanson, per non parlare di esempi più recenti,
come le varie saghe delle Guerre stellari, dei Rocky, dei Rambo ecc.).
Il ripetersi di stessi attori, sceneggiatori (prevalentemente Metz e Mar-
chesi, Age e Scarpelli, Continenza, Steno e Monicelli) e registi 1, dunque, e
l'esigenza di dare al pubblico quello che il pubblico ha già apprezzato, so-
no responsabili della forte formularità anche verbale nel cinema di Totò
(così come nelle riviste, anch'esse fatte di scene che migravano da uno
spettacolo all'altro) e, conseguentemente, dell'estrema compattezza del-
l'intero nostro corpus. I produttori puntarono molto sulla ricorrenza di te-
mi e personaggi, già nello stesso titolo dei film: Totò, Peppino e... Nel do-
poguerra alcuni film furono addirittura rintitolati, come abbiamo già det-
to, per marcare la presenza di Totò come assoluto protagonista.

XXIII, 1. Tra manichini, marionette, sputi e suicidi: formule sceniche

I rapporti tra teatro e cinema nei film di Tocò sono strettissimi 2 • In pri-
mo luogo, molti suoi film sono in effetti trasposizioni, più o meno fedeli,
di testi teatrali [San Giovanni decollato, 1940; Il ratto delle Sabine, 1945;
Totò cerca casa, 1949; Napoli milionaria, 1950; Figaro qua... Figaro là,
1950; 47 morto che parla, 1950; Sette ore di guai, 1951; Totò e i re di Ro-

1 Anche se, in ·rotale, Totò fu diretto da ben quarantun registi (Ottavio Alessi, Giu-

seppe Amato, Mario Amendola, Giorgio Bianchi, Alessandro Blasetti, Mauro Bolognini,
Mario Bonnard, Carlo Ludovico Bragaglia, Fernando Cerchio, Christian-Jaque, Luigi Co-
mencini, Sergio Corbucci, Mario Costa, Lionello De Felice, Eduardo De Filippo, ]osé
Antonio de La Loma, Vittorio De Sica, Aldo Fabrizi, Gianni Francio!Ìni, Lucio Fulci, Ma-
rino Girolami, Ugo Gregoretti, Paolo Heusch, Alberto Lattuada, Marcello Marchesi, Ca-
milio Mastrocinque, Mario Mattoli, Vittorio Metz, Mario Monicelli, Antonio Musu, Amle-
to Palermi, Domenico Paolella, Pier Paolo Pasolini, Dino Risi, Robeno Rossellini, Gior-
gio Simonelli, Steno, Turi Vasile, Piero Vivarelli, Gero Zambuto, Luigi Zampa), soltanto
sei di loro girarono la maggior pane dei suoi film (57): Mario Monicelli e Steno (17, da
soli o in coppia), Mario Mattali (16), Camillo Mastrocinque (11), Sergio Corbucci (7),
Carlo Ludovico Bragaglia (6).
2 Cfr. almeno Fofi 1980 (a c. di), Faldini e Fofi 1987, Guarini 1991 (a c. di), Mamone

1992 (pp. 54-55), Fano 1993 (a c. di), Anile 1997 e 1998, Ottai 1998a, b. Il cinema co-
mico tutto, poi, deve gran parte del proprio repertorio al teatro di varietà: Petrolini, Vi-
viani, Musco, Govi, Macario, i De Filippo, Totò ... ; è dawero difficile immaginare un no-
me di un autore o di un attore che non abbia praticato sia il teatro comico o di varietà
sia il cinema (cfr. Masoni e Vecchi 1986).
8'.EPEITTA Il.NANT: LA FORMULARITÀ NEL TEATRO E NEL CINEMA DI CONSUMO 235

ma, 1952; L'uomo, la bestia e la virtù, 1953; Il turco napoletano, 1953;


la patente, 1954; Miseria e nobiltà, 1954; Il medico dei pazzi, 1954; Totò
cerca pace, 1954; Il coraggio, 1955; Arrangiatevi!, 1959; La mandrago-
la, 1965], o raccolte di pezzi di riviste [I pompieri di Viggiù, 1949; Totò a
colori, 1952], o d'ambientazione almeno in parte teatrale [Il ratto delle
Sabine, 1945; Yvonne la nuit, 1949; Risate di gioia, 1960; Che cosa sono
le nuvole, 1968).
In secondo luogo, vanno ricordate le formule (centinaia) che derivano
dalle riviste di Totò. Anche in questo caso, è impossibile stabilire se la pa-
ternità delle situazioni e delle battute qui citate spetti a Totò (di solito
coautore dei testi, anche se non dichiaratamente) o agli altri autori 3 . Inol-
tre, possiamo basarci soltanto sui pochi testi pubblicati, i quali, com'è no-
to, non possono dar conto di tutte le improvvisazioni. È dunque assai
probabile che molte formule filmiche (oltre a quelle qui raccolte e docu-
mentabili) siano in realtà nate sul palcoscenico e che, insomma, l'intero
cinema di Totò non fosse altro che una riproposizione del suo ricchissimo
repertorio teatrale 4. Così come non si può escludere che alcune formule
teatrali attestate negli anni Quaranta si trovassero già in produzioni pre-
cedenti.
Vediamo qualche esempio (soltanto i più significativi) di scena filmica
attestata anche a teatro. Per altri esempi cfr. Ottai 1998b.
Il topos dell'eredità, motore o epilogo di molti film [Fermo con le ma-
m, 1937; Animali pazzi, 1939; L'allegrofantasma, 1941; Totò le Mokò,
1949; Tototruffa '62, 1961; Totò diabolicus, 1962) è attestato anche a tea-
tto: Cinquanta milioni c'è da impazzire, 1935 5•
Il topos del duello [Fermo con le mani, 1937; Fifa e arena, 1948;
Totò le Mokò, 1949] si trova in Cinquanta milioni c'è da impazzire,
1935.

3 «Non sempre è possibile individuare con certezza il vero e sostanziale autore di

,m copione. Totò, come del resto era uso comune nel teatro di rivista o nell'avanspet-
::acolo, lavorava in collaborazione con altri autori .in un continuo scambio di idee e si-
ruazioni. In scena poi gli attori contribuivano ulteriormente ad arricchire il testo con
'<'llliazioni che intervenivano ad ogni replica e di cui non è rimasta quasi traccia» (Co-
SWJZO Ioni, in Guarini 1991 [a c. di], p. 199).
• Senza però concludere che i film di Totò altro non fossero che «teatro filmato»,
rome giustamente sottolinea Meldolesi 1987 (p. 18).
5 Cfr. Guarini 1991 (a c. di), pp. 256-59. Sul topos dell'eredità in altri film coevi cfr.

.-\nile 1997, p. 112.


236 LA UNGUA IN GIOCO

La mimica della marionetta [Animali pazzi, 1939; L'allegro fantasma,


1941; Le sei mogli di Barbablù, 1950; Totò a colori, 1952; Totò a Parigi,
1958; Totò, Eva e il pennello proibito, 1959] era uno dei pezzi forti di Totò
a teatro (preso in prestito da Gustavo De Marco), fin dal suo esordio: si
veda almeno Volumineide, 1942 6.
La scena della massaggiatrice, che al cinema compare in Fermo con le
mani, 1937, e in Il più comico spettacolo del mondo, 1953, è una situa-
zione tratta dalla rivista Dei due chi sarà, 1936 7 •
La scena di Totò manichino [I pompieri di Viggiù, 1949; Il più comico
spettacolo del mondo, 1953; Totò a Parigi, 1958] viene da Belle o brutte
mi piaccion tutte!, 1942, già prima in Se fossi un don Giovanni, 1938 8 •
Alcune situazioni nell'albergo di L'imperatore di Capri, 1949, ricorda-
no la rivista Se fossi un don Giovanni, 1938 9 •
La corsa finale di Totò a colori, 1952, e ancora di più quella con i pom-
pieri di I pompieri di Viggiù, 1949, riprende le celebri passerelle di Totò
alla fine delle sue riviste 10 •
Da Belle o brutte mi piaccion tutte!, 1942, già prima in Se fossi un don
Giovanni, 1938, proviene anche la scena del dentista in Totò cerca mo-
glie, 1950 11 •
Il fùm Tototarzan, 1950, sfrutta il personaggio di Tarzan che Totò ave-
va già interpretato a teatro in L'ultimo Tarzan, 1938 12 •
Tutta la scena dell'equivoco tra bambino scomparso/amante nascosto
in Sette ore di guai, 1951, proviene, abbastanza fedelmente, da La banda
delle gialle, 1933 13 .
La famosa scena del wagon-lit, in Totò a colori, 1952, come del resto
tutto il film, proviene dalla rivista C'era una volta il mondo, 1947 14 • A
questo brano, uno dei più celebrati del suo teatro, Totò si riferisce anche
nel film Risate di gioia, 1960, allorché, alludendo alla propria attività tea-

6 Cfr. Fofi 1980 (a c. di), pp. 128-37. Sugli esordi teatrali di Totò cfr. Fano 1993 (a c.

di), pp. 97-100; Anile 1997; Gagliarde 1998 e Ottai 1998a, b.


7 Cfr. Fofi 1980 (a c. di), pp. 65-70, e Guarini 1991 (a c. di), pp. 284-88.
8 Cfr. Guarini 1991 (a c. di), pp. 213-17.

9 Cfr. Fofi 1980 (a c. di), pp. 84-89.


1°Cfr. Meldolesi 1987, p. 36, e Anile 1998, p. 53.
11 Cfr. Guarini 1991 (a c. di), pp. 220-24.

12 Cfr. Fofi 1980 (a c. di), pp. 98-110.

13 Cfr. Fofi 1980 (a c. di), pp. 52-54.


14 Cfr. Fofi 1980 (a c. di), pp. 218-24.
Ef'iTJTA llNANT: LA FORMULARITÀ NEL TEATRO E NEL CINEMA DI CONSUMO 237

mde, cita la scena del «controllore dei vagoni letto». Situazioni analoghe
(itigi col compagno di cuccetta) ricorrono anche in Totò a Parigi, 1958, e
i'll Totò di notte n. 1, 1962 (in aereo).
la scena della telefonata non ricordata in Totò e le donne, 1952, è trat-
!:i da Belle o brutte mi piaccion tutte!, 1942, e da Se fossi un don Gio-
lE!r«nni, 1938 15 •
la scena del finto eunuco, in Il turco napoletano, 1953, è ripresa da
Ìòmini a nolo, 1937, che a sua volta la riprendeva da Scarpetta 16 •
Lo sketch delle sorelle siamesi in Totò all'inferno, 1955, è stato ripre-
$0, quasi alla lettera, da L'ultimo Tarzan, 1938 17•
.. I.a famosa scena cantata E levati la blusetta, in Siamo uomini o ca-
t,Drali, 1955, è tratta da Cinquanta milioni c'è da impazzire, 1935 18 •
I.a scena del ristorante, in Totò, Peppino e... la malafemmina, 1956, si
i;pira a Colori nuovi, 1932, ripresa in Cinquanta milioni c'è da impaz-
zire, 1935 19•
I.a scena di Antonio La Trippa costretto a dividere la camera d'albergo
<:on un altro uomo è chiaramente ispirata alla famosa farsa La camera fit-
t;ata a tre, un classico del teatro popolare napoletano, che Totò portò in
scena più volte, almeno in Colori nuovi, 1932, e in La banda delle gial-
ilie, 1933 20 • Secondo Mario Monicelli, anche la scena dell'appartamento af-
&tato a diverse persone in Totò cerca casa, 1949, trae spunto dalla me-
desima farsa 21 • •

Anche la danza degli Apaches [Fermo con le mani, 1937; Totò le


Mokò, 1949: dalla rivista Uomini a nolo, 1937 22 ] e la mimica di Totò galli-
m.~he-fa-l'uovo [Fermo con le mani, 1937; Totò cerca casa, 1949: presa
i'fil prestito da Gustavo De Marco], hanno origine teatrale.
Il topos della fame (tipico della comicità italiana da sempre, e con nu-
merosissimi antecedenti teatrali) ha un ruolo essenziale in molti film: al-
meno in Fermo con le mani, 1937; San Giovanni decollato, 1940; Il rat-

15 Cfr. Guarini 1991 (a c. di), P- 219.


16 Cfr. Gaurini 1991 (a c. di), pp. 273-77.
"Cfr. Fofi 1980 (a c. di), pp. 107-10.
" Cfr. Guarini 1991 (a c. di), p. 256.
' 9 Cfr., rispettivamente, Fofi 1980 (a c. di), p. 19-21, e Guarini 1991 (a c. di), pp.

?..~5-39.
""Cfr. Fofi 1980 (a c. di), pp. 24-29.
"Cfr. Anile 1998, pp. 77-78, anche per altri riferimenti teatrali dello stesso film.
22 Cfr_ Fofi 1980 (a c. di), pp. 74-75.
238 LA LINGUA IN GIOCO

to delle Sabine, 1945; Totò cerca casa, 1949; Napoli milionaria, 1950;
Guardie e ladri, 1951; Totò a colori, 1952; Totò e i re di Roma, 1952; I tre
ladri, 1954; Miseria e nobiltà, 1954; Totò e Carolina, 1955; Il coraggio,
1955; Totò e Marcellino, 1958; Totò a Parigi, 1958; La legge è legge, 1958;
Vigile ignoto, 1963.
All'interno del topos della fame, si articolano alcune situazioni ricor-
renti. Il pasto costituito da un unico uovo da dividere tra più persone
[Totò cerca casa, 1949; Napoli milionaria, 1950; Totò e i re di Roma,
1952; La legge è legge, 1958; Vigile ignoto, 1963]. Totò ruba pescando con
un filo il cibo che è posto sotto di lui [Fermo con le mani, 1937, Totò cer-
ca casa, 1949, Guardie e ladri, 1951, Totò a Parigi, 1958]. In Totò a Pari-
gi, 1958, Totò recita un brano memorabile sulla fame: «io sono morto di
fame autentico// La mia è una fame/ atavica// Io discendo da una dinastia
di morti di fame// Mio padre/ mio nonno/ il mio bisnonno/ il quartavolo/ il
quintavolo/ tutti gli avoli della mia famiglia/ e i collaterali».
Tentato suicidio o suicidio (Fermo con le mani, 1937; Animali pazzi,
1939; Totò e i re di Roma, 1952; Il coraggio 1955; Totò all'inferno, 1955;
Il comandante, 1963]. In particolare, il tentato suicidio sui binari di un
treno che devia all'ultimo momento si ha in Animali pazzi, 1939, e in Il
comandante, 1955 23 •
Tra le altre scene che migrano da un film all'altro (e di cui non cito, per
brevità, l'origine teatrale, anche se quasi sempre si tratta di situazioni pre-
senti già nelle sue riviste) ricordo almeno le seguenti.
Scena del risveglio e del lavaggio sommario in ambiente di povertà e di
comico squallore [Fermo con le mani, 1937; Animali pazzi, 1939; Totò
cerca casa, 1949; L'imperatore di Capri, 1949; I tre ladri,1954; Totò e
Marcellino, 1958; Totò a Parigi, 1958].
Problema dell'alloggio [Fermo con le mani, 1937; Totò cerca casa,
1949; Arrangiatevi!, 1959].
Travestimenti da donna [Fermo con le mani, 1937; Fifa e arena, 1948;
Figaro qua... Figaro là, 1950; Il più comico spettacolo del mondo, 1953;
Siamo uomini o caporali, 1955; Totò, Eva e il pennello proibito, 1959;

23 Per il legame tra comicità e morte in Totò cfr. Anile 1997, p. 70 et passim, oltre a

quanto già detto nell'introduzione. Per il tema della morte nella produzione poetica di
A. de Curtis cfr. Romeo 1998a.
FlEl'ETITA llNANT: LA FORMULARITÀ NEL TEATRO E NEL CINEMA DI CONSUMO 239

Tototru.ffa '62, 1961; Totò diabolicus, 1962; Totò contro i quattro, 1963;
Totò s~, 1963; Il mostro della domenica, 1968].
Maschera antigas contro l'odore dei piedi [Fermo con le mani, 1937;
'Jòtò a colori, 1952]. Va qui citato un articolo del «Popolo d'Italia», del
1940, che mostra, ancora una volta, la vicinanza tra Totò (e il suo ambien-
te), la stampa e gli umori socioculturali del tempo. Dal brano è chiaro
che, all'epoca, l'ironia sulla maschera antigas (tipico strumento bellico)
era nell'aria:

Portare sempre la maschera antigas

È ottima misura precauzionale da prendersi da tutti coloro che risiedono in


centri di grande e di media importanza di portare sempre con sé la maschera
antigas. Per evitare dannosi affollamenti presso i negozi di vendita è pertanto
necessario acquistarla al più presto; si potrà così sceglierla comodamente del-
la taglia voluta, avere il tempo per addestrarsi a metterla rapidamente e per-
fettamente ed allenarsi all'uso tenendola una decina di minuti al giorno. La
maschera adatta per la popolazione civile è la P.C. che è in vendita al prezzo di
L. 35,20. Ve ne sono vari tipi, tutti buoni e adatti per uomini donne e bambi-
ni. Essa dovrà essere indossata non solo quando verrà comunque segnalata la
presenza di aggressivi chimici ma anche quando l'individuo avverti [sic] nel-
l'aria un odore anormale generalmente aromatico come d'aglio, di mostarda,
di geranio o simili. La maschera va indossata con calma eseguendo con preci-
sione quelle operazioni che sono descritte in un opuscolo illustrato ... 24

I fratelli (o gemelli o parenti o sosia) molto somiglianti [Animali paz-


izf, 1939; L'allegro fantasma, 1941; Totò terzo uomo, 1951; Totò a Parigi,
1958; Totò contro Maciste, 1962; Totò diabolicus, 1962; Totò e Cleopatra,
· 1963]. In alcuni di questi travestimenti Totò è doppiato (da Emilio Cigoli,
per es., in Totò a Parigi, 1958 e in Totò diabolicus, 1962). È questo dei ge-
melli e dei sosia un topos all'origine del teatro comico: Menandro, Teren-
m e Plauto.
. Totò spacciato o scambiato per un altro, oltre agli esempi del topos
i;precedente (/ due orfanelli, 1947; Fifa e arena, 1948; L'imperatore di
i,,t:opri, 1949; Totò le Mokò, 1949; Le sei mogli di Barbablù, 1950; Totò
;.tiadcco, 1950; Totò a colori, 1952; Il turco napoletano, 1953; Una di

:, Del Buono 1971 (a c. di), p. 418.


240 LA LlNGUA IN GIOCO

quelle, 1953; Il più comico spettacolo del mondo, 1953; Miseria e no-
biltà, 1954; I tre ladri, 1954; Totò e Marcellino, 1958; Totò e Peppino di-
visi a Berlino, 1962; Lo smemorato di Collegno, 1962; Il monaco di Mon-
za, 1963; Vigile ignoto, 1963].
Il nobile decaduto [Animali pazzi, 1939; 47 morto che parla, 1950;
Miseria e nobiltà, 1954; Totò lascia o raddoppia?, 1956; Signori si nasce.
1960].
Lotta dei piatti tirati [San Giovanni decollato, 1940; Figaro qua... Fi-
garo là, 1950; Totò, Peppino e i fuorilegge, 1956).
Starnuto [Due cuori fra le belve, 1943; Totò cerca casa, 1949; Toto-
tarzan, 1950; Totò a colori, 1952]: è questo un espediente per mettere in
risalto l'arte mimica di Totò.
Sputo nell'occhio, o in faccia, volontario o involontario (per difetto di
pronuncia) [San Giovanni decollato, 1940; Il ratto delle Sabine, 1945i;.
Totò cerca casa, 1949; L'imperatore di Capri, 1949; Figaro qua... Figaro
là, 1950; Totò sceicco, 1950; Totò a colori, 1952; Totò e i re di Roma, 1952;;
Il turco napoletano, 1953; Totò all'inferno, 1955; Totò lascia o raddop-
pia?, 1956; Totò nella luna, 1958; Totò, Eva e il pennello proibito, 1959:,
Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi, 1960; Totò di notte n. 1, 1962; Il montKiffl'.
di Monza, 1963; Che fine ha fatto Totò Baby?, 1964].
Scena del seltz: Totò emette un sibilo (pss), come se invitasse il c ~
nitore del seltz ad urinare; il seltz esce e, quando gli si chiede «chi te r~;
insegnato?», Totò risponde: «me l'ha insegnato mamma» e sim. [Fifa eaJl'li.!:
na, 1948; Totò le Mokò, 1949; Totò, Vittorio e la dottoressa, 1957; ~
sexy, 1963].
Parodia dell'artista (pittore o scultore) [Totò cerca casa, 1949; ~
cerca moglie, 1950; Totò a colori, 1952; Totò e Carolina, 1955; Totò, ~)
e il pennello proibito, 1959).
Quando Totò bacia una donna, muove gli occhi come un bur-~
[L'imperatore di Capri, 1949; Totò le Mokò, 1949; Totò cerca~
1950].
Totò prende le misure per la cassa da morto, credendo che si ~
un abito [Le sei mogli di Barbablù, 1950; Il turco napoletano, 1953j
Totò in tribunale [Totò terzo uomo, 1951; Dov'è la libertà?, 1952:;l
ladri, 1954; La cambiale, 1959; Totò e Peppino divisi a Berlino, l
smemorato di Collegno, 1962; Vigile ignoto, 1963].
Mimica del gatto che graffia [Totò a colori, 1952; Totò e Clootp: IJii[i
1963].
fEPETITA llNANT: LA FORMULARITÀ NEL TEATRO E NEL CINEMA DI CONSUMO 241

La canzone Malafemmina è accennata in Totò a colori, 1952, e in


Jotò all'inferno, 1955, prima ancora che in Totò, Peppino e ... la mala-
femmina, 1956. Inoltre, in Totò lascia o raddoppia?, 1956, una delle
domande di Mike Bongiorno sarà: «chi è l'autore della canzone Mala-
'femmina?».
Pernacchia [Siamo uomini o caporali, 1955; I due marescialli, 1961].
Totò consigliere di furti e malefatte [Racconti romani, 1955; I soliti
~oti, 1958; Operazione San Gennaro, 1966].
Totò che crede di parlare al telefono con qualcuno, mentre non si
~ e conto che l'interlocutore è presente [Totò, Peppino e i fuorilegge,
~ ; Totò, Vittorio e la dottoressa, 1957; Totò, Peppino e le fanatiche,
ilej8J,
Parodia mimica del duce (eretto, con le mani ai fianchi ecc.) [Sua ec-
~ si fermò a mangiare, 1961; Totò diabolicus, 1962 (con l'irresi-
~ battuta, già citata, di Mussolini che porta la panciera per stare eret-
. · smemorato di Collegno, 1962; Gli onorevoli, 1963, oltre al citato
nto di Paolo Stoppa in Siamo uomini o caporali, 1955].
litopos dei fratelli o dei cugini, l'uno serio e risparmiatore e l'altro dis-
.· e scialacquatore, si ha nella maggior parte dei film interpretati da
da Peppino De Filippo.
~-olta i rinvii da un film all'altro sono esplicitamente dichiarati, co-
de in J pompieri di Viggiù, 1949, in cui, come abbiamo già det-
ci.ta la celebre battuta del pesce democristiano di Fifa e arena,
Poco dopo, nello stesso film, c'è un'altra citazione da Fifa e are-
Barzizza che gli domanda: «ma non avete fifa?», Totò risponde:
/ Arena sì». È così mirabilmente esemplificato il gioco di specchi
· uo rimando dei generi di consumo l'uno all'altro: un film che
il teatro popolare (I pompieri di Viggù non è che un collage
te da rivista) rimanda a battute presenti in un altro film: in-
il cinema che cita il varietà che cita il cinema, il quale a sua vol-
ai repertorio teatrale. Il travaso di Totò dal teatro al cinema di
è ormai completo, già nel 1949. A sua volta, poi, I pompieri di
· citato in Totò e Marcellino, 1958, allorché Marcellino cantic-
nima canzone, che era nel contempo soggetto e sigla del film

o e scambievole rapporto tra cinema e teatro nell'arte di Totò


o anche dal fatto che, in alcune riviste, Totò inseriva citazioni
primi film, come accade in una scena di Quando meno te l'a-
242 LA LINGUA IN GIOCO

spetti, 1940, in cui Totò ripropone il personaggio di Agostino da San Gio-


vanni decollato, 1940, a sua volta d'origine teatrale 25 •

XXIIl.2. «Che che!»: formule verbali

Vediamo ora alcune battute che migranò da un film all'altro e prima


ancora, talvolta, da una rivista teatrale a un film.
Cominciamo dal teatro. L'intercalare «che che!», presente in moltissimi
film [Fermo con le mani, 1937; Animali pazzi, 1939; San Giovanni de-
collato, 1940; L'allegro fantasma, 1941; Due cuori fra le belve, 1943; Fifa
e arena, 1948; Totò cerca casa, 1949; L'imperatore di Capri, 1949; Totò le
Mokò, 1949; Figaro qua... Figaro là, 1950; Tototarzan, 1950; Le sei mogli
di Barbablù, 1950; Totò sceicco, 1950; Totò a colori, 1952; Totò e i re di
Roma, 1952; Totò e le donne, 1952; La macchina fotografica, 1954; Il co-
raggio, 1955; Totò a Parigi, 1958; Totò nella luna, 1958; Totò, Eva e il
pennello proibito, 1959; I ladri, 1959; Chi si ferma è perduto, 1960; Sua
eccellenza si fermò a mangiare, 1961; Totò d'Arabia, 1965], è attestato
anche in Uomini a nolo, 1937 26 •
La battuta «or tutti a me», in Totò a colori, 1952, deriva dalla rivista I.a
vergine di Budda, 1932 27 •
Le battute «ma dove seder degg'io/ se qui sgabel non v'è? (... ] Siedi su
quel pendio/ oppur favella in piè» [Chi si ferma è perduto, 1960] provea-.
gono, con variazioni minime, da La vergine di Budda, 1932 28 •
Passiamo ora ai travasi da film a film. La battuta «fermo con le ~ '
torna in molti film, quasi come un omaggio al primo film di Totò, co~:
una sorta di garanzia di continuità della sua originaria comicità (film ~
nimo, 1937; Totò al giro d'Italia, 1948 (detta da Mario Castellani); L'im/Jlffftt
ratore di Capri, 1949; Tol:ò cerca moglie, 1950; Tototarzan, 1950; ~ ;
ore di guai, 1951; Totò a colori, 1952 (detta da Mario Castellani); I l ~ ;
napoletano, 1953; Siamo uomini o caporali, 1955; La legge è legge, I -
Chi si ferma è perduto, 1960; Totò, Peppino e ... la dolce vita, 1961; ~

25 Cfr. Bevilacqua 1965 (a c. di), pp. 34-36.


26 Cfr. Fofì 1980 (a c. di), p. 79.
27 Cfr. Fofi 1980 (a c. di), p. 46.
28 Cfr. Fofì 1980 (a c. di), p. 42.
'U:PETTTA /lNANT: LA FORMULARITÀ NEL TEATRO E NEL CINEMA DI CONSUMO 243

eccellenza si fermò a mangiare, 1961 (detta da Ugo Tognazzi a Totò);


Totò contro i quattro, 1963].
«No no» e serie ancora più lunghe di no [Fermo con le mani, 1937;
'Jòtò a colori, 1952; Totò e le donne, 1952; Il coraggio, 1955; Gambe d'o-
ro, 1958).
«Metamorfosi», usato a sproposito [Fermo con le mani, 1937; Due
worifra le belve, 1943; Figaro qua... Figaro là, 1950: fraintende il nome
del capitano «Matamoros», ribattezzandolo «Metamorfo»]. Secondo Rug-
gero Guarini, proprio sulle continue metamorfosi del suo corpo e della
~ lingua si basa l'arte di Totò 29 ; dunque il termine metamorfosi non po-
~-a non diventare una delle sue parole-chiave.
«Un po' d'aria fa bene» [Due cuori fra le belve, 1943; Totò cerca mo-
'fli,e, 1950; Totò a colori, 1952] .
..10 sono un uomo di mondo» [Fifa e arena, 1948, quattro volte; L'im-
fl,?mlore di Capri, 1949; Totò le Mokò, 1949; Totò cerca moglie, 1950;
'~sceicco, 1950; Totò a colori, 1952; L'uomo, la bestia e la virtù, 1953;
~legge è legge, 1958: «Siamo uomini di mondo/ no?»; Chi si ferma è per-
~ , 1960; Signori si nasce, 1960; Sua eccellenza si fermò a mangiare,
~J: detto da Raimondo Vianello: «lei deve essere un uomo di mondo»].
~ un uomo di mondo// Ho fatto tre anni di militare a Cuneo» [L'im-
. re di Capri, 1949; Totò a colori, 1952). Soltanto «tre anni di milita-
uneo» si trova in Totò e i re di Roma, 1952. ~biamo fatto tre anni
·nano a Cuneo», dice Totò travestito da prete, in Signori si nasce,
«Cuneo» compare anche in Totò sexy, 1963 (forò e Macario preten-
che l'aereo atterri a Cuneo perché Macario saluti il cugino spazzi-
..k) ho fatto tre anni di militare a Sondrio» [Sette ore di guai, 1951).
-.onaco di Monza, 1963, l'affermazione è, ça va sans dire, «io sono
codi mondo».
:~ parodia della celebre esortazione marxista («proletari di tutto il
· unitevi!») si trova in J pompieri di Viggiù, 1949: «vigili del fuoco di
mondo unitevi» (frase scritta, che un pompiere suggerisce di cam-
rché troppo di sinistra); «donne di tutto il mondo! Scopritevi!»;
· di tutto il mondo! Ammutinatevi!». Totò cerca casa, 1949: «sfol-
runo il mondo! Uniamoci!» e «svergognati di tutto il mondo! Unia-

Guarini 1981 (a c. di), pp. 5-15. Tra l'altro, lo stesso Totò sembrava perfetta-
. te dell'essenza metamorfica della propria teatralità (cfr. Zavattini 1940).
244 LA UNGUA IN GIOCO

mod!». Totò e le donne, 1952: «uomini di genere maschile! Contro il logo-


rio della donna moderna/ soffittizzatevi!». Totò, Peppino e... la dolce vita,
1961: «abusivi di tutti i posteggi urbani e interurbani/ unitevi!». Lo sme-
morato di Collegno, 1962: «smemorati di tutto il mondo/ uniamoci!».
Buttarsi a sinistra e simili (politicamente): «va a finire che mi butto a
sinistra!» [I pompieri di Vìggiù, 1949]; «poi dice che uno si butta a sini-
stra!» [Totò e i re di_Roma, 1952]; «questa è la svolta a sinistra» [Totò di
notte n. I, 1962]. In Totò e Carolina, 1955, invece, al camion pieno di co-
munisti Totò intima: «buttatevi a destra!»; la verve della battuta è attenua-
ta dalla censura, che fece ridoppiare il brano cantato dai comunisti: da
«Bandiera rossa» a «Di qua, di là dal Piave» (Bispuri 1997, p. 133). «Nell'e-
state del 1999 il film è stato riproposto in una versione restaurata e par-
zialmente reintegrata» (Caldiron 2001, p. 150).
«Questo nome non mi è nuovo» [L'imperatore di Capri, 1949; Totò le
Mokò, 1949; Totò a colori, 1952; Lascia o raddoppia?, 1956; Totò, Peppi-
no e... la dolce vita, 1961; Totò e Peppino divisi a Berlino, 1962]. Inoltre
vi è anche «questo viso non mi è nuovo», riferito al fondo schiena femmi-
nile [Il turco napoletano, 1953); sempre riferito al fondo schiena femmi-
nile: «quel connotato non mi è nuovo» [Totò d'Arabia, 1965].
«Ma che ... d'Egitto!» (di solito detti a Totò da altri personaggi): «ma ché.
febbre azzurra d'Egitto» [L'imperatore di Capri, 1949]; «che traditore d'.E-c
gitto?!» [Totò sceicco, 1950]; «ma che ritocco d'Egitto?!» [Totò a col<:>rf:
1952); «ma che turco d'Egitto?!» [Il turco napoletano, 1953j; «ma che;pi;:;
romane d'Egitto» e «ma che caffè d'Egitto» [Totò, Peppino e... la dolce ;g./
ta, 1961]; «ma che esercito d'Egitto» [TotòcontroMaciste, 1962]; «ma~
giardino zoologico d'Egitto?!» [Il giorno più corto, 1963]; «ma che p · · ,.
d'Egitto?!» e «ma che vagito/ e vagito/ d'Egitto?!» [Il monaco di Mi
1963]; «ma che Cleopatra d'Egitto?!» [Totò e Cleopatra, 1963];

UMBERTO (Mario Castellani): Ma che nacchere d'Egitto?!


NINÌ (Tocò): Che c'entra l'Egitto// Le nacchere sono spagnole
1963];

«ma che sotterraneo d'Egitto» [Totò contro il pirata Nero, 1964};


che lavoratore d'Egitto» [Che fine ha fatto Totò Baby?, 1964]; «ma
raggio d'Egitto?!» [Totò d'Arabia, 1965]. In Totò contro Maciste, 1962:,,
Totò e Cleopatra, 1963, la formula diventa anche gioco lin · ·
REPETITA /UVANT: U FORMCLARITÀ NEL TFATRO E NEL CINEMA DI CONSUMO 245

quanto, essendo la storia ambientata in Egitto, si riconduce l'espressione


dal senso figurato a quello letterale 30 .
«Io sono un genio musicale» e sim. (Totò le Mokò, 1949; Totò a colori,
1952].
«Mi dica un po'/ piuttosto» [Totò le Mokò, 1949; Totò a colori, 1952].
«Siamo uomini o caporali» [Totò le Mokò, 1949; L'imperatore di Ca-
pri, 1949, 2 volte; Totò 1952; film omonimo, 1955; Vigile ignoto, 1963] .
..Siamo uomini o caporali» deriva da qualche rivista, per stessa ammissio-
ne di Totò nell'omonimo libro del 1952 31 • In Gambe d'oro, 1958, Totò ci-
·ra sé stesso: «come dice/ quello là/ del cinema// "Siamo uomini/ o capo-
rali?"».
I verbi alterati in -icchiare e -ucchiare erano cart a Totò: «io piaciuc-
duo» [Totò cerca moglie, 1950; Totò sceicco, 1950]; celeberrima è la ri-
sposta al saluto del brigadiere, fingendo di stendere i panni per occultare
11.! cassaforte: «buongiorno/ brigadiere// Come vede/ si lavicchia» (J soliti

"'lg,wti, 1958]; «me la cavicchio» [Totò e Cleopatra, 1963].


«Bellezza mia», come intercalare allocutivo [Totò terzo uomo, 1951; Si-
;pri si nasce, 1960].
}l Il litigio col bigliettaio e la battuta «io sono un libero cittadino» [Sette
;~di guai, 1951; Totò a colori, 1952].
\; «Ha da venì!», sottinteso «baffone» riferito a Stalin [Totò a colori, 1952;
[lirò e i re di Roma, 1952).
"'Due/m'hanno rovinato a me! Toscanini/ e Carlo Erba// Altrimenti io a
'ora stavo a Milano/ sulla scala!» [Tototrujfa '62, 1961, con varianti
· e rispetto a Totò a colori, 1952].
;..-Non sono fiaschi che si gonfiano» e simili: «le indagini/ sono inda-
Non sono mica fiaschi/ che/ s'abboffano» [Totò, Vitton·o e la dot-
, 1957]; «non sono mica dei fiaschi che si gonfiano» [Signori si
. 1960]; «non son mica fiaschi/ che s'abboffano» [Tototrujfa '62,
. . 1-
,~e cj hai in testa/ le pigne?» [I due colonnelli, 1962; Totò contro i
~ a , 1963].

,5di"origine e sulla storia della rocuzione che... d'Egitto!, si veda ora Lurati 1988,
_Non escluderei tuttavia che si debba a Totò la forte propagazione nell'uso CO·
246 LA UNGUA IN GIOCO

XXIIl.3. Da Rossini a Fellini: parodia di film e d'altro

Quasi un terzo dei film con Totò parodiano altri film, o generi cinema-
tografici, com'era tipico nel cinema popolare. Vediamo qui almeno i casi
più riconoscibili.
Fifa e arena, 1948, è la parodia di Sangue e arena (Blood and Sandj,
1941, di Rouben Mamoulian.
Totò cerca casa, 1949, è la parodia dei film neorealistici.
Totò le Mokò, 1949, è la parodia sia di Il bandito della Casbah (Pépé-
le-Moko), 1936, di Julien Duvivier, sia di Sa_nsone e Dalila (Samson ami
Delilah), 1949, di Cecil B. DeMille.
La scena dell'agente segreto K8 in Totò cerca moglie, 1950, è la paro-
dia del cinema di spionaggio, e in particolare di Documento Z3, 1942, ci
Alfredo Guarini.
Tototarzan, 1950, fa la parodia della saga di Tarzan e, -in particolare;,
dei numerosissimi film con Johnny Weissmiiller (dal 1932 al 1948).
Figaro qua... Figaro là, 1950, è la parodia di Il barbiere di Siviglia di
Rossini.
Le sei mogli di Barbablù, 1950, è una multiparodia: dei film su Sherlodtt;
Holmes (c'è anche la battuta: «elementare/ Patson»), di quelli sul Dottolf
Jekyll e Mr. Hyde e di quelli su Barbablù.
Totò sceicco, 1950, è la parodia dei film ambientati in Medio Oriente o
in Nord Africa: Il.figlio dello sceicco (The Son of the Sheik), 1926, di Gear"'.'
ge Fitzmaurice; Casablanca, 1942, di Michael Curtiz; Alì Babà e i q1..14;;)
ranta ladroni (Ali Baba and the Forthy Thieves), 1944, di Arthur Lu~
Sinbad il marinaio (Sinbad the Sailor), 1947, di Richard Wallace e smo::,
Totò terzo uomo, 1951, solo nel titolo e nella musica fa la parodia ru.Eifl
terzo uomo (The Third Man), 1949, di Caro! Reed.
Il più comico spettacolo del mondo, 1953, fa il verso a Il più gra~:!
spettacolo del mondo (The Greatest Show on Hearth), 1952, di Ceci! 1',;
DeMille.
Totò lascia o raddoppia?, 1956, è ovviamente la parodia dell'omo~
quiz televisivo e anche dei film americani sui gangster. '.:;1
Michele Spillone, di Totò, Vittorio e la dottoressa, 1957, fa il verso:/$]
Mike Spillane, e il film è una parodia del genere giallo americano.
Totò e Marcellino, 1958, si rifà a Marcellino pane e vino (Mare
pan y vino), 1954, di Ladislao Vajda.
Gambe d'oro, 1958, fa la parodia del cinema sportivo.
'aan:4 IUVANT: LA FORMULARITÀ NEL TEATRO E NEL CINEMA DI CONSUMO 247

A Rififi (Du Rififi chez les hommes), 1955, di Jules Dassin, oltreché a
'fiilbanda degli onesti, 1956, sembra parodisticamente ispirato anche I so-
- ~ t i , 1958.
1òtò nella luna, 1958, è la parodia del film di fantascienza (oltreché il
o film di fantascienza realizzato in Italia 32) e, in particolare, di L'inva-
, degli ultracorpi (Invasion ofthe Body Snatchers), 1956, di Donald
i ~ ; inoltre il personaggio interpretato da Totò si chiama Pasquale Be-
Bonte, chiara deformazione del nome del famoso cantante Harry Be-
!lllilnre; della parodia del film fanno parte anche i termini «cosone» per
/ ~ t e ' e «fagiolone germinatore» per 'baccello'. Si ricorderà, non da
: ~ , che in quegli anni di guerra fredda il tema dei missili sovietici (ri-
~ o nel film) riscaldava l'opinione pubblica.
,,. 1òlò, Eva e il pennello proibito, 1959, fa il verso a La maja desnuda
{JiJr«Nacked Maja), 1958, di Henry Koster e Mario Russo, con Ava Gard-
~•
Jladri, 1959, è la parodia di una parodia: I soliti ignoti, 1958.
~Voi duri, 1960, è la parodia del già citato Rififi, 1955, e anche di Totò
•-Jlokò (inoltre, Totò è abbigliato col fez, come in Il turco napoletano,
. Anche in questo caso, dunque, si fa la parodia di una parodia, in
- o di specchi così caro alla cinematografia popolare: la funzione pa-
del cinema commerciale, più delle produzioni cosiddette colte,
forse inconsapevolmente, toccare l'essenza del cinema come
·o e come codice intrinsecamente metalinguistico.
bò, Peppino e... la dolce vita, 1961, è la puntuale parodia di La dol-
, 1960, di Federico Fellini; nella parodia rientra anche l'uso del ter-
rparazzo (che viene divulgato, con estensione da nome proprio a
comune, proprio grazie al film di Fellini), che Totò riutilizzerà an-
Io smemorato di Collegno, 1962, e in Totò di notte n. 1, 1962 (do-
e abbiamo visto, conia addirittura il verbo paparazzare) 33 •
-~.Aò contro Maciste, 1962, è la parodia dei film del genere storico-mi-
Dil:'@00 (il cosiddetto peplum) e, in particolare, della saga di Maciste.
~ diabolicus, 1962, è la parodia dei film gialli e dei fumetti (Diabo-
fflt&\ Satanik, Sadik).

:;iar_ Giacovelli 1999, pp. 100-101.


~Or:. Ràffaelli 1961.
248 LA LINGUA IN G ~ '

Totò e Peppino divisi a Berlino, 1962, paròdia, come già detto, I ma-
gliari, 1959, di Francesco Rosi. Ma non basta: il film infatti, come s ~
aweniva nel cinema di consumo, riprende più d'un tema dell'attualità~,:
litico-sociale dell'epoca, in particolare per quanto riguarda gli episodi crm-::
nessi con l'edificazione del muro di Berlino e gli attentati indipenden~
ci in Alto Adige (si ricordi uno dei tormentoni linguistici del film: «ho ;a;;
traversato l'Alto Adige»). In questo caso, così come in Totò cerca casa{~/
problema degli alloggi), in Totò lascia o raddoppia? (con la televisi~;
in Totò nella luna (con la guerra fredda, i lanci di missili e le missioni~··
ziali) ecc., non va infatti mai persa di vista la vocazione realistica del dm~t
ma italiano - che nasce, come si sa, ben prima del neorealismo - non 05W.l
to, nei casi di Totò, con ambizioni critiche e intellettuali, ma soltanto i.#i#J
coinvolgere più da vicino lo spettatore, secondo un topos anch'esso~;;
so dall'avanspettacolo. Colpisce talora, nei casi citati, la precocità nel ~ }
strare sul grande schermo certi eventi e certi umori da parte di film md~
tutta fretta e spesso sconclusionati. "·tt~
Anche Lo smemorato di Collegno, 1962, ha un aggancio parodio:uiiij1;
un caso vero (il celebre caso Bruneri e Canella del 1927).
Il giorno più corto, 1963, è la parodia di Il giorno più lungo (Tbe~1
gest Day), 1962, di Ken Annakin, Andrew Marton e Bernhard Wicki.
Il monaco di Monza, 1963, è la parodia di varie scene dei P101~j
sposi.
Totò e Cleopatra, 1963, è la parodia non tanto di Cleopatra, 1m:~
Cecil B. DeMille, quanto del tanto discusso, benché ancora in lavo~
Cleopatra, 1963, di Joseph L. Mankiewicz.
Totò contro il pirata Nero, 1964, è la parodia dei film sui pirati~
particolare, di Il corsaro dell'isola verde (Tbe Crimson Pirate), 1~,
Robert Siodmak.
Che fine ba fatto Totò baby, 1964, è la parodia di Che fine ba~i
Baby jane? (J(lhat Ever Happened to Baby Jane), 1962, di Robert ~
Totò d'Arabia, 1965, è la parodia di Lawrence d'Arabia ( L a w ~
Arabia), 1962, di David Lean, e della saga spionistica Agente 007.
Operazione San Gennaro, 1966, è la parodia di Sette uomini~
1965, di Marco Vicario, e si ricollega a I soliti ignoti, 1958.
La parodia, che è tipica dei generi popolari (avanspettacolo) e
anche del cinema «di cassetta», percorre l'intera nostra storia
lebri furono, tra le altre, le parodie della coppia Franco Franchi
grassia (spicca Ultimo tango a Zagarolo, 1973, di Fernando Cicero,
i ~ A IlNANT: LA FORMULARITÀ NEL TEATRO E NEL CINEMA DI CONSUMO 249

p-Franchi, parodia di Ultimo tango a Parigi, 1972, di Bernardo Bertoluc-


~~- Si tratta di casi in cui i produttori danno vita a film per così dire pa-
~ ' che sfruttano, già nel titolo, l'onda di successo di un film famo-
,.. olta anche solo delle polemiche e della pubblicità legati a quel film
ancora della sua uscita (è il caso di Totò e Cleopatra) .
.~ realtà la parodia di generi seri ha avuto illustri sostenitori, anche nel
o, se si ricorda che Matteo Borsa, oltre due secoli fa, considerava il
lo», appunto la parodia, l'unico genere teatrale in grado di risolle-
sorti della letteratura italiana e di riunire i gusti di un pubblico ete-
. La satira, infatti, secondo il Borsa, garantisce un buon livello
ivo del teatro (poiché gli autori seri si sentono presi di mira e
ti a far meglio) e un'attenzione sempre vigile ai principi morali, vi-
la corruzione, l'avarizia, la superbia e altri vizi e peccati vari sono
· prediletti delle parodie:

~già di Teatro parlando tocchiamo quel ramo di Ridicolo, in cui più confido;
E'- forse quel solo, in cui con maggiore efficacia e prestezza può oggi l'Italia
);'~e salute attese le sue circostanze politiche: e intendo appunto il Teatro.
t:'.~ divisi, come siamo, in governi, e in provincie diverse; così interrotti nel
)~ercio vicendevol di libri, e d'idee; così disgiunti d'interesse, di geni,
;~azioni; io non veggo altri vincoli, che riunire ci possano fuori dei Com-
I:~ti. Pochi pezzi in man loro viaggian l'Italia, e portano la verità in ogni
(.;mm. I nostri libri comunemente si spandono poco lungi oltre il luogo, dove
/;~ nati, siccome il vuole la presente nausea d'Italia per ogni sua cosa. Ma par-
I~.['ozio quasi universale, e parte il bisogno d'un sollievo facile, indipendente,
.,., .. ·· mico, che empie tutti i teatri, e in ogni picco! paese chiama le truppe,
"ò rimediare ampiamente, e ricondurre le scene al loro primo ufficio
•. . . estrare, e istruire. S'aggiunga, che anche in Teatro la stanca Italia di-
~;~w¼ ornai cambiamento, e ch'io veggo la massima parte arrossir dentro se
~ · . ~ assistere a tali scempiaggini, che appena convenire potrebbero a
;:,.· del Mille. Qual cambiamento migliore del proposto finora, e qual più fe-
Già più sopra il provai. Ma aggiungo qual più facile nel rescimento, sol
·Ql:i nostri Teatri s'introduca un'altra novità saporitissima, ed è la Parodia?
Queste sono le Parodie, che dovrebber purgare la Letteratura Italiana, che
_, Italiana non è, giacché per due terzi composta di traduzioni, o imita-
.servili senza dramma di studio, o d'invenzione. Queste le Parodie sono,

:Menarini 1955, pp. 31-41 e D'Amico 1985, pp. 91-96 e 136-43; sui titoli paras-
1\maelli 1979, p. 480.
250 LA IJNGUA IN GIOCO

ch'io raccomando; non quelle, le quali consistono in pure parole, di cui fa


menzione anche Tullio a dir vero, e che piacciono a molti, ma che pure d'es-
ser non lasciano giuochi, e inezie ingegnose per la più parte. Le Parodie in-
somma e Drammatiche, e d'altre maniere ancora, potrebbero operare una ve-
ra rivoluzione sì per la novità, che per il naturale loro sapore. E quindi io fo vo-
ti ogni dì, perché risorga tra noi quella buon'anima d'Egemone, che con que-
sta invenzion sua ammirabile, fe' tante volte pianger dawero que' Tragici, i
quali a forza di sublimi pazzie volean far pianger da burla i loro Uditori. Par
questo appunto l'originale destino della Parodia, e finch'ella veglierà sul Tea-
tro, e terrà alta la sferza non oserà comparirvi sciocco Poeta35•

Una sorta di esaltazione ante litteram dell'avanspettacolo.

35 Borsa 1784, pp. 78-81.


CONCLUSIONI: GIOCANDO E FILMANDO.
LA FUNZIONE LUDICA E LA RIPRODUZIONE FILMICA
COME OSSERVATÒRI PRIVILEGIATI SULLE STRUTTURE
DEL PARLATO E SULLA STORIA LINGUISTICA NAZIONALE

Molti giochi di parole elencati nei capitoli precedenti hanno fatto sto-
'm e scuola. Schiere di comici hanno citato Totò, ora esplicitamente (co-
'.me Roberto Benigni e Massimo Troisi nella lettera in Non ci resta che
,pangere, 1984), ora implicitamente: i giochi linguistici di Nino Frassica
·.·.. · per Renzo Arbore, nanetto per aneddoto, lapis per lapsus) e di
0 e Corrado Guzzanti (cellulite per cellulare, bastone contrario per
i ~ n contrario) probabilmente non avrebbero mai visto la luce, o sa-
1~ro stati meno apprezzati, senza l'esempio di Totò.
· · la ricchezza degli interventi di Totò sulla lingua va ben oltre la sola «ri-
. azione» dell'italiano ufficiale 1, in genere l'unico merito linguistico
riconosciuto a de Curtis. La forza deformante che tutti hanno os-
:;~to nella maschera di Totò - la sua capacità di contorcere e di altera-
f,~ia fisionomia del volto e degli arti, di farsi marionetta a metà tra la vita
morte, essere umano e meccanico insieme - si ritrova anche negli usi
·, nel rendere significative frasi senza senso e nel privare di signifi-
· ~ frasi che pretendono dì averne fin troppo. Proprio questa ricchezza
· iva e, a tratti, espressionistica più che realistica allontana quasi
e Totò da un livello banale e prevedibile di comunicazione, ovvero
parlato comune, sia dall'uso irriflesso di certi stereotipi, sia, so-
tto, dalla lingua media del cinema, e colloca a pieno· titolo l'intero
filmico di de Curtis tra gli esperimenti linguistici più interessanti
., vecento italiano, nella sua tipica natura ibrida tra riuso e parodia,
7

ione e commistione di idiomi, letterarietà e riflessione metalin-


. Il tutto, ovviamente, senza pretese intellettualistiche ma con la
~:czza del gioco. Insomma, gli interventi di Totò sulla lingua non so-
' radici né casuali, ma mirano a scardinare dal profondo l'intera
dei codici, arrivando a comunicare mediante l'incomunicabilità, a
senso al non-senso e viceversa.

'-'Or. almeno De Mauro (1963] 1993, pp. 122 e 158, e De Mauro 1992, p. 136; Spi-
~ii, 1974, pp. 95-97; Cresti 1982, pp. 293-94.
252 LA LINGUA IN GIOCO

Totò della lingua si è servito, sì, per irridere il formalismo perbenistico,


il frasario di convenienza, l'oratoria avvocatesca, l'accademismo pedante,
le pastoie dell'italiano burocratico, ma anche per dare sfogo al suo «ari-
stocratico disagio per la crescente banalità anche linguistica nelle relaziO':
ni sociali» 2, per esprimere la sua aspirazione a un italiano colto, semplice
senza essere povero, curato senza essere artefatto, regionale senza esseR!
dialettale, infarcito, perché no, di dotti riferimenti al passato. Insorru:m
una lingua varia ed elastica, sempre fantasiosa e mai «di plastica» 3•
Ogni registro espressivo, ogni codice è coinvolto nel carosello dei gic>·
chi verbali di Totò, dall'italiano letterario e librettistico ai dialetti, dall'ila-:
liano popolare alle lingue straniere, dai linguaggi settoriali al latino ecci.e:.
siastico. Il risultato del gioco va dalla condanna impietosa (del professore
come dell'analfabeta), alla benevola ironia, al mimetismo; ma l'intento~
profondo sembra sempre quello di procurarsi e procurare piacere grazie
alla deformazione ludica della comunicazione, in tutti i suoi aspetti.
Nel corso dei vari capitoli abbiamo visto che gran parte dei giochi ~.
guistici presenti nei film di Totò fiorisce da radici che affondano nella ~
dizione della lingua comica, fin dal teatro classico. la ricchezza di espre-.
dienti retorici e la necessità, in questo quasi barocca, di meravigliare e à
ricevere consenso a tutti i costi presso il grande pubblico rendono i fila
interpretati da Antonio de Curtis un enorme laboratorio linguistico, f:ùloa
quasi inesplorato, in cui le parole e le frasi vengono sezionate e ricompo-·
ste in arcane alchimie fino a tentarne le forme più recondite. Questo i&·
stancabile lavorio - come tutte le attività di alto artigianato della lingua"."'..,
che in un primo momento sembrava nato soltanto per divertire, cioè ~-
allontanarci dall'uso comune, non fa in realtà che ricondurci da un lawllll
una sorta di livello primitivo della comunicazione, dall'altro .al centro~·
certe strategie stilistiche. E, proprio per questo, non sfuggirà la pote~
lità anche didattica del corpus filmico di Totò, per l'esemplificazione di~
nomeni linguistici e retorici. \i
A questo punto, ora che abbiamo di fronte l'intera gamma espr
di Totò e di una fetta consistente dei cosiddetti b movies (o, se si p
sce, trash movies) italiani delle argini, ci sembra di capire meglio il
e travagliato percorso del parlante medio dall'analfabetismo con com;

2 Raffaelli 1996a, p. 322.


~ Castellani Pollidori 1995.
Ul!NCLUSIONI: GIOCANDO E FILMANDO 253

eiza unicamente dialettale, all'italiano popolare, all'italiano regionale, al-


f"aliano neostandard 4, insomma il graduale abbandono dei dialetti e la
mìcosa conquista delle lingue straniere, compreso l'italiano.

Solo ora sappiamo quanto Totò ha inciso nel costume e nell'immaginario na-
zionale. Ieri non avevamo il coraggio di riconoscerci nello specchio di una co- ·
micità impietosa che ci restituiva l'immagine derisoria dei nostri difetti, della
vacua pomposità del nostro modo di parlare, del deprimente divario tra ap-
parenza e realtà. La pedagogia del nascondere, in cui si esprime l'ipocrisia na-
zionale, ci induceva a chiudere gli occhi, a respingere la scomposta parodia
dei nostri modi di essere, la irridente messa a nudo delle convenzioni lingui-
stiche, la burocratica autorevolezza dei saperi costituiti 5•

Vedere le parole ridotte a mero oggetto di piacere o a cavie per strani


<tsperimenti, provare il senso di straniamento che Totò infonde nel ri-
\$p0fldere fischi per fiaschi, nel disattendere le più elementari aspettative
··semantiche dell'interlocutore, nell'intendere letteralmente quanto ha va-
.be metaforico e metaforicamente quanto è letterale, insomma assistere
:m'apparente sbriciolarsi del verbo e al suo prodigioso ricomporsi e rina-
ieere come fenice non fa che introdurre, dall'ingresso principale (quello
~ passa cioè attraverso la sfumata frontiera tra possibilità di comunica-
re., e quindi di interagire col mondo, e impossibilità di comunicare tutto),
:ai più profondi meccanismi di funzionamento delle lingue umane.
Se poi a questo si aggiunge che il nostro cinema (realistico per voca-
2'.ione) ha un innegabile valore di specchio (talora deformante, talaltra fil-
. ~te come uno schermo) della realtà, anche linguistica, e che è quindi
\'al documento non trascurabile per lo studio della lingua italiana parlata 6,
;(.il.gioco dei rispecchiamenti si raddoppia, anzi si moltiplica e si fa prisma-
:·~: nei film con Totò noi vediamo riflessa la lingua che, a sua volta, si ri-
(blge e si deforma negli usi espressionistici di Antonio de Curtis.

:r 4 Sul neostandard, o italiano dell'uso medio (ovvero su quella varietà di italiano og-
·-mnsiderata pressoché noro,.ale iri. registri di media formalità, un tempo non accetta-
:a- o tuttora scarsamente accettata dai puristi - come parte della norma standard), e
f~ altre varietà qui citate, cfr. Sabatini 1985, Berruto 1987, 1993a, b, Rossi 1999a.
0· ;. Caldiron 1999, p. 119. ·
6 Cfr. Simone 1987 e Rossi 1999a.
TEATROGRAFIA

Sono qui elencati, in ordine cronologico (e alfabe~ico nell'ambito del-


kl stesso anno), i principali testi teatrali scritti o recitati da Totò, cui s'è
fatto riferimento nel corso del lavoro. I dati sono ricavati da ES, Bevilac-
qua 1965 (a c. di), Fofi 1980 (a c. di), Faldini e Fofi 1987, Guarini 1991 (a
e di), Ottai 1998b e Caldiron 2001. Per gli spettacoli e per i dati qui omes-
si cfr. soprattutto Faldini e FoQ 1987 e Ottai 1998b (cui s'è attinta la data-
Zione degli spettacoli, in quanto si tratta del testo più aggiornato sull'ar-
gomento). Si segnala di volta in volta anche l'eventuale pubblicazione di
brani del copione. I testi delle riviste pubblicati in Fofi 1980 (a c. di) sono
reperibili anche in Faldini e Fofi 1987. La data che qui si riporta indica il
pruno anno in cui sono documentate notizie del copione. Tuttavia la dif-
, iimltà di fissare una forma testuale in spettacoli basati sull'improvvisazio-
.- ne e sulla variazione di un canovaccio nel teatro di varietà è tale da ren-
' ·diete impossibile, in spettacoli portati in scena per più d'un anno, la data-
. mne precisa dei testi citati. Infatti è del tutto insufficiente basarsi sui co-
. ~ni originari, dal momento che il copione dell'avanspettacolo, ma an-
. dle quello delle riviste con Totò, ha senso solo in quanto variabile e va-
/nato. Per comodità, dunque, datiamo ogni battuta citata con l'anno attri-
·:,.,~ro a quel copione da Ottai 1998b.

;):ih'~.
~-
Charlot per amore, 1930, di A. de Curtis. Brani pubblicati in Fofi
I
/[i_ 1980 (a c. di), pp. 48-51, e in Guarini 1991 (a c. di), pp. 265-68 .
:;tJl:Jlori nuovi, 1932, di A. de Curtis e Guglielmo Inglese. Brani pubblicati
~t;: in Fofi 1980 (a c. di), pp. 15-27 .
... che ti passa, 1932, di A. de Curtis e Guglielmo Inglese. Brani pub-
blicati in Fofi 1980 (a c. di), pp. 30-32.
i:ergine di Budda, 1932, di A. de Curtis. Brani pubblicati in Fofi 1980
{a c. di), pp. 41-46. · ·

--·Perla retrodatazione di questo spettacolo (solitamente datato 1932) cfr. Meldole-


p. 39 n. 36.
256 LA LINGUA IN GIOCO

Il vergine folle, 1932, di Ripp (Luigi Miaglia) e Bel Amì (Anacleto Francini).
La banda delle gialle, 1933, di Tramonti (Paolo Rampezzotti). Brani pub-
blicati in Fofi 1980 (a c. di), pp. 28-29, 52-57, e in Guarini 1991 (a c. di),
pp. 298-300.
Dalla calza al dollaro, 1933, di Tramonti (Paolo Rampezzotti). Brani pub-
blicati in Fofi 1980 (a c. di), pp. 32-33.
Era lei si si, era lei no no, 1933, di A. de Curtis, Fiorita e Carbone. Brani
pubblicati in Fofi 1980 (a c. di), pp. 34-40, e in Guarini 1991 (a c. di),
pp. 278-83.
Questo non è sonoro, 1933, di Tramonti (Paolo Rampezzotti). Brani pub-
blicati in Guarini 1991 (a c. di), pp. 265-68.
Se quell'evaso io fossi, 1933, di Bel Amì (Anacleto Francini).
Cinquanta milioni c'è da impazzire, 1935, di Guglielmo Inglese e Tra-
monti (Paolo Rampezzotti). Brani pubblicati in Guarini 1991 (a c. di),
pp. 235-59.
Dei due chi sarà?, 1936, di A. de Curtis. Brani pubblicati in Fofi 1980 (a c.
di), pp. 58-70, e in Guarini 1991 (a c. di), pp. 284-88.
Uomini a nolo, 1937, di Bel Amì (Anacleto Francini) e A. de Curtis. Braru
pubblicati in Fofi 1980 (a c. di), pp. 71-83, e in Guarini 1991 (a c. di).
pp. 269-77.
Accadde una notte che... , 1938, di A. de Curtis. Brani pubblicati in Foo
1980 (a c. di), p. 47.
Fra moglie e marito... la suocera e il dito, 1938, di Antonio de Curtis.
Brani pubblicati in Fofi 1980 (a c. di), pp. 111-13, e in Guarini 1991 (a
c. di), pp. 225-34.
Se fossi un Don Giovanni, 1938, di A. de Curtis. Brani pubblicati in foli.•.
1980 (a c. di), pp. 84-97.
L'ultimo Tarzan, 1938, di A. de Curtis. Brani pubblicati in Fofi 1980 (a c.
di), pp. 98-110. "'
Quando meno te l'aspetti, 1940, di Michele Galdieri. Brani pubblicati S#'!
Bevilacqua 1965 (a c. di), pp. 23-39, e in Fofi 1980 (a c. di), pp. 115-,~'
Belle o brutte mi piaccion tutte!, 1942, di A. de Curtis, Guglielmo In~\
e Tramonti (Paolo Rampezzotti): Brani pubblicati in Guarini 1991 {af~;j
2 ~
di), pp. 201-22 4 . }j
·;,;_,t
·:\·;:}~

2
Secondo Faldini e Fofi 1987, p. 323, la datazione, incerta, di qaesto spet:raa~t•
compresa tra il 1932 e il 1937. Qui si riporta la data attribuita dal Guarini.
TEATROGRAFIA 257

-L'Orlando curioso, 1942, di Michele Galdieri. Brani pubblicati in Fofi 1980


(a c. di), pp. 141-79.
Volumineide, 1942, di Michele Galdieri. Brani pubblicati in Fofi 1980 (a c.
di), pp. 128-40, e in Guarini 1991 (a c. di), pp. 179-85.
Con un palmo di naso, 1944, di Michele Galdieri. Brani pubblicati in Fo-
fi 1980 (a c. di), pp. 200-12.
Ma che ti sei messo in testa?, 1944, di Michele Galdieri. Brani pubblicati in
Bevilacqua 1965 (a c: di), pp. 51-68, in Fofi 1980 (a c. di), pp. 180-99,
e in Guarini 1991 (a c. di), pp. 289-97.
C'era una volta il mondo, 1947, di Michele Galdieri. Brani pubblicati in
Bevilacqua 1965 (a c. di), pp. 71-82, e in Fofi 1980 (a c. di), pp. 213-24 .
•\fa se ci toccano nel nostro debole, 1947, rivista, di Nelli (Francesco Ci-
priani), Mario Mangini, Garinei e Giovannini.
Bada che ti mangio, 1949, di Michele Galdieri.
.4 precindere, 1956, di Nelli (Francesco Cipriani) e Mario Mangini. Brani
pubblicati in Guarini 1991 (a c. di), pp. 260-64.
FILMOGRAFIA

Sono qui elencati, in ordine cronologico secondo la data della prima


proiezione pubblica (o, in assenza di questa, secondo la data del visto di
censura), i novantasette film (o novantotto, se si considerano distintamen-
te i due episodi di Capriccio all'italiana, 1968) interpretati da Totò. Sono
esclusi i film incompiuti e i film per la televisione. Dopo il titolo del film (o
dell'episodio interpretato da Totò, se si tratta di film a episodi), segue l'an-
no della prima proiezione pubblica e una sigla che indica se si tratta di film
m bianco e nero (bn) o a colori (c).Seguono, nell'ordine, il nome del regi-
Sta (introdotto dalla sigla R.), l'indicazione del soggettista ed eventualmen-
te del soggetto da cui è tratto il film (Sg.), gli sceneggiatori (Se.), la produ-
zione (P.), gli interpreti (I.) - seguiti quasi sempre, tra parentesi tonde, dal
personaggio interpretato - e la data della prima proiezione pubblica del
· film (Ppp.) o del visto di censura (Ve.). In quattro casi sono indicate en-
trambe le date, poiché il Ve. è, stranamente, posteriore alla Ppp. Come è
già stato dimostrato da Bernardini 1992 (a c. di, pp. VII-VIII), la data di pro-
duzione del film è, oltreché non sempre reperibile, scarsamente significati-
. -• 'ii'a (specialmente, poi, in un lavoro come questo, in cui interessa soprattut-
•.· .llO l'inizio della circolazione di certe espressioni), dal momento che può es-
sere molto distante (a volte più di un anno) dall'uscita del film nelle sale.
( -~ quanto riguarda la casa di produzione, se non è specificata la naziona-
Ì>m. si tratta di produzione italiana; nei casi di comproduzione, si specifica
{~ parentesi tonde la nazionalità delle sole case di produzione straniere.
e I dati qui raccolti sono tratti principalmente da Chiti e Poppi 1991,
~;ffo?Pi e Pecorari 1992, Bernardini 1992 (a c. di; testo di riferimento per le
r;~ e per i titoli), Anile 1997 e 1998, Bispuri 1997 e Caldiron 2001. A que-
~;'.;~ testi si rimanda per ulteriori informazioni (incasso del film, durata,
~j~cipali recensioni, film televisivi, progetti non realizzati e altro).
k-'
!L" .
tt:'..~ con le mani, 1937 (bn). R.: Gero Zambuto. Sg.: Guglielmo Gianni-
$~,;; ni. Se.: Guglielmo Giannini, Gera Zambuto. P.: Gustavo Lombardo per
i1,:s Tttanus. I.: Totò (Antonio Torretota), Erzsi Paal (Eva Flastorny), Franco
260 LA llNGUA IN GIOCO

Coop (Vincenzino), Tina Pica (Giulia, la cameriera), Oreste Bilancia (Il


cav. Gerolamo Battaglia), Miranda Bonansea Oa bambina), Cesare Polac-
co (il capomastro), Luigi Erminio D'Oliva (il direttore d'orchestra), Gu-
glielmo Sinaz (il capocameriere), Alfredo Martinelli (un cliente), Nicola
Maldacea (il suggeritore), Giuseppe Pierozzi (il direttore del teatro), Le-
na Bellocchio (direttrice dell'istituto di bellezza), Gero Zambuto (un ca-
meriere), Yvonne Sandner (Anna), Giuseppe Zopegni, Bruno Calabret-
ta, Alfredo De Antoni, Adelmo Cocco. Ve.: 28/01/1937.

Animali pazzi, 1939 (bn). R.: Carlo Ludovico Bragaglia. Sg.: Achille Cam-
panile. Se.: Gaetano Campanile Mancini, Carlo Ludovico Bragaglia, Ivo
Perilli. P.: Gustavo Lombardo per Titanus. I.: Totò (Tolomeo de' Tolo-
mei/fotò), Luisa Ferida (Maria Luisa), Calisto Bertramo (il maggiordo-
mo), Lilia Dale (Ninetta), Dina Perbellini 0a direttrice della clinica),
Bianca Stagno Bellincioni (zia Eloisa), Claudio Ermelli (il notaio), Raf-
faele Giachini (il pretendente), Cesare Polacco (il creditore), Giuseppe
Pierozzi (il veterinario), Pina Gallini 0a proprietaria del cavallo pazzo),
Enrico Gozzo. Ve.: 12/04/1939.

San Giovanni decollato, 1940 (bn). R.: Amleto Palermi. Sg.: dalla comme-
dia San Giovanni decollatu di Nino Martoglio, 1908. Se.: Amleto Pa-
lermi, Cesare Zavattini, Aldo Vergano. P.: liborio Capitani per Capitani
Film. I.: Totò (Agostino MiciaciÒ), Titina De Filippo (sua moglie Con-
cetta), Silvana Jachino (Serafina, loro figlia), Osvaldo Genazzani (Gior-
gio), Franco Coop (il barbiere), Bella Starace Sainati (Provvidenza),~
so Marcellini (don Benedetto), Augusto Di Giovanni (Peppino Esposi-
to), Eduardo Passarelli (Orazio), Mario Siletti O'amministratore), Gia-
como Almirante (il pretore), Dina Romano (Filomena), Peppino Spa-
daro (il calzolaio), Grazia Spadaro (Rosalia), Emilio Petacci (il pubbliro
ministero), Renato Chiantoni O'avvocato difensore), Edmondo Starace
(il cancelliere), Gorella Gori (una testimone), Oreste Bilancia (un testi-
mone), Peppino Villani (un testimone), Raffaele Balsamo (inquilino),
Vincenzo Fummo (inquilino), Mario Ersanilli (ometto coi capelli bia.~
chi), Liliana de Curtis Oa bambina), Milla Papa. Ppp.: 12/10/1940 [Ve.;:
28/12/1940].

L'allegro fantasma, 1941 (bn). Successivamente uscito anche col titob


Totò allegro fantasma. R.: Amleto Palermi. Sg.: Carlo Ludovico Braga--
FILMOGRAFIA 261

glia, Ettore M. Margadonna, Pietro Solari. Se.: Carlo Ludovico Braga-


glia, Ettore M. Margadonna, Amleto Palermi, Pier Luigi Faraldo . P.: Ca-
pitani Film, Fono Roma. I.: Totò (Nicolino/Gelsomino/Antonino), Luigi
Pavese (Temistocle), Franco Coop (Maurizio Devalier), Trio Primavera:
Isa Bellini, Wilma Mangini, Thea Prandi (Rosa, Titti, Lilli), Paolo Stoppa
(Gigetto), Amelia Chellini (Lia), Dirce Bellini (Giovanna), Elli Parvo
(Erika), Claudio Ermelli (Battista), Augusto Di Giovanni (Asdrubale),
Livia Minelli Oa cameriera), Giulio Donadio (il brigadiere), LydiaJohn-
son (una soubrette), Lucy D'Albert (una soubrette); Mario Giannini
(un cantante), Gioia Fredi (una ragazzina), Emilio Petacci (Anatolio),
Rio Nobile O'impresario). Ppp.: 16/03/1941 [Ve.: 31/03/1941].

Due cuori.fra le belve, 1943 (bn). Successivamente uscito anche col tito-
lo Totò nella fossa dei leoni. R.: Giorgio C. Simonelli. Sg.: dalle no-
velle Ventimila leghe sopra i mari di Goffredo D'Andrea. Se.: Vincen-
zo Rovi, Akos Tolnay, Steno. P.: Cines, Film Bassoli. I.: Totò (Totò), Ve-
ra Carmi (Laura Berti), Enzo Biliotti (il professor Lorenzo Berti), Enri-
co Glori (Mr. Smith), Egilda Cecchini (Nalù), Claudio Ermelli (Agati-
no), Lia·Orlandini (Clara Pallozzi), Primo Carnera (il capo dei canniba-
li), Umberto Spadaro Oo stregone), Giovanni Grasso (il capocuoco),
Guido Morisi (Romero), Federico Collino (Pietro), Nando Bruno (il
piccolo gigante), Arturo Bragaglia (il medico Pallozzi), Lucy D'Albert,
Oreste Bilancia, Carlo Cecchi, Stefano Daffinà, Tullio Calvani, Alfredo
Martinelli, Alfredo Ragusa, Vittorio Bertozzi. Ppp.: 31/05/1943.

Jl ratto delle Sabine, 1945 (bn). Successivamente uscito anche col titolo
Il professor Tromboni. R.: Mario Bonnard. Sg.: Mario Amendola, dalla
commedia Der Raub der Sabinerinnen di Franz e Paul Schonthan.
Se.: Mario Amendola, Mario Bonnard. P.: Capitani Film. I.: Totò (Aristi-
de Tromboni), Carlo Campanini (Ernesto Molmenti), Clelia Matania
(Rosina), Laura Gore (Paolina), Olga Solbelli (Matilde), Luisa Alleani
-(Ermenegilda), Aldo Silvani (Tancredi), Lia Corelli (Mariannina), Mario
Pisu (Alberto Randoni), Giuseppe Rinaldi (Emilio), Claudio Ermelli
(Germani), Mario Castellani O'impresario), Fosca Spadara (figlia di
Tuncredi), Giuseppe Spadara (Turiddu), Aristide Garbini (Bartolo-
meo), Ciro Berardi (brigadiere), Italo Pirani (direttore della scuola),
Erminio Spalla (il carrettiere). Ppp.: 21/11/1945 [Ve.: 23/11/1945).
262 LA LINGUA IN GIOCO

I due orfanelli, 1947 (bn). R.: Mario Mattali. Sg.: Mario Mattali. Se.: Age,
Steno, Jean-Jacques Rastier. P.: Excelsa Film. I.: Totò (Gaspare), Carlo
Campanini (Battista), Isa Barzizza (Matilde), Nerio Bernardi (il duca Fi-
lippo), Raymond Bussières (Deval), Franca Marzi (Susanne de La Plei-
ne), Ada Dondini (direttrice), Guglielmo Barnabò (giudice), Annette
Pqivre Oa chiromante), Luigi Almirante (il boia), Galeazzo Benti (un uf-
fi.ciale), Mario Castellani (maggiordomo), Raimondo Vianello (un uffi-
ciale), Nico Pepe (abate Faria), Ughetto Bertucci (generale), Irene
Genna (una collegiale), Dina Romano (domestica del boia), Totò Mi-
gnone (il cinese), Achille Majeroni (il segretario di Napoleone III).
Ppp.: 26/11/1947.

Fifa e arena, 1948 (bn). R.: Mario Mattoli. Sg.: Steno. Se.: Steno, Marcello
Marchesi. P.: Metropa Film, Nino Angioletti per CDL I.: Totò (Nicolino
Capece), Isa Barzizza (Patricia Cotten), Mario Castellani (il bandito Ca-
st), Franca Marzi (Estrellita), Giulio Marchetti (Paquito), Vinicio Sofia
(manager di Paquito), Cesare Polacco (un torero), Galeazzo Benti
(George), Ughetto Bertucci (autista), Adriana Serra (Manuelita), Ada
Dondini (Adele), Alda Mangini (Carmen), Cesare Fantoni (un torero),
Luigi Pavese (il medico), Raimondo Vianello (il maftre), Enzo Turco
(cliente del lustrascarpe), Manet e Leho (ballerini), Loris Gizzi (profes-
sor Padreterno), Umberto Salvatori (cliente che si macchia il vestito),
Irene Genoa Ouanita), Nino Milano Oustrascarpe), Fulvia Mammi (la
cliente del topicida). Ppp.: 23/11/1948.

Totò al giro d'Italia, 1948 (bn). R.: Mario Mattoli. Sg. e se.: Steno, Marcd-
lo Marchesi, Vittorio Metz. P.: Dino De Laurentiis e Lorenzo Pegoraro
per ENIC, Peg Produzione Films. I.: Totò (il professor Totò Casaman-
drei), Giuditta Ris,sone (madre di Totò), Isa Barzizza (Doriana), Walter
Chiari (il giornalista), Carlo Ninchi (Dante), Luigi Catoni (Neroni), .Ma-
rio Castellani (allenatore), Carlo Micheluzzi (il diavolo), Fulvia Franro
(miss Italia), Alda Mangini (Gervasia), Ughetto Bertucci (il meccanico),
Gino Bartali (sé stesso), Fausto Coppi (sé stesso). Ppp.: 30/12/194$..

I pompieri di Viggiù, 1949 (bn). R.: Mario Mattali. Sg.: dalla canzone omo-
nima di Armando Fragna e Lerici-Rastelli. Se.: Steno, Marcello Marche.-
si. P.: Dino De Laurentiis per Lux Film. I.: Totò Oo spasimante della mo-
glie dell'uomo dei manichini), Carlo Campanini (il comandante dà.
FIL\l:OGRAFIA 263

pompieri), Carlo Dapporto (in varie parodie), Silvana Pampanini


(Fiamma, la figlia del comandante), Ave Ninchi (Gaetana, la moglie del
comandante), Dante Maggio (un pompiere napoletano), Ughetto Ber-
tucci (un pompiere romano), Wanda Osiris (sé stessa), Mario Castella-
ni O'uomo dei manichini), Isa Barzizza Oa moglie dell'uomo dei mani-
chini), Nino Turante (un topo d'albergo/un pompiere), Carlo Taranto
(il figlio del topo d'albergo), Enzo Turco (un cliente dell'albergo).
Ppp.: 16/04/1949.

Yvonne la nuit, 1949 (bn). R.: Giuseppe Amato. Sg.: Fabrizio Sarazani.
Se.: Fabrizio Sarazani, Oreste Biancoli, Giuseppe Amato. P.: Rizzoli-
Amato. I.: Totò (Nino), Olga Villi (Yvonne), Frank Latimore (tenente
Carlo Rutelli), Giulio Stivai (padre di Rutelli), Eduardo De Filippo (av-
vocato Rubini), Gino Cervi (colonnello Baretti), Arnoldo Foà (senato-
re), John Strange (maggiore Tremiti), Ave Ninchi (Rudegonda), Paola
Veneroni (Rosetta), Mario Riva (signore delle sigarette), Angela Zanon
(la cameriera), Enzo Cannavale (il maggiordomo). Ppp.: 24/11/1949.

1btò cerca casa, 1949 (bn). R.: Steno, Mario Monicelli. Sg.: Vittorio Metz,
Marcello Marchesi, Steno, dalla commedia Il custode di Alfredo Mo-
scariello. Se.: Age, Mario Monicelli, Scarpelli, Steno. P.: Carlo Ponti per
Artisti Tecnici Associati. I.: Totò (Beniamino Lomacchio), Alda Mangini
(sua moglie Amalia), Lia Molfese (Aida, loro figlia), Mario Gattari (Otel-
lo, loro figlio), Aroldo Tieri (Checchino), Giacomo Furia (il signore
con i salami), Luigi Pavese (il capufficio), Enzo Biliotti (il sindaco), Ce-
sare Polacco (il vicecustode del cimitero), Alfredo Ragusa (bidello),
Marisa Merlini (patronessa), Folco Lulli (il turco), Flavio Forin (il ve-
dovo), Liana Del Balzo (la contessa), Mario De Vico (il cinese), Mario
Riva (agente immobiliare), Mario Castellani (il truffatore), Lili Weibel
(la turca). Ppp.: 09/12/1949.

L'imperatore di Capri, 1949 (bn). R.: Luigi Comencini. Sg.: Maria Teresa
Ricci Bartoloni, Gino De Santis. Se.: Vittorio Metz, Marcello Marchesi,
Luigi Comencini. P.: Carlo Ponti per Lux Film. I.: Totò (Antonio De Fa-
zio), Laura Gore (sua moglie), Pina Gallini (sua suocera), Yvonne
Sanson (Sonia), Marisa Merlinf (baronessa von Krapfen), Alda Mangi-
ni (Emanuela), Nerio Bernardi (Osvaldo), Mario Castellani (Asdruba-
le), Nino Marchetti (il profeta), Galeazzo Benti (Dodo), Lino Roby
264 LA UNGUA IN GIOCO

(Basilio), Enrico Glori (il maggiordomo), Aldo Giuffré (il Bey di Aga-
pur), Gianni Appelius (Bubi), Toni Dcci (Pupetto Turacciolo). Ppp.:
16/12/1949.

Totò le Mokò, 1949 (bn). R.: Carlo Ludovico Bragaglia. Sg.: da un'idea di
Arduino Majuri. Se.: Vittorio Merz; Scarpelli, Alessandro Continenza. P.:
Forum Film. I.: Totò (Antonio Lumaconi), Gianna Maria Canale (Vivia-
ne de Valance), Carlo Ninchi (Pepé le Mokò), Carla Calò (Suleima),
Franca Marzi (Odette), Elena Altieri (Nancy), Luigi Pavese (François),
Mario Castellani (Za La Mortadelle), Enzo Garinei (La Tulipe), Armando
Migliari (Claude), Gianni Rizzo (guida della casba), Marcella Rovena
(Sara), Flora Torrigiani (la ballerin~)- Ppp.: 20/12/1949.

Totò cerca moglie, 1950 (bn). R.: Carlo Ludovico Bragaglia. Sg. e se.: Vit-
torio Metz, Age, Scarpelli, Alessandro Continenza. P.: Raffaele Colamo-
nici e Umberto Montesi per Forum Film. I.: Totò (Totò), Mario Castel-
lani (Castelluccio), Aroldo Tieri (Pippo), Marisa Merlini (Luis~), Ave
Ninchi (Agata), Elvy Lissiak (Teresa), Anna Maestri Oa negra), Luigi Pa-
vese (cav. Bellavista), Marcella Rovena (signora Bellavista), Vira Silenti
(Matilde Bellavista), Enzo Garinei (Severino Bellavista), Zoe Incrocd
(Norina), Nerio Bernardi (il dentista), Paul Mi.iller (215 lo zoppo), Gio-
vanna Galletti (l'agente K8), Nino Marchesini (l'ambasciatore), Franca
Tamantini (impiegata dell'agenzia Fido), Annie Sommers (Adelina),
Bruno Cantalamessa (cliente del dentista), Mario Meniconi (Giusep-
pe). Ppp.: 15/03/1950.

Napoli milionaria, 1950 (bn). R.: Eduardo De Filippo. Sg.: dalla comme-
dia omonima di Eduardo De Filippo, 1948. Se.: Piero Tellini, Eduardo
De Filippo, Arduino Majuri. P.: Teatri della Farnesina, Eduardo De Filip-
po. I.: Totò (Pasquale Miele), Eduardo De Filippo (Gennaro Jovine),,j
Leda Gloria (sua moglie Amalia), Delia Scala (Maria Rosaria, loro figlia),,'.
Gianni Glori (loro figlio), Carlo Ninchi (il brigadiere), Dante Maggio@;:
pizzaiolo), Titina De Filippo (Adelaide), Laura Gore (signora Spa,:;iam)~~
Mario Soldati (ragionier Spasiani), Aldo Giuffré (Federico), Carlo Maz,;i'i
zoni (sergente americano), Michael Tor (ufficiale americano canrm-,
no), Pietro Carloni (Enrico Settebellezze), Mario Prera (Peppe 'o TU!"\;;
co), Rosita Pisano (Assunta), Concetta Palumbo (la figlia minore di~i
vine), Carlo Giuffré (Ernesto). Ppp.: 21/09/1950. i;j
FILMOGRAFIA 265

Figaro qua... Figaro là, 1950 (bn). R.: Carlo Ludovico Bragaglia. Sg. e se.:
Vittorio Metz, Marcello Marchesi, Age, Scarpelli. P.: Giovanni Amati per
Golden Films. I.: Totò (Figaro), Isa Barzizza (Rosina), Gianni Agus
(conte di Almaviva), Guglielmo Barnabò (il governatore), Renato Ra-
sce! (don Alonzo), Franca Marzi (Consuelo), Luigi Pavese (Pedro), Jole
Fierro (Colomba), Pietro Tordi (Fiorello), Ugo Sasso (un bandito), Ma-
rio Siletti (il giudice), Mario Castellani (un attore), Flora Torrigiani
(una ballerina). Ppp.: 12/10/1950.

Tototarzan, 1950 (bn). R.: Mario Mattali. Sg.: Vittorio Metz. Se.: Vittorio
Metz, Marcello Marchesi, Age, Scarpelli, Mario Mattoli. P.: CDI. I.: Totò
(Antonio della Buffas), Marilyn Buferd (Iva), Bianca Maria Fusari (Mar-
ta), Alba Amava (Sonia), Vira Silenti (Dora), Luigi Pavese (il procura-
tore generale), Adriana Serra (sua moglie), Luisa Poselli (la maestra),
Mario Castellani (Stanis Martinez), Tino Buazzelli (Spartaco), Galeazzo
Benti (istruttore paracadutista), Vinicio Sofia (barone Rosen), Enrico
Luzi (awocato Finotti), Rino Tognaccini (Bongo), Guglielmo Inglese
(il capostazione barese), Mario Siletti (maggiordomo), Guglielmo Bar-
nabò (colonnello paracadutista), Nico Pepe (awocato Micozzi), Giaco-
mo Furia (il cuoco), Eduardo Passarelli (controllore), Totò Mignone
(un ferroviere), Alberto Sorrentino (l'usciere), Bruno Corelli (portiere
dell'albergo), Nino Vingelli (il capostazione napoletano), Clara Bindi
(la signora col cappello di frutta), Carlo Croccolo (lo sposino), Riccar-
do Billi (il capostazione siciliano), Ughetto Bertucci (il capostazione
romano), Ciro Berardi (il commissario), Sofia Lazzaro (Loreo] (un'am-
miratrice di Tarzan). Ppp.: 31/10/1950.

l.esei mogli di Barbablù, 1950 (bn). R.: Carlo Ludovico Bragaglia. Sg.: Lu-
cio Brenno, Bruno Caravagni. Se.: Bruno Caravagni, E. M. Ricci, Vitto-
rio Metz, Marcello Marchesi, Age, Scarpelli, Steno, Mario Monicelli e al-
tri. P.: Giovanni Amati per Golden Films. I.: Totò (fotò Esposito/Nick
Parter), Isa Barzizza (Lana Ross), Mario Castellani (Amilcare/Patson),
Carlo Ninchi (Nick Parter), Tino Buazzelli (Ladislao Zichetti/Barbablù),
Aldo Bufi Landi (Patson), Luigi Pavese (Lukas), Erminio Spalla (auti-
sta), Eduardo Passarelli (impresario delle pompe funebri), Silva Fazi
(Domenica), Franco Jamonte (Pecorino), Nino Marchesini (ispettori),
Enzo Garinei (un paesano), Anna Di Lorenzo (una cameriera), Sofia
Lazzaro [Loreo) (una donna rapita). Ppp.: 10/11/1950.
266 LA LINGUA IN GIOCO

Totò sceicco, 1950 (bn). R.: Mario Mattali. Sg. e se.: Vittorio Metz, Marcello
Marchesi, Age, Scarpelli. P.: Manenti Film. I.: Totò (Antonio Sapore), Ta-
mara Lees (Antinea), Aroldo Tieri (marchese Gastone), Laura Gore
(Lulù), Ada Dondini (la marchesa), Kikì Ur:bani (una danzatrice), Cesare
Polacco (Mohamed), Arnoldo Foà (il matto), Mario Castellani (il colon-
nello), Riccardo Billi (un arabo), Ubaldo Lay (il maggiore della legione
straniera), Carlo Duse (un beduino), Carlo Croccolo (cameriere), Ughet-
to Bertucci (Ludovico), Raimondo Vianello (un ufficiale), Giacomo Furia
(un legionario), Aldo Giuffré (un legionario). Ppp.: 30/11/1950.

47 morto che parla, 1950 (bn). R.: Carlo Ludovico Bragaglia. Sg.: dalla
commedia omonima di Ettore Petrolini e Silvano d'Arborio, 1918, e
dall'Avaro di Molière. Se.: Vittorio Metz, Marcello Marchesi, Age, Scar-
pelli. P.: Pro Films, PFC. I.: Totò (Antonio Peletti), Silvana Pampanini
(Marion Bonbon), Adriana Benetti (Rosetta), Carlo Croccolo (Gondra-
no), Dante Maggio (Dante Cartoni), Arturo Bragaglia (il sindaco), Tina
Lattanzi (moglie del sindaco), Aldo Bufi Landi (Gastone), Eduardo Pas--
sarelli (il farmacista), Mario Castellani (Bertrand de Tassiny), Gildo
Bocci (il macellaio), Franco Pucci (il medico). Ppp.: 22/12/1950.

Totò terzo uomo, 1951 (bn). R.: Mario Mattali. Sg.: Mario Pelosi. Se.: Vitto-
rio Metz, Marcello Marchesi, Age, Scarpelli, Mario Pelosi. P.: Ponti-De
Laurentiis, Golden Films. I.: Totò (Pietro/Paolo/fotò), Carlo Campanini
(Oreste), Franca Marzi (domestica di Paolo), Elli Parvo (moglie di Paer
lo), Fulvia Mammi (figlia _di Pietro), Ada Dondini (m:adre di Giacomet-
to), Franco Pastorino (Giacometto), Aroldo Tieri (Anacleto), Diana Dci
(Clara), Bice Valori (moglie di Pietro), Carlo Romano (commendaroc
Buttafava), Alberto Sorrentino (Giovannino), Mario Castellani (Mario).,
Guglielmo Inglese (il cancelliere), Enzo Garinei (Cicognetti), Ugher-a0
Bertucci (un cacciatore), Bruno Lanzarini (il pretore), Gustavo Aloo:
Vecchi (lo scemo), Totò Mignone (il maresciallo), Pina Gallini (dome-
stica di Pietro), Aldo Giuffré (avvocato). Ppp.: 23/09/1951.

Sette ore di guai, 1951 (bn). R.: Vittorio Metz, Marcello Marchesi. Sg.: ~
la farsa 'Na criatura sperduta di Eduardo Scarpetta, 1899. Se.: VittOOO·
Metz, Marcello Marchesi, Age, Scarpelli, Eduardo Passarelli, Albe.--,;;,i_
Vecchietti. P.: Golden Films, Humanitas Film. I.: Totò (Totò De Pasq.U:-:'
le), Clelia Matania (sua moglie Angelina), Carlo Campanini (uno ~1
FILMOGRAFIA 267

Romanelli), Mario Castellani (un amico di Totò), Eduardo Passarelli


(l'avvocato Peppino Espinaci), Giulietta Masina (una dei Romanelli),
Bice Valori Oa domestica), Mario Mazzarella (il suo fidanzato), Arturo
Bragaglia (il nonno), Gildo Bocci (un uomo infuriato), Alberto Sorren-
tino (il cliente di Totò), Isa Barzizza (Amelia), Galeazzo Benti (il suo fi-
danzato). Ppp.: 17/10/1951.

Guardie e ladri, 1951 (bn). R.: Steno, Mario Monicelli. Sg.: Piero Tellini. Se.:
Vitaliano Brancati, Aldo Fabrizi, Ennio Flaiano, Ruggero Maccari, Steno,
Mario Monicelli. P.: Ponti-De Laurentiis, Golden Films. I.: Totò (Ferdi-
nando Esposito), Aldo Fabrizi (brigadiere Lorenzo Bottoni), Ave Ninchi
(Giovanna Bottoni), Pina Piovani (Donata Esposito), Rossana Podestà
(figlia di Bottoni), Ernesto Almirante (il padre di Esposito), William C.
Tubbs O'americano truffato), Aldo Giuffré (il compare di Esposito), Ma-
rio Castellani (il tassista), Carlo Delle Piane (un figlio di Esposito), Pietro
Carloni (il comissario), Gino Leurini (Alfredo). Ppp.: 29/11/1951.

··1étò a colori, 1952 (e). R.: Steno. Sg.: Steno, da riviste di Michele Galdie-
ri (Yolumineide, 1942; C'era una volta il mondo, 1947). Se.: Age,
Scarpelli, Mario Monicelli, Steno. P.: Ponti-De Laurentiis, Giovanni
Amati per Golden Fi~ms, Humanitas Film. I.: Totò (Antonio Scannagat-
ti), Isa Barzizza (la signora del vagone letto), Rocco D'Assunta (Roc-
co), Virgilio Riento (il maestro Tiburzi), Mario Castellani (l'onorevole
Cosimo Trombetta), Luigi Pavese (l'editore Tiscordi), Franca Valeri
(Giulia Sofia), Armando Migliari (il sindaco di Caianello), Galeazzo
Benti (Leopoldo), Fulvia Franco (Poppy), Alberto Bonucci (il regista
sovietico), Vittorio Caprioli (il tenore balbuziente), Bruno Corelli Ooe
Pellecchia), Guglielmo Inglese (il giardiniere), Carlo Mazzarella (un
esistenzialista), Anna Vita (un'esistenzialista). Ppp.: 08/04/1952.

~e i re di Roma, 1952 (bn). R.: Steno, Mario Monicelli. Sg.: dai raccon-
ti La morte dell'impiegato e Esami di promozione di Anton Cechov,
dall'atto unico Quale onore! di Peppino De Filippo, 1931, e da un sog-
getto originale di Dino Risi. Se.: Ennio De Concini, Mario Monicelli, Ste-
'.00. P.: Golden Films, Humanitas Film. I.: Totò (Ercole Pappalardo), An-
m Carena (sua moglie Armida), Giovanna Pala (Ines), Anna Vita Oa fì-
ìd,ia maggiore), Eva Vaniceck (Susanna), Ada Mari Oa figlia minore), Al-
kno Sordi (il maestro Palocco), Ernesto Almirante (Dio), Giulio Stival
268 LA LlNGUA IN GIOCO

(Langherozzi Schianchi), Lllia Landi (una contessa), Gianni Glori (Gior-


gio), Aroldo Tieri (Pietrucci), Giulio Cali (suonatore di tromba), Marisa
Fimiani (una prostituta), Francesca Pietrosi (una prostituta), Italia Mar-
chesini (signora Sconocchia),.Giulio Battiferri (guardiano del paradiso),
Armando Annuale (musicista), Mario Maresca (Trifossi), Eduardo Passa-
relli (un esaminatore), Paolo Ferrari (un esaminatore), Pietro Carloni (il
capufficio), Nino Milano (impiegato), Amedeo Girard (usciere dell'al-
bergo). Ppp.: 15/10/1952.

'Jbtò e le donne, 1952 (bn). R.: Stenci, Mario Monicelli. Sg.: Age, Scarpelli_
Se.: Age, Scarpelli, Steno, Mario Monicelli. P.: Rosa Film. I.: Totò (Filip-
po Scaparro), Ave Ninchi (sua moglie Giovanna), Giovanna Pala Ooro
figlia), Peppino De Filippo (dottor Desideri), Lea Padovani Oa prostitu-
ta del tabarin), Clelia Matania Oa cameriera Carolina), Pina Gallini (si--
gnora con pelliccia), Primarosa Battistella (Antonietta), Franca Faldim
(amante di Scaparro), Mario Castellani (Carlini), Carlo Mazzarella {'i
presentatore), Mimmo Poli (infermiere), Carlo Vanzina (Filippo neona-
to). Ppp.: 20/12/1952.

L'uomo, la bestia e la virtù, 1953 (e). R.: Steno. Sg.: dalla commedia o ~
nima di Luigi Pirandello, 1919. Se.: Steno, Vitaliano Brancati, ~
Flaiano, Antonio Pietrangeli, Vincenzo 1à.larico, Jean Josipovici, uK~(
Fulci. P.: Antonio Altoviti per Rosa Film. I.: Totò (professor Paolino~'
. Vico), Orson Welles (il capitano Francesco Perrella), Viviane R o ~
(sua moglie Assunta), Clelia Matania (Grazia, la cameriera dei Perrdii1~1iI
Franca Faldini (Mariannina), Italia Marchesini (Rosaria), Mario ~ 1
ni (il medico), Salvo libassi (il timoniere), Carlo Delle Piane (uno~~
dente), Giancarlo Nicotra (il figlio del capitano). Ppp.: 09/05/1953-

/l turco napoletano, 1953 (c). R.: Mario Mattoli. Sg.: dalla farsa 'N1, ta4
napulitano di Eduardo Scarpetta, 1888. Se.: Alessandro Con· ·
Ruggero Maccari, Italo De Tuddo, Mario Monicelli. P.: Rosa Film,,
Film. I.: Totò (Felice Sciosciammocca), Isa Barzizza (Giulietta),
Campanini (don Pasquale Catone), Mario Castellani (onore
chetelli), Franca Faldini (Angelica), Aldo Giuffré (Faina), Prima
tistella (Lisetta), Amedeo Girard (don Ignazio), Enzo Turco (
luccio), Anna Campori (Concettella), Christiane Dury (Marion)
Sofia (il vero turco), Peppino De Martino (il barone), Mario
FILMOGRAFIA 269

(Peppino), Dino Curcio (Michele), Ignazio Balsamo (Luigi), Nicola


Maldacea jr. (Salvatore), Giacomo Furia (un secondino), Guglielmo In-
glese (un falegname becchino), Valeria Moriconi (una bagnante), Totò
Mignone (il professore di turco). Ppp.: 16/09/1953.

Una di quelle, 1953 (bn). Successivamente uscito anche col titolo Totò,
Peppino e... una di quelle. R.: Aldo Fabrizi. Sg.: Aldo De Benedetti, da
una novella di Giorgio Bianchi. Se.: Aldo De Benedetti, Aldo Fabrizi. P.:
Aldo Fabrizi per Alfa Film XXXVII, Enzo Cossa per Rosa Film. I.: Totò
(Rocco), Lea Padovani (Maria), Peppino De Filippo (Martino), Aldo Fa-
brizi (il medico), Laura-Gore (Annie), Alberto Talegalli (l'autista pro-
vinciale), Nando Bruno (il tassista), Pina Piovani (la portiera), Mario
Castellani (il farma~ista). Ppp.: 08/10/1953.

il più comico spettacolo del mondo, 1953 (e). R.: Mario Mattoli. Sg. e se.:
Mario Monicelli, Alessandro Continenza, Italo De Tuddo, Ruggero
Maccari. P.: Antonio Altoviti per Ros~ -Film. I.: Totò (Tottons/sua ma-
dre), May Britt (la domatrice May), Franca Faldini (la soubrette Do-
rothy), Mark Lawrence (Mark, il proprietario del circo), Alberto Sor-
rentino (Bastian), Tania Weber O-a trapezista Tania), Mario Castellani (il
domatore Karl/il parrucchiere Lucio), Enzo Garinei (il presentatore),
Salvo Libassi (poliziotto), Enrico Viarisio (presentatore del film). Ppp.:
. 12/11/1953.

;~patente, 1954 (bn). Episodio di Questa è la vita. R.: Luigi Zampa. Sg.:
\;r dalla novella omonima di Luigi Pirandello. Se.: Vitaliano Brancati, Luigi
'.i Z.ampa. P.: Felice Zappulla per Fortunia Film. I.: Totò (Rosario Chiar-
~> chiaro), Armenia Balducci (sua figlia Rosinella), Anita Durante (sua
~;_ moglie), Mario Castellani (il giudice), Nino Vingelli (il venditore di pe-
i&F w-di), Attilio Rapisarda (l'usciere), Fiorella Marcon e Isabella Nobili (fi-
f, glie di Chiarchiaro). Ppp.: 03/02/1954.

'è la libertà ... ?, 1954 (bn). R.: Roberto Rossellini. Sg.: Roberto Rosselli-
<m.. Se.: Vitaliano Brancati, Ennio Flaiano, Antonio Pietrangeli, Vincenzo
>J&arico. P.: Carlo Ponti e Dino De Laurentiis per Lux Film, Giovanni
;.&.nati per Golden Films. I.: Totò (Salvatore Lojacono), Leopoldo Trieste
:\(Abramo Piperno), Vera Molnar (Agnesina), Nyta Dover (la maratoneta
· · ... danza), Franca Faldini (Maria), Giacomo Rondinella (un carcerato),
270 LA LINGUA IN GIOCO

Ugo D'Alessio (un giudice), Fernando Milani (Otello Torquati), Eugenio


Orlandi (Romolo Torquati), Augusta Mancini (Teresa), Giacomo Gabriel-
li (Torquato Torquati), Andrea Compagnoni (Nandino), Vincenzo Talari-
co (avvocato della difesa), Mario Castellani (avvocato dell'accusa), Ines
Fiorentini (Amalia), Thea Zubin (Dea), Pasquale, Nino e Fortunato Mi-
siano (tre pensionanti), Fred e Aronne (ballerini)." Ppp.: 25/02/1954.

La macchina fotografica, 1954 (bn). Episodio di Tempi nostri (Zibaldone


n. 2). R.: Alessandro Blasetti. Sg.: Age, Scarpelli. Se.: Age, Scarpelli, Ales-
sandro Continenza. P.: Cines, Lux Film, Lux Compagnie Cinématographi-
que de France (Francia). I.: Totò (Dionillo), Sophia Loren (la ragazza),
Silvio Bagolini (il ladro), Mario Castellani (il barista). Ppp.: 16/03/1954.

Miseria e nobiltà, 1954 (c). R.: Mario Mattali. Sg.: dalla farsa omonima dì
Eduardo Scarpetta, 1888. Se.: Mario Mattali, Ruggero Maccari. P.: Carlo
Ponti e Dino De Laurentiis per Excelsa Film. I.: Totò (Felice Sciosciam-
mocca), Dolores Palumbo (sua moglie Luisella), Sophia Loren (Gem-
ma), Valeria Moriconi (Pupella), Enzo Turco (Pasquale), Gianni Cavalie..c
ri (don Gaetano), Carlo Croccolo (Luigino), Franca Faldini (la modisia
Nadia), Liana Billi (Concetta), Giuseppe Porelli (il marchese Ottavio},;,:
Franco Sportelli (il maggiordomo), Vera Nandi (la cameriera), Franm
Pastorino (il marchesino), Franco Melidoni (Peppiniello), Giulia MdÌ",
doni (Bettina), Enzo Petito (don Gioacchino), Dino Curcio (Biase), ~
no Di Napoli (il portiere), Nicola Maldacea jr. (lo sposino), Leo B ~
e Franco Caruso (due cafoni). Ppp.: 08/04/1954.

Il medico dei pazzi, 1954 (e). R.: Mario Mattali. Sg. Dalla farsa 'O mi~,
co de' pazze di Eduardo Scarpetta, 1908. Se.: Ruggero Maccari, '1":mf
cenzo Talarico, Totò, Mario Mattali. P.: Carlo Ponti Cinematografica~
Totò (Felice Sciosciammocca), Tecla Scarano (sua moglie Cane~
Maria Pia Casilio (Margherita, loro figlia), Franca Marzi (signora Cri..~
di), Aldo Giuffré (Ciccillo), Vittoria Crispo (Amalia), Mario Castdal
(signor Cristaldi), Carlo Ninchi (l'attore), Nerio Bernardi (il colo.-~
lo), Giacomo Furia (Michele), Nora Ricci (Rosina, figlia di Amalia).~;
pella Maggio. Ppp.: 13/09/1954. ·J
•:·;·_. :i{fi
I tre ladri, 1954 (bn). R.·: l'..ionello De Felice. Sg.: dal romanzo o m o ~
Umberto Notari, 1921. Se.: Lionello De Felice, Franco Brusati, ~
FILMOGRAFIA 271

Sanjust, Félicien Marceau. P.: Rizzoli Film, Francinex (Francia), Franco


London Film (Francia). I.: Totò (fa.picca), Jean-Claude Pascal (Gasto-
ne), Gino Bramieri (Edmondo Ornano), Simone Simon (sua moglie
Noris), Giovanna Ralli (la cameriera Marietta), Mario Castellani (l'avvo-
cato), Memmo Carotenuto (il maggiordomo), Lauro Gazzolo (il Pub-
blico Ministero), Camillo Pilotto (presidente del tribunale), Virgilio
Riento (commissario), Carletto Sposito (un secondino), Laura Gore,
Bice Valori, Dina Perbellini (tre amiche di Noris), Nino Milano (il vice-
commissario), Achille Majeroni (un industriale), Nico Pepe (un indu-
striale), Claudio Ermelli (avvocato), Turi Pandolfini (un inventore), Sal-
vo Libassi (il salumiere), Amalia Pellegrini (testimone), Adriana Bisac-
cia (una cameriera). Ppp.: 27/09/1954.

'bò cerca pace, 1954 (bn). R.: Mario Mattoli. Sg.: da una commedia di
Emilio Caglieri. Se.: Ruggero Maccari, Vincenzo Talarico, Emilio Caglie-
ri, Mario Mattoli. P.: Rosa Film, Titanus. I.: Totò (Gennaro Piselli), Ave
Ninchi (sua moglie Gemma), Isa Barzizza (Nella), Paolo Ferrari (il
commesso), Enzo Turco (Pasquale), Gina Amendola (Adele), Corrada
De Majo (Rosina), Cristina Fanton (Mirella), Giovanni Nannini (Cele-
stino), Gabriella Ugolini (sorella di Celestino), Cesarina Cecconi (ma-
dre di Celestino), Vincenzo Talarico (l'avvocato), Nino Vingelli (il ca-
meriere), Ughetto Bertucci (un testimone), Renzo Biagiotti (Oscar Ca-
porali), Franco Caruso (il dottore), Gianni Partanna (un giocatore alle
rorse). Ppp.: 20/10/1954.

'fpappo, 1954 (bn). Episodio diL'oro di Napoli. R.: Vittorio De Sica. Sg.:
Cesare Zavattini, dal racconto Trent'anni, diconsi trenta di Giuseppe
Maretta, dal libro L'oro di Napoli, 1947. Se.: Cesare Zavattini, Giusep-
pe Maretta, Vittorio De Sica. P.: Ponti-De Laurentiis. I.: Totò (Saverio
Petrillo), Lianella Carell (sua moglie Carolina), Pasquale Cennamo
·. ·"don Carmine Javarone), Agostino Salvietti (il salumiere), Nino Vingel-
tti, (un guappo). Ppp.: 03/12/1954.

~ e Carolina, 1955 (bn). R.: Mario Monicelli. Sg.: Ennio Flaiano. Se.: Age,
<:it::arpelli, Rodolfo Sonego, Mario Monicelli. P.: Rosa Film. I.: Totò (Anto-
\~ Caccavallo), Anna Maria Ferrere (Carolina), Gianni Cavalieri (il par-
~ ) . Maurizio Arena (il ladro), Arnoldo Foà (il commissario), Fanny
hooini (una prostituta), Mario Castellani (Goffredo Barozzoli), Rosita
272 LA UNGUA IN GIOCO

Pisano (signora Barozzoli), Enzo Garinei (Rinaldi), Claudio Guido Ago-


stinelli (il padre di Caccavallo), Tina Pica (un'ammalata), Nino Vingelli (il
brigadiere), Giovanni Grasso (vicecommissario). Ppp.: 02/03/1955.

Totò all'inferno, 1955 (bn e e). R.: Camilla Mastrocinque. Sg.: Antonio de
Curtis. Se.: Vittorio Metz, Francesco Nelli, Mario Mangini, Italo De Tud-
do, Lucio Fulci, Totò, Camilla Mastrocinque. P.: Excelsa Film, Carlo P~:m-
ti Cinematografica. I.: Totò (Antonio Marchi), Maria Frau (Cleopatra),
Dante Maggio (Pacifico), Franca Faldini (Maria), Fulvia Franco (la dirim-
pettaia), Ubaldo Lay (Belfagor), Nerio Bernardi (Satana), Mario Castella-
ni (Cri Cri), MajaJusanova (Miss Angoscia), Mario Pisu (Tolomeo), Vm-
cent Barbi (Al Capone), Erica Sendecher (Luisa), Aldo Giuffré (Minos-
se), Gustavo Giorgi (Mustafa), Giulio Calì (Caronte). Ppp.: 16/03/1955"

Siamo uomini o caporali, 1955 (bn). R.: Camilla Mastrocinque. Sg.: ..\n-
tonio de Curtis. Se.: Vittorio Metz, Francesco Nelli, Mario Mangini, C:a,-
millo Mastrocinque, Totò. P.: Lux Film. I.: Totò (Totò Esposito), Paob
Stoppa (il capocomparse/il milite fascista/il direttore del Lager/l'uffi.~
le americano/il direttore della rivista/l'industriale), Fiorella Mari (Sci<"
nia), Mara Werlen (Mimì), Agnese Dubbini (sua madre), Franca Fai~
(la giornalista), Nerio Bernardi (lo psicologo), Gino Buzzanca (il ,€fii:
sta), Loris Gizzi (il tenore), Vincent Barbi (il segretario ameri~~
Henry Vidon (medico tedesco), Rosita Pisano (signora Ossobuco),,li .
nicio Sofia (signor Ossobuco), Mario Passante (sergente tedesco),~
corno Furia (Nerone), Gildo Bocci (un testimone), Sylva Koscina {ff;Ì
spirante attrice). Ppp.: 24/08/1955.

Racconti romani, 1955 (e). R.: Gianni Franciolini. Sg.: Sergio Amid.ci..
la raccolta di racconti omonima di Alberto Moravia, 1954. Se.:
Amidei, Age, Scarpelli, Francesco Rosi, Alberto Moravia. P.: •
Theodoli per ICS, Cormoran Films (Francia). I.: Totò (prof,
prini), Vittorio De Sica (avvocato Mazzoni Baralla), Franco Fa
varo), Silvana Pampanini (sua moglie Maria), Antonio Cifari
lo), Maurizio Arena (Mario), Giancarlo Costa (il bassetto), ·
Ralli (Marcella), Eloisa Cianni (Ines), Nando Bruno (Amil
Pia Casilio (sua figlia), Mario Carotenuto (il commendatore),
fré (un giovane avvocato), Anita Durante (madre di Alvaro), .
FILMOGRAFIA 273

delfini (un cliente del barbiere), Margherita Antuori (Assuntina), Ser-


gio Raimondi (Valerio). Ppp.: 30/11/1955.

Destinazione Piovarolo, 1955 (bn). R.: Domenico Paolella. Sg.: Gaio Fra-
tini. Se.: Domenico Paolella, Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, Stefa-
no Strucchi. P.: Lux Film, Isidoro Broggi e Renato Libassi per DDL. I.:
Totò (Antonio La Quaglia), Marisa Merlini (sua moglie Sara), Irene Ce-
faro (Mariuccia, loro figlia), Paolo Stoppa (onorevole Gorini), Tina Pi-
ca (Beppa), Nino Besozzi (il ministro), Ernesto Almirante (il garibaldi-
no morente), Arnoldo Foà (il podestà), Enrico Viarisio (onorevole De
Fassi), Nando Bruno (il sagrestano), Leopoldo 'frieste (ispettore), Gia-
como Furia e Carlo Mazzarella (segretari degli onorevoli), Zoe Incroc-
ci. Ppp.: 16/12/1955.

li coraggio, 1955 (bn). R.: Domenico Paolella. Sg.: Antonio de Curtis dal-
l'atto unico omonimo di Augusto Novelli, 1913. Se.: Edoardo Anton,
Marcello Marchesi, Riccardo Mantoni, Marcello Ciorciolini, Carlo Mo-
scovini, Antonio de Curtis. P.: Isidoro Broggi e Renato Libassi per DDL.
I.: Totò (Gennaro Vaccariello), Gino Cervi (Aristide Pacioni), Irene
Galter (sua figlia), Gianna Maria Canale (Susy, l'amante di Pacioni), Ga-
briele Tinti (il figlio maggiore di Vaccariello), Paola Barbara (Anna Pao-
loni), Bruna Vecchio Oa segretaria), Ernesto Almirante (zio Salvatore),
Leopoldo Trieste O'amministratore), Anna Campori (Ginevra), Sandro
Pistolini (un figlio di Vaccariello). Ppp.: 21/12/1955.

banda degli onesti, 1956 (bn). R.: Camillo Mastrocinque. Sg. e se.:
Age, Scarpelli. P.: Isidoro Broggi e Renato Libassi per DDL. I.: Totò
(Antonio Bonocore), Peppino De Filippo (Giuseppe Lo Turco), Gia-
como Furia (Felice Cardoni), Giulia Rubini (Marcella), Nando Bruno
(maresciallo), Gabriele Tinti (figlio di Bonocore), Anita Ciarli (madre
·.·. di Bonocore), Yoka Beretty (Marlene), Luigi Pavese (ragionier Caso-
" na), Lauro Gazzolo (il moribondo), Guido Martufi (Riccardo), Gildo
Bocci (il tabaccaio), Memmo Carotenuto (aspirante portiere). Ppp.:
22/03/1956.

lascia o raddoppia?, 1956 (bn). R.: Camillo Mastrocinque. Sg. e se.:


orio Metz, Marcello Marchesi. P.: Ermanno Donati e Luigi Carpen-
.iliieri per Athena Cinematografica e Titanus. I.: Totò (duca Gagliardo
274 LA LINGUA IN GIOCO

della Forcoletta), Mike Bongiorno (sé stesso), Dorian Gray (Hélène),


Valeria Moriconi (Elsa), Bruce Cabot (Nick Molise), Gabriele Tinti (Bru-
no), Carlo Croccolo (Camilla), Rosanna Schiaffino (Colomba), Edy
Campagnoli (sé stessa), Luigi Pavese (Anastasio), Vincent Barbi (amico
di Nick), Rocco D'Assuma Q"oe Taccola), Elio Pandolfi (un cameriere),
Gisella Manaidi (Bice). Ppp.: 02/05/1956.

Totò, Peppino e... la malafemmina, 1956 (bn). R.: Camillo Mastrocinque.


Sg.: Nicola Manzari, dalla canzone Malafemmina di Antonio de Curtis.
Se.: Nicola Manzari, Camilla Mastrocinque, Alessandro Continenza,
Edoardo Anton, Francesco Thellung. P.: Isidoro Broggi e Renato Libassi
per DDL. I.: Totò (Antonio Caponi), Peppino De Filippo (Peppino Ca-
poni), Dorian Gray (Marisa Florian), Teddy Reno (Gianni), Vittoria Cri-
spo (Lucia), Nino Manfredi (Raffaele), Mario Castellani (Mezzacapa),
Edoardo Toniolo (Remo), Corrado Annicelli (il conte). Ppp.: 14/08/1956.

Totò, Peppino e i fuorilegge, 1956 (bn). R.: Camilla Mastrocinque. Sg.: Vìt~
torio Metz. Se.: Edoardo Anton, Mario Amendola, Ruggero Maccari. P..::
Isidoro Broggi e Renato Libassi per DDL, Manenti Film. I.: Totò (Anto-
nio), Peppino De Filippo (Peppino), Titina De Filippo (Teresa), Dori:m
Gray (figlia di Antonio), Franco Interlenghi (Alberto), Memmo Ca.rc>OO:'.
nuto (Ignazio), Mario Castellani (un bandito), Lamberto Maggionmi;
(un bandito), Teddy Reno (sé stesso), Maria Pia Casilio (la domestica),,;;1
Mimmo Poli (il cuoco). Ppp.: 21/12/1956.

Totò, Vittorio e la dottoressa, 1957 (bn). R.: Camilla Mastrocinque. Sg. if


se.: Vittorio Metz, Marcello Marchesi. P.: Dario Sabatello per Jolly Film..·
Films Fernand Rivers (Francia), Gallus Films (Francia), Fénix Ftl..~l
(Spagna). I.: Torà (Michele Spillone), Vittorio De Sica (marchese \ìGm--
rio de Vitti), Abbe Lane (Brigitte), Titina De Filippo (madre di de Vmii:J\/
Agostino Salvietti (Gennaro), German Cobos (Otello), Pierre .M~)
(Romeo), Rafael Bardem (professor Vagoni), Franco Coop (mai.tnfifll
Dante Maggio (cameriere), Tecla Scarano (zia Ada), Amelia Perrelb~
Ida), Darry Cowl (Egisto), Teddy Reno (sé stesso), Luigi Pavese { ~ i
investigatore), Benedetta Rutili (infermiera), Arturo Bragaglia ( ·
al comizio), Gianni Partanna (cliente del night), Giulio Calì (un
to), Amedeo Trilli (un malato). Ppp.: 23/12/1957.
FILMOGRAFIA 275

Totò e Marcellino, 1958 (bn). R.: Antonio Musu. Sg.: Massimo Franciosa,
Pasquale Festa Campanile, dal racconto Una chitarra in Paradiso di
Massimo Franciosa. Se.: Massimo Franciosa, Pasquale Festa Campanile,
Diego Fabbri, Antonio Musu. P.: Luigi Rovere per Euro lnternational
Films, CICC (Francia). I.: Totò (il professore), Pablito Calvo (Marcelli-
no), Fanfulla (Alvaro), Jone Salinas (Ardea, la compagna di Alvaro),
Marianna Leibl (la contessa), Wandisa Guida (la maestra), Memmo Ca-
rotenuto (Zeffirino). Ppp.: 22/04/1958.

Gambe d'oro, 1958 (bn). R.: Turi Vasile. Sg.: Antonio Margheriti. Se.: Anto-
nio Margheriti, Turi Vasile. P.: Gilberto Carbone per Film Del Centauro,
Titanus. I.: Totò (barone Luigi Fontana), Rossella Como (sua figlia Car-
la), Elsa Merlini (sua moglie Luisa), Scilla Gabel (Gianna), Paolo Ferrari
(Aldo), Rosario Barelli (Franco), Memmo Carotenuto (Armando, l'alle-
natore), Dolores Palumbo (sua moglie), Giampiero Littera (Riccardo),
Turi Pandolfini (il sindaco), Luigi Pavese. Ppp.: 23/07/1958.

I soliti ignoti, 1958 (bn). R.: Mario Monicelli. Sg.: Age, Scarpelli. Se.: Age,
Scarpelli, Suso Cecchi D'Amico, Mario Monicelli. P.: Franco Cristaldi
per Lux Film, Vides, Cinecittà. I.: Totò (Dante Cruciani), Vittorio Gas-
sman (Peppe), Marcello Mastroianni (Tiberio), Renato Salvatori (Ma-
rio), Carla Gravina (Nicoletta), Claudia Cardinale (Carmela), Tiberio
Murgia (Ferribotte), Memmo Carotenuto (Cosimo), Rosanna Rory
(Norma), Carlo Pisacane (Capannelle), Gina Rovere (Teresa), Mario De
Simone (il rigattiere), Mario Feliciani {il commissario), Mimmo Poli
(un detenuto), Lella Fabrizi (Ada), Nino Marchetti (impiegato dell'a-
genzia dei pegni). Ppp.: 26/07/1958. ·

~ , Peppino e le fanatiche, 1958 (bn). R.: Mario Mattali. Sg.: Age, Scar-
pelli. Se.: Age, Scarpelli, Steno, Ruggero Maccari. P.: Isidoro Broggi e
Renato Libassi per DDL. I.: Totò (Antonio Vignanelli), Peppino De Fi-
ippo (Peppino Caprioli), Aroldo Tieri (lo psichiatra), Mario Riva (il ca-
piufficio), Diana Dei (sua moglie), Rosalia Maggio (moglie di Vignanel-
i), Alessandra Panaro (figlia di Vignanelli), Elena Borgo (moglie di Ca-
prioli), Jonny Dorelli (Carlo, figlio di Caprioli), Enzo Garinei (il giorna-
JNa), Peppino De Martino (Giovanni), Benedetta Rutili (cugina di Gio-
w::mni), Edda Ferronao (Brigitte), Yvette Masson (Trude), Fanfulla (Gia-
cinti, l'organizzatore della beneficenza), Totò Mignone (aiuto di Gia-
276 LA LINGUA IN GIOCC

cinti), Nadia Bianchi (Marietta), Giacomo Furia (cugino di Giovanni)


Renato Carosone e il suo complesso. Ppp.: 09/08/1958.

Totò a Parigi, 1958 (bn). R.: Camilla Mastrocinque. Sg.: Vittorio Metz, Ro
berto Gianviti. Se.: Vittorio Metz, Roberto Gianviti, René Barjavel. P.
Jolly Film, Gallus Films (Francia). I.: Totò (fotò/marchese Gastone d(
Chemantel Chateau Boiron), Sylva Koscina Quliette Marchand), Fer
nand Gravey (Duclos), Lauretta Masiero (amica del marchese/la zinga
ra), Philippe Clay (il maftre), Paul Guers (Pierre), Tiberio Mitri (ur
gangster), Luigi Pavese (prof. Calogero..Tempesta), Peppino De Mam
no (maftre del night), Agostino Salvietti (custode del museo delle ce-
re), Fanfulla -(un signore nel treno), Mimmo Poli (il grassone nel tre
no), Francis Bianche (maggiordomo), Memmo Carotenuto (il brigadie
re). Ppp.: 04/10/1958.

La legge è legge, 1958 (bn). R.: Christian-Jaque. Sg.: Jacques Emmanud


Jean-Charles Tacchella. Se.: Christian:Jaque, Age, Scarpelli, Jacques Em
manuel, Jean Manse. P.: Franco Cristaldi perVides, Films Ariane (Francia),
Filmsonor (Francia), France Cinéma Production (Francia). I.: Totò (Gm
seppe La Paglia), Fernandel (Ferdinando Pastorelli), Nino Besozzi (il ma-
resciallo), Noel Roquevert (poliziotto francese), Leda Gloria (Antoni~
moglie di La Paglia), Nathalie Nerval (moglie di Pastorelli), Luciano Marimi
(Mario), Albert Dinam (capodoganiere francese), Anna Maria Luca
(Marisa), Henry Cremieux (suocero di Pastorelli), René Genio (l'osu1l
Jean Brochard (l'onorevole), Henry Arius (il sindaco). Ppp.: 27/10/1~

Totò nella luna, 1958 (bn). R.: Steno. Sg.: Steno, Lucio Fulci. Se.: Al~
dro Continenza, Ettore Scola, Steno. P.: Mario Cecchi Gori per-~
Film-Compagnia Cinematografica, Mountfluor Films, Variety Film. I
Totò (Pasquale Belafronte), Sylva Koscina (sua figlia Lidia), Ugo._
gnazzi (Achille), Luciano Salce (Van Braut), Sandra Mila (fatiana)• •
chard McNamara (Campbell), Agostino Salvietti (l'amministratore).~
nato Tomini (Vladimiro), Jim Dolen ('O Connor), Francesco Mulè M
vigile), Marco Tulli (un creditore), Ignazio Leone (un poliziotto), -Gil
corno Furia (Bardi). Ppp.: 28/11/1958.

Totò, Eva e il pennello proibito, 1959 (bn). R.: Steno. Sg.: Vittorio·
Roberto Gianviti. Se.: Vittorio Metz, Roberto Gianviti, Ruggero =
FILMOGRAFIA 277

P.: Jolly Film, Procinex (Francia), Hesperia Films (Spagna). I.: Totò
(Totò Scorcelletti), Abbe Lane (Eva), Mario Carotenuto (Raul), Giaco-
mo Furia (Tobia), Louis De Funès (professor Francisco Montiel), José
Guardiola Oosé), Riccardo Valle (Pablo), Luna Pilar Gomez Ferrer
(Gloria), Luigi Pavese (il commissario), Anna Maria Marchi (sua mo-
glie), Francesco Mulè (Alonzo), Anna Maria Di Giulio (sua moglie), En-
zo Garinei (il suo amante), Anna Maestri (signora sul treno), Guido
Martufi (il copista), Gianni Partanna (il notaio), Silvia De Vietri Oa ca-
meriera). Ppp.: 06/02/1959.

l tartassati, 1959 (bn). R.: Steno. Sg.: Vittorio Metz, Roberto Gianviti. Se.:
Vittorio Metz, Roberto Gianviti, Ruggero Maccari, Steno, Aldo Fabrizi.
P.: Mario Cecchi Gori per Maxima Film-Compagnia Cinematografica,
Cei-Incof!!, Champs Elysées Productions (Francia), Lambor Films
(Francia), SNE Gaumont (Francia). I.: Totò (cav. Torquato Pezzella), Al-
do Fabrizi (maresciallo Fabio Topponi), Miranda Campa (moglie di
Topponi), Katia Caro (figlia di Topponi), Luciano Marin (figlio di Pez-
zella), Louis De Funès (commercialista Ettore Curto), Anna Campori
(moglie di Pezzella), Ciccio Barbi (il brigadiere), Anna Maria Bottini
(Mara), Fernand Sardou (Ernesto), Ignazio Leone (guardia forestale),
Cesare Fantoni (il parroco). Ppp.: 09/04/1959.

i;iGI cambiale, 1959 (bn). R.: Camillo Mastrocinque. Sg.: Vittorio Metz, Ro-
berto Gianviti. Se.: Vittorio Metz, Roberto Gianviti, Giulio Scarnicci,
Renato Tarabusi, Manlio Scarpelli, Luigi Magni, Federico Zardi. P.: Jolly
Film. I.: Totò (Cesare Posalaquaglia), Peppino De Filippo (Peppino Po-
·salaquaglia), Aroldo Tieri (Bruscatelli), Vittorio Gassman (Michele), Er-
minio Macario (Berto Lacandida), Ugo Tognazzi (Alfredo Balzarini),
Raimondo Vianello (Olimpio), Giogia Moll (Maria), Paolo Ferrari (Ot-
>,),;; uvio), Sylva Koscina (Odette), Lia Zoppelli (moglie di Balzarini), Luigi"
~1,{ Pavese (Temistocle Bisogni), Gina Rovere (Lola), T<;>ni Ucci (impresa-
. ::.rio), Eduardo Passarelli (il pretore), Giacomo Furia (cancelliere), Lau-
• ;a Nucci (una cliente). Ppp.: 26/06/1959.

·, 1959 (bn). R.: Lucio Fulci. Sg. e se.: Lucio Pulci, Vittorio Vighi, Ma-
Onorati, Roberto Coscia, Nanny Loy, Ottavio Jemma. P.: Roberto
itani e Luigi Monçlello per !CM-Produzione Film, Fénix Films (Spa-
i':~). I.: Totò (commissario Gennaro Di Savio), Armando Calvo Ooe
278 LA IJNGUA IN GIOCO

Castagnato), Giovanna Ralli (Maddalena), Enzo Turco (brigadiere La-


nocella), Fred Buscaglione (sé stesso), Renato De Simone (agente
americano),JuanJosé Menendez (fratello di Vincenzo), Rafael Luis Cal-
vo (zio di Vincenzo). Ppp.: 27/06/1959.

Arrangiatevi!, 1959 (bn). R.: Mauro Bolognini. Sg.: dalla commedia Casa
nova... Vita nova di Mario De Majo e Vinicio Gioli, 1956. Se.: Leo Ben-
venuti, Piero De Bernardi. P.: Cineriz. I.: Totò (nonno Illuminato), Pep-
pino De Filippo (Peppino Arrnentano), Laura Adani (sua moglie Maria),
Maria Cristina Gajoni (loro figlia), Katia Caro (altra loro figlia), Marcello
Paolini (loro figlio), Mario Valdemarin (il fotografo), Achille Majeroni (il
nonno istriano), Enrico Olivieri (Salvatore Armentano), Federico Collino
(il monsignore), Giusi Raspani Dandolo (la madre istriana), Angelo l.a-
nolli (il pugile), Luigi De Filippo (un soldato), Lola Braccini (sora Gina),
Vittorio Caprioli (Calamai), Franca Valeri (Siberia). Ppp.: 04/09/1959.

Noi duri, 1960 (bn). R.: Camilla Mastrocinque. Sg. e se.: Dino Verde, Leo
Chiasso. P.: Ermanno Donati e Luigi Carpentieri per Athena Cinemato-
grafica, Cei-Incom. I.: Totò (l'algerino), Fred Buscaglione (Fred Bom-·
bardane), Paolo Panelli (Robinot), Scilla Gabel (la sigaraia Joysette},
Lynn Shaw (Monique), Linda Sini (Barbara), Mario Castellani (Alì, il se-.
gretario dell'algerino), Elio Pandolfi (Serafino), Luigi Pavese (un d0,!?-
niere), Gino Ravazzini (regista), Bice Valori (Genzianetta, la mogliet'I
Robinot). Ppp.: 24/02/1960.
/"·\;'.
Signori si nasce, 1960 (bn). R.: Mario Mattoli. Sg.: Dino Falconi, Luigi~';
ta. Se.: Castellano, Pipolo, Edoardo Anton. P.: Isidoro Broggi e Re~{:
Libassi per DDL, Manenti Film. I.: Totò (barone Ottone Spinelli ~ i i
Ulivi detto Zazà), Peppino De Filippo (cav. Pio Spinelli degli Ulivi),Cz;::. ·
lo Croccolo (Battista), Liana Orfei (Titì), Angela Luce (Fedele),~-
Pavese (Bernasconi), Delia Scala (Patrizia), Riccardo Garrone ·
Gino Buzzanca (il maresciallo), Nico Pepe (Binotti), Vera Nandi .
glie di Battista), Renato Malavasi (un prete), Leopoldo Valentini
condino), Dori Dorika (Adelina), Lidia Martora Maresca (Maria
Ppp.: 16/04/1960.

Letto a tre piazze, 1960 (bn). R.: Steno. Sg.: Lucio Fulci, Bruno Baram.,
torio Vighi. Se.: Alessandro Continenza, Steno. P.: Cineriz. I.: Totò
ffl.MOGRAFIA 279

tonio Di Cosimo), Peppino De Filippo (prof. Peppino Castagnano),


Nadia Gray (Amalia), Maria Cristina Gajoni (la domestica Prassede),
Aroldo Tieri (avvocato Vacchi), Gabriele Tinti (Pinuccio, fidanzato di
Prassede), Angela Luce (una ballerina), Mario Castellani (il preside),
Luciano Bonanni (il tassista). Ppp.: 03/08/1960.

1olò, Fabrizi e i giovani d'oggi, 1960 (bn). R.: Mario Mattoli. Sg. e se.: Ca-
stellano, Pipolo. P.: Isidoro Broggi e Renato Libassi per DDL. I.: Totò
(cav. Antonio Cocozza), Aldo Fabrizi (rag. Giuseppe D'Amore), Chri-
stiane Kaufmann (Gabriella), Geronimo Meynier (Carlo), Rina Morelli
(Teresa, moglie di D'Amore), Franca Marzi (Matilde, moglie di Cocoz-
za), Luigi Pavese (commendator La Sarda), Carlo Pisacane (il nonno),
Serena Verdirosi (sorellina di Carlo), Angela Luce (Angela), Liana Del
Balzo (zia di Gabriella), Esther Carloni (altra zia), Lella Fabrizi (l'ostes-
sa), Nando Angelini (commesso), Mimmo Poli (cliente della pasticce-
ria), Oreste Lionello (uno studente), Ughetto Bertucci (tipografo), An-
tonio Acqua (l'uomo che mangia i cannoli), Salvo Libassi (Rigolini), Ni-
no Milano (il tassista), Nino Manfredi (voce narrante). Ppp.: 07/08/1960.

~ di gioia, 1960 (bn). R.: Mario Monicelli. Sg.: Suso Cecchi D'Amico,
da due racconti di Alberto Moravia (Risate di gioia e Ladri in chiesa).
Se.: Suso Cecchi D'Amico, Age, Scarpelli, Mario Monicelli. P.: Silvio Cle-
mentelli per Titanus. I.: Totò (Umberto Pennazzuto detto Infortunio),
Anna Magnani (Gioia Fabricotti detta Tortorella), Ben Gazzara (Lello),
Fred Clark (l'americano), Edy Wessel (Milena), Mac Roney (condutto-
re della metropolitana), Toni Ucci (un amico di Milena), Carlo Pisaca-
. ne (nonno di Tortorella), John Francis Lane (un cameriere), Fanfulla
{Spizzico), Marcella Rovena (padrona della pensione), Kurt Polter
(Franz), Gianni Bonagura (il presentatore), Peppino De Martino (Co-
fombini), Dori Dorika (la derubata), Gina Rovere (Mimì), Leopoldo Va-
lentini (un controllore). Ppp.: 13/10/1960.

fÌi,si.Jerma è perduto, 1960 (bn). R.: Sergio Corbucci. Sg.: Mario Guerra,
luciano Martino. Se.: Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi, Dino De
Pahna. P.: Cineproduzione Erno Bistolfi. I.: Totò (Antonio Guardalavec-
d>ia), Peppino De Filippo (Peppino Colabona), Aroldo Tieri (l'ispetto-
re Matteo Rossi), Luigi De Filippo (Donato Cavallo), Alberto Lionello
ti! maestro Mario Rossi), Mario Castellani (Amilcare), Lia Zoppelli
280 LA IJNGUA IN GIOCO

(Giulia), Jacqueline Pierreux (Teresa, moglie di Colabona), Luigi Pave-


se (il direttore), Anna Campori (Italia, moglie di Guardalavecchia), Pie-
tro De Vico (un cameriere), Renzo Palmer (Cavicchioni), Peppino De
Martino (l'antiquario), Enzo Petito (Napoleone), Rita Cuttica (la sposi-
na), Vittorio Vaser (Proietti), Solveig D'Assunta (Assunta), Nando An-
gelini (lo sposino), Alberto Talegalli (signore che protesta), Aldo Giuf-
fré (un collega di Colabona e di Guardaiavecchia). Ppp.: 15/12/1960,

Totò, Peppino e... la dolce vita, 1961 (bn). R.: Sergio Corbucci. Sg.: Lucio
Pulci, Steno. Se.: Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi, Mario Guerra. P.:
Mario Mariani e Gianni Buffardi per MB Cinematografica, Cinemato-
grafica RI.RE. I.: Totò (Antonio Barbacane/suo nonno), Peppino De Fi-
lippo (suo cugino Peppino Barbacane), Taina Beryll (Alice), Francesco
Mulè (Gugo), Gloria Paul (Patrizia), Rosalba Neri (Magda), Antonio
Pierfederici (Oscar, il drogato), Peppino De Martino (il ministro), Da-
niele Vargas (marchese Daniele Augusto Maria Fortebraccio Pitone),
Giò Stajano (un omosessuale), Mara Berni (la moglie di Gugo), Dina
Perbellini (Luisa Giovanna), Giancarlo Zarfati (Renatino), Irene Aloo
(Renata Francesca), Franco Rossellini (Franco), Jacqueline Pierreux
(Jacqueline), Mario Castellani (il presidente), Mimmo Poli (un ladro)_
Sergio Corbucci (il signore che aspetta al telefono pubblico). Ppp.:
23/03/1961.

Sua eccellenza si fermò a mangiare, 1961 (bn). Uscito anche col titolo
Dott. Tanzanella, medico personale del... fondatore dell'impero. R.:
Mario Mattali. Sg. e se.: Vittorio Metz, Roberto Gianviti. P.: Isidom
Broggi e Renato Libassi per DDL. I.: Totò (il ladro dott. Tanzanella).
Ugo Tognazzi (Ernesto), Virna Lisi (Silvia), Lauretta Masiero (Lauretta},
Raimondo Vianello (il ministro), Mario Siletti (il conte), Lia Zoppelli Q.?.
contessa), Nando Brun~ (l'oste), Francesco Mulè (il commissario), Vi.:-'
torio Cangia (il segretario del ministro), Pietro De Vico (il cameriere}4
Salvo Libassi (il federale), Ignazio Leone (Gennarino), Jole Mauro (ia~:
glia dell'oste), Ughetto Bertucci (un fascista), Totò Mignone (un~
sta), Ely Drago (Gina), Tina Perna (la cameriera), Anna Campori
moglie dell'oste). Ppp.: 30/03/1961.

Tototruffa '62, 1961 (bn). R.: Camilla Mastrocinque. Sg. e se.: Castel~
Pipalo. P.: Isidoro Broggi e Renato Libassi per DDL. I.: Totò (Ant~
FILMOGRAFIA 281

Peluffo), Nino Taranto (Camillo), Estella Blain (Diana, la figlia di Pe-


luffo), G:eronimo Meynier (Franco Malvasia, il suo fidanzato), Lia Zop-
pelli (la direttrice del collegio), Ernesto Calindri (il commissario Ar-
mando Malvasia), Luigi Pavese (il padrone di casa), Oreste Lionello
(uno studente), Ugo D'Alessio (Decio Cavallo), Renzo Palmer (lo sfa-
sciacarrozze), Pietro De Vico (l'uomo dei piccioni), Carla Marcelloni
(Paola), Peppino De Martino (il questore), Marcella Rovena (una pro-
fessoressa), Milena Vukotic (una collegiale), Mario Castellani (un pro-·
fessore), John Kitzmiller (l'ambasciatore), Gino Buzzanca (il console),
Gianni Partanna (proprietario del night). Ppp.: 11/08/1961.

I dl!,e marescialli, 1961 (bn). R.: Sergio Corbucci. Sg.: Ugo Guerra, Mar-
cello Fondato, Alessandro ·continenza, Bruno Corbucci, Giovanni Gri-
maldi, da un'idea di Antonio de Curtis. Se.: Alessandro Continenza,
Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi. P.: Gianni Buffardi, Cineriz. I.:
Totò (Antonio Capurro), Vittorio De Sica (maresciallo Vittorio Coto-
ne), Gianni Agus (il podestà Pennica), Arturo Bragaglia (il parroco),
Franco Giacobini (il ladro di polli), Elvy Lissiak (Vanda), Roland von
Barthrop (comandante Kessler), Olimpia Cavalli (la fidanzata di Coto~
ne), Mario Laurentino (il medico), Bruno Corelli (avvocato Benegatti),
Mario De Simone (il derubato), Mimmo Poli (il postino), Mario Castel-
lani (un ladro), Edgardo Siroli (un miliziano), Inger Milton (Lia), Ric-
cardo Olivieri (Carlo). Ppp.: 21/12/1961.

'Jòtò contro Maciste, 1962 (e). R.: Fernando Cerchio. Sg.: Ottavio Poggi.
Se.: Ugo Liberatore, Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi, Gastone Da
Venezia. P.: Ottavio Poggi per Liber Film, Wanguard Film. I.: Totò (To-
tokamen/suo padre Sabakis), Nino Taranto (Tarantenkamen), Samson
Burke (Maciste), Nadine Sanders (faraona), Nerio Bernardi (faraone),
Gabriella Andreini (Nefertiti), Luigi Pavese (proprieta,rio del night), Ni-
no Marchetti (il visir), Carlo Taranto (l'assiro), Paoìo Pieri (Kimen).
Ppp.: 22/02/1962.

1òtò diabolicus, 1962 (bn). R.: Steno. Sg.: Vittorio Metz, Roberto Gianviti.
Se.: Vittorio Metz, Roberto Gianviti, Marcello Fondato, Bruno Corbucci,
Giovanni Grimaldi. P.: Gianni Buffardi, Titanus. I.: Totò (Galeazzo/Sci-
pione/Carlo/Laudomia/Antonino/Pasquale Bonocore), Raimondo Via-
nello (Michelino detto Lallo), Nadine Sanders (Fiore), Luigi Pavese (il
282 LA LINGUA IN GIOCO

commissario), Mario Castellani O'ispettore), Peppino De Martino (il no-


taio Cucuzza), Giulio Marchetti O'investigatore privato), Franco Giacobi-
ni (un medico), Pietro De Vico (un paziente), Mimmo Poli (il postino),
Paolo Ferrara (il direttore del carcere), Beatrice Altariba (Diana), Gianni
Baghino (Gigi lo sfregiato), Antonio La Raina (aiuto di Scipione), Con-
salvo Dell'Arti (maggiordomo), Steno (il giardiniere). Ppp.: 06/04/1962.

Totò e Peppino divisi a Berlino, 1962 (bn). R.: Giorgio Bianchi. Sg.: Age,
Scarpelli, da un'idea di Luigi Angelo e Luciano Ferri. Se.: Alessandro
Continenza, Dino De Palma. P.: Mario Mariani per Cinex. I.: Totò (An-
tonio La Puzza/sua zia monaca), Peppino De Filippo (Peppino Paglia-
lunga), Nadine Sanders (Greta Canarinis), Luigi Pavese (un generale
russo), Peter Dane (un ufficiale americano), Dante Maggio (un maglia-
ro), Robert Alda (Lo Bianco). Ppp.: 05/09/1962.

Lo smemorato di Collegno, 1962 (bn). R.: Sergio Corbucci. Sg. e se.: Gio-
vanni Grimaldi, Bruno Corbucci. P.: Gianni Buffardi, Euro lnternatio~
Films. I.: Totò Qo smemorato), Nino Taranto Oo psichiatra Ademaro
Gioberti), Erminio Macario (Nicola Politi), Yvonne Sanson (Linda Bai-
larini), Aroldo Tieri (l'avvocato Alessandro Zannini), Andrea Checd:i
(Rossetti), Mario Pisu (Dell'Orso), Pietro Carloni (Francesco Ballarini;\
Mario Castellani (Giorgio Ballarini), Elvy Lissiak (signora Polacich),,
Franco Volpi (pubblico ministero), Riccardo Billi (un testimone), Eflri.:i
co Viarisio (il ministro), Franco Giacobini (un giornalista), Gisella ~ z
(una giornalista), Gianni Rizzo (il ragioniere), Franco Resse! (un aP'1
te pubblicitario), Antonio Acqua (presidente del tribunale), M~.;
Poli (un matto), Lina Alberti (una presunta moglie dello smemoratoi,
Consalvo Dell'Arti (il maggiordomo). Ppp.: 06/09/1962.

Totò di notte n. 1, 1962 (e). R.: Mario Amendola. Sg.: Bruno Corbucci, Giç,..
vanni Grimaldi, da un'idea di Castellano e Pipolo. Se.: Bruno Corbua:i,,
Giovanni Grimaldi. P.: Mario Mariani per Cinex, Incei Film. I.: ~ i
(Ninì Chanticlair), Erminio Macario (Mimì Macò), Gianni Agus (r~;:
presario francese). Ppp.: 25/10/1962.

I due colonnelli, 1962 (bn). R.: Steno. Sg. e se.: Bruno Corbucci, GiO\~;
ni Grimaldi. P.: Gianni Buffardi per Titanus. I.: Totò ,(colonnello~;
nio Di Maggio), Walter Pidgeon (colonnello Timothy Henderson), ~ i
FILMOGRAFIA 283

Taranto (sergente maggiore Quaglia), Scilla Gabel (Iride), Toni Ucci


(Mazzetta), Roland von Barthrop (maggiore Kriiger), Adriana Facchet-
ti (Penelope), Gino Buzzanca (un greco), Giorgio Bixio (Giobatta), Ni-
no Terzo (La Padula). Ppp.: 21/12/1962.

Il giorno più corto, 1963 (bn). R.: Sergio Corbucci. Sg.: Alessandro Con-
tinenza. Se.: Giorgio Arlorio, Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi. P.:
Goffredo Lombardo per Titanus, Cinecompar-Cinecompagnia Roma-
na. I.: Totò (un frate bersagliere), Franco Franchi (Franco Lo Grugno),
Ciccio Ingrassia (Francesco Coppola), Walter Chiari (l'avvocato difen-
sore), Virna Lisi (Naja), Nino Taranto (Turi), Gino Cervi (Daini), Ugo
Tognazzi (Pecorino), Peppino De Filippo (Peppino), Raimondo Vianel-
lo (von Gassman). Ppp.: 14/02/1963.

Totò contro i quattro, 1963 (bn). R.: Steno. Sg. e se.: Bruno Corbucci,
Giovanni Grimaldi. P.: Gianni Buffardi, Titanus. I.: Totò (commissario
Antonio Saracino), Peppino De Filippo (Alfredo Fiore), Aldo Fabrizi
(don Amilcare), Nino Taranto (Mastrillo), Erminio Macario (colonnello
La Matta), Ugo D'Alessio (brigadiere Di Sabato), Mario Castellani (Lan-
cetti), Rossella Como (sua moglie), Dany Paris Qacqueline), Ivy Olsen
(Durant), Nino Terzo (Pappalardo), Carlo Delle Piane (Pecorino), Moi-
ra Orfei (Fiore), Gianni Agus (Cavallo), Mario De Simone (Spampina-
to), Piero Carloni (cognato di Lancetti). Ppp.: 07/03/1963.

Il monaco di Monza, 1963 (bo). R.: Sergio Corbucci. Sg. e se.: Bruno Cor-
bucci, Giovanni Grimaldi. P.: Walter Zarghetta e Franco Belotti per Glo-
be Films lnternational, Giovanni Addessi Produzione Cinematografica.
I.: Totò (Pasquale Cicciacalda/don Manuel), Nino Taranto (Egidio), Er-
minio Macario (Mamozio), Lisa Gastoni (Fiorenza), Moira Orfei (suor
Virginia), Giacomo Furia (Cecco), Mario Castellani (un nobile), Adria-
no Celentano (un frate), Don Backy (un frate), Carlo Delle :Piane (l'o-
ste), Mimmo Poli (un frate grasso), Franco Ressel (l'ispettore della do-
gana), Fiorenzo Fiorentini (Smilzo). Ppp.: 20/03/1963.

Jotò e Cleopatra, 1963 (e). R.: Fernando Cerchio. Sg. e se.: Fernando Cer-
chio, Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi. P.: Ottavio Poggi per Liber
Film, Euro lnternational Films. I.: Totò (Totonno;Marco Antonio), Ma-
gali Noel (Cleopatra), Franco Sportelli (Enobardo), Gianni Agus (Otta-
284 LA LlNGUA IN GIOCO

vio), Moira Orfei (Ottavia), Lia Zoppelli (Fulvia), Toni Ucci (Nasone),
Carlo Delle Piane (Cesarione), Mario Castellani (chirurgo), Ignazio
Leone (Apollodoro), Pietro Carloni (Lepido), Adriana Pacchetti (Pu-
blia), Dada Gallotti (Carmiana), Diego Michelotti (un generale), Franco
Resse} (il siciliano), Nadine Sanders (un'ancella). Ppp.: 14/08/1963.

Vigile ignoto, 1963 (bn). Episodio di Le motorizzate. R.: Marino Girolami.


Sg.: Marino Girolami. Se.: Tito Carpi, Beppe Costa. P.: Marino Girolami
per Marco Film, Cha.palo Films (Spagna). I.: Totò (Urbano Cacace), An-
na Campori (sua moglie), Gianni Agus (pubblico ministero), Liana Or-
fei (avvocato difensore), Mario Castellani (brigadiere), Gabriella An-
dreini (signora multata), Jean Tissier (giudice), Marco Mariani (un av-
vocato), Andrea De Pino (Nicolino). Ppp.: 15/08/1963.

Totò sexy, 1963 (e). R.: Mario Amendola. Sg. e se.: Mario Amendola, Bruno
Corbucci, Giovanni Grimaldi. P.: Mario Mariani per Incei Film, Cinex. I.:
Totò (Ninì Chanticlair), Erminio Macario (Mimì Cocò), Mario Castellant
(il secondino Umberto), Mimmo Poli (un recluso). Ppp.: 05/09/1963-

Gli onorevoli, 1963 (bn). R.: Sergio Corbucci. Sg.: Bruno Corbucci, Gio-
vanni Grimaldi. Se.: Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi, Renato Mai--
nardi, Vittorio Metz, Vittorio Vighi, Mario Guerra. P.: Gianni Buffami
per Jolly Film. I.: Totò (Antonio La Trippa), Franca Valeri (Bianca Sere-
ni), Peppino De Filippo (Giuseppe Mollica), Gino Cervi (Rossani Bre,-{!
schi), Walter Chiari (Salvatore Dagnino), Aroldo Tieri (Saverio Fallopi,c'
poni), Franco Fabrizi (Robin), Riccardo Billi (il portiere), Memmo ù-,
rotenuto (il benzinaio), Stelvio Rosi (il biondino), Anna Campori (mo-}
glie di La Trippa), Linda Sini (moglie di Rossani Breschi), Carlo u:m:..'.
bardi (presidente del PNR), Mario Castellani (segretario), Fiorenzo Fil).,
rentini (propagandista), Agostino Salvietti (maggiordomo), Mario De;fii
Simone (propagandista), Franco Giacobini (De Angelis), Carlo~/!
ne (un cittadino di Roccasecca), Luciano Salce (un invitato). ~ . ·
11/10/1963.

Il comandante, 1963 (bn). R.: Paolo Heusch. Sg. e se.: Rodolfo Sonego/~j
Alberto Pugliese e Luciano Ercoli per Produzioni Cinemato~;:
Mediterranee, Oreste Coltellacci per Incei Film. I.: Totò (Antonio ~i~
valli), Andreina Pagnani (sua moglie Francesca), Britt Marie Ekluoo . ,
FILMOGRAFIA 285

segretaria Iris), Isa Crescenzi (un'inquilina), Linda Sini (la contessa),


Luciano Marin (Franco, figlio di Cavalli), Carlotta Barilli (Luisa, moglie
di Franco), Franco Fabrizi (Sandrelli), Alberto De Amicis (il socio di
Sandrelli), Mario Castellani (capitano Castelletti), Piero Morgia (auti-
sta), Peter Martell (un ufficiale), Lina Alberti (una giocatrice), Marcella
Valeri (cassiera). Ppp.: 26/12/1963.

Totò contro il pirata Nero, 1964 (e). R.: Fernando Cerchio. Sg. e se.: Ni-
no Stresa, Francesco Luzi. P.: Ottavio Poggi per Liber Film. I.: Totò Oo-
sé), Mario Petri (il pirata Nero), Mario Castellani (il pirata Uncino),
Grazia Maria Spina (Isabella), Aldo Giuffré (il luogotenente Burrasca),
Giacomo Furia (don Carlos), Pietro Carloni (il governatore), Aldo Bufi
Landi (Manolo), Franco Ressel (lo sfregiato). Ppp.: 27/03/1964 [Ve.:
25/08/1964].

Che.fine ha/atto Totò Baby?, 1964 (bn). R.: Ottavio Alessi. Sg. e se.: Bru-
no Corbucci, Giovanni Gririlaldi, Paolo Heusch, Ottavio Alessi. P.: Al-
berto Pugliese e Luciano Ercoli per Produzioni Cinematografiche Me-
diterranee. I.: Totò (Totò Baby/suo padre), Pietro De Vico (Pietro), Mi-
scha Auer (Mischa), Ivy Holzer (Helga), Edy Biagetti (un'autostoppi-
sta), Alicia Brandet (Inge), Mario Castellani (direttore dell'orfanotro-
fio), Alvaro Alvisi (commissario), Stelvio Rosi (un ospite), Peppino De
Martino (maresciallo), Renato Montalbano (postino), Gina Mascetti
(moglie di Mischa), Clara Bìndì (madre dì Totò Baby), Franco Resse!
(un ufficiale), Piero Morgìa (gelataio), Lina Alberti (una dama di ca-
rità). Ppp.: 29/06/1964.

"il#mare è un po' morire, 1964 (bn). Episodio di Le belle famiglie. R.: Ugo
Gregoretti. Sg.: Ugo Gregoretti. Se.: Ugo Gregorettì, Steno. P.: Giusep-
pe Colizzi per Archimede Films, Crono Film, Films Number One (Fran-
cia). I.: Totò (Filiberto Comanducci), Sandra Milo (sua moglie Esme-
ralda), Jean Rochefort (Osvaldo), Adolfo Celi (il medico Della Porta).
Ppp.: 26/12/1964.

};;,tòd'Arabia, 1965 (e). R.: José Antonio de La Loma. Sg. e se.: Bruno
Corbucci, Giovanni Grimaldi. P.: Producciones Cinematograficas Balca-
zar (Spagna), Alberto Pugliese e Luciano Ercoli per Produzioni Cine-
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286 LA LINGUA IN GIOCO

Navarro (Doris), Georges Rigaud (sir Bains), Fernando Sancho (Alì El


Buzur), Mario Castellani (Omar El Bedu), Luigi Pavese (sceicco di Sha-
mara), Luis Lopez Vasquez (Paco), Luis Cuenca (El Kasser), Monica
Kolpek (la rossa). Ppp.: 10/02/1965.

Amore e morte, 1965 (bn). Episodio di Gli amanti latini. R.:. Mario Costa.
Sg. e se.: Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi. P.: Filmes Cinematografi-
ca, Euro lnternational Films. I.: Totò (Antonio Gargiulo), Annie Goras-
sini (la francese), Mario Castellani (il signore della mutua), Eleonora
Morana (la signora Gargiulo), Michele Malaspina (il direttore), Angela
Minervini (la ragazza del certificato istologico), Nando Angelini (un
collega), Consalvo Dell'Arti (un collega), Luisa Alberti (la suocera).
Ppp.: 11/08/1965.

La mandragola, 1965 (bn). R.: Alberto Lattuada. Sg.: dalla commedia


omonima di Niccolò Machiavelli. Se.: Luigi Magni, Stefano Strucchi, Al-
berto Lattuada. P.: Alfredo Bini per Arco Film, Lux Compagnie Cinéma:-
tographique de France (Francia). I.: Totò (fra' Timoteo), Philippe Le~
(Callimaco), Rosanna Schiaffino (Lucrezia), Jean-Claude Brialy (Llgtr
rio), Romolo Valli (Nicia), Armando Bandini (Siro), Nilla Pizzi (Sostm-
ta), Pia Fioretti (la francese), Donato Castellaneta (l'uomo-donna), l ~
Attanasio (lo stregone), Mino Bellei (un beone), Jacques Herlin (Wi!I.
frate). Ppp.: 18/11/1965.

Rita, la figlia americana, 1965 (bn). R.: Piero Vivarelli. Sg.: Piero Vi~~;
relli. Se.: Tito Carpi, Luciano Gregoretti, Ugo Moretti, Bruno Co~.:(
ci, Giovanni Grimaldi. P.: Giancarlo Marchetti e Fabrizio Capucci ~
CMV Produzione Cinematografica. I.: Totò (Serafino Benvenuti). -i
Pavone (Rita D'Angelo), Fabrizio Capucci (Fabrizio Carli), Lina~::
ghi (Greta), Umberto D'Orsi (Orazio), Shel Shapiro e The R
Ppp.: 02/12/1965.

Uccellacci e uccellini, 1966 (bn). R.: Pier Paolo Pasolini. Sg. e se.: Pier
lo Pasolini. P.: Alfredo Bini per Arco Film. I.: Totò (Totò lnnocen -
Ciccillo), Ninetto Davoli (Ninetto Innocenti/frate Ninetto), Fe
nussi (Luna), Rossana Di Rocco (un'amica di Ninetto), Renato
gna e Pietro Davoli (due canaglie), Rosina Moroni (donna del
re), Lena Lin Solaro (Urganda), Gabriele Baldini (il dentista
FILMOGRAFIA 287

Riccardo Redi O'ingegnere), Francesco Leonetti (la voce del corvo).


Ppp.: 04/05/1966.

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Dino Risi. Se.: Adriano Baracco, Nino Manfredi, Ennio De Concini, Di-
no Risi. P.: Turi Vasile per Ultra Film-Sicilia Cinematografica, Société
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(don Vincenzo 'o fenomeno), Nino Manfredi (Armandino Girasole
detto Dudù), Senta Berger (Maggie), Mario Adorf (Sciascillo), Harry
Guardino Qack), Pinuccio Ardia (il barone), Vittoria Crispo (Assunta),
Claudine Auger (Concettina), Ugo Fangareggi (Agonia), Dante Maggio
(il capitano), Ralph Walter (Frank), Giovanni Druti (il cardinale), Solvi
Stubing (una suora), Enzo Cannavale (Gaetano). Ppp.: 25/11/1966.

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Pasolini. Sg. e se.: Pier Paolo Pasolini. P.: Dino De Laurentiis Cinemato-
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Miao), Ninetto Davoli (suo figlio Baciù), Silvana Mangano (Assurdina
Caì), Mario Cipriani (il prete), Laura Betti (un turista), Luigi Leoni
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Pier Paolo Pasolini. Sg. e se.: Pier Paolo Pasolini. P.: Dino De Laurentiis
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(Desdemona), Adriana Asti (Bianca), Franco Franchi (Cassio), Ciccio
mgrassia (Roderigo), Carlo Pisacane (Braganzio), Francesco Leonetti
(oorattinaio), Domenico Modugno (netturbino). Ppp.: 13/04/1968.
BIBLIOGRAFIA

Si riportano qui, in ordine alfabetico (e cronologico nell'ambito dello


stesso autore), soltanto le opere utilizzate nel corso del lavoro. Una bi-
bliografia aggiornata sugli scritti di e su Totò si trova alla fine del catalogo
Totò partenopeo e parte napoletano cit.

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INDICE DEI NOMI

:-'on è incluso in quest'indice il nome Antonio de Curtis (né Totò), poiché compa-
re quasi in ogni pagina del volume.

_'\bbott, Budd (v. Gianni). Amendola, Mario, 234n., 261, 274, 282,
Acqua, Antonio, 279, 282 . 284.
.:\darli, Laura, 278. Amidei, Sergio, 272.
_¼:!dessi, Giovanni, 283. Amorosi, Matilde, 25n., 289.
.&dorf, Mario, 287. Andreini, Gabriella, 281, 284 .
,,\ge (Incrocd, Agenore, detto), 25, 27n., Angelini, Nando, 279, 280, 286.
234, 262-268, 270-273, 275, 276, 279, Angelo, Luigi, 282.
282. Angioletti, Nino, 262.
c~.JStinelli, Claudio Guido, 272. Anile, Alberto, 19n., 21, 22n., 25n., 26,
,~JS, Gianni, 41, 173, 194, 265, 281- 27, 6ln., 9ln., 99n., lOln., 105n.,
284. 128n., 133n., 212n., 233, 234n.,
~o, Nello, 14. 235n.-238n., 259, 289.
,~ti, Lina, 282, 285. Annakin, Ken, 248.
'.~i, Luisa, 286. Annlcelli, Corrado, 274.
, ~ Robert, 282. Annuale, Armando, 268 .
.d'kiìrich, Robert, 248. Anton, Edoardo, 273, 274, 278.
1'!@essi. Ottavio, 234n., 285. Antuori, Margherita, 273.
,~o, Franco, 295. Appelius, Gianni, 264.
~eri, Dante (v. Dante Alighieri). Arbore, Renzo, 251.
:;~i, Luisa, 261. Arcamone, Maria Giovanna, 290.
,¼.,ii>-ante, Ernesto, 267, 273. Ardia, Pinuccio, 287.
i)1'mrurante, Giacomo, 260. Arena, Maurizio, 271, 272.
''t~te, Luigi, 262. Argentieri, Mino, 27n., 289.
~ , Irene, 280. Aristofane, 27, 28, 29n., 221.
\ ~ . Beatrice, 282. Arius, Henry, 276.
· Elena, 264. Arlorio, Giorgio, 283.
·, Antonio, 268, 269. Arnova, Alba, 265.
Alvaro, 285 . Arteaga, Stefano, 290.
. Giovanni, 265; 267, 269. Asti, Adriana, 287.
, Giuseppe, 234n., 263. Attanasio, Ugo, 286.
, Gianni, 294. Auer, Mischa, 285.
' la, Gina, 271. Auger, Claudine, 287.
300 LA UNGUA IN GIOCO

Bachtin, Michail, 29n., 166n., 223n., 289. Benigni, Roberto, 251.


Backy, Don, 283. Benti, Galeazzo, 43, 59, 77, 124, 152,
Baghino, Gianni, 282. 233,262,263,265,267.
Bagolini, Silvio, 270. Benussi, Femi, 286.
Baldini, Gabriele, 286. Benvenuti, Leo, 273, 278.
Balducci, Armenia, 269. Beolco, Angelo (v. Ruzante).
Bally; Charles, 38n., 183, 289. Berardi, Ciro, 261, 265.
Balsamo, Ignazio, 269. Beretty, Yoka, 273.
Balsamo, Raffaele, 260. Berger, Senta, 287.
Bandini, Armando, 286. Bernardi, Nerio, 262-264, 270, 272, 281.
Baracco, Adriano, 287. Bernardini, Aldo, 259, 289.
Baratti, Bruno, 278. Berni, Mara, 280.
Barbara, Paola, 273. Berruto, Gaetano, 253n., 289, 290.
Bàrberi Squarocti, Giorgio, 292. Bersani, Lello, 160.
Barbi, Ciccio, 277. Bertinetto, Pier Marco, 36n., 291.
Barbi, Vincent, 272, 274. Bertolucci, Bernardo, 249.
Bardem, Rafael, 274. Bercozzi, Vittorio, 261.
Bardot, Brigitte, 48. Bercramo, Calisto, 260.
Barilli, Carlotta, 285. Bercucci, Ughetto, 262, 263, 265, 266,
Barjavel, René, 276. 271,279,280
Barnabò, Guglielmo, 203,211,262,265. Beryll, Taina, 280.
Baroni, Mauro, 290. Besozzi, Nino, 273, 276.
Barrali, Gino, 262. Betti, Laura, 287.
Barthrop, Roland von, 281, 283. Bevilacqua, Alberto, 57n., 68n., 85n.,
Barzizza, Isa, 88, 136, 185, 195, 211, 23ln., 242n., 255-257, 290.
212, 233, 241, 262, 263, 265, 267, Biagecci, Edy, 285.
268,271. Biagiocti, Renzo, 271.
Battaglia, Salvatore, 292. Bianchi, Giorgio, 234,269,282.
Battiferri, Giulio, 268. Bianchi, Nadia, 276.
Battistella, Primarosa, 268. Biancoli, Oreste, 263.
Beccaria, Gian Luigi, 46n., 289. Bilancia, Oreste, 260, 261.
Beethoven, Ludwig van, 191. Biliotci, Enzo, 261, 263.
Belafonte, Harry, 134, 247. Billi, Liana, 270.
Bel Arnì (Francini, Anacleto, detto), 256. Billi, Riccardo, 265, 266, 282, 284.
Bellei, Mino, 286. Biodi, Clara, 265, 285.
Bellini, Dirce (v. Perbellini, Dina). Bini, Alfredo, 286.
Bellini, Isa, 261. Bisaccia, Adriana, 271.
Bellocchio, Lena, 260. Bispuri, Ennio, 21, 23, 35n., 40, 99n.,
Belotti, Franco, 283. 244, 259, 290.
Benelli, Sem, 295. Bistolfi, Erno, 279.
Benetti, Adriana, 266. Bixio, Giorgio, 283.
INDICE DEI NOMI 301

Bizet, Georges, 102. Bufi La.odi, Aldo, 265, 266, 285.


Blain, Estella, 281. Burke, Samson, 281.
Bianche, Francis, 276. Buscaglione, Fred, 138, 191, 214, 229,
Blasetti, Alessandro, 87n., 234n., 270, 278.
295. Bussières, Raymond, 262.
Blissett, Luther, 162n., 290. Buzzanca, Gino, 272, 278, 281, 283.
Bocci, Gildo, 266, 267, 272, 273.
Bolognini, Mauro, 22n., 234n., 278. Caboc, Bruce, 274.
Bonagura, Gianni, 279. Caciagli Fancelli, Maria, 295.
Bonanni, Luciano, 279. Caffarelli, Enzo, 23n., 40, 4ln., 123n.,
Bonansea, Miranda, 154, 260. 127n., 136n., 139n., 290.
Bongiorno, Mike, 133, 212, 241, 274. Caglieri, Emilio, 271.
Bonnard, Mario, 234n., 261. Cajkovskij, Petr ll'ic, 102, 137.
Bonucci, Alberto, 267. Calabretta, Bruno, 260.
Borelli, Rosario, 275. Calamai, Clara, 87n.
Borgo, Elena, 275. Caldiron, Orio, 20n., 21, 24n., 27n., 40,
Bor_sa, Matteo, 249, 250n., 290. 244, 253n., 255, 259, 290.
Bottini, Anna Maria, 277. Calì, Giulio, 268, 272, 274.
Braccini, Lola, 278. Calindri, Ernesto, 281.
Bragaglia, Anton Giulio, 28, 294. Calò, Carla, 264.
Bragaglia, Arturo, 261, 266, 267, 274, Calvani, Tullio, 261.
281. Calvo, Armando, 277.
Bragaglia, Carlo Ludovico, 28, 225, Calvo, Pablito, 275.
234n., 260, 261, 264-266. Calvo, Rafael Luis, 278.
Bramieri, Gino, 271. Campa, Miranda, 277.
Brancati, Vitaliano, 267-269. Campagnoli, Edy, 274.
Brandet, Alicia, 285. Campanile, Achille, 27, 225, 260.
Brandi, Leo, 270. Campanile Mancini, Gaetano, 260.
Bremer, Donatella, 290. Campanini, Carlo, 261, 262, 266, 268.
Brenno, Lucio, 265. Campori, Anna, 268, 273, 277, 280, 284.
Brialy, Jean-Claude, 286. Canale, Gianna Maria, 264, 273.
Britt, May, 269. Canella, Giulio, 248.
Brochard,Jean,276. Cannavale, Enzo, 263, 287.
Broggi, Isidoro, 273-275, 278-280. Cantalamessa, Bruno, 264.
Bruneri, Mario, 248. Capitani, Liborio, 260.
Brunetta, Gian Piero, 75n., 290, 295, 296. Capitani, Roberto, 277.
Bruno, Nando, 261, 269, 272, 273, 280. Capogna, Renato, 286.
Brusati, Franco, 270. Capone, Al, 127.
Buazzelli, Tino, 136, 184, 265. Capozzi, Giovanni, 40.
Buferd, Marilyn, 265. Caprioli, Vittorio, 151, 267, 278.
Buffardi, Gianni, 125, 280-284. Capucci, Fabrizio, 139, 286.
302 I.A UNGUA IN GIOCO

Caravaggi, Giovanni, 289. Celi, Adolfo, 285.


Caravagni, Bruno, 265. Cellini, Benvenuto, 198.
Carbone, Gilberto, 275. Cennamo, Pasquale, 271.
Cardinale, Claudia, 275. Cerchio, Fernando, 234n., 281, 283, 285.
Cardona, Giorgio Raimondo, 18n., 290. Cervi, Gino, 139, 171, 196, 206, 263,
Carell, Lianella, 271. 273, 283, 284.
Carena, Anna, 267. Charlot (Chaplin, Charles Spencer, det-
Carloni, Esther, 279. to), 23, 138, 255.
Carloni, Piero, 264, 267, 268, 282-285. Checchi, Andrea, 282.
Carmi, Vera, 261. Chellini, Amelia, 261.
Carnera, Primo, 261. Chiantoni, Renato, 260.
Caro, Katia, 277, 278. Chiari, Walter, 262, 283, 284.
Carosone, Renato, 276. Chiesa, Adolfo, 27n., 108n., 109n., 113n.,
Carotenuto, Mario, 132, 190, 272, 277. 291.
Carotenuto, Memmo, 132, 155, 271, Chiasso, Leo, 278.
273-276, 284. Chiti, Roberto, 259, 291.
Carpentieri, Luigi, 273, 278. Chopin, Fryderyck, 102, 137, 222.
Carpi, Tito, 284, 286. Christian-Jaque (Mauded, Christian, det-
Caruso, Franco, 270, 271. to), 234n., 276.
Casilio, Maria Pia, 270, 272, 274. Cianni, Eloisa, 272.
Castellaneta, Donato, 286. Ciarli, Anita, 273.
Castellani, Mario, 46, 52, 55, 69, 87, 95, Cicero, Fernando, 248.
99,112,121,127,129,134,136,138, Cifariello, Antonio, 272.
158, 163, 170, 172, 173, 175, 178, Cigoli, Emilio, 239.
184, 188, 189, 192, 202, 227, 233, Cilea, Francesco, 295.
242, 244, 261-272, 274, 278-286. Ciorciolini, Marcello, 273.
Castellani Pollidori, Ornella, 105n., 252n., Cipriani, Francesco (v. Nelli).
290. Cipriani, Mario, 287.
Castellano, Franco, 278-280, 282. Clark, Fred, 279.
Catoni, Luigi, 262. Clay, Philippe, 276.
Cavalieri, Gianni, 189, 270, 271. Clementelli, Silvio, 279.
Cavalli, Olimpia, 281. Cobos, German, 274.
Cavallo, Pietro, 27n., 291. Cocco, Adelmo, 260.
Cecchi, Carlo, 261. Colamonici, Raffaele, 264.
Cecchi D'Amico, Suso, 275, 279. Colizzi, Giuseppe, 285.
Cecchi Gori, Mario, 276, 277. Collino, Federico, 261, 278.
Cecchini, Egilda, 261. Colombo, Cristoforo, 147, 222.
Cecconi, Cesarina, 271. Coltellacci, Oreste, 284.
Cechov, Anton Pavlovié, 267. Comencini, Luigi, 234n., 263.
Cefaro, Irene, 273. Como, Rossella, 275, 283.
Celentano, Adriano, 207, 283. Compagnoni, Andrea, 270.
INDICE DEI NOMI 303

Congia, Vittorio, 280. D'Albert, Lucy, 261.


Contandin, Fernand-Joseph-Désiré (v. Dale, Lilia, 260.
Fernandel). D'Alessio, Ugo, 270, 281, 283, 287.
Continenza, Alessandro, 234, 264, 268- D'Amico, Masolino, 249n., 291.
270, 274, 276, 278, 281-283. D'Andrea, Goffredo, 261.
Contini, Gianfranco, 20. Dane, Peter, 282.
Coop, Franco, 260, 261, 274. Dante Alighieri, 203.
Coppi, Fausto, 262. D'Anza, Daniele, 89n.
Corbucci, Bruno, 279-286. Dapporto, Carlo, 87, 263.
Corbucci, Sergio, 234n., 279-284. D'Arborio, Silvano, 266.
Corelli, Bruno, 265, 267, 281. Dassin, Jules, 247.
Corelli, Lia, 261. D'Assunta, Rocco, 267, 274.
Cortelazzo, Manlio, 77n., 291. D'Assunta, Solveig, 280.
Coscia, Roberto, 277. Da Venezia, Gastone, 281.
Cossa, Enzo, 269. Davoli, Ninetto, 286, 287.
Costa, Beppe, 284. Davoli, Pietro, 286.
Costa, Giancarlo, 272. De Amicis, Alberto, 285.
Costa, Mario, 234n., 286. De Antoni, Alfredo, 260.
Costello, Lou (v. Pinotto). De Benedetti, Aldo, 269.
Courteline, Georges, 13. De Bernardi, Piero, 273, 278.
Cowl, Darry; 274. De Camilli, Davide, 290.
Cremieux, Henry; 276. De Concini, Ennio, 267, 287.
Crescenzi, Isa, 285. De Curtis, Ernesto, 127.
fresti, Emanuela, 21, 32n., 63n., 99n., De Curtis, Liliana, 260, 289, 291.
160n., 251n., 291. Deed, André (v. Cretinetti).
Cretinetti (Deed, André, detto in Italia), De Felice, Lionello, 234n., 270.
138. De Filippo, Eduardo, 13, 234n., 263, 264.
Crispo, Vittoria, 270, 274, 287. De Filippo, Luigi, 133, 278, 279.
Cr.staldi, Franco, 275, 276. De Filippo, Peppino, 13, 41, 52-54, 57,
C!occo1o, Carlo, 139, 233, 265, 266, 59, 60, 72, 79, 82, 97, 125, 131-134,
270, 274, 278. 138, 142, 148, 154, 159, 162, 170,
µore, Benedetto, 13, 14. 182, 189, 191, 203, 206, 207, 214,
'~'Stai, David, 36n., 291. 215, 227, 233, 234n., 241, 267-269,
;,~ca. Luis, 286. 273-275, 277-280, 282-284.
f~o, Dino, 269, 270. De Filippo, Titina, 127, 148, 156, 169,
' ~ , Tony, 48. 233,260,264,274.
• · ~ , Michael, 246. De Funès, Louis, 23, 277.
i~ca, Rita, 280. Dei, Diana, 266, 275.
De La I.orna, )osé Antonio, 234n., 285.
·, Stefano, 261. De Laurentiis, Dino, 262, 269, 270, 287.
~!igostino, Patrizia, 63n., 296. Del Balzo, Liana, 263, 279.
304 LA UNGUA IN GIOCO

Del Buono, Oreste, 27n., 239n., 291. Dorelli, Jonny, 275.


Dell'Arti, Consalvo, 282, 286. Dorika, Dori, 278, 279.
Delle Piane, Carlo, 267, 268, 283, 284. D'Orsi, Umbeno, 170, 286.
De Luca, Carmine, 29n., 291. Dover, Nyta, 269.
De Majo, Corrada, 271. Drago, Ely, 280.
De Majo, Mario, 278. Druti, Giovanni, 287.
De Marco, Gustavo, 20, 27, 165n., 236, Dubbini, Agnese, 272.
237. Du Marsais, César Chesneau, 17.
De Martino, Peppino, 87, 215, 268, 275, Durante, Anita, 269, 272.
276, 279-282, 285. Duranti, Doris, 47.
De Mauro, Tullio, 13, 20, 21, 23, 24, 53, Dury, Christiane, 268.
67n., 77n., 91n., 102n., 114n., 149n., Duse, Carlo, 266.
153, 171n., 25ln., 291, 292, 296. Duvivier, Julien, 246.
DeMille, Ceci! B., 246, 248. Dzugasvili, Iosif Vissarionovic (v. Sta-
Denis, Maria, 47. lin).
De Palma, Dino, 279,282.
De Pino, Andrea, 284. Eco, Umbeno, 20, 21n., 38n., 182n., 292,
De Rege, Giorgio, 20, 27. 294.
De Rege, Guido, 20, 27. Eklund, Britt Marie, 284.
De Santis, Gino, 263. Emmanuel, Jacques, 276.
De Sica, Vittorio, 98, 138, 156, 233, Erba, Carlo, 245.
234n., 271, 272, 274, 281. Ercoli, Luciano, 284, 285.
De Simone, Mario, 275, 281, 283, 284. Ermelli, Claudio, 260, 261, 271.
De Simone, Renato, 278. Ersanilli, Mario, 260.
De Tuddo, Italo, 268, 269, 272. Escobar, Roberto, 18n., 21, 22n., 25n.,
De Vico, Mario, 263. 35n., 292.
De Vico, Pietro, 233, 280-282, 285.
De Vietri, Silvia, 277. Fabbri, Diego, 275.
Di Giammatteo, Fernaldo, 292. Fabi, Angelo, 114n., 292.
Di Giovanni, Augusto, 260, 261. Fabrizi, Aldo, 42, 67, 78, 111, 156, 158,
Di Giulio, Anna Maria, 277. 186, 227, 233, 234n., 267, 269, 2-0-:-.
Di Lorenw, Anna, 265. 279,283.
Dinam, Albert, 276. Fabrizi, Franco, 272, 284, 285.
Di Napoli, Nino, 270. Fabrizi, Lella, 275, 279.
Di Rocco, Rossana, 286. Facchetti, Adriana, 283, 284.
Dolen, Jim, 276. Falconi, Dino, 278.
D'Oliva, Luigi Erminio, 260. Faldini, Franca, 13, 21, 25n., 149, 234n~
Donadio, Giulio, 261. 255, 256n., 268-270, 272, 292.
Donati, Ermanno, 273, 278. Fanfulla (Visconti, Luigi, detto), 275,276;
Dondini, Ada, 262, 266. 279.
Donizetti, Gaetano, 102, 103. Fangareggi, Ugo, 287.
INDICE DEI NOMI 305

Fano, Nicola, 20n., 234n., 236n., 292. Francini, Anacleto (v. Bel Amì).
Fanton, Cristina, 271. Franciolini, Gianni, 234n., 272.
Fantoni, Cesare, 262, 277. Franciosa, Massimo, 275.
Faraldo, Pier Luigi, 261. Franco, Fulvia, 50, 59, 262, 267, 272.
Fazi, Silva, 265. François, Denise, 34n., 39n., 182n., 292.
Feliciani, Mario, 275. Frassica, Nino, 251.
Fellini, Federico, 27n., 54, 246, 247. Fratini, Gaio, 273.
Ferida, Luisa, 260. Frau, Maria, 272.
Fernandel (Contandin, Fernand-]oseph- Fred e Aronne, 270.
Désiré, detto), 23, 276. Fredi, Gioia, 261.
Ferrara, Paolo, 282. Freud, Sigmund, 17n., 18, 33, 34n., 35n.,
Ferrari, Paolo, 162, 268, 271, 275, 277. 36-38, 149, 166, 171, 172n., 292.
Ferraù, Alessandro, 297. Fulci, Lucio, 234n., 268, 272, 276-278,
Ferrero, Anna Maria, 271. 280.
Ferri, Luciano, 282. Fummo, Vincenzo, 260.
Ferronao, Edda, 275. Furia, Giacomo, 103, 154, 192, 207, 233,
Festa Campanile, Pasquale, 275. 263, 265, 266, 269, 270, 272, 273,
Frerro, Jole, 265. 276, 277, 283, 285.
Fimiani, Marisa, 268. Fusari, Bianca Maria, 265.
Fiorelli, Piero, 292.
Frorentini, Fiorenzo, 283,284. Gabel, Scilla, 275, 278, 283.
FiOrentini, Ines, 270. Gabrielli, Giacomo, 270.
fioretti, Pia, 286. Gadda, Carlo Emilio, 20, 293.
fiorita ·e Carbone, 256. Gagliarde, Dodo, 20n., 236n., 292.
fittoni, Mario, 29n., 95, 226, 227, 292. Gajoni, Maria Cristina, 278, 279.
Fnzm.aurice, George, 246. Galdieri, Michele, 255, 256, 267.
Raiano, Ennio, 267-269, 271. Galletti, Giovanna, 264.
Fo, Dario, 292. Gallini, Pina, 260, 263, 266, 268.
Foà, Arnoldo, 263, 266, 271, 273. Gallotti, Dada, 284.
·iofi, Goffredo, 13, 21, 25n., 27, 60n., Galter, Irene, 273.
66n., 88n., 95n., 102n., 113n., 114n., Garbini, Aristide, 261.
119n., 123n., 185n., 197n., 230, Gardner, Ava, 247.
234n., 236n., 237n., 242n., 255-257, Gargiulo, Alfredo, 293.
292,294. Garibaldi, Giuseppe, 66.
iuiena, Gianfranco, 153n., 292. Garinei, Enzo, 257, 264-266, 269, 272,
5il.mda.to, Marcello, 281. 275,277.
&rin, Flavio, 263. Garrone, Riccardo, 278.
~ . Franco, 33n., 292. Gassman, Vittorio, 151, 214, 275, 277.
'.lagna, Armando, 262. Gastoni, Lisa, 220, 283.
ihlceschi, Temistocle, 295. Gattari, Mario, 263.
ffmmchi, Franco, 248,249,283,287. Gazzara, Ben, 279.
306 LA UNGUA IN GIOCO

Gazzolo, Lauro, 271, 273. Gozzo, Enrico, 260.


Genazzani, Osvaldo, 260. Grassi, Corrado, 165n., 293.
Genio, René, 276. Grassi, Letizia, 293.
Genoa, Irene, 262. Grasso, Giovanni, 261, 272.
Ghione, Emilio, 135. Gravey, Fernand, 276.
Giachini, Raffaele, 260. Gravina, Carla, 275.
Giacobini, Franco, 281, 282, 284. Gray, Doriap, 274.
Giacovelli, Enrico, 27n., 247n., 292, 293. Gray, Nadia, 279.
Gianni (Abbott, Budd, detto in Italia), Gregoretti, Luciano, 286.
138. Gregoretti, Ugo, 234n., 285.
Giannini, Guglielmo, 259. Grice, Herbert Paul, 33, 223.
Giannini, Mario, 261. Grimaldi, Giovanni, 279-286.
Gianviti, Roberto, 276, 277, 280, 281, Guardino, Harry, 287.
287. Guardiola, José, 277.
Gigli, Silvio, 230. Guarini, Alfredo, 246.
Gioii, Vinicio, 278.
Guarini, Ruggero, 18, 35n., 64n., 84n.,
Giolitti, Giovanni, 222.
95n., 99n., 107n., 108n., 127n., 160n.,
Giordano, Umberto, 295.
179n., 197n., 206n., 207n., 234n.-
Giorgi, Gustavo, 272.
237n., 243, 245n., 255-257, 293.
Giovannini, Sandro, 257.
Guerra, Mario, 279,280,284.
Girard, Amedeo, 268.
Guerra, Ugo, 281.
Girolami, Marino, 234n., 284.
Guers, Paul, 276.
Giuffré, Aldo, 89, 103, 140, 180, 213,
Guida, Wandisa, 275.
233, 264, 266-268, 270, 272, 280,
Guillaume, Ferdinand (v. Tontolini).
285.
Giuffré, Carlo, 264. Guiraud, Pierre, 33n.-35n., 37, 183n..
Giuliani, Fabrizia, 14. 209n., 293.
Gizzi, Loris, 262, 272. Guzzanti, Corrado, 251.
Glori, Enrico, 261, 264. Guzzanti, Sabina, 251.
Glori, Gianni, 268.
Gloria, Leda, 264, 276. Hardy, Oliver (v. Ollio).
Goldin, Daniela, 295. Heilmann, Luigi, 293.
Gomez Ferrer, Luna Pilar, 277. Herlin, Jacques, 286.
Gorassini, Annie, 286. Heusch, Paolo, 234n., 284, 285.
Gore, Laura, 261, 263, 264, 266, 269, Hoffmann, Ernst Theodor Amadt:1.J.">.,.
271. 18.
Gori, Gorella, 260. Holtus, Gunter, 296.
Governi, Giancarlo, 21, 293. Holzer, Ivy, 285.
Govi, Gilberto, 234n.
Goya y Lucientes, Francisco de Paula Incrocci, Agenore (v. Age).
José, 132, 191. Incrocci, Zoe, 264, 273.
INDICE DEI NOMI 307

Inglese, Guglielmo, 65, 66, 69, 255, 256, Lees, Tamara, 266.
265-267, 269. Leibl, Marianna, 275.
Ingrassia, Ciccio, 86, 134, 248, 283, 287. Leoncavallo, Ruggero, 103.
Interlenghi, Franco, 274. Leone, Ignazio, 276, 277, 280, 284.
Invernizio, Carolina, 132. Leonetti, Francesco, 287.
Ioni, Costanzo, 64n., 235n., 293. Leoni, Luigi, 287.
Lerici-Rastelli, 262.
Jachino, Silvana, 260. Leroy, Philippe, 286.
Jakobson, Roman, 17n., 31n., 37, 126, Leurini, Gino, 267.
171, 172n., 209, 293. Libassi, Renato, 273-275, 278-280.
Jamonte, Franco, 265. Libassi, Salvo, 268, 269, 271, 279, 280.
Jemma, Ottavio, 277. Liberatore, Ugo, 281.
Jentsch, Ernst, 18. Lin Solaro, Lena, 286.
Johnson, Lydia, 261. Lionello, Alberto, 279.
Josipovici, Jean, 268. Lionello, Oreste, 67, 279, 281.
Jusanova, Maja, 272.
Lisi, Virna, 280, 283.
Lissiak, Elvy, 264, 281, 282.
Kant, lmmanuel, 35, 36, 293.
littera, Giampiero, 275.
Karajan, Herbert von, 134.
Lombardi, Carlo, 284.
Kaufmann, Christiane, 279.
Lombardo, Goffredo, 283 .
.iitzmiller, John, 281.
Lombardo, Gustavo, 259,260.
Koipek, Monica, 286.
Lopez Vasquez, Luis, 286.
l"oscina, Sylva, 53, 141, 272, 276, 277.
Loren, Sophia (Lazzaro, Sofia, detta),
&:lster, Henry, 247.
47,170,265,270.
11.:.mcta, Enrico, 291, 294. Loy, Nanny, 277.
Iandi, Lllia, 268. Lubin, Arthur, 246.
tmdini, Fanny, 271. Luce, Angela, 278,279.
boe, Abbe, 274, 277. Luciani, Anna Maria, 276.
:'.bme,John Francis, 279. Lulli, Folco, 263.
:limclcita, Arturo, 133. Lurati, Ottavio, 245n., 293.
,~rini, Bruno, 266. Luzi, Enrico, 265.
:..m Raina, Antonio, 282. Luzi, Francesco,
.
285.
.
·~ore, Frank, 263.
i ~ , Tina, 266. Macario, Erminio, 29n., 47, 55, 57, 58, 67,
;:~da, Alberto, 234n., 286. 91, 108, 141, 185-187, 191, 193, 198,
tino, Mario, 281. 220, 233, 234n., 243, 277, 282, 283.
ce, Mark, 269. Maccari, Ruggero, 27n., 267-271, 274-
,baldo, 266, 272. 277.
'"" , Sofia (v. Loren, Sophia). Machiavelli, Niccolò, 286.
~b._ David, 248. Maestri, Anna, 264, 277 ..
308 LA llNGUA IN GIOCO

Maggio, Dante, 190, 262-264, 266, 272, Marchetti, Giulio, 262, 282.
274, 282, 287. Marchetti, Nino, 263, 281.
Maggio, Pupella, 270. Marchi, Anna Maria, 277.
Maggio, Rosalia, 275. Marcon, Fiorella, 269.
Maggiorani, Lamberto, 274. Maresca, Mario, 268.
Magnani, Anna, 113, 279. Margadonna, Ettore M., 261.
Magni, Luigi, 277, 286. Margheriti, Antonio, 275.
Mainardi, Renato, 284. Mari, Ada, 267.
Majeroni, Achille, 262, 271, 278. Mari, Fiorella, 52, 185, 272.
Majuri, Arduino, 264. Mariani, Marco, 284.
Malanga, Paola, 294. Mariani, Mario, 280, 282.
Malaspina, Michele, 20, 286. Marin, Luciano, 276, 277, 285.
Malavasi, Renato, 278. Marotta, Giuseppe, 271.
Maldacea, Nicola, 20, 260. Martell, Peter, 285.
Maldacea, Nicola jr., 269, 270. Martinelli, Alfredo, 260, 261.
Mammi, Fulvia, 262, 266. Martino, Luciano, 279.
Marnane, Sara, 234n., 293. Marcoglio, Nino, 260.
Mamoulian, Rouben, 246. Marton, Andrew, 248.
Mancini, Augusta, 270. Martora Maresca, Lidia, 278.
Manet e Leho, 262. Martufi, Guido, 273, 277.
Manfredi, Nino, 68, 274, 279, 287. Marx, Karl Heinrich, 243.
Mangano, Silvana, 125, 287. Marzi, Franca, 262, 264-266, 270, 279
Mangini, Alda, 41, 233, 262, 263. Marzullo, Mara, 40.
Mangini, Mario, 257, 272. Mascagni, Pietro, 103.
Mangini, Wilma, 261. Mascetti, Gina, 285.
Mankiewicz, Joseph Leo, 248. Masiero, Lauretta, 276, 280.
Manse, Jean, 276. Masina, Giulietta, 267.
Mantoni, Riccardo, 273. Masoni, Tullio, 20n., 234n., 293.
Manzari, Nicola, 274. Masson, Yvette, 275.
Manzoni, Alessandro, 13, 77n., 173n., Mastrocinque, Camillo, 139, 234n., 27J.
220. 274, 276-278, 280.
Marceau, Félicien, 271. Mastroianni, Marcello, 132, 275.
Marcellini, Maso, 260. Matania, Clelia, 261,266,268.
Marcelloni, Carla, 281. Matarazzo, Raffaello, 233.
Marchese, Angelo, 17n., 165n., 172n., Mattali, Mario, 234n., 262, 265,
293. 268-271, 275, 278-280.
~archesi, Marcello, 25, 27n., 139, 234, Mauded, Christian (v. Christian-)~;
262,263,265,266,273,274. Mauro, Jole, 280. "'
Marchesini, Italia, 268. Mazzarella, Carlo, 268, 273. · ;,·

~::~~~1~~~~~6~
Marchesini, Nino, 264, 265.
Marchetti, Giancarlo, 275, 286. Mina). <kt~
INDICE DEI NOMI 309

Mazzoni, Carlo, 264. Modugno, Domenico, 287.


McNamara, Richard, 276. Molfese, Lia, 263.
Medici, Cosimo de', 222. Molière (Poquelin, Jean-Baptiste, det-
Medici, Mario, 109n., 114n., 293. to), 266.
Meldolesi, Claudio, 19n., 20, 235n., Moli, Giogia, 277.
236n., 255n., 293. Molnar, Vera, 269.
Melidoni, Franco, 270. Manaidi, Gisella, 274.
Melidoni, Giulia, 270. Mondaini, Giaci, 27n.
Menandro, 239. Mondello, Luigi, 277.
Menarini, Alberto, 27, 29n., 53, 95, 108, Mondy, Pierre, 274.
135n., 227, 249n., 293, 294. Monicelli, Mario, 25, 27n., 234, 237,
Menasci, Guido, 103. 263,265,267-269,271,275,279.
Menendez, Juan José, 278 Montalbano, Renato, 285.
Mengaldo, Pier Vincenzo, 63n., 294. Montesi, Umberto, 264.
Meniconi, Mario, 264. Marana, Eleonora, 286.
Mereghetti, Paolo, 294. Morandi, Gianni, 221.
).terlin, Angelina, 204. Moravia, Alberto, 156, 272, 279.
.Merlini, Elsa, 275. Morelli, Rina, 279.
~erlini, Marisa, 263, 264, 273. Moretti, Ugo, 286.
:Metz, Vittorio, 25, 27n., 234, 262-266, Morgia, Piero, 285.
272-274,276,277,280,281,284. Moriconi, Valeria, 269, 270, 274.
.Meynier, Geronimo, 279,281. Morisi, Guido, 261.
Miaglia, Luigi (v. Ripp). Moroni, Rosina, 286.
Mìchelotti, Diego, 284. Mortara Garavelli, Bice, 17n., 33n.,
lticheluzzi, Carlo, 262. 165n., 172n., 180n., 187n., 294.
Migliari, Armando, 264, 267. Moscariello, Alfredo, 263.
Migliorini, Bruno, 114n., 230, 292. Moscovini, Carlo, 273.
~one, Totò, 262, 265, 266, 269, 275, Motta, Luigi, 278.
280. Mozart, Wolfgang Amadeus, 102.
~ani, Fernando, 270. Mulè, Francesco, 276, 277, 280.
i~o, Nino, 262, 268, 271, 279. Mtiller, Paul, 264.
ìJltilo, Sandra, 276, 285. Murgia, Tiberio, 275.
,~n, Inger, 281. Musatti, Cesare L., 292.
) ~ (Mazzini, Anna Maria, detta), 221. Musco, Angelo, 234n.
, ( ~ , Livia, 261. Mussolini, Benito, 98, 168, 198, 218,
"ni, Angela, 286. 219, 241.
o, Fortunato, 270 . Musu, Antonio, 234n., 275.
.~ o , Nino, 270. Mutio, Michele Luigi, 294.
~ o , Pasquale, 270.
~,~i,. Tiberio, 276. Nandi, Vera, 270, 278.
F~, Giuseppe (v._ P,ipolo). Nannini, Giovanni, 271.
310 LA IJNGUA IN GIOCO

Napoleone, Roberto, 291. Palumbo, Concetta, 264.


Napolitano, Riccardo, 67n., 293, 294. Palumbo, Dolores, 270, 275.
Navarro, Nieves, 286. Pampanini, Silvana, 168, 263, 266, 272.
Nazzari, Amedeo, 234. Panaro, Alessandra, 275.
Nelli (Cipriani, Francesco, detto), 257, Pandolfi, Elio, 274, 278.
272. Pandolfini, Turi, 271, 272, 275.
N'eri, Rosalba, 280. Panelli, Paolo, 278.
Nezval, Nathalie, 276. Paolella, Domenico, 234n., 273.
Nicotra, Giancarlo, 268. Paolini, Marcello, 278.
Ninchi, Ave, 67, 233, 263, 264, 267, 268, Pap~, Milla, 260.
271. Paradisi, Enrico, 2ln., 33n., 34n., 36n.,
Ninchi, Carlo, 173, 206, 233, 262, 264, 159n., 294.
265,270. Patis, Dany, 283.
Nobile, Rio, 261. Partanna, Gianni, 271, 274, 277, 281.
Nobili, Isabella, 269. Parvo, Elli, 261, 266.
Noel, Magali, 283. Pascal, Jean-Claude, 271.
Notari, Umberto, 270. Pasolini, Pier Paolo, 125, 234n., 286,
Novelli, Augusto, 273. 287.
Nucci, Laura, 277. Passante, Mario, 268, 272.
Passarelli, Eduardo, 128, 260, 265-268.
Olivieri, Enrico, 278. 277,297.
Olivieri, Riccardo, 281. Pastorino, Franco, 266, 270.
Ollio (Hardy, Oliver, detto in Italia), 138. Paul, Gloria, 280.
Olsen, Ivy, 283. Pavese, Luigi, 57, 67, 112, 163, 188, 2fl6.
Onorati, Marino, 277. 213, 233, 261-265, 267, 273-28.2~
Orazio Fiacco, Quinto, 13. 286.
Orfei, liana, 278, 284. Pavone, Rita, 139, 286.
Orfei, Moira, 283, 284. Peck, Gregory, 137.
Orlandi, Eugenio, 270. Pecorari, Mario, 259, 294.
Orlandini, Lia, 261. Pegoraro, Lorenzo, 262.
Orsolini, Margherita, 297. Pellegrini, Amalia, 271.
Osiris, Wanda, 263. Pelosi, Mario, 266.
Ottai, Antonella, 20n., 27n., 234n., 235, Pepe, Nico, 262,265,271, 278.
236n., 255, 294. Perbellini, Dina (Bellini, Dìrce, der..:a n.li.
che), 260, 261, 271, 280.
Paal, Erzsi, 259. Perilli, Ivo, 260.
Padovani,Lea, 268,269. Perna, Tina, 280.
Pagnani, Andreina, 284. Perrella, Amelia, 274.
Pala, Giovanna, 267, 268. Perrone, Carlachiara, 6.4n., 99n., 294.
Palermi, Amleto, 234n., 260, 261. Perrucci, Andrea, 28, 29, 147 ,
Palmer, Renzo, 280,281. 294.
INDICE DEI NOMI 311

Persichino, Salvatore, 295. Pontecorvo, Clotilde, 297.


Petacci, Emilio, 260, 261. Ponti, Carlo, 263, 269, 270, 272.
Petito, Enzo, 270, 280. Poppi, Roberto, 259, 291, 294.
Petri, Mano, 285. Poquelin, Jean-Baptiste (v. Molière).
Petrolini, Ettore, 13, 20, 29n., 91, 106, Porcelli, Bruno, 290.
117n., 234n., 266. Porelli, Giuseppe, 270.
Pezzotta, Alberto, 294. Poselli, Luisa, 265.
Pica, Tina, 260, 272, 273. Prandi, Thea, 261.
Pidgeon, Walter, 282. Prera, Mario, 264.
Pierangeli, Anna Mana, 47. Pucci, Franco, 266.
Pierfederici, Antonio, 280. Pugliese, Alberto, 284,285.
Pieri, Paolo, 281.
Pierozzi, Giuseppe, 260. Quaglietti, Lorenzo, 294.
Pierreux, Jacqueline, 280. Quargnolo, Mario, 20n., 294.
Pietrangeli, Antonio, 268, 269. Queneau, Raymond, 38n., 182n., 294.
Pietrosi, Francesca, 268.
Filotto, Camillo, 271. Rabelais, François, 29n., 166n., 289.
Pinotto (Costello, Lou, detto in Italia), Radtke, Edgar, 21, 27, 29n., 33n., 34n.,
138. 63n., 295, 2%.
Piovani, Pina, 267, 269. Raffaelli, Sergio, 21, 27n., 40, 91n., 135n.,
Pipalo (Moccia, Giuseppe, detto), 278- 138n., 247n., 249n., 252n., 295.
280, 282. Ragusa, Alfredo, 261, 263.
Pirandello, Luigi, 166, 268, 269. Raimondi, Sergio, 273.
Pìrani, Italo, 261. Ralli, Giovanna, 271, 272, 278.
Pisacane, Carlo, 275, 279, 284, 287. Rampezzotti, Paolo (v. Tramonti).
Pisano, Rosita, 264, 272. Rapisarda, Attilio, 269.
Pistolesi, Elena, 40. Rasce!, Renato, 212, 265.
.&tolini, Sandro, 273. Raspani Dandolo, Giusi, 278 .
P'isu, Marìo, 261,272,282. Rastier,Jean-Jacques, 262.
•Pizzi, Nilla, 286. Ravazzini, Gino, 278.
?auto, Tito Maccio, 27, 28, 239. Redi, Riccardo, 287.
i'odestà, Rossana, 267. Reed, Caro!, 246.
~ i , Isabella, 158n., 161n., 294. Reno, Teddy, 274 .
. ~ . Ottavio, 281, 283, 285. Resse!, Franco, 282-285.
\ ~ Salani, Teresa, 63n., 77n., 294. Ricci Banoloni, Maria Teresa, 263.
\~Te, Annette, 262. Ricci, E. M., 265.
:'1;J,hcco, Cesare, 260, 262, 263, 266. Ricci, Nora, 270.
:'.ti,. Mimmo, 268, 274-276, 279-283. Riento, Virgilio, 151, 189, 267, 271.
\~r, Kurt, 279. Rigaud, Georges, 286.
s(~padour, Jeanne Antoinette Le Nor- Rinaldi, Giuseppe, 261.
rnant d'Etioles de, 57, 190. Ripp (Miaglia, Luigi, detto), 256.
312 LA UNGUA IN GIOCO

Risi, Dino, 27n., 234n., 267, 287. Salce, Luciano, 276, 284.
Rissone, Giuditta, 262. Salinas, Jone, 275.
Riva, Mario, 263, 275. Salvatori, Renato, 275.
Rizzo, Gianni, 264, 282. Salvatori, Umberto, 262.
Roby, Lino, 263. Salvietti, Agostino, 271, 274, 276, 284.
Rochefort, Jean, 285. Sancho, Fernando, 286.
Rohlfs, Gerhard, 67n., 295. Sanders, Nadine, 281, 282, 284.
Romance, Viviane, 268. Sandner, Yvonne, 260.
Romano, Carlo, 266. Sanga, Glauco, 77n., 296.
Romano, Dina, 260, 262. Sanjust, Filippo, 271.
Romeo, Giuseppe, 13, 20n., 21, 22n., Sanson,Yvonne,234,263,282.
27n., 39n., 40, 46n., 64n., 75n., 99n., Sarazani, Fabrizio, 263.
106n., 117n., 153, 155n., 238n., 295. Sardou, Fernand, 277.
Rondinella, Giacomo, 269. Sasso, Ugo, 265.
Roney, Mac, 279. Saussure, Ferdinand de, 34, 149n.,
Roquevert, Noel, 276.
171n., 296,297.
Rory, Rosanna, 275.
Scala, Delia, 264, 278.
Rosi, Francesco, 19ln., 248, 272.
Scarano, Iecla, 140,213,270,274.
Rosi, Stelvio, 284, 285.
Scarnicci, Giulio, 277.
Rossellini, Franco, 280.
Scarpelli, Furio, 25, 27n., 234, 263-268,
Rossellini, Roberto, 234n., 269.
270-273, 275,276,279, 282.
Rossi, Annabella, 291.
Scarpelli, Manlio, 277.
Rossi, Fabio, 13-15, 2ln., 24n., 30n.-
Scarpetta, Eduardo, 20, 87, 237, 266,.
32n., 63n., 64n., lOln., 143n., 148n.,
268,270.
253n., 295, 296.
Rossi, Francesca, 40. Schiaffino, Rosanna, 274, 286.
Rossini, Gioacchino, lOln., 102, 148, Schonthan, Franz, 261.
246. Schonthan, Paul, 261.
Rovena, Marcella, 264, 279, 281. Scola, Ettore, 27n., 276.
Rovere, Gina, 154, 275, 277, 279. Segre, Cesare, 17n., 38n., 289, 296.
Rovere, Luigi, 275. Sendecher, Erica, 272.
Rovi, Vincenzo, 261. Serianni, Luca, 91, 180n., 296.
Rubini, Giulia, 273. Serra, Adriana, 262, 265.
Ruffin, Valentina, 18n., 21, 63n., 75n., Shakespeare, William, 92, 175.
120n., 142n., 210n., 296. Shapiro, Shel, 286.
Russo, Mario, 247. Shaw, Lynn, 278.
Rutili, Benedetta, 274, 275. Siegel, Donald, 247.
Ruzante (Beolco, Angelo, detto), 29n. Silenti, Vira, 264, 265.
Siletti, Mario, 260, 265, 280.
Sabatello, Dario, 274. Silvani, Aldo, 261.
Sabatini, Francesco, 253n., 296. Simon, Simone, 271.
INDICE DEI NOMI 313

Simone, Raffaele, 34n., 39n., 158n., Starace Saìnati, Bella, 260.


171n., 20ln., 209n., 253n., 296, 297. Steno (Vanzina, Stefano, detto), 25,
Simonelli, Giorgio C., 234n., 261. 27n., 234, 261-263, 265, 267, 268,
·sinaz, Guglielmo, 260. 275-278, 280-283, 285, 287.
Sini, Linda, 278, 284, 285. Stevens, George, 204.
Stivai, Giulio, 263, 268.
Siodmak, Robert, 248.
Stoppa, Paolo, 98, 241, 261, 272, 273.
Siroli, Edgardo, 281.
Strange,John, 263.
Sobrero, Alberto A., 165n., 290, 293,
Streicher, Johannes, 295.
297. Stresa, Nino, 285.
Sofia, Vinicio, 262,265,268, 272. Strucchi, Stefano, 273, 286.
Sofio, Gisella, 282. Stùbing, Solvi, 287.
Solari, Pietro, 261.
Solbelli, Olga, 261. Tacchella, Jean-Charles, 276.
Soldati, Mario, 264. Tagliavini, Carlo, 292.
Sommers, Annie, 264. Talarico, Vincenzo, 268-271.
Sonego, Rodolfo, 271, 284. Talegalli, Alberto, 269, 280.
Sordi, Alberto, 13, 231, 267. Tumantini, Franca, 264.
Sorlin, Pierre, 19n., 102n., 297. Turabusi, Renato, 277.
Taranto, Carlo, 263, 281.
Sorrentino, Alberto, 265-267, 269.
Taranto, Nino, 48, 57, 66, 78, 86, 89,
Spadaro, Fosca, 261.
136, 144, 155, 163, 186, 189, 192,
Spadaro, Giuseppe (o Peppino), 260, 198, 207, 220, 233, 263, 281-283.
261. Targioni Tozzetti, Giovanni, 103.
Spadaro, Grazia, 260. Tellini, Piero, 264, 267.
Spadaro, Umberto, 261. Telmon, Tullio, 165n., 293.
Spalla, Erminio, 261, 265. Terenzio, Afro Publio, 239.
Spillane, Mike, 134, 246. Terzo, Nino, 283.
Spina, Grazia Maria, 285. Thellung, Francesco, 274.
Spinazzo;a, Vittorio, 19n., 25, 64n., 101, Theodoli, Niccolò, 272.
148, 25ln., 297. Tieri, Aroldo, 50, 112, 134, 197, 233,
Sportelli, Franco, 270, 283. 263, 264, 266, 268,-275, 277, 279,
282, 284.
CSposito, Carletto, 271.
Tinti, Gabriele, 273, 274, 279.
;; s«agno Bellincioni, Bianca, 260.
Tissier, Jean, 284.
?\~ano, Giò, 280. Tofana, Sergio, 27n.
1;:S;;al.ìn (Dzugasvili, Iosif Vissarionovic,
Tognaccini, Rino, 265.
·· detto), 245. Tognazzi, Ugo, 132, 190, 231, 243, 276,
;n:5.anllo (Laurei, Stan, detto in Italia), 277,280,283.
%·--·· 138. Togni, Giuseppe, 96.
;ia"".lce, Edmondo, 260. Tolnay, Akos, 261.
314 LA llNGUA IN GIOCO

Tolomei, Pia de', 221. Vecchi, Gustavo Aldo, 266.


Toniolo, Edoardo, 274. Vecchi, Paolo, 20n., 234n., 293.
Tontini, Renato, 276. Vecchietti, Alberto, 266.
Tontolini (Guillaume, Ferdinand, detto Vecchio, Bruna, 273.
in Italia), 138. Veneroni, Paola, 263.
Tor, Michael, 264. Verde, Dino, 278.
Tordi, Pietro, 173, 265. Verdi, Giuseppe, 102, 103.
Torrigiani, Flora, 264, 265. Verdirosi, Serena, 279.
Toscanini, Arturo, 245. Verga, Giovanni, 103.
Tramonti (Rampezzotti, Paolo, c:Jetto), Vergano, Aldo, 260.
256. Vianello, Raimondo, 124, 243, 262, 266,
Tranfaglia, Nicola, 291. 277,280,281,283.
Trieste, Leopoldo, 269, 273. Viarisio, Enrico, 269, 273, 282.
Trilli, Amedeo, 274. Vicario, Marco, 248.
Troisi, Massimo, 251. Vidon, Henry, 272.
Trudu, Antonio, 40. Vighi, Vittorio, 277, 278, 284.
Tubbs, Wìlliam C., 267.
Villaggio, Paolo, 78.
Tuili, Marco, 276.
Villani, Peppino, 260.
Turco,Enzo,68, 119,233,262,263,268,
Villi, Olga, 263.
270, 271, 278.
Vingelli, Nino, 265, 269, 271, 272.
Visèonti, Luchino, 293.
Ucci, Toni, 264, 277, 279, 283, 284.
· Visconti, Luigi (v. Fanfulla).
Ugolini, Gabriella, 271.
Vita, Anna, 267.
Urbani, Kikì, 266.
Vivarelli, Piero, 234n., 286.
Vajda, Ladislao, 246. Viviani, Raffaele, 20, 234n.
Valdemarin, Mario, 278. Volonghi, Lina, 286.
Valentini, Leopoldo, 278, 279. Volpi, Franco, 282.
Valentino, Rodolfo, 105. Vukotic, Milena, 281.
Valeri, Franca, 59, 68, 109, 114, 267,
278, 284, 297. Wagner, Richard, 102.
Valeri, Marcella, 285. Wallace, Richard, 246.
Valle, Riccardo, 277. Weber, Tonia, 269.
Valli, Romolo, 286. Weibel, Liii, 263.
Valori, Bice, 266, 267, 271, 278. Weissmtiller, Johnny, 246.
Vaniceck, Eva, 267. Welles, Orson, 268.
Vanzina, Carlo, 268. Werlen, Mara, 272.
Vanzina, Stefano (v. Steno). Wessel, Edy, 279.
Vargas, Daniele, 280. Wìcki, Bernhard, 248.
Vaser, Vittorio, 280. Wìttgenstein, Ludwig, 18n., 297.
Vasile, Turi, 234n., 275, 287. Walter, Ralph, 287.
INDICE DEI NOMI 315

Zambuto, Gero, 234n., 259, 260. Zarghetta, Walter, 283.


Zampa, Luigi, 234n., 269. Zavattini, Cesare, 22n., 27n., 166n.,
Zanolli, Angelo, 278. 243n., 260, 271, 297.
Zanon, Angela, 263. Zopegni, Giuseppe, 260.
Zappulla, Felice, 269. Zoppelli, Lia, 93, 203, 277, 279-281,
Zardi, Federico, 277. 284.
Zarfati, yiancarlo, 280. Zubin, Thea, 270.
Finito di stampare dalla GRAFICA 2000
Coordinamento tecnico CENTRO STAMPA di Meucci Roberto
CITTÀ DI CASTELLO (PG)

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