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IL FUOCO ALCHIMICO

(di: Angelo Angelini - Kemi Hathor n. 45 - 1990)

Sul termine fuoco, sulla sua vera essenza, sul suo impiego, sulle sue
varianti, gli alchimisti hanno versato fiumi di inchiostro, e più hanno scritto
su questo argomento, più Io hanno nascosto. In sostanza, con l'intento
(non troppo sincero) di rivelarne la sua identità, hanno pensato bene di
rivelarlo, di velarlo sempre di più, lasciando il lettore nelle incertezze e nei
dubbi.
Artefio, che si dichiara disposto finalmente a parlare chiaramente di esso,
con il suo fuoco di lampada, con il suo fuoco di braci e così via, invece di
chiarire, imbroglia ancor più l'argomento.
In mezzo a tanti concetti, in questa matassa aggrovigliata di parole, sono
tutti d'accordo nel dire che questo fuoco deve essere naturale, e qua e là
indicano al lettore la sua possibile identità, la sua eventuale provenienza e
dove meno ne parlano più si mostrano espliciti, per poi di nuovo
confondere le idee quando vogliono dilungarsi su di esso.
Se vogliamo analizzare la sua identità iniziamo la nostra ricerca dal Lullo.
Al Capitolo XL VII del suo Testamentum dice: Sappi, figlio mio, che il solfo
e' fuoco, e la magnesia e' la nostra carissima terra e secondariamente la
nostra aria, e l'argento vivo e' la nostra acqua viva che corre per tutto il
corpo".
Con queste parole offre un punto fermo dicendo che la parte più nobile di
noi è fuoco e con questo conferma la costruzione egizia del termine
aht che significa appunto fuoco, bruciare, o, in altri termini, il Principio
Primo che viene mediato, filtrato e quindi il nostro spirito individualizzato, la
parte più nobile di noi. E aht in egizio, oltre al fuoco, e' anche lo spirito.
Ma questo fuoco non e' ancora il fuoco che si può impiegare nella
operatività alchimica, e pertanto prima di proseguire essa deve essere
chiarita.
Se andiamo a leggere il Capitolo XL VI del Testamentum, il Lullo dice:
Poi, figlio, non devi ignorare la potenza di questi due argenti vivi, quando si
congiungono fra di loro per dissoluzione, e mentre uno e' attivo , l'altro e'
passivo.
Quindi, per le operazioni alchimiche, secondo questo passo, occorrono due
Mercuri che L'Artista spiega ulteriormente nel contesto del Capitolo un
poco più avanti: Figlio, se non conosci le differenze che esistono tra il caldo
ed il freddo, tra maschio e femmina, non sai fare la nostra opera. Sappi che
nulla può nascere se non dalla femmina e dal maschio, e che non si può
generare alcun seme se non dal calore e dall'umidità. Le forze appetitive
sono maschili, calde e secche, e sono fuoco che coagula. Le retentive
sono anche maschili, fredde e secche e sono terra... Le forze espulsive
sono similmente femminili e umide e sono acqua"
Ora, accanto ad un fuoco spirituale, aht, compare un fuoco che coagula, di
polarità ben precisa in quanto e' attivo, positivo, mascolino, dice il Lullo.
E a questo punto compare un altro termine degli Egizi, padri
dell'alchimismo e la cui civiltà fu improntata sugli assunti alchimici, che per
il termine fuoco, bruciare, usano pure il termine Am:
ovvero, l'unione dell'Aquila e della Civetta, delle due lettere madri che
rappresentano il Positivo ed il Negativo per eccellenza, la A e la M. Se
intendiamo per Più lo Spirito e per Meno la materia, il corpo, abbiamo nel
termine bruciare Am la spiegazione della formazione della nostra
composizione quaternaria: lo Spirito si unisce al corpo e da questa unione
si provoca una combustione.
Dalla materia che brucia si alzano vapori che si dispongono a varie altezze,
il thumos e l'epithumia degli alchimisti greci del Corpus Hermeticum, ovvero
.il fumo che nella parte più bassa contiene vapore, il corpo lunare degli
ermetisti e l'epithumia che nella parte più eterea e' lo psichismo, il corpo
mercuriale. Così la genesi dello psichismo, tanto per gli alchimisti, quanto
per la scienza moderna, ha la stessa origine, dalla materia che brucia, che
si consuma e che pertanto invecchia fino addivenire cenere.
Quindi il fuoco, termine unitario, con una sua specificità ben precisa,
presenta fino a questo punto due facce, due modi di essere, che pur
essendo apparentemente diversi, in sostanza sono la stessa cosa.
Fuoco e' lo Spirito caratterizzato, che ha tutti gli attributi del Principio Primo,
attivo maschile ma non indifferenziato, ma fuoco e' anche l'unione del più e
del meno, quindi al fuoco possiamo attribuire un carattere prettamente
spirituale che si manifesta , pero, quando esso viene in contatto con il polo
negativo.
In altre parole, il fuoco si estrinseca e si rende utilizzabile solo se viene
messo in relazione con il suo opposto.
In questo modo il fuoco crea, esplica la sua potenzialità che in modo
diverso rimarrebbe, secondo gli Egizi, solo aht, solo spirito. È Principio
Primo, ovvero l’Aquila.
Aquila e Ibis sono la medesima essenza, ove il primo e' indifferenziato, il
secondo invece e' Io stesso principio che ha subito una polarizzazione, non
che si e' individualizzato, ma che e' stato selezionato in un modo di essere
ben qualificato.
Nella sua Elucidatio Testamenti, che abbiamo riportato nel numero scorso
di questa rivista, il Lullo precisa ulteriormente cosa sia questo fuoco: Il
creatore di ogni cosa creò due cose, tra le altre, atte a questo fuoco,
ovvero lo sterco di cavallo e la calce viva, la cui composizione causa il
nostro fuoco, e tanto secondo Geber quanto secondo Faber, Io sterco di
cavallo e la calce viva sono due sinonimi per indicare i due argenti vivi che
entrano nell'opera.
Acceso, ora, questo fuoco, il problema che sorge e' come impiegarlo, come
condurlo, come amministrarlo nel migliore dei modi.
Per poter rispondere a queste domande, dobbiamo soffermarci sul termine
naturale con cui e' stato classificato il fuoco alchimia).
Tutto ciò che e' naturale risponde alla legge dei tempi, ha un andamento
ciclico, come ciclico e' il tempo. In natura nulla e' fermo, fisso, ma segue un
percorso che partendo da un inizio giunge ad una fine, per poi di nuovo
ricominciare da questo punto finale per iniziare un nuovo ciclo. Tutto e' un
divenire e nello stesso tempo e' un eterno presente, le cui cadenze si
succedono "ora" e non "prima" o "dopò'.
E' il vecchio principio egizio che nella sua grammatica non ha mai
accettato, nelle forme verbali, una declinazione temporale che potesse
indicare un passato o un futuro, ma solo il presente. Pertanto questo fuoco,
essendo naturale, segue la legge ciclica dei tempi e a questo si uniformerà,
come dice il Lullo nel Capitolo XXV del Testamentum: E in questo consiste,
il calore naturale (calor naturalis) deve essere uno con il calore del luogo
(calor loci) E questa la chiamiamo virtù celeste, moltiplicativa, vegetativa,
mutativa. Per la qual cosa dichiariamo che la nostra pietra si forma per virtù
celeste, cresce per virtù moltiplicativa e pullula per virtù vegetativa e si
muta per virtù mutativa...E pertanto la virtù celeste si dice moltiplicativa..."
Con questo passo il Lullo ci indica come questo fuoco non sia mai identico
a se stesso, ma possa variare secondo i tempi e ci suggerisce inoltre come
il calor naturalis, il fuoco suscitato precedentemente dalla commistione di
sterco di cavallo e calce viva sia tutt'uno con il calor loci, come esso muti
secondo il rivoluire del cielo e come esso cadenzi le fasi della nostra opera.
E per fissare questo nuovo stato, la saggezza alchimica egizia diede un
altro nome al fuoco: Teka, che sviscerato dal suo simbolismo significa: il
percorso del sole, forma il Ka.
Ora, il Ka egizio, tradotto erroneamente per "doppio" ha il significato del
"Corpo di Gloria" paolino o del "Legno di Vita" di un certo ermetismo, che
indica la "fissazione" di una parte del corpo lunare, instabile, mutevole, in
qualcosa di fisso, immutabile, che faccia da supporto al binomio superiore
Mercurio-Sole. In questo senso sostituisce il corpo fisico con qualcosa di
etereo, non caduco, non soggetto alle leggi della materia, non corruttibile e
quindi immortale.
L'acquisizione del Ka si compie per evoluzione naturale attraverso innumeri
incarnazioni e l'alchimismo e' la tecnica che permette di accelerare la sua
formazione in un tempo molto breve. Sotto questo significato dobbiamo
intendere il termine Ka che si presenta nella vasta letteratura egizia, ed
allora potremo capire il vero significato "del sorgere del Ka" del re o degli
dei "dal mondo dell'al di là come dicono i Testi delle Piramidi. Poiché
l'acquisizione del Ka e' la deificazione dell'uomo Ritornando ora al
significato di fuoco, possiamo constatare come esso sia triplice: e' la
potenza insita dello spirito che per manifestarsi ha bisogno del suo
opposto, di un contraltare, poiche, come dice Geber “Sulphur solum non
potest generare neque metallum, neque Elixir”, e che come tutte le cose di
quaggiù, confinate nel regno della manifestazione, segue il percorso stesso
della manifestazione, che è ciclico.
Faber, nella sua lettera a Federico Re di Norvegia, parlando dei vari nomi
della Pietra dice:" che si chiama anche Microcosmo e in essa sono
contenuti tutti gli elementi e tutte le proprietà del Cielo... e il sole, la luna e
tutte le stelle sono in essa comprese..."
Quindi, pur rimanendo sempre fuoco, in determinati tempi e' più vivo che in'
altri, e presenta effetti diversi secondo la cadenza dei tempi, e riprendendo
quanto ci ha detto Artefio, possiamo prendere in seria considerazione la
sua spiegazione e il suo avvertimento di dire le cose in modo chiaro per
quanto riguarda la notizia sul fuoco.
"Il nostro fuoco e' minerale, e' uguale, continuo, non manda vapore se non
viene troppo eccitato ( il fuoco egizio AM) partecipa del solfo ( l'egizio
ACHT)... e' da procurarsi artificialmente (AM)... ed e' fuoco naturale contro
natura( poiche' non brucia)...Abbiamo tre fuochi propriamente (TEKA)
senza i quali l'arte non viene portata a compimento e chi lavora senza di
essi si applica inutilmente. Il primo e' di Lampada ed e' continuo, vaporoso
(TEKA) e da procurarsi artificialmente (AM)
tuttavia la lampada deve essere proporzionata (il tempo giusto) alla
chiusura... Il secondo e' fuoco di ceneri (TEKA) nella quale si pone il vaso
sigillato ermeticamente, o meglio, e' quel tenuissimo calore...Questo non è
violento se non viene eccitato troppo _Il terzo fuoco (TEKA) e' quello della
nostra acqua naturale ...(e qui Artefio fa chiaro riferimento a quanto esiste
in cielo in questo preciso momento, in quest'epoca).
Così pure il Villanova nel suo Breviarius Librorum Alchimiae parla dei gradi
del fuoco:" Quando e' il calore di primo grado? Certamente quando
toccando le ceneri con mano, sia la copertura del forno, non hai alcuna
lesione". E a maggior comprensione di ciò che si deve fare ed in quale
momento, aggiunge che si deve operare secondo Giove e Saturno, per
circa 100 giorni. Il secondo fuoco deve essere un pò più forte del primo, ma
da poter sempre mettervi la mano senza fare danno in modo da far bollire
la sostanza per 70 giorni. Il fuoco di terzo grado porta all'incenerimento per
circa 100 giorni fino all'apparizione del bianco, mentre il fuoco di quarto
grado e' fuoco di legna bel
vivo e dura per circa 50 giorni "et quod praedictum ignem flammae...et per
huiusmodi fusionem sperma nostrum in sanguinem vertitur...
Aggiunge poi, nel proseguio che il primo fuoco e' detto anche bagnomaria
"non intensa in calore, nec etiam frigida, quia balneum est res temperata".
Abbiamo analizzato il nostro fuoco, che pur essendo uno, si mostra
attraverso vari aspetti e si può descrivere in vari modi. Il primo e' il Fuoco
radiante, rappresentato nell'uccello Ibis degli antichi Egizi che assume le
caratteristiche del Principio Primo, mediato in questo caso e quindi
differenziato. Porta con sè tutte le caratteristiche analogiche del Fuoco.
Nel Magistero l'Acht non si può esprimere se non viene unito all'elemento
passivo in modo da poter produrre un veicolo attraverso il quale potersi
proiettare ed in tal modo agire. E' l'AM egizio.
Una combustione e quindi un fuoco, non può sorgere se non vi e' una
sostanza comburente che agisca su di una sostanza che deve essere
combusta. In tal senso si possono provocare modificazioni su una terza
sostanza che può essere portata a putrefar-re se vi e' poco fuoco e molto
umido, o a distillare o a sublimare Teniamo presente che ci troviamo nel
campo della manifestazione a qualsiasi livello ci si voglia porre, tanto da
giustificare quanto dice Geber "che l'Arte imita molto il lavoro della natura"
Essendo questo un fuoco naturale, soggetto alle leggi dell'espressione,
seguirà l'andamento ciclico a cui sono sottoposti i fenomeni, quindi
possiederà, di volta in volta, qualità diverse che lo renderanno adatto a
diverse operazioni, in modo che si stabilirà una sequenza operatica che
cadenzerà il regime dei fuochi, ben precisa, che dovrà essere seguita con
attenzione. Vi sarà pertanto l'epoca della putrefazione in cui il calor
naturalis tutt'uno con il calor loci agirà in modo tale che altra operazione
non potrà compiersi, al di fuori di essa.
Alla fine il calore espandente dell'Ibis avrà liberato il calore coagulante della
materia, il carbonio si trasformerà in diamante e secondo le iconografie
egizie, Horo e Seth terranno per mano l'iniziato che sale la scala della
realizzazione.
Tutte le qualità del Fuoco vennero magistralmente riassunte dagli Egizi in
un ulteriore termine che assomma in sè tutti i precedenti, ossia nella parola
che tradotto dal suo simbolismo geroglifico significa: Il legame tra questo e
l'altro mondo ( la benda che serve a fasciare la mummia) che si cristallizza
(la bocca e anche Saturno) (il pulcino) sotto la superficie delle apparenze,
la superficie delle acque, o anche il legame tra i due mondi che pronuncia
una individualità che non compare.
E pronunciare un nome, per l'egizio, corrisponde a creare un individuo, che
in questo caso rimane invisibile, sotto la superficie della manifestazione
visibile.
Viene precisato quindi, lo scopo ultimo che si prefigge il fuoco: la creazione
di un Nome, e di riflesso di un Ente, che appartiene al regno subliminale e
per pronunciare qualsiasi parola si deve impiegare la lingua, che in egizio
e' appunto NETER, con il determinativo della lingua e che compare nella
parola :Fuoco.
In tutti i templi egizi, accanto al Sancta Sanctorum, vi era per-neseru, la
camera del fuoco, ove l'iniziato doveva entrare, conoscere e pronunciare il
suo vero Nome e a lato la per-nu, la camera dell'acqua che ricordano le
prove dell'acqua e del fuoco del salmista.

Se vogliamo parlare in termini moderni, l'unione del fuoco e della materia


corrisponde all'unione dell'Ossigeno (elemento solare) e Carbonio (
elemento saturnino) ovvero al prodotto chimico COL , anidride carbonica,
che e' appunto il risultato della combustione, l'elemento chimico che esce
dai nostri polmoni e che dimostra l'azione dello spirito sulla materia, il lento
degradamento del nostro corpo. E a questo proposito vorrei ricordare un
passo di Massimo Scaligero, una delle anime più elette di questi ultimi
tempi e la cui rinomanza non e' pari alla sua elevatura spirituale, che ebbe
a scrivere nella sua "Via della Volontà solare": " Le forze trascendenti che
un tempo venivano sperimentate dallo yogin nel prana, si alienano nel
respiro ordinario dell'uomo non più di tipo yoghico, ma moderno,
extroverso, identificato per via del respiro con la struttura corporea, onde
egli respira nella sensazione di sé che è consumazione di vita; deve
eliminare con il carbonio un elemento di morte ( la materia) assorbendo
l'ossigeno di continuo donatogli dal mondo vegetale. Ma in questo
elemento di morte egli ha il contingente supporto per l'esistenza fisica, e'
supporto trascendente nella sua alterità, in definitiva presente non per la
banale animazione degli istinti, come accade nell'uomo ordinario, ma come
segno e limite dell'immortalità; perciò presente come stimolo a una sintesi
di resurrezione, in quanto, ad un dato momento, il pensiero convertito
divenga pura forza di vita che assuma come veicolo nell'ente corporeo il
carbonio che allo stato puro, nell'ordine esteriore, e' diamante. Il discepolo
grazie al meditare indipendente dalla corporeità, cessa di espellere nel
respiro il carbonio e lo trattiene nel corpo; qui ora può averlo come
supporto della corrente adamantina, o potenza del "vuoto" senza che
generi la morte; il soffio da lui espirato, non uccide, ma genera vita.
E' questa la via adamantina.

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