A N N O IX N U M E R O 10 N O V E M B R E 1991

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Della stupidità artificiale
58 di Vittorio Marchis, università di Catania
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di Carlo Berlini
 di Vittorio Marchis, università di Catania
E
molto difficile, oggi, parlare
con serietà e con convinzione
di «intelligenza artificiale».
Soprattutto da parte di coloro che
non sono «informatici» strettamente
osservanti e praticanti.
Si è osservato, da parte di molti,
uno scivolare dall 'intelligenza
artificiale «tout-court», ai sistemi
esperti, ritrovando così
eufemisticamente una scappatoia
all'impossibilità di creare un Golem
dell'intelletto, una realtà meccanica
(nel senso filosofico del termine)
pensante, raziocinante.
Per chi ha incominciato a
frequentare il gran bazar della
cibernetica, dell'automazione, dei
controlli, dell 'informatica,
dell'automatica, eccetera, eccetera,
ancorché in maniera non esclusiva e
fortunatamente sul confine che lo
separa dal resto del mondo, è quasi
naturale perdere l'orientamento.
Poiché si trova sullo scenario un po '
di tutto, e le tentazioni di una nuova
«organizzazione del mondo» sono
molteplici, e senza dubbio allettanti.
Il primo dilemma, quasi un
paradosso (sulla stupidità ne sono
stati scoperti molti, intelligenti),
suona cosi: chi vuole costruire una
macchina «raziocinante» (sia nel
senso intelligente del termine, sia in
quello stupido) non dedica molti
spazi al pensiero, chi ne analizza i
problemi filosofici, non si cura in
minimo modo delle cose, e della
loro realizzabilità concreta.
58
È opportuno a questo punto
chiarire che con «raziocinante» si
intende il processo logico-
decisionale proprio della natura
umana, e in questo senso
assolutamente non alieno da
«momenti» di irrazionalità, logicità
e, perché no, di stupidità.
Senza voler riconoscere lo stimolo
di questa breve provocazione nel
Discorso sulla stupidità di Robert
Musil (a cura di Giancarlo
Mazzacurati, Shakespeare & Kafka,
Milano 1991) riprendo alcuni spunti
interessanti dal volume di
Gianfranco Marrone Stupidità e
scrittura di recente uscito presso
l'Editore Flaccovio (Palermo 1990).
La suddivisione in capitoli, quasi sei
diverse «lectures», è ricca di spunti
e suggerimenti (suggestioni &
«suggestions» ): Animali/Limiti/
Passioni/Gradi/Tipi/Livelli.
Anche se il percorso di
Gianfranco Marrone si dipana
sulla carta dei libri e delle
letterature, la loro capacità dì
rappresentare il mondo è spesso
migliore delle rappresentazioni
filosofiche, dove piuttosto che
l'irripetìbile del contìngente, si
insegue la ripetitività
dell'assoluto. Perché, sottolinea
G. Marrone, «la letteratura sa
cos 'è la stupidità».
Purtroppo, nelle Lezioni
americane di Italo Calvino
(Garzanti, Milano 1988) manca uno
spazio per la stupidità, e, facendo un
balzo ali 'indietro, bisogna ricordare
che Flaubert nel preparare Bouvard
e Pécuchet redasse un «dizionario
dei luoghi» ed uno «sciocchezzaio»,
ma non fornì alcuna definizione
della «bétise».
Sì possono d'altra parte leggere
e meditare utilmente «Le leggi
fondamentali della stupidità
umana» di Carlo M. Cipolla (in
Allegro, ma non troppo, // Mulino,
Bologna 1988): «Poiché le azioni di
una persona stupida non sono
conformi alle regole della
razionalità, ne consegue che: a)
generalmente si viene colti di
sorpresa dall'attacco; b) anche
quando si acquista consapevolezza
dell 'attacco, non si riesce ad
organizzare una difesa razionale,
perché l'attacco, in se stesso, è
sprovvisto di una qualsiasi forma
razionale».
«Se di dentro la stupidità non
somigliasse straordinariamente
all'intelligenza, se di fuori non si
potesse scambiare per progresso,
genio, speranza, perfezionamento,
nessuno vorrebbe essere stupido e la
stupidità non esisterebbe. O almeno
sarebbe molto facile combatterla»
(Robert Musil, L'uomo senza
qualità, Einaudi, Torino 1975).
Si potrà così affermare di
conseguenza che un sistema è
stupido quando il comportamento è
caratterizzato da una struttura che
non è stocastica, perché non se ne
possono assegnare caratteristiche
di «rumore» con assegnata
distribuzione statistica, ma che non
è neppure deterministico, perché
nella sua dinamica deterministica
esistono variazioni della struttura
del sistema che assumono
completamente una caratteristica di
alcatorietà. Un sistema è stupido
quando è deterministico a tratti, e
soprattutto quando le discontinuità
di comportamento assumono una
distribuzione tipica dei «piccoli
numeri» (small sets).
Il comportamento «intelligente»,
per contrasto a quello «stupido»,
sarà identificabile nella sua
capacità di discemere proprio
l'evento di discontinuità nel «resto»
della razionalità. La stupidità non
deve essere ricondotta al semplice
problema dell'errore, ma a quello
di un diverso sistema di forme
intellettuali, di un diverso apparato
mentale.
«Nominare la stupidità, indagare i
suoi meccanismi costitutivi significa
scuotere l'albero del sapere [...] essa
è una critica silenziosa e spietata alle
partizioni dell'enciclopedia
scientifica» (Marrone, op. cit.).
La stupidità, è stato detto da
alcuni, è sferica, rotondeggiante. In
questa sua mancanza di definizione
e di afferrabilità, forse risiede la
sua unica capacità di
autoconservazione, e di
sopravvivenza.
La razionalità rispetta le regole
di consequenzialità causale. La
stupidità talora devia
(inaspettatamente) da esse. La
fantasia rispetta le regole della
consequenzialità causale, ma riesce
a evolvere costruendo nuove regole,
e rendendo le stesse coerenti con il
sistema preesistente.
La stupidità è una «catastrofe»
locale, nella razionalità.
Nel comportamento stupido, il
ragionamento funziona sino ad un
certo punto, poi si inquina. Perché
10 stupido «ragiona quasi come te,
salvo uno scarto infinitesimale»
( U. Eco, I l pendolo di Foucault,
Bompiani, Milano 1988). In
quest'ottica, è possibile prevedere
la costruzione di «automi»
intelligenti, stupidi e fantasiosi, ma
non riesco, mio malgrado, a trovare
11 modo di costruire un automa che
«autonomamente» possa
dimostrarsi intelligente, stupido o
fantasioso.
Il riscoprire le radici
dell 'odierna intelligenza artificiale
(Ai) in una serie, sufficientemente
ridotta, di riferimenti bibliografici
potrebbe essere un nuovo modo per
scavare le ragioni di una
alienazione della stupidità. Tra tutti
suggerisco di assumere come punto
di partenza la Cibernetica di
Norbert Wiener, oppure L a mente,
le macchine e l a matematica di
Arbib. Ma non è questo lo scopo di
questo articolo.
È molto interessante, per contro,
analizzare il contributo di pensiero
di Marvin Minsky: è l'unico «non-
letterato» citato da Gianfranco
Marrone nel suo stimolante saggio.
Nel volume L a società della mente
(Adelphi, Milano 1989) il Minsky
distingue con finezza tra
«intelligenza», «esperienza» e «buon
senso». Ed è proprio a quest'ultimo
livello di razionalità che ravvede i
«sistemi di gestione più complicati».
Ma la domanda che più apre gli
occhi rimane «perché siamo riusciti
a farfare ai programmi (dei
computer) cose da adulti prima di
farfare loro cose da bambini?».
Se si è fallita la ricerca
nell 'intelligenza artificiale è perché
non si è voluto riconoscere anche a
questa disciplina un ruolo storico:
ontogenetico e filogenetico.
Riprodurre il comportamento di un
bambino prima di quello di un
adulto significa ritrovare i legami
logici nella nascita della logica.
Sono sempre gli adulti che recitano,
anche per i bambini.
Quale rapporto esiste tra
razionalità e stupidità ? E quale tra
razionalità e fantasia ? E tra
fantasia e stupidità ? Molte sono le
domande cui manca la risposta.
Si può giungere alla conclusione
che, non riconoscibili dal loro
interno (proprio come nella prova
di Godei), gli atti di stupidità sono
identificati ed identificabili
solamente dai loro effetti.
Poiché detti fenomeni sono più
frequenti di quanto non lo siano le
azioni cosiddette «intelligenti»,
allora il costruire una macchina,
capace di competere con la natura
raziocinante dell'uomo, potrà
diventare una realtà solamente
quando sarà capace di compiere
anche azioni stupide. Sarà
intelligente quando sarà in grado di
ammettere le proprie stupidità, e...
saprà correre ai ripari.
Non ammetto la definizione di
«stupido velocissimo», ormai
troppo frequentemente indirizzata
al computer Anche il Golem era
stupido, ma non si comportava
come un robot, o almeno come noi
pensiamo dovrebbe comportarsi un
robot.
Quali relazioni caleidoscopiche
intercorrono tra ingegneria, rigore
razionale, stupidità e progresso?
La mia raccomandazione ai
cultori di Ai è di studiare anche, e
soprattutto, la stupidità.