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L’ ESTINZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO

DIMISSIONI e LICENZIAMENTI INDIVIDUALI

La cessione del rapporto di lavoro può avvenire


 Per volontà del datore  licenziamento: datore estingue il contratto
 Per volontà del lavoratore  dimissioni: atto unilaterale recettizio con il quale il lavoratore cessa il rapporto
di lavoro

In materia di licenziamento vi sono state 4 tappe evolutive:


1. le previsioni del Codice Civile: le parti sono su un piano di parità, e recedevano liberamente, non era
necessaria una giustificazione ai fini della validità del recesso, l’unico onere era il preavviso

2. La l. 604/1966: viene prevista la necessaria giustificazione del recesso altrimenti licenziamento è


illegittimo (giusta causa, giustificato motivo oggettivo e soggettivo) . In merito alle conseguenze
sanzionatorie il datore poteva scegliere tra indennità risarcitoria e riassunzione

3. L. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori): Con l’art 18 viene introdotta la disciplina del regime reintegratorio
in caso di licenziamento illegittimo, non è quindi più possibile per il datore scegliere la sanzione. L’art 18
tratta i diversi vizi del recesso allo stesso modo, ad ogni vizio il rimedio è la reintegrazione

4. Riforma Fornero e Job’s Act: ad ogni vizio del licenziamento il «nuovo art. 18» fa corrisponde un
regime differenti di tutela tra i 4

Ogni riforma non abroga la precedente , ma si applica ai rapporti sorti quando quella normativa era vigente. Il
Job’sAct si applica a partire dalle assunzioni compiute dal 7 marzo 2015. Ai rapporti sorti antecedentemente si
applica l’art 18 l.300/1970 sino al 2012 e l’art. 18 Riforma Fornero dopo il 2012.
1. Il recesso nel Codice Civile

Art. 2118 c. 1 « Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato dando il
preavviso nel termine e nei modi stabiliti […]»

In materia del recesso (sia del datore che del lavoratore) le norme di riferimento sono gli articoli 2118 e 2119 del
Codice del 1942 che aveva una visione liberale e corporativa

 il codice fingeva che datore e lavoratore fossero su un piano di parità, quindi uguaglianza tra le parti del
rapporto
 libertà individuale dei contraenti nei confronti di vincoli contrattuali a tempo indeterminato

La conseguenza è che il recesso datoriale equivalente al recesso del lavoratore

- Nessun limite di carattere sostanziale alla recedibilità


- Nessuna possibilità da parte di un autorità di sindacare il
merito della decisione
Ai fini della legittimità del recesso
 non era obbligatoria una giustificazione, qualunque recesso era valido. Il recesso senza giustificazione (ad
nutum) era la regola generale (quindi non vi era neanche la possibilità di sindacare). L’idea era che le parti
non si devono legare a vita e quindi hanno la libertà di risolvere il rapporto contrattuale

 L’unico limite al recesso è il preavviso: L’unico onere era il preavviso (norecesso immediato)

Ratio
 tutela dell’interesse del lavoratore a trovare un’altra occupazione
Salvo
 tutela dell’interesse del datore di lavoro a trovare un altro lavoratore

Recessione senza preavviso: giusta causa + indennità

Art. 2119 «Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto […] senza preavviso, […]qualora si verifichi una causa
che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto e' a tempo indeterminato, al
prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l'indennita' indicata nel secondo comma dell'articolo
precedente. Non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto il fallimento dell'imprenditore o la liquidazione
coatta amministrativa dell'azienda.

L’art 2119 consente la possibilità di recedere senza preavviso, laddove si verifica una causa che non
consente la prosecuzione anche provvisoria del rapporto (es. assenza ingiustificata oltre i termini
contrattuali, violenze e minacce verso il datore o di colleghi, furti, reati commessi nell’esercizio delle
mansioni, fatti criminosi al di fuori del rapporto lavorativo tali da incrinare la fiducia tra le parti..)

In mancanza
Il rimedio per il mancato preavviso
In mancanza di preavviso datore o lavoratore avrebbero dovuto corrispondere un’indennità sostiutiva del
preavviso
Art. 2118 comma 2 «[…]il recedente è tenuto verso l'altra parte a un'indennità equivalente all'importo
della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso»

Fino al 1966 quindi il recesso ad nuntum, senza giustificazione era le regola generale. Il licenziamento quindi, ma
anche le dimissioni non necessitavano di una motivazione, se non per il caso di sussistenza della giusta causa.
L’obbligo di apporre una motivazione al licenziamento verrà introdotto solo con l’art 3 della legge del 1966
Il licenziamento « costituisce generalmente per il lavoratore un dramma esistenziale in ragione della difficoltà di
reperire un’occupazione in un mercato del lavoro decisamente ostile e per effetto del venir meno dell’ unica o
principale fonte di sostentamento e dell’ occasione di sviluppo della professionalità»

Le dimissioni del lavorare «creano al datore di lavoro il mero fastidio di sostituzione, peraltro in genere già
programmata al momento del recesso e agevolata dalla tendenziale ricchezza dell’ offerta di lavoro»

Dunque si ha un progressivo allontanamento dalle logica civilistica ripensando al recesso in una logica di tutela del
contraente debole

Una questione ancora: il potere illimitato del datore di lavoro di recedere dal rapporto a tempo indeterminato
costituisce un principio generale nel nostro ordinamento?

Risponde la Corte Costituzionale: Sent. n. 45/1965 «[…] Un regime di libera recedibilità è costituzionalmente
legittimo, ma la Costituzione esprime la tensione verso un ordinamento protettivo dell’ interesse del lavoratore
alla continuità del lavoro e del relativo reddito, lasciando al legislatore ordinario la scelta dei tempi e delle tecniche
normative opportune»

Le conseguenze

 circa le dimissioni la disciplina del recesso per il contraente debole resta quella del codice civile, con
qualche incremento di tutela
 circa il licenziamento la disciplina del recesso per il contraente forte si arricchisce di limiti formali e
sostanziale

Fino al 1966 quindi il recesso ad nuntum, senza giustificazione era le regola generale. Il licenziamento quindi, ma
anche le dimissioni non necessitavano di una motivazione, se non per il caso di sussistenza della giusta causa.
L’obbligo di apporre una motivazione al licenziamento verrà introdotto solo con l’art 3 della legge del 1966

L’ ambito residuale del recesso «ad nutum» (art. 2118)

Non è necessaria la sussistenza di giusta causa/giustificato motivo, quindi ad oggi la disciplina codicistica risulta
residualmente appliccabile
 i dirigenti, dotati di un’apposita tutela prevista dai contratti collettivi, perché non c’è tutela legale, salvo il
caso di nullità del licenziamento per il quale vale la tutela reintegratoria
 lavoratori in prova
 agli sportivi professionisti
 apprendisti
 lavoratori con i requisiti pensionistici di età
 i lavoratori domestici
Le dimissioni del lavoratore

Nel rispetto delle previsioni codicistiche


 termine di preavviso
 indennità sostitutiva del preavviso in caso di mancato preavviso
 nessun termine di preavviso nel caso di sussistenza di giusta causa
 nessuna giustificazione se non per giusta causa

Giusta causa definizione codicistica  «[…] causa che non consenta la


prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto»

Nozione di « giusta causa» comune al licenziamento. Si tratta di gravi inadempimenti


del datore di lavoro (Esempi : Violazione di obbligo di sicurezza, molestie sessuali,
dequalificazione, omissioni contributive, effettuazione ed indagini di controlli vietati)

I profili problematici delle dimissioni del lavoratore

PROBLEMA: L’irrigidimento della disciplina del licenziamento incide sulle dimissioni che diventano uno strumento
per aggirare la tutela protettiva del lavoratore

Infatti si diffonde la pratica delle dimissioni «in bianco»: Al momento dell’assunzione il lavoratore firma una lettera
di dimissione in bianco, priva di data, che il datore utilizza quando gli è più opportuno
 il lavoratore sottoscrive un documento con oggetto le dimissioni
 nel documento non si inserisce il riferimento alla data
 la data viene specificata dal datore di lavoro al momento del recesso «mascherato»

Uno dei sistemi pensati dal legislatore per contrastare il fenomeno delle dimissioni in bianco è la procedure di
convalida

L’obiettivo è quello di rendere obbligatoria una conferma delle dimissione da parte del lavoratore presso
una sede cd. protetta, le DTL oggi ITL

L’ efficacia delle dimissioni è sospesa fino :


a) alla convalida presso la DTL o il Centro per l’ impiego
b) oppure alla sottoscrizione del lavoratore di una dichiarazione apposta in calce alla ricevuta di trasmissione
della comunicazione di cessazione del rapporto inoltrata dal datore di lavoro al centro per l’ impiego

Nei casi in cui


 il lavoratore non convalida le dimissioni  Il datore di lavoro può invitare il lavoratore a farlo entro 30 giorni
dalla data delle dimissioni
 il lavoratore non risponde all’ invito del datore di lavoro entro 7 giorni  Il rapporto si intende comunque
risolto

Non si tratta di limiti formali, ma di garanzie procedurali

Anche sul punto è intervenuto il c.d. Jobs act. La nuova disciplina «procedurale» è contenuta nell’art. 26 d.lgs. 14
settembre 2015
Nel 2016 tale procedura è stata resa telematica, previo accreditamento telematico del datore di lavoro presso
l’INPS.
Una strada alternativa è costituita dalla presentazione del lavoratore avanti le commissioni di conciliazione con
firma di un verbale di conciliazione con data certa
2) Il licenziamento individuale e la l. 604/1966

I limiti sostanziali al recesso datoriale

art. 1 l. 604/1966 «Nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato[…], il licenziamento del prestatore di lavoro non
può avvenire che per giusta causa ai sensi dell'articolo 2119 del Codice civile o per giustificato motivo»

Nel 1966 viene introdotta una disciplina a favore per il lavoratore: viene prevista la necessaria giustificazione del
recesso, e in sua mancanza il licenziamento risulta illegittimo. La giustificazione del recesso diviene il presupposto
per la sua legittimità

Il principio della causalità del recesso


 esistenza della giusta causa
 esistenza del giustificato motivo: La legge del 1966 introduce all’art 3 la nozione di giustificato motivo, una
novità in quanto secondo le previsioni del codice il recesso era ad nuntum, senza giustificazione

Anche nel diritto dell’ Unione Europea: Carta di Nizza art. 30 «Ogni lavoratore ha diritto alla tutela contro il
licenziamento ingiustificato conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni e prassi nazionali»

I « nuovi» limiti formali al recesso datoriale

 Viene introdotto l’obbligo di comunicazione per iscritto (anche per le dimissioni): Art. 2 l. 604/1966 « Il
datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, deve comunicare per iscritto il licenziamento al
prestatore di lavoro»
 L’obbligo di motivazione per il licenziamento, motivazioni sempre indicate per iscritto
 La riforma Fornero precisa che… «[…] La comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione
dei motivi che lo hanno determinato» (prima era solo su richiesta del lavoratore)

Le «nozioni» della causalità

· LA GIUSTA CAUSA

Art. 2119 c.c. « […] causa che non consenta la prosecuzione, neppure provvisoria, del rapporto di lavoro»

Il contenuto secondo la dottrina maggioritaria


a differenza del giustificato motivo soggettivo
 gravissimo inadempimento contrattuale
 qualsiasi altra circostanza o situazione esterna al rapporto di lavoro verificatasi nella sfera del lavoratore che
può incidere sulla fiducia nella correttezza dei successivi adempimenti. Spesso è la contrattazione collettiva
a individuare fatti e comportamenti configurabili come giusta causa

Il contenuto di giusta causa secondo la giurisprudenza

Cass. Sent. n. 7885/1997 : «La condotta inerente alla vita privata del lavoratore, di norma irrilevante ai fini della lesione del
rapporto fiduciario tra dipendente e datore di lavoro, assume rilevanza a tal fine e può integrare giusta causa di licenziamento
qualora fatti e comportamenti estranei alla sfera del contratto siano tali, per la loro gravità e natura, da far venire meno quella
fiducia che integra il presupposto essenziale della collaborazione tra datore di lavoro e prestatore di lavoro»

Alcuni esempi di «situazioni esterne al rapporto di lavoro»


 guardia giurata che viene sorpresa a rubare al di fuori del rapporto di lavoro ( Cass. sent. n. 10505/1993)
 lavoratrice addetta ad un supermercato condannata per il reato di furto commesso in altro supermercato
 cassiere di banca che commette un reato contro il patrimonio in danno di terzi ( Cass. sent. n. 5428/1987)

RICORDA «[…] causa che non consenta la prosecuzione, neppure provvisoria del rapporto di lavoro» si traduce in
nessun preavviso per il recesso, anche se va rispettato il principio di proporzionalità tra infrazione e sanzione
· IL GIUSTIFICATO MOTIVO

art. 3 l. 604/1966 «Il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole
inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti all'attività produttiva,
all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa»

 OGGETTIVO (GMO). Ragioni inerenti all’ attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare
funzionamento di essa . La motivazione risiede nell’impresa, nelle sue decsioni oggettive (es. calo commesse,
perdita competitività, esigenza nel ridurre i costi di produzione, riorganizzando attività..)

La dottrina ha definito il giustificato motivo oggettivo una « fattispecie complessa». Perché per l’ esistenza del
g.m.o. è necessario accertare:
 esistenza del fatto (es. riorganizzazione produttiva)
 esistenza del nesso di causalità tra fatto/gmo e licenziamento (es. chiusura del reparto del lavoratore
per riorganizzazione produttiva)
 esistenza dell’impossibilità di adibire il lavoratore ad altre mansioni (c.d. obbligo di repechage):
licenziare per gmo diveniva quasi impossibile per l’obbligo di repechage secondo il quale in presenza di
una diversa mansione, anche inferiore, nella quale utilizzare il lavoratore il licenziamento viene
dichiarato illegittimo (inoltre se si manifesta insussistenza del gmo viene applicata la reintegrazione
attenuata)

Si tratta dei c.d. «licenziamenti per motivi economici»

 SOGGETTIVO (GMS) . Notevole inadempimento degli obblighi contrattuali (es. insulto al superiore gerarchico è
notevole, mentre usare la violenza è gravissimo) Bisogna comunque fare riferimento alle previsione della
contrattazione collettiva e del codice disciplinare

 Sussistenza del giustificato motivo soggettivo in caso di:


 violazione degli obbligo di diligenza ex art. 2104 c.c.
 violazione dell’obbligo di fedeltà ex art. 2105 c.c.

 Irrilevanza di fatti estranei alla prestazione lavorativa


 Natura qualificata dell’ inadempimento che rileva solo se «notevole» (i contratti collettivi usano graduare le
infrazioni e le conseguenti sanzioni sempre in virtù del principio di proporzionalità)

Ipotisi di tipizzazione della giusta causa e del giustificato motivo nei contratti collettivi Qual è il grado di vincolatività
di queste tipizzazione ?

 art. 30 l. 183/2010 ( c.d. Collegato lavoro).: Il giudice ne «tiene conto» nel valutare le motivazioni poste a
base del licenziamento
 art. 18 Stat. Lav. (così come modificato dalla c.d. legge Fornero) : Il giudice le prendeva in considerazione per
definire la tipologia del vizio del licenziamento e la corrispondente sanzione
3. I vizi del licenziamento individuale

A. INEFFICACIA (assenza requisiti formali e procedurali)

 Assenza di requisiti formali, secondo art. 2 l 604/1966 è inefficace Il licenziamento intimato


 senza l’ osservanza della forma scritta
 della specificazione dei motivi che lo hanno determinato

Con la Riforma Fornero: specificazione dei motivi contestuale all’ intimazione del licenziamento

 Violazione della procedura  Art. 18 Stat. Lav. «[…]licenziamento dichiarato inefficace per violazione della
procedura di cui all'art. 7 St. Lav. o della procedura di cui all'art 7 della legge 15 luglio 1966[…]»

Le «procedure»

Art. 7 Stat. Lav. «Sanzioni disciplinari»

 pubblicità delle norme disciplinari relative alle infrazioni (tra cui licenziamento) (es. affissione del codice
disciplinare)
 preventiva contestazione dell’ addebito rispetto all’ erogazione della sanzione
 necessità di sentire il lavoratore in sua difesa
 intervallo temporale di 5 giorni tra contestazione dell’ addebito ed erogazione della sanzione

Art. 7 l. 604/1966 ( riforma Fornero): Tentativo obbligatorio di conciliazione in caso di gmo


 licenziamento deve essere preceduto da una comunicazione effettuata dal datore alla DTL
 DTL convoca entro 7 giorni il datore e al lavoratore
 la procedura deve concludersi nel termine di 20 giorni

B. ANNULLABILITA’: Assenza di giusta causa o giustificato motivo

C. LA NULLITA’

 Esistenza di una ragione discriminatoria

Art. 4 l. 604/1966 « Il licenziamento determinato da ragioni di credo politico o fede religiosa, dall'appartenenza
ad un sindacato e dalla partecipazione ad attività sindacali e nullo, indipendentemente dalla motivazione
adottata»

Il corredo della ragione discriminatorie è stata arricchito . con l’art. 15 Stat. Lav.« E’ nullo qualsiasi atto o patto
diretto a fine di […] discriminazione politica, religiosa, razziale, di lingua o di sesso, di handicap, di età o basata
sull'orientamento sessuale o sulle convinzioni personali»

 La riforma Fornero ha esplicitamente previsto altri casi di nullità del licenziamento che già venivano considerati
tali dalla giurisprudenza. E la tutela rimane ancora quella della reintegrazione piena
 dovuto a motivo illecito unico e determinante
 licenziamento in costanza di matrimonio
 licenziamento legato alla genitorialità I c.d motivi odiosi
4. I rimedi in caso di illegittimità del licenziamento

Nel corso del tempo, fino al 2012 le tutele sono aumentate- Si è passati ad un assenza di tutele salvo il preavviso e la
relativa indennità per mancanza di preavviso o dimissioni per giusta causa a una fase di tutele specfiche nel 1966
che riguardava solo datori con + di 35 dipendenti, poi estesa a tutte le aziende indipendentemente dal requisito
dimensionale e che potevano permettersi la scelta tra pagamento di un’indennità o la riassunzione del lavoratore

Esistono più discipline

 la c.d. «tutela obbligatoria» (La legge n. 604/1966 Art. 8)

Quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi di giusta causa o giustificato motivo (annullabilità):
 il datore di lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro (che è diverso dalla reintegrazione che invece
non comporta l’interruzione dell’anzianità, il rapporto si considera nato fin dall’inizio)
 o, in mancanza, a risarcire con un ‘ indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6
mensilità [..]»

Al datore di lavoro viene riconosciuta la possibilità di «scegliere la sanzione»: O la reintegrazione del lavoratore o la
corresponsione dell’indennità risarcitoria

Con la l. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori), con l’art 18 viene introdotta la disciplina del regime reintegratorio in
caso di licenziamento illegittimo, non è quindi più possibile per il datore scegliere la sanzione. L’art 18 tratta i diversi
vizi del recesso allo stesso modo, ad ogni vizio il rimedio è la reintegrazione.

 la c.d. «tutela reale» (La legge 300/1970 art. 18 St. Lav )

Ambito di applicazione:
Nessun limite dimensionale
MA
 unità produttive con più di 15 dipendenti  in caso di licenziamento nullo
(cosi imprese piccole avevano + libertà)  in caso di licenziamento inefficace per
 più di 15 dipendenti nello stesso comune mancanza della sola forma scritta
 più di 60 dipendenti complessivamente

Al di sotto dei limiti dimensionali trova applicazione la «tutela obbligatoria» (riassunzione e non reintegrazione)

La tutela reale prevede che accertata l’esistenza di qualsiasi vizio del licenziamento: inefficacia, nullità, anullabilità
il giudice:
 ordina al datore di lavoro di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro (reintegrazione piena).
Reintegrazione che va distinta dalla precedente riassunzione non comportando alcuna soluzione di
continuità del rapporto e garantendo la conservazione dell’anzianità maturata
 ordina la datore di lavoro di corrispondere al lavoratore un’ indennità risarcitoria commisurata alla
retribuzione globale di fatto da giorno del licenziamento fino a quella dell’ effettiva reintegrazione
 ordina al datore di lavoro di ricostituire la precedente posizione contributiva del lavoratore

La ratio della disciplina è quella di riscostruire esattamente la condizione del lavoratore antecedente al recesso

Con la Riforma Fornero e Job’s Act: ad ogni vizio del licenziamento il «nuovo art. 18» fa corrisponde un regime
differenti di tutela tra i 4
La Riforma Fornero

Con la c.d. Riforma Fornero nel 2012, ad ogni vizio del licenziamento il «nuovo art. 18» fa corrisponde un regime
differente di tutela

i quattro regimi di tutela:


a) tutela reintegratoria c.d. forte
b) tutela reintegratoria c.d. attenuata
c) tutela indennitaria c.d. forte
d) tutela indennitaria c.d. attenuata

a) La tutela reintegratoria c.d. «forte»

Prevista in caso di NULLITA’ del recesso

 licenziamenti discriminatori
 licenziamenti intimato in concomitanza di matrimonio
 licenziamento intimato in violazione dei divieti previsti nel caso di maternità e paternità
 licenziamento determinato da motivo illecito
 licenziamento in forma orale

Le conseguenze sanzionatorie: sono quelle previste dal vecchio regime dell’art. 18 Stat. Lav. (reintegrazione,
indennità risarcitoria con minimo di 5 mensilità, ricostituzione posizione)

con qualche precisazione - Aliunde perceptum: quanto il lavoratore


 la detraibilità dell’aliunde perceptun ha percepito nel frattempo da un’altra
 l’ ultima retribuzione globale di fatto occupazione

- Aliunde percipiendum: quanto il


lavoratore avrebbe potuto percepire da
un’ altra occupazione usando l’ ordinaria
diligenza
b. La tutela reintegratoria c.d. «attenuata»

prevista in caso di ANNULLABILITA’ del recesso

Ma solo per specifiche ipotesi

Con riferimento alla giusta causa ed al giustificato motivo soggettivo se:

 il fatto contestato non sussiste


 il fatto contestato rientra tra le condotte punibili con sanzione conservativa sulla base delle tipizzazioni di
giustificato motivo soggettivo e di giusta causa previste dai contratti collettivi ovvero dai codici disciplinari
applicabili

Con riferimento al giustificato motivo oggettivo se:

 manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento

Ed infine casi di:

 licenziamento per inidoneità fisica e pschica


 licenziamento intimato durante la malattia
Le conseguenze sanzionatorie: il giudice
 ordina al datore di lavoro di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro
 ordina la datore di lavoro di corrispondere al lavoratore un’ indennità risarcitoria commisurata alla
retribuzione globale di fatto da giorno del licenziamento fino a quella dell’ effettiva reintegrazione
 ordina al datore di lavoro di ricostituire la posizione contributiva del lavoratore

Ma «qualcosa in meno» rispetto alla tutela piena


 l’indennità risarcitoria ha un tetto un massimo di 12 mensilità
 detrazione dell’ aliunde perceptum
 detrazioene l’ aliundem percipiendumI

Nelle ipotesi a) e b) il lavoratore può richiedere, invece della reintegrazione, un’indennità c.d. «sostitutiva» pari a
15 mensilità dell’ ultima retribuzione globale di fatto

Una riflessione : La consistenza del numero dei lavoratori che ha intrapreso la via della «monetizzazione»
dell’illegittimità del recesso ha condotto anche il legislatore a ritenere che il rimedio della reintegrazione potesse
considerarsi uno strumento di tutela «obsoleto», dunque a legittimarne il restringimento dell’ambito di applicazione

c) La tutela indennitaria c.d. «forte»

prevista in caso di ANNULLABILITA’ del recesso…

Ma per le altre ipotesi diverse da quelle specifiche

le conseguenze sanzionatorie il giudice


 Dichiara risolto il rapporto di lavoro (è esclusa quindi la reintegrazione)
 Condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità compresa tra le 12 e le 24 mensilità di
retribuzione

d) La tutela indennitaria c.d. «attenuata»

prevista in caso di INEFFICCIA del recesso (violazione procedure e vizi formali)

 violazione dell’ indicazione contestuale all’ atto di recesso delle motivazioni


 per violazione della procedura di cui all'articolo 7 Stat. Lav. nel casi di licenziamenti disciplinari
 Per violazione della procedura di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966

Le conseguenze sanzionatorie: il giudice …

 dichiara risolto il rapporto


 condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un
minimo di 6 ed un massimo di 12 mensilità

In sisntesi, mentre prima vi era sempre una tutela reintegratoria forte, ora c’è un’idea di monetizzazione in caso di
licenziamento illegittimo

Dal 2012 al 2015 tali forme di tutela riguardano i lavoratori impiegati in unità produttive con più di 15 dipendenti,
mentre in unità produttive minori continua ad applicarsi la alternativa (riassunzione/indennità) posta dalla legge
l.604/1966
Il c.d. Jobs Act

La «nuova» disciplina del recesso è contenuta nel d.lgs. 23/2015 rubricato «ingannevolmente» come «disposizioni in
materia di contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti» (maggiore è l’anzianità dei dipendenti, maggiore è
l’indennizzo)

Campo di applicazione
 Lavoratori assunti dopo l’entrata in vigore del provvedimento: 7 marzo 2015
 Indipendentemente dai requisiti dimensionali dell’azienda

a) La tutela reintegratoria c.d. «forte»

prevista in caso di NULLITA’ del recesso

 licenziamento discriminatorio a norma dell’art. 15 Stat. Lav.


 licenziamento riconducibile agli altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge
 licenziamento del quale sia accertata in giudizio la mancanza di giustificazione del «motivo consistente
nella disabilità fisica o psichica del lavoratore» migra sotto l’ombrello di tutela della «reintegrazione forte»

Nonostante la differente formulazione rispetto a quanto previsto dall’art. 18 stat. Lav. («edizione Fornero») (slide 28)
la dottrina ritiene che l’ambito di applicazione della tutela «reintegratoria forte» sia rimasto invariato

Le conseguenze sanzionatorie : valide le medesime previsioni

ma ai fini del calcolo dell’indennità risarcitoria: La retribuzione utilizzata come riferimento è «l’ultima
retribuzione di riferimento per il calcolo del tft»

b) La tutela reintegratoria c.d. «attenuata»

prevista in caso di ANNULLABILITA’ del recesso

ma in un solo ed unico caso

 licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui si direttamente dimostrata in
giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto alla quale resta estranea ogni
valutazione circa la sproporzione del licenziamento

Scompare il riferimento al giustificato motivo oggettivo

Le conseguenze sanzionatorie: Il giudice


 Condanna il datore di lavoro a reintegrare il lavoratore
 Condanna il datore di lavoro a corrispondere una indennità risarcitoria commisurata alla retribuzione utile
per il calcolo del TFR corrispondente al periodo che va dal licenziamento a quello dell’effettiva
reintegrazione (ma in ogni caso per il periodo precedente alla pronuncia per un massimo di 12 mensilità)
 Per il resto si guardi la slide 30
Appare chiara la circoscrizione dell’ambito di applicazione della tutela reintegratoria soprattutto se si osserva la
macroscopica espansione de…

c) La tutela indennitaria c.d. «forte»

prevista in caso di ANNULLABILITA’ del recesso

in tutti i casi in cui non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo soggettivo ed oggettivo o
della giusta causa

Le conseguenze sanzionatorie : il giudice…

 dichiara risolto il rapporto di lavoro


 condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità di importo pari a due mensilità dell’ultima
retribuzione per ogni anno di servizio in misura non inferiore a 4 e non superiore a 24mensilità (ma rinvio alla
modifica operata nel 2018)  si è reso possibile il cd. firing cost ovvero la prevedibilità ex ante del costo di un
futuro licenziamento

Sull’indennità risarcitoria: Il d.l. n. 87/2018, noto come Decreto Dignità, modifica l’importo dell’indennità

Testo attuale: il giudice condanna del datore di lavoro al pagamento un’indennità di importo pari a due
mensilità dell’ultima retribuzione […] in misura non inferiore a 6 e non superiore a 36 mensilità

L’intervento della Corte Costituzionale: La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l’art. 3, co. 1, d. lgs.
n. 23/2015 nella parte in cui determina in modo rigido l’indennità spettante al lavoratore
ingiustificatamente licenziato, in particolare parametrando l’indennità esclusivamente all’anzianità di
servizio dello stesso.

d). Tutela indennitaria c.d. «attenuata»

prevista in caso di
 violazione dell’indicazione contestuale all’atto di recesso delle motivazioni
 per violazione della procedura di cui all'articolo 7 Stat. Lav. nel casi di licenziamenti disciplinari

Non è più prevista in caso di g.m.o. la procedura ex art. 7 l. 604/1966 (riforma Fornero) (slides 22)

Le conseguenze sanzionatorie: il giudice…


 dichiara risolto il rapporto di lavoro
 condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità corrispondente ad una mensilità per ogni anno di
servizio in misura non inferiore a 2 e non superiore a 12 mensilità

La nuova tutela obbligatoria dopo il job’s act

Il job’s act interviene anche sul regime della tutela obbligatoria…

Per le imprese con meno di 15 dipendenti  la «vecchia tutela obbligatoria» (slide 24) viene sostituita con il
regime della tutela indennitaria «forte» o «attenuata» a seconda della natura del vizio del recesso

Ma la misura dell’indennità viene dimezzata e viene previsto un tetto massimo di 6 mensilità


...riflettendo circa…

 L’espansione dell’ambito di applicazione della tutela indennitaria


 Il quantum «ridotto» dell’indennità della tutela indennitaria
 La possibilità riconosciuta al datore di lavoro di offrire al lavoratore una somma di denaro (pari ad una
mensilità della retribuzione in misura non inferiore a due e non superiore a diciotto mensilità che comporta)
la cui accettazione comporta la rinuncia all’impugnazione del recesso (art. 6 d.lgs 23/2015)
 L’applicabilità delle nuova disciplina ai soli lavoratori assunti dopo l’entrata in vigore della disciplina (cioè il
dopo 15 marzo 2015)
I LICENZIAMENTI COLLETTIVI

Il licenziamento collettivo è il licenziamento di più persone per il medesimo motivo che deve avere natura
oggettiva. Si tratta di una sorte di sommatoria di licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo esteso a
più lavoratori

Le fonti dei licenziamenti collettivi

La disciplina relativa ai licenziamenti individuali non si applicava a quelli collettivi fino agli anni 90, perché nella legge
del 1966 vi era una specifica norma che escludeva l’applicazione della stessa ai licenziamenti per riduzione del
personale/collettivi. I licenziamenti quindi non avevano ancora disciplina legale che vede appunto luce solo nel 1991.
Questi licenziamenti erano regolati da un accordo interconfederale del 1965, quindi una fonte pattizia

 Prima della legge


 i licenziamenti collettivi erano oggetto di accordi interconfederali, fonte pattizia
 i licenziamenti collettivi erano solo « nominati» dal legislatore (es: per «essere esclusi» dall’applicazione della
disciplina sul licenziamento individuale

 Nell’ordinamento europeo…
 Direttiva n. 75/129: che è la direttiva madre
 Direttiva n. 92/56
 Direttiva n. 98/59 Integrano la precedente

 Nell’ordinamento nazionale
 legge n. 223/1991 (definita riforma del mercato del lavoro) : attuazione della normativa europea «con
ritardo» e dopo due condanne della Corte di Giustizia. Prima del 1991 il lavoratore era oggetto di
licenziamenti impossibili, e si abusava dell’istituto della cassa integrazione guadagni, in particolare della
gestione straordinaria, per mantenere in vita l’impresa formalmente solo pe il fato di essere destinataria di
integrazioni salariali a favore dei dipendenti. Oggi disciplina più restrittiva

Nella legge di oggi sono presenti due distinte nozioni (art 24 e 4) e un’unica procedura, che tiene conto delle
direttive comunitarie
Le fattispecie di licenziamento collettivo

Due sono le norme che definiscono il licenziamento collettivo, la “riduzione del personale” di cui all’art. 24 e la
“procedura per dichiarazione di mobilità” di cui all’art 4, pur applicandosi loro la medesima procedura dettata dall’art
4

1) Licenziamento per «riduzione del personale» ( art. 24 l. 223/199)

Il recesso avviene immediatamente, senza alcun ulteriore incombenza sul datore di lavoro, ad eccezione del
rispetto della procedura

 Presupposti quantitativi per applicazione della normativa


 organico più di 15 dipendenti
 «intenzione» di licenziare almeno 5 dipendenti: con intenzione si intende la possibilità che non risulti
effettivo, al termine della procedura, il licenziamento dei dipendenti. Significa che nel momento in cui si
pensa di licenziare più di 5 dipendenti, è necessario applicare la procedura a prescindere dal numero finale
effettivo di licenziamenti

 Presupposti temporali
 licenziamenti « previsti» in un arco di 120 giorni

 Presupposto spaziale
 licenziamenti « previsti» all’interno di un’unità produttiva o di più unità produttive collocate nella stessa
provincia (il criterio della provincia ha sostituito quello del comune in tema di licenziamento individuale,
perché consiste in un territorio maggioro e pù rispondente alle esigenze di tutela)

 La ragione del licenziamento

 riduzione o trasformazione di attività di impresa o del lavoro»

Quale il contenuto ? Cass. n. 6446/2009 « la fattispecie non presuppone necessariamente una crisi
aziendale e neppure un ridimensionamento strutturale dell’ attività produttiva, potendo il requisito della
riduzione e trasformazione di attività o di lavoro ravvisarsi nella decisione di modificare l’organizzazione
produttiva anche soltanto con la contrazione della forza lavoro»

Ma…. Cass. n. 5929/2008 «[…] non è sufficiente una mera esigenza temporanea di riduzione del personale
, dovendo quest’ultima avere i caratteri della prevedibilità e stabilità»

Esempio : Contrasta con il carattere della stabilità la riduzione del personale seguita dall’immediata
riespansione dell’organico. Questi ultimi, infatti, possono presumersi dovuti al desiderio di disfarsi dei
lavoratori sgraditi.

 le imprese che intendono cessare l’ attività»

L’utilizzo di questa procedura costituisce la strada principale per la riduzione di personale di un’impresa in situazione
di crisi. E a questo strumento si affianca la Cassa Integrazione Guadagni, cioè un’integrazione della retribuzione
percepita dal lavoratore sospeso dall’attività lavorativa.
2) Procedura per dichiarazione di mobilità (art. 4 l. 223/1991 e Procedure di licenziamento collettivo (dopo la
Riforma Fornero)

Si parla di mobilità perché i lavoratori non vengono espulsi immediatamente, si prevede un passaggio per periodi di
sospensione del rapporto con conseguente integrazione salariale. E’ possibile però che all’esito del periodo di cassa
integrazione il datore continui a non far riprendere l’attività lavorativa a tutti i dipendenti. In questi casi si procederà
ad un licenziamento collettivo

 Presupposti soggettivi : richiesta e godimento della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS), perché si
ritiene di poter riprendere l’attività e riassorbire i lavoratori temporaneamente sospesi.. Si avrà un intervento
dell’INPS ad integrazione della retribuzione perduta causa della sospensione (onere che grava su collettività)

Soggetti ai quali è riconosciuto il trattamento straordinario di integrazione salariale:

Imprese con più di 15 dipendenti che affrontano processi di:


 Ristrutturazione
 Riorganizzazione Situazioni temporanee
 Conversione aziendale

 La ragione del licenziamento


 impossibilità di garantire il reimpiego di tutti i lavatori sospesi
 Impossibilità di ricorrere a misure alternative

Non è richiesto un limite quantitativo, non è richiesto un numero minimo di licenziamenti. Non è rilevante il
numero dei lavoratori che si intende licenziare. La norma parla di «reimpiego di tutti i lavoratori», dunque anche solo
per licenziamento di un solo lavoratore

L’ imprenditore opera delle scelte che rientrano nell’esercizio della libertà di iniziativa economica privata (art. 41
Cost.) conseguentemente l’oggetto del controllo giudiziale per l’accertamento della legittimità del licenziamento
 esistenza della causale/ragione del licenziamento (intesa come fatto)
 nesso eziologico tra causale e provvedimenti (es. non c’è nesso in presenza di una riduzione e
trasformazione in un reparto che comporta il licenziamento di un lavoratore impiegato altrove)
 rispetto delle procedure (uguale per le due fattispecie)
La procedura comune alle fattispecie

Considerando che il licenziamento collettivo determina un problema sociale tanto più grave quanto più elevato è il
numero dei licenziati la ratio delle procedure è il controllo e dall’attenuazione gli effetti dei licenziamenti
sull’occupazione aziendale e sul mercato del lavoro
in violazione -> condotta
Attraverso - il diritto di informativa delle organizzazioni sindacali
antisindacale art 28
- esame congiunto con i sindacati

E’ necessario predisporre un vero e proprio piano di riduzione del personale nel migliore modo possibile
(solitamente redato da professionisti del settore o associazioni di categoria) al fine di evitare che la procedura sia
inficiata da errore e quindi che il licenziamento sia illegittimo (ma poi v. riforme)

A) La Comunicazione obbligatoria

 Il soggetto obbligato: Il datore di lavoro

 I soggetti destinatari: nel rispetto del diritto di informazione


 Rappresentanze sindacali aziendali 
In mancanza alle associazioni di categoria aderenti alle
 Sindacati territoriali
confederazioni maggiormente rappresentative
 Direzione del lavoro (DTL)

 Il contenuto della comunicazione


 i motivi dell’eccedenza
 le ragioni dell’inevitabilità
 le posizioni da sopprimere o il reparto interessato (non i nominativi dei lavoratori, individuati successivam.)
 le misure da adottare sul piano sociale (es. possibilità di altre imprese di assumere i lavoratori licenziati)

Il contenuto della comunicazione deve consentire alla parte sindacale di prepararsi all’esame congiunto e di
controllare il potere datoriale conseguentemente il contenuto non può essere generico

B. La fase sindacale: l’esame congiunto

Le parti sindacali possono richiedere un esame congiunto con il datore di lavoro ( art. 4, c. 5 l. 223/1991)

 Limiti temporali per l’espletamento dell’esame Termini favoriscono una


 Termine iniziale: la richiesta deve essere presentata entro 7 giorni dalla comunicazione soluzione consensuale e rapida
 Termine finale: procedimento deve concludersi entro 45 giorni dalla comunicazione della crisi

 Oggetto dell’ esame congiunto: Ricerca di un accordo che risolva o eviti in tutto o in parte le eccedenze di
personale

Il datore di lavoro non è obbligato a concludere l’accordo con le parti sindacali, ad essere obbligatorio è il confronto
con le parti sindacali ma il legislatore nel rispetto della libertà di iniziativa economica incentiva la conclusione dell’
accordo

Il contenuto « incentivante»:  con l’accordo si può derogare all’art. 2103, c. 2 c.c.: possibilità che il lavoratore
viene adibito ad una mansione non equivalente (inferiore) rispetto a quella di assunzione
Spunti di riflessione: Ripensando alla modifica dell’art. 2103 c.c. cosa è possibile immaginare a riguardo?
 deroga alla disciplina del distacco ex art. 30, c. 4 d.lgs. 276/2003
 anticipazione parziale del trattamento di pensione combinato con la riduzione dell’ orario di lavoro

In caso di esito negativo dell’ esame congiunto quindi della fase sindacale l’impresa invia una comunicazione
all’Ispettorato Territoriale del lavoro

C. L’ «eventuale» fase amministrativa

Presupposto
 Mancato raggiungimento dell’accordo sindacale
 Comunicazione alla DTL

Oggetto: tentativo ulteriore di accordo in presenza di un soggetto terzo

Sede: Direzione territoriale del lavoro DTL. Se si tratta di imprese a rilevante impatto sociale, la procedura si svolge
presso il Ministero del Lavoro e della previdenza

Considerando la volontà del legislatore di contenere le conseguenze dei licenziamenti collettivi anche il direttore
della ITL può avanzare proposte di accordo

L’esito della procedure: : l’individuazione dei lavoratori in esubero

In caso di
 mancato raggiungimento dell’accordo
 riduzione con l’accordo del numero originario licenziamenti, numero inferiore al previsto

Occorre determinare concretamente i lavoratori da licenziare. Il datore non può scegliere unilateralmente i singoli
lavoratori (ma può scegliere i reparti dove ridurre il personale)

Come individuare i licenziandi


 criteri individuati negli accordi collettivi (non devono essere troppo puntuali)
 in mancanza criteri sussidiari stabiliti dalla legge (art. 5 c. 1 l. 223/1991)
 carichi di famiglia
 anzianità (in senso anagrafico)
 esigenze tecnico produttive ed organizzative

Tenendo a mente la ratio dei criteri legali, tutela dei lavoratori socialmente più deboli

I criteri stabiliti dai contratti collettivi devono rispondere alle medesime esigenze di protezione dei criteri legali

Un particolare criterio stabilito dai contratti collettivi è l’anzianità di servizio: Possesso di requisiti di età e di
contribuzione utili per fruire di un trattamento di quiescenza. Si licenzia più frequentemente chi è prossimo alla
pensione

Tale criterio è stato ulteriormente legittimato da una decisione della Corte sI cass. La maggiore anzianità di servizio
può diventare un criterio di scelta legittimo dei lavoratori in esubero quando sussistono particolari condizioni del
mercato del lavoro “Corte Cost. n. 268/1994 «[…]la svalutazione del privilegio tradizionale [esclusione dal
licenziamento collettivo] dell’ anzianità di servizio, nei confronti dei lavoratori prossimi al raggiungimento dei
requisiti per fruire del trattamento di quiescenza […] può essere giustificata in una situazione del mercato del lavoro
tale da escludere per i lavoratori giovani la possibilità di trovare a breve termine un posto di lavoro»
L’intimazione del recesso

La procedura di licenziamento collettivo si conclude con la comunicazione dei singoli licenziamenti individuali

 obbligo della forma scritta


 rispetto del periodo di preavviso (non c’è ovviamente giusta causa)
 Comunicazione del recesso alle associazioni sindacali di categoria destinatarie della comunicazione introduttiva
della procedura
 Specifica indicazione dei criteri di scelta individuati
 Comunicazione ai competenti uffici pubblici

Inserimento dei lavoratori licenziati (fino al 1gennaio 2017) nella lista di mobilità . Era previsto infatti un percorso
preferenziale di rioccupazione

I vizi del licenziamento e le conseguenze

Il procedimento fin qui descritto poneva il datore la preoccupazione di commettere un errore nel procedimento, con
conseguente obbligo di reintegrare il lavoratore

Il legislatore del 2012 è intervenuto modificando con la Riforma Fornero l’art. 5 c. 3 l. 223/1991

Sancisce l’applicabilità dei rimedi del «nuovo» art. 18 anche ai licenziamenti collettivi .

La legge non fa più riferimento alle tipologie del vizio del recesso (inefficacia/ annullabilità/ nullità), ma prevede che
in caso di:

 mancanza della forma scritta  tutela reintegratoria forte


 violazione dei criteri di scelta  tutela reintegratoria attenuata
 violazione di tutte le fasi dell’intera procedura (dalla comunicazione sindacale alla comunicazione del
recesso al sigolo lavoratore)  tutela indennitaria forte

Il Jobs Act (art. 10 d. lgs 23/2015)

Il Job’sAct modifica nuovamente l’impianto sanzionatorio in caso di vizi del licenziamento sulla scorta delle novità
introdotte dal c.d. contratto a tutele crescenti, in senso ancora più favorevole al datore di lavoro

 mancanza della forma scritta  tutela reintegratoria piena


 violazione delle procedure o dei criteri di scelta  «nuova» tutela indennitaria

(corresponsione di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale pari a due mensilità dell’ultima
retribuzione di riferimento per il calcolo del tfr per ogni anno di servizio, con un minimo di 4 ed un massimo di 24
mensilità)

spunti di riflessione: quale possono essere le conseguenze dell’ampliamento della mera tutela indennitaria sul ruolo
che il sindacato ha nelle procedure dei licenziamenti collettivi?

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