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26/1/2021 CASTELLO, Folco de in "Dizionario Biografico"

CASTELLO, Folco de
di Giovanna Petti Balbi - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 21 (1978)

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CASTELLO (Castro), Folco de. - Gli storici genovesi lo dicono appartenente


ad una potente famiglia di origine viscontile che dominò la vita politica ed
economica della città ligure tra il XII e il XIII secolo e lo considerano
il,personaggio più autorevole del primo periodo del consolato.

Un’attenta lettura delle fonti, tuttavia, non consente di aderire alla tesi
generalmente seguita dalla storiografia genovese senza aver prima prospettato
alcuni problemi che sorgono in merito sia all’identificazione della famiglia del
C., sia all’attività di questo. Sotto il primo profilo si deve avvertire che il C. e i
suoi familiari sono costantemente indicati nelle fonti con il cognome “de
Castro” fino all’ottavo decennio del secolo XII; successivamente tale forma
scompare – salvo rare eccezioni – e nelle fonti appare quella volgarizzata “de
Castello”. Gli storici genovesi, in genere, e alcuni degli editori dei documenti e
delle cronache di quel secolo non sembrano dubitare sulla continuità della
famiglia “de Castro” in quella “de Castello”. Tuttavia alcune perplessità
sorgono dall’elenco dei consoli genovesi del 1175 in cui accanto al C. –
indicato come “Fulco de Castro” – compare un “Rogeronus de Castello”
(Annali genovesi, II, p. 7). Si potrebbe pensare che il passaggio alla forma
volgarizzata non sia avvenuto contemporaneamente per tutta la famiglia: ma
poiché non abbiamo testimonianze in proposito, il problema non può dirsi
risolto, anche perché la forma “de Castro ricompare – sempre riferita a un
Folco nel 1192 (Guglielmo Cassinese, doc. 1492, p. 150) e, riferita ad altri,
anche successivamente.

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D’altro canto, se si ammette la continuità della famiglia “de Castro” in quella


“de Castello”, altri problemi sorgono sulla identificazione di Folco. Di un
“Folco de Castro” le fonti parlano per gli anni 1159-1175; dal 1183 al 1217 in
esse si trova ricordato più volte “Fulco de Castello” (nel documento del 1192
“Fulco de Castro”). Appare piuttosto difficile che tali citazioni si riferiscano
tutte alla medesima persona, alla quale, altrimenti, bisognerebbe attribuire una
attività politica di quasi sessanta anni. Appare legittimo escludere che la notizia
del 1217 – secondo la quale Folco de Castello costruì la fortezza di Monaco –
possa riferirsi al Folco attivo nella seconda metà del secolo XII. Infatti il 3
genn. 1214 il figlio di quello, Corrado, contrasse un mutuo per il quale si fece
garante la madre. Si può ritenere, dunque, che in quell’anno il padre fosse già
morto, con la conseguenza di spostare al 1211 l’ultima data utilizzabile per il
Castello.

Il C. ebbe un figlio omonimo: le fonti lo ricordano negli anni 1186-1190 in


genere come “Fulchino di Fulcone di Castello” e successivamente, nel 1207.
come “Fulcone figlio di Fulcone”. Da queste testimonianze risulta che almeno
fino al 1207 il C. era in vita. Si potrebbe, però, ritenere che non sempre il figlio
Folco sia ricordato con l’indicazione del nome del padre. Allo stato delle nostre
conoscenze non sembra potersi così affermare con piena certezza che tutte le
attività attestate dalle fonti per “Folco de Castello” o “de Castro” per gli ultimi
anni del secolo XII e il primo decennio del successivo si riferiscono al C.: e
d’altro canto alcune di queste attività potrebbero apparire più adatte a persona
matura, ma giovane, che non ad una certamente avanti negli anni.

Il C. è ricordato per la prima volta nel 1159 con altri che riscuotono, anche
illecitamente, pedaggi e dazi di origine feudale: a lui i consoli ordinano di
sospendere la riscossione del pedaggio di due danari sulla riva del mare. Già in
questo periodo il C. si distingue come uomo di parte, in virtù della parentela
con i marchesi Malaspina e del fortunato matrimonio con Adalasia, figlia di
Ingone della Volta, capo di un’altra potente consorteria cittadina: nella vita
cittadina i de Castello (de Castro) ed i della Volta appaiono uniti contro la
famiglia rivale degli Avvocati. Motivo primo delle sanguinose lotte intestine è

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il diverso comportamento della nobiltà di fronte all’avvenuta costituzione della


“compagna” e del Comune cittadino: mentre la maggior parte dei nobili,
compresi i de Castello e i della Volta, hanno giurato la “compagna” e aderito
all’organizzazione comunale, gli Avvocati rifiutano il giuramento e non
vogliono adattarsi alla nuova situazione politicocostituzionale. Naturalmente
dietro a questo diverso atteggiamento nei confronti del Comune si celano
antichi odi di parte, vendette e rivalità familiari.

Il primo scontro avvenne nel 1164 quando il C., in rappresentanza dei marchesi
Malaspina, si recò alla spiaggia per rendere omaggio a Barisone d’Arborea
eletto re di Sardegna con l’appoggio genovese; qui si diresse anche Rolando
Avvocato, che nella circostanza rappresentava il giudice, e poco dopo scoppiò
una violenta zuffa tra il seguito dei due capi fazione. Questa battaglia fu
l’inizio di un lungo periodo di contrasti tra le due fazioni cittadine, contrasti
che si acquetarono solo nel 1169 per intervento dei consoli e dell’arcivescovo i
quali funsero da mediatori. Folco e Rolando, se pure restii, furono così costretti
a giurare pubblicamente di sospendere ogni ostilità; il C. tuttavia aderì
all’accordo solo dopo aveme ricevuto l’assenso dal suocero ed è quindi
evidente che egli rappreseiltava non solo la sua famiglia, ma anche i della
Volta. La pacificazione cittadina, voluta dai consoli allo scopo di contrastare
efficacemente la politica di Federico I nei confronti di Genova, non venne però
raggiunta perché nel 1170 i consoli elessero quattro arbitri per far cessare entro
20 giorni le controversie che ancora dividevano Rolando Avvocato da Folco e
dal fratello Anselmo. A partire da quest’anno iniziò un periodo di relativa
tranquillità interna durante la quale, per nove anni, le discordie intestine
sembrarono sopite.

A questo periodo risalgono anche gli inizi della vita pubblica del Castello.
Eletto già nel 1168 con Simone Doria arbitro nella controversia che opponeva i
marchesi Malaspina al Comune genovese per il possesso del castello di
Monteleone, nel 1174 venne nuovamente incaricato, questa volta con altri
quattro concittadini, di dirimere i contrasti tra Genova ed i marchesi Opizzo e
Morello Malaspina. Nel 1172 compare tra i testi dell’atto con cui Barisone

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d’Arborea promise 41 risarcire i Genovesi per le spese da loro sostenute in suo


favore; nel 1174 figura tra i cittadini che dovevano essere indennizzati
dall’imperatore d’Oriente per i danni subiti a Costantinopoli durante la
sommossa del 1162. Il C. era creditore di ben 5.000 perperi, indice di grossi
interessi commerciali in Oriente, del resto confermati da una serie di trattative
commerciali stipulate tra il 1186 ed il 1190 dal figlio primogenito del C.,
Fulchino o Folco, il quale impegnò sulla piazza di Costantinopoli cospicue
somme del padre e dei della Volta.

Nel 1175 il C. raggiunse per la prima volta il consolato ed insieme con i


colleghi governò saggiamente la città impegnata nella dispendiosa lotta con
Pisa; qualche anno dopo però, nel 1183, fu ancora coinvolto nelle controversie
cittadine ed alleato con la famiglia dei Vento affrontò i de Curia. Nel 1187, a
capo di dieci galee, si portò in Corsica contro i Pisani, occupò la roccaforte di
Bonifacio e distrusse il castello che i Pisani vi avevano edificato: secondo
alcuni questa azione piuttosto singolare sarebbe stata compiuta a titolo
personale, perché poco prima Genovesi e Pisani si erano temporaneamente
pacificati grazie alla mediazione di Enrico VI. È invece più probabile che il C.
abbia agito per conto della Repubblica, la quale naturalmente aveva interesse a
non figurare ufficialmente; forse come premio per la felice conclusione
dell’impresa l’anno seguente venne eletto console. In questa qualità nel
febbraio 1188 con i colleghi ed altri cittadini giurò di osservare fedelmente il
trattato di pace che, auspice Clemente III, fu concluso con Pisa.

Nel 1189 il C. partì per la crociata al seguito del console Guido Spinofa e
conibatté valorosamente sotto le mura di San Giovanni d’Acri. Ma durante
l’assenza del C. e di altri autorevoli capi genovesi impegnati in Terrasanta, in
città ripresero vigore le lotte intestine le quali determinarono un’importante
trasformazione costituzionale, perché a partire dalla fine del 11 go un podestà
forestiero sostituì il governo collegiale dei consoli, troppo sensibili e
influenzabili dagli umori locali. Il mutamento al vertice non avvenne
pacificamente e scoppiarono altri tumulti durante i quali Folco e Guglielmo,
figli del C., con altri congiunti uccisero l’ex console Lanfranco Pevere. La

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reazione del podestà fu immediata e colpì il capo della famiglia, benché il C.


fosse lontano e non avesse preso parte all’azione delittuosa: il suo palazzo,
posto nella zona centrale della città e considerato uno dei più belli e dei più
sontuosi, venne raso al suolo. Nonostante la distruzione della casa, al suo
ritomo il C. riuscì a riconquistare in breve tempo prestigio e potere ed è
probabile che proprio la sua presenza abbia favorito un temporaneo ritorno al
consolato.

Nel 1195 venne inviato come ambasciatore a Pavia presso Enrico VI per
sollecitare il mantenimento delle promesse imperiali nei confronti di Genova.
Nel iiqq funse da teste al giuramento di fedeltà prestato al Comune da alcuni
Malaspina; all’inizio del 1200 figura tra i testimoni nella convenzione stipulata
tra Genova e Porto Maurizio e successivamente venne inviato ad Alessandria
d’Egitto come legato presso il sultano per chiedere la restituzione di alcuni
prigionieri genovesi.

Nel 1205 fu nominato podestà, unico cittadino genovese che abbia raggiunto
questa carica nella propria città. La nomina fu in apparenza determinata da una
ennesima insurrezione contro il podestà uscente e dall’uccisione di un cittadino
in Soziglia: ma questo fu solo il pretesto per portare al vertice dello Stato il C.,
forse anche ispiratore delle imprese che celebri corsari genovesi, come Enrico
Pescatore e Alemanno da Costa, andavano compiendo nel Mediterraneo
nell’interesse della Repubblica, ma senza formale responsabilità da parte
genovese. Enrico Pescatore, che nel 1204 divenne ammiraglio di Sicilia e conte
di Malta, era infatti imparentato con i de Castello ed incoraggiò l’azione di Ala
o da Costa volta a sottrarre Siracusa ai Pisani: il possesso della città e la
conseguente nomina a conte vennero perfezionate nel 1205 proprio quando era
podestà il C. e la coincidenza non sembra casuale.

L’avvento al potere del C., come podestà, sembra anche rappresentare


l’estremo sforzo compiuto dagli esponenti delle maggiori casate genovesi, i
quali erano nel contempo attivi mercanti, per riprendere nelle proprie mani il
controllo politico ed economico della città sfuggito loro con la creazione del

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podestà forestiero. Infatti dopo il 1205 si ritornò per qualche tempo ancora al
regime consolare (e il figlio omonimo del C. fu console nel 1207); quando poi
nel 1211 comparve il podestà forestiero, costui fu affiancato, e quindi in pratica
condizionato, da otto nobili cittadini, tra i quali era anche il Castello.

Fonti e Bibl.: Annali genovesi di Caffaro..., I, a cura di L. T. Belgrano, in Fonti


per la storia d’Italia, XI, Roma 1890, pp. 160, 218, 231; II, a cura di C.
Imperiale di Sant’Angelo, ibid., XII, Roma 1901, pp. 7, 19, 24 s., 32 s., 36 s.,
58 s.; Codice diplom. della Repubblica di Genova, a cura di C. Imperiale di
Sant’Angelo, I-III, ibid., LXXVII, LXXIX, LXXXIX, Roma 1936-1942, ad
Indices; Oberto Scriba de Mercato (1190), a cura di M. Chiaudano - R.
Morozzo della Rocca, in Notai liguri del sec. XII, I, Genova 1938, pp. 255,
263; Guglielino Cassinese (1190-1192), a cura di M. W. Hall-H. G. Krueger-R.
L. Reynolds, ibid., II, Genova 1938, p. 150; Oberto Scriba de Mercato (1186),
a cura di M. Chiaudano, ibid., IV, Genova 1940, pp. 6, 9, 11, 14; Documenti
ined. sui traffici commerciali tra la Liguria e la Sardegna nel sec. XIII, a cura
di N. Calvini-E. Putzulu-V. Zucchi, Padova 1957, pp. 25, 27, 29; C. Imperiale
di Sant’Angelo, Il Comune di Genova nei secc. XII e XIII secondo gli annali
dei Caffaro e i suoi continuatori, in Rassegna naz., 1° maggio 1903, pp. 6-10;
Id., Genova e le sue relaz. con Federico II di Svevia, Venezia 1923, pp. 181,
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210; A. Scarsella, Il Comune dei consoli, in Storia di Genova dalle origini al
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Bach, La cité de Gênes au XIIe siècle, København 1955, pp. 69, 111, 148; T. O.
De Negri, Storia di Genova, Milano 1967, pp. 306, 310, 322, 324, 328; D.
Owen Hughes, Urban Growth and Family Structure in Medieval Genoa,
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