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RINUNCE E TRANSAZIONI

Il diritto al lavoro ha come obiettivo la difesa della parte debole del contratto. Se il soggetto rinuncia ai propri diritti
interviene l’art 2113 che richiama il prinicipio di inderogabilità della norma in materia di lavoro

Art. 2113 «Le rinunzie e le transazioni, che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni
inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui all'art. 409 del codice di
procedura civile, non sono valide. L'impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla
data di cessazione del rapporto o dalla data della rinunzia o della transazione, se queste sono intervenute dopo la
cessazione medesima. Le rinunzie e le transazioni di cui ai commi precedenti possono essere impugnate con
qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, del lavoratore idoneo a renderne nota la volontà. Le disposizioni del
presente articolo non si applicano alla conciliazione intervenuta ai sensi degli artt. 185, 410 e 411 del codice di
procedura civile»

Rinuncia: Negozio giuridico diretto a manifestare la volontà di dismettere diritti soggettivi del titolare

Transazione: Contratto tipico con il quale le parti facendosi reciproche concessioni pongono fine ad una lite già
cominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro. Dunque le parti reciprocamente rinunciano ai propri
diritti

L’oggetto delle rinunce e delle transazioni ex art. 2113  diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni
inderogabili di legge o di contratto o accordo collettivo di lavoro

E’ tuttavia una versione della norma successiva alla riforma del 1973 a seguito della quale la dottrina ha distinto tra
 diritti primari (del tutto indisponibili)
 diritti secondari, derivanti dai primi e relativi ad aspetti patrimoniali (disponibili nei limiti previsti dalla
norma)

L’invalidità e condizioni

La norma per dette rinunce e transazioni prevede l’invalidità a condizione che:

 vengano impugnate entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinuncia o della
transazione se queste sono intervenute dopo la cessazione del rapporto (ciò è previsto perché cessato il
rapporto il lavoratore non nutre più di quel timore reverenziale del datore, e la previsione del termine di 6 mesi
garantisce il principio di certezza del diritto e far avere alle parti piena conoscenza del loro rapporto)
 vengano impugnate con atto scritto idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore

Al contrario le rinunce e le transazione sono pienamente valide in caso di mancato rispetto di condizioni appena
illustrate

Anche le «condizioni» per l’invalidità delle rinunce e delle transazioni rispondono alla volontà del legislatore di
tutelare il contraente debole, cioè il lavoratore infatti…

 il termine per l’impugnazione decorre dalla cessazione del rapporto perché si presume che, a partire dal
quel momento, il lavoratore sia davvero libero di esprimere le proprie volontà
 per rendere agevole l’impugnazione, non è richiesta alcuna formalità, né tanto meno l’avvio di un giudizio
Le conciliazioni valide

La norma prevede che presso alcune sedi dove si presume che il lavoratore non si trovi in uno stato di debolezza e
nei casi in cui si presume che la volontà del lavoratore di disporre dei propri diritti si sia «genuinamente» e
«consapevolmente» formata, le rinunce e le transizione non sono assoggettate a tale regime di annullabilità

Dunque sono pienamente valide le rinunce e le transazioni intervenute


 davanti al giudice nel corso di una controversia di lavoro (art 185 cpc),espressione di terzietà e imparzialità e
garanzia della genuinità della volontà del lavoratore
 davanti alla commissione di conciliazione istituita presso la DTL (410 e 411 cpc)
 nell’ambito di ulteriori sedi conciliative e arbitrali previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle
associazioni sindacali maggiormente rappresentative
 davanti alle commissioni di certificazione anche presso università previste dall’art. 82 d.lgs 276/2003

Ciò che conta è la presenza di un soggetto terzo idoneo a garantire la validità dell’accordo o della rinunzia, ma
soprattutto la genuinità della volontà espressa dalle parti e in particolare del lavoratore che non deve essere
coartato dal datore

Le commissioni di certificazione

Le commissioni di certificazione (d.lgs. 276/2003 art. 75-84) possono essere istituite presso
 enti bilaterali
 direzioni territoriali del lavoro
 le università pubbliche e private
 il ministero del lavoro

Le finalità e le «competenze» delle commissioni

Art. 75 d.lgs 276/2003 «Al fine di ridurre il contenzioso in materia di lavoro, le parti possono ottenere la
certificazione dei contratti in cui sia dedotta direttamente o indirettamente una prestazione di lavoro […]»

La competenza era limitata alle certificazioni dei contratti al fine di ridurre il contenzioso in materia di lavoro. Ma la
«competenza» delle commissioni è stata estesa negli anni anche in materia di …
 rinunce e transazioni ex art. 2113 c.c.
 contratto d’appalto
 tipizzazione di giusta causa e giustificato motivo di recesso previste dal contratto collettivo individuale (con il
c.d. Collegato lavoro)
 mansioni (con il Jobs Act)
 clausole elastiche del part-time (con il Jobs Act)

Come si riduce il contenzioso?

A) La certificazione esclude la possibilità di ricorso in giudizio in ordine alla qualificazione del contratto

salvo i casi di…


 erronea qualificazione del programma
 difformità tra quanto certificato e successiva esecuzione del rapporto
 vizi del consenso (errore, dolo, colpa)

B) Condizione di procedibilità della domanda è l’aver preventivamente promosso un tentativo di conciliazione


davanti alla commissione che ha provveduto alla certificazione
Un tipico esempio di certificazione e sua impugnazione è quello di un contratto qualificato come autonomo ovvero
come collaborazione continua e coordinata, ma nei fatti eseguito come lavoro subordinato. In tal caso il lavoratore
potrà chiedere al giudice che venga riconosciuta l’erronea qualificazione davanti al giudice ma solo doopo aver
svolto un tentativo di conciliazione davanti alla commissione che ha provveduto alla certificazione: si tratta di un
incentivo ad evitare un ricorso in giudizio e chiudere la questione in quella sede.

LA PRESCIRIZIONE DEI DIRITTI DEL LAVORATORE

Anche i diritti del lavoratore (autonomo e subordinato) sono soggetti a prescrizione


 Prescrizione estintiva: estingue il diritto decorso il termine stabilito dalla legge
 Prescrizione presuntiva: ha effetti solo sul piano probatorio, limitando la possibilità di provare la mancata
corresponsione solo tramite giuramento decisorio e confessione del datore

I termini
 Di 5 anni per il pagamento di retribuzione e tfr
 Per i diritti non retributivi in latu sensu, quali ad es. il diritto di qualifica e diritto di risarcimento danno di
natura contrattuale sono soggetti al termine ordinario di 10 anni

Decorrenza
La prescrizione decorre dal momento in cui il diritto può essere fatto valere. Tuttavia in ambito giuslavoristico si è
affermato il principio per il quale essa decorre dal momento della cessazione del rapporto di lavoro

Dopo una sentenza della corte costituzionale del 1966 tale principio vale solo nei caso in cui il rapporto di lavoro
comporti che il lavoratore sia destinatario di una tutela non stabile nei confronti del licenziamento individuale: al
fine di evitare che lo stesso lavoratore sia limitato nell’esercizio dei propri diritti dal timore di un licenziamento
ritorsivo

I PRIVILEGI DEI CREDITI DI LAVORO

I crediti retributivi del lavoratore hanno un particolare privilegio in deroga al principio generale della par condicio
creditorum. Il legislatore ha riconosciuto una tutela in materia riconoscendo

 un privilegio generale sui beni mobili del datore


 nonchè sull’eventuale ricavato dalla vendita degli immobili  ma solo in via sussidiaria, cioè se il ricavato
dei beni mobili non è sufficiente a soddisfare il credito del lavoratore

Inoltre l l. 297/1982 assicura che anche in caso di procedure concorsuali il credito di tfr e alle ultime 3 mensilità
retributive può trovare soddisfacimento mediante l’intervento di un apposito Fondo di garanzia Inps

I LIMITI AL PIGNORAMENTO DELLA RETRIBUZIONE

In base a quanto affermato dall’art 36 per il quale la retribuzione deve essere sufficiente a garantire un’esistenza
libera e dignitosa a sé e alla sua famiglia sono previsti dei limiti alla aggredibilità del particolare credito della
retribuzione

 Il pignoramento della retribuzione può infatti avvenire solo nella misura di 1/5 della stessa, se si tratta di
crediti “non alimentari”
 Se il lavoratore subisce piu pignoramenti non possono sottrarre piu della metà della retribuzione

Il legislatore ha previsto l’estensione di tale tutela anche nel caso in cui oggetto del pignoramento è il conto
corrente bancario sul presupposto che quanto versato provenga da attività lavorativa

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