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CASTELLO, Folco de
di Giovanna Petti Balbi - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 21 (1978)
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Un’attenta lettura delle fonti, tuttavia, non consente di aderire alla tesi
generalmente seguita dalla storiografia genovese senza aver prima prospettato
alcuni problemi che sorgono in merito sia all’identificazione della famiglia del
C., sia all’attività di questo. Sotto il primo profilo si deve avvertire che il C. e i
suoi familiari sono costantemente indicati nelle fonti con il cognome “de
Castro” fino all’ottavo decennio del secolo XII; successivamente tale forma
scompare – salvo rare eccezioni – e nelle fonti appare quella volgarizzata “de
Castello”. Gli storici genovesi, in genere, e alcuni degli editori dei documenti e
delle cronache di quel secolo non sembrano dubitare sulla continuità della
famiglia “de Castro” in quella “de Castello”. Tuttavia alcune perplessità
sorgono dall’elenco dei consoli genovesi del 1175 in cui accanto al C. –
indicato come “Fulco de Castro” – compare un “Rogeronus de Castello”
(Annali genovesi, II, p. 7). Si potrebbe pensare che il passaggio alla forma
volgarizzata non sia avvenuto contemporaneamente per tutta la famiglia: ma
poiché non abbiamo testimonianze in proposito, il problema non può dirsi
risolto, anche perché la forma “de Castro ricompare – sempre riferita a un
Folco nel 1192 (Guglielmo Cassinese, doc. 1492, p. 150) e, riferita ad altri,
anche successivamente.
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Il C. è ricordato per la prima volta nel 1159 con altri che riscuotono, anche
illecitamente, pedaggi e dazi di origine feudale: a lui i consoli ordinano di
sospendere la riscossione del pedaggio di due danari sulla riva del mare. Già in
questo periodo il C. si distingue come uomo di parte, in virtù della parentela
con i marchesi Malaspina e del fortunato matrimonio con Adalasia, figlia di
Ingone della Volta, capo di un’altra potente consorteria cittadina: nella vita
cittadina i de Castello (de Castro) ed i della Volta appaiono uniti contro la
famiglia rivale degli Avvocati. Motivo primo delle sanguinose lotte intestine è
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Il primo scontro avvenne nel 1164 quando il C., in rappresentanza dei marchesi
Malaspina, si recò alla spiaggia per rendere omaggio a Barisone d’Arborea
eletto re di Sardegna con l’appoggio genovese; qui si diresse anche Rolando
Avvocato, che nella circostanza rappresentava il giudice, e poco dopo scoppiò
una violenta zuffa tra il seguito dei due capi fazione. Questa battaglia fu
l’inizio di un lungo periodo di contrasti tra le due fazioni cittadine, contrasti
che si acquetarono solo nel 1169 per intervento dei consoli e dell’arcivescovo i
quali funsero da mediatori. Folco e Rolando, se pure restii, furono così costretti
a giurare pubblicamente di sospendere ogni ostilità; il C. tuttavia aderì
all’accordo solo dopo aveme ricevuto l’assenso dal suocero ed è quindi
evidente che egli rappreseiltava non solo la sua famiglia, ma anche i della
Volta. La pacificazione cittadina, voluta dai consoli allo scopo di contrastare
efficacemente la politica di Federico I nei confronti di Genova, non venne però
raggiunta perché nel 1170 i consoli elessero quattro arbitri per far cessare entro
20 giorni le controversie che ancora dividevano Rolando Avvocato da Folco e
dal fratello Anselmo. A partire da quest’anno iniziò un periodo di relativa
tranquillità interna durante la quale, per nove anni, le discordie intestine
sembrarono sopite.
A questo periodo risalgono anche gli inizi della vita pubblica del Castello.
Eletto già nel 1168 con Simone Doria arbitro nella controversia che opponeva i
marchesi Malaspina al Comune genovese per il possesso del castello di
Monteleone, nel 1174 venne nuovamente incaricato, questa volta con altri
quattro concittadini, di dirimere i contrasti tra Genova ed i marchesi Opizzo e
Morello Malaspina. Nel 1172 compare tra i testi dell’atto con cui Barisone
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Nel 1189 il C. partì per la crociata al seguito del console Guido Spinofa e
conibatté valorosamente sotto le mura di San Giovanni d’Acri. Ma durante
l’assenza del C. e di altri autorevoli capi genovesi impegnati in Terrasanta, in
città ripresero vigore le lotte intestine le quali determinarono un’importante
trasformazione costituzionale, perché a partire dalla fine del 11 go un podestà
forestiero sostituì il governo collegiale dei consoli, troppo sensibili e
influenzabili dagli umori locali. Il mutamento al vertice non avvenne
pacificamente e scoppiarono altri tumulti durante i quali Folco e Guglielmo,
figli del C., con altri congiunti uccisero l’ex console Lanfranco Pevere. La
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Nel 1195 venne inviato come ambasciatore a Pavia presso Enrico VI per
sollecitare il mantenimento delle promesse imperiali nei confronti di Genova.
Nel iiqq funse da teste al giuramento di fedeltà prestato al Comune da alcuni
Malaspina; all’inizio del 1200 figura tra i testimoni nella convenzione stipulata
tra Genova e Porto Maurizio e successivamente venne inviato ad Alessandria
d’Egitto come legato presso il sultano per chiedere la restituzione di alcuni
prigionieri genovesi.
Nel 1205 fu nominato podestà, unico cittadino genovese che abbia raggiunto
questa carica nella propria città. La nomina fu in apparenza determinata da una
ennesima insurrezione contro il podestà uscente e dall’uccisione di un cittadino
in Soziglia: ma questo fu solo il pretesto per portare al vertice dello Stato il C.,
forse anche ispiratore delle imprese che celebri corsari genovesi, come Enrico
Pescatore e Alemanno da Costa, andavano compiendo nel Mediterraneo
nell’interesse della Repubblica, ma senza formale responsabilità da parte
genovese. Enrico Pescatore, che nel 1204 divenne ammiraglio di Sicilia e conte
di Malta, era infatti imparentato con i de Castello ed incoraggiò l’azione di Ala
o da Costa volta a sottrarre Siracusa ai Pisani: il possesso della città e la
conseguente nomina a conte vennero perfezionate nel 1205 proprio quando era
podestà il C. e la coincidenza non sembra casuale.
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podestà forestiero. Infatti dopo il 1205 si ritornò per qualche tempo ancora al
regime consolare (e il figlio omonimo del C. fu console nel 1207); quando poi
nel 1211 comparve il podestà forestiero, costui fu affiancato, e quindi in pratica
condizionato, da otto nobili cittadini, tra i quali era anche il Castello.
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