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Seminario 13/11/2020

NICCOLÒ MACHIAVELLI VITA E OPERE


Niccolò Machiavelli, figlio di un notaio e quindi appartenente alla media borghesia
cittadina, nasce a Firenze nel 1469, anno in cui all'età di vent'anni, Lorenzo de
Medici, figlio di Piero e nipote di Cosimo de Medici, prende il potere nella città di
Firenze, una Repubblica e muore nel 1527, l'anno del sacco di Roma.

Citazione di Francesco Guicciardini


L'amico Francesco Guicciardini parla di Machiavelli dicendo "ut plurimum
estravagante di opinione dalle commune et inventore di cose nuove e insolite"
restituendoci la cifra di questo uomo geniale, di una genialità tutta riversata sulla
realtà e non sulla speculazione.

Uno sconfitto
Il critico letterario Alberto Asor Rosa, nel Febbraio del 2019, pubblicò il saggio
Machiavelli e l'Italia, Resoconto di una sconfitta, nel quale, delinea la figura di
Machiavelli come uno sconfitto, un letterato come tanti altri che è diventato un
grande solo dopo la morte. Asor Rosa, in particolare, sì chiede: "come mai colui che
viene considerato, pressoché, il fondatore della teoria politica moderna, nasce vive e
opera nel paese in cui a quel tempo era quello più politicamente più contrastato e
contraddittorio, e cioè, l'Italia? Sì potrebbe commentare: al massimo della civiltà dei
comportamenti, corrispose evidentemente il massimo della debolezza. Egli si chiede
come sia stato possibile che la società più avanzata culturalmente al mondo allora
che nello stesso momento in cui ha prodotto una società così alta sia allo stesso
tempo stata così debole rispetto alle compagini statuali, come la Francia e la Spagna
che si andavano delineando tra 300 e 400 in Europa. Tantoché, la Francia, nel 1494,
scende in Italia con Carlo VIII (24 anni) la occupa senza neanche il bisogno di
combattere, la prende "col gesso" (Machiavelli) e inaugura la stagione delle guerre in
Italia. L'aspetto che Asor Rosa sottolinea è ciò che rende più affascinò la lettura di
Machiavelli che insieme a Giucciardini è caratterizzato da questa domanda. La figura
di Machiavelli come sconfitto emerge anche nell'edizione critica del principe con
introduzione, commento e parafrasi completa in italiano moderno, di Gabriele
Pedullà pubblicata nel 2013, in occasione del Cinquecentenario della stesura del
Principe. Nell'introduzione, Pedullà ci dice: "il principe è innanzitutto l'opera di uno
sconfitto. Quando Machiavelli inizia a lavorarci, tra l'estate e l'autunno del 1513, ha
quarantaquattro anni, e nei precedenti dodici mesi ha sperimentato il tracollo della
Repubblica di Firenze, la fuga improvvisa del proprio proprio protettore politico (il
gonfaloniere di giustizia Piero Soderini) e la cancellazione della Milizia popolare alla
quale per otto anni aveva consacrato gran parte delle sue energie". Pedullà, però,
non ci dice che nel febbraio del 1513, quando da qualche mese erano tornati i
Medici e Firenze e quindi caduta la repubblica di Piero Soderini, per la quale,
Machiavelli lavorava, egli viene imprigionato e torturato perché accusato di fare parte
di una congiura anti medicina per il ripristino della Repubblica. Quando leggiamo il
principe, quindi, dobbiamo tenere presente che i pensieri che troviamo al suo interno
sono quelli di un uomo che ha subito sulla propria carne le efferatezze e la crudeltà
della politica. Egli non è un umanista del 400 che sa alla perfezione il greco e il latino
e che condensa la propria erudizione scrivendo un trattato, ma si riallaccia a quella
tradizione scrivendo il de principatibus, ma da una specula completamente diversa
da quella degli eruditissimi umanisti del 400.
Il dramma di Machiavelli è quello di aver vissuto in un'epoca in Italia politicamente
instabile e difficile, un dramma che si sviluppa attorno a 2 date fondamentali:
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1. Il 1494, l'Inizio della ruina d'Italia con l'ascesa dei Francesi, due anni dopo la
morte di Lorenzo il Magnifico, che aveva garantito una politica dell'equilibrio
tra gli Stati e repubbliche italiane nella Seconda metà del 400. Data
fondamentale per la storiografia che riecheggia nella letteratura del tempo, la
data spartiacque e anno in cui si interrompe, in novembre, la stesura
dell'innamoramento de Orlando di Matteo Maria Boiardo che muore mentre i
francesi stanno oltrepassando le armi. L'ultima ottava dell'Orlando
Innamorato, suona così: "Mentre che io canto o Iddio redentore, Vedo la Italia
tutta a fiamma e foco Per questi Galli che con gran valore Vengon per disertar
non so che loco; Però vi lascio in questo vano amore De Fiordespina ardente
a poco a poco; Un'altra dista, se mi fila concesso, Raccontarvi il tutto per
espresso";
2. Il 1512, data cesura per la vita di Machiavelli da cui inizia il suo personale
tormento umano e professionale. Tra la fine del settembre e l'inizio dell'agosto
di quell'anno, i Medici, aiutati dal pontefice e dagli spagnoli, tornano a Firenze
e pongono termine non solo al loro esilio, ma anche alla parentesi
repubblicana che a Firenze era iniziata con la loro cacciata, nel 1494. Nel
1494, iniziò la repubblica teocratica di Girolamo Savonarola, un esperimento
radicale di Repubblica, nella quale, venivano portati agli estremi, i principi
religiosi, una specie di teocrazia. Girolamo Savonarola è un frate ferrarese
che nel 1490 giunse a Firenze dove si scagliò contro il lusso sfrenato della
nobiltà, contro la corruzione del clero e dei capi politici della città e pensare
che era stato probabilmente lo stesso lorenzo a chiavare Savonarola in città
su insistenza di Pico della Mirandola. Nella notte del 5 Aprile del 1942 un
fulmine si schiantò contro la cupola del duomo danneggiandola, evento che
molti interpretarono come un cattivo augurio, ed effettivamente tra giorni dopo
il Magnifico muore e poco dopo la penisola assiste impotente alla discesa sul
proprio suolo del re di Francia Carlo VIII. Tutto questo venne predetto dal
frate, i quali fautori erano chiamati Piagnoni (il nome la dice lunga sui toni
millenaristici delle loro rivendicazioni). hanno così buon gioco a imporsi sulle
altre fazioni cittadine. Divenuto il peso politico del frate un fardello troppo
ingombrante, il papa Alessandro VI (1492-1503) decise di scomunicarlo e
anche il popolino di Firenze, che aveva sempre appoggiato le sue accuse
contro l’aristocrazia, cominciò a essere intollerante verso l’intransigenza
morale di Savonarola. Nel 1498 le magistrature fiorentine, dopo averlo fatto
arrestare e torturare, condannarono il frate ferrarese al rogo per eresia.
Machiavelli, nella lettera a Riccardo Becchi, ambasciatore fiorentino presso il
papa, descrive le strategie politiche del papa che secondo lui si fondavano
sulle bugie e sullo zelo religioso. E’ questa una delle prime volte in cui
possiamo apprezzare il lucido disincanto del giudicio machiavelliano sulle
cose del mondo. Nel corso degli anni questa attitudine scettica di farà ancora
più solida, quasi che, educato agli abili infingimenti e alle consuete gabole
della politica attiva, Machiavelli sia in grado di leggere oltre i comportamenti
abituali degli uomini di potere, scoprendovi i sottotesti d’interesse e di
tornaconto personale. Nel 1498, invece, cominciò l'esperienza repubblicana
del gonfaloniere Piero Soderini, il quale, si circonderà di uomini fidati
dell'oligarchia fiorentina, tra i quali, Niccolò Machiavelli.
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Tra la fine del 1512 e l'inizio del 1513, egli venne torturato e imprigionato dal
nuovo regime dei Medici e nel Marzo del 1513 viene costretto a allontanarsi
da Firenze, per almeno un anno, nella sua tenuta in campagna di Sant'Andrea
in Percussina nella località di San Casciano a una ventina di chilometri da
Firenze, sulla strada che porta a Siena ed è lì che inizia a comporre il
Principe.

Vita di Machiavelli: ante e post res perditas


La vita di Machiavelli può essere divisa in due fasi, prima e dopo la disfatta:
1. La prima fase, la ante res perditas, è la fase in cui egli ricoprì l'incarico di
segretario della seconda cancelleria della Repubblica fiorentina ed è anche a
capo della magistratura dei dieci di Balia che doveva occuparsi della difesa
della Repubblica fiorentina. È poi da ricordare che Machiavelli non era
ambasciatore ufficiale, in quanto non era un aristocratico, ma era un
portavoce degli ambasciatori ufficiali. Egli, però, aveva un grosso acume
politico e una grande conoscenza della psicologia dei regnanti, riconosciuti da
molti, come anche Pier Soderini, grazie al quale venne a lui commissionata la
stesura di lettere in cui doveva scrivere una relazione completa di ciò che
accadeva durante le missioni diplomatiche. In questo primo periodo,
Machiavelli è dunque un uomo d'azione, un uomo totalmente impiegato
nell'amministrazione della Firenze Repubblica. Egli svolse, in quegli anni,
numerose missioni diplomatiche in Italia e in Europa, viaggi che gli
consentirono di acquisire una profonda conoscenza delle strutture statali e
militari del tempo. Nel 1500 egli si trovò ad affrontare la complicata situazione
della riconquista di Pisa, ribellatasi al governo della Repubblica e ben decisa
a difendere la propria libertà. Nell’assedio della città, i fiorentini si servirono di
truppe mercenarie caratterizzate dal lassismo e dalla scarsa fedeltà, aspetti
che condussero machiavelli a riflettere attorno all’idea della cosiddetta
Ordinanza, ovvero, di un esercito regolare di leva composto tutti di fiorentini.
Nel dicembre del 1500, egli si reca in Francia presso il re Luigi XII a chiedere
aiuto per la situazione pisana. In seguito fu costretto a rientrare in Italia, dove
vi era il pericolo delle truppe papali alla conquista di vaste estensioni di
territorio confinante con la Repubblica. Al comando dell’esercito vi è Cesare
Borgia (1475-1507), detto il Valentino, figlio naturale di papa Alessandro VI.
Di fronte al rischio di trovarsi stretta d’assedio da ogni parte, la Repubblica
decise di mandare Machiavelli a parlamentare con il giovane condottiero, nel
gennaio del 1502. Nei dispacci, le Legazioni, che niccolò inviò ai Dieci,
Machiavelli raccontò che il Valentino gli apparì un uomo astuto e
imperscrutabile, energico, coraggioso e con la fortuna dalla sua parte, non a
caso ne fece di lui un buon esempio nel Principe e un sotto dedicatario
dell'opera. Nel 1503, mentre si trovava a Senigallia, il Valentino sterminò a
tradimenti i suoi rivali, episodio di spregiudicatezza politica che destò in lui
grande impressione. Nello stesso anno, Alessandro VI morì e lo stesso
Valentino di ammalò, il quale, arrestato papa Giulio II, si dovette riparare in
Spagna dove morì nel 1507 in un’azione militare.
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Il pericolo portato in quegli anni dalle truppe papali incoraggiò Machiavelli a


perseverare con l’idea di un esercito regolare ben addestrato e lo portò a scrivere:
a) tra il marzo e il luglio del 1503, i due discorsi Parole da dirle sopra la
provisione del danaio, sulla necessità di imporre nuove tasse per
assicurare alla Repubblica truppe fedeli e Del modo di trattare i popoli
della Valdichiana ribellati, sulla politica da adottare in quei territori di cui
il Valentino aveva fomentato la ribellione;
b) nel 1504, il primo Decennale, narrazione in versi degli ultimi dieci anni
di storia fiorentina, sul modello delle cronache trecentesche dei
cantastorie municipali, dove viene ribadita l’importanza di truppe
ordinarie nella difesa della città.
Nel frattempo, il papa volle togliere la Lombardia ai francesi, principali alleati dei
fiorentini, scenario che avrebbe significato il ritorno a Firenze dei Medici e la fine
della Repubblica. Nonostante Machiavelli provò a tessere tele diplomatiche che
potessero scongiurare pericoli immediati per la città, Giulio II coalizzò i grandi
d’Europa contro la monarchia francese. Si venne così a formare la Lega Santa che
riuscì a scacciare i francesi dalla penisola. La Repubblica fiorentina fu costretta a
capitolare di fronte all’assedio di truppe spagnole e ad accettare il ritorno della
famiglia Medici. Tutti i funzionari implicati con il regime repubblicano furono destituiti
dalle loro cariche.
2. Alla fine del 1512, accusato di essere coinvolto in una congiura antimedicea,
Machiavelli fu rinchiuso in carcere per un anno. Machiavelli venne liberato nel
marzo del 1513 grazie anche all’amnistia generale con cui si festeggiò il
nuovo papa, ovvero, Leone X, Giovanni di Lorenzo de’ Medici. Machiavelli,
non volendo abbandonare i territori fiorentini, ma non potendo restare nel
capoluogo, decise di ritirarsi con tutta la famiglia (nel 1501 si era sposato con
Marietta Corsini) in un proprio podere a Sant’Andrea in Percussina, presso
San Casciano. In questi anni dunque, Machiavelli perse il suo lavoro in
politica e nei successivi e restanti 15 anni della sua vita, comincia a scrivere
le sue opere, anni occupati, dunque, dall'otium letterario di cui Machiavelli si
dispiace, in quanto, egli in primo luogo è un uomo politico e d'azione. In molte
lettere ad amici come Francesco Vettori e Francesco Guicciardini, sì lamenta
del fatto che lui vorrebbe tornare al servizio. In particolare, in una lettera
risalente al 1513 e inviata a Francesco Vettori (1474-139), Machiavelli
racconta l’abiezione di giornate trascorse in attività degradanti o meccaniche,
come, dirimere liti tra lavoranti, cacciare tordi, andare al’osteria per ciocare a
care, fino al calare della sera, quando finalmente, deposta la “veste cotidiana,
piena di fango et di loro”, può finalmente indossare “panni curiali et puliti”. Egli
tornerà ad avere incarichi, ma molti minori rispetto ai precedenti. In questi
anni, l'esperienza politica del passato si sedimenta e precipita nella
produzione storiografica, teatrale e politica:
a) nel 1513 scrisse il trattato De Principatibus, che vide, probabilmente,
successivi ritocchi o stesure nel 1514-15. Sappiamo che è stato scritto
terminato nel 1513, poiché, egli lo conferma in una lettera al Vettori;
b) Tra il 1513 e il 1516, egli scrisse, Discorsi Sulla Prima Decade di Tito
Livio, l'opera maggiore anche se forse non del tutto limata e politica.
c) nel 1517, egli scrisse il poemetto L’Asino, incompiuto, in cui egli
immagina di visitare i serragli della maga Circe, dove vivono uomini
trasformati in bestie
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d) nel 1517 scrisse la Favola di Belfagor arcidiavolo, in cui il diavolo sale


sulla terra, si sposa per verificare la petulanza delle mogli;
e) Nel 1518, Machiavelli scrisse La Mandragola, una delle opere teatrali
più importanti di Machiavelli e del 500 italiano in volgare;
f) tra il 1517 e il 1520 scrisse l’Andria, un volgarizzamento di Terenzio;
g) Nel 1521, scrisse l'unica opera pubblicata in vita, ovvero, Dell'Arte
della Guerra;
h) Nel 1525, egli scrisse altre due opere teatrali, la Clizia (opera dove
Machiavelli intreccia l’argomento della commedia al risentimento
causato dalle vicissitudini personali) e le Istorie Fiorentine.
i) Nel 1535 pubblicò le Istorie Fiorentine;
Dunque, Machiavelli, nei suoi ultimi anni, riprese gli studi che non aveva mai
abbandonato e entrò nelle antiche corti degli antichi uomini che interrogò sulle loro
azioni. Inoltre, svolse ancora alcuni, ma piccoli incarichi politici.
Nel maggio del 1521, egli si recò a Carpi, presso il Capitolo generale dei frati
francescani, incaricato dal governo fiorentino di ottenere maggiore autonomia per i
monasteri toscani e di convincere un famoso frate del tempo a predicare a Firenze
per la quaresima successiva. Dopo essere passato per Modena e avervi incontrato
Francesco Guicciardini (1483-1540), governatore della città per conto del papa,
arriva nella cittadina emiliana, accolto subito da una lettera del governatore con cui
gli dice che mandare lui a cercare un predicatore era un po’ come trovare moglie a
messer Pacchierotto e messer Sano, ovvero, due noti omosessuali fiorentini. Nasce
tra di loro un breve scambio epistolare dai toni comici e canzonatori. Guicciardini si
augura che l’amico non diventi “ipocrito” a contatto con i frati e Machiavelli racconta
le attenzioni riservategli dall’ospite presso il quale dimora, un provincialotto che lo
tratta con riguardi perfino eccessivi. I due nelle lettere non usano particolari cautele e
soprattutto esse dovrebbero essere usate da Nicolò, dal momento che adesso è un
funzionario subalterno del governatore dello Stato pontificio. Ciò non toglie che nella
missiva di risposta al Guicciardini del 17 maggio 1521, esordisca in modo scherzoso
e assai poco reverenziale “Magnifice vir, major observandissime. Io era in sul cesso
quando arrivò il vostro messo”. Benché la conoscenza tra i due non fosse troppo
profonda, e distante invece l’estrazione sociale, Guicciardini sapeva confrontarsi con
chi, anni prima, aveva svolto incarichi politici molto importanti, manifestando idee
non troppo lontane dalle sue ed ammirava la capacità di analisi del Segretario
dell’ormai defunta Repubblica fiorentina, e Machiavelli, a sua volta, avrà sentito
vicino per statura intellettuale quel suo più giovane concittadino (aveva 14 anni di
meno), e sarà stato felice di poter trovare, tra frati contadini, qualcuno con cui
discutere dei problemi degli Stati italiani.
Nel frattempo, il papa formò con l'aiuto di Guicciardini una lega con Firenze,
Venezia, Milano e l’ex avversario francese per opporsi a Carlo V, il cui eccessivo
potere sembrò sconvolgere i delicati equilibri europei, in quanto, aveva assunto, per
successione ereditaria, sia la corona spagnola che quella imperiale, arrivando così a
governare su un territorio immenso. Sarà proprio Guicciardini, plenipotenziario
papale, a mandare Machiavelli in missione presso le varie nazioni coinvolte nel
possibile scontro. Le truppe imperiali, però, molto addestrate e numerose, nel 1527,
giunsero sino a Roma e la saccheggiarono decretando la sconfitta della lega papale.
A Firenze la conseguenza di tutto ciò fu la cacciata dei Medici e la restaurazione
della Repubblica. Implicato con il regime mediceo, Machiavelli venne destituito dlla
propria carica diplomatica e non sconterà, però, l’esilio, in quanto, a causa di
un’infezione non curata, morì il 21 giugno del 1527.
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