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Antitesi Malher-Strauss nel panorama del decadentismo mitteleuropeo.

L’argomento di questa sera è un argomento molto denso perché come sapete dal titolo
prendiamo in esame un confronto tra due musicisti di grande calibro, di grande importanza che
hanno contrassegnato la dominante del decadentismo mitteleuropeo.

L’altro grande emisfero decadentismo è stato quello francese incarnato da Debussy.

L’antitesi tra Mahler e Strauss è un antitesi che in un certo senso sembra riproporre, come
dimensione di significati e ricadute simboliche, una sorta di visione della eredità wagneriana cioè
in una sorta di sinistra e destra wagneriana analoghe per dimensione significati e sfumature a
quella famosa sinistra e destra hegeliana Che ci fu nell’ambito filosofico.

La sinistra hegeliana, come sapete, Ebbe il suo sforzo nel pensiero dialettico marxista mentre la
destra interpretava il pensiero hegeliano come una sorta di fenomenologia della coscienza in
senso più contemplativo religioso.

Ora in questo senso, Non in una attinenza precisa alla dialettica delle due scuole hegeliane, ma il
messaggio wagneriano per quanto riguarda la musica, sembra venire proprio declinato da Mahler
e da Strauss in due orizzonti, due prospettive, fra di loro completamente antitetiche in tutti i
sensi .

Malher è incline a vedere alla propria problematicità del reale, mentre Strauss sembra affidarsi a
una visione del reale come oggettività e alla purezza delle fonti del reale a cui lui nostalgicamente
si richiama. Mahler avverte con anticipo il tracollo e della MittelEuropa Che avverrà anche dal
punto di vista politico di li a poco con la grande guerra e testimonia questo tracollo anticipandone
le disgregazioni Di codici di linguaggio con partecipazione sofferta. Invece Strauss, che vive molto
più lungo di lui, ci passa attraverso questa crisi dell’Occidente, Ci passa attraverso non
lasciandosi toccare più di tanto e la esorcizza. Per cui sono due aspetti completamente diversi e
parimenti autentici di quello che è un epicentro fondamentale della storia della cultura non solo
della musica moderna.

Inoltre vi è un’altra dicotomia che li separa: Mahler è austriaco, Strauss è tedesco, bavarese.
L’Austria è cattolica e tende ad essere incline verso una rivelazione del trascendente , La
Germania è protestante e ha una visione della fede, dell’impegno esistenziale In termini più
militanti, più calati nel divenire storico. E poi un’altra grande differenza che separa tra di loro
Malher e Strauss é che mentre Mahler scrive prevalentemente sinfonie, anche se dà della sinfonia
una dimensione esorbitante, contenitore dilatato che racchiude una molteplice serie Di elementi,
Strauss Invece scrivere poemi sinfonici, oltre che melodrammi, e poema sinfonico era, in un certo
senso, vessillo della musica programmatica, della musica che non si reggeva su una propria
autonomia, come dire, strutturale di ascendenza classica. Quindi era abbastanza curioso vedere
come nella discendenza wagneriana riescano ad unirsi i due mondi formali, la sinfonia ed il poema
sinfonico, che erano nella generazione antecedente due versanti tra loro in lotta.

Questo per dirvi che i due personaggi sono antitetici in tutto e hanno in comune questa
derivazione di matrice wagneriana.

Mahler nasce nel 1860 e muore giovane nel 1911 a soli 51 anni Di endocardite maligna contratta
in seguito a delle febbri reumatiche, mentre invece Strauss avrà una vita lunghissima, per quegli
anni veramente eccezionale ( dal 1864 fino al 1949 ).

Strauss vive un arco di tempo prodigioso che ha fatto sì che egli potesse vedere dalla Germania
bismarkiana alla bomba nucleare, con tutti i mutamenti sociali, epocali, non solo artistici, ma
tecnologici.

Malher era ebreo ed era figlio di genitori che gestivano una distilleria la quale si trovava presso le
miniere ( lui era originari della periferia della MittelEuropa, la Moldavia) e le caserme ed è qui che
sicuramente deriva il ricordo che in Malher è molto importante dei canti popolari e delle marce
militari che sono così presenti. Un’altro elemento fondamentale della sua vita è la morte precoce
per una epidemia dei suoi ben 12 fratelli che gli hanno ispirato i famosi Kindertotenlieder, i canti
dei bambini morti, su testi del suo prediletto Ruchert, il quale però li aveva scritti molto tempo
prima per la morte dei suoi figlioletti.

Un altro fatto veramente fondamentale della vita di Malher è che la sua produzione è
relativamente esigua, non solo perchè è morto abbastanza giovane, ma perchè il grosso della sua
grande fatica e del suo grande successo era assorbito dall’attività direttoriale. Lui era il direttore di
orchestra più apprezzato della sua epoca e sicuramente questa competenza storico-compositiva
dovuta alla sua attività ha influenzato il suo modo di comporre che è fortemente segnato dalla
contaminazione di stili diversi che si aggregano nel suo linguaggio. Malher sfoggia un modo di
comporre molto meditato culturalmente, laddove invece Strauss ( che pure fu anch’egli un buon
direttore) è un compositore che possiamo definire più spontaneo, nel senso della vena, forse
anche dal punto di vista strettamente musicale anche più dotato, mentre Malher è più
culturalmente interessante.

E’ evidente che le sue prime composizioni nel 1881, aveva 21 anni, furono bocciate ad un
concorso presieduta da Brahms e da Hans: l’orizzonte espressivo di questo allievo di Bruckner e
assimilatore del pensiero wagneriano attraverso Bruckner, doveva sembrare evidentemente a
Brahms e ad Hans, che erano formalisti, un’eresia.

Malher dimostra una straordinaria onestà intellettuale, lui guarda profondamente dentro le
contraddizioni della realtà del mondo che si sta disgregando, come poi farà Schoenberg che
dedicherà a lui il suo manuale di Armonia. Schoenberg da giovane aveva scritto in un linguaggio
tardo-wagneriano al punto che Strauss gli faceva molti complimenti, poi invece passò
completamente dall’altra parte dell’emisfero di questi due filoni e dedicò il suo manuale a Mahler.

Abbiamo di fronte un Mahler che guarda dentro la crisi della Mitteleuropa come uno che osserva
un ventre aperto di un’operazione chirurgica e vede l’agonia e ne testimonia il rantolo fino alla
consumazione, laddove invece Strauss , non per una rimozione, esorcizza questa crisi.

Questa diversità di atteggiamento ha creato in loro, durante la vita e post mortem, una fortuna
critica uguale e contraria e poi ribaltata che ha conosciuto degli eccessi in un senso e nell’altro.
Mahler non era compreso, perchè ovviamente la borghesia guglielmina non poteva capire un
linguaggio che in certe cose anticipa la ricerca della dissonanza Schoenberghiana, senza arrivare
mai alla rottura della tonalità. Tuttavia Mahler ebbe un grandissimo successo come direttore ed
era solito dire “ Io sono il grande Inattuale, Strauss è il grande Attuale ma il mio tempo verrà”.

Strauss ebbe una fortuna straordinaria, perchè rappresentò in modo meraviglioso quel desiderio
del mondo bismarkiano e poi guglielmino di rimanere legato alla purezza apollinea del bello della
grande tradizione classico-romantica, di un romanticismo che rileggeva la classicità in una sorta
di liberty raffinatissimo e prezioso, e rappresentò questo mondo e guardò alla crisi della tonalità
come alla follia di un pazzo, per cui questo atteggiamento gli diede grande successo durante la
sua epoca e poi una accusa rivalutazione nel dopoguerra, soprattutto dalla sinistra culturale che
ha fatto delle strumentalizzazioni ottuse, rivalutando ampiamente Mahler con degli interessi anche
eccessivi e affossando Strauss dandogli del fascista. Strauss subì anche un processo che finì in
nulla come collaborazionista, ma in realtà lui era un personaggio come Thomas Mann già celebre
e soprattutto avanti con gli anni che il nazismo cercò in qualche modo di cooptarlo ma lui si
rifiutò, anzi ebbe degli scontri con il nazismo quando collaborò con il librettista ebreo Stefan
Zweig.

Strauss fu uno dei pochissimi, a 20 anni, ad essere ammessi da Brahms a sentire la prima
esecuzione privata per pochi adepti della 4a sinfonia a Meiningen.

Per lui la prima Guerra Mondiale rappresentò il tramonto dell’Europa e del suo mondo, laddove la
seconda Guerra Mondiale la definì come la catastrofe della civiltà e poi infatti scriverà un epicedio
sulle rovine della Germania distrutta dalla guerra, una composizione molto insolita nei suoi canoni,
Metamorphosen.

La coppia Strauss- Hofmannsthal è stata seconda nella storia della musica solo a Mozart-Da
Ponte. Hofmannsthal scrisse i libretti di almeno 7 opere e quando morì fu sostituito dal librettista
ebreo Zweig con tutte le vicissitudini del caso già dette.

Mentre Mahler è prevalentemente un direttore e compone in modo occasionale, Strauss decise di


smettere di dirigere nel 24 e di dedicarsi completamente alla composizione.

Mahler scrive 9 sinfonie più un Adagio di una decima e alcuni cicli di lieder, quindi scrive poco e si
concentra prevalentemente su due forme (sinfonie e lieder), Strauss invece primeggia in almeno 3
generi e cioè il poema sinfonico, il melodramma, forse l’opera più stupenda del 900 è la sua ( il
Cavaliere della Rosa), lieder e poi occasionali ma straordinari interventi nelle forma di ascendenza
classica rivissuta attraverso una voluttuosa rievocazione nostalgica, cioè i Concerti solistici
all’inizio e alla fine della carriera ritornando su certi temi dopo 50-60 anni.

Strauss dall’86 al 03 si dedica esclusivamente al poema sinfonico, mentre invece dal 05 al 40


poemi sinfonici ne scrive solamente uno e dominano i melodrammi con questi interventi nel
Concerto a 25 anni e a 80: due concerti per corno ( omaggio al padre, cornista apprezzato da
Wagner), primo Concerto nell’86 ed il secondo concerto nel 42.

Secondo una lettura manichea è quella damnatio fatta dalla sinistra culturale, Strauss era uno che
non capisce le avanguardie, un gretto borghese, ma in realtà per riuscire a rimanere così fedele al
modello apollineo della bellezza nella catastrofe linguistica culturale e politica dell’Europa della
prima metà del secolo bisogna avere una forza spirituale ed una convinzione straordinaria che
non è la rimozione ottusa del miope.

Fra l’altro, dal punto di vista delle dominanti poetiche generali lui fino all’Elettra, fino al 1909,
tende ad assumere un linguaggio wagneriano e arriva quasi alla politonalità, rasenta quasi
l’espressionismo ( vedi Danza dei Sette Veli, su soggetto di Oscar Wilde) e poi volge verso un
neoclassicismo nostalgico, languido e screziato come in un liberty e rivive questo incanto
straordinario. Non è il conservatorismo di un gretto pedante o di un manierista.

Come d’altro canto, la testimonianza Mahleriana della crisi, della contraddizione, dell’agonia della
tradizione mitteleuropea non è l’atto di un affossatore, è la testimonianza di un uomo che ne
assiste con partecipazione struggente.

La prima fase della produzione di Mahler è quella definita del folklore trascendente, cioè di un
ripescaggio di elementi folklorici e popolari letti in una chiave di transumanazione simbolica ed è
caratterizzata dalle prime 4 sinfonie ed il ciclo di Lieder Das Knaben Wunderhom, caratterizzato
da questa tema dell’oggettività fiabesca.

La prima sinfonia è dell’89, ma è stata elaborata tantissimo fino al 99.

Secondo movimento. L’incipit è una Danza popolare, che probabilmente rievoca quelle che lui
sentiva da bambino dai minatori nelle giornate festive, deformata in modo grottesco. Poco dopo
introduce, con una piccola ironia decostruttivistica e spiazzante, un ballabile sentimentale di
ambiente urbano borghese e cittadino che contrasta con il carattere sanguigno della danza.

Questa sua prima sinfonia contiene già tutti gli ingredienti della sua tavolozza che poi verranno
variamente esasperati o prosciugati nel corso degli anni.

In questa sinfonia sentiamo anche una marcia funebre struggente e di grande cupezza che si rifà
al brano Fra Martino ma in minore, a cui segue un tema iddish suonata da un’orchestrina tra il
grottesco ed il raggelante che ricorda un po’ le orchestrine ebree che suonavano nei campi di
concentramento.

Invece nel movimento successivo e conclusivo della sinfonia assistiamo ad un capitolo totalmente
nuovo e di fortissimo contrasto. Si inizia con delle dissonanze veramente schoenberghiane, non
siamo alla rottura totale della tonalità, ma di sapore acre a cui segue, qualche istante dopo, una
fase un po’ più lunga con dei fraseggi sinfonici che sono di ascendenza beethoveniana per la
nettezza plastica dell’impianto e la robustezza dell’impulso.

Le caratteristiche fondamentali del linguaggio di Mahler: innanzitutto la sinfonia dilatata come un


contenitore programmatico che deriva da Bruckner, ma la programmazione è tipico di ascendenza
wagneriana ( ci sono anche parti corali con testi di Goethe e Nietzsche ), il politematismo irrisolto,
ci sono temi che si inabissano e rimangono sospesi e questo deriva dalla tendenza al
vagabondaggio estatico tipicamente austriaco ( schubert nella nona sinfonia fu il primo autore ad
evidenziarlo), la contaminatio di elementi disfatti che vuole proprio essere l’immagine di quel
rimescolio di codici sociali che rappresentava negli anni suoi gli albori della società di massa, la
visione che Mahler aveva dell’orchestra come una macchina onnipotente, capace di riprodurre
come una sorta di animale favoloso qualunque realtà.

Strauss ebbe una fase preliminare giovanile in cui lui frequentò il romanticismo tedesco
classicheggiante ed è lì probabilmente che Brahms lo aveva visto e apprezzato. Strauss scrisse
una bourlesque per pianoforte e orchestra, un quartetto per archi intorno all’85, poi la rivelazione
wagneriana che caratterizza tutto il periodo dal 1886 al 1909 che comprende tutti i poemi sinfonici
e i due primi capolavori operistici ( Salomè ed Elettra) dove il wagnerismo viene portato alle
estreme conseguenze, arriva a sfiorare l’espressionismo ed il politonalismo, anzi nell’Elettra nel
delirio vendicativo, quando spinge il fratello a vendicarsi del padre, la fa cantare atonale. Anche
Wagner del resto con il Tristano era arrivato all’anticamera della dissoluzione della tonalità, ad un
cromatismo così spinto che nella sua liquescenza voleva indicare la fusione degli amanti.

Con Strauss, a differenza di Wagner, non c’è più l’eorismo, l’anima bella romantica. I poemi
sinfonici evidenziano un wagnerismo raffinato e compiaciuto che non ha più la profezia ideologica
di Wagner perchè ormai “il mondo è perso” e siamo in una finis mundi consapevole e dilazionata
e l’eorismo, gli accenti eroici, sono solipsismo compiaciuto che si realizza musicalmente nella
lussureggiante orchestrazione e nella voluttà estrema dei suoni e delle melodie che si inanellano e
si involano con straordinaria spontaneità.

Incipit del Don Juan, primo grande successo del 1989.

Il libertino, la figura del Don Giovanni a cui lui si riferisce è quella di Lenao, per cui una visione
decadente compiaciuta che egli realizza benissimo perchè il brano oscilla dall’inizio nella voluttà
sensuale, compiaciuta del brivido di godimento che poi lascia spazio ad una malinconia di
solitudine in quanto la figura del libertino del Don Giovanni come la vede Lenao oscilla tra un
compiacimento dei sensi perseguito per esorcizzare una solitudine molto interiore.

Possiamo notare certamente un modo di comporre che si basa su un sentimento e su una vena
spontanea rispetto alla concettualità intellettuale di Mahler.

Nella seconda fase della produzione sinfonica di Mahler che è caratterizzata da una strumentalità
accentuata perchè le sinfonie 5,6 e 7 sono esclusivamente strumentali, mentre l’ottava è sui
generis con una citazione Faustiana e Nietzchiana che ne fanno una sorta di programma
celestiale a parte, e dalla deformazione grottesca del folklore. Il folklore viene deformato in modo
dissacratorio. Un’altro aspetto fondamentale è la ricerca di timbri puri: l’orchestra io e non è più
agglutinata come la classica orchestrazione romantico-wagneriana. Strauss su questo fa un
eccezionale preziosismo perché tende alternare passaggi agglutinati, rapinosi e avvolgenti con
momenti di una stilizzazione raffinata, quasi congelata degli strumenti. In Mahler invece abbiamo
la ricerca dei timbri puri che è un atteggiamento novecentistico, perchè le avanguardie, come
Ravel nel famoso Bolero, tendono alla secchezza dell’orchestrazione rispetto all’agglutinato
timbrico, i crescendo avvengono perchè si aggiungono altri strumenti e non dovuto ad un respiro
in crescendo dell’intera orchestra. Pertanto si incrementa la ricerca della visione metamusicale di
Mahler del natur-laut, il suono originario, che va inteso come matrice metaculturale del suono, che
avrà un peso ossessivo e costante nella produzione.

Dalla sinfonia n. 5 nel 1902 ascoltiamo il terzo movimento.

Questo atteggiamento compositivo, questo impadronirsi di un modulo espressivo, in questo caso


è la danza popolare, e di deformarlo è la madre di quello che poi farà con maggior secchezza e
con maggior asciuttezza ad esempio Stravinsky con il Pulcinella, prende dei pezzi di Pergolesi e li
rende quasi meccanici e li scombina in una sorta di disegno di un burattino meccanizzato. Solo
che in Stravinsky non c’è nessuna traccia di pathos emozionale, mentre in Malher sì. Dalla stessa
sinfonia il quinto movimento invece ci porta forse nel mondo linguistico più lontano da quello che
abbiamo appena sentito perchè Malher qui addirittura rivisita il contrappunto di Bach.

Le sinfonie di Mahler sono da vedersi come un grande estuario di un fiume che trasporta
molteplici e diversi detriti che sono di provenienza del divenire storico, linguistico e culturale e
questa accezione proprio della sinfonia come flusso psichico ci fa ricordare che è il periodo in cui
Freud elabora le sue teorie e c’è uno stretto legame indubbiamente involontario perchè la sinfonia
come flusso di coscienza politematico è in linea con quello che Freud stava elaborando sulle
dinamiche dell’incoscio. Anche il fatto che spesso i movimenti delle sinfonie di Mahler si
concludano in modo tronco e senza preparazione è il segno dell’incapacità di concludere una
proliferazione inconscia. L’incoscio non ha le strutture concettuali della ragione per cui potremmo
dire che un flusso politematico non prepara con le cadenze le conclusioni e la ricapitolazione
tematica. E anche la ricerca della dissonanza non è altro che la ricerca dell’incoscio della tonalità
perchè la dissonanza è il magma oscuro del suono che sta alla tonalità che è la selezione
apollinea come l’incoscio emozionale sta al logos della ragione. Quando Schoenberg emanciperà
la dissonanza, in realtà darà voce al l’incoscio della dimensione del suono.

Nella seconda fase di Strauss, l’artista lascia il wagnerismo e si porta verso un neo-classicismo
che non ha nulla a che vedere con quello di Stravinsky o di Ravel. Il neoclassicismo di Strauss
che va dal 1910 al 1940 è vissuto in senso romantico-nostalgico, un settecentesimo autunnale
totalmente limpido con occasionali modernismi, un meraviglioso sogno della classicità
trasfigurata dall’emozione del ricordo. L’ultimo melodramma, l’Elettra del 1909, era quasi
allucinato nella sua componente quasi espressionistica politonale e poi arriva il suo grande
capolavoro, il Cavaliere della Rosa, con cui lui celebra un doppio omaggio a Mozart e alla Vienna
del 700. E in questo neoclassicismo velati di commozione nostalgica, il cromatico di ascendenza
wagneriana non viene del tutto abbandonato, ma diventa come una seducente cancrena della
tonalità.

Il Cavaliere della Rosa è un ripensamento sugli stessi temi con alcuni cambiamenti molto
significativi delle Nozze di Figaro. La marescialla, questa donna piacente ma non più
giovanissima, è la contessa che sente che il passare del tempo è il passare della vita e non solo la
bellezza che sfiorisce, il suo giovane amante Octavian è Cherubino, che qui è diventato più
intraprendente, riesce a fare quello che nelle Nozze di Figaro non avrebbe mai potuto sperare,
perchè si era innamorato della contessa e qui è l’amante della marescialla, viene poi portato via
dalla marescialla da Sofie che è Susanna, la giovane piena di malizia e di freschezza, ed il Conte
di Almaviva che era l’uomo con una burbanza di volontà ed anche una certa protervia, qui diventa
invece il barone Ochs che viene fatto fesso. Era tradizione mandare una rosa d’argento alla
fidanzata tramite un messaggero d’amore e lui si era invaghito di Sofie che è giovane bella e ricca
e non sapeva a chi affidare l’ambasciata e la marescialla gli propone di mandare il suo Quinquin
Octavian, solo che i due giovani appena si vedono si amano e i due più passati restano soli.
L’equivalente di Figaro non c’è perchè Figaro è il personaggio di una proba è convinta costruzione
di un futuro, qui invece non si costruisce più nulla. Figaro era quello che diceva “ se vuoi ballare,
signor Contino, il chitarra o ti suonerò” qui non c’è più nulla da fare, il mondo è finito e c’è questo
valzer rapinoso con queste accentuazioni wagneriane che porta via tutto, i ricordi ed i rimpianti.

I valzer punteggiano i concertati, i passaggi a più voci, d’intrigo o faceti con frasi che non
risolvono: Wagner applicato al valzer.

E’ qui che possiamo sentire come Strauss possa essere definito un liberty della musica: la
seduzione tardo-romantica viene congelata dalla stilizzazione del disegno ed impreziosita da
questi cromatismi che sembrano la cancrena della tonalità, una bellezza un po’ toccata e un po’
passata. Strauss anticipa con la simbiosi tra timbri e melodia, in ambito tonale, quello che faranno
a Schoenberg e Webern, la cosiddetta la melodia dei timbri-colori, la melodia dei timbri puri, cioè
una melodia fatta più che con successioni intervallare,per rapporti di colore ed inoltre c’è da
vedere in Strauss anche una polivalenza stilistica non spinta come in un montaggio com in
Mahler. Per Mahler la polivalenza stilistica è una contaminatio disgregativa, mentre per Strauss è
la stratificazione del vissuto storicostilistico, cioè di un patrimonio di tradizione che esorcizza il
vuoto incombente: la bellezza apollinea che cura il cura la sofferenza dionisiaca.

Strauss cerca il fondamento primigenio nel ripensamento del neoclassicismo così languido e
prezioso, mentre Mahler nel natur-laut al di là della cultura e questo atteggiamento di nuovo lo
collega ad una grande tendenza filosofica nei suoi anni: la fenomenologia di Husserl.

Husserl diceva che la descrizione fenomenologica deve essere in grado di cogliere la realtà che
sta a priori delle operazioni razionali della nostra cultura e che non è l’incoscio in senso freudiano.
Mahler è protesto verso questo pensiero: il fondamento originario sta prima della cultura, mentre
per Strauss gli oggetti-essenza sono il decantato ultimo e raffinato degli stilemi della cultura ed in
modo particolare di quelli mozartiani.

Ascoltiamo l’incipit del Concerto per Corno n. 2 del 1942, 59 anni dopo aver scritto il primo, quasi
ottantenne lui fa un doppio omaggio al padre spirituale, Mozart e al padre suo che era un grande
cornista apprezzato anche da Wagner.

Mozart scrisse 4 concerti per corno e Strauss riesce qui a riecheggiare l’intensità e la pienezza, la
limpidezza del discorso con certi accenti pastorali di solitudine aggiungendoci anche qui quelle
lunghe frasi di ascendenza wagneriana la cui soluzione è anche qui dilazionata.

Nella terza ed ultima fase di entrambi gli autori anche se con accenti a volte speculari sembrano
giungere ad un esito simile perchè entrambi affidano il loro congedo ad un ciclo liberistico che
rappresentano per entrambi uno dei culmini massimi della loro attività.

Mahler era ebreo e oltre gli elementi già citati, il tema della ricerca del centro, delle radici, della
terra promessa è sempre stato molto presente. La sua ricerca ontologica, del suo baricentro arriva
con il Canto della Terra che costituisce per lui quello che in maniera diversa costituiscono gli ultimi
quattro lieder per Strauss: qui la Terra è la grande Madre a cui ritorna, in questo anelito, alla
pienezza e alla bellezza non immemore della solitudine dell’autunno e altri momenti di dolori.

Sono sei capitoli a cui si alternano momenti di angoscia a momenti di soave accettazione.

Ascoltiamo il capitolo finale del Canto della Terra e September.

Il Canto della terra sono delle liriche cinesi tradotte da un suo amico che gliele propose. Mahler
non pensa più alle strutture linguistiche sperimentali o culturalmente acquisite, c’è un canto è un
rivolgersi al sentimento basilare di tutta la sua vita.

Gli ultimi anni di Strauss, che sono molto dopo, ci lasciano un doppio testamento, un testamento
ideologico e poi c’è il testamento intimo.

Il testamento storico è Metamorphosen per 23 strumenti ad arco, 1945, il titolo è tratto da


Goethe, dove parla di un epicidio, della Germania distrutta dalla guerra. Non è un epicidio del
nazismo ma della Germania, della grande spiritualità tedesca. Il brano che è molto severo ed
austero, è molto atipico a Strauss: per nulla presente quell’orchestrazione sfavillante, assomiglia
al pathos austero della nona sinfonia di Mahler , non nella elaborazione strutturale ma nello spirito.

Vi sono occasionali riprese e citazioni della marcia funebre dell’Eroica di Beethoven, con armonie
che ricordano il Tristano di Wagner, e questo solenne epicidio è costruito su un corale di Bach
“Dalla caduta di Adamo tutto è compromesso” che viene usato a guisa di basso ostinato. Un
grande epicidio alla Germania di Bach, Beethoven, Goethe per ricordare che questa era la grande
Germania.

Il testamento più intimo è composto dai quattro Lieder scritti in parte a Pontresina e in essi
vediamo il tramonto della vita e il tramonto di una cultura e di un mondo.

Tre sono scritti su testi poetici di Herman Hesse, quello che conclude la silloge è su testo di
Eichendorff che è un poeta molto precedente.

Ascoltiamo September : quando la voce della cantante dirà le ultime parole si sentirà in
lontananza il suono del corno, che evoca il tema del lied. E questi corni che sentiamo sono le
ombre della sera che scendono sulle valli dell’Engadina.

Se nelle Metamorphosen possiamo dire che in fondo questo epicidio, questo addio estremo alla
Germania, possa essere il punto di vista di Sigfrido che , sopravvissuto alla degenerazione,
assiste al tracollo del mondo per cui ha lottato, qui invece abbiamo una chiusura intima ed è l’atto
finale di una tradizione.

C’è un altro valore importantissimo culturale, legato a Wagner in qualche modo, che partecipa al
mondo spirituale di entrambi, che come nel caso di Wagner, si declinano e leggono in modo
speculare ed è Nietzsche.

Gli ultimi versi dell’Abschied di Mahler è perfettamente in linea con gli esiti finali del pensiero di
Nietzsche, il cosiddetto concetto dell’eterno ritorno.

Nietzsche è stato accusato di aver affossato la metafisica tradizionale, ma non per un


materialismo come erroneamente si crede. L’eterno ritorno non è il ritorno dei cicli della vita, ma il
fatto che noi siamo immersi in una eterna ripetizione della vita, che tutto tornerà come una danza.

Disse “ il mondo è infinito nella sua durata, ma è composto di elementi finiti per quanto
innumerevoli, dunque è inevitabile nel calcolo delle probabilità che tutto quello che sto vivendo si
ripresenti prima o poi. Dunque tutto torna e nulla cade. La morte, la sofferenza sono visioni
proiettive nostre, dell’uomo. Tutto in verità è eterno”.

Mahler è legato a questa visione nietschiana, in perfetta sintonia di un lietmotiv spirituale, e come
Nietzsche opera una decostruzione della metafisica cristiana classica così Mahler fa della
dimensione sinfonica Wagner. C’è un anelito panico che papà attraverso uno smantellamento del
passato.

Strauss prende invece di Nietzsche la bellezza dell’apollineo come farmaco del dolore dionisiaco.
La purezza dell’origine incontaminata è il farmaco del dolore ancora più primigenio che è la
conoscenza tragica degli antichi greci. L’anelito panico che è in Strauss è una pienezza che
trascima nell’infinito, mentre nel caso del Mahler la totalità di tutto sta al di là della cultura.

Così come hanno sviluppato in modo antitetico e congruo il pensiero wagneriano, così hanno
sviluppato in maniera antitetica e congrua tra di loro il pensiero nietzschiano.

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