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LA MUSICA IN DANTE

Author(s): Guido Salvetti


Source: Rivista Italiana di Musicologia , 1971, Vol. 6 (1971), pp. 160-204
Published by: Libreria Musicale Italiana (LIM) Editrice on behalf of Società Italiana di
Musicologia

Stable URL: https://www.jstor.org/stable/24315893

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LA MUSICA IN DANTE

Gli anni che videro la vita e l'opera di Dante sono, per la storia
della musica italiana, particolarmente oscuri. Mancano fonti che testi
monino una civiltà polifonica appena paragonabile alla ormai seco
lare fioritura d'Oltralpe; mancano documenti musicali che riguardino
la lirica monodica di derivazione trobadorica. Rimangono le fonti
della Lauda ducentesca 1 nell'Italia centrale, che si collocano negli ul
timi decenni del XIII e nei primi decenni del XIV secolo. Non vi è
però chi non veda che questa testimonianza è - presa isolatamente -
insufficiente a darci una ragione storica dell'Ars Nova fiorentina, che
sgorga - sembra improvvisamente - dopo il 1325 con caratteristiche
distinte e compiutamente autonome dalle esperienze francesi con
temporanee: ed è proprio in una esperienza di lirica monodica e di
tecnica polifonica anteriori, cioè del tempo di Dante, che dovremmo
trovarne le radici.
Si capisce allora il fiorire di tante ipotesi difficilmente control
labili: vi è chi sostiene che la civiltà monodica fiorentina di fine
Duecento si basava solo sulla tradizione orale: quindi esisteva, ma
non ne abbiamo i documenti2; altri cerca nella poesia toscana « di
transizione » e nella poesia stilnovista la testimonianza di una fiori
tura musicale, parallela alle forme poetiche, e dall'evoluzione di queste

1 Laudario Magliabechiano II, I, 122 di Firenze; Laudario della Biblioteca Comu


nale di Cortona, Codice n. 91: entrambi pubblicati in F. Liuzzi, La Lauda e i pri
mordi della melodia italiana, 2 voli., Roma 1935. Sulla datazione del Codice di Cortona,
concordemente considerato come formato da due parti di diversa datazione, le teorie
sono le seguenti: prima del 1250 la prima parte, la seconda poco dopo (Mancini);
fine del XIII secolo la prima, inizio del XIV sec. la seconda (Renier); intorno al
1260 la prima, intorno al 1297 la seconda (Mazzoni); intorno al 1270 la prima, la
seconda intorno al 1297 (Liuzzi). Nella nostra esposizione critico-storica abbiamo
tenuto presente la datazione del Liuzzi.
2 N. Pirrotta, Ars Nova e Stil Novo, in « Rivista Italiana di Musicologia »,
Vol. I, 1 (1966), pp. 4 sgg.

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LA MUSICA IN DANTE 161

quasi determinata3; altri accentra l'attenzio


done i legami con la lirica profana4.
Non entreremo subito nel merito. Noterem
queste ipotesi si basano su una comune c
nonostante il naufragio delle fonti music
Landino non fosse deserta di civiltà mus
polifonica, più ο meno autonoma dalle prec
civiltà straniere 5.
Da questa convinzione nasce il primo inter
l'opera di Dante. Potrebbe interessare in
nianza erudita, di quando discorre di for
testimonianza che riguarda non solo il pensi
musica, ma, quasi alla pari con le contem
di Petrus de Cruce7 e di Johannes de Groc
aspetti della contemporanea civiltà musicale
L'interesse maggiore, però, ci sembra ris
rico, nel poeta, il quale ricorre con tanta f
ricavarne immagini, strutture, sentimenti,
Dante questi riferimenti musicali non sono
precisi (in maniera esplicita), può nascere l'err
nulla siano più che un luogo letterario, una

3 L. Ellinwood, II XIV secolo in Italia, in « New O


III (Ars Nova e Umanesimo, trad. it. Milano 1964), pp
4 F. Liuzzi, op. cit., I, p. 17: « Come la lauda assum
il disegno della ballata, cosi mira ad arrotondare la m
della strofa ». Ed espressioni analoghe.
5 L. Ellinwood, op. cit., p. 45: « Quando la musica
imporsi all'attenzione degli studiosi moderni, sembrò s
potesse avere avuto uno sboccio cosi rapido e improvvis
alcun segno premonitore... »
6 Cfr. De vulgari eloquentia II, m, vin e x; sulla c
xil; sulla musica come arte della relazione e sul suo
II, xiv.
7 Petrus de Cruce è autore di un Tractatus de ton
de Coussemaker, Scriptorum de musica medii aevi n
La sua teoria sulla notazione è citata da R. Handlo, R
E. H. de Coussemaker, op. cit., vol. I, p. 388, e da J.
pubblicata Ibid., p. 424.
8 Johannes de Grocheo è autore di un trattato sen
mente come De Musica) pubblicato a cura di J. Wolf,
tionalen Musikgesellschaft » I (Die Musiklehre des Joha
pp. 69-130.

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162 GUIDO SALVETTI

farsi ad immagini « letterarie »


rienze musicali del suo tempo. È
primo assunto di questo saggio)
non siano quasi mai cenni eruditi
cali storicamente determinati.
Anche la presunta genericità di
primo luogo da un linguaggio no
vità e laconicità: il De Sanctis ha
ed universale di quelle esperienze
lettori del suo tempo; cosicché ba
l'uso staccato di un aggettivo, e
commozioni ed immagini che era
metodo da cui partiamo è quella q
come tecnicamente significanti,
significazione.
Oltre a saggiare il valore docum
occorre in secondo luogo procedere
complessivo: gli sparsi cenni conc
rienza musicale in Dante? E, se
quale rapporto entra con la totalit
dell'autore? Si tratta quindi di
immagini musicali solo per deside
all'interno di quell'organico e c
concorrono ragioni teologiche e p
Come dire che, anche se abbastan
passi musicali, se correttamente
della visione dantesca, possono co
documento di come, nella cultur
intesa, di quali esperienze intelle
somma quali valori estetici e qual
fronti delle altre arti, della filoso

9 F. De Sanctis, Storia della letteratura


«Sono i salmi e gl'inni della Chiesa [...]
Quei canti latini erano allora nella bocca
il primo verso bastava a ricordarli [...]
suscitavano tante rimembranze e immag
tazione, ma in quei lettori e in quei tempi
a produrre tutto l'effetto: con quei tempi

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LA MUSICA IN DANTE 163

L'opera di Dante, anche se non fonte m


si rivelerebbe cosi fonte indiscussa per
civiltà musicale di quegli anni.

Per chi voglia parlare della musica in D


obbligato l'episodio di Casella, nel Canto
alquanto suggestivo, e, si direbbe, di im
suoi riferimenti musicali. Il canto di Casella si inserisce cioè facil
mente, completandolo, in un quadro poetico, dove ogni elemento
concorre a definire un unico sentimento animatore, fatto di attesa e
di stupore. Nella luce mattinale del Purgatorio il pellegrinaggio dan
tesco acquista un che di incerto e di sognante. Dante, raccolto e
finora muto osservatore, ha goduto dell'azzurro del cielo, delle stelle,
della marina, si è inginocchiato reverente a Catone, ha porto in si
lenzio le guance alla rugiada purificatrice. Ed anche le anime, or ora
giunte, dubbiose sul cammino ed un poco trepide, rientrano in
questa psicologia dove tutto appare un poco trasognato, ma, in un
certo senso, struggente. Quelle anime penitenti stupiscono di fronte
allo « spirare » di Dante, « quasi obliando d'ire a farsi belle » n. In
questo contesto anche il notissimo luogo letterario del triplice ab
braccio all'« ombra vana » si riscatta per una originale notazione
psicologica: l'abbraccio di Dante a un'ombra, che non ha ancora rico
nosciuto come l'ombra di Casella, è un gesto meccanico, trasognato,
risposta incontrollata al « grande affetto » che l'anima di Casella gli
mostrava.

La lirica monodica di Casella si inserisce facilmente in ques


situazione poetica, perché sottolinea ancor più la propensione di tu
quelle anime all'oblio, alla facile dimenticanza del grave compi
morale della purificazione, per godere di immagini e di sentime
ancor cosi legati alla vita terrena.
È quindi soprattutto nell'episodio e nel canto di Casella che
può apparire giustificata una riduzione del riferimento musicale
semplice luogo letterario e poetico, alla cui comprensione poco gio

10 Purgatorio, II, w. 106-119.


» Ibid., v. 75.

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una nozione più precisa della musi


serio aspettarsi alcuna indicazione do
Ed invece, con un minimo di rifl
preciso di quel canto, in modo d
ricreare l'esperienza concreta che
Si può cogliere, inoltre, l'occasion
di Dante, qualche caratteristica
perduta.
Una prima precisazione sul testo della canzone Amor che nella
mente mi ragiona, cui il musicista Casella dà veste musicale. La can
zone è una delle tre a cui il Convivio fornisce amplissimo commento;
il Convivio è di almeno cinque anni posteriore alla primavera del
1300 (in cui Dante immagina avvenga il suo viaggio ultramondano);
lo stesso Casella è morto prima del 1300, come si ricava dal testo 12.
Eppure nulla impedisce di pensare che Casella abbia conosciuto in
vita il testo di questa canzone, poiché è quasi probabile che Dante,
avendola composta negli anni precedenti, l'abbia solo più tardi inse
rita nella struttura del Convivio (un procedimento analogo a quello
della Vita Nuova). Eppure, nonostante sia possibile superare la diffi
coltà cronologica, facciamo fatica ad ammettere che di fatto Casella
abbia dato in vita le sue note a questa Canzone, poiché l'argomento
di questa canzone non è più il tradizionale canto amoroso, ma è una
allegorica e complessa esaltazione della Filosofia, e si pone per ciò
stesso al di fuori di ogni tradizione trobadorica e post-trobadorica,
a cui Casella invece certo apparteneva.
Dante afferma nel De vulgari eloquentia 13 - e quindi negli stessi
anni del Convivio — che la canzone è componimento perfetto, poesia
compita, anche senza il canto: ma nel teorizzare questo, egli tiene in
considerazione l'evoluzione della canzone, che, già componimento tra

12 Ibid., w. 93 sgg.:
diss'io, " ma a te com'è tanta ora toltaί "
ed elli a me: " Nessun m'è fatto oltraggio,
se quei che leva quando e cui li piace,
più volte m'ha negato esto passaggio
13 De vulgari eloquentia, II, m, 5: « Cantiones per se totum quod debent
officiunt ».

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LA MUSICA IN DANTE 165

i più aulici, diviene con lui in quegli ann


per eccellenza, secondo l'evoluzione dottr
poesia stilnovista compie con lo stesso
di fuori della tradizione lirico-musicale cui
Dante immagina che Casella intoni que
certamente per una esigenza letteraria: quel
delle canzoni del Convivio nella Divina Commedia14. Il Convivio è
l'opera che rappresenta il massimo sforzo di Dante verso la grandezza
e la gloria letteraria; abbandonato per la maggiore impresa della
Commedia, esso rimase in cima ai suoi ricordi e alla considerazione
di sé. Ed ecco quindi l'inserimento nella Commedia, a mo' di epigrafe.
Se però ci sembra storicamente improbabile l'attribuzione a Ca
sella di quella precisa canzone, tale finzione poetica non doveva sem
brare assurda ai contemporanei. Per cui, una volta chiarito il valore
non documentario dell'attribuzione, è più che lecito ripensare in
generale ai termini di quel canto, almeno per quanto riguarda la
testimonianza esecutiva e la struttura formale.
Casella, evidentemente, canta senza accompagnamento strumen
tale: invece l'abbinamento voce-strumento è testimoniato non solo
dalla iconografia e da molti testi letterari15, ma anche dallo stesso
Dante, il quale dice testualmente:
[...] a buon cantor buon citarista
fa seguitar lo guizzo della corda,
in che più di piacer lo canto acquista16.

Mi sembra, tutto questo, un argomento a favore di chi insiste sul


carattere improvvisatorio di quel canto, e sulla tradizione orale dello
stesso, quindi essenzialmente libera. Per cui la parte strumentale, ove
ci fosse, veniva liberamente " cercata " secondo una abilità improv
visatoria di cui ci dà testimonianza quotidiana, anche nei nostri giorni,
la musica popolare. Per cui la polifonia scritta àe\YArs Nova fioren

14 Paradiso, Vili, ν. 37: «Voi che 'ntendendo Ί terzo ciel movete».


Purgatorio, II, v. 112: « Amor che nella mente mi ragiona ».
15 Cfr. T. Gérold, La Musique au moyen âge, Paris 1932, cap. XX. Cenni all'uso
degli strumenti unitamente al canto monadico si hanno in Johannes de Grocheo,
op. cit., ediz. cit., pp. 97 e 122.
16 Paradiso, XX, w. 142-144.

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tina sarebbe in molti casi una cod


mente consolidatosi e chiaritosi in termini teorici e documentari17.
Un poco più all'interno dei caratteri di questo canto ci porta
l'analisi formale, che è possibile compiere sulla scorta del De vulgari
eloquentia. La canzone è « coniugatio stantiarum », e nella singola
stanza risiede tutta l'arte della canzone: il che significa che la strut
tura metrica (lunghezza dei versi, loro disposizione e qualità, rime)
della prima stanza viene ripetuta identicamente nelle altre stanze. La
stanza assume quindi il valore strutturale e metrico di cellula ger
minatrice: evidentemente non solo nel campo metrico ma anche in
quello musicale. La melodia riservata alla prima stanza veniva cioè
ripetuta nelle stanze seguenti: « omnis stantia ad quandam odam re
cipiendam armonizzata est », ove « oda » equivale a « periodo me
lodico »18. È importante ricordare che anche all'interno della singola
stanza sono usuali le ripetizioni di un inciso ο di una frase melodica,
poiché alcuni versi potevano ripetere lo stesso schema metrico, anche
se con parole differenti. Ad esempio, nel caso della Canzone Amor che
nella mente mi ragiona, lo schema della strofe risulta essere A A B.
Infatti:

Amor che nella mente mi ragiona


de la mia donna disiosamente,
move cose di lei meco sovente,
che lo 'ntelletto sovr'esse disvia. frase melodica A)
Lo suo parlare si dolcemente sona
che l'anima ch'ascolta e che lo sente
dice: " Oh me lassa! ch'io non son possente
di dir quel ch'odo de la donna mia! " frase melodica A)
E certo e' mi convien lasciare in pria,
s'io vo' trattar di quel ch'odo di lei,
frase melodica B)
(questa seconda parte è costituita di 3 endecasillabi, 1 settenario, 6 ende
casillabi, con diversa rima).

Il canto di Casella stabilisce cosi un rapporto con le parole che


non può essere sospettato di espressività rinascimentale: la stessa me

17 Ν. Pirrotta, op. cit.


18 De vulgari eloquentia, II, ix.

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LA MUSICA IN DANTE 167

lodia viene applicata a strofi diverse, e al


a gruppi di versi diversi. In Casella, come n
rimane esclusa una aderenza capillare dell
espressivo. È bene che ciò sia chiaro per
« dolcemente », contenuta nei versi
Cominciò elfi allor si dolcemente
che la dolcezza ancor dentro mi suona

non si può riferire al rapporto musica-parole, ma alla musica stessa


Se ammettessimo - come si sarebbe pur tentati di fare - che
l'indicazione « dolcemente » sia puramente letteraria, ο comunque
generica, significherebbe ignorare le decine di passi nella Divina
Commedia, dove, nel voler magnificare la bellezza della musica udita,
il Poeta ricorre quasi sempre alla osservazione della « dolcezza »19 :
quasi mai alla vigoria, ο alla raffinatezza, ο all'abilità, ο ad altro che
ad uguale titolo appartenga alla tradizione letteraria.

19 A. Bonaventura, Ό ante e la musica, Livorno 1904, affronta il problema del


concetto di « dolcezza », concludendo che il vocabolo si riferisce al « metallo », cioè
alla « perfetta qualità delle voci e degli strumenti » (p. 119). Come per tanti altri
aspetti della questione relativa alla musica in Dante, il libro del Bonaventura, pur
avanzando giudizi assolutamente superati dal punto di vista documentario e critico,
ci offre tuttavia un'utile compilazione che facilita la consultazione delle opere dantesche.
A p. 116, reca un elenco dei " luoghi " danteschi ove alla musica viene attribuita la
qualità della « dolcezza ». Crediamo di far cosa utile al lettore e alla stessa evidenza
del nostro discorso, riportandolo qui sotto:
Amor che nella mente mi ragiona
cominciò allor si dolcemente
che la dolcezza ancor dentro mi suona.

Te lucis ante si devotamente


le usci di bocca e con si dolci note
che fece me a me uscir di mente.

E l'altre poi dolcemente e devote


seguitar lei per tutto l'inno intero

[...] Te Deum laudamus mi parea


udir in voce mista al dolce suono

si appressando sé che il dolce suono


veijiva a me coi suoi intendimenti.
Ed una melodia dolce correva
per l'aer luminoso

Ma poi che intesi nelle dolci tempre

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Appare chiaro inoltre che l'indi


alla musica e, in questo caso, al
tracciare i nessi e a chiarire i sig
di « dolce » attribuito con tanta p
Escludiamo allora una facile identificazione tra « dolce » ed
« espressivo », per quanto abbiamo detto sul rapporto di chiara indif
ferenza tra testo e musica. Escludiamo anche di intendere romantica

Asperges me, si dolcemente udissi


ch'io noi so rimembrar, non ch'io lo scriva.

con più dolce canzone e più profonda

Diverse voci fan giù dolci note,


cosi diversi scanni in nostra vita
rendon dolce armonia tra queste rote.

Cosi vid'io la gloriosa rota


moversi e render voce a voce in tempra
ed in dolcezza ch'esser non può nota
se non colà dove gioir s'insempra.

[...] in quelle dolci tube

E come giga ed arpa in tempra tesa


di molte corde fa dolce tintinnio

silenzio pose a quella dolce lira

Da indi, si come viene ad orecchia


dolce armonia da organo
la dolce sinfonia di Paradiso

Qualunque melodia più dolce suona

Regina Coeli cantando sì dolce


che mai da me non si parti il diletto.

Si com'io tacqui, un dolcissimo canto


risonò per lo cielo

si che m'inebbriava il dolce canto.

20 Ci sembra piuttosto illuminante, a mo' di introduzione, la sintesi offertaci


da G. Petrocchi, Il Dolce stil novo, in « Storia della letteratura italiana », a cura
di E. Cecchi e N. Sapegno, II (Milano 1965), pp. 729 sgg.: « singolarità di stato
morale, autenticità di letizie e inquietudini, consapevolezza di godere una " novella
età una primaverile fioritura di beatitudini e dolcezze prima sconosciute ed ora
godibili in un clima di rarefazione della realtà e di trasfigurazione delle idealità e dei
simboli » (p. 733).

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LA MUSICA IN DANTE 169

mente - come indicazione di « immediat


nell'episodio di Bonagiunta Orbicciani21 :
[...] I' mi son un, che quando
Amor mi spira, noto, e a quel mod
ch'e' ditta dentro vo significando.

Imbastire su queste parole un'esaltazione


tale di questa " scuola " urta contro quals
dubbio tutta la produzione degli stilnovis
sticamente, tra le più complesse a live
simboliche ed elaborate a livello di imma
nel tentativo di reperire, anche a livello l
« dolcezza », non possiamo che far nostr
pegno, il quale - ci sembra - fa piena giu
romantica di quei versin.
Il Sapegno chiarisce dapprima che quei v
soprattutto l'umiltà di Dante, che declin
toglie alla sua esperienza ogni carattere d
Colgono con esattezza la sfumatura di umiltà
dantesca, quei commentatori antichi (Lana,
parafrasano, con letterale aderenza al test
tore, et io sono suo scrivano ». Cosi intesa,
tata ad un modulo comune della lirica cortese... La novità della formula
deve essere misurata, da una parte, in rapporto con l'accezione della
parola Amor, che qui è certamente inteso in un senso che trascende la
comune materia erotica della lirica tradizionale e acquista il valore di
un'esperienza intima e quasi religiosa; e dall'altro, in rapporto all'aderenza
del poeta al dettato dell'ispirazione, che importa una nuova maturità
espressiva e una scelta più rigorosa del linguaggio, al jine di renderlo
meglio capace di assecondare le sfumature di una raffinata sensibilità.

Soprattutto le ultime parole ci sembrano illuminanti per impostare la


nostra attenzione non tanto sulla nuova tematica amorosa, ο estetica
- in senso lato -, quanto piuttosto sulla scelta linguistica. La teoriz

21 Purgatorio XXIV, w. 52-54.


22 La Divina Commedia, a cura di N. Sapegno, Milano 1957, p. 669, nota ai
w. 52-54.

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170 GUIDO SALVETTI

zazione relativa a questa scelta lin


« dolcezza », si trova nel De vu
questo trattato - come si sa - Da
zione di un « volgare illustre »: a
a forme poetiche auliche, come
mente che questi criteri linguist
lustre », che qui vien teorizzato
linguistica dello stilnovismo, al
- come ognun sa - da cui Dante
prattutto due volte: nelle cosidd
dell'Inferno.
Dante comincia con fare un elenco dei vocaboli da evitare: primi,
i vocaboli puerili, « propter sui semplicitatem », come mamma, babbo,
mate, paté-, poi i « muliebra, propter sui mollitiem », come dolciada,
piacevole-, poi i « silvestria, propter hausteritatem », come greggia,
cetra-, ed anche gli « urbana, lubrica e reburra », come femina, corpo.
E fin qui, si ha l'impressione di un affastellarsi di concetti, degni a
loro volta di ancor più ampia analisi. Eppure, dopo avere ancora
astrattamente affermato che occorre usare i vocaboli « urbana, pexa
et irsuta », cioè quelli del parlar cittadino, sia quelli pettinati che
quelli non pettinati, passa alla esemplificazione. Ed i vocaboli sono
questi: amore, disio, donna, vertute, donare, letitia, salute, securi
tate, de fesa-, che, come si vede, sono tutti propri del lessico della
lirica stilnovista. Dante osserva che queste parole sono generalmente
di tre sillabe ο più, senza aspirazione, senza accento acuto ο circon
flesso, senza ζ οχ duplici, senza geminazione di liquide, ecc.
Il concetto sintetico, afferrato dall'autore dopo l'analisi, è, poi,
eloquentissimo: tali vocaboli « loquentem cum quadam suavitate
relinquunt ». Ed è quindi in questo passo, e al termine di questa
analisi, che si chiarisce come il concetto di « suavitas », cioè di
« dolcezza », sia fatto risalire addirittura ad un criterio fonico e so
noro, facendo tutt'uno con un fine di eletta semplicità.
Ci sembra presente, qui, soprattutto l'impostazione linguistica
del Cavalcanti, più che del Guinizzelli; che è poi la scelta delle prime
Rime di Dante e quindi di gran parte della Vita Nuova. Con tali

23 De vulgari eloquentia, II, vii.

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LA MUSICA IN DANTE 171

mezzi si intende raggiungere un difficile


aristocratico e cordialità sentimentale.
formatisi all'aristocratica sensibilità tro
comunale e nelle università - in un am
e fattivo - una nuova istanza: la « gent
aristocratico, perde ogni carattere di d
proprio la « dolcezza » il segno di una n
una più aperta effusione sentimentale.
Se tanto pregnante e tecnicamente p
mine « dolcezza », non vi è ragione che
viene riferito con tanta insistenza alla
se inconsciamente, in qualche misura,
che l'autore affida ogni novità nei con
degli anni precedenti. Si tratta quindi
intuitivo, quale evoluzione subisse anch
rendersi idoneo - parallelamente alla
ideali artistici.
È possibile partire da una analisi dell'
dica di quegli anni nell'Italia centrale
Codice Magliabechiano II24. Se riportia
di queste melodie, ben difficilmente p
innovatrice di quel melodizzare spogl
rale ", di quel procedere per formule r
centri di attrazione25:

fai-te pre- go a' do!-cp * Cri-sto ke ne de-gia per- do- na-re

La novità stilistica delle laudi consiste in una sorta di sempl


cazione del ritmo e, in connessione, della fraseologia, cui si ac
pagna una singolare regolarità della melodia, prevalentemente

24 Cfr. ρ. 160, nota 1.


25 F. Liuzzi, op. cit., I, ρ. 271.

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172 GUIDO SALVETTI

bica. Orbene, questi caratteri stil


la Lauda alle contemporanee form
che saremmo tentati ad attribuir
medievale. Con nomi diversi, il l
l'inno dugentesco mostrano, unit
regolarità metrica del testo rimato
In altre parole si instaura nel co
bio di tecniche e di gusto tra la
tra quella su testo latino e quell
cola la spinta innovatrice di quel
sempre al limite dell'eresia, si so
da usi e schemi tradizionali, attin
popolo che - nei Comuni - non e
composto di diseredati.
L'analisi delle melodie trobado
ci mostrano già alcuni esempi di c
- di probabile tradizione orale - i
di regolarità metriche e melodich
prio nella Firenze di fine secolo
laudesi è più che altrove attesta
si aggiunge, alle tante preesisten
Nell'incontro di tradizioni musica
possibile in una società dove anal
ciologica, si matura quel distacco
fiorentina attuerà nei confronti
nendo presenti le Ballate di Frances

26 Schemi metrici di danza e formule


si ritrovano soprattutto in Li gieus de R
risalente agli anni intorno il 1285 a Nap
Scbrifttafeln, Biickeburg-Leipzig, 1923, fa
27 Francesco Landino è qui indicato com
quasi che in lui le istanze formali e ling
espressione. In verità la sua collocazione
possibile l'attuazione di un discorso metric
a quella rinnovata complicazione del ritmo
essere estranei all'epoca che nel presente
evoluzione anche della lauda, vedi F. Liu
di decadenza destinati a sfociare nel virt
e del loro significato poetico, che impe
del Trecento »). La fonte principale per
(pubbl. da J. Wolf, Der Squarcialupi-Cod

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LA MUSICA IN DANTE 173

in termini concreti, quell'approdo, da


ad una concezione più marcatamen
fica soprattutto, come nella lauda de
scritture, ed anche, nel caso specific
mule melodico-ritmiche, inserite a chia
delle frasi, nel loro inizio, nel loro p
concludere. E basti ricordare la ricor
mula cadenzale che va sotto il nome di « cadenza alla Landino »28 :

Voce superiors
a
< Batt.3 Batt.3 Ban.ii Batt.ia

Già nel canto lirico-monodico conosciuto e testimoniato da Dante


l'innesto del gusto e delle tecniche laudistiche dovette mostrarsi in
modo analogo. E ci piace intendere in tal senso - cioè in una
attenzione nuova verso la cadenza conclusiva, che privilegia i centri
di attrazione tonali - il famoso accenno alla « lodoletta »29. Come si
sa, l'immagine poetica e persino le parole sono mutuate quasi com
pletamente dalla tradizione trobadorica 30 : ciò che vi è di nuovo ed
originale è il riferimento all'« ultima dolcezza che la sazia ».
A questo punto siamo forse in grado di afferrare il nesso tra
l'evoluzione letteraria compiuta dallo stilnovismo - almeno per quanto
è indicato con la parola « dolcezza » - e l'analoga evoluzione del
linguaggio musicale cui la stessa parola, negli stessi anni, dallo stesso

28 Si veda nei frammenti della ballata, qui riportati (tratti da L. W. Ellinwood,


The works of Francesco Landini, Cambridge, Mass., 1939, n. 117) il valore metrico
fraseologico della cadenza, intesa come formula-motto melodico ed armonico.
29 Paradiso XX, vv. 73-75:
Quale allodoletta che 'n aere si spazia
prima cantando, e poi tace contenta
dell'ultima dolcezza che la sazia.
30 Ad esempio « Quan vei l'aloete mover » di Bernardo di Ventadour (XII secolo):
Quan vei l'aloete mover
de joi ses aies contre al rai,
que s'oublide et laise cader
per la douçor quel cor li vai.

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174 GUIDO SALVETTI

autore viene attribuita. In entram


per la semplicità e l'uniformità d
trambi abbiamo individuato una m
in entrambi quindi la nuova " co
l'atteggiamento comporta la soff
della musica, chiarisce la permane
a ciò che troppo sbrigativamente pu
concezione tonale ».
Ritornando all'episodio di Casella, ci è lecito - noi crediamo -
attribuire il senso di una determinazione precisa anche all'effusione
e alla commozione che la « dolcezza » del canto porta con sé: tali
notazioni psicologiche non sono, esse pure, di natura letterario-gene
rica, ma sono addirittura documento della profonda emozione che
accompagnò cosi prezioso equilibrio stilistico, dove la nuova cordia
lità sentimentale è frutto da un lato di sognante abbandono e dal
l'altro di acuta vigilanza stilistica.
La critica letteraria ci può aiutare - a questo punto - a chiarire
i limiti cronologici dell'esperienza musicale a cui Dante si riferisce
in questo episodio. Non si tratta solo di stabilire degli anni relativi
alla storia della musica, ma anche di individuare il momento dell'espe
rienza umana e artistica di Dante che tale musica rappresenta.
I critici concordano nel sottolineare il carattere " elegiaco " del
Purgatorio, dove le anime si sentono ancora legate alla vita terrena.
Dal punto di vista teologico la Chiesa penitente è legata saldamente
alla Chiesa militante, perché da essa attende le preghiere - e in genere
i meriti - per accorciare la pena (« qui per quei di là molto si
avanza »31 ); la situazione teologica è - come sempre - trasposta da
Dante sul piano delle immagini, che è il piano proprio della poesia,
direbbe il Croce: in tal modo un gran numero di situazioni, di rac
conti, ecc., portano una costante presenza della vita terrena tra le
anime penitenti; nell'Antipurgatorio vi è addirittura un costante rife
rimento al corpo testé lasciato sulla terra. Questo insieme organico di
immagini terrene e di sentimenti di nostalgia trovano un centro di
coesione -e la loro stessa giustificazione poetica - in un sentimento
animatore, proprio di Dante in questa cantica. È la tematica del ri

31 Purgatorio III, ν. 145.

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LA MUSICA IN DANTE 175

cordo, in particolare il ricordo della giovinez


nel ricordo delle anime. Personaggi realm
ideale comunanza di spiriti nella giovinezz
frammenti di quel mondo perduto: il mo
la Firenze prima dell'esilio. È proprio nel
cosi Forese Donati e il Guinizzelli, Giotto
sella e Belacqua, e, tra coloro che tanta par
artistica di Dante, i trovatori Arnaut Dan
Il canto di Casella viene quindi rievocat
nella giovinezza: ciò che qui viene testimo
artistica degli anni della Divina Comme
parecchi anni precedente, intorno al 1290.
Ci tornano alla mente le parole del Bocc
Dante32, quando dice:
sommamente si dilettò in suoni e in canti nel
che a quei tempi era ottimo cantatore ο sona
usanza; ed assai cose da questo tirato comp
maestrevole nota a questi cotali facea rivestire

Ed infatti nelle prime Rime e nella Vita


moniato il canto come « veste » della poe
poi ad affermare nel De vulgari eloquent
presta all'ornamento del canto, e sono pro
dove si accenna al rivestimento musicale:
mi leggi, Per una ghirlandetta, Ballata, i' vo
Il canto lirico monodico domina quindi i
musicale di Dante in epoca giovanile. A q
riferimento se non in sede teorico-erudita
e nel Convivio 34. L'episodio di Casella acq

32 G. Boccaccio, Vita di Dante, cap. Vili.


33 Se Lippo amico e Per una ghirlandetta sono ba
Dante, a cura della Società dantesca italiana, Firenze 1921, rist. 1960, pone ai
nn. Vili e XII, quindi alquanto giovanili; in entrambe il canto è considerato « veste »
della poesia. Ballata, i' voi si trova al cap. XII della Vita Nuova, ed è ugualmente
indicata come giovanile: Amore consiglia Dante di indirizzare a Beatrice una poesia
e di farla « adornare di soave melodia ».
34 Cfr. nota 13, p. 164.

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176 GUIDO SALVETTI

rievocazione nostalgica, inquadrata


di immagini relative e coerenti.
Egli non è più il poeta della Y ita
lirica si è sollevata ad un piano co
atteggiamento culturale ben altr
l'esperienza musicale di Dante - se è
nell'insieme della sua vita cultur
profonda. La musica religiosa, sia
senta per Dante un'esperienza tanto
più complessa e profonda è ormai

Nella Divina Commedia si trovano numerosi riferimenti al canto


liturgico; pressoché nessuno nelle altre opere di Dante. La ragione
di questo non può ridursi solo all'" occasione " sacra, offerta dal
Poema. Né, d'altra parte, è possibile affermare che l'esperienza di
questo tipo di canto risalga per Dante soltanto agli anni in cui la
Divina Commedia viene scritta: ben sappiamo che per Dante, come
per ogni medievale, l'esperienza liturgico-musicale accompagnava ogni
momento dell'esistenza fin dalla prima fanciullezza. Eppure quella
musica udita fin da fanciullo in Santa Maria del Fiore, a cui egli stesso
diede certo l'apporto della propria voce, confuso nella massa corale
del popolo, dovette rimanere - come molte altre esperienze, per un
certo numero di anni - un'esperienza piuttosto informe e acritica.
Anche il canto liturgico - assieme a tante esperienze culturali
della giovinezza - venne ripensato negli anni dopo il 1292, domi
nati, come egli stesso dice nel Convivio, dalla Filosofia35. L'appro
fondimento culturale di quegli anni si accompagna anche ad un pro
fondo rinnovamento poetico: ne sono testimonianze le cosiddette
Rime petrose, che rivelano una tendenza decisa e fin polemica nel

35 Convivio, III, χ. In altro passo (I, i, 16) Dante cosi sottolinea il distacco
stilistico e di contenuti dalla Vita Nuova: « ... altro si convene e dire e operare ad
una etade che ad altra; perché certi costumi sono idonei e laudabili ad una etade
che sono sconci e biasimevoli ad altra... ».

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LA MUSICA IN DANTE 177

l'introdurre, anche se per ora solo a liv


più piena ed organica nel limbo delle im
Gli anni precedenti all'esilio sono quin
artista: lo sforzo erudito sfocia in un
l'uomo e della storia. È insomma quello
accelererà e compirà, di cui la Divina C
turo. Per cui, anche se dal punto di vist
canto liturgico non si colloca in un peri
pur vero che essa raggiunge un chiarim
riori solo negli anni del Convivio e del
cosi che nel Purgatorio e nel Paradiso D
semplice testimonianza esteriore, ma u
prensione estetica.
In questo mondo poetico cosi compless
a livello di contenuti culturali, si può c
accenni musicali possano assumere sign
che ci costringono ad una analisi più accor
nulla di più - ma neppure di meno -
Un lettore disattento tende a ridurre an
liturgico ad una significazione puramente
occorre davvero riconoscere che è lecito
che viene dalle parole, e, al limite, dalle
Le beatitudini ne sono un chiaro esem
custode di ognuna delle cornici del Purg
per la relazione tra le parole e il vizio,
cornice.
Anche se la prima beatitudine (« Beati pauperes spiri tu » 37 ), nella
cornice dei superbi, si accompagna all'osservazione « voci cantaron
si, che noi diri a sermone », alla luce del carattere prosastico e laco
nicamente enunciativo che le beatitudini assumono di cornice in
cornice, ci convinciamo che quella non è nulla più che una formula
convenzionale.

36 Al η. LXII delle Rime viene posta nell'ediz. cit. de Le opere di Dante la can
zone « Cosi nel mio parlar voglio esser aspro »: in età matura, quindi. E l'ampiezza
della forma, la varietà delle immagini, e soprattutto l'ardimento linguistico lo testi
moniano (si pensi alle rime in « etra », « ezzi », « orza », « atra », « erza » ecc., e le
si confrontino con gli ideali « aulici » espressi nel De Vulgari eloquentia).
37 Purgatorio, XII, v. 110.

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178 GUIDO SALVETTI

Infatti il « beati miséricordes


è introdotto da uno scarno « fu
relative agli iracondi, agli accid
rittura introdotte da espression
« detti n'avea ». La beatitudin
rafrasi in volgare, quasi a so
« parlato » 39.
In una di queste parafrasi tra
ciativo di queste beatitudini,
non procede oltre la parola «
tiunt »40). Dante infatti intend
della cornice dei golosi) la seco
contenendo la parola « esuriunt
modo, questa operazione di sc
coglie qui soltanto il valore con
riferimento alla forma musica
corde » sembra riservarci qualc
Ricorderemo ancora - come e
per le parole con cui viene ci
che l'arcangelo Gabriele canta d
musicale, neppure di maniera:
rita solo da ragioni estrinseche
A differenza di ciò, nel salmo
corre pur sempre un minimo s
rario del canto nel contesto de
indiretta invocazione degli Ang
cordia di Dante peccatore. Cosi
più che una generica invocazion

38 Ibid., XV, ν. 38.


39 Ad esempio: « beati pacifici, che so
« Qui lugent affermando esser beati,
XIX, v. 50).
40 Purgatorio, XXII, w. 4 sgg.:
e quei ch'hanno a giustizia lor
detti n'avea beati, e le sue voci
con " sitiunt ", senz'altro, ciò for
« Paradiso, XXXII, v. 94.
42 Purgatorio, XXX, v. 82. Dante cap
risponde alla frase « Donna, perché si lo

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LA MUSICA IN DANTE 179

Neli'« Agnus Dei » l'attenzione di Dante


che regna tra le anime che intonano il
un senso teologico - non musicale - sul
trappasso, secondo cui gli iracondi (co
violentemente il male degli altri) espia
concordia con la comunità43.
Non pochi canti, cioè, benché non co
punto di vista musicale, non si riducon
testuale, ma si caricano di significati p
si avvicinano di più all'interesse musica
significato liturgico; per cui la citazione
rica nella quale Dante ne ebbe direttame
In tutta la Divina Commedia la vice
intreccia strettamente con la vicenda esem
l'umanità nei confronti della salvezza.
vicenda personale e il destino universa
molti pensatori cattolici nella liturgia e
un certo punto di vista, tutta la Divina Co
liturgica. Come opera di poesia, poi, que
come la liturgia - le significazioni spirit
concrete, in parole, in gesti, in azioni.
Al di là delle interpretazioni generali, an
musicale dell'intervento della liturgia n
forza alla nostra considerazione almeno
analizzati, possono servirci di schema pe
anche se meno chiaramente definiti. I
parlare sono entrambi nel Purgatorio·,
rita » (Canto VII e Vili) e quello del Par
al XXXIII).
— Nella valletta fiorita i principi sie
cantando « Salve Regina » 45.

« Ibid., XVI, vv. 16-18:


Pur « Agnus Dei » eran le loro essordia;
una parola in tutte era ed un modo
si che parea tra esse ogne concordia.
44 R. Guardini, Lo spirito della liturgia, Brescia
45 Purgatorio, VII, v. 82.

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180 GUIDO SALVETTI

— All'ultima luce del crepuscolo


ambo le mani » intona l'inno « T
le anime

dolcemente e divote
seguitar lei per tutto l'inno intero
avendo gli occhi alle superne rote.

— Poi il silenzio, carico di attesa: giungono due angeli che, con


le spade mozze, si collocano da un lato e dall'altro della valletta,
pronti per l'imminente assalto.
— Vien buio: « temp'era già che l'aere s'annerava ». Si alzano
nel cielo tre stelle luminose.
— Giunge tra l'erba il serpente.
— Gli angeli lo assaltano; lo fanno fuggire; ritornano ai loro
appostamenti.
Da notare che, tra l'una e l'altra di queste azioni - che, nel me
desimo ordine, si ripetono identiche ogni sera - Dante, a maggior
mente sottolinearne l'articolazione, introduce dialoghi, presentazioni
di personaggi, chiarimenti di Virgilio e di Sordello. In tal modo la
vicenda " unica " del viaggio oltremondano di Dante si inserisce in
una struttura " universale " ed eterna (eternamente ripetuta); una
struttura che affonda il proprio significato in un unico significato
teologico-morale: la dottrina della salvezza.
Il Salve Regina, in questo contesto, non ha valore solo perché
conviene « alle anime dell'Antipurgatorio, in genere, che anch'esse
anelano ad uscire dal loro esilio e a intraprendere il cammino che
deve condurle alla beatitudine; e in particolare ai principi di questa
valletta; in quanto contrappone alle glorie mondane il concetto della
vanità del mondo »47. Il concetto teologico sfuma piuttosto nel
significato liturgico, secondo cui questo canto era espressamente de
stinato da Gregorio IX all'Officio di ogni venerdì sera. Significato
penitenziale, essenzialmente, nell'ambito del Vespro.
Anche Te lucis ante terminum è un inno appartenente al Vespro,
e di questo momento liturgico vien colta poeticamente, attraverso il

"6 Ibid., Vili, V. 13.


47 La Divina Commedia cit., p. 470, nota al v. 79.

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LA MUSICA IN DANTE 181

canto, l'intensa commozione. Il sentime


Canto Vili, è di una struggente mali
ganti) che non si può ridurre a semplic
nella liturgia interpretandola emotivam
inno, come già il Salve Regina, è il mez
profondo, e « interpretare ». La mus
liturgia secondo un rapporto esterno
essenza.

Molto più complessa, perché affollata di molti più simbo


razioni mitiche, è l'azione che si svolge nel Paradiso terre
l'ingresso è accompagnato dal canto degli uccelli, cui fann
done » le fronde mosse dal vento e dal canto di Matelda, ch
danzare sul prato fiorito, cogliendo fiori49. Ed anche le ulti
di Matelda si concludono con un canto: « Beati quorum tec
peccata »50. Dopo di che, inizia la vera azione drammatico-l
— Un bagliore penetra sotto gli alberi della foresta, accomp
da una melodia dolce e indistinta che si spande nell'aria.
— La fonte della luce e della melodia si rivela essere sette can
delabri, i quali guidano una visionaria processione. La melodia viene
intesa da Dante come un canto di Osanna. La processione ha inizio, ed
in essa figure umane, simboli astratti ο bestiali si affollano in un
crescendo di immagini e di canti.
— Nella processione, un carro. Tre donne danzano intorno alla
ruota destra: la loro danza è guidata dal canto di una di loro. Intorno

« Purgatorio, XXVIII, ν. 18.


49 Ibid., ν. 41; l'immagine del canto e del ballo di Matelda non è dato solo dai
primi versi descrittivi:
e là m'apparve [...]
una donna soletta che si già
cantando e scegliendo fior da fiore
ond'era pinta tutta la sua via.
ma ancor più dalla similitudine che segue (w. 52 sgg.):
Come si volge con le piante strette
a terra ed intra sé donna che balli,
e piede innanzi piede a pena mette,
volsesi in su i vermigli ed in su i gialli
fioretti verso me non altrimenti
che vergine che li occhi onesti avvalli.
50 Ibid., XXIX, v. 3: Salmo XXXI («Beati quorum remissae sunt iniquitates
et quorum tecta sunt peccata »).

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182 GUIDO SALVETTI

alla ruota sinistra « fanno festa »


canto di una di loro.

— Un tuono interrompe l'incedere della processione e l'avvicen


darsi dei canti.

— Nel silenzio, « tre volte » un vegliardo canta « Veni Sponsa


de Libano»51: sul carro cento spiriti «si alzarono ad vocem tanti
senis », continuando quel canto.
— Tutte le anime cantano « Benedictus qui venis » ed esclamano
« Manibus date lilia plenis » 52.
— Dopo l'aspro rimprovero di Beatrice a Dante, durante il quale
gli angeli cantano « In te Domine speravi »53, ancora un canto,
« Asperges me hyssopo »54 accompagna Dante alla purificazione nel
fiume Lete.

— Dopo il rito della purificazione, la processione si rimette in


moto; le sette donne (ancor suddivise in due gruppi) riprendono
la danza e il canto « angelico ». Il carro si muove. « Temprava i
passi un'angelica nota » 55.
— La processione si arresta di nuovo di fronte al grande albero
del peccato originale. Ancora un canto, non definito:
Io non lo 'ntesi, né qui si canta
l'inno che quella gente allor cantaro
né la nota soffersi tutta quanta.

L'altezza del canto, superiore alle stesse capacità umane, è causa


di un sonno profondo di Dante.

51 Ibid., XXX, ν. 10. Nel Liber responsorialis, p. 263, troviamo: « Veni de Libano
Sponsa mea, veni de Libano, veni » (Cantico dei Cantici, iv, v. 8). Il che spiega anche
le « tre volte » riferito quindi alla parola « veni ».
52 Sia il « Benedictus », tratto dai Vangeli e dal Salmo CXVII, v. 26, sia « Ma
nibus date liba plenis », tratto da Eneide, VI, v. 883, sia « Veni sponsa », si riferi
scono all'imminente arrivo di Beatrice dal cielo.
53 Purgatorio, XXX, v. 82.
54 Ibid., XXXI, v. 98. Salmo L, v. 9 (è indicato nel Liber Usualis, p. 11, e nel
Graduale Romanum, pp. 1, 3, 4, come « Antiphona in Dominicis ad aspersionem aquae
benedictae ». Il canto si ricollega quindi direttamente con la purificazione di Dante
attraverso l'immersione nel fiume Lete).
55 Purgatorio, XXXII, v. 33.

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LA MUSICA IN DANTE 183

— Al suo risveglio egli sente che alcun


« con più dolce canzone e più profonda
rimangono nel vago.
— Accanto all'albero avvengono vari
significare la decadenza e la corruzione
innalza il canto « Deus venerunt gentes
Deus venerunt gentes in hereditatem
polluerunt templum sanctum tuum

Dopo la violenta rappresentazione del


questo canto « è insieme pianto per le tr
ardente invocazione dell'intervento di Dio,
con la sua mano vendicatrice i colpevol
— Il resto del Canto XXXIII del Purga
della Cantica, come è priva di nuove im
interventi musicali.
In questa vasta azione liturgica la musica crea i momenti di tri
pudio e i momenti di attesa, commenta gli atti, fa tutt'uno con la
luce, e quindi con il simbolo della Grazia. Insomma, l'attenzione non
è rivolta alla musica per il suo valore autonomo, ma tutto (quindi
anche la musica) contribuisce a creare il vasto dramma, che va dalla
penitenza, alla purificazione, all'ascesa alle stelle. Ciò che caratte
rizza il rapporto tra canto e liturgia è, come abbiamo visto, una certa
propensione al vago. Si affaccia qui una tecnica che sarà abituale in
tutto il Paradiso: la cosiddetta «poesia dell'ineffabile»57. Il sem
plice accenno, accompagnato dalla dichiarazione della superiorità del
canto ai sensi e alla memoria umana, costringe il lettore ad una
sorta di astrazione e di superamento delle sue contingenti esperienze.
Il riferimento " fa poesia " con l'assenza di determinazioni precise.
Eppure, nonostante le dichiarazioni di « ineffabilità », nonostante
la voluta trascuratezza di tante osservazioni generiche, dove si parla
di « nota », « canto », « melodia » senza determinarli in alcun modo,
il Paradiso terrestre vive liturgicamente proprio dei pochi accenni

» Ibid., XXXII, ν. 90.


57 L. Tonelli, Dante e la poesia dell'ineffabile, Firenze 1934; G. Di Pino, La
figurazione della luce nella D.C., Firenze 1953.

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184 GUIDO SALVETTI

precisi che possiamo rintra


di questi canti è il movimento delle combina
zioni timbriche, corrispondenti al movimento processionale.
Assistiamo cioè a un mobile articolarsi di momenti vocali, ora so
listici (l'intonazione da parte del veglio di « Veni Sponsa »), ora di
piccoli gruppi (il gruppo delle tre virtù teologali e quello delle quattro
virtù cardinali, che, cantando dapprima separatamente, si uniscono
antifonicamente nell'esecuzione di « Deus venerunt gentes »), ora di
masse corali numericamente determinate (i « cento » che rispondon
al veglio sorgendo sul carro - e credo che il numero, per un insieme
di ragioni, non sia usato qui in senso indefinito), ora di masse ster
minate, senza numero (i « tutti » che intonano « Benedictus qui
venis »). Anche quegli « altri », pochi, che « sen vanno suso con più
dolce canzone e più profonda » sono momento di contrasto timbrico
dinamico con «quella gente» che «l'inno [...] allor cantaro». La
maggiore dolcezza e la maggiore profondità richiamano alla mente gli
elementi di contrasto tra una schola di specialisti e la massa corale
popolare: profondità dunque come maggiore artificio, maggiore ten
denza al vocalizzo, e comunque maggiore abilità vocale.
La musica, attraverso le sue strutture timbriche e dinamiche,
offre quindi la trama del movimento liturgico processionale, creando
un gioco di maggiore-minore intensità, di maggiore-minore festosità.
Un ultimo caso in cui la musica crea la struttura liturgica: la
cornice dei lussuriosi. I penitenti cantano l'inno « Summae Deus
clementiae » fino alla fine; poi enunciano esempi di castità e ripren
dono da capo l'inno 58. E cosi via, all'infinito. Questa struttura formale
doveva essere piuttosto consueta negli inni cantati nelle processioni,
quando le ripetizioni sopperivano alla lunghezza del tragitto. Possiamo
cogliere qui, inoltre, la struttura essenziale di ogni liturgia: la fini

58 Purgatorio, XXV, ν. 127:


Appresso il fine ch'a quell'inno fassi,
gridavano alto: " Virum non cognosco
indi ricominciavan l'inno bassi.

« Alto » e « basso » - si evince dal contesto - sono notazioni che riguardano sia
l'altezza che l'intensità.

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LA MUSICA IN DANTE 185

tezza dei singoli atti, inseriti però in cicli te


ripetuti, divengono immagine terrena del
giornata liturgica ecc.).
In tutti questi casi, quindi, anche se i rif
gono nel vago e risultano asserviti ad un a
possiamo cogliere ugualmente qualcosa di
letterario. Dante dà prova di comprendere co
espressivo, talvolta, e quello formale struttu
relazione con l'azione liturgica: e di quest
diviene elemento ordinatore, in un mutu
espressivi.
Rimangono finalmente quei canti la cui scelta non può farsi risa
lire all'opportunità concettuale delle parole; né alle convenienze del
l'azione liturgica. L'unica ragione della loro scelta sta in un rapporto
diretto con la poesia: come dire che Dante ne coglie direttamente il
valore poetico e ce ne dà quindi una interpretazione critica. Facciamo
osservare che non sempre, neppure in questi casi, Dante si dilunga
a illustrarci il particolare carattere del canto; molto spesso è la stessa
situazione poetica nella quale è inserito a indicarci la sua significa
zione. Osserviamo infine che l'attenzione " musicale " non sempre si
presenta necessariamente "pura". Il canto può convenire testual
mente, liturgicamente, alla situazione poetica, ma i η
più instaura con essa un rapporto di convenienza interna e inti
mamente musicale.
I salmi, ad esempio, sono introdotti da Dante con rilevante co
stanza di significato. « In exitu Israel da Aegypto »59 cantano le
anime nella navicella che, guidata dall'Angelo, sta per approdare alla
montagna del Purgatorio. Abbiamo insistito sulla particolare situa
zione sentimentale del Canto II del Purgatorio. Nel tenue chiarore
mattinale, in quella spiritualità fatta di sospensione e di attesa, il
salmo vien colto nella sua caratteristica di staticità ritmica e melodica.
Nel grigiore crepuscolare del Canto II del Purgatorio, acquista un
senso specifico quel procedere del salmo per brevi inflessioni melo

59 Ibid., II, ν. 46. Anche solo nel Liber Usualis molti sono i canti con queste
parole. A p. 1068 è in stile fiorito, precedendo un Graduale. Nella sua stesura
salmodica si ritrova a pp. 153 sgg.

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186 GUIDO SALVETTI

diche all'inizio, a metà versetto, a


su una sola nota ribattuta (tuba):

In-e- xi-tul-sra-el deAE-gy- pto + Do-mus Ja-cob de po-pu- lo bar- ba- ro.

Questo determina anche una assoluta uniformità di canto-recitazione


di un versetto rispetto a tutti gli altri (nel caso di questo salmo, i
versetti sono ben trenta). Il salmo vien colto nel suo valore di rinuncia
ad ogni ornamento e a ogni espressività che non sia quella della cenere
penitenziale. In questo canto uniforme, l'unico movimento può esser
dato dall'esecuzione in responsorio 60 ο in antifona. Ebbene, In exitu
Israel de Aegypto ci viene rappresentato da Dante anche privo di
questo interno movimento: « cantavan tutti insieme ad una voce »
assume quindi un valore di staticità ben diverso dal giubilante unirsi
dei cori celestiali in altri tipi di canto, in altre situazioni poetiche.
Ed anche l'osservazione « con quanto di quel Salmo è poscia scritto »
indica il perpetuarsi del canto attraverso i numerosi versetti, senza
articolazione, senza varietà, senza slanci melodici ed espressivi.
Nel Canto V del Purgatorio ancora un salmo, il Miserere, si inse
risce nel lento, faticoso, procedere delle anime, le quali, più che
salire, si aggirano intorno al monte, in attesa di poter accedere al
Purgatorio vero e proprio61. La turba si muove quindi processional
mente: ed il salmo si articola allora nell'esecuzione ad antifona:

cantando « Miserere » a verso a verso;

60 Cfr. M. P. Ernetti, Canto Gregoriano, vol. IV, Venezia 1964. A p. 33 tro


viamo questa chiara distinzione tra i vari tipi di esecuzione responsoriale: « 1 - il so
lista canta il primo emistichio del salmo, ripetuto poi subito dall'assemblea dopo ogni
versetto salmodico; 2 - il cantore esegue per intero ogni versetto, di cui il popolo
ripete soltanto l'ultima parte; 3 - il cantore divide i versetti in brevi incisi affinché
tutti poi possano ripeterli senza errore: è questo il sistema adoperato con i giovani
per insegnare loro la Bibbia ».
61 Purgatorio, V, w. 22 sgg.:
E 'ntanto per la costa di traverso
venivan genti innanzi a noi un poco,
cantando " Miserere " a verso a verso.
Quando s'accorser ch'i' non dava loco
per lo mio corpo al trapassar de' raggi,
mutar lor canto in un " Oh! " lungo e roco.

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LA MUSICA IN DANTE 187

un versetto, cioè, per un semicoro,


Caratteri simili vengono attribuiti
pavimento anima mea », nel Canto X
e i prodighi recitano questo salmo st
canto tutto rotto da « alti sospiri, si c
osservazione quest'ultima che è possi
rattere sillabico della melodia salmodica.
Ed ancora un salmo vien dato ai golosi. Del Miserere vengon
colte ora le parole « Labia mea, Domine », che si addicono un poco
al peccato di gola63.
Il contesto nel quale è inserito questo canto è tale da chiarire
definitivamente il significato poetico che Dante attribuiva al salmo;
il significato estetico, cioè, di un canto tanto statico melodicamente,
privo di ogni forma di melisma:
— le anime che recitano il salmo son dette « piangere e cantar »;
ricordiamo ancora i sospiri con cui viene rotta la recitazione di
« Adhaesit pavimento » ed anche l'« Oh! » di meraviglia con cui si
interrompe il Miserere quando le anime vedono l'ombra di Dante.
Tutto ciò sottolinea il carattere non vocalistico del salmo, ma la sua
instabilità vicina alla parola parlata, al pianto, al sospiro, all'interie
zione: un canto insomma appena discosto dal suono vocale puro;
— per meglio chiarire il carattere penitente di quella turba, ecco
la similitudine dei pellegrini, che è l'occasione di attribuire, anche al
canto, la pensosità di gente « tacita e devota »;
— l'immagine del volto dei penitenti:
Nelli occhi era ciascuna oscura e cava,
palida nella faccia, e tanto scema,
che dall'ossa la pelle s'informava

stabilisce un rapido rapporto con tante torme di pellegrini che Dante


pur dovette incontrare, almeno nei primi anni di gioventù: epigoni
di quel moto laudese eccitato dalle profezie gioachimite.
Il fatto che Dante attribuisca a questi salmi significati poetici pe
nitenziali e che ne sottolinei il carattere di estrema parsimonia voca

« Ibid., XIX, ν. 73: Salmo CXVIII, ν. 25.


63 Ibid., XXIII, ν. 10. È un versetto del Miserere·. Salmo L, v. 17.

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188 GUIDO SALVETTI

listica, potrebbe sembrare anch


i caratteri tecnici del canto s
immagini e una certa aggettiv
tecnicamente ed espressivamente
gini ed aggettivazioni opposte
All'estremo opposto del salm
sivo, si pone il tractus·. canto
di estrema mobilità melodica e ritmica. L'ultima delle beatitudini
(« Beati mundo corde » 64 ) sembra staccarsi decisamente dal tono par
lato delle altre. Ritorna il verbo « cantava », e spicca un aggettivo
inusitato nella terminologia musicale dantesca: « viva »
e cantava: " Beati mundo corde! "
in voce assai più che la nostra viva.

Nei repertori liturgici troviamo un communio che inizia proprio con


le parole « Beati mundo corde » e continua con una serie di altre
beatitudini. Questo communio ha la particolarità di divenire sempre
più ardito melodicamente ad ogni ripetizione della parola « beati »,
finché giunge di slancio fino alla settima maggiore 65 :

Ci sembra che il termine « viva » potrebbe ben riferirsi ad un


simile procedimento, ο comunque all'aspetto liberamente espressivo
e vocalizzante della composizione.
Anche il canto di Matelda, che va cogliendo fiori nel Paradiso
terrestre, e quello di Piccarda, che svanisce cantando nell'opaca luce
del primo cielo, sono evidentemente canti solistici, per i quali però
non rintracciamo indicazioni specifiche. È possibile però arguire che
debba trattarsi di un canto simile a quello del trac tus, per le immagini
di leggiadria e di movimento a cui viene accompagnato: per Matelda
l'immagine della « donna che balli »; per Piccarda, tutta la lievità

64 Purgatorio, XXVII, ν. 8.
65 Communio, in Liber Usualis, p. 1727.

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LA MUSICA IN DANTE 189

di immagini di un cielo dove ogni cos


come contorni di « una perla in bian
il canto di Matelda può essere stato
quindi al di fuori del genere liturg
Piccarda trova chiarimenti in tutto il r
in possesso, dove si ritrova come tra
mente66 :

Hn»
3 ♦ A -*■ **»
A - ve

A maggiore mobilità melodica e ritmica Dante fa quindi corri


spondere immagini più « vive », immagini leggere e mobili. A questo
maggiore movimento corrisponde talvolta una maggiore intensità
espressiva, soprattutto quando questo tipo di canto più fiorito non è
intonato da una sola persona ma da un coro. L'esempio più chiaro
di questa ulteriore equazione, ci viene da Regina coeli, un'antifona
che ogni repertorio ci dà ricca di melismi. Le anime che lo intonano,
nel cielo delle stelle fisse, si tendono verso la Vergine, con la loro
« fiamma »: anche in loro, come nel bambino, il gesto deriva dal
l'animo « che 'nfin di fuor s'infiamma ». Ed ancora: questo gesto
dimostra « l'alto affetto » che essi provano per Maria 67. « Fiamma »,
« s'infiamma », « alto affetto »: dopo questi segni espressivi si inse
risce il Regina coeli68 :

SI? ■ 1 ■ ■ i . . .
■ ■ ■ 3 > ' i g» g P
Re- gi- na coe- li ♦

Il frequente ritorno di « Alleluja » alla fine di ogni versetto ne esalta


l'espressività colta da Dante.
Tra i due estremi del canto salmodico e di quello tendenzialmente
allelujatico si colloca, con una singolare medietas, il canto innodico. La
citazione più ricca e compiuta è senza dubbio quella del Canto Vili

66 Paradiso, III, ν. 121. Dal Liber Usualis, p. 1412.


67 Ibid., XXIII, ν. 128.
68 Dal Liber Usualis, tra le Antiphonae B. Mariae Virginis, p. 278.

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190 GUIDO SALVETTI

del Purgatorio: il già citato « Te


teologica e quella poetica indica
è più penitenziale in senso stre
felicità trova uno spazio median
che fa tutt'uno con l'immagine
Stiamo ripetendo osservazion
Canto II e l'episodio di Casella
ripetere, pur nel contesto litu
espressive che abbiamo rileva
guarda la mobilità della melo
(appena accennati i vocalismi, c
cidere ancora una volta con la «
Te lucis ante, in tutte le versio
di simmetria metrica, di semp
pensione tonale, doti che la « d
anche un solo esempio 69 :

Te lu- cis an- te ter- mi- num 8 Re- rum ere- a— tor po— sci—mus

> 111
~ . • - . •
Ut so— li— ta a a Sisprae-sul cu- sto-di- am

Più esteriore l'accenno al « Te Deum laudamu


cogliersi la vastità sonora più che l'intima n
di Dante è tutta rivolta al sovrapporsi del can
che la porta del Purgatorio emette nell'aprirsi7
Canto Vili non si ripeterà con uguale densità n
terrestre, dove gli inni sono, più che altro, un
liturgia. Per cui il Canto Vili ci dà una test
preziosa perché abbastanza isolata.
Nell'ambito dei due estremi e della via mediana che abbia testé

69 Da Monumenta Monodica Medii Aevi - Hymnen, I, Kassel 1956; dal Codice


di Milano della Biblioteca Trivulziana 347 (192 e 192v.), trascrizione di Bruno
Stablein.
70 Purgatorio, IX, v. 140. Il « Te Deum » è citato anche in Paradiso, XXIV, v. 112.

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LA MUSICA IN DANTE 191

indicato, sembrano trovare difficilm


a piena voce, intonati da grandi m
accompagnano talora l'ascesa lungo i
Paradiso. Al di fuori dell'ambito pur
segnaliamo uno di questi canti: il
tutte le anime del Purgatorio inton
di loro al Paradiso. Il « grido » di
monte 71.
La scelta di questo canto è stata guidata certamente da un in
tento morale-teologico, secondo cui Dante vuol sottolineare la par
tecipazione di tutti alla salvezza di ciascuno. Ciò non toglie che
l'accenno al « grido » - parola mai usata da Dante in tali occasioni -
ci spinga a ricercarne il senso preciso. Infatti la parola « grido »
potrebbe - qui come altrove - indicare soltanto la grande intensità
dell'emissione; ed invece essa si riferisce - come già abbiamo osser
vato per il Canto XXV — all'acutezza, cioè all'altezza del suono.
Non si può non rimaner colpiti, scorrendo le fonti del Gloria, nel
notare che in molti casi esso inizia dal Do alto, per poi discendere
gradualmente. Fatto, questo, piuttosto insolito in tutto il repertorio
liturgico 72 :

■■■■'■% 8:
i

ri- a in ex-eel-sis De- o

A parte quindi questa precisa attenzione al valore musica


« Gloria in excelsis », tutti i canti gloriosi che costellano il P
dal « Santo, Santo, Santo », al « Gloria Patri », all'« Osanna
Deus Sabaoth » (cui si accompagna prevalentemente l'osse
dell'« ebbrezza » 73) sono al di fuori di sfumature espressiv
tiche, e contribuiscono, assieme ad altre immagini, a creare l

71 Purgatorio, XX, ν. 133.


72 Liber Usualis, p. 37.
73 In Paradiso, XXVII, ν. 1, troviamo:
" Al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo "
cominciò " gloria! " tutto il Paradiso,
si che m'inebriava il dolce canto.

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192 GUIDO SALVETTI

osannante e luminoso sul qua


universale del viaggio dantesco.
Ciò non toglie che i canti mon
tutto estranei al sentimento an
bile ritrovare in essi un tratta
luminose: Dante si sforza all'inizio del Paradiso di rendere l'aumento
della luce (simbolo della Grazia divina) in corrispondenza con il pro
gressivo avvicinarsi all'Empireo; ma, già a partire dal cielo di Venere,
egli rinuncia a definire attraverso immagini questa gradualità, e ri
corre, per superare i limiti espressivi della parola, alla tecnica - già
accennata - dell'« ineffabile ». Per la musica avviene lo stesso, ed alla
musica viene applicata, ad un certo punto, la stessa tecnica: oltre un
certo limite il Poeta si dichiara incapace di rendere l'immagine, come
della luce, cosi del tripudio sonoro 74.
Per tali ragioni i cenni musicali relativi al canto liturgico non sono,
nel Paradiso, né vari, né eccessivamente efficaci ai fini dell'intendi
mento poetico degli stessi. Sembrerebbe quindi che il contributo che
la musica dà in modo tanto complesso e preciso al conformarsi della
poesia nel Purgatorio, sia ora seriamente compromesso. Ma dobbiamo
osservare che, se il canto omofono approda ad una sorta di impotenza
espressiva, perdendo di precisa significazione, le ultime e le più
alte parole della musica nel Poema sono affidate al canto polifonico:
l'unico capace di partecipare all'estremo rarefarsi ed al sublime intel
lettualizzarsi dell'ispirazione nella Terza Cantica.
Risorge allora il problema di collocare storicamente anche l'espe
rienza che Dante stesso ebbe del canto religioso-liturgico. Solo cosi
possiamo capire il valore dei suoi riferimenti al canto polifonico; e
solo cosi possiamo intendere definitivamente il significato storico dei
riferimenti liturgici, trattati finora in modo extra-storico per semplici
ragioni di metodo.
Occorre chiarire cioè - una volta di più - se i cenni danteschi al
canto liturgico hanno una matrice di riferimento erudito ad una tra
dizione ormai secolarmente codificata e teorizzata, oppure se essi si
riferiscano al momento storico che la musica liturgica (omofona e
polifonica) attraversava negli anni tra il 1305 e il 1320. Potrebbe

74 Ad esempio, in Paradiso, XXI, cioè nel cielo di Saturno, Dante immagina che
il canto non gli si faccia udire perché è ormai superiore alle possibilità sensibili umane.

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LA MUSICA IN DANTE 193

bastare il riferimento alla polifonia per


teschi si rivolgono ai caratteri storicam
liturgico di quegli anni. Ma il problema
lirica monodica — è la pressoché assolu
musica liturgica italiana di quegli anni;
determinare l'esperienza dantesca attrav
e collocati geograficamente nelle varie l
potè conoscere direttamente.
Una prima strada, che ci si apre per
lità dei riferimenti danteschi nei confron
contemporanea, è una rilettura della C
vanni XXII, datata nel 1324/25 75. Anc
liturgico di quegli anni vengono qui cit
carattere di " decadenza ", è possibile
questi caratteri nell'esperienza musicale
Nella Constitutio apostolica « Docta Sa
richiamo vigoroso alla tradizione del can
riguarda la conservazione del patrimoni
sia per il rapporto tra musica e parola,
alla massima chiarezza della parola a fin
La dotta autorità dei Padri ha decretat
divina [...] l'attenzione di tutti deve vig
pronunciata precipitosamente, e la mode
meggiano, canti con placida modulazione
salmodia venga cantata nelle Chiese di Dio
dei fedeli...

La precipitazione nella recitazione dei salmi è però solo un sin


tomo di una generale indifferenza verso la tradizione. La Constitutio
lamenta che « molti discepoli [...] vogliono misurare i tempi »: con
l'introduzione della notazione mensurale, non solo il canto liturgico
trattato polifonicamente assume una nuova ritmica definita e precisa,
ma, per ragioni di contaminazione nel gusto, anche il canto omofono
tende ad allontanarsi da quella ritmica " naturale " che il canto cri

75 II testo si trova in Corpus Juris Canonicis, Extravagantes Communes, Leipzig


1879-1881, parte II, coll. 1256 sgg. Ne riportiamo la traduzione di M. P. Ernetti,
op. cit., ρ. 174.

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194 GUIDO SALVETTI

stiano romano traeva dalle stes


denza " ritmica deriva da una c
della parola, che, sovrapposta a
questa ragione - più difficilment
Questi discepoli inoltre « comp
preferendo cantare queste al po
il fervore creativo di quanti, in
di rinnovarla dall'interno con
sequenze77
Si accusano inoltre coloro che « cantano le melodie della Chiesa
basate su semibrevi e minime flagellandole con piccole note »: testi
monianza del gusto melismatico e vocalistico che, soprattutto nel
canto solistico, aveva ormai rotto l'aureo equilibrio tra accentus e
concentus, sul quale si era basata la fioritura del canto cristiano
romano.

Si può notare che tutte queste osservazioni assumono un p


significato, anche se riferite soltanto al canto omofono. Gli
di " decadenza " dello stesso possono quindi cosi riassumers
attenzione alla parola e al suo valore ritmico; innovazioni n
torio sotto forma di tropi e di sequenze; tendenza al melism
slstico. Potremmo ancora riferire al canto monodico l'uso di « inter
secare le melodie con degli ocheti »: la veneranda melodia grego
riana, una volta irrigidita in un ritmo uniforme, viene smembrata,
nota da nota, dai « singhiozzi », cioè dalle pause.
La Constitutio apostolica non ne fa cenno, ma possiamo aggiun
gere, in fatto di caratteri evoluti della tradizione, quanto si trova in
altre testimonianze, come lo Spéculum Charitatis di S. Aelredo7S, più

76 Questo aspetto è approfondito da M. P. Ernetti, op. cit., p. 183, sotto il


titolo significativo « Secondo abuso: rivoluzione ritmica ».
77 La sequenza e l'inno hanno parecchi punti di contatto dal punto di vista
del rapporto musica-parola, stroficità, tendenza alla tonalità moderna ecc., tanto che
si possono rintracciare in entrambi quelle caratteristiche stilistiche che abbiamo già
indicato come una progressiva contaminazione della musica sacra nei confronti di
procedimenti metrici e tonali propri della musica popolare. Tuttavia la sequenza
conserva comunque una distinzione dall'inno, come sottolinea J. Handschin, Il tropo,
la sequenza e il conductus, in « The New Oxford History of Music » II (Musica
medievale fino al Trecento, trad. it., Milano 1963), pp. 181-2.
78 Cit. in latino da M. P. Ernetti, op. cit., p. 182.

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LA MUSICA IN DANTE 195

antico, e la Constitutio del Concilio V


La prima osservazione riguarda l'intro
ecclesiastico (« Unde in Ecclesia tot o
conda riguarda l'introduzione di elem
« choreae dissolutae », « verba turp
trali). Questo secondo aspetto - anch
dire chiaramente - si ricollega al p
" sacro " di modi fino allora profani
guarda l'uso della sensibile (e quind
mento alla moderna tonalità) e il sen
frasi (di cui la rima, quando c'è, è solo u
Di tutti questi elementi di crisi del
abbiamo incontrato nelle citazioni dante
Spicca, tra le varie osservazioni, l'at
del rapporto tra parola e canto: un ra
varie ragioni - problematico. Abbi
Canto IX del Purgatorio·, il « Te Deu
suono della porta del Purgatorio; e D
[...] quando a cantar con organi si
ch'or si, or non s'intendon le paro

Il che testimonia anche dell'uso degli


con le voci: gli strumenti sono uno d
un corretto intendimento delle parole.
accento critico ο moralistico a riguardo
L'accenno ali'hoquetus è contenuto
dighi. « Alti sospiri » si inframme
modia, in modo che - un'altra volta -
Più vaga la difficoltà nell'intende
« Gloria in excelsis », che tutte le ani
Canto XX. Nella grande risonanza cr

79 Concilio Viennese, 1311-1312; pubblicato


Collectiones, Leipzig 1881, col. 1173.
80 La rima perfeziona il processo di passaggi
durata delle sillabe, ad una metrica basata sull'a
è ormai evidente il mutuo scambio tra la nuo
" regolare in senso moderno.

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196 GUIDO SALVETTI

cantori, l'articolazione delle sillab


meni di rimbombo, di risonanza,
che testimonia comunque la pres
Analoga osservazione possiamo
cantato dai sette candelabri. L'ost
è anche questa volta acustico: ma
quale Dante afferra il canto dopo
Insomma, lasciando pure casi ana
della parola è ben presente, anch
una questione teologico-morale, m
precisione insolita (si veda la defin
Un'altra chiara testimonianza r
registrato e constatato, ma assimi
delle parafrasi erudite proprie di
L'esempio più schematico, e q
« Pater noster »:

Ο padre nostro, che ne' cieli stai (originale)


non circuscritto, ma per più amore
ché ai primi effetti di là su tu hai (tropo)

laudato sia Ί tuo nome... (originale)


... e'I tuo valore
da ogni creatura, com'è degno
di render grazie al tuo dolce vapore (tropo)

Vegna ver noi la pace del tuo regno (originale)


ché noi ad essa non potem da noi,
s'ella non vien, con tutto nostro ingegno (tropo)

Lo si confronti, come procedimento, con un tropo del Gloria, di


epoca anteriore 82 :

Gloria in excelsis Deo,


Quem cives caelestes sanctum clamantes laude fréquentant

81 « Oquetus truncatio est cantus, rectis obmissisque vocibus truncata prolata


[...] ut dum unus cantat alter tacet et e contrario» (C. E. H. de Coussemaker, op.
cit., I, ρ. 134).
82 Codice di Bologna, Univ. 2824, foglio 3 (XI sec.).

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LA MUSICA IN DANTE 197

Et in terra pax hominibus bonae volu


Quam ministri Domini verbo incarnato

Laudamus te
[ecc.]

Un altro evidente accenno alla tecnica del tropo è nel Paradiso 83 :

Osanna, Sanctus Deus Sabaoth


superillustrans claritate tua
felices ignes horum malacoth.

Non si tratta quindi di esteriore constatazione: Dante ha assimilato


lo spirito di libertà che ormai si è insinuato nel patrimonio liturgico
tradizionale, sia attraverso la parafrasi libera, sia anche attraverso la
libera traduzione in volgare, sia attraverso vere e proprie infarci ture
di sua creazione. La fantasia dantesca — lo si può ora affermare in
generale - non è timidamente rispettosa della tradizione liturgica:
l'immaginazione va spesso oltre i dati della liturgia ed anche dell'espe
rienza musicale personale. Come quando, dopo l'intonazione di « Veni
Sponsa de Libano » e di « Benedictus qui venis », aggiunge « Manibus
date lilia plenis », che, come verso dell'Eneide, è assolutamente fuori
da ogni repertorio liturgico.

Ritorniamo alla Constitutio apostolica. Dopo le osservazioni ri


conducibili al canto omofono - di cui abbiamo parlato, riuscendo a
trovarne le tracce nell'opera di Dante - altre osservazioni ci portano
decisamente nel campo della musica polifonica:
[molti discepoli] imbrattano le melodie con discanti e spesso le malme
nano con triplum e motetti in lingua volgare, al punto di disprezzare i
principi fondamentali dell'antifonario e del graduale.

Ancor più negativo, nei confronti della polifonia del suo tempo,
Giovanni de Muris 84 :

Ci sono alcuni che, benché imparino a discantare secondo l'uso moderno,


tuttavia non osservano le buone regole; fanno discanti con troppa lascivia;

83 Paradiso, VII, ν. 1.
84 Johannes de Mûris, Spéculum Musicae, VII, ix, pubblicato in C. E. H.
de Coussemaker, op. cit., II, ρ. 394.

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198 GUIDO SALVETTI

moltiplicano le voci senza necessit


con ocheti; rompono, scandiscon
in luoghi inopportuni saltano, dan
mugugnano e latrano, e quasi imp
poste e disordinate, ed usano un

Ed ancora: la Constitutio apost


possiamo agevolmente identifi
polifonica del XIII/XIV secol
rondellus) una primitiva polifo
lodia " gregoriana " sia chiaram
infatti:

con ciò non intendiamo proibire che ogni tanto, specialmente nelle feste
e nelle solennità, durante le Messe e gli Uffici divini, si eseguiscano con
sonanze (che facciano gustare la melodia), come, per esempio, le ottave,
le quinte, le quarte e simili, cantate però sul semplice canto ecclesiastico
di modo che l'integrità di questo canto resti illibata; e nulla si muti della
tradizionale musica tanto più che tali consonanze sembra accarezzino
le orecchie, provochino la devozione [...]

Cercheremmo inutilmente in Dante una sola traccia di questo ri


fiuto totale delle innovazioni polifoniche del XIII secolo. Dante ci
appare invece totalmente calato nelle esperienze a cui accenna. Le
conosce: e questo fatto è già di per sé interessante circa l'esistenza
di una nascente civiltà polifonico-sacra anche nell'Italia dantesca.
La stessa sostanza dell'immagine del Paradiso è polifonia 85:
Quando la rota che tu sempiterni
desiderato, a sé mi fece atteso
con l'armonia che temperi e discerni.

Questa immagine, fin dal Canto I, recupera la dottrina pitagorica


dell'armonia delle sfere celesti; ogni cielo ha una velocità di rotazione
diversa dagli altri: ma la diversità ha una sua regola, una sua misura,
che costituisce appunto l'armonia (o meglio, visto che non si tratta
di incontro momentaneo, ma di continuata differenza ai vari livelli,
è polifonia).

85 Paradiso, I, ν. 78.

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LA MUSICA IN DANTE 199

Al di là di Pitagora, questa polifoni


movimenti diversi-concordi: proporzio
diversa di cielo in cielo, e proporzional
grado di beatitudine. Insomma, moto, l
secondo una struttura polifonica. A dif
l'immaginazione poetica di Dante ha a d
storicamente determinate, a cui rivolgers
- cioè in maniera sensibile - questi conce
Diverse voci fan giù dolci note;
cosi diversi scanni in nostra vita
rendon dolce armonia tra queste rote.

La polifonia offre quindi l'immagine sensibile, ma nello stesso


tempo estremamente razionale, dell'ordinamento fisico, morale, teolo
gico dei cieli, in generale. Ed ancora alla polifonia Dante ricorre
singolarmente nei vari cieli, attuando un'altra volta quello scambio
reciproco di significati tra il contesto poetico e l'immagine musicale
che ci ha permesso di costruire il nostro discorso: da un lato l'imma
gine musicale dà consistenza e chiarezza all'immagine poetica, dal
l'altra il contesto poetico dà un preciso senso - tecnico ed espressivo -
alla citazione musicale.
Si veda nel cielo di Venere 87 :

E come fiamma in favilla si vede,


e come in voce voce si discerne
quando una è ferma e l'altra va e riede,

vid'io in essa luce altre lucerne


moversi in giro più e men correnti
al modo, credo, di lor viste interne.

Il pensiero va ali'organum melismatico, dove, sopra poche note


del canto cristiano romano, tenute lunghissime, si infiora la parte
organdis ricca di melismi. Una immagine già introdotta nel Paradiso
terrestre, dove il mormorio della selva fa « bordone » (cioè tiene la

M Ibid., VI, V. 124.


« Paradiso, VIII, ν. 16.

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200 GUIDO SALVETTI

nota di fondo) al canto mobile


fuoco e delle faville - e la ste
ci aiuta a comprendere meglio
ci indica soltanto la differenza tr
in movimento; il canto si confi
come una complessità unitaria,
elementi. Questa è cosi, oltre al
di come Dante, nel canto polifo
differenziata) che il distinto indi
chiaramente armonico, più che
Abbiamo già avuto occasion
fonia, verso la fine del Duecent
armonici più « dolci » (Giovann
dove si fa sempre più strada l'
tano gli incontri di quarta. Dan
gente sensibilità: ciò spiega l'at
dell'incontro tra le « diverse note ».
Molto più organico e complesso è il riferimento alla polifonia nel
cielo del Sole: qui la polifonia viene intesa da Dante - chiaramente -
come un campo di immagini tra le più astratte, adatte al tipo partico
lare di ispirazione di una Cantica tanto " razionale ".
È l'immagine di un orologio, cioè di un complesso congegno, ad
anticipare e introdurre la danza e il canto della prima corona di beati.
Come la complessità del congegno (in cui « una parte tira e l'altra
urge ») non esclude — ma anzi tende a costituirne l'intima ragione —
la « dolce nota » e l'effetto espressivo-sentimentale (« d'amor turge »),
cosi la complessità strutturale del canto è l'intima ragione della sua
dolcezza. Come si vede, pur con altre immagini, l'estetica dantesca
rimane ancorata ad alcuni precisi punti di riferimento.
La ruota dell'orologio è la ruota che i beati formano disponendosi
in cerchio intorno a Dante e Beatrice, ed intessendo intorno a loro
una danza, cantando. Il canto è indicato da Dante con le parole « ren
der voce a voce »: se richiamiamo ancora l'immagine dell'orologio,
se diamo a « render » l'unico significato possibile di « rispondere »,
ci si configura un canto polifonico-imitativo. Come tutte si muovono
con continuità, cosi il canto - per l'equazione stabilita da Dante tra
canto e moto - non può che essere continuo, in ognuna. Il « rispon
dersi » non porta quindi ad un canto in antifona ma ad un sovrap

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LA MUSICA IN DANTE 201

porsi di almeno due linee melodiche


di quel canto è propria solo del Parad
la struttura polifonica del canto, evit
esperienze storiche precise: la « poesi
utilizzata per innalzare il puro schema
grado di intellettualismo possibile, senz
Di strutture si tratta: alcune colte d
del conductus, ο del rondellus88, altr
tasia e con il gusto personale delle co
quanto avviene nel cielo del Sole quan
prima corona si accorda una seconda
un'altra di cerchio la chiuse
e moto a moto e canto a canto colse

Anche ammesso che il canto della prima corona fosse solo a due voci
in imitazione, l'ingresso di un'altra corona con le stesse caratteristiche
della prima comporta una struttura di almeno quattro voci in canone.
Il rondellus ducentesco è l'unica composizione polifonica che ci
può dare un'immagine di una simile struttura imitativa, limitata però
abitualmente alle tre voci, non più. Dante non conobbe probabilmente,
per la lontananza geografica e per la datazione tarda, quei componi
menti inglesi (come il famoso Summer is icumen in) caratterizzati
da una maggiore complessità polifonico-imitativa89. Crediamo quindi
di essere nel vero, quando consideriamo queste strutture dantesche
come creazioni di fantasia. A tanta complicazione polifonica, Dante
fa corrispondere una serie di immagini di luce e movimento:
Poi che Ί tripudio e l'altra festa grande
si del cantare e si del fiammeggiarsi
luce con luce gaudiose e blande90

88 Del motetto potrebbero notarsi qui proprio i procedimenti ad hoquetus-, del


conductus il progressivo e definitivo distacco dal patrimonio " gregoriano del
rondellus l'artificio cerebrale. Nelle tre forme avviene una progressiva fusione col
patrimonio melodico popolare e con la stessa lingua volgare.
89 Murry B. Jameson, Summer is icumen in, London 1944. In questa edizione,
vien indicata come certa la data del 1310. Se anche si dovesse anticipare di molto
questa data, la rota non avrebbe avuto molte possibilità di essere conosciuta da Dante,
data l'eccezionalità del caso (allo stato attuale delle conoscenze) e la lontananza geo
grafica e culturale dell'ambiente in cui si inscrive.
90 Paradiso, XII, v. 22.

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202 GUIDO SALVETTI

Poco più innanzi invece - ad esem


questa corrispondenza tra comples
maginativa comincia a venir meno
accenni mitologici, vocaboli propri
in altra luce, molto più astratta, q
Non sapremmo dire meglio del Sa
Dante si serve qui di quelle similitud
lo sforzo di ricostruire mentalmente
un processo tutto intellettualistico u
avrebbe il compito di illuminare il d
poeta [...] Prende risalto l'ingegnosi
che, in questi versi, il poeta si prop
gliandolo della sua vibrante atmosfera
cui si elaborano le invenzioni del suo cielo metafisico e le sue astrali
geometrie luminose.

Ancora più scarno è il riferimento polifonico, sempre riferito alle


due corone, che si trova nel seguente Canto XIV.
Quell'uno e due e tre che sempre vive
e regna sempre in tre e'n due e'n uno,
non circuscritto, e tutto circoscrive
tre volte era cantato da ciascuno
di quegli spiriti [...]

Il canto, riferito alla Trinità, suggerisce una struttura polifonica che,


ricordando ancora il rondellus, ne sottolinea la caratteristica ternaria,
che fu di fatto la più usuale.
Altrove nel Paradiso, con minor impegno che nel cielo del Sole,
Dante introduce cenni di polifonia, ma rimanendo nel contesto delle
immagini e dei procedimenti fin qui esaminati. Si pensi al ritorno
dell'immagine dell'orologio per chiarire il muoversi armonicamente
diverso dei vari cieli92; ο all'arrivo di S. Giovanni che si unisce a
S. Pietro e a S. Giacomo: « Misesi li nel canto e nella nota ». Ritro

91 La Divina Commedia, ediz. cit., p. 947, nota.


92 All'ingresso nel Primo Mobile, tra il Canto XXVII e il XXVIII del Paradiso
Dante riprende più volte la descrizione dei vari movimenti rotatori dei cieli. Il
congiungersi di S. Giovanni agli altri due santi sta in Paradiso, XXV, v. 109.

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LA MUSICA IN DANTE 203

viamo cioè il procedimento di « accorda


sopraggiunge alla danza e al canto preesi
Si ritorna al vertice dell'astrazione co
Dante descrive ulteriormente l'ordinam
disporsi delle gerarchie angeliche. Parl
ternaro ») delle Dominazioni, delle Virtù e

L'altro ternaro, che cosi germoglia

perpetualemente Osanna sberna


con tre melode, che suonano in tree
ordini di letizia onde s'interna.

In questo mondo fatto solo di luce, e di luce razionale, Dante per la


prima volta sembra cogliere l'ordine geometrico delle tre parti del
canto, che si dispongono come tre linee orizzontali, su tre diverse
altezze; non si parla infatti di « mischio », ο di « dolce armonia »,
ma si parla di « tre melodie », disposte su « tre ordini ».
Ancora una volta, l'ispirazione poetica, mentre urge verso una
plaga ancora inesplorata di astrazione e di contemplazione puramente
intellettuale, innalza al proprio livello ogni citazione ο riferimento
sensibile; e la musica si eleva, assieme alle altre esperienze fino a
questa pura concezione razionale.
A differenza quindi delle fonti ecclesiastiche che abbiamo citato,
in Dante non c'è traccia di alcuna riserva nei confronti della poli
fonia. Certo egli evita di riferirsi ad esperienze concrete. Ma ciò può
derivare dal fatto che l'Italia non possedeva ancora una vera civiltà
polifonico-sacra. Intuiamo che la polifonia dovesse aver fatto il suo
ingresso nella liturgia delle chiese italiane in forma molto ridotta:
alcuni canti, in alcune grandi festività, venivano eseguiti da cantori
specializzati, provenienti normalmente da lontano. Ciò può spiegare
da un lato l'assenza di documenti (e quindi di una produzione origi
nale italiana) e dall'altro la conoscenza che, tra gli altri, Dante
dimostra di averne.
Dante non era - sembra certo - un musicista. E la polifonia, per
essere intesa nei suoi elementi tecnico-costitutivi richiede ancor

» Paradiso, XXVIII, ν. 115.

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204 GUIDO SALVETTI

maggiori conoscenze specifiche. Qu


tazione dell'assenza di una radica
nell'Italia dei tempi di Dante sono
genericità dei cenni danteschi al
viglia è la capacità di Dante, su qu
cogliere nella polifonia il signific
- come si diceva - di grande magis
che il legame tra Dante e la musica
esperienza della lirica amorosa gio
cazioni del canto liturgico, riesce a
ai vertici di astrazione del Paradis
è quindi veramente un'esperienza i
connaturata alla sua stessa ispirazio
storia musicale di quegli anni, m
estetico: questo l'opera dantesca può
musica di quegli anni.
Abbiamo percorso fin qui due
cludere che l'esperienza musicale d
opere, è storicamente determinata,
di quegli anni; la seconda ci port
musicale di Dante mantenne, in o
stretto rapporto con il complesso
tica ed umana.
Non pretendiamo di aver dimostrato che l'opera di Dante è una
fonte preziosa per precise nozioni storiografiche. Crediamo piuttosto
che la " verità " storica dei riferimenti renda possibile un mutuo
scambio di significati tra la musica conosciuta da Dante e molti altri
aspetti della civiltà di quel tempo.
Questo vuol essere il risultato del nostro lavoro: l'aver mostrato
che " quella " civiltà, come organismo unitario, rimane arricchita dalla
testimonianza dantesca in un settore - la musica - che ne è parte
integrante; l'aver mostrato infine che " quella " musica, inserita a
vivo da Dante nell'anima di quella civiltà, acquista un chiarimento
interiore: il chiarimento della sua funzione e del suo significato, cioè
del suo più vero essere.

Guido Salvetti

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