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«Giovanetti cavalieri» e virtuosi giramondo.

Dai drammi
donchisciotteschi di Girolamo Gigli all’intermezzo di padre Martini

Senza dubbio la Spagna del Seicento consegna all'Europa


moderna due grandi miti, quello di Chisciotte e quello del
burlador di Siviglia, vulgati al punto che i ben noti gentiluomini,
l'uno demente e avventato, l'altro arrogante e spergiuro, in varie
lingue romanze danno origine all'antonomasia,
grammaticalizzata in sostantivi, aggettivi e avverbi della specie
che indica e descrive stili di vita e modi del pensiero o del
comportamento.1 Entrambi i personaggi sembrano fatti apposta
per calcare immediatamente le scene, recitando, cantando o
ballando, accompagnati come sono dagli ingredienti
fondamentali per il teatro di tutti i tempi: il travestimento,
l'agnizione a raffica e la comparsa del deus ex machina nel finale
di Don Giovanni; la pazzia ridicola, il servo comico e le
peripezie di Don Chisciotte. Il nostro eroe, avanzo dell'ideale
cortese cavalleresco dopo il tramonto della Rinascenza e in suo
nome protagonista di mille sconclusionate avventure, apre la
questione dei generi e delle regole perché, in quanto iberico,
rappresenta in Italia un soggetto disordinato, in odore di
antiaristotelismo.2 Tuttavia, dato che l'aspetto musicale
costituisce un episodio cospicuo nella pur sterminata fortuna

1
Per donchisciotte, donchisciottismo, donchisciottesco,
donchisciottescamente e donchisciottata, e per dongiovanni,
dongiovannismo, dongiovannesco e dongiovannistico, attestati
rispettivamente da Foscolo in poi e dal primo Novecento, cfr. S.
BATTAGLIA, Grande dizionario della lingua italiana, Torino 1961-
2002, s.v.; per don Quichotte e donquichottisme, e per don Juan,
donjuanisme e donjuanesque, in uso rispettivamente dagli anni '30 e
dagli anni '40 dell'Ottocento, cfr. Le grand Robert de la langue
française, Paris 1985, s.v.; per Quijote, quijotismo, quijotesco o
quijotil, quijotescamente, quijotada o quijotería, e per Tenorio,
comparsi nell'Ottocento, cfr. REAL ACADEMIA ESPAÑOLA, Diccionario
de la lengua española, Madrid 1970, s.v.
2
A. JURADO SANTOS, Materiales cervantinos en el teatro del XVII,
tesi di dottorato, Università di Pisa, a.a. 2000-2001.
dell'hidalgo mancego,3 come del resto capita al seduttore
andaluso, sarà prudente limitarsi a toccare alcuni punti,
confessando in tutta onestà che ci vuole un bel coraggio per
scrivere ancora sull'argomento di cui si parla all'incirca da
quattro secoli. Perciò l’esame dei primi drammi in cui canta
Chisciotte si propone semplicemente di contribuire in minima
parte non allo studio di Cervantes bensì alla storia
dell'intermezzo nel periodo intricato che va dalla fine del
Seicento al primo Settecento, passando per la fondazione
dell'Arcadia.
Chisciotte gorgheggia per la prima volta in lingua italiana a Venezia
con Sancio nel 1680, in un teatro a San Giobbe di proprietà del
patrizio Marco Morosini, oscuro librettista dilettante che lo aveva
inaugurato da poco per mettere in scena le proprie opere fra cui
Ermelinda nel 1679.4 Nella prefazione l'autore dichiara d'interessarsi
soltanto alla vanagloria del personaggio:

Mascherato col nome di Chissiot t'apresento [...] questo drama che di Chissiot
non contiene altro che la pretesa bravura, ricevilo per opera, per comedia, per
quello che ti piace.5

3
G. MORO, D. PINI, Cervantes in Italia. Contributo ad un saggio
bibliografico sul cervantismo italiano con un'appendice sulle
trasposizioni musicali, in Don Chisciotte a Padova, atti della prima
giornata cervantina a cura di D. Pini (Padova 1990), Padova 1992, pp.
149-268 ; B. BRUMANA, Figure di don Chisciotte nell'opera italiana
tra Seicento e Settecento, in Europäische Mythen der Neuzeit. Faust
und Don Juan, atti del convegno a cura di P. Csobádi, G. Gruber, J.
Kühnel, U. Müller, O. Panagl, F. V. Spechtler (Salzburg 1992),
Salzburg 1993, II, pp. 699-712.
4
N. MANGINI, I teatri di Venezia, Milano 1974, p. 86.
5
Amico lettore, in Il don Chissiot della Mancia, drama per musica da
rappresentarsi nel teatro di Canal Regio l’anno MDCLXXX,
consacrato a l'altezza serenissima di Ferdinando Carlo duca di
Mantova, Monferrato, Carlovilla, Guastalla ecc., Venezia, Francesco
Nicolini, 1680, p. 7; esemplare consultato: I-Vnm (altri in B-Bc, GB-
Lbm, I-Bc, I-Fm, I-Mb, I-MOe, I-Pc, I-Rc, I-Rgermanico, I-Rn, I-Rsc,
I-Rvat, I-Vcg, US-LAu, US-Wc); per i testi antichi si indica l'editore;
nei titoli si svolgono le abbreviazioni; le citazioni prive di nota
s'intendono ricavate dalla lista dei personaggi.
Per di più le sue avventure, peraltro a lui poco note visto che lo
ritiene catalano, sarebbero inadatte all'opera:

Chissiot fu un tal barcellonese che, invaghitosi dalla lettura de' romanzi


dell'eroiche imprese dei cavalieri erranti, smarito il senno, carico d'armi, si portò
per il mondo per imitarne quei fatti gloriosi; molte giocose disaventure
gl'occorsero, delle quali l'autore non se ne serve non essendo proprie per
rapresentarsi in musica, promette però farle aparire di breve in scena comica.6

Don Chissiot non viene mai ripreso, benché impieghi diligentemente


i topoi più divulgati nell'opera del tardo Seicento, fra cui il
combattimento con l’orso, la tazza di veleno che tutti agitano ma
nessuno beve, le scene di magia e i soliti battibecchi del giovane
paggio con la vecchia nutrice. Dopo questo debutto semiprivato con la
musica perduta di Carlo Fedeli detto Saggion, padre dei più famosi
Giuseppe e Ruggero,7 per trent'anni l'hidalgo ricompare solo nei testi
di Girolamo Gigli, intronato, acceso, timido e arcade fondatore col
nome di Amaranto Sciaditico.8 Caduto in disgrazia nel 1717 per aver
pubblicato il Dizionario cateriniano, inviso ai fiorentini, al granduca e
alle potenti macine della Crusca, ed esiliato dalla nativa Siena
nonostante la solidarietà espressa da numerose accademie italiane,
Gigli si trasferisce a Roma dove vive in pianta più o meno stabile fino
al 1722. Col primo grafico si rappresenta la tradizione dei suoi
drammi donchisciotteschi, censiti in base ai repertori e collazionati per
vederne le parentele, indicando i testimoni con l'incipit del titolo,
seguito dalla sigla RISM del luogo e dalle ultime due cifre della data.

6
Argomento, in Il don Chissiot cit., p. 8; non c'è traccia della «scena
comica» in C. SARTORI, I libretti italiani a stampa dalle origini al
1800, Cuneo 1990-1994.
7
E. J. LUIN, La famiglia Fedeli, in «Rivista musicale italiana»,
XXXVIII, 1931, pp. 424-428.
8
www.oxfordmusiconline.com, s.v. Gigli.
Atalipa I-M01 Chisciotte
s.n.t.

Atalipa I-S[92] Chisciotte e Coriandolo I-R26 Intermezzi


I-R37

Scenario I-R92 Pazzo I-S98 Opere I-V04

Scenario I-R98 Pazzo I-S04

Lodovico I-S87 = [I-S89] Poesie I-V00 Poesie I-V08

Prologo I-B94

Chisciotte e
Galafrone I-R23

Amore I-R e I-S93 Amore I-MO97

Amor I-PE26 Amor I-AN27

Amore I-PC00 Amore I-P07

Amore I-S e I-R


Bonetti

Amore I-R93 Komarek Amore I-N07

Scene I-CR26

L'albero, che non serve alla critica dei testi ma alla storia della loro
fortuna, comincia con tre libretti e una commedia in prosa che hanno
in comune, oltre alla presenza del nostro eroe, il fatto che Amaranto
contamina o controlla almeno in parte le ristampe fino al 1722.
Nel 1687 al collegio senese Tolomei va in scena Lodovico Pio, il
«terzo dramma»9 che gli studenti cantano su libretto di Gigli con le
note di Giuseppe Fabbrini, entrambi al debutto nel carnevale 1685 per
l'inaugurazione del teatro con La Geneviefa, seguita dalla Forza del
sangue e della pietà nel 1686. Anche se la vicenda si svolge nel IX
secolo ad Aquisgrana e riguarda la successione del figlio di Carlo
Magno coi nipoti Lotario I e Carlo II il Calvo, vissuti fra il 778 e
9
Lettore, in Lodovico Pio, dramma per musica al serenissimo
principe Giovan Gastone di Toscana, cantato per le vacanze del
carnevale nel 1687 nel nobile collegio Tolomei di Siena da quei
signori convittori, Siena, stamperia del Publico, 1687, [p. 6];
esemplare consultato: I-Vgc (altri in D-Mbs, GB-Lbm, I-Bc, I-Bu, I-
Fc, I-Fm, I-Mb, I-MOe, I-Nc, I-PEc, I-Rc, I-Vnm, US-Wc).
l'877, Chisciotte è già lì a contrastare con un altro personaggio che
raddoppia la presa in giro della tradizione cavalleresca
dall'Innamorato al Furioso perché si chiama Galafrone come il padre
di Angelica e di Argalia, ben noto all'autore, agli scolari e allo stesso
hidalgo che «usa talvolta versi presi o dal Tasso o dall'Ariosto [...] per
far nascer il ridicolo dal contraposto» piegando «una grande autorità»
al servizio di «una gran follia». 10 Semplice «soldato della guardia
regia e custode delle torri», in Lodovico Pio Galafrone parla un mezzo
tedesco, tanto più che l'interprete, Giuseppe Bonaventura Rovereti di
Freiberg definito «trentino», sarà stato germanofono. Coinvolti anche
nel dialogo con gli altri, i due recitano insieme alcune scene slegate
dall'argomento principale, storico-politico e dunque educativo per la
futura classe dirigente. L'opera, dedicata dall'autore a Gian Gastone de
Medici in data 3 febbraio, viene infatti eseguita dai rampolli di
famiglie illustri come il fiorentino Bernardo Rucellai, vestito da donna
nella parte dell'imperatrice Giuditta di Baviera. Secondo un repertorio,
peraltro autorevole, nel 1702 si sarebbe rappresentata una pièce di
Amaranto con questo titolo,11 introvabile in Allacci e in Sartori, dove
compare invece la sua Giuditta, un oratorio sull'eroina di Betulia.12
Forse l'equivoco nasce dall'omonimo dramma, cantato in pubblico nel
1713 con musica di Predieri ad Ancona e di Orlandini a Forlì, che
riprende L'innocenza giustificata di Silvani data a Venezia nel 1699
con la partitura di Vinaccesi, con gli stessi personaggi principali ma
con ruoli secondari diversi rispetto a Lodovico Pio, la cui diffusione si
limita invece all'ambiente accademico e scolastico. Infatti nel 1694
Rosolambri pubblica un'epitome in prosa, rimaneggiando l'Argomento
dell'originale e aggiungendo un prologo, cantato dal Tradimento e
dalla Gelosia sulle note del giovane bolognese Giuseppe
Aldrovandini:

Nel tradurre [dai versi alla prosa] avrò forse tradita l'intenzion dell'autore,
10
Lettore cit., [p. 8].
11
B. BRUNELLI, R. ALLORTO, Gigli, in Enciclopedia dello spettacolo,
V, Roma 1958, col. 1283.
12
La Giuditta, drama sacro di Amaranto Sciaditico pastore arcade,
dedicato all'illustrissime ed eccellentissime signore donna Maria
Lucrezia e donna Maria Candida Rospigliosi, Siena, stamperia del
Publico, 1693; esemplare consultato: I-Mb (altri in B-Bc, I-Rn, US-
AUS, US-Wc).
intrecciando nel drama il secondo personaggio feminile [Delmira], che prima
non v'era, mutando gli ultimi due nomi [Chisciotte e Galafrone in Martano e
Vuolfango] e minuendo od alterando in molti luoghi le parti.13

Il rifacimento emiliano informa che il dramma era già stato «due


volte [ante 1694] su altre scene graziose da giovanetti cavalieri
privatissimamente rappresentato ne' versi che già furno per musica».14
A parte il debutto del 1687, forse l'altra recita è attestata da una
stampa senza luogo né data, con l'impaginazione della prima e con
diverso frontespizio, probabilmente confezionata nel 1689 stando agli
appunti manoscritti in qualche copia.15 Siccome in questo Lodovico
Pio d'incerta provenienza manca l'avviso al Lettore come nelle due
edizioni delle Poesie drammatiche, c'è un debole motivo per ritenere
che i tre testimoni siano imparentati, corroborato dalla concordanza
del titolo che premette l'articolo al nome dell'imperatore.16
Scorrendo una noiosissima commedia che Gigli pubblica nel 1704,
intitolata I litiganti, si ricava qualche notizia perché il personaggio di
Amaranto, ovviamente Sciaditico, snocciola il suo curriculum in un
ordine che si può supporre vicino a quello cronologico.17 Nella lista
Un pazzo guarisce l'altro, «opera serioridicola» in prosa generalmente
ascritta al 1698, si colloca invece fra due pièces di sicura datazione,
post 1689, ante 1693 e precisamente nel 1692, dato che un canovaccio
adespoto, intitolato Scenario di don Chisciotte e rappresentato al
13
Chi tradusse a' leggitori e spettatori discreti, in Prologo,
dilucidazione ed epitome del «Lodovico Pio», azione scenica portata
dal dramatico musicale alla prosa da Matteo Rosolambri per
rappresentarsi dagli accademici Rinvigoriti sul loro teatro in casa
degl'illustrissimi signori Volta nel carnovale 1694, Bologna, Giulio
Borzaghi, 1694, p. 3; esemplare consultato: I-Bu (altro in I-Bca).
14
Chi tradusse cit., p. 3.
15
Il Lodovico Pio, dramma per musica del signor Girolamo Gigli,
s.n.t.; esemplare consultato: I-Mb (altri in B-Bc, I-Lg, I-Rsc, I-Tci, I-
Vnm); C. SARTORI, I libretti cit., IV, p. 32.
16
Il Lodovico Pio, dramma per musica, in G. GIGLI, Poesie
dramatiche, Venezia, Antonio Bortoli, 1700, pp. 79-154; Venezia,
Marino Rossetti, 1708, I, pp. 79-154 (stessa impaginazione);
esemplare consultato: I-Vgc (altro in I-Vnm).
17
I litiganti o vero Il giudice impazzato, opera satiricomica, II, 16, in
G. GIGLI, Opere nuove, Venezia, Marino Rossetti, 1704, pp. 141-250;
esemplare consultato: I-Vgc (altro in I-Vnm).
Seminario Romano in quell’anno, contiene la stessa identica vicenda.
Nel riassunto di questa commedia ricompare l'hidalgo, parente stretto
del gloriosus Scuotemondo, capitano nella Geneviefa e servo nella
Forza del sangue, insieme a Galafrone, definito «svizzero della
guardia reale» e interpretato da un altro nobile germanofono, il
giovane barone Bertram Anton von Wachtendonk. Infatti, mentre
vacilla il trono dell'Andalusia, arriva «in quelle vicine campagne don
Chisciotte della Mancia, impazzito per la lettura de’ libri dell’errante
cavalleria e in cerca d’una da lui sognata sibilla».18 La pièce è
preceduta dal prologo, danzato dalla Pazzia con una schiera di matti, e
farcita dagli entractes: un «ballo de' moretti e paggi» e un «intermezzo
del cavallo troiano con combattimento [...] e con introduzione in
musica».19 Si tratta naturalmente di una giostra preparata col maestro
di scherma, un genere di coreografia in armi coltivato dai nobili
collegiali, dagli accademici toscani e dagli aristocratici abili
nell'esercizio della spada. Invece Chisciotte «entra cadendo in scena»
tutt'altro che marziale, «col capo fasciato e bendato» come faceva in
Lodovico Pio, moltiplicando le allusioni da un testo all'altro.20 Il
canovaccio si ristampa nel 1698 per il Seminario Romano con lo
stesso Argomento, la stessa impaginazione, gli stessi istruttori e il
marchesino Carlo Spinola come prima attrice,21 mentre a Siena si
pubblica l'intero testo di Un pazzo guarisce l'altro, probabilmente per
una recita al Tolomei dove Chisciotte intima a Galafrone: «Temerario,
deponete codesto nome, perché così si chiamava il re padre
d'Angelica».22 Nella dedica del 25 giugno 1698 Gigli allude alle

18
Scenario di don Chisciotte della Mancia, commedia da recitarsi nel
Seminario Romano nelle correnti vacanze del carnevale 1692 da’
signori convittori delle camere mezzane, Roma, Francesco de' Lazari,
1692, [p. 1]; esemplare consultato: I-Rc.
19
Scenario cit., [p. 4].
20
Scenario cit., III, 10; Lodovico cit., III, 2-3.
21
Scenario di don Chisciotte della Mancia, comedia da recitarsi nelle
correnti vacanze del carnevale 1698 da’ signori convittori del
Seminario Romano, Roma, Lazzari, 1698; esemplare consultato: I-Rc.
22
Un pazzo guarisce l'altro, opera serioridicola dell'Economico
Intronato, servita al divertimento del nobil collegio Tolomei e
dedicata all'illustrissimo ed eccellentissimo signor don Camillo de'
prencipi Doria, uno de' signori collegiali, Siena, s.n., 1698, I, 2;
esemplare consultato: F-Pn.
precedenti rappresentazioni romane:

Questi due forsennati [Chisciotte e l'infante Ramiro] che fanno il soggetto


dell'opera non so se potranno mai riconoscersi per ben guariti come li suppone il
titolo quando [...] stiano sul proposito di farsi vedere agli occhi del mondo [...].
Sono così sfacciati che non fanno caso di salire sugli stessi teatri de' Cesari.23

Un pazzo guarisce l'altro è destinato a una diffusione più larga ma


tutta privata, collegiale o cortese, che nel grafico s'illustra fino al 1704
perché s'intreccia coi drammi per musica. Ripubblicato in quell'anno a
Siena,24 incluso nell'edizione delle Opere nuove25 e ripreso in un
convitto bolognese,26 dopo la morte dell'autore si recita a Vienna il 20
gennaio 1723 davanti a Carlo VI con la moglie Elisabetta.27 A questo
viaggio dei «due forsennati» non è estraneo l'incarico di poeta cesareo
che l'imperatore aveva offerto a Gigli. Al posto di Amaranto che
rifiuta, nel 1718 accetta Apostolo Zeno che scrive con Pietro Pariati
Don Chisciotte in Sierra Morena, «tragicomedia per musica» del
1719.
Con un altro libretto, stampato a Siena senza data e intitolato
L'Atalipa, Amaranto porta l'hidalgo fino a Lima presso la corte di
Atahualpa, il re inca che guidò la ribellione contro Pizarro fallita nel
1536. Fra gli altri personaggi comici figura il nano Bagoa, il cui nome
ricorre negli Amori di Alessandro Magno e di Rossane di Giacinto

23
Un pazzo cit., p. 3.
24
Un pazzo guarisce l'altro, opera serioridicola dell'Economico
Intronato, servita al divertimento del nobil collegio Tolomei, Siena,
Bonetti nella stamperia del Publico, Fantini e Gatti stampatori, 1704;
esemplare consultato: I-Sc (altro in US-Wc).
25
Un pazzo guarisce l'altro, opera serioridicola, in G. GIGLI, Opere
cit., pp. 251-358.
26
Un pazzo guarisce l’altro, opera seriocomica recitata nel collegio
del Beato Luigi dalla camerata dei filosofi l’anno 1713, I-Bu, ms.
3815.
27
Comoedia italica pedestri sermone scripta in tribus actibus cum
lemmata «Un pazzo guarisce l’altro», A-Wn, ms. 10124 [1491] (altro
in A-Wn, ms. 10181, senza titolo); Un pazzo guarisce l'altro,
commedia rappresentata in questa imperial corte, Vienna, Giovanni
van Ghelen, 1723; esemplare consultato: A-Wn (altro in YU-Ls);
«Wiener diarium», 23 gennaio 1723; E. MADDALENA, Uno scenario
inedito messo in luce, Wien 1901.
Andrea Cicognini, musicati da Luccio a Venezia nel 1651, nella Dori
di Apolloni, data a Innsbruck nel 1657 con la partitura di Cesti, e
soprattutto nella storia persiana. Così infatti si chiama l'onnipotente
ministro egiziano che avvelena Artaserse III Oco nel 338 a. C. e viene
ucciso a sua volta da Dario III Codomano. In questa disinvolta
confusione «s'introduce don Chisciotte della Mancia, famoso cavaliere
errante, che per un certo oracolo non ben inteso fu promosso al regno
del Perù».28 Nel curriculum di Amaranto L'Atalipa sta dopo Un pazzo
del 1692 e prima di Amore fra gl'impossibili del 1693. Gigli fornisce
al Tolomei una produzione all'anno intonata da Fabbrini, Armonico
fra i Rozzi, probabilmente gesuita e certamente maestro di cappella
nella famosa scuola senese. Ma siccome lascia sguarnito il 1692, si
può pensare che in quel carnevale i convittori abbiano cantato proprio
L'Atalipa, mentre i collegiali romani recitavano lo Scenario di don
Chisciotte ovvero Un pazzo. Come per gli altri due drammi, la
tradizione segretissima conta una sola ripresa a Milano, attestata dalla
stampa di un riassunto col Prologo per musica recitato da Perseo e
Andromeda nel 1701.29
L'hidalgo arriva a Corinto nel quarto e ultimo dramma
donchisciottesco di Gigli, Amore fra gl'impossibili, dedicato il 2
gennaio1693 e allestito nel teatro privato di Maria Camilla Pallavicini,
moglie di Giovanni Battista Rospigliosi e duchessa di Zagarolo:

Nell'istesso tempo capitò in Grecia il famoso don Chisciotte della Mancia.


Costui era impazzito, come sai, nella lettura di romanzi e parendoli tanto
necessaria al mondo la professione de' cavalieri erranti voleva rimetterla in piedi
a costo ancora tante volte delle sue schiene. Giostrò co' mulini a vento, che
credé giganti incantati, e fece cose simili. Or perché ogni cavaliere errante dovea
servire ad una gran dama, si era formata nell'imaginazione una certa signora
Dulcinea [...]. Costei andava cercando per il mondo ed incontratosi quivi con
Coriandolo spezialetto di Corinto, che portava medicine [...], intriga e scioglie
28
Ristretto della favola, in L'Atalipa, dramma per musica, Siena,
Fantini e Gatti nella stamperia del Publico, s.d., p. 3; esemplare
consultato: I-Vgc (altri in B-Bc, I-Mb, I-Rn, I-Vc); F. VAZZOLER, Don
Chisciotte e le «genti americane». Comicità ed esotismo
nell'«Atalipa», dramma per musica di Girolamo Gigli, in «Annali
d'italianistica», X, 1992, pp. 190-210.
29
L'Atalipa, opera rappresentata dalli giovani dell'oratorio segreto di
San Lorenzo Maggiore di Milano l'anno 1701, Milano, Ambrogio
Ramellati, s.d.; esemplare consultato: P-Ln.
variamente il presente filo.30

L'opera si stampa nello stesso anno in tre diverse edizioni: la


romano-senese integrale; la Bonetti, realizzata secondo Allacci per
una produzione toscana, legata alla prima di cui elimina la captatio
alla duchessa ma condivide un grave errore nel titolo corrente che
recita «atto secondo» anziché terzo;31 la Komarek che conserva la
dedica firmata dall'autore ma siccome presenta un salto
nell'Argomento non sarà capostipite delle altre due, senza contare le
purghe inflitte dalla censura in alcuni loci per così dire critici. Ad
esempio nella descrizione di Dulcinea «che ha fianco da armatura, /
piè da stivale e natiche da sella», Chisciotte deve accontentarsi di dire
«che ha da stivale il piè, vita da sella», mentre la «generosa natura» di
Coriandolo travestito da donna si trasforma in un «cuor generoso».32
Molti repertori, alcuni dei quali aggiungono il sottotitolo inesistente
Don Chisciotte e Coriandolo seguendo la biografia di Corsetti,33
attribuiscono la partitura a Campelli, citato da Allacci soltanto in
relazione alla ripresa padovana del 1707.34 Se invece esistesse una

30
Argomento della favola, in Amore fra gl'impossibili, dramma per
musica di Amaranto Sciaditico pastore arcade, dedicato
all'illustrissima ed eccellentissima signora duchessa di Zagarolo e da
lei fatto rappresentare nel suo teatro, Roma e Siena, stamperia del
Publico, 1693, [pp. 6-7]; esemplare consultato: I-Mb (altri in B-Bc, D-
Mbs, I-Bca, I-Fc, I-Lg, I-PAc, I-Rsc, US-AUS).
31
Amore fra gl'impossibili, dramma per musica di Amaranto
Sciaditico pastore arcade, Roma e Siena, Bonetti nella stamperia del
Publico, 1693, III, 8; esemplare consultato: I-Vgc (altri in D-Mbs, I-
Mb, I-Rvat, I-Vc, US-Wc); L. ALLACCI, Drammaturgia, Venezia,
Pasquali, 1755, col. 68.
32
Amore fra gl'impossibili, dramma per musica di Amaranto
Sciaditico pastore arcade, dedicato all'illustrissima ed eccellentissima
signora duchessa di Zagarolo e da lei fatto rappresentare nel suo
teatro, Roma, Giovanni Giacomo Komarek, 1693, III, 13; esemplare
consultato: I-Vgc (altri in F-Pn, GB-Lbm, I-Bu, I-Fm, I-MAC, I-Rc, I-
Rn, I-Rvat).
33
F. CORSETTI, Vita di Girolamo Gigli sanese, detto fra gli Arcadi
Amaranto Sciaditico, scritta da Oresbio Agieo pastore arcade,
Firenze, all'insegna d'Apollo, 1748, p. 48.
34
L. ALLACCI, Drammaturgia cit., col. 69; B. BRUNELLI, R. ALLORTO,
Gigli cit., col. 1283; M. G. ACCORSI, Gigli, in The new Grove
coproduzione fra Siena e Roma, sarebbe lecito supporre un intervento
di Fabbrini al posto dell'oscuro compositore che intona soltanto Teseo
in Atene di Aureli, dato a Piacenza nel 1717.35 Ristampato nelle
Poesie,36 Amore fra gl'impossibili raggiunge finalmente qualche luogo
pubblico dove compaiono i nomi degli interpreti professionisti che fin
qui mancavano del tutto o s'identificavano coi «giovanetti cavalieri»
spesso imparentati fra loro. La ripresa del 1697 a Modena, con
Margherita Salicoli Suini e Francesco De Grandis al servizio di
Rinaldo I d'Este, dipende dall'edizione romano-senese perché contiene
l'intero Argomento, riproduce le lezioni che nella Komarek sono
purgate e non accoglie qualche svista della Bonetti, benché riduca il
testo ed elimini i versi virgolati nella prima:

Per molte ragionevoli considerazioni, che qui sarebbe lungo il riferire, è poi
convenuto mettere le mani in questo dramma, mutando, aggiungendo e
lasciando da parte alcune cose, per le quali ora si rende alquanto diverso da
quello che fu composto dall'autore.37

Tagliata altrimenti rispetto alla stampa di Modena ma sempre


dipendente dalla romano-senese di cui conserva le varianti rispetto
alla Bonetti, l'Argomento completo e le «natiche» eliminate nella
Komarek, l'edizione per la sala di Piacenza, Ducale sì ma pur sempre
aperta al pubblico, reca finalmente il nome di Carlo Francesco
Campelli che firma una dedica dalla quale non si evince se
l'intonazione sia vecchia o nuova. Mancano gli interpreti, mentre
compare l'ingegnere del teatro Pietro Giorgio Cervino, «allievo del
famosissimo signor Ferdinando Bibiena».38 Legata a questa, una
dictionary of opera, II, London 1992, p. 413; C. SARTORI, I libretti
cit., I, p. 172; S. FRANCHI, Drammaturgia romana, Roma 1988, p.
654.
35
C. SARTORI, I libretti cit., Indice.
36
Amore fra gl'impossibili, dramma per musica, in G. GIGLI, Poesie
cit., pp. 281-364.
37
Argomento della favola, in Amore fra gl'impossibili, dramma per
musica di Amaranto Sciaditico pastore arcade, rappresentato in
Modona nel teatro di corte per divertimento di queste serenissime
altezze l'estate dell'anno 1697, Modena, Soliani, 1697, p. 6; esemplare
consultato: I-Bu (altri in I-Bc, I-MOe).
38
Amore fra gl'impossibili, drama per musica da rappresentarsi nel
teatrino Ducale nell’anno 1700 e 1701, dedicato all’illustrissimo ed
ripresa all'Obizzi di Padova nel 1707 accoglie i cambiamenti già fatti
al testo, anche perché la musica è dello stesso «dilettante di
contraponto»39 che offre l'opera al podestà e al capitanio con le
medesime parole con cui l'aveva esibita al maggiordomo degli
Estensi. Ma rispetto all'antecedente s'introducono alcune importanti
novità:

Si è aggiunto nell'opera un personaggio [Despina] e nelli intermedi altri due


[Plutone e Proserpina], per servire a chi poteva comandare, e per necessità si
allungava l'opera, sì che per meterla all'uso moderno è convenuto levare qualche
cosa dell'autore, però si dichiara di non volere pregiudicare la sua virtù e poi
l'oro purissimo non teme macchia.40

Semplicemente nominata da Coriandolo che nell'originale di Gigli


vuole offrirle un mazzo di fiori invitandola al ballo, Despina diventa
un personaggio vero e proprio che canta insieme a lui due brevissimi
intermezzi mai visti prima e conclusi dal duetto, così sgangherati
nell'azione e nel metro da far supporre diversi strati d'intervento.41 Nel
primo il garzone corteggia la ragazza che nel secondo compie un
incantesimo «vestita da maga», mentre Plutone e Proserpina lo
terrorizzano dalla macchina per costringerlo alla fedeltà e alla
costanza in amore. Ben lungi dall'essere emarginati rispetto ai seri, gli
ignoti comici di questa recita padovana di Amore fra gl'impossibili
scorrazzano liberamente anche nell'opera dove sono aggiunte le scene
assolo di Despina e in gran parte mantenute quelle originali di Gigli

eccellentissimo signor marchese Bartolomeo Casati, maggiordomo


maggiore di sua altezza serenissima, posto in musica da Carlo
Francesco Campelli, Piacenza, Zambelli, s.d., p. 8; esemplare
consultato: I-PAc.
39
Cortese lettore, in Amore fra gl'impossibili, drama per musica da
rappresentarsi nel teatro Obizzi in Padova l'anno 1707 e 1708,
consacrato al merito impareggiabile dell'illustrissimi ed
eccellentissimi signori rettori Gregorio Barbarigo podestà e Giovanni
Giustinian Lolin capitanio, Padova, Giuseppe Corona, s.d., p. 5;
esemplare consultato: I-Mb (altro in I-Rsc); C. TROY, The comic
intermezzo. A study in the history of eighteenth century Italian opera,
Ann Arbor 1979, p. 158.
40
Protesta dell'autore, in Amore cit., p. 5; L. ALLACCI, Drammaturgia
cit., col. 69: «Seguì qualche mutazione dall'originale».
41
Amore cit., II, 6-7, 9-10.
con Chisciotte e Coriandolo.
Deriva invece dalla Komarek, di cui accoglie censure e versi
virgolati, la stampa napoletana del 1707 offerta al viceré
dall'impresario Nicolò Serino, con la partecipazione di Gioacchino
Corrado nel ruolo di Chisciotte.42 Una nuova versione dell'opera,
dedicata il 16 febbraio 1726, va in scena a Perugia dove interpreti tutti
maschi cantano la musica di Giambattista Mastini, direttore del teatro
dei Nobili e «maestro di cappella di Fermo»,43 ripresa alla Fenice di
Ancona l'anno dopo.44 In queste due stesure, benché Gigli sia citato
espressamente, il testo viene rimodernato spostando molte arie
mediane all’inizio o più spesso alla fine della scena e sostituendone un
paio con brani copiati dalla Didone che Metastasio aveva appena
scritto per Napoli: L’augellin tra' lacci stretto e Va lusingando
amore.45 Nei pezzi chiusi, ormai quasi tutti isometrici, bistrofici e col
daccapo indicato esplicitamente, aumentano a dismisura i paragoni
con la navicella sul mare in tempesta e con varie specie di bestie
volanti: la lieta farfalletta intorno alla facella, l’usignolo, lo sparviero,
la tortorella vedova e la colomba scompagnata.46 Anche se un filo
debolissimo, ossia la concordanza della forma «speziaria» per
«spezieria», collegherebbe alla Bonetti le due edizioni dello stato
42
Amore fra gl'impossibili, dramma per musica di Amaranto
Sciaditico pastore arcade, da rappresentarsi nel nuovo teatro di San
Giovanni delli Fiorentini, dedicato all'illustrissimo ed eccellentissimo
signor conte Giorgio Adamo di Martiniz, cavaliere del toson d'oro,
consigliere intimo di stato e della conferenza secreta di sua maestà
cesarea, plenipotenziario e viceré del regno di Napoli per la cattolica
maestà di Carlo terzo che Dio guardi, Napoli, Michele Luigi Mutio,
1707; esemplare consultato: I-Bu (altri in I-Bc, I-Nc).
43
L'amor fra gl'impossibili, drama per musica da recitarsi in Perugia
nell’anno 1726, dedicato a monsignor illustrissimo e reverendissimo
Giacomo Oddi, governatore di Viterbo, Perugia, Costantini, s.d., p. 8;
esemplare consultato: I-PEc.
44
L'amor fra gl'impossibili, dramma per musica da recitarsi nel teatro
della Fenice d'Ancona nell'anno 1727, Ancona, Belelli, 1727;
esemplare consultato: US-Wc; B. BRUNELLI, R. ALLORTO, Gigli cit.,
col. 1283, e J. L. JACKMAN, Mastini, in The new Grove dictionary of
opera cit., III, p. 264: prima rappresentazione.
45
Didone abandonata, Napoli, Ricciardo, 1724, II, 5; II, 17; L'amor
cit., II, 1; II, 7.
46
L'amor cit., I, 9 e I, 10; I, 4; I, 7 e III, 6; II, 10; III, 4; III, 8.
pontificio, strettamente dipendenti fra loro, bisogna comunque
ipotizzare che vengano dal capostipite romano-senese perché
accolgono tutte le altre varianti.
Se in basso il grafico descrive una tradizione mista, cortese e
mercantile, all'estrema destra racconta la storia di alcuni intermezzi
derivati, mediante un'operazione di taglio e ricucitura, dalle scene
comiche dei drammi donchisciotteschi di Gigli che gli studenti si
scambiavano fra le scuole romane, senesi e padane. Cantati dai
«giovanetti cavalieri» negli istituti prestigiosi e spesso divisi in quattro
parti anziché in due perché s'inseriscono fra i cinque atti della tragedia
in volgare o in latino, circolano esclusivamente nei seminari e nel
Collegio Germanico, fondato nella capitale per gli studenti di lingua
tedesca. Probabilmente gli entractes risultano da un esercizio di
docenti e discenti perché musicisti o cantanti di professione non
avrebbero assemblato i testi così come sono arrivati alla stampa. Per
esempio Don Chisciotte della Mancia e Galafrone,47 interpretato da
due ragazzi che si esibiscono solo in questa occasione, è costruito con
un paziente montaggio di recitativi e pezzi chiusi tratti da Lodovico
Pio, contaminato con altri libretti di Gigli. Nella prima parte, mentre il
nostro eroe torturato dall'appetito parafrasa l'Ariosto, capita Galafrone
che nel solito tedesco caricaturale si lamenta di essere stato bastonato.
L'hidalgo lo scambia per la Fame in persona e minaccia di combattere
ma fugge quando si tratta di farlo sul serio. A questo brandello,
riprodotto pari pari, «segue il ballo de' furiosi» dopo il quale
Chisciotte rientra in scena «tremando» per cantare un'aria dell'Atalipa,
Astri voi che rimirate.48 Nel secondo intermezzo Galafrone sostiene di
aver picchiato l'antagonista che si presenta «col capo fasciato» e
rimpiange la «bella età d'Orlando» con le parole che aveva cantato a
Siena. Dopo un altro episodio coreografico agito dalle ombre, il
codardo protagonista, in preda a un attacco di dissenteria, gorgheggia
Qualche pillola invisibile presa da Amore fra gl'impossibili.49 Nel

47
Don Chisciotte della Mancia e Galafrone, intermezzi da recitarsi in
Seminario Romano nell'opera de' signori convittori delle camere
grandi nel carnevale del MDCCXXIII, musica del signor don
Girolamo Chiti, Roma, Gaetano Zenobi, 1723; esemplare consultato:
I-Vgc (altro in I-Bc); C. SARTORI, I libretti cit., Indice.
48
Lodovico cit., I, 4-5; L'Atalipa cit., I, 5.
49
Lodovico cit., III, 2-3; Amore cit., II, 2.
terzo sketch quando il cavaliere, imprigionato da Galafrone, non riesce
a sguainare la spada arrugginita, si giustappongono lacerti vari in
ordine sparso ma sempre saccheggiati da Lodovico Pio.50 Nell'ultimo
quadro Chisciotte, che in carcere si paragona a «Rugger forte e
costante / prigioniero d'Atlante», all'entrata di Galafrone si prepara
citando Tasso a una comica morte che sfocia nel duetto finale.51
Migrano i testi ma non le partiture perché al tutto si applica la musica
nuova composta dal senese Girolamo Chiti, maestro di cappella al
Tolomei nel 1715 e poi a San Giovanni in Laterano, corrispondente di
padre Martini e a quanto pare impegnato soltanto in due produzioni
romane degli anni '20.52 Anche se sarebbe comodo supporre che
l'ignoto impasticciatore avesse tra le mani un'edizione delle Poesie di
Gigli, in realtà i quattro intermezzi derivano dall'unica stampa
completa dell'Atalipa e da quella toscana di Lodovico Pio con cui
concordano alcune lezioni difficiliores: per esempio «disdosso» al
posto del banale «ridosso» e il raro «spergerete» invece del piatto
«spengerete» o «spegnerete» per indicare l'estinzione della
cavalleria.53 Non è facile stabilire da dove spunti il brandello di Amore
fra gl'impossibili, troppo breve e riportato in una versione castigata
che compare solo qui, ma escludendo le riprese in cui l'aria manca si
può supporre che derivi dal capostipite privilegiato romano-senese.
Ancora più complesso il caso di Don Chisciotte della Mancia e
Coriandolo speziale, rappresentato dagli studenti nel 1726 e inserito
fra i cinque atti della tragedia Bruto.54 Ripetendo i versi di Amore fra

50
Lodovico cit., III, 18; I, 9; I, 8; I, 10.
51
Lodovico cit., II, 14-15.
52
La gara de' segni celesti per l'acquisto della nobilissima stella
chisia, Siena, Bonetti, 1715, p. 20; Chiti, in Dizionario enciclopedico
della musica e dei musicisti, Torino 1985, Le biografie, II, pp. 218-
219; C. SARTORI, I libretti cit., Indice; G. ROSTIROLLA, La
corrispondenza fra Martini e Chiti, in Padre Martini. Musica e
cultura nel Settecento europeo, Firenze 1987, pp. 211-275.
53
Lodovico cit., II, 15; III, 2; Don Chisciotte e Galafrone cit., II, IV.
54
Don Chisciotte della Mancia e Coriandolo speziale, intermezzi da
recitarsi in Seminario Romano nell'opera de' signori convittori delle
camere grandi nel carnevale del MDCCXXVI, musica del signor
Francesco Feo, Roma, Girolamo Mainardi, 1726; esemplare
consultato: I-Vgc (altro in I-Fc); S. FRANCHI, Le impressioni sceniche,
Roma 1994, p. 477.
gl'impossibili in tutta la prima parte, sempre affamato malgrado
l'esempio di Orlando che sta a digiuno per seicento ottave e va a letto
senza cena, Chisciotte invoca Dulcinea quando sopraggiunge
Coriandolo «insanguinato, coprendosi il naso» che si è rotto cadendo
in un fosso. Dopo aver equivocato sull'uccisione di un drago
puzzolente, i due si sfidano indossando uno stivale a testa per godere
di pari opportunità cavalleresche, non prima di aver cantato Men
palazzi e più spedali tratta dalla Geneviefa.55 Nel secondo intermezzo
il monologo di Coriandolo, in parte ricavato italianizzando uno
sproloquio che Galafrone declamava nel 1723, si conclude con un
brano della Forza del sangue, Nella scherma non son destro. Entra
Chiscotte, poco trionfale e «imbrattato di fango», per recitare un'altra
scena di Amore fra gl'impossibili e la lunga tirata con l'eco, sempre
dalla Forza del sangue.56 Nel terzo entracte, quando l'hidalgo,
ammantato da una pelle d'asino, declama Achillini citando
Michelangelo, Ariosto e Tasso, è la volta dell'Atalipa cucito con due
brandelli di recitativo e con un'aria di Amore stiracchiata per farla
diventare un duetto.57 Nell'ultimo intermezzo si torna in territorio inca
dove Chisciotte, istituito l'ordine del Corno Tenero usando l'orecchio
del somaro, si riscuote dalla follia con lo stesso recitativo di Amore,
ricordandosi però di essere «mastro Antonio, / barbiere e pover'uomo
del Toboso» come in Un pazzo guarisce l'altro.58 Siccome i versi
virgolati sono ripresi, l'antecedente è costituito da un libretto, mentre
se fossero omessi potrebbe trattarsi di una partitura adattata. Difatti la
musica è nuova ed esplicitamente attribuita a Francesco Feo, nato nel
1691, iscritto al conservatorio nel 1704 e sulla breccia dal 1713. In
questo caso, oltre all'unica edizione dell'intero Atalipa, si usano le
Opere del 1704 e le Poesie del 1708, sia perché s'inseriscono brani
provenienti da drammi diversi con o senza Chisciotte, sia perché si
rilevano concordanze grafico-morfologiche, e dunque labili, ma anche
55
Amore cit., I, 5-6; La Geneviefa, drama per musica, III, 4, in Poesie
cit., pp. 11-78.
56
Don Chisciotte della Mancia e Galafrone cit., II; La forza del
sangue e della pietà, drama per musica, II, 7, in Poesie cit., pp. 155-
228; Amore cit., I, 12; La forza cit., III, 3-4.
57
L'Atalipa cit., I, 10; Amore cit., II, 6; III, 1; III, 13.
58
L'Atalipa cit., III, 20; Amore cit., III, 18; Un pazzo cit., III, 19:
«Chiamami maestro Antonio e dammi un po' di pane [...]. Ritorno ad
esser maestro Antonio barbiere».
dipendenze più solide: per esempio un verso di Amore fra
gl'impossibili, che nella prima recitava «vo a prender certo incenso»,
nella raccolta del 1700 diventa l'ipometro «vo a prender incenso» per
un errore corretto con «vado a prender incenso» in quella del 1708,
come qui dove si legge «vado a prender l’incenso».59 Rispetto alle
fonti, nell'adattamento si rimaneggia il recitativo per nominare
espressamente la nuova piazza, ossia la città eterna, e si tende a
regolare il metro dell'aria per adattarlo alle nuove convenzioni,
stabilite fra l'altro dall'Arcadia matura. Derivano da questo
inenarrabile pasticcio gli Intermezzi dati al Germanico nel 1737, con
l'aggiunta della pastorella Tisbe, qualche aria sostituita e la musica
nuova di Gaetano Carpani che lavorava abitualmente per il collegio.60
Vista la destinazione, non sarà un caso che compaiano in un'altra
stampa con traduzione tedesca a fronte e con testo quasi identico, a
parte qualche errore e l'assenza di alcune didascalie.61 Quest'ultima
edizione non databile, uscita per un imprecisato martedì grasso senza
le arie sostitutive che compaiono alla fine degli Intermezzi, secondo il
catalogo della biblioteca in cui è conservata risale alla seconda metà
degli anni '30. Sono invece contemporanee ma indipendenti da Don
Chisciotte della Mancia e Coriandolo speziale, benché vi agiscano gli
stessi personaggi nelle medesime situazioni con le note nuove di
Gonella, le Scene date al Seminario di Cremona che il pastore Tersio
Filolaio, ossia Giuseppe Carnevalini, ricava dall'edizione Komarek di
Amore fra gl'impossibili di cui conserva una lezione purgata.62

59
Amore cit., I, 6; Don Chisciotte della Mancia e Coriandolo cit., I.
60
Intermezzi in musica, da cantarsi nella tragedia latina intitolata
"L'Adonia", Roma, Antonio de' Rossi, 1737; esemplare consultato: I-
Rn; S. FRANCHI, Le impressioni cit., p. 23.
61
Don Chisciotte, scherzo per musica da rappresentarsi nel
carnevale. Don Quixot, in einem musicalischen Schertzgedicht zur
Fastnachts Zeit fürzustellen ins Teutsche übersetzt durch A[ugust]
W[ilhelm] H[einrich] Gleitsmann, s.n.t.; esemplare consultato: D-
BAs.
62
Scene [I, 5-6; I, 12; III 1; III 12-13] del drama «L'amore fra
gl'impossibili» del signor Girolamo Gigli, accomodate da un pastor
arcade della colonia cremonese, Tersio Filolaio, ad uso d’intermezzi
da cantarsi nella tragedia "Il Teodosio" che si recita nel venerabile
Seminario di Cremona l’anno MDCCXXVI sotto gli auspici
dell’illustrissimo e reverendissimo monsignor Alessandro Litta,
Fin qui il nostro eroe, spesso relegato in un boschetto suburbano,
partecipa a vicende intessute d'incantesimi e di follie, contrastando
con Galafrone in Lodovico Pio, in Un pazzo e nei collegi, con Bagoa
nell'Atalipa, con lo speziale Coriandolo in Amore fra gl'impossibili e
nei saggetti degli studenti più che nell'opera di mercato. A questi
antagonisti maschili si contrappongono i personaggi femminili di
molti entractes diversi che circolano pubblicamente, a partire da un
Don Chisciotte in tre sezioni, recitato da Antonio Ristorini e da Rosa
Ungarelli nei panni di Lilla con Sancio che non parla, databile post
1716 quando si forma il sodalizio fra i due.63 D'ora in poi una folla
d'hidalgos, compreso quello di Zeno, molti scudieri e alcune Dulcinee,
per cui non basterebbe un intero libro, invadono le scene dell'opera
settecentesca dove rispunta Galafrone col Don Chisciotte di Lorenzi e
Paisiello.64 Fra queste numerose pièces figura un intermezzo che val la
pena di prendere in considerazione, del tutto indipendente da Gigli ma
vagamente collegato al corpus dai nomi di Corrado e di Feo. Il primo,
interprete stanziale che per sua fortuna resta a Napoli impiegato alla
Cappella Reale, dopo averlo eseguito nel 1707 copre il ruolo
dell'hidalgo nelle scenette fra gli atti del Castello d'Atlante nel 1734.
Insieme a Corrado, il primo Uberto nella storia dell'opera, c'è sempre
Laura Monti che accanto a lui nel 1733 aveva dato vita alla brillante
protagonista della Serva padrona. Ormai gli entractes, strutturati nella
forma standard binaria, articolata con due arie e un duetto, a
differenza di quelli padovani sono emancipati dal testo che li
accompagna, editi insieme ma relegati in fondo al dramma e ignorati
dalla dedica dell'impresario Salvatore Notarnicola o dall'avviso del
librettista Tomaso Mariani intitolato L'autore a chi legge.65 Nella

vescovo di detta città, conte ecc. ed assistente al solio pontificio,


musica del molto reverendo signor don Giuseppe Gonella, mastro di
capella della catedrale, Cremona, Francesco Gaetano Ferrari, 1726;
esemplare consultato: US-BE.
63
Il don Chisciotte, intermezzi rappresentati dalla signora Rosa
Ungarelli e signor Antonio Ristorini, Milano, Giuseppe Vigone, s.d.;
esemplare consultato: I-Rsc; C. TIMMS, Ungarelli, in The new Grove
dictionary of opera cit., IV, p. 866: a Parma nel 1714 col basso
Cavana, debutta a Torino col tenore Ristorini nel 1716.
64
Don Chisciotte della Mancia, Napoli, stamperia Avelliniana, 1769.
65
[Nerina e don Chisciotto, intermezzi], in Il castello d'Atlante, drama
per musica di Tomaso Mariani romano da rappresentarsi nel teatro di
prima parte Nerina vestita «da amazzone» attacca briga con Chisciotto
accompagnato da Sancio, «a cavallo» ma silenzioso anche qui. Dopo
un combattimento che sembra la parodia di un torneo aristocratico,
imprigiona il «titubante chevalier» che stranamente parla un francese
maccheronico. Nel secondo quadro la donna, camuffata «da maga»,
evoca gli spiriti guardiani di un tesoro che spaventano il nostro,
costringendolo a ballare con una scultura animata di dongiovannesca
memoria, per conquistare un anello contesogli da un gigante. Anche
se la statua e la fattucchiera si trovano nel Don Chissiot o nella ripresa
padovana di Amore fra gl'impossibili, i libretti non hanno nulla in
comune fra loro. Gli intermezzi napoletani sono espressamente
attribuiti a Francesco Feo che aveva già composto quelli per il
Seminario Romano nel 1726 su testo completamente diverso. Invece
Il castello d'Atlante si deve a Leonardo Leo, di cui si conservano
alcune arie alla Casanatense, mentre quelle di Feo, custodite nella
stessa biblioteca, appartengono al genere serio e non corrispondono
alle parole di nessuna fra queste pièces.66 Del libretto s'impadronisce
una coppia di comici specializzati, Anna Isola e il tenore Pellegrino
Gaggiotti, che lo ripropongono a Graz nel 1739 col titolo Don
Chisciotto.67 All'intermezzo accade poi una vicenda simile a quella di
Don Chisciotte della Mancia e Coriandolo speziale, ampliato nel
1737 per il Collegio Germanico: nella ripresa fiorentina del 1762,
Rosa Puccini e Baldassarre Bosi accolgono Antonio Bellandi nei
panni di Sancio che stavolta canta sotto l'egida degli accademici

San Bartolomeo nell'estate del corrente anno 1734, dedicato alla


maestà di don Carlo Borbone, infante di Spagna, duca di Parma,
Piacenza, Castro ecc., gran principe di Toscana ecc., I re di Napoli,
Napoli, s.n., 1734, pp. 48-59; esemplare consultato: I-Fm (altri in B-
Bc, US-NYp); C. TROY, The comic cit., p. 168.
66
Antologia, I-Rc, ms. 2222, cc. 61r-61v, 63r-64r; Arie, I-Rc, ms.
1513, cc. 27v-30v; Arie, I-Rc, ms. 2558, cc. 71r-74v.
67
Il don Chisciotto, intermezzi musicali da rappresentarsi nel nuovo
teatro al Tummel Plaz di Graz dalla signora Anna Isola e dal signor
Pellegrino Gaggiotti nella primaverra del anno 1739. Der don
Chisciotto, in einem Zwischenspiel ausgeführet in dem neuen Theatro
auf dem Tummel Plaz in Graz, s.l., Widmanstätterischen Erben, 1739;
esemplare consultato: A-Gl.
Infuocati.68 La partitura bolognese di Don Chisciotte dove una mano
dell'epoca ha vergato la data 1746, unica superstite fra tutte quelle
citate, fin dalle prime biografie è universalmente ascritta a padre
Martini per una recita che non si trova e dunque si ritiene avvenuta in
una casa privata.69 Malgrado le affermazioni di qualche repertorio,70 il
testo appartiere a questo filone mercantile e non ha nulla a che vedere
con Gigli, mai nominato nel carteggio del musicista.71 Siccome il
manoscritto reca le abbreviazioni «a. t.» che ovviamente significano
alto e tenore, tessiture e chiavi in cui è notato il canto, più che agli
intermezzi del Castello d'Atlante per soprano e basso, sarà legato a
quelli di Graz che concordano nella versione ritmica italiana del
mezzo francese e che potrebbero comunque utilizzare la musica di
Feo, anche se l'edizione non lo cita. Come si vede nel secondo stemma
la situazione non è del tutto lineare, visto che in Austria mancano
alcuni passi di recitativo conservati nella partitura, mentre la stesura
fiorentina è indipendente perché la traduzione diverge.

68
Il don Chisciotte, intermezzi per musica a tre voci da rappresentarsi
in Firenze nel teatro di via del Cocomero nel carnevale dell’anno
1762, Firenze, Anton Giuseppe Pagani, s.d.; esemplare consultato: I-
Bc (altri in GB-Lbm, I-Rn).
69
Il don Chisciotte, intermezzo a due (alto, tenore) con strumenti,
1746, I-Bc, ms. HH 37, cc. 68-109; F. PARISINI, Della vita e delle
opere del padre Giovanni Battista Martini, Bologna 1887; L. BUSI, Il
padre Giovanni Battista Martini, Bologna 1891, p. 398; anastatica:
Bologna 1969; G. GASPARI, Catalogo della biblioteca musicale di
Giovanni Battista Martini, Bologna 1893, III, p. 315; anastatica:
Bologna 1961; F. VATIELLI, Le opere comiche di Giovanni Battista
Martini, in «Rivista musicale italiana», XL, 1946, pp. 450-476.
70
Gigli, in Dizionario cit., Torino 1986, Le biografie, III, p. 197.
71
A. SCHNOEBELEN, Padre Martini's collection of letters in the Civico
Museo Bibliografico Musicale in Bologna. An annotated index, New
York 1979.
Chisciotte e Coriandolo I-R26
(Feo)

Don Chisciotte [I-B]46


(partitura)
x

Don Chisciotto A-G39


Castello I-N34

Don Chisciotte I-F62

Amore I-N07
(Corrado)

Se l'esercizio delle armi, la lettura, il canto e la tragedia allenavano i


«giovanetti cavalieri» a reggere da grandi il peso dello stato,72 gli
intermezzi in quattro parti presentavano le disavventure dell'antieroe
come un esempio da fuggire, non tanto un hidalgo ridicolo quanto un
cortigiano italiano obsoleto e rincitrullito, liquidando l'etica
rinascimentale che presiedeva al romanzo cavalleresco e alle
numerose istituzioni accademiche, sempre più accentrate nell'Arcadia.
Tra i genitori che pagano la retta, legati da una ragnatela di amicizie e
parentele, accanto ai marchesi Guadagni o Sacrati, ai conti Aureli o
Bolognetti, ai principi Doria o Palmerici d'Acaia, il facoltoso
Amaranto manda la prole a studiare nell'esclusivo collegio senese. Tra
i servitori invece figurano oscuri poeti, maestri d'arme, di ballo e di
cappella che non adoperano le musiche altrui ma non vedono l'ora di
comporre partiture nuove che la storia ha provveduto a cestinare.
Questo mondo è impermeabile all'ambiente dei virtuosi professionisti
e dei guitti girovaghi che consideravano Chisciotte un sistema come

72
S. LORENZETTI, Musica e identità nobiliare nell'Italia del
Rinascimento. Educazione, mentalità, immaginario, Firenze 2003.
un altro per sbarcare il lunario, rimontando le scenette divise in due,
proponendole fra gli atti del serio da cui erano stati espulsi, portando
in giro testi e musiche a brandelli, magari aggregando un terzo
compagno di strada e comunque viaggiando sballottati su carri che
ancora non montavano le molle a balestra o percorrendo strade
sterrate perché soltanto dal 1798 Mac Adam sperimenta la massicciata
che porta il suo nome. Nell'uno e nell'altro caso però, fra i tanti modi
per costruire i testi, ricavandoli da libretti complessi, contaminandoli
con drammi in prosa, togliendo, aggiungendo o facendo cantare i
muti, l'unica figura che non si trova è proprio quella che sarebbe più
semplice immaginare: l'Autore con la maiuscola, delineato dalla
soggettività romantica e dalla filologia positivista, che legge
Cervantes, scrive una commedia, ne ricava un'opera e finalmente la
riduce alle proporzioni dell'intermezzo.
Quanto alla non facile attribuzione del Don Chisciotte intonato
nell'autografo martiniano, che non è di Gigli e difficilmente sarà di
Tomaso Mariani, autore del Castello d'Atlante, la questione si tiene in
serbo per i prossimi auguri al festeggiato.

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