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2/2012
Comitato scientifico
Redazione
Progetto grafico: Raffaele Marciano. In copertina: Case a Shangai, di Dorian Cara. Dorian Cara, storico e
critico d’arte, appassionato fotografo, ha realizzato diversi volumi fotografici e iniziative espositive. Vive
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rivista europea di cultura
cittadella editrice
2/2012
m ∙ u ∙ n ∙ e ∙ r ∙a
Indice 2/2012
***
Gianantonio Borgonovo
La retribuzione alla prova della Scrittura 9
Giacomo Canobbio
L’inferno e la teologia cristiana 23
Ignazio Sanna
Gesù Cristo mio giudice e mio salvatore 37
Fulvio Ferrario
Salvezza universale?
Sulla necessità di una domanda pericolosa 51
Alberto Bondolfi
Ripensare il retributivismo cristiano 67
Virgilio Melchiorre
Mysterium iniquitatis: la disperazione diabolica 81
Silvano Petrosino
L’«impossibile» modo d’essere della tenebra 95
Gabrio Forti
Nuovi riverberi “infernali”
Le politiche penali securitarie di esclusione
e criminalizzazione dell’“Altro oscuro” 121
Virgilio Melchiorre*
Mysterium iniquitatis:
la disperazione diabolica 1
M
ysterium iniquitatis. La debolezza e l’impegno di ogni
antropologia filosofica si raccolgono proprio in que-
sta formula: nell’inesplicabile che essa confessa e nel
sentiero che tuttavia essa pur dischiude alla ragione.
Non si tratta, a ben vedere, soltanto del male, ma del
problema che si sporge sino alla radice o alla persona che nell’evento
del male supera l’essere stesso dell’uomo. Che s’intende qui per per-
sona? Dobbiamo dirne nel senso originario del termine, come della
maschera in cui risuona o si fa risuonare la voce di un altro? La stes-
sa definizione boeziana di persona potrebbe supporre quest’origine:
una natura razionale che sia determinata in una sostanza individuale
non è in fondo il risuonare e l’apparire dell’universale (rationalis na-
turae) in una singolarità sostanziale (individua substantia)? La persona
radicale dell’iniquità non è allora la maschera in cui a volta a volta
risuona, distorta e alienata, la voce dell’Essere?
«Allora dov’è il male e donde e per qual via s’è insinuato qui? Quale la sua
3
radice, la sua semenza? O piuttosto il male non esiste affatto? E allora perché te-
miamo e scansiamo ciò che non esiste? Che se temiamo a vuoto, il timore stesso è
un male, che punge e tormenta senza motivo il nostro cuore, anzi un male tanto
più grave, in quanto non esiste ragione di temere e tuttavia temiamo. Perciò o il
male che si teme esiste, o il fatto stesso del temere è un male» (Ubi ergo malum et
unde est qua irrepsit? Quae radix eius et quod semen eius? An omnino non est?
Cur ergo timemus et cavemus quod non est? Aut, si inaniter timemus, certe vel
timor ipse malum est, quo incassum stimulatur et excruciatur cor et tanto gravius
malum, quanto non est quod timeamus et timemus. Idcirco aut est malum quod
timemus aut hoc malum est, quia timemus): Agostino, Confessioni, VII, 5, trad. it.
di O. Tescari, SEI, Torino 1932.
Mysterium iniquitatis: la disperazione diabolica 83
4
P. Ricoeur, Finitude et culpabilité, Montaigne, Paris 1960, vol. I, p. 10 s.;
cfr. trad. it. di M. Girardet, Finitudine e colpa, Il Mulino, Bologna 1970, p. 56.
5
P. Ricoeur, Philosophie de la volonté. Le volontaire et l’involontaire, Aubier, Paris
1949, p. 27.
84 Virgilio Melchiorre
non posto nella posizione del male: «Le non-posé dans la position du
mal, le toujours déjà là du mal, l’autre de la tentation».6
Qui non ci è possibile ripercorrere l’ampio ventaglio del mito. Pos-
siamo però avvalerci della tesi ricoeuriana e svilupparla pensando ai
nodi centrali della confessione biblica, quella appunto che costitu-
isce più intimamente il passato della nostra riflessione. Potremmo
partire da Genesi 3, ove il racconto del male si lega simbolicamente
alla figura del serpente. Si ricordi, al riguardo, la nota ermeneutica
già formulata da Kant: qui l’uomo sta all’origine del proprio male,
ma la sua decisione è frutto di un traviamento; il serpente è il segno
di questa antecedenza, di questa iniquità che l’uomo trova come già
esistente, appello o controfigura di Dio stesso.7 Ricoeur ha eviden-
temente tenuto presente la lezione kantiana quando scrive: «Se si
segue sino in fondo l’intenzione del tema del serpente, si deve dire
che l’uomo non è l’iniquo in assoluto; non è che l’iniquo in seconda,
l’iniquo per seduzione; non è il cattivo, il Maligno, in senso sostanti-
vo se così si può dire, ma il cattivo, il malvagio per epiteto; si rende
malvagio con una sorta di contropartecipazione, di controimitazio-
ne, per consenso a una sorgente di male che l’ingenuo autore del
racconto biblico dipinge come astuto animale. Peccare è cedere».8
6
P. Ricoeur, Finitude et culpabilité, cit., vol. II, p. 301; cfr. trad. it. cit., p. 597. Per
una più ampia analisi della confessione mitica si deve qui rinviare appunto all’ope-
ra di Ricoeur. Personalmente ho cercato di individuarne lo statuto metodologico
nel saggio Il metodo fenomenologico di P. Ricoeur, introduttivo alla traduzione italiana,
Finitudine e colpa, cit.
7
I. Kant, Die Religion innerhalb der Grenzen der blossen Vernunft, 1,4; trad. it. La re-
ligione entro i limiti della sola ragione, Laterza, Roma-Bari 20103.
8
P. Ricoeur, Finitudine et culpabilité, cit., vol. II, pp. 242-243; cfr. trad. it. cit.,
p. 526. Si deve qui dire che accordiamo alla figura del serpente un valore eccessivo?
G. von Rad, a esempio, ritiene che la figura del serpente abbia per lo scrittore sacro
un valore del tutto secondario rispetto all’asse antropologico della narrazione. Non
v’è dubbio che la novità del racconto adamitico, rispetto alle diverse tradizioni re-
ligiose, consiste proprio nel sottolineare la responsabilità della scelta umana. Ma si
può per questo dire che la figura del serpente «dipendeva quasi più da un’esigenza
della narrazione che dalla necessità di presentare il male come qualcosa che sta al
di là dell’uomo» (G. von Rad, Das erste Buch Mose (Genesis 1-12,9), Vandenhoeck-
Ruprecht, Göttingen 1951, tradzione di G. Moretto, Genesi, Paideia, Brescia 1969,
p. 104)? Perché un’esigenza narrativa si serve d’una figura così tipica nell’Oriente?
Del resto, quale valore deve avere l’identificazione operata dalla tradizione biblica
fra il potere del serpente e quello di Satana? Si confronti al riguardo Sapienza 2,24:
«Per invidia del diavolo è entrata la morte nel mondo»; Giovanni 8,44: «Questi fu
Mysterium iniquitatis: la disperazione diabolica 85
omicida fin dall’inizio»; 1Giovanni 3,8: «Fin dal principio il diavolo è peccatore»;
Apocalisse 12,9 e 20,2: «Il serpente antico, che è il diavolo, Satana».
9
Genesi 3,1 parla della «più astuta di tutte le bestie selvatiche che Jhwh aveva
fatto». Si veda poi la maledizione del serpente in Genesi 3,14 ss.; cfr. a questo riguar-
do la voce péira, in Theologisches Wörterbuch zum Neuen Testament, hrsg. von G. Kit-
tel – G. Friedrich, Kohlhammer, Stuttgart 1933-1979; edizione italiana a cura
di F. Montagnini e G. Scarpat: Grande Lessico del Nuovo Testamento, Paideia, Brescia
1965-1992, vol. IX, pp. 1418-1420 (H. Seesemann).
10
Genesi 22,1-9.
86 Virgilio Melchiorre
11
Esodo 20,20 e prima 16,4. Ma si confronti poi 2Samuele 24 (Dio che tenta David
al censimento di Israele), corretto poi da 1Cronache 21,1: «Satana sedusse David
perché numerasse Israele». E ancora Sapienza 3,5: «È Dio che li ha provati e li ha
trovati degni di sé»; 11,10: «Provavi gli uni come padre che richiama, ma vagliavi gli
altri come re severo che condanna»; Giuditta 8,25: «Ringraziamo il nostro Dio che
prova noi come i nostri padri».
12
Giobbe 1,12 e 2,5; Zaccaria 3,1 ss.; nel Nuovo Testamento: Luca 22,31; Apocalisse
12,10; e poi il drammatico potere dato alla fiera dominatrice e blasfema in Apoca-
lisse 13,5.7.
13
Cfr. 1QS 3,3; 3,25: The Dead Sea scrolls Hebrew, Aramaic, and Greek texts with En-
glish translations, ed. by J. H. Charlesworth and F. M. Cross, Mohr-Westminster
John Knox Press, Tübingen-Louisville 1994, pp. 12, 16.
14
Per una lettura in questo senso del brano di Isaia si veda la nota di K. Leh-
mann, Il mistero del male, «Communio», 45 (1979), p. 49.
15
Giacomo 1,13-14.
Mysterium iniquitatis: la disperazione diabolica 87
una voce che risuona dal cuore dell’uomo. Ma, di nuovo, qual è il si-
gnificato di questa epithymía: se essa non è la voce di Dio, in che senso
tuttavia appartiene a una creatura di Dio? E in che senso si contrap-
pone, pur nell’interno dell’uomo, come una potenza di seduzione?
Ancora, come può dirsi questa potenza scaturita dalla dimora della
luce e come può, in quanto tenebra, essere il rovescio della luce e
della sua logica assoluta?
27
Giovanni 9,3.
28
Giovanni 11,4.