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"DISCLAIMER"
Le tecniche qui descritte sono esposte solamente per motivi di studio, per servire
come raffronto col lavoro di altri ricercatori. Da questa condivisione mi attendo
una risposta intelligente: osservazioni, critiche, correzioni e aggiunte.
Tengo a precisare che questo libro non è un manuale di Kriya!
Forse in futuro ne scriverò uno e allora affronterò il problema di come dividere
l'intero argomento in diverse lezioni cercando, per ciascuna fase
d’apprendimento, di fornire tutti i consigli necessari. In ogni caso, certe tecniche
non possono essere apprese leggendo un manuale. Un esperto deve controllare la
loro applicazione. Ci sono tecniche delicate come per esempio il Maha Mudra, il
Pranayama, il Thokar, lo Yoni Mudra che non è pensabile apprenderle per
iscritto.
È poi necessario che un esperto ne controlli l'impatto sulla persona poiché
ognuno di noi è diverso dagli altri e nessuno può dire a priori quali saranno gli
effetti di una determinata tecnica, soprattutto se praticata in dosi elevate.
Nel testo che segue le tecniche Kriya di Lahiri Mahasaya vengono spiegate
completamente. Non posso assumermi alcuna responsabilità nel caso di risultati
negativi, particolarmente nel caso in cui colui che non ha mai visto le tecniche
del Kriya praticate da un esperto, si decidesse a praticarle semplicemente dopo
avere letto qui la loro descrizione. Chi affronta questo sentiero lo fa con un senso
di sacro, consapevole della ricchezza che questo può portare nella propria vita:
ha tutto il diritto e il dovere di concedersi il controllo di un esperto.
[Quando vi recate da un esperto, comunicategli l’esistenza di ogni eventuale
problema fisico che potete avere, come ipertensione, problemi ai polmoni…
Di certo egli vi guiderà in una forma delicata di Pranayama – con i Mudra ad
esso collegati – consigliandovi, se fosse necessario, di limitarvi ad una pratica
mentale di esso.]
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TECNICHE BASE
Ora è il momento di prendere in considerazione le tecniche del Primo
Kriya - le prime due possono anche essere praticate alcune ore prima delle
successive. I momenti ideali per la pratica sono il mattino prima della
colazione, mezzodì prima del pranzo, il tardo pomeriggio prima di cena e
due - tre ore dopo cena.
Talabya Kriya
Cominciando dalla posizione nella quale la lingua è rilassata, il kriyaban
l’attacca al palato come una ventosa, prestando attenzione che la punta sia
rivolta in avanti verso i denti. Apre la bocca, e la lingua, che per degli
istanti rimane attaccata al palato, si distacca da questo con uno schiocco.
L'effetto di stiramento del frenulo è percepito distintamente, la lingua è
spinta immediatamente fuori verso il mento. Questi due movimenti sono
ripetuti 50 volte [non più di 10 nei primi giorni!].
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Dopo mesi di pratica, questa tecnica permetterà di riuscire a realizzare la
posizione del Kechari Mudra: inserire la lingua nella cavità della faringe
nasale e mantenerla stabile in quella posizione con un preciso sforzo fisico
e mentale. [Ricordo che Lahiri Mahasaya era fermamente contrario a
tagliare il frenulo per accelerare tale processo].
Molte persone praticano il Talabya Kriya in modo sbagliato poiché
volgono istintivamente indietro la lingua (o la tengono verticale) e questo
annulla completamente l'effetto. È importante che essa, prima di aderire al
palato, sia piatta, rivolta in avanti (toccando i denti).
Questa pratica crea un distinto effetto calmante sui pensieri ed è per questa
ragione che non sarà mai messa da parte, neanche quando il Kechari
Mudra sarà realizzato. Non è facile giustificare per quale motivo, agendo
sul frenulo, sia possibile riuscire a calmare il processo di formazione
d’inutili pensieri; questo è un fatto che rimane misterioso. Sta di fatto che
chiunque può osservarlo.
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vocale, la bocca non è chiusa completamente, creando così il suono nasale
"ng". Pronunciare AUM non è per niente corretto.]
[I Chakra sono organi sottili, astrali, che si trovano all’interno della spina
dorsale, i gradini di una scala ideale che conduce direttamente alla più
elevata esperienza dello Spirito. È importante sentire intuitivamente dove
sono localizzati. Molti credono che quello che è scritto sui libri di Yoga,
possa essere applicato automaticamente al Kriya. Con tale convinzione
corrono il rischio di perdere il vero significato delle tecniche del Kriya o
parte della loro ricchezza.
Dovremmo ricordare che il Kriya è un processo naturale; lo stabilirsi
spontaneo di un livello più alto di coscienza accompagnato da sottili
movimenti di energia nel corpo. Ovviamente ciò può avvenire solo in
coloro che mantengono un'aspirazione incessante verso il Divino e che
sono capaci di raggiungere un sufficiente grado di rilassamento.
L’opposto avviene quando alcuni studenti di Kriya portano nella loro
pratica la stessa avidità e anche, talvolta, lo stesso atteggiamento
insensibile che hanno nella vita - specialmente se sono imbevuti
d’Esoterismo e Pensiero Magico. Si appoggiano a questo o a quel testo ma
non sono abbastanza attenti per comprendere che alcuni eventi interiori
possono verificarsi solo nel dovuto corso del tempo.
All’inizio, l'energia fluisce solo vicino ai luoghi prescritti dalla letteratura
specializzata, ma non riesce a raggiungerli e questo sia perché non è ancora
stabilito il livello corretto di calma, sia perché non c'è nessun canale
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interiore che conduca a tali punti il quale non sia ostruito. Qualche volta
accade che queste persone sono veramente in errore, le loro fantasie
impossibili da realizzarsi e certamente la Natura non si adeguerà ai loro
schemi intrinsecamente corrotti. Le loro attese non avranno altro esito che
quello di impedire ogni progresso genuino.
Ecco quello che, di solito, noto: alcuni studenti contestano il fatto che,
all'inizio del Pranayama, l'energia venga osservata fluire attorno ai
Chakra, invece che nel canale più interno della spina dorsale, come loro si
aspettano. Non accettano l'idea della dualità dei Chakra - la loro
componente esterna - sulla quale dirò tra poco qualcosa. Nello stesso modo
preferirebbero portare l'energia che sale fino al Kutastha o nella Fontanella
piuttosto che nel Bindu. Eppure è inutile guidare il flusso dell’energia dove
essa non può fisiologicamente fluire. Imporre i nostri desideri, che si sono
originati con le letture, alla delicata struttura dei Chakra è una forma di
violenza che non porta a nulla. Le informazioni seguenti sono certo
imprecise, vaghe, eppure se rivelano molto utili per far sì che la
consapevolezza di un kriyaban proceda nella direzione giusta per tutto il
tempo che sarà necessario, collaborando con un processo di percezione che
condurrà certamente alla più elevata di tutte le mete.
All'inizio la cosa giusta da fare è cercare di sentire distintamente i vari
settori nei quali può essere divisa la spina dorsale. Si comincia con la
regione del coccige, dove è localizzato il primo Chakra Muladhar; il
secondo all'altezza dell'osso sacro; il terzo nella regione lombare all'altezza
dell'ombelico; il quarto in quella dorsale all'altezza del cuore; il quinto
dove incominciano le vertebre cervicali.
Differenti tradizioni collocano il sesto Chakra in luoghi diversi. Tutti sono
d’accordo nell’affermare che il Kutastha, il centro tra le sopracciglia, il
"terzo occhio" ovvero l’"occhio spirituale", l’organo della visione interiore,
è collegato col sesto, pur essendo da questo distinto. Secondo alcuni, il
sesto Chakra risiede nel Midollo allungato (bulbo alla sommità della spina
dorsale); secondo altri la sua sede è la cosiddetta grotta di Brahma: una
cavità nel centro del cervello che presenta l’ipofisi nella parte anteriore e la
pineale nella parte posteriore. Ciò è molto più accurato; nel prossimo
capitolo impareremo a percepire questa regione del cervello nel migliore
dei modi. Per quel che riguarda le tecniche esposte nel presente capitolo, è
sufficiente formarsi un’idea, anche vaga, di dove possa essere situato il
Midollo allungato.
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Un centro molto importante, Bindu, ha la sua sede nella regione occipitale,
dove l’attaccatura dei capelli forma una specie di vortice e dove alcuni
Indù, con la testa rasata, mantengono una ciocca di capelli. Bindu può
essere individualizzato fissando l'attenzione nel Kutastha e ritornando
indietro, non diritti ma in su di 3-4 centimetri. Questo è un centro che è
collegato sia col sesto Chakra che col settimo, Sahasrara, nei confronti del
quale funge come da porta.
Il settimo Chakra Sahasrara non deve essere considerato della stessa
natura degli altri ma una realtà superiore che può essere sperimentata
solamente nello stato di assenza di respiro. Non è perciò possibile
concentrarsi su di esso come facciamo con tutti gli altri ma soltanto
"entrare in sintonia" con lo stato che esso incarna. Per cui è necessario
usare il Bindu come porta. Le procedure del Kriya "operano" nello spazio
compreso tra il primo Chakra Muladhar e il Bindu, poi, come risultato di
tale azione, l'energia e la consapevolezza si stabiliscono nel settimo
Chakra.
Prima di fornire la spiegazione base del Pranayama, bisogna chiarire
che i primi cinque Chakra possiedono sia una "componente interna" sia
una "componente esterna". La componente interna può essere visualizzata
come una "luce", all’interno del canale centrale della spina dorsale, volta
verso l’alto, verso lo Spirito. La "componente esterna" è come un fascio di
luce, un'irradiazione di energia, che esce dalla spina dorsale e penetra la
parte interna del corpo.]
Maha Mudra
Il kriyaban si siede sul tallone sinistro, con la gamba destra estesa in
avanti. [In tal modo, il tallone sinistro esercita una pressione sul perineo.
Questo punto di pressione è perfettamente correlato con la sede del
Muladhar Chakra e ciò rappresenta il modo migliore di attrarre la propria
concentrazione verso tale Chakra.] Durante l’inspirazione egli solleva
l’energia fino al Bindu. Poi, trattenendo il respiro, si piega in avanti – in
maniera molto rilassata - in modo che le mani intrecciate afferrano il
pollice del piede esteso. [La maggior parte dei kriyaban non è capace di
raggiungere tale posizione senza farsi male alla schiena. Essi non
dovrebbero per nessuna ragione tenere la gamba diritta, ma piegarla, nel
modo più opportuno, al ginocchio! Questo Mudra deve riuscire facilmente,
non deve farci star male!]
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Trattenendo mentalmente il respiro nella posizione estesa - i muscoli alla
base della spina dorsale sono contratti, i muscoli addominali sono
leggermente tirati in dentro - Om è cantato da sei a dodici volte nel
Kutastha. Poi si riprende la posizione iniziale e si espira, sentendo l'energia
che va in giù fino alla base della spina dorsale. L’intera procedura sarà
ripetuta nella posizione simmetrica, ovvero sedendo sul tallone della
gamba destra ed estendendo frontalmente la gamba sinistra. La procedura
deve essere ripetuta ancora una volta tenendo ambo le gambe estese.
Questo ciclo di tre movimenti è ripetuto ancora due volte per un totale di
nove estensioni.
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poi sempre più crescendo; approfondendo la tecnica, sarà percepito un
senso estatico come un brivido di beatitudine.
Il respiro è prevalentemente addominale. Durante l’inspirazione,
l’addome si espande e il petto si muove leggermente; durante l’espirazione
l’addome rientra e il movimento dell’ombelico verso la spina dorsale è
percepito con chiarezza, specie negli istanti in cui l’espirazione si
completa. Se tutto questo è fatto con l’atteggiamento corretto e rilassato, le
pause sono naturali e piacevoli. Un principiante impiega circa 18-20
secondi per respiro. Nella letteratura è indicato che il Pranayama perfetto
avviene con 80 respiri in un'ora - circa 45 secondi per respiro. Solo durante
delle lunghe sedute, si può tentare di raggiungere questo ritmo. Un
principiante non si cura di questo; cerca di completare, in modo naturale
senza farsi tanti problemi, 12 o 24 di questi respiri, non curandosi per nulla
del tempo impiegato.
Navi Kriya
Il respiro fluisce liberamente; la consapevolezza sale lungo la spina dorsale
ponendo mentalmente la sillaba Om nei primi cinque Chakra e poi nel
Kutastha. Il mento è abbassato sul petto e il Mantra Om è cantato – o con
la voce, o mentalmente - da 70 a 80 volte nell'ombelico [si può usare un
mala ovvero una specie di rosario per contare ma anche un calcolo
approssimato va benissimo].
Le mani, rivolte verso il basso, sono unite con le dita incrociate e, con
ciascun canto del Mantra, i pollici toccano lievemente l’ombelico. Poi il
mento è sollevato [moderatamente, ma tanto da sentire la contrazione dei
muscoli alla base della nuca], la concentrazione va prima nel Bindu, poi
giù nel terzo Chakra. Il Mantra Om è cantato – o con la voce, o
mentalmente - approssimativamente 25 volte nel terzo Chakra. Le dita
sono intrecciate dietro, questa volta il palmo delle mani è rivolto verso
l’alto, e a ciascun canto del Mantra, i pollici praticano una pressione
leggera sulle vertebre lombari. La posizione normale del mento è poi
ripristinata, il Mantra Om è pensato in ogni Chakra dal Kutastha al
Muladhar. Questo è un Navi Kriya; quattro è il numero ideale di
ripetizioni. Man mano che si procede con la tecnica, si percepisce che una
calma energia si raccoglie nella sede della corrente Samana nella parte
media bassa dell’addome.
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Pranayama mentale e Paravastha
Per entrare facilmente in una perfetta immobilità fisica e mentale si fanno
tre respiri profondi, ciascuno che termina con un’espirazione veloce e
completa come un sospiro. Poi si sale lentamente con la consapevolezza
nei Chakra - la sillaba Om può essere cantata mentalmente in ciascun
Chakra. I Chakra sono come dei nodi che possono essere sciolti
"toccandoli" lievemente con la concentrazione: il segreto è di mantenere la
consapevolezza in ciascuno di loro fino a percepire una particolare
sensazione di dolcezza, come se quel Chakra si stesse "sciogliendo". Non
si ha la sensazione di star praticando una particolare tecnica, ma di gioire
di un momento di riposo, di dolce rilassamento. Circa 10-20 secondi dura
la pausa in ciascun Chakra; l’intuizione guida a capire quando passare al
Chakra successivo. Si può cantare Om [ooooong] nei Chakra ma,
all’inizio, è molto meglio concentrarsi semplicemente su di essi.
Completata la salita al Bindu, incomincia la discesa lungo la parete frontale
della spina dorsale; oltre alle percezioni descritte, si cerca di percepire la
sottile irradiazione che si origina da ciascun Chakra. Questo non è un
complicato particolare tecnico, ma solo un fatto di pura consapevolezza, un
naturale sentire che conduce a realizzare come i Chakra sostengono la
vitalità di ciascuna parte del corpo.
Il processo di salire e scendere attraverso i Chakra è portato avanti fintanto
che è agevole e favorisce l’aumento di un particolare stato di assorbimento
nella rivelazione di pace, gioia e vibrazione di suoni interiori. Questa è la
più bella parte della routine. Dopo alcuni minuti, la parte superiore della
testa comincia ad essere sempre più illuminata e il kriyaban continua a
concentrarsi per molto tempo su di essa senza provare alcuna fatica. Lahiri
Mahasaya chiamò questo stato semplicemente Paravastha - "stato dopo il
Kriya". Questo termine si collega col concetto di Tranquillità, "Sthir
Tattwa" - Prana calmo, statico che è sperimentato negli ultimi minuti di
una seduta di Kriya. [Siccome esso può assumere un significato più vasto,
più avanti aggiungeremo delle riflessioni.]
È saggio rimanere in questa dimensione il più a lungo possibile: l'ideale è
da dieci a venti minuti.
Yoni Mudra
La notte, prima di distendersi a dormire, l’intero sistema psicofisico è
calmato con alcuni profondi respiri; poi una profonda inspirazione solleva
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l’energia nel Kutastha. Le "aperture" della testa sono chiuse - gli orecchi
dai pollici, le palpebre dagli indici, le narici dai medi, le labbra con
l’anulare e il mignolo - in modo che tutta l'energia sia costretta ad entrare
più profondamente nel Kutastha. [Gli indici non devono nel modo più
assoluto premere sugli occhi: questo è dannoso e in ogni caso di
nessun’utilità!] Trattenendo il respiro, finché è possibile, e cantando
diverse volte Om, mentalmente, si osserva la luce nel Kutastha. Il respiro è
trattenuto finché appare la necessità di espirare. La pratica è completata
scendendo con la consapevolezza lungo la spina dorsale.
[Yoni Mudra si esegue solo una volta ma non è proibito di ripeterlo ancora
due volte.] È possibile che avvengano delle esperienze preziose non
appena si attraversa il primo livello del sonno.
NOTE
Il Pranayama corretto si realizza nel dovuto corso del tempo ed è
quasi impossibile che un insegnante sia capace di comunicare tutti i suoi
dettagli in una lezione. Di solito un insegnante preferisce fornire solamente
i concetti essenziali e questo può essere fatto in modi diversi: da cui la
ragione delle molte apparenti varianti tra una scuola ed un’altra.
Può accadere che, nella mente del discepolo, le poche parole sul
Pranayama, pronunciate dal suo insegnante, continuino a risuonargli in
testa per anni - spesso le stesse, e con la stessa inflessione di voce che
questo insegnante un tempo ricevette da quello che fu il suo insegnante.
Qualche volta queste parole producono un effetto tangibile solamente dopo
anni. Altre volte, sfortunatamente, sembrano quasi impossibili da essere
realizzate e lo studente può sentirsi perpetuamente insoddisfatto. La
volontà di rispettare quelle parole, lo spinge a far sì che la sua pratica del
Pranayama rimanga forzatamente, respiro dopo respiro, esattamente la
stessa: in tale modo ogni risultato, ogni possibile evoluzione è bloccata. Il
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discepolo sta sperimentando solamente un vago sentimento di
soddisfazione, causato dalla sua fedeltà all’auto imposta disciplina e pone
tutte le sue speranze su un’ipotetica evoluzione ancora lontana.
Durante il periodo della mia prima scuola di Kriya, ricordo come degli
amici che stavano praticando con regolarità, assumevano un'espressione
rassegnata e scoraggiata quando mi rivelavano le ragioni delle loro
difficoltà: non sentirono nulla durante il Pranayama e continuavano a
praticare solo per quel principio che chiamavano "lealtà".
Per loro "non sentire nulla" voleva affermare che non sentivano le correnti
freddo-calde nella spina dorsale, come gli era stato insegnato di sentire. In
tale modo confondevano un dettaglio minore con tutto il resto, con
l'essenza del Pranayama che è tutt’altro. Dopo anni erano bloccati nella
stessa situazione, lamentando il loro.. peccato originale: ancora non
sentivano niente - ma continuavano a praticare sempre nello stesso modo!
Erano incapaci di superare tale situazione a causa della mancanza di
autoanalisi e di flessibilità mentale! Come spiegare loro che il Pranayama
è ben altro che correnti freddo-calde?
1….A coloro che, non avendo praticato alcuna tecnica Yoga, manifestano
la volontà di iniziare questo sentiero, consiglio di familiarizzarsi prima con
il Nadi Sodhana e l’Ujjayi Pranayama.
Ad alcuni studenti insegno ad usare l’Aswini Mudra [contrarre
ripetutamente i muscoli alla base della spina dorsale col ritmo di
approssimativamente due contrazioni il secondo]. Questa tecnica non fa
parte dei Kriya originali ma alcuni insegnanti la consigliano
specificatamente a coloro che non sono capaci di praticare il Kechari
Mudra. Apprenderla all’inizio del loro cammino è, perciò, d’aiuto; può
dare al futuro kriyaban la facoltà di decidere se introdurla, eventualmente,
nel proprio Kriya Pranayama.
[Penso che chiunque possa praticare Aswini Mudra durante i primi 12-24
respiri del Pranayama, sia durante l'inspirazione sia durante l’espirazione,
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poi i movimenti fisici diminuiscono d’intensità e l’intera procedura è
interiorizzata. Grazie ad esso, la consapevolezza è attratta all’interno della
spina dorsale, in un modo più intenso di qualsiasi altro espediente tecnico.]
4….È molto importante sperimentare quanto sia bello praticare una breve
seduta costituita solo dalle tecniche Talabya Kriya e Om Japa! Alcune
organizzazioni, nel loro sforzo didattico di portare il Kriya a coloro che
possiedono il desiderio genuino di apprenderlo ma non hanno alcuna
esperienza di meditazione, hanno individuato delle tecniche che fungono
da preparazione.
Bene, nel Kriya di Lahiri Mahasaya le tecniche preliminari sono proprio
quelle citate. Chiunque si meraviglierà nell’osservare come il Talabya
Kriya riesce in pochi attimi a calmare la mente. Non richiede
concentrazione su alcunché, ma solo una pura azione fisica. Poi, cantare il
Mantra nei Chakra, fin quando l’addome, il petto e la spina dorsale
vibrano realmente, conduce verso uno stato che è una vera e propria
"benedizione".
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kriyaban, mi sbilancio nell’affermare che è un miracolo trovarne uno che
pratica le sue tre ripetizioni canoniche.
È perfettamente inutile chiarire che c'è un rapporto tra il numero delle sue
ripetizioni ed il numero di respiri - si raccomanda, infatti, che per ogni 12
Pranayama, sia eseguito un Maha Mudra.
Tre ripetizioni bastano e avanzano - come si suole dire - ma che ci siano!
Il Maha Mudra è una delle tecniche base del Kriya Yoga e la sua
importanza diviene chiara se si pensa che esso contiene i tre Bandha.
Applicati simultaneamente, quando il corpo è piegato in avanti, i tre
Bandha forzano l’apertura alla base della spina dorsale. Nello Yoga
nessuna pratica di Pranayama è stimata completa senza i Bandha.
Si dovrebbe percepire anche la piacevole sensazione che viene col flettere
la spina dorsale in avanti, a sinistra e a destra. È chiaro che, privandosi
permanentemente del Maha Mudra e vivendo una vita sedentaria, la spina
dorsale diviene meno elastica. Col passare degli anni le condizioni
peggiorano e diviene quasi impossibile mantenere per più di alcuni minuti
la posizione corretta di meditazione – ecco perché il Maha Mudra è così
importante per un kriyaban.
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Un principiante può limitarsi anche a sollevare la consapevolezza soltanto
fino al Midollo allungato, poi fare una pausa e scendere.
L’azione di sollevare la consapevolezza fino al Bindu, è più profonda nelle
sue implicazioni; essa rappresenta il percorso energetico definitivo, quello
con cui diverremo familiari nelle tecniche più elevate.
8….Per quel che riguarda se sia corretto cantare Om nei Chakra durante il
Pranayama, si capisca che cantare Om oppure il Mantra di 12 sillabe [Om
Namo Bhagavate Vasudevaya, una sillaba per Chakra] è lo stesso principio
ed è detto Omkar Pranayama [vedi capitolo successivo]. Il kriyaban gode
della ricchezza di entrambe le tecniche - Pranayama e Omkar Pranayama
- non si limita ad una soltanto.
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Durante le respirazioni iniziali, tutta la nostra attenzione dovrebbe essere
volta a muovere l'energia attorno ai Chakra - in quel momento
inconsciamente sappiamo che essi esistono ma non ci diamo specifica
attenzione e non cantiamo mentalmente Om in essi.
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CAPITOLO VIII MIGLIORARE IL PRIMO KRIYA
Descriviamo come, dopo alcuni mesi di pratica, le varie tecniche del Primo
Kriya sono approfondite.
Il Talabya Kriya e il canto di Om nei Chakra rimangono immutati.
Maha Mudra
I….Piegamenti in avanti
[Questo esercizio, oltre al esserne una ottima preparazione, è in se stesso una versione
più mite del Maha Mudra standard. Quando le due tecniche sono praticare in
successione, si creano le condizioni ideali per la migliore esecuzione della tecnica del
Pranayama. Praticare entrambe le tecniche, o solo il Maha Mudra, è una scelta
personale.]
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questo Kriya, tramite una lunga espirazione, si porta l'energia in giù. È
bene ripetere quest’esercizio almeno tre volte.
Kriya Pranayama
Consideriamo le istruzioni relative al Pranayama date nel capitolo
precedente. La sottile procedura del Pranayama viene approfondita nel
corso di tempo. Alcune esperienze avvengono spontaneamente [come il
suono simile ad un flauto durante la espirazione che si manifesta non
appena il Kechari Mudra è integrato con la pratica del Pranayama] e la
consapevolezza del kriyaban prende semplicemente nota di tali esperienze
senza sforzo alcuno. Altre esperienze [come il risveglio della corrente
Samana corrente ed il sollevarsi di tutta l'energia e la consapevolezza in
cima alla testa] avvengono solamente quando altri dettagli tecnici sono
introdotti; questo può avvenire solamente quando il tempo è maturo.
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Come in tutte le cose, solo il buon senso e l’intuizione guidano il
kriyaban nel processo di aggiungere nuove tecniche. Nei seguenti
paragrafi, presento nuove istruzioni per approfondire il meccanismo del
Pranayama. Comunque, se nell’atto di aggiungere questi nuovi dettagli, si
sperimentano delle difficoltà, dolore o sensazioni sgradevoli che persistono
per diversi giorni allora è assolutamente il caso di ritornare alle istruzioni
precedenti. Ciò significa semplicemente che il kriyaban non è ancora
pronto a procedere al livello successivo di pratica o che non sta seguendo
correttamente le istruzioni! I buoni effetti di pace, gioia interiore e la
manifestazione dei suoni interni [rivelazione della realtà Omkar] dovrebbe
continuare ad aumentare sempre!
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II…Risveglio della corrente Samana
Approfondiamo ulteriormente il Pranayama. Durante l'inspirazione
proviamo a sentire non solo l'energia che sale dietro la spina dorsale ma
anche quella che entra con l'aria attraverso il naso, scende nei polmoni,
attraversa il diaframma ed entra nell'addome. Durante l'espirazione, oltre
alla discesa dell'energia alla quale ci siamo abituati, proviamo a sentire una
calda corrente che sale dall’addome.
Tanto più aumenta tale consapevolezza, tanto più calore è prodotto
nell'ombelico.
Si spiega che, in tal caso, Prana ed Apana si uniscono nell'ombelico
attivando la corrente Samana e che il calore prodotto è come una "freccia"
che, partendo dal centro dell’"arco del corpo", può finalmente raggiungere
l’"obiettivo" del Kutastha e rivelare la luce spirituale. Tale profondità è
impensabile per colui che incomincia.
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Dopo questi respiri iniziali frammentati, si riprende il modo normale di
respirare senza dividerlo più in parti. L'Omkar Pranayama prosegue in un
modo più sottile. Ora il respiro [è continuo e scorre lievemente mentre il
canto mentale delle sillabe del Mantra in ciascun Chakra prosegue con
estrema cura] produce solo un leggero, debole suono oppure non produce
alcun suono.
La contrazione alla base della spina dorsale è interiorizzata e sostituita
gradatemente da una pressione mentale. Durante la rotazione della
consapevolezza nel cervello la testa tende a restare ferma. Quello che è
importante da sottolineare, è che durante l’inspirazione e la espirazione il
flusso di energia tocca profondamente ciascun Chakra [lo avvolge e quasi
sembra "accarezzarlo"]! Quello che, durante le prime istruzioni del
Pranayama, era prematuro da sperarsi, quasi impossibile che avvenisse,
ora avviene naturalmente, facilmente. La consapevolezza e l’energia
prendono a fluire all’interno del sottile canale del Sushumna. Non è
questione di corretta visualizzazione: viene percepito chiaramente!
Inoltre, durante la pausa nella testa, la rotazione antioraria della
consapevolezza sembra essere risucchiata all’interno, circondando e
stimolando il Midollo allungato. Quando, all’inizio della espirazione, Tee è
ivi cantato, una forte pressione è percepita intorno al Midollo allungato;
successivamente essa si estende a ciascun Chakra e, un po’ dopo, a tutto il
corpo.
La coscienza del kriyaban è assorbita nel potente suono interiore di Om.
Nei primi giorni di pratica può non essere percepito; è necessario essere
pazienti perché lo sforzo di ciascun giorno si aggiunge a quello dei giorni
precedenti finché l’esperienza avviene.
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mentalmente in ciascuno la sillaba relativa [Om Om Om Om … nel primo,
Na Na Na Na … nel secondo ….ecc.] Il ritmo è di una o due sillabe il
secondo.
Se – fatto che può effettivamente verificarsi – percepisce facilmente le
pulsazioni del cuore, egli può sincronizzare la ripetizione mentale delle
sillabe con tali pulsazioni.
Poiché l’intera procedura è molto sottile, talvolta è meglio attenersi
semplicemente alle istruzioni relative al Pranayama mentale date nel
precedente capitolo. Si può osservare che, siccome il kriyaban ha toccato
la dimensione dell’Omkar Pranayama, i Chakra non sono ora visualizzati
con le loro due componenti, ma solo come tenui luci nella spina dorsale.
In ogni modo, come si fa a sapere se la pratica è corretta? Quando la
consapevolezza non sente alcun senso di fatica e una sua parte è sempre
volta all’ascolto dei suoni interiori – che appaiono ed aumentano – allora la
pratica è sicuramente corretta. Questa procedura è ripetuta per ciascun
Chakra, salendo e scendendo. Di solito un ciclo è quanto basta, ma
aggiungere un’altra fase di salita può essere utile. Il ciclo intero può essere
ripetuto uno o due volte. Di solito lo stato Paravastha [essere sommersi
dalla pace e dalla gioia sperimentate, in un grado intenso, nella parte
superiore della testa] prende il sopravvento e uno non desidera applicare
alcun’altra procedura.
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ROUTINE VERTICALI
La routine orizzontale - la cui durata è costante nel tempo come lo è la
lunghezza dei pioli di una siepe - è l’unico schema di pratica raccomandato
da molte organizzazioni e da un limitato numero di insegnanti di Kriya.
Essa consiste nel praticare ogni giorno lo stesso insieme di tecniche, nello
stesso ordine e con lo stesso numero di ripetizioni.
Una routine verticale è un tratto peculiare del Kriya di Lahiri Mahasaya.
Essa consiste, una volta la settimana, nel mettere da parte la routine
consueta e utilizzare al suo posto una sola tecnica, il cui numero di
ripetizioni è gradualmente aumentato - come la lunghezza delle canne di
un organo. Questa routine verticale è applicata a ciascun Kriya, uno dopo
l’altro, finchè anche l’ultimo Kriya superiore è utilizzato. Detto in altri
termini, uno sceglie una particolare tecnica Kriya e ci aggiunge un certo
numero di ripetizioni fintanto che, continuando a incrementare
gradualmente sempre della stessa quantità, alcuni mesi dopo, raggiunge un
ben preciso numero di ripetizioni.
In capo ad alcuni mesi, quando un certo numero predeterminato di
ripetizioni è completato, lo stesso processo è rifatto con un’altra tecnica,
poi un’altra ancora… fine a che l’ultimo Kriya superiore è stato utilizzato.
A questo punto il processo sarà rifatto con un'altra tecnica e così via finchè
anche l’ultima tecnica sarà così concquistata da questa specie di "scalata".
Ora cerchiamo di capire perché una routine verticale è così importante.
È stato osservato che l'essere umano non può sopportare per sempre la
ripetizione della stessa identica routine: nessuno può sfuggire a questa
"legge". Avviene che il proprio sistema psicofisico, abituato alla pratica,
non reagisce più e la routine diventa o del tutto inefficace o non quanto lo
era all’inizio. Questo stesso principio vale per gli atleti che desiderano
raggiungere dei traguardi degni di nota; essi alternano allenamento e riposo
secondo schemi ben precisi onde spingere al massimo, otre i livelli
consueti, il loro grado di resistenza fisica e mentale. In tal modo, col
tempo, il loro corpo si adatta a fornire prestazioni altrimenti
irraggiungibili; ne nasce un impareggiabile senso di soddifazione.
Praticando la stessa routine ogni giorno, un kriyaban può incontrare
l’annichilimento dell’aspirazione e dell’entusiasmo iniziali. Un esperto
scrisse che sperare di ottenere una profonda trasformazione con tale prassi
è lo stesso che sperare sia sufficiente colpire un pezzo di metallo una volta
il giorno con un martello per far sì che questo emetta, dopo anni, l'energia
125
atomica in esso contenuta. Al contrario, introducendo i processi verticali,
un kriyaban incontrerà una salda trasformazione interiore, sia nella sua
psiche sia nell’abilità di raggiungere vari stati d’estasi. Le tecniche Kriya
implicate in quel piano saranno padroneggiate, raggiungendo così un
obiettovo che non si poteva ottenere con le sole routine orizzontali.
Navi Kriya [*] e Pranayama / Omkar Pranayama [**] sono le migliori
tecniche con cui intraprendere un processo verticale: l’importanza di essi
va oltre le parole!
126
Nota. Si può adottare la seguente variante del Navi Kriya. Dopo aver
cantato Om dal Muladhar fino al Kutastha, il mento è abbassato.
S’incomincia un’espirazione molto lunga, sentendo l’energia che scende
dalla regione del Kutastha verso l’ombelico e, attraversandolo, si muove
verso l’interno della regione addominale, sede della corrente Samana.
Durante quest’espirazione, Om è cantato mentalmente circa 10 - 15 volte,
accompagnando, come tante "piccole spinte", tutto il percorso di discesa
dell’energia. Segue una breve inspirazione [due secondi al massimo] tanto
per risollevare in testa l’energia, senza concentrarsi su alcun Chakra.
La testa ritorna nella sua posizione normale, poi si piega sulla spalla
sinistra – senza girare la faccia – e la procedura è ripetuta: un’altra lunga
espirazione e il canto di Om accompagnano il movimento dell’energia che
discende dalla parte sinistra della testa, lungo la parte sinistra del corpo,
attraversa il lato sinistro della cintura e si muove verso l’interno della
regione addominale. Similmente la stessa procedura è ripetuta con la testa
indietro, poi a destra, poi di nuovo avanti, poi a sinistra, ecc. Trentasei
discese costituiscono la seduta base di questa forma di Navi Kriya.
Ciascuna seduta si conclude col canto di Om dal Kutastha al Muladhar.
[Una simile seduta dura da 8 a 10 minuti.]
Il processo verticale avviene aumentando di multipli di 36 il numero di
discese: 72, 108… finché 36x20=720 discese sono completate. Man mano
che il processo diventa sempre più intimo, i movimenti della testa sono
solo lievemente accennati.
NOTE
Abbiamo visto che alle tecniche apprese precedentemente sono stati
aggiunti alcuni dettagli e che l’intera faccenda sembra ora più complicata.
Il motivo è che in un libro è necessario essere il più precisi possibile.
Un lettore ha tutto il tempo per pensare: i suoi dubbi devono essere
prevenuti il più possibile. Alcuni studenti possono uscir fuori con
domande intelligenti che possono trovarci impreparati. Talvolta si può
essere indotti a pensare che essi facciano apposta a complicare le cose ma
non è così. Qualche volta c’indicano dei buchi nelle spiegazioni o delle
contraddizioni. Tenendo ciò in mente, sento come mio dovere quello di
chiarire più cose possibili, anche con il rischio di rendere le spiegazioni
sovrabbondanti. Nella vita reale, allo studente si chiede di praticare, di
risvegliare la sua attitudine autodidattica e di comprendere per conto
proprio le sottigliezze del processo.
Mi sia concesso di spendere due parole su questi nuovi dettagli, poi
passerò a commentare l’argomento che più mi sta a cuore: i processi
verticali.
128
Nel presente capitolo, prima della pratica del Pranayama, ho aggiunto dei
consigli su come centrare l’attenzione sul sesto Chakra nella regione
centrale della testa. Ajna Chakra è come una grotta dove il kriyaban trova
rifugio. In altre parole, mentre segue il movimento di energia attorno ai
Chakra, la consapevolezza si raccoglie spontaneamente proprio in tale
punto. Quando questa condizione è stabile, portata avanti senza sforzo, il
Pranayama riesce perfettamente.
Anche l’apparentemente complesso Samana Pranayama, riesce senza
problemi. Dall’interno di questa grotta ideale, il kriyaban visualizza
simultaneamente l’energia che sale in alto dietro la spina dorsale e anche
l’aria che discende nel basso addome. Durante l’espirazione osserva
l’energia che scende verso il basso, diventa consapevole del movimento
dell'ombelico verso l'interno, percepisce i muscoli diaframmatici e diventa
anche consapevole dell’aria che esce dai polmoni. Tutto questo crea
un’intensa sensazione di calore nella zona dell’ombelico. Un breve stato
estatico ne consegue.
In seguito, durante il Shambhavi Pranayama, il kriyaban avrà
l’impressione che quella stessa grotta in cui la sua coscienza è raccolta sia
sollevata nella Fontanella - o galleggi nel cielo sopra il corpo - e da lì lui
guarda giù il corpo in cui avviene il Pranayama.
129
Lahiri Mahasaya, è sicuro che alcuni Suoi importanti discepoli li
insegnarono.
3…Dal punto di vista didattico, quando sono sicuro che la persona lavora
effettivamente con i processi verticali, prendo in considerazione
l’argomento del Kechari Mudra.
Dopo alcuni mesi di Talabya Kriya, quando la punta della lingua, rivolta
leggermente indietro, tocca l'ugola, insegno a spingere in dentro la base
della lingua, premendo con le dita. Un giorno, rimovendo le dita, la punta
della lingua rimarrà come "intrappolata": infatti, il palato molle agirà come
un nastro elastico e, sostenendola, eviterà il suo scivolare in giù.
Questo è un momento decisivo in quanto che, mantenendo la lingua in
questa posizione, alcuni respiri Pranayama possono essere eseguiti.
Ripetendo il tentativo nei giorni che seguono, il Kechari Mudra si
perfezionerà. Dopo una decina di giorni, sarà possibile entrare con la
lingua completamente nel cavo della faringe nasale e rimanervi. Il senso
d’irritazione e l’aumento eccessivo della salivazione saranno superati; da
allora la pratica del Pranayama col Kechari Mudra sarà facile e
confortevole. La lingua toccherà il tetto del palato dentro la faringe nasale
e resterà in posizione verticale.
Alcuni insegnanti consigliano di ruotare la punta della lingua quando
questa tocca l’asperità che si sente nella parte superiore del palato nella
faringe nasale e porre tutta la concentrazione su qualsiasi sapore che si
origina da questa azione.
Quasi tutta la letteratura sul Kriya descrive quanto sia importante percepire
un gusto dolce: il cosiddetto "nettare". Quando avviene - non indotto
dall’autosuggestione – esso regale un grande senso di gioira interiore.
Sin dalla nascita, la nostra energia ha continuato a fluire verso l’esterno
rendendoci incapaci di prendere contatto con la nostra riserva interiore
d’energia. Il principale scopo del Kechari Mudra è di riacquisire tale
abilità; percepire il nettare è il segno che il contatto è ristabilito.
Qualche volta non ci rendiamo conto di quanta energia sprechiamo quando
immaginiamo di parlare ad una persona o comunque esprimere in pubblico
il nostro pensiero. Questo "colloquio interiore" è una maniera perniciosa di
consumare la nostra vitalità.
130
Il Kechari Mudra può mutare quest’atteggiamento nel suo opposto: lo stato
in cui solamente le reali esperienze ed attività quotidiane sono prese in
considerazione e metabolizzate per mezzo dello specchio dell’intuizione.
Per quel che riguarda la mia esperienza, i primi giorni in cui appresi a
inserire la lingua nella faringe nasale, provai un senso di irritazione nella
faringe e un aumento del processo di salivazione con la necessità di
ingoiare molto frequentemente.
Il vero problema fu un senso di "intontimento": le facoltà mentali erano
come opache ma, dopo due settimane, tutto ritornò alla normalità.
Quando il Kechari Mudra, nella sua forma corretta [con la lingua che tocca
il tetto del palato] fu praticato per molte ore, una felicità inusuale fu
percepita durante il giorno successivo alla pratica, anche senza praticare
alcuna tecnica Kriya. Quanto, ispirato dalle parole di Lahiri Mahasaya
secondo le quali la lingua avrebbe potuto essere spinta più in alto e la sua
punta toccare un centro più elevato nella parte superiore della faringe
nasale, estesi la lingua al massimo limite: sperimentai una grande forza di
attrazione verso il Kutastha unita alla sensazione di aver raggiunto, con la
punta della lingua, una posizione che si trova più in alto della precedente.
Come qualsiasi atlante d’anatomia può mostrare, la lingua, completamente
contenuta nella faringe nasale, non può raggiungere alcuna parte superiore
di essa: l’affermazione di Lahiri Mahasaya deve essere presa in senso
simbolico e dovrebbe essere applicata al fatto di sollevare il livello
energetico.
132
A chi mi chiede perché cominciare col Navi Kriya, rispondo che la
ragione principale di questa scelta è che il verticale del Pranayama è molto
sottile e quello del Navi Kriya lo prepara nel migliore dei modi. È possibile
intraprendere le prime sedute del verticale del Pranayama non appena è
stato completato metà del lavoro del verticale del Navi Kriya.
Negli altri giorni colui che pratica si può attenere alla routine del Primo
Kriya, mettendo da parte ogni evocazione del concetto di disciplina. Deve
poter anche gioire di giorni in cui non fa proprio nulla.
Sta alla sua intelligenza rendere il più piacevole possibile la giornata
dedicata alla pratica. È bene alzarsi presto e praticare metà
dell’ammontare, concedersi un riposo; al pranzo può seguire una breve
camminata all’aria aperta. Nel pomeriggio l’ultima parte della pratica potrà
essere completata. Di sera, nel caso si possa concedere una tranquilla
passeggiata, una calma potente riempirà la sfera dei suoi pensieri. Allora
verrà la benedizione di un silenzio carico di beatitudine.
A tutti consiglio la variante del Navi Kriya in cui l'energia è guidata
attraverso quattro diverse direzioni dalla testa alla regione della cintura.
L’obiettivo di entrare nella dimora della pace e della tranquillità,
localizzata nel mezzo della regione addominale, è sentito come una meta a
portata di mano, in nessun senso astratta: questo imbriglia l'attenzione in
una maniera impossibile con le altre varianti.
La rotazione dell’energia nella circonferenza della testa ha un forte effetto;
un kriyaban ha una necessità vitale di distribuire la sua energia in parti
uguali in ciascuna parte del suo cervello.
È curioso vedere come alcuni studenti di Kriya, coloro che vogliono
risvegliare il Chakra Sahasrara e si preoccupano di scoprire quale sia il
miglior Mantra da pensarsi nella parte superiore della testa, siano incapaci
di comprendere quale grande utilità, a tal fine, abbia il meccanismo di
quest’ultima tecnica!
C’è anche un’altra cosa da dire: dopo molte ripetizioni di questa forma di
Navi Kriya, prima della lunga espirazione avviene qualcosa di nuovo. Una
piccola resistenza si manifesta come se i polmoni fossero bloccati. Tale
resistenza sembra essere vinta da un qualche cosa che comincia a
penetrare, in un modo veramente dolce, nel corpo.
Questo è l'inizio del Pranayama col respiro interno – argomento di grande
importanza che sarà sviluppato dettagliatamente nel capitolo XII.
133
L'effetto psicologico, tipico di questa pratica, è quello d’unificazione. È
come se tutte le sfaccettature diverse della propria personalità si unissero e
consolidassero in qualcosa di nuovo e nello stesso tempo molto antico.
Alla fine di questo processo, si avrà l’impressione che epoche siano
passate!
135
TABELLA RIASSUNTIVA
Routine dopo
Durata di una Quantità per Verticals - if prescribed - to be
Tecnica settimane o
unità cominciare done once in a lifetime
mesi
Talabya Kriya 1.5 -2 sec 10 50 ---------------
Om Japa 30 sec 6 to 12 6 to 12 ---------------
Pranayama
mentale e
Un tempo
Omkar
2 - 4 minuti Diversi giri totale di 10- ---------------
Pranayama
20 minuti
col respiro
calmo
1 “giro”
Yoni Mudra 1 “giro” 1 “giro” Il canto di Om è incrementato di
uno al giorno fino a 200 [G]
[S] = il lavoro è fatto una volta la settimana: durante gli altri giorni si possono praticare delle
dosi minime della stessa tecnica.
136
CAPITOLO IX KRIYA SUPERIORI
I…. La pratica dei Kriya superiori avviene sempre dopo il Navi Kriya,
all’interno di una routine come quelle descritte nei capitoli precedenti.
L’unica eccezione a questa regola è quando il kriyaban è un esperto e
riesce a creare in pochi istanti una buona condizione d’interiorizzazione,
senza servirsi di alcuna tecnica introduttiva. In tal caso - il suo respiro
rimane calmo, egli percepisce i suoni interiori e il senso di beatitudine
continua ad aumentare – può evitare il Pranayama e il Navi Kriya.
Dopo aver completato la pratica dei Kriya superiori, al fine di entrare in
uno stato di perfetta quiete, fisica e mentale, il kriyaban può fare tre respiri
profondi, ciascuno che finisce con un’espirazione rapida e completa come
un sospiro. Poi sale e scende con la sua consapevolezza nei Chakra - come
già descritto nella procedura del Pranayama Mentale.
140
percezione dell’energia nel quarto Chakra è creata dal puro potere della
concentrazione.
Variante
Tutto è identico, inspirazione, movimenti della testa, dosi, tranne il
dettaglio seguente: quando la testa si avvicina alla spalla sinistra Te è
pensato nel Chakra del cuore; quando la testa si avvicina alla spalla destra
Va è pensato nel Chakra del cuore.
[Su è fatto vibrare nel Chakra del cuore e le rimanenti sillabe sono "poste"
nei primi tre Chakra.]
Mentre nella forma precedente di Thokar un flusso di energia e di luce
interiore si muoveva dal Midollo allungato al Chakra del cuore,
attraversando il Chakra cervicale, una particolare percezione interna può
accompagnare l’atto di porre mentalmente le tre sillabe Te Va Su nel
Chakra del cuore.
Se questo Chakra è visualizzato come un disco orizzontale delle
dimensioni di una moneta - dal diametro di circa tre centimetri - un flusso
d’energia, la sensazione di qualcosa che si muove, può essere proiettato dai
movimenti fisici della testa sulla superficie di questo disco.
Per essere precisi, quando la testa si muove verso sinistra, si sente un
flusso energetico interiore che si muove verso sinistra; quando la testa si
muove verso destra si percepisce un movimento verso destra; quando la
testa ritorna verso la spalla sinistra questo movimento interiore si muove a
sinistra e quando il mento si abbassa, questo movimento interiore disegna
l'ultima parte di un’ideale "S" disegnata dal basso verso l’alto.
Naturalmente va rilevato che la tecnica è efficace anche senza questa
percezione.
141
Ci troviamo nello stesso ambiente dell’Omkar Pranayama. Anche qui
le sillabe del Mantra "Om Namo Bhagabate Vasudevaya" toccano, in salita
e in discesa, ciascun Chakra.
Trattenendo il respiro - al termine dell’inspirazione - quando l’energia è
nella testa, il kriyaban ripete l’intero insieme dei movimenti della testa
ponendo diverse volte le sillabe Te Va Su dove abbiamo già chiarito che
sono poste. [Viene scelta una delle due precedenti varianti: o nel Midollo
allungato, Chakra cervicale e Chakra del cuore o soltanto nel Chakra del
cuore.]
La tecnica si conclude esattamente come la precedente, ponendo le sillabe
De, Va e Ya nei rispettivi Chakra.
Questa tecnica si pratica una sola volta, all’interno di un solo respiro. Di
solito nei primi giorni in cui si sta familiarizzando con la tecnica, il
kriyaban è guidato a ripetere, l’intero insieme di movimenti per 12 volte e
ciò può durare circa 70-80 sec, inspirazione ed espirazione incluse.
OSSERVAZIONI
Lahiri Mahasaya, nei suoi diari, spiegò che quando il plesso cardiaco
è colpito fortemente - col Thokar - il Prana legato al respiro «è diretto
verso l’interno, uno stato spontaneo di profondo assorbimento avviene e
c’è la stabilità nello stato quieto del Kriya per un periodo prolungato».
Questa è la condizione ideale per ascoltare i suoni astrali interiori,
specialmente quello che ricorda i lontani rintocchi di una campana lontana.
Lahiri Mahasaya lo descrisse come quello «prodotto da molte persone che
continuano a colpire il disco di una campana», un suono continuo «come
l’olio che fluisce fuori da una bottiglia».
Le procedura indicata sopra come "Thokar con la ripetizioni dei
movimenti" non dovrebbe mai rimpiazzare in modo definitivo la forma
base. L’azione ripetuta - respiro dopo respiro - esercitata sui Chakra
inferiori, dalle sillabe De, Va e Ya - pensate intensamente, senza fretta –
stimolerà l’attività dei primi tre Chakra. Una irradiazione di energia verrà
percepita particolarmente nel primo Chakra; il kriyaban noterà come la
pratica del Pranayama migliorerà sostanzialmente.
I giorni in cui un kriyaban utilizza qualsivoglia procedura Thokar sono
immersi in un sentimento d’amore bruciante; egli percepisce nel cuore una
presenza veramente confortante. Si muove attorno come se portasse nel
cuore un braciere. Lahiri Mahasaya scrisse che il Thokar crea un «forte
stimolo nella regione del cuore, volta a rimuovere l’ostruzione che lì si
trova, aprendo le porte del tempio interiore». Scrisse che un kriyaban ne
verrà toccato nel profondo e imparerà a vedere quello che altri non possono
o non vogliono vedere. Il nodo del cuore è la causa principale della
tendenza umana di essere influenzati da altre persone, da chiese e da
organizzazioni in generale. Osservando quante illusioni vengono diffuse
dalle religioni e dalla varie sette, cresce la sua partecipazione al dolore
altrui. Prova dolore per quelle persone che, nella profondità della tragedia,
continuano ad implorare il loro Dio non con uno spirito autenticamente
religioso ma quasi costretti ad assumere un atteggiamento supplice dalla
143
paura di calamità ancora peggiori. Qualche volta il sentimento di questa
condizione umana devastante riempie il suo cuore di un pianto che è come
una dolorosa morsa che sembra lacerare il suo petto.
Tagliare il nodo del cuore significa provare un dolore "pieno di
beatitudine". È di una tale intensità d’amore!
Il centro della propria personalità non risiede più nella mente, nel cervello,
ma nel cuore; un modo diverso di guardare alla vita nasce.
La tecnica del Thokar contrassegna uno dei più bei momenti della vita
di un kriyaban. Questi ha la sensazione che la dimensione paradisiaca
dell’aldilà sia divenuta una sola cosa con la sua vita reale. È come se,
continuando a vivere, egli già percepisse quella dolcezza, con la certezza di
appartenervi definitivamente. Inebriato da questa nuova condizione,
paragonandola con quella dei mistici, si chiede come e se riuscirà a portare
avanti il suo ruolo nella vita quotidiana senza essere paralizzato da tale
beatitudine!
146
La sua azione non ha paragoni; ogni seduta equivale a scavare il letto per
un fiume d’ispirazione nei terreni aridi della propria acquisita indifferenza,
dove la nostra primitiva speranza possa fluire di nuovo.
La vita è dura; quando la fibra morale di un uomo è ferita, questa rinascita
non si ottiene con i normali mezzi d’auto-analisi. La guarigione non
avviene per mezzo dell’intelligenza, né di qualsivoglia comprensione
teorica, ma attraverso un’infinita bruciante ebbrezza che è il peculiare
risultato del Thokar. L’impatto di un Thokar fatto con passione riesce ad
alienare uno da se stesso, isolarlo dalla sua vita e svelargli una superiore
via onde incominciare una nuova vita.
147
Forma evoluta di Thokar
I movimenti sono un po’ diversi dal Thokar visto sopra, solo la parte
finale che porta il colpo nel cuore rimane identico.
La tecnica inizia con il mento abbassato sul petto. S’inspira lentamente
sollevando la consapevolezza lungo la colonna spinale, toccando i relativi
centri con le sillabe [la sillaba Om è posta mentalmente nel primo Chakra,
Na nel secondo, Mo nel terzo, Bha nel quarto, Ga nel quinto e Ba in
Bindu]; nello stesso tempo il mento è sollevato simultaneamente come a
seguire il movimento interiore. Durante l’inspirazione, i muscoli alla base
della colonna spinale sono contratti e le mani con le dita intrecciate sono
poste sull'area dell'ombelico come per spingere la regione addominale
verso l'alto, creando così una pressione mentale sui primi tre Chakra.
L'energia che sale tocca la parte interna della spina dorsale entrando
idealmente in ogni Chakra. Quando il mento è sollevato, parallelo al suolo,
l’inspirazione finisce e la percezione si trova in Bindu. Il respiro è
trattenuto, la contrazione dei muscoli è mantenuta.
La testa si muove verso sinistra - senza volgere la faccia - va un po’
indietro, poi compie due azioni in contemporanea: la prima è di ritornare
nella posizione centrale, la seconda di sollevare il mento.
Proprio in quell’istante avviene un’intensa percezione del Midollo
allungato – egli percepisce come se tale centro toccasse il Bindu e i due
divenissero una cosa sola. In quell’istante la sillaba Te è vibrata
mentalmente nel Midollo allungato, percependo che, da lì, raggiunge il
Kutastha e vi esplode.
La rivelazione del Kutastha può avvenire proprio in quell’istante.
Questo evento possiede sia un aspetto passivo [una pura percezione di un
qualche cosa che è indipendente dal nostro potere di volontà o da qualsiasi
capacità di visualizzazione] sia un aspetto attivo [il fatto di spingere la
lingua in alto e in avanti come una spinta per entrare nel Kutastha simile a
una Yoni].
Qui il lettore non ha bisogno di ulteriori parole per comprendere lo
straordinario valore della posizione della lingua nel Kechari Mudra!
Il kriyaban fa uno sforzo per raggiungere con la lingua una posizione più
in alto e più in avanti e proverà la sensazione di aver raggiunto e toccato il
Kutastha.
148
Prima del movimento della testa una parziale sensazione di luce è presente
nel centro di Bindu, essa discende a sinistra, curva ed entra nel Midollo
allungato: qui esplode nella grande luce dorata - bianca dell’occhio
spirituale.
Riprendiamo la descrizione della tecnica.
Dalla posizione col mento in su, la faccia si gira a destra, poi a sinistra e
durante questo movimento il quinto Chakra è percepito - la sillaba Va è
fatta vibrare mentalmente in esso. Quindi dalla posizione a sinistra il mento
va a toccare il centro del petto e la sillaba Su è fatta vibrare nel Chakra del
cuore.
[Possiamo osservare come la sensazione luminosa sembra fluire verso la
parte destra del petto - accompagnando il movimento fisico della testa. Poi
curva e va verso sinistra attraversando il quinto Chakra cervicale e quando
il mento colpisce il petto, si piega in basso ed entra nel cuore.
Questo flusso interno, collegante i tre Chakra superiori [Midollo allungato,
quinto e quarto] col Bindu è una approssimazione del movimento
Trivangamurari - movimento a tre curve - che incontreremo più
profondamente nelle tecniche descritte nel prossimo capitolo.]
Si rilassano i muscoli alla base della spina dorsale e si pongono, espirando,
le rimanenti sillabe De Va Ya nel 3°, 2° e 1° Chakra rispettivamente.
Per alcune settimane il kriyaban è guidato a ripetere questa tecnica dodici
volte. Poi è guidato ad aumentare gradatamente le ripetizioni fino a 36.
La presenza di problemi fisici [le vertebre cervicali sono molto sensibili!]
richiede movimenti più delicati. Il kriyaban è guidato a dare particolare
attenzione a questo dettaglio.
Nota.
Come nella precedente tecnica Thokar, l’intero insieme dei movimenti
della testa, trattenendo il respiro, può essere ripetuto.
Le considerazioni su questa procedura sono le stesse: essa può essere
praticata non trattenendo con sforzo il respiro ma portando l’energia in
alto, nella parte alta del torace. Quello che vogliamo aggiungere ora è che
quando una persona tenta di aumentare in questo modo il numero dei
movimenti della testa, si accorge che questa procedura evoluta del Thokar
è troppo elaborata / complessa a tal fine.
Possiamo supporre che da questo fatto nacque la forma semplice del
Thokar come altre forme ancora più semplici.
149
Thokar su tutti i Chakra
Questa tecnica è molto delicata per quel che riguarda il gestirne gli
effetti. I primi due movimenti della testa rimangono gli stessi ma il colpo
finale è ripetuto e diretto anche verso i Chakra inferiori.
Dopo aver posto – come descritto sopra - le sillabe Te, Va e Su nel Midollo
allungato, nel Chakra cervicale e in quello del cuore, l’ultimo tratto del
movimento della testa viene ripetuto e la concentrazione raggiunge il terzo
Chakra dove è posta la sillaba De. L’ultima parte del movimento è ripetuta
e la concentrazione raggiunge il secondo Chakra dove la sillaba Va è fatta
vibrare. L’ultimo tratto del movimento è ripetuto un’ultima volta e la
concentrazione raggiunge il Muladhar dove è posta la sillaba Ya.
A questo punto la testa rimane ferma e avviene una lenta espirazione con la
concentrazione totalmente posta sul Muladhar.
Per alcune settimane il kriyaban è guidato a ripetere questa tecnica dodici
volte. Poi è guidato ad aumentare gradatamente le ripetizioni fino a 36.
150
Dopo aver posto le sillabe Te Va Su nel Midollo allungato, nel Chakra
cervicale e in quello del cuore, l’intero insieme dei movimenti della testa è
ripetuto e con l’ultimo movimento la sillaba Su è posta nel terzo Chakra.
Poi i movimenti della testa sono ripetuti ….. e ora, il secondo Chakra è
raggiunto con la sillaba Su. Poi i movimenti della testa sono ripetuti e Su è
posto nel Muladhar.
Procedendo allo stesso modo, il tutto è ripetuto in ordine inverso: il
Muladhar è colpito di nuovo, poi il secondo, il terzo, il quarto Chakra.
Un kriyaban può fermare qui il processo del Thokar oppure incominciare
un’altra discesa e poi salita colpendo di nuovo il quarto, il terzo, il
secondo, il primo Chakra, di nuovo il primo, il secondo… Per chiudere la
pratica, i muscoli alla base della spina dorsale sono rilassati; espirando, le
rimanenti sillabe - De, Va, Ya - sono poste nel 3o, nel 2o e nel 1o Chakra
rispettivamente.
Questa tecnica si pratica una sola volta il giorno.
Il piano d’aumento progressivo, varia secondo gli effetti sperimentati dalla
persona, che sono molto forti.
Normalmente solo la guida di un esperto può guidare il kriyaban ad
aumentare senza problemi il numero dei movimenti della testa.]
153
Perciò - in alternativa alla summenzionata concentrazione – egli viene
indietro dal Kutastha movendosi in diagonale e raggiunge il Bindu, dove
Om Satyam sarà ripetuto da 36 a 200 volte.
A questo punto può entrare nello stato di Paravastha o rifare la procedura
al contrario "abbassando" gradatamente l’attenzione al Kutastha e al
Midollo allungato contemporaneamente, al Kutastha e al Chakra cervicale
contemporaneamente, al Kutastha e al Chakra del cuore
contemporaneamente ….. cantando mentalmente i corrispondenti Mantra
finché è in sintonia con Kutastha e Muladhar contemporaneamente. Qui
entra nello stato di Paravastha.
[Nota
Non tutte le scuole accettano il concetto di Bindu e di portare la concentrazione
nella regione occipitale.
Invece ho molte ragioni per considerarla corretta.
Molte scuole esoteriche - a volte in modo esplicito, a volte accennando alla
ghiandola pineale – insegnano a portare la concentrazione nel Bindu dopo che
essa si è stabilita nel Kutastha e affermano che questo è il modo per raggiungere
la dimensione del Sahasrara.
Possiamo avere un’esperienza diretta che mentre la prima esperienza di luce
avviene nel punto tra le sopracciglia [Kutastha], solo nella regione occipitale
essa si manifesta pienamente.
Se nell’azione di sollevare i Chakra nel Kutastha un piccolo "velo" rimane ad
impedire la contemplazione dell’Occhio Spirituale, con una prolungata
concentrazione nel Bindu questo ostacolo può scomparire all’improvviso.
Ho osservato che alcune scuole danno tanta importanza a questa concentrazione
che insegnano a raggiungere il Bindu gradatamente visualizzando tutti i sei
Chakra uno dopo l’altro, ciascuno in una posizione diversa, diagonalmente, dal
Kutastha al Bindu.
Per quanto concerne gli effetti psicologici della concentrazione nel Bindu, il
kriyaban sviluppa l’abilità di vedere la vita per quello che essa è e comprende la
ragione di molte sue decisioni errate.
Mentre i giorni passano, i trucchi sottili dell'ego divengono improvvisamente
visibili.
L’ego non è semplicemente una funzione che deve essere resa trasparente e poi
distrutta; ma piuttosto un qualcosa che ha creato una struttura mentale
complicata, fatta di modi errati di reagire a certi stimoli. Questa struttura può
essere distrutta tramite questo particolare sforzo.]
154
Entrare in sintonia con il Sahasrara
155
Thokar dove un'azione molto forte guida l’energia e la consapevolezza nel
Kutastha.
Di qui ci rendiamo conto della grande importanza del Kechari Mudra. La
forma evoluta di Thokar si espande nell’arte di colpire il Muladhara. Ciò è
anche aiutato dall’introduzione del Maha Veda Mudra. Si assicura che
questo Mudra apra il nodo del Muladhar guidando il Prana ad attraversare
l’ostruzione alla base della spina dorsale.
Quest’azione non è completata se noi non guidiamo l’energia dentro il
Sushumna. Di somma importanza è la tecnica di sollevare i Chakra nel
Kutastha. Questa procedura è unica nell’arte di raggiungere una perfetta
localizzazione dei Chakra.
Se uno termina la sua routine dopo aver colpito il Chakra Muladhar, senza
sollevare l’energia, può dover fare i conti con uno stato d’animo veramente
nero.
Invece, se viene praticata la meravigliosa tecnica di sollevare i Chakra,
essa lascerà il suo segno sotto tutti i punti di vista.
Si spiega che, mentre il Navi Kriya convoglia tutto il potere del
Pranayama nella regione dell'ombelico ed il Thokar lo spinge nel cuore,
questa procedura lo porta definitivamente nel Kutastha.
Talvolta si percepisce una sensazione come di beatitudine che esplode nel
cuore. Si ha l’impressione di essere divisi in mille parti e ciascuna di esse
pare prossima a scoppiare di gioia e di amore. Forti esperienze avvengono
nella spina dorsale: l’energia sembra essere estratta da ogni parte del corpo,
anche dalle unghie e dai denti, e risucchiata verso l’alto come a cause di un
potente magnete.
TABELLA RIASSUNTIVA
156
CAPITOLO X KRIYA SUPERIORI DEL "RESPIRO CALMO"
157
ai loro discepoli ad adorare quelle specifiche divinità come se ciò fosse una
parte canonica del Kriya. Quale conseguenza un caos di distorsioni ne
emerse. È corretto affermare che la figura del bel principe Krishna,
descritto nel Mahabharata e particolarmente nella Bhagavad Gita, ci
ricorda la forma Trivangamurari: tiene gambe e schiena in una particolare
posizione che chiaramente determina tre curve, ma questo è tutto.
Amantrak macro
158
concentrandosi su un senso di forza interiore e di vibrazione che sale verso
l’alto. [È difficile aggiungere delle parole di chiarimento onde spiegare nei
dettagli come questo dovrebbe avvenire, ma con la piena esperienza delle
tecniche precedenti, non dovrebbe essere difficile percepire questa
corrente, perciò non includo altri commenti.] Poi la consapevolezza, dopo
aver toccato il Bindu, scende nel corpo.
Come la figura mostra, la corrente disegna tre curve che tagliano il
Medulla, il Chakra del cuore e, in fine, il Muladhar.
L’intero movimento Trivangamurari avviene su un piano ideale che
contiene la spina dorsale. La differenza tra questo movimento interiore e
quello sperimentato per mezzo delle precedenti tecniche Thokar, è la sua
intensità; ora una persona ha tutto il tempo che vuole per percepirlo con
più precisione, diciamo "millimetro dopo millimetro". E, cosa questa
importantissima, non ci può essere più il dubbio che questo movimento sia
la conseguenza, la proiezione del movimento fisico della testa, perché esso
si rivela come una realtà mistica, che esiste per conto proprio, universale,
nata con noi, con la nostra struttura.
159
capezzolo destro e il centro successivo sul lato sinistro del corpo è situato
nella schiena 2/3 centimetri più in basso del capezzolo sinistro.
Mezzo minuto circa è richiesto idealmente per salire, lo stesso per scendere
e una pausa di circa un secondo è fatta nel Muladhar; così un giro dura
circa un minuto, ma se capita che sia più breve, diciamo 45/50 secondi,
questo non significa che si sia sbagliato.
Il segreto della tecnica sta nella buona concentrazione, nell’immobilità e
nella capacità di reggere al potere originato da questa procedura.
La percezione avviene 25 volte il giorno per due settimane; poi si aggiunge
altre 25 volte ogni due settimane e così via fino a raggiungere le 200
ripetizioni; il potere originato può essere così forte che colui che pratica
può preferire un aumento più graduale, limitando la pratica a dieci
movimenti per dieci giorni e poi andare avanti aumentando di dieci in
dieci, sempre per dieci giorni, finché si raggiungono i 200 movimenti.
Nei mesi in cui questa tecnica è praticata, molte cose possono avvenire e
tanti ostacoli manifestarsi: l’intuizione suggerisce come mantenere il
controllo della situazione.
Samantrak macro
160
Il processo d’aumento progressivo è lo stesso della tecnica precedente.
Quando questo numero è completato, il kriyaban intensifica la percezione
del macro movimento introducendo una forma particolare di Thokar.
161
[Non c’è alcun dubbio sulla velocità del movimento della testa: il flusso
Trivangamurari procede come nella tecnica precedente e la testa si limita
ad accompagnarlo.] Ora il mento che è parallelo al suolo e si trova sopra la
spalla destra, la tocca per un istante ed è allora che la sillaba Va è fatta
vibrare mentalmente nell’ottavo centro. [La spalla pure fa un piccolo
movimento verso il mento per rendere il contatto più facile] Questo è il
primo di cinque colpi.
Subito dopo, la faccia, con un movimento molto, molto lento si volge verso
sinistra, accompagnando millimetro dopo millimetro la percezione del
flusso interno che attraversa il quarto Chakra.
Il secondo colpo avviene in modo simile a sinistra, allorché la sillaba Su è
cantata nel nono centro. Da là, molto lentamente, il mento, sfiorando la
parte sinistra della clavicola, si muove verso la posizione iniziale,
abbassato sul centro del petto. Durante tale movimento - proprio quando le
sillabe De e Va sono pensate nel decimo e undicesimo centro - due colpetti
sono assestati sulla clavicola in posizioni intermedie; infine quando la
sillaba Ya è posta nel Muladhar è assestato l’ultimo colpo del mento sul
petto.
162
Qui c’è una pausa di circa un secondo. Gli insegnanti di Kriya affermano
che un giro dovrebbe durare idealmente un minuto, ma in pratica si vede
che dura un po’ di meno: circa 40/50 secondi.
Questa tecnica è ripetuta 36 volte il giorno finché si acquista familiarità
con essa. A questo punto il kriyaban è guidato a fronteggiare
l’impegnativo processo d’aumento verticale, le cui varie tappe avvengono
con frequenza non maggiore di una volta la settimana! L’aumento è di 36
in 36, fino a 36 x 36.
L’insegnante aiuta a fronteggiare qualsiasi problema incontrato durante
tale processo - intendo problemi fisici di sforzo eccessivo e di dolore nelle
vertebre cervicali e nei muscoli del collo. Movimenti bruschi dovrebbero
essere evitati; è possibile usare al loro posto una grande intensità mentale
di concentrazione nel momento in cui ciascuna delle ultime cinque sillabe
è pensata.
163
Amantrak micro… Il micromovimento è percepito, senza l’aiuto del
Mantra, come una realtà che va avanti per conto proprio. Non serve far
notare che se il ricercatore non ha esperienza del macromovimento, quasi
sicuramente non riuscirà ad ottenere quella del micro movimento. Essa
sarà percepita se e solo se egli ha lavorato nel modo corretto con i Kriya
precedenti. D’altro canto, anche un kriyaban esperto, limitatamente ai
primi momenti del processo, può aver bisogno di collaborare con questa
percezione tramite dei dondolamenti molto lievi, laterali, della spina
dorsale.
164
A… Il primo schema è quello di fare un unico giro completo attraverso i
dodici centri e percepire il micromovimento lo stesso numero di volte in
ciascuno di essi, per esempio 12 volte.
B…. Il secondo schema è di fare più di un giro completo attraverso i dodici
centri, percependo il micromovimento tre volte in ciascun centro.
Il primo schema [A] è applicato nei processi verticali.
166
Nota
Per quel che riguarda lo schema B di pratica, questo è solo apparentemente
semplice. In realtà è così delicato che richiederà una trattazione separata
nel capitolo XII: allora si potrà chiarire come tale meccanismo,
incorniciato in una opportuna routine, è il più elevato segreto dello stato di
Samadhi.
TABELLA RIASSUNTIVA
Routine dopo
Durata di Quantità per Verticals - if prescribed - to
Tecnica settimane o
un’unità cominciare be done once in a lifetime
mesi
Amantrak macro
25 x1x 2 sett.; 25x2x 2 sett.,
e Samantrak 50 - 60 sec 25 36
…. 25x8x 2 sett.
macro
Forma
particolare di 45 - 50 sec 36 36 36x1,36x2,…,36x36 [S]
Thokar
Amantrak micro 10 -12 sec x 1 “giro”
4 giri 4 giri
e Samantrak 3 x12 = 6-8 12x1x12 ; 12x2 x12, …
micro min 12x12 x12 Chakras
NOTE
167
esso non ha creato mai problemi ad alcuno, ma ha contrassegnato il miglior
periodo della loro vita. Naturalmente, come per tutto quanto il Kriya, è
importante praticare col cuore, con entusiasmo.
168
Per quel che riguarda gli effetti, qualcosa di particolare può avvenire.
Una gran necessità di verità annulla nel suo comportamento ogni maschera
diplomatica. Non riesce a tollerare la più lieve deformazione della verità.
La sua reazione è sempre calma ma egli cerca in ogni modo,
inesorabilmente, di andare in profondità in qualunque problema fino a
trovare la verità. La difficoltà di sostenere un comportamento superficiale
può essere la causa di alcune rotture di legami di amicizia. Siccome la
natura odia il vuoto, altre persone entreranno nella sua vita a tenere viva la
fiamma dell'amicizia.
OSSERVAZIONI
Nella mia ricerca spirituale, la tecnica del Secondo Kriya fu un segreto
ben-sigillato per molti anni.
La mia curiosità fu fortemente stimolata dal citato episodio riguardante
Swami Pranabananda. Sognavo di praticarla un giorno, per trarre profitto
dal suo delicato meccanismo. Ritenevo improbabile lavorare con tale
procedura e contemporaneamente non sentire un complessivo effetto
benefico per la mia evoluzione spirituale. Una tecnica come quella, data da
Lahiri Mahasaya solamente a discepoli eletti, non poteva non accendere la
mia immaginazione. Se ora considero che cosa diversi insegnanti dissero e
stanno dicendo attualmente su questa tecnica, penso a una iettatura che ci
grava sopra! Come se stessero esplicando una volontà perversa, essi
diedero sfogo a tutta la loro abilità di generare la più selvaggia
deformazione. Uno di loro tentò di convincermi che il Secondo Kriya era
simile alla tecnica tibetana di aprire un foro nella Fontanella [cima della
testa] e la prova della validità della tecnica era la stessa delle tradizioni
tibetane: un kriyaban avrebbe dovuto poter inserirvi il gambo di un fiore
(!). Non opprimerò il lettore con l'elenco d’altre sciocchezze udite da me
nel corso degli anni.
La ragione che spiega come mai rimasi pressoché ipnotizzato dal fascino
magico di tali assurdità, era che avevo l'attitudine di privilegiare tecniche
complicate. Avevo un approccio, abbastanza diffuso nel mondo esoterico,
secondo il quale tanto più una tecnica è artificiale e strana, o va persino
contro le leggi del senso comune, tanto più potente essa deve essere per
forza di cose. Per molti anni, il lato più profondo di me stava soffrendo,
perché non conoscevo completamente i Kriya superiori - in effetti, molte
parti mi erano state negate - così temevo di essere nell'impossibilità di
169
realizzare i vari livelli del Kriya. Il pensiero di essere, dalla volontà di
qualcuno, limitato nella mia esperienza del percorso mistico mi faceva
arrabbiare. Sicuramente in questa ricerca corsi il rischio di perdermi per
strada e non conoscere mai la tecnica corretta.
Oggigiorno, nel mondo del Kriya, non c’è dubbio che il Secondo Kriya di
Lahiri Mahasaya sia il processo del Thokar - in una o nell’altra delle sue
varianti - in cui avviene un movimento brusco sul petto fatto con il mento e
il Chakra del cuore riceve un grande stimolo. Quando ebbi ben stampato in
mente il meccanismo di questo Kriya, mi tuffai completamente in esso.
Per quel che riguarda la sua variante con i colpi psicofisici su tutti i
Chakra, voglio sottolineare quanto difficile sia stato tale processo. In un
primo momento tale pratica fu portata avanti solo per poche settimane.
Dire che incontrai uno stato d’animo grigiastro è un eufemismo: era come
se la mia anima fosse stata graffiata.
Ricordo che nella mia infanzia, non appena riflettevo sulla precarietà
umana, un'immagine prendeva forma nella mia mente: gli uomini erano
come animali recintati in uno spazio ristretto, costretti dai loro istinti a
mangiare e a riprodursi; qualcuno appariva improvvisamente, afferrava
uno di loro a caso e lo decapitava davanti a tutti. Immaginavo che la
compagnia, stupefatta da questo triste spettacolo, mormorasse qualche
espressione di circostanza: «ora nulla sarà più come prima» era la favorita;
poi, con l'occhio quasi vitreo, si volgevano di nuovo alle attività solite.
Ora quest’immagine rimaneva costantemente davanti ai miei occhi, in un
modo quasi maniacale. Decisi di fuggire via da questa condizione
insopportabile e misi da parte tale tecnica.
La ripresi dopo un anno dal primo tentativo. Il motivo fu che, se c'era una
verità con cui, alla fine, avrei dovuto confrontarmi, era meglio farlo
adesso. Quindi ripresi la pratica e non ebbi paura di aumentarne la dose in
base alle istruzioni ricevute. Nello stesso tempo mi mossi nella vita in un
modo un po’ più prudente e inoltre racchiusi questa tecnica in una routine
dove l'energia generata da essa veniva forzata a fluire verso l’alto nel
canale della spina dorsale. Dopo alcuni giorni la mia mente rimuginava
nuovamente sulla condizione umana - non con il precedente determinismo
senza speranza - quando avvenne un'esperienza meravigliosa. Era
l’esperienza del Pranayama col respiro interno. Ci ritornerò sopra nel
capitolo XII.
170
Per quanto riguarda le tecniche descritte in questo capitolo, dopo le
prime settimane di Amantrak macro, dopo che ebbi praticato una
cinquantina di giri, sentii che stavo per esplodere! Questo avveniva ogni
volta che l'energia, scendendo sul lato sinistro della spina dorsale,
raggiungeva il Muladhar.
Quando mi svegliavo di mattina, restavo per alcuni minuti nell'aura di
sogni molto coinvolgenti, come dopo un'avventura profondamente
intrigante ed affascinante. Ma il vero problema era che, durante il giorno
mi sentivo senza entusiasmo, non c'era luogo dove potessi sentirmi a mio
agio e nessun’attività che mi desse soddisfazione. Sempre nella mia vita,
quando camminavo in campagna, ero abituato a percepire bellezza che
sembrava uscir fuori da ogni cosa che mi circondava. Ora non sentivo
nulla, ero estraneo a tutto. Mi venne il pensiero che il mio attaccamento
alla bellezza dei panorami e alla natura fosse in ogni caso una forma di
dipendenza; per un intero mese passai la maggior parte del tempo a casa,
come convalescente. Alla fine, facendo leva sulla forza di volontà, riuscii a
completare questa tecnica.
Cominciai il Samantrak macro proprio quando un marzo straordinario,
con un cielo libero da nubi, azzurro, e l'aria fresca m’invitarono a praticare
all'aria aperta; l'abitudine ormai ben stabilita di metabolizzare grandi dosi
della percezione Trivangamurari mi avevano reso capace di vivere questo
processo come un piacevole impegno, senza confrontarmi affatto con alcun
problema. Le sillabe del Mantra, posate con cura in ogni centro avevano
una radiazione simile al sole che stava riscaldando la natura. Appena i
primi effetti della tecnica cominciarono a riempire la mia vita, riconsiderai
la miglior letteratura sulla Preghiera in diversi percorsi religiosi. Queste
letture riscaldarono il mio animo e crearono le condizioni della seguente
bella disposizione interiore sperimentata durante un pellegrinaggio.
Camminai tutta la notte con un gruppo di persone poiché l'arrivo ad un bel
santuario era previsto per la mattina seguente. Camminando, sussurravo a
bassa voce le sillabe visualizzando, quanto possibile, i dodici centri.
Sapevo perfettamente che questo non era il modo canonico di praticare ma
non potevo resistere a ciò. Qualche cosa nel mio cuore, come una tensione
di tenerezza, cominciò quasi immediatamente ad essere percepita, poi
venne la realizzazione che l'esistenza dei miei compagni di viaggio era
immersa nell’amore. Vidi che la realtà dell’amore era la forza più intensa
della vita, corrotta solo dall'inquinamento della mente.
171
Pensando all’umanità come ad un tutt’uno, sentii che l’uomo non può, a
causa dell’istinto, evitare la condizione d’amare qualcuno - i suoi figli per
esempio - e di prendersi cura di qualcuno e, di conseguenza, di essere
costretto a vivere anche esperienze dolorose. Sentii intensamente, come
mai prima, che anche la persona più egoistica è capace di donare la sua vita
per i propri figli e può trovare in se stesso la forza per grandi, incredibili
azioni. Il calore dei sentimenti sperimentati quella notte rimane ancora nel
mio cuore!
Completai la forma particolare del Thokar nell’estate che seguì,
lavorando all'inizio due giorni per settimana e poi una volta.
Un nuovo modo di vivere il percorso spirituale cominciò a stabilirsi nel
mio essere. Imparai come risvegliare un intenso rapimento estetico per la
bellezza della natura e avvalermi di questa tecnica per amplificare tale
estasi. L'idea classica di usare il Kriya per andare oltre la mente fu
sostituita dall'idea più avvincente di usarlo per bruciare la mia mente nella
fiamma della bellezza stessa!
Di mattina praticavo due orette nella mia stanza stando attento a rispettare
ciascun dettaglio tecnico: preparavo il corpo per procedere veloce nel
pomeriggio, quando mi sarei concesso la delizia di sedere all’aperto. Non
ponevo troppo stress sui colpi ma continuavo a concentrarmi solo sul
flusso Trivangamurari finché questo sembrava essere inciso nella mia
carne. Dopo un pasto leggero ed un piccolo sonnellino, ero molto felice di
uscire; non appena raggiungevo un luogo bello dove mi potevo sedere, mi
prendevo un po’ di tempo per contemplare la natura. Poi, perfettamente a
mio agio, completavo le dosi programmate.
Tutto procedeva armoniosamente e diventava fantastico mentre il giorno si
avvicinava al tramonto. Un giorno, di sera, tutto un tratto venne da un
distante villaggio il suono di campane e fu come una cascata di luce! La
sorpresa fu così inaspettata che il mio cuore sobbalzò di gioia; aprii gli
occhi ma lo sguardo non si fissò su nulla di particolare. Fu un miracolo di
delizia: l'intensità della beatitudine era quasi impossibile da sostenere! Una
parte remota della mia mente continuava a ripetere: «Non so se ad un
essere umano sia mai stata accordata tanta gioia!».
Sicuramente una parte di me era felice anche per un altro fatto: in quei
giorni alcuni ricercatori, con cui avevo condiviso il Kriya, mi avevano
fornito la prova che stavano procedendo in un modo degno di
ammirazione. Anni fa avrei giurato che era impossibile praticare il Kriya
172
senza averlo elemosinato e ottenuto da un’organizzazione: ora avevo la
prova del contrario.
È vero che un rituale solenne imprime la rarità dell’evento nella mente di
una persona, ma è anche vero che qualcuno, per lo meno in occidente, è
imbarazzato da qualsivoglia cerimonia e preferisce un modo più prosaico
d’apprendimento.
Nella mia vita, avere una tecnica spiegata in modo informale da un esperto
è sempre stato un evento fortunato; andare in campagna e praticare la
tecnica in mezzo ad un bel scenario è stato sempre molto meglio di
qualsivoglia cerimonia.
Gli anni nei quali fui assorbito dai processi verticali del Amantrak
micro e del Samantrak micro, anche se non sono distanti, appaiono alla
mia memoria circondati da un’aura di sogno: trovo difficile riferire dettagli
specifici ascrivibili ad esse. Mi condussero in un’altra dimensione dove
non c’era spazio o tempo. Anche una piccola pratica è stata sempre un
miracolo di dolcezza. Questa procedura contiene qualcosa di misterioso,
forse il profumo dell’esperienza finale. Fui fortunato che l’età della
pensione venne presto nella mia vita. Ricevetti la proposta per un altro
lavoro ancora più vincolante del precedente. Avevo aspettato molti anni e
desiderato all’apice delle mie forze di affrontare le dosi impossibili del
processo verticale del micromovimento [arrivare fino a 36x36!]: non
esisteva altro lavoro per me!
Passai molto tempo all’aperto: portavo con me un sedile fatto da uno strato
di plastica ed uno di lana, qualche cosa da bere ed un piccolo rosario di
trentasei grani. Mi sedevo, respiravo profondamente e poi procedevo col
Mantra e col conseguente micromovimento. Alla fine d’ogni ciclo,
spostavo un oggetto, un sassolino da un lato del corpo all'altro per contare
il numero complessivo dei cicli di trentasei.
Imparai a praticare senza essere disturbato da nulla: in questo modo la
tecnica sbarcò nella mia vita e si mescolò con essa.
Un giorno mi trovavo in un luogo roccioso vicino ad una spiaggia
frequentata da un numero modesto di persone che ci passavano per una
passeggiata e, qualche volta, si fermavano nei pressi.
Nascosto dietro degli alberi, durante il giorno mi protessi dal sole; al
tramonto mi avvicinai alla spiaggia, appoggiai la schiena ad un sasso e
rimasi lì fingendo di guardare un oggetto distante. Praticai con gli occhi
173
aperti: il cielo era un cristallo indistruttibile d’infinita trasparenza; le onde
cambiavano continuamente il loro colore dal fascino quasi insostenibile.
Cercavo di nascondere le mie lacrime dietro le scure lenti dei miei occhiali
da sole.
174
CAPITOLO XI ROUTINE E TEORIA
Questo è dovuto al fatto che una routine definitiva non può esistere! Il
concetto di una routine perfetta e finale è una contraddizione: se è
definitiva vuol dire che non ci può essere progresso in essa. Come già
segnalato, nessuno può tollerare la ripetizione della stessa, routine per un
tempo infinito. Il sistema psicofisico non reagirà nel modo aspettato e
l'entusiasmo iniziale potrebbe decadere inesorabilmente verso
l'annientamento.
Non c’è da meravigliarsi che una persona superficiale, che fin qui è stata
spinta più che altro dalla curiosità e da un puro piacere istintivo di
sperimentare, si trova in una situazione indecifrabile, incerta. La forza
propulsiva della novità è finita; non sa se ritornare indietro e partire
daccapo con più calma e serietà cercando di impadronirsi degli elementi
base del Kriya oppure vagare di qua e di là nel tentativo di scoprire se c’è
qualcosa che lo porti più rapidamente alla meta spirituale.
Ma che la persona che ha praticato fin qui molto seriamente si trovi in un
periodo di stagnazione, questo è ben strano. Dopo un lungo processo – non
direi faticoso e logorante ma sicuramente intenso – di padroneggiamento
delle tecniche, quello che avrebbe potuto essere un periodo di autentica
soddisfazione, diventa invece qualcosa di problematico.
Egli è stato il testimone di un processo di pulizia nel campo della sua
personalità e, forse, proprio per questo non è capace di ritrovare la
175
motivazione iniziale, la sua determinazione e il suo entusiasmo. Egli
necessita di un approccio più maturo.
176
Mi accingo a mostrare come la precedente fase di grande disagio possa
essere trasformata in una spinta verso il raggiungimento della reale meta
del Kriya Yoga, verso grandi raggiungimenti, più grandi di quanto la sua
immaginazione possa concepire.
Ma anzitutto è necessario farsi una idea sui fondamenti teorici del Kriya
Yoga.
A tale scopo consideriamo come una routine possa propriamente definirsi
"completa".
Poiché mettere insieme tutte le tecniche fin qui descritte in una routine
pratica sarebbe un compito troppo complicato – di scarsa utilità pratica –
proviamo a concepire due routine più utili. Nella prima le procedure
elementari dei Kriya superiori – quelle esposte nel capitolo IX – vengono
dopo le tecniche base del Primo Kriya; nella seconda quelle procedure che
possono sembrare più sofisticate [esse non vengono in effetti insegnate da
molte scuole], quelle descritte nel capitolo X vengono utilizzate. Di
ciascuna tecnica darò soltanto una breve descrizione, tanto per richiamare
il suo meccanismo essenziale.
Quello di concepire tali routine contenente il giusto numero di tecniche,
cercando di produrre il massimo dell’efficacia, è veramente un compito
difficile. Significa far leva sui principi essenziali di tali tecniche e porle
nel più efficace ordine di pratica. Significa anche stabilire il numero ideale
di ripetizioni di ciascuna tecnica, evitando ogni possibile situazione
stressante che conduce soltanto a distrarsi.
Questo processo di tentare con diverse soluzioni è utile per comprendere il
senso di ciascuna tecnica e il suo raggio d’azione. Ci accorgeremo come
come alcune tecniche sono preparatorie ad altre e, nella situazione attuale,
sono di scarsa o di nessun’utilità; altre tecniche che svolgevano un ruolo di
secondaria importanza, possono ora essere viste in un’altra luce e, grazie al
presente stato di evoluzione, possono assumere un ruolo importante ed
essere poste in un punto chiave, incarnando le fasi più sottili della routine.
Studiando il significato e la funzione di ciascuna tecnica, scopriremo
perché si dice comunemente che il Kriya Yoga è un sentiero composto da
quattro livelli. Questo sarà il punto di partenza per presentare una
soluzione alla sopra citata condizione di difficoltà in cui il kriyaban si
trova.
177
PRIMA ROUTINE
178
Seconda Omkar Pranayama… Ora l'energia fluisce all’interno della colonna
parte spinale, in ogni Chakra, come il filo di una collana di perle.
Un kriyaban che ha padroneggiato questa tecnica non perde tempo a
frammentare il respiro: egli stimola i suoi Chakra attraverso il Mantra ed
il puro potere della sua concentrazione.
La rotazione antioraria della consapevolezza nel cervello diviene sempre
più potente. Il Midollo è profondamente stimolato, un senso di pressione
interna e di immobilità si diffonde in tutto il corpo. La percezione del
meraviglioso suono di Om è molto facile e da godersi sommamente.
Questa sintonia sarà approfondita dai Kriya seguenti.
179
idealmente nel Kutastha. Il respiro è trattenuto in modo armonioso. Con
ciascun Chakra una diversa sillaba del Gayatri Mantra è ripetuta e una
lieve sensazione di oscillazione è percepita all’interno del Kutastha.
Poi tutta la concentrazione è diretta verso la stella dell’occhio spirituale e
il canto mentale di Om Satyam supera le 36 volte.
Quarta Paravastha
parte Il kriyaban pone tutta la sua consapevolezza sulla parte superiore della
testa. La procedura precedente ha creato una percezione di luce in tutta la
testa e sopra di essa. Il kriyaban continua a concentrarsi per molto tempo
su quella luce senza sentire alcuna fatica.
È assorbito nella rivelazione d’illimitata pace, gioia e libertà.
Questo è lo stato di Tranquillità che conduce, un giorno, allo stato di
Tranquillità Eterna. [Lo Yoni Mudra si pratica di notte.]
SECONDA ROUTINE
180
Forma particolare di Thokar…Col mento sul petto, il kriyaban
comincia la pratica sollevando molto lentamente la consapevolezza
lungo la spina dorsale, toccando con le sillabe i relativi centri [Om Na
Mo etc. sono posti nei Chakra] sollevando il mento come a seguire il
movimento interno. Quando il mento è sollevato, parallelo al suolo,
allora la percezione si trova nel Bindu. La testa si muove leggermente
verso sinistra; senza girare la faccia, si muove leggermente indietro,
comincia la rotazione ma si ferma nella posizione centrale. Il mento è
già un po’ sollevato ma ora è sollevato ancora un po’ come per
intensificare la percezione del Midollo allungato dove è fatta vibrare la
settima sillaba Teee. In quest’istante anche il Kutastha è chiaramente
percepito.
Dalla posizione col mento in su, la faccia si volge lentamente a destra, il
mento si abbassa naturalmente finché raggiunge la posizione parallela
alla spalla destra, sopra di essa.
Ora il mento che è parallelo al suolo e si trova sopra la spalla destra, la
tocca per un istante ed è allora che la sillaba Va è fatta vibrare
mentalmente nell’ottavo centro. Subito dopo, la faccia, con un
movimento molto, molto lento si volge verso sinistra, accompagnando
millimetro dopo millimetro la percezione del flusso interno che
attraversa il quarto Chakra.
Il secondo colpo avviene in modo simile a sinistra, allorché la sillaba Su
è cantata nel nono centro. Da là, molto lentamente, il mento, sfiorando la
parte sinistra della clavicola, si muove verso la posizione iniziale,
abbassato sul centro del petto. Durante tale movimento - proprio quando
le sillabe De e Va sono pensate nel decimo e undicesimo centro - due
colpetti sono assestati sulla clavicola in posizioni intermedie; infine
quando la sillaba Ya è posta nel Muladhar è assestato l’ultimo colpo del
mento sul petto. Qui c’è una pausa di circa un secondo. Si ripetono da 12
a 36 giri di questa tecnica.
181
IL SIGNIFICATO DELLE QUATTRO PARTI
182
Terza parte: la perfezione del lavoro sul nodo di cuore è realizzata col
padroneggiare lo stato senza respiro.
Quarta parte: l'apertura del nodo del Muladhara fa sì che lo stato di
Samadhi sommerga la coscienza del kriyaban.
L’intero argomento è molto interessante e merita un’ampia discussione.
184
Questo nodo si origina col trauma del taglio del cordone ombelicale.
Stabilire la propria consapevolezza di nuovo nell’area del basso addome
significa porre le migliori fondamenta dell’intero percorso Kriya.
Il posto dell’addome dove si origina la corrente Samana è, secondo la
terminologia Taoista, detto Dan Tien.
Nella letteratura mistica cinese il processo di entrare in tale regione è
indicato da espressioni come: «Ritorno al centro; unione della terra con il
cielo; nascita del fiore d’oro, creazione della perla risplendente.»
Nel Kriya Yoga questo avviene per mezzo delle tecniche del Navi Kriya e
del Pranayama aumentando il calore nella regione dell’ombelico e
percependo una particolare vibrazione nella regione mediana tra
l’ombelico e il terzo Chakra.
Come la tradizione mistica dell’Esicasmo spiega in modo esauriente,
questo è il modo migliore per trovare la "via per arrivare al cuore" e
stabilirsi in uno stato di quiete unica.
La trasformazione psicologica immediatamente percettibile è
l’unificazione di tutte le diverse sfaccettature della personalità, la scoperta
di un unico filo interiore che collega le azioni passate con le forze che
attualmente trascinano in avanti la nostra aspirazione spirituale.
Ora, con quest teoria in mente, comprendiamo che il percorso del Kriya
è un lungo itinerario che consiste nel distruggere uno dopo l’altro i sigilli
che mantengono attiva in noi l’illusione. Non c’è dubbio che la piena
padronanza di questi quattro stadi richiede anni di lavoro e talvolta il
kriyaban deve ritornare sui suoi propri passi e lavorare duramente su un
nodo che credeva sciolto. Un nodo è come un calcolo, una pietra
incastonata in un organo fisico, che un dottore si accinge a rimuovere,
gradualmente, ben attento a non distruggere l’organo e uccidere il paziente.
Come può il lavoro del Kriya essere portato a compimento nella propria
vita, con la dovuta cura?
Un modo intelligente, prudente di procedere non ha nulla a che fare con
l’idea di una pratica superficiale.
Il kriyaban, fedele alla sua aspirazione, dovrebbe essere prudente e
intelligente nello stesso tempo.
Le storie che un giorno il "sipario" si aprirà quasi per grazia divina ebbero
un effetto mortale su molte persone.
Molte volte sentii la storia di un uomo che praticò il Kriya durante tutta la
sua vita, senza provare alcunchè; solamente alla fine della sua vita, alcuni
minuti prima della sua morte, lui ebbe la desiderata esperienza
dell'illuminazione. Questa storia provocò solo perplessità in me perché vidi
la vera intenzione delle persone che la raccontarono: «Stai zitto, non fare
domande e prosegui con quello che hai! » Vidi chiaramente che la storia
era come un'arma a doppio taglio! Dava l'impressione di insegnare la virtù
della perseveranza ma per quanto riguardava i miei amici, essa incoraggiò
una pratica caparbia di una routine quotidiana che aveva tutti gli attributi di
un rituale superficiale e frettoloso. Nulla avrebbe potuto uscirne fuori!
L’evoluzione automatica [… un anno per ciascun Kriya Pranayama…..]
per mezzo di una routine sempre uguale, due volte al giorno, per tutta la
vita, è un mito che non conduce da nessuna parte! Sfortunatamente, essi
187
impararono a vivere accompagnati da una continua fonte di piacere
proveniente dall’idea di aver trovato il sentiero giusto e fatta la più saggia
tra tutte le scelte. Il loro ego era divenuto l'ago della bussola della loro
avventura spirituale!
Sì, la prudenza deve sempre essere presente, ma il cuore di un kriyaban
dovrebbe essere in sintonia con l'intuizione più profonda della sua anima
ed essere guidato a sorgere di nuovo e prendere il volo verso l’Eterno.
Dopo il completamento dei processi verticali, il kriyaban dovrebbe
sforzarsi di raggiungere le mete seguenti.
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CAPITOLO XII RIMANERE SEMPRE VIVI SUL SENTIERO
SPIRITUALE
Non appena un kriyaban sente di essere fuori dalla sintonia con Omkar,
egli deve mettere immediatamente da parte tutti i Kriya superiori e
immergersi intensivamente nella pratica dell’Omkar Pranayama.
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Per esprimere tutta la sua potenziale capacità di sforzo, può porsi uno
scopo ben preciso, come quello di completare 20736 Omkar Pranayama.
In 144 giorni, praticando 144 Omkar Pranayama al giorno, tale compito
può essere portato a termine.
Oltre alle tecniche preliminari [Talabya Kriya, Maha Mudra ed Om Japa]
può fare, al mattino, una seduta di Nadi Sodhana seguita dai piegamenti in
avanti e da una lunga concentrazione sul Chakra del cuore con la lingua in
Kechari Mudra.
Gli effetti equilibranti di questa fase introduttiva "apriranno" il suo
cervello; diventerà consapevole di una particolare pressione nella testa, la
quale annuncia l’avvicinarsi della reale esperienza Omkar.
Praticando la tecnica di Omkar Pranayama, non cessa mai di interiorizzare
la procedura. Risvegliandosi al fatto che lui è l’unico Maestro di sé stesso,
scoprirà diversi modi di andare in profondità; per mezzo della sua
intuizione avrà l’esperienza dei Chakra che si riveleranno essere la più
vera realtà del suo essere. In seguito, riproverà ad aggiungere di nuovo
qualsivoglia forma di Kriya superiori, stando molto attento a percepire un
aumento della percezione del suono interiore. Un prolungato Pranayama
mentale rimane sempre il modo migliore per concludere la sua pratica
quotidiana.
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Quando tutte le tecniche sono state completate, quando il corpo è calmo e
la consapevolezza continua a muoversi molto molto lentamente su e giù
entro la colonna spinale, un profondo senso d’immobilità, unito ad una
leggerezza interna e ad una totale trasparenza mentale, è il primo segno del
suo emergere. Il processo di respirazione è come raggelato; non si
percepisce alcun bisogno di respirare. L’apparizione di questo stato non
produce alcun fremito interno di sorpresa, ansietà o tensione. In tale
situazione un kriyaban non è agitato dal pensiero: «non sto respirando»;
egli sente una fresca energia che tiene in vita le sue celle dall’interno, e
gioisce pienamente di una nuova condizione del vivere dove non c'è affatto
bisogno di respirare. Un senso incomparabile di libertà interiore – che non
potrà essere mai più scordata - è il suo esito.
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approfondirà durante gli istanti che precedono il verificarsi dello stato di
assenza di respiro.
[I fanatici – quelli che rimangono fedeli al sentiero del Kriya senza ricavarne
alcun risultato positivo, che pretendono di sperimentare, sin dall’inizio del loro
sforzo, la corrente del Pranayama che si muove solamente nel sottile canale del
Sushumna - se, per caso, si avvicinano allo stato di assenza di respiro,
osserveranno come esso incomincia nel corpo, nelle sue cellule, in una fresca
sensazione di energia che sostiene ogni singolo atomo. Con un po’ di fortuna,
questa esperienza cambierà la loro visione dogmatica.]
[Vorrei aggiungere una annotazione che, in alcuni casi, può tornare utile.
Alcuni kriyaban si sono accorti di quanto fosse decisivo l’aiuto dell’Aswini
Mudra, all’interno del Pranayama. Sia durante l’inspirazione che durante
l’espirazione contraevano ripetutamente i muscoli alla base della spina dorsale.
Questi movimenti diminuivano di intensità man mano che il processo
proseguiva. Dopo il Pranayama, l’Aswini Mudra svaniva completamente.]
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Assenza di respiro non significa azione; essa è la mancanza totale di
movimento e del più lieve palpito causato dal pensiero, comunque è da tale
stato che nasce l’azione che cambia il proprio destino. Aurobindo scrisse
«La mente non agisce; semplicemente dai suoi recessi origina un’azione
irresistibile».
Secondo me, durante il suo primo anno di pratica, un kriyaban non
dovrebbe mirare a raggiungere questo stato - ne resterebbe sicuramente
deluso. Questo stato può venire solamente dopo che si è verificato un
mutamento considerevole nella sfera fisica e psichica della persona. Questo
mutamento interiore richiede almeno un paio d’anni; incomincia coi
processi verticali del Navi Kriya e del Pranayama. Cresce e si fortifica
gradualmente man mano che è incrementato il numero di ripetizioni di
qualsiasi forma di Thokar. Quando un kriyaban può effettivamente
praticare tale tecnica, lo stato d’assenza di respiro attende il momento più
appropriato per riversare una gioia infinita ed un'unica esperienza di libertà
nel suo essere. Il successo può arrivare non appena i conflitti interiori del
kriyaban scompaiono. Non è solo una questione di pulizia delle Nadi, o di
purificazione astrale di alcuni "gusci"… è anche una questione
d’intelligenza e potere di volontà.
La ripetuta esperienza dello stato d’assenza di respiro distrugge la realtà
delle illusioni mondane e di qualsivoglia restrittivo concetto
antropomorfica del Divino: la visione Advaita del "Divino senza forma"
esplode e sopraffa l’Ego. Barlumi dello stato finale di libertà toccano la
mente. Esso rappresenta la certezza di aver trovato finalmente qualcosa di
stabile e immutabile dentro l’evanescente flusso dell’esistenza, che talvolta
sembra avere la consistenza di un’infinita teoria di riflessi sull’acqua.
Questa è la caratteristica dell’autentica vita "religiosa". Coloro che passano
il loro tempo a scrivere e discutere di religione senza aver sperimentato tale
stato sono veramente sfortunati.
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Questo stato può essere indotto in vari modi. A volte, durante un profondo
stato di introversione della coscienza, un suono improvviso, percepito alla
periferia della consapevolezza, può creare una improvvisa gioia che va ben
oltre tutti quello che è stato sperimentato prima; dura solo alcuni istanti.
Nel Kriya Yoga tentiamo di invitare questo stato all’interno di una perfetta
calma fisica, mentale ed emotiva: cerchiamo di favorire le condizioni che
ci danno l’opportunità di gioire della trance estatica per un tempo più
lungo.
La routine seguente può essere molto utile: la percezione del micro
movimento è utilizzata in un particolare momento del giorno, durante una
seduta ove le condizioni psicofisiche, preparate da una saggia pratica al
mattino, sono ideali - non c'è nulla di nuovo. Questa seduta avviene a
mezzodì o al tramonto a stomaco vuoto.
Di notte, il potere dello Yoni Mudra è costruito per mezzo di un modo
particolare modo di applicare la percezione del micromovimento;
aumentare la profondità e l’intensità della pratica del giorno successivo,
dando così origine ad un circolo virtuoso.
I... La bellezza della natura sembra scaturire da ogni atomo, come il vino
da una tazza ricolma e gli riempie il cuore; egli gioisce di una insondabile
chiarezza della mente. L'esistenza di problemi che riguardano il comune
modo di vivere, specialmente riguardanti il campo psicologico, sembra un
incubo che si è dissolto per sempre, un’illusione da cui si è liberato in
modo definitivo; la sua vita che, finora, era stato pieno di asperità, sembra
distendersi tranquillamente verso il futuro.
[Il lettore può restare deluso dal fatto che io riferisca questa impressione in
quanto essa può richiamare le manie New Age. Se avessi scritto che tramite la
concentrazione sul Kutastha, la consapevolezza si espande nell'universo, con uno
sbadiglio avrebbe annuito. Il fatto è che solamente dopo avere ascoltato molte
volte i resoconti di alcuni ricercatori, mi sono deciso a riferire su questa
particolare esperienza. Improvvisamente una depressione profonda prende
possesso del suo stato d’animo, dura alcune ore e poi scompare; non è una
semplice dissonanza, una disarmonia, ma un dolore straziante in un momento in
cui non c'è giustificazione per tale stato. Poi rimane scosso nel richiamare alla
mente una circostanza non banale: ha fatto una nuova conoscenza, ha stretto la
mano della persona e ha parlato con un sincero coinvolgimento.
Chiaramente tutti noi sappiamo come sia brava la nostra mente quando si tratta
di arrampicarsi sugli specchi; ma quando un simile episodio è osservato con il
dovuto distacco e si ripete con matematica precisione nel corso dei giorni e dei
mesi, allora l’evidenza di un fenomeno di sintonia con la coscienza di un’altra
persona non può essere negata.]
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A collegare questo fenomeno con l’azione di portare la consapevolezza
nelle cellule del corpo, abbiamo le affermazioni più profonde e segrete dei
mistici della antica Cina [vedi il concetto di grande circolo celeste],
abbiamo anche l’esperienza di Mère e di alcuni mistici occidentali.
Mère…. Sappiamo che il Suo Mantra era: Om Namo Bhagavate e che Lei
cominciò a ripeterlo mentre camminava in lungo e in largo nella sua stanza. Lei
mirava a portare la luce spirituale nel Suo corpo, ricaricando continuamente
quest’azione con una costante aspirazione per il Divino, per poterlo realizzare
proprio nella materia.
Il Mantra si aprì la sua strada facilmente attraverso i vari strati della sua
coscienza - pensieri, emozioni e persino istinti - fino ad illuminare uno strato
negativo; qui c’era la base di tutte le impossibilità, l'origine d’ogni disperazione,
depositate là lungo millenni.
Ci volle molto tempo e fatica per attraversarlo, ma la consapevolezza toccò
finalmente le cellule e un’incomparabile esperienza "esplose". Lei vi trovò
un'eternità di perfezione! L'Agenda è uno splendido giornale di bordo della sua
"impossibile" avventura. Parlando con Satprem Mère descrive come,
continuando a portare la consapevolezza nelle cellule del suo corpo, molte
persone attorno cominciarono a reagire come se Lei si fosse introdotta nella loro
intimità. Mentre alcuni ricercatori spirituali guardano alle Sue descrizioni come a
delle cose assurde, esse sono indescrivibilmente toccanti ed ispiranti.
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L'idea che, con la dolce pressione della respirazione interna del
Pranayama, un kriyaban possa spezzare la barriera del proprio corpo e
toccare la coscienza di altre persone, sembra una favola.
Ma andando in profondità in questo tema, andiamo diritti nel nucleo del
processo mistico.
Il percorso mistico, nelle sue fasi finali, rivela una natura duplice: il
primo aspetto è sottrarre energia dal corpo, portarla nella spina dorsale
onde potersi immergere nella dimensione Omkar del Kutastha e del
Sahasrara - comunque fuori dal corpo; il secondo aspetto è scoprire la
dimensione fantastica della Intelligenza Divina nelle cellule del corpo.
Queste due esperienze si alternano come il giorno e la notte. La prima è un
paradiso di gioia pura. La seconda è un’altra specie di gioia: a volte sembra
sconfinata, altre volte è un paradosso perché è vicina al dolore - possiamo
persino affermare che lo contiene - dell'umanità intera.
Penso che quando la più raffinata forma di energia si muove
indipendentemente dal respiro in tutto il corpo, ecco che avviene, in un
modo misterioso, il contatto con la dimensione psicologica che lega
insieme tutti gli esseri umani - questo è appunto il concetto Junghiano di
Inconscio Collettivo.
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divenuto libero dal respiro fisico, si approfondisce e si espande senza
limite.
Sono convinto che Lahiri Mahasaya si riferisse a questa forma perfetta
di Pranayama quando scrisse: «In seguito ad un eccellente Pranayama, il
respiro si è completamente volto all’interno. Dopo un lungo periodo, oggi
la mia discesa sulla terra ha realizzato il suo obiettivo.» (Puran Purush)!
Con questa forte asserzione non intendeva certo riferirsi al movimento di
energia che, nel Kriya Pranayama, è percepito muoversi internamente in
un modo simultaneo al respiro fisiologico.
[Il Thokar su tutti i Chakra può essere utilizzato nel modo seguente.
Dopo un solo giro di questa forma di Thokar, l’immobilità è ristabilita e ci si
concentra sulla salita d’energia nella spina dorsale. Il respiro può esistere oppure
no, può essere breve o lungo. La procedura del Thokar è ripetuta. La salita
dell’energia può essere più chiara e il processo del "Respiro Interiorizzato"
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comincia a stabilirsi. Si prosegue interiorizzando l’intera procedura, in altre
parole limitando al massimo i movimenti del capo.]
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