Sei sulla pagina 1di 101

CAPITOLO VII INTRODUZIONE AL PRIMO KRIYA

"DISCLAIMER"
Le tecniche qui descritte sono esposte solamente per motivi di studio, per servire
come raffronto col lavoro di altri ricercatori. Da questa condivisione mi attendo
una risposta intelligente: osservazioni, critiche, correzioni e aggiunte.
Tengo a precisare che questo libro non è un manuale di Kriya!
Forse in futuro ne scriverò uno e allora affronterò il problema di come dividere
l'intero argomento in diverse lezioni cercando, per ciascuna fase
d’apprendimento, di fornire tutti i consigli necessari. In ogni caso, certe tecniche
non possono essere apprese leggendo un manuale. Un esperto deve controllare la
loro applicazione. Ci sono tecniche delicate come per esempio il Maha Mudra, il
Pranayama, il Thokar, lo Yoni Mudra che non è pensabile apprenderle per
iscritto.
È poi necessario che un esperto ne controlli l'impatto sulla persona poiché
ognuno di noi è diverso dagli altri e nessuno può dire a priori quali saranno gli
effetti di una determinata tecnica, soprattutto se praticata in dosi elevate.
Nel testo che segue le tecniche Kriya di Lahiri Mahasaya vengono spiegate
completamente. Non posso assumermi alcuna responsabilità nel caso di risultati
negativi, particolarmente nel caso in cui colui che non ha mai visto le tecniche
del Kriya praticate da un esperto, si decidesse a praticarle semplicemente dopo
avere letto qui la loro descrizione. Chi affronta questo sentiero lo fa con un senso
di sacro, consapevole della ricchezza che questo può portare nella propria vita:
ha tutto il diritto e il dovere di concedersi il controllo di un esperto.
[Quando vi recate da un esperto, comunicategli l’esistenza di ogni eventuale
problema fisico che potete avere, come ipertensione, problemi ai polmoni…
Di certo egli vi guiderà in una forma delicata di Pranayama – con i Mudra ad
esso collegati – consigliandovi, se fosse necessario, di limitarvi ad una pratica
mentale di esso.]

101
TECNICHE BASE
Ora è il momento di prendere in considerazione le tecniche del Primo
Kriya - le prime due possono anche essere praticate alcune ore prima delle
successive. I momenti ideali per la pratica sono il mattino prima della
colazione, mezzodì prima del pranzo, il tardo pomeriggio prima di cena e
due - tre ore dopo cena.

Talabya Kriya
Cominciando dalla posizione nella quale la lingua è rilassata, il kriyaban
l’attacca al palato come una ventosa, prestando attenzione che la punta sia
rivolta in avanti verso i denti. Apre la bocca, e la lingua, che per degli
istanti rimane attaccata al palato, si distacca da questo con uno schiocco.
L'effetto di stiramento del frenulo è percepito distintamente, la lingua è
spinta immediatamente fuori verso il mento. Questi due movimenti sono
ripetuti 50 volte [non più di 10 nei primi giorni!].

Talabya Kriya: aprendo


la bocca davanti ad uno
specchio, notiamo che
soltanto il frenulo viene in
avanti.

Kechari Mudra: aprendo


la bocca davanti ad uno
specchio, vediamo appena
la radice della lingua. È
l’ugola che viene in
avanti.

102
Dopo mesi di pratica, questa tecnica permetterà di riuscire a realizzare la
posizione del Kechari Mudra: inserire la lingua nella cavità della faringe
nasale e mantenerla stabile in quella posizione con un preciso sforzo fisico
e mentale. [Ricordo che Lahiri Mahasaya era fermamente contrario a
tagliare il frenulo per accelerare tale processo].
Molte persone praticano il Talabya Kriya in modo sbagliato poiché
volgono istintivamente indietro la lingua (o la tengono verticale) e questo
annulla completamente l'effetto. È importante che essa, prima di aderire al
palato, sia piatta, rivolta in avanti (toccando i denti).
Questa pratica crea un distinto effetto calmante sui pensieri ed è per questa
ragione che non sarà mai messa da parte, neanche quando il Kechari
Mudra sarà realizzato. Non è facile giustificare per quale motivo, agendo
sul frenulo, sia possibile riuscire a calmare il processo di formazione
d’inutili pensieri; questo è un fatto che rimane misterioso. Sta di fatto che
chiunque può osservarlo.

Om Japa attorno ai Chakra


Salendo e scendendo, il Mantra "Om" è fatto "vibrare" in ogni Chakra. Si
fanno da sei a dodici percorsi completi; in alcuni il Mantra è detto a voce,
negli altri è soltanto pensato. Salendo, ogni Chakra, fino al cervicale, è
toccato dalla parte della schiena, poi è la volta del Bindu, poi, scendendo in
giù, del Midollo allungato e poi degli altri Chakra fino al Muladhara.
Questo rappresenta un ciclo completo.
[In tutti i Kriya – cominciando da questo fino all'ultimo Kriya superiore, ci
piace percorrere un percorso ad anello cominciando e ritornando al
Muladhara; salendo ignoriamo il Midollo allungato che entra in gioco
subito dopo Bindu.]
Cantando Om attorno ai Chakra, si dovrebbe cercare di sentire la loro
componente esteriore, cioè l’irradiazione rivolta in avanti che penetra negli
organi interni del corpo [ne parlo tra poco].
Il Mantra non dovrebbe essere pronunciato: "om" ma "ooooong", in altre
parole una "o" abbastanza lunga che finisce in una "n" nasale.
[In questa tecnica "Om" è un suono puramente vocalico. Quando si
pronunciano i Mantra indiani - Om namo bhagavate…; Om namah
Shivaya…- la consonante "m" in "Om" è pronunciata, qui invece non si
sente poiché la "o" è molto lunga e, sul finire della pronuncia di detta

103
vocale, la bocca non è chiusa completamente, creando così il suono nasale
"ng". Pronunciare AUM non è per niente corretto.]

[I Chakra sono organi sottili, astrali, che si trovano all’interno della spina
dorsale, i gradini di una scala ideale che conduce direttamente alla più
elevata esperienza dello Spirito. È importante sentire intuitivamente dove
sono localizzati. Molti credono che quello che è scritto sui libri di Yoga,
possa essere applicato automaticamente al Kriya. Con tale convinzione
corrono il rischio di perdere il vero significato delle tecniche del Kriya o
parte della loro ricchezza.
Dovremmo ricordare che il Kriya è un processo naturale; lo stabilirsi
spontaneo di un livello più alto di coscienza accompagnato da sottili
movimenti di energia nel corpo. Ovviamente ciò può avvenire solo in
coloro che mantengono un'aspirazione incessante verso il Divino e che
sono capaci di raggiungere un sufficiente grado di rilassamento.
L’opposto avviene quando alcuni studenti di Kriya portano nella loro
pratica la stessa avidità e anche, talvolta, lo stesso atteggiamento
insensibile che hanno nella vita - specialmente se sono imbevuti
d’Esoterismo e Pensiero Magico. Si appoggiano a questo o a quel testo ma
non sono abbastanza attenti per comprendere che alcuni eventi interiori
possono verificarsi solo nel dovuto corso del tempo.
All’inizio, l'energia fluisce solo vicino ai luoghi prescritti dalla letteratura
specializzata, ma non riesce a raggiungerli e questo sia perché non è ancora
stabilito il livello corretto di calma, sia perché non c'è nessun canale

104
interiore che conduca a tali punti il quale non sia ostruito. Qualche volta
accade che queste persone sono veramente in errore, le loro fantasie
impossibili da realizzarsi e certamente la Natura non si adeguerà ai loro
schemi intrinsecamente corrotti. Le loro attese non avranno altro esito che
quello di impedire ogni progresso genuino.
Ecco quello che, di solito, noto: alcuni studenti contestano il fatto che,
all'inizio del Pranayama, l'energia venga osservata fluire attorno ai
Chakra, invece che nel canale più interno della spina dorsale, come loro si
aspettano. Non accettano l'idea della dualità dei Chakra - la loro
componente esterna - sulla quale dirò tra poco qualcosa. Nello stesso modo
preferirebbero portare l'energia che sale fino al Kutastha o nella Fontanella
piuttosto che nel Bindu. Eppure è inutile guidare il flusso dell’energia dove
essa non può fisiologicamente fluire. Imporre i nostri desideri, che si sono
originati con le letture, alla delicata struttura dei Chakra è una forma di
violenza che non porta a nulla. Le informazioni seguenti sono certo
imprecise, vaghe, eppure se rivelano molto utili per far sì che la
consapevolezza di un kriyaban proceda nella direzione giusta per tutto il
tempo che sarà necessario, collaborando con un processo di percezione che
condurrà certamente alla più elevata di tutte le mete.
All'inizio la cosa giusta da fare è cercare di sentire distintamente i vari
settori nei quali può essere divisa la spina dorsale. Si comincia con la
regione del coccige, dove è localizzato il primo Chakra Muladhar; il
secondo all'altezza dell'osso sacro; il terzo nella regione lombare all'altezza
dell'ombelico; il quarto in quella dorsale all'altezza del cuore; il quinto
dove incominciano le vertebre cervicali.
Differenti tradizioni collocano il sesto Chakra in luoghi diversi. Tutti sono
d’accordo nell’affermare che il Kutastha, il centro tra le sopracciglia, il
"terzo occhio" ovvero l’"occhio spirituale", l’organo della visione interiore,
è collegato col sesto, pur essendo da questo distinto. Secondo alcuni, il
sesto Chakra risiede nel Midollo allungato (bulbo alla sommità della spina
dorsale); secondo altri la sua sede è la cosiddetta grotta di Brahma: una
cavità nel centro del cervello che presenta l’ipofisi nella parte anteriore e la
pineale nella parte posteriore. Ciò è molto più accurato; nel prossimo
capitolo impareremo a percepire questa regione del cervello nel migliore
dei modi. Per quel che riguarda le tecniche esposte nel presente capitolo, è
sufficiente formarsi un’idea, anche vaga, di dove possa essere situato il
Midollo allungato.
105
Un centro molto importante, Bindu, ha la sua sede nella regione occipitale,
dove l’attaccatura dei capelli forma una specie di vortice e dove alcuni
Indù, con la testa rasata, mantengono una ciocca di capelli. Bindu può
essere individualizzato fissando l'attenzione nel Kutastha e ritornando
indietro, non diritti ma in su di 3-4 centimetri. Questo è un centro che è
collegato sia col sesto Chakra che col settimo, Sahasrara, nei confronti del
quale funge come da porta.
Il settimo Chakra Sahasrara non deve essere considerato della stessa
natura degli altri ma una realtà superiore che può essere sperimentata
solamente nello stato di assenza di respiro. Non è perciò possibile
concentrarsi su di esso come facciamo con tutti gli altri ma soltanto
"entrare in sintonia" con lo stato che esso incarna. Per cui è necessario
usare il Bindu come porta. Le procedure del Kriya "operano" nello spazio
compreso tra il primo Chakra Muladhar e il Bindu, poi, come risultato di
tale azione, l'energia e la consapevolezza si stabiliscono nel settimo
Chakra.
Prima di fornire la spiegazione base del Pranayama, bisogna chiarire
che i primi cinque Chakra possiedono sia una "componente interna" sia
una "componente esterna". La componente interna può essere visualizzata
come una "luce", all’interno del canale centrale della spina dorsale, volta
verso l’alto, verso lo Spirito. La "componente esterna" è come un fascio di
luce, un'irradiazione di energia, che esce dalla spina dorsale e penetra la
parte interna del corpo.]

Maha Mudra
Il kriyaban si siede sul tallone sinistro, con la gamba destra estesa in
avanti. [In tal modo, il tallone sinistro esercita una pressione sul perineo.
Questo punto di pressione è perfettamente correlato con la sede del
Muladhar Chakra e ciò rappresenta il modo migliore di attrarre la propria
concentrazione verso tale Chakra.] Durante l’inspirazione egli solleva
l’energia fino al Bindu. Poi, trattenendo il respiro, si piega in avanti – in
maniera molto rilassata - in modo che le mani intrecciate afferrano il
pollice del piede esteso. [La maggior parte dei kriyaban non è capace di
raggiungere tale posizione senza farsi male alla schiena. Essi non
dovrebbero per nessuna ragione tenere la gamba diritta, ma piegarla, nel
modo più opportuno, al ginocchio! Questo Mudra deve riuscire facilmente,
non deve farci star male!]
106
Trattenendo mentalmente il respiro nella posizione estesa - i muscoli alla
base della spina dorsale sono contratti, i muscoli addominali sono
leggermente tirati in dentro - Om è cantato da sei a dodici volte nel
Kutastha. Poi si riprende la posizione iniziale e si espira, sentendo l'energia
che va in giù fino alla base della spina dorsale. L’intera procedura sarà
ripetuta nella posizione simmetrica, ovvero sedendo sul tallone della
gamba destra ed estendendo frontalmente la gamba sinistra. La procedura
deve essere ripetuta ancora una volta tenendo ambo le gambe estese.
Questo ciclo di tre movimenti è ripetuto ancora due volte per un totale di
nove estensioni.

Introduzione al Kriya Pranayama


Il corpo è rilassato, la spina dorsale diritta, senza tensione, la lingua può
essere sia orizzontale, sia con la punta leggermente rivolta indietro. [È
ovvio che chi è capace assume il Kechari Mudra.] Gli occhi sono chiusi,
rilassati, come per guardare in lontananza attraverso il Kutastha.
Un'inspirazione profonda che produce un rumore sordo nella gola come
quello di una distante cascata d’acqua, agisce come una "pompa idraulica"
per sollevare l'energia dalla base della spina dorsale fino al Bindu; una
profonda espirazione guida l’energia verso il basso fino alla base della
spina dorsale. Discutiamo in dettaglio il percorso seguito dell’energia.
1….La consapevolezza sale dal Muladhar dietro la spina dorsale,
avvicinandosi al secondo Chakra, poi similmente al terzo, al quarto e al
quinto; poi, seguendo la curva della regione occipitale, raggiunge il Bindu.
2…Poi c'è una pausa di circa due secondi durante i quali l’irradiazione del
Kutastha tocca la consapevolezza – come una lieve, indefinita, sensazione
di luce che permea il cervello.
3…Un’espirazione profonda, senza fretta, della stessa lunghezza
dell’inspirazione porta l’energia di nuovo alla base della spina dorsale. La
consapevolezza tocca anzitutto il Midollo allungato; poi incontra la
"componente esterna" di ciascun Chakra fin che l’energia è percepita nel
Muladhar. Durante l'espirazione solo un leggero sibilo è prodotto nella
gola. In seguito, grazie al Kechari Mudra e alla molta pratica, si produrrà
un suono sottile che assomiglia a quello di un flauto.
4… Quando l’energia calma si ferma per una pausa di due secondi nella
regione attorno al Muladhar, è percepito un senso d’immobilità che andrà

107
poi sempre più crescendo; approfondendo la tecnica, sarà percepito un
senso estatico come un brivido di beatitudine.
Il respiro è prevalentemente addominale. Durante l’inspirazione,
l’addome si espande e il petto si muove leggermente; durante l’espirazione
l’addome rientra e il movimento dell’ombelico verso la spina dorsale è
percepito con chiarezza, specie negli istanti in cui l’espirazione si
completa. Se tutto questo è fatto con l’atteggiamento corretto e rilassato, le
pause sono naturali e piacevoli. Un principiante impiega circa 18-20
secondi per respiro. Nella letteratura è indicato che il Pranayama perfetto
avviene con 80 respiri in un'ora - circa 45 secondi per respiro. Solo durante
delle lunghe sedute, si può tentare di raggiungere questo ritmo. Un
principiante non si cura di questo; cerca di completare, in modo naturale
senza farsi tanti problemi, 12 o 24 di questi respiri, non curandosi per nulla
del tempo impiegato.

Navi Kriya
Il respiro fluisce liberamente; la consapevolezza sale lungo la spina dorsale
ponendo mentalmente la sillaba Om nei primi cinque Chakra e poi nel
Kutastha. Il mento è abbassato sul petto e il Mantra Om è cantato – o con
la voce, o mentalmente - da 70 a 80 volte nell'ombelico [si può usare un
mala ovvero una specie di rosario per contare ma anche un calcolo
approssimato va benissimo].
Le mani, rivolte verso il basso, sono unite con le dita incrociate e, con
ciascun canto del Mantra, i pollici toccano lievemente l’ombelico. Poi il
mento è sollevato [moderatamente, ma tanto da sentire la contrazione dei
muscoli alla base della nuca], la concentrazione va prima nel Bindu, poi
giù nel terzo Chakra. Il Mantra Om è cantato – o con la voce, o
mentalmente - approssimativamente 25 volte nel terzo Chakra. Le dita
sono intrecciate dietro, questa volta il palmo delle mani è rivolto verso
l’alto, e a ciascun canto del Mantra, i pollici praticano una pressione
leggera sulle vertebre lombari. La posizione normale del mento è poi
ripristinata, il Mantra Om è pensato in ogni Chakra dal Kutastha al
Muladhar. Questo è un Navi Kriya; quattro è il numero ideale di
ripetizioni. Man mano che si procede con la tecnica, si percepisce che una
calma energia si raccoglie nella sede della corrente Samana nella parte
media bassa dell’addome.

108
Pranayama mentale e Paravastha
Per entrare facilmente in una perfetta immobilità fisica e mentale si fanno
tre respiri profondi, ciascuno che termina con un’espirazione veloce e
completa come un sospiro. Poi si sale lentamente con la consapevolezza
nei Chakra - la sillaba Om può essere cantata mentalmente in ciascun
Chakra. I Chakra sono come dei nodi che possono essere sciolti
"toccandoli" lievemente con la concentrazione: il segreto è di mantenere la
consapevolezza in ciascuno di loro fino a percepire una particolare
sensazione di dolcezza, come se quel Chakra si stesse "sciogliendo". Non
si ha la sensazione di star praticando una particolare tecnica, ma di gioire
di un momento di riposo, di dolce rilassamento. Circa 10-20 secondi dura
la pausa in ciascun Chakra; l’intuizione guida a capire quando passare al
Chakra successivo. Si può cantare Om [ooooong] nei Chakra ma,
all’inizio, è molto meglio concentrarsi semplicemente su di essi.
Completata la salita al Bindu, incomincia la discesa lungo la parete frontale
della spina dorsale; oltre alle percezioni descritte, si cerca di percepire la
sottile irradiazione che si origina da ciascun Chakra. Questo non è un
complicato particolare tecnico, ma solo un fatto di pura consapevolezza, un
naturale sentire che conduce a realizzare come i Chakra sostengono la
vitalità di ciascuna parte del corpo.
Il processo di salire e scendere attraverso i Chakra è portato avanti fintanto
che è agevole e favorisce l’aumento di un particolare stato di assorbimento
nella rivelazione di pace, gioia e vibrazione di suoni interiori. Questa è la
più bella parte della routine. Dopo alcuni minuti, la parte superiore della
testa comincia ad essere sempre più illuminata e il kriyaban continua a
concentrarsi per molto tempo su di essa senza provare alcuna fatica. Lahiri
Mahasaya chiamò questo stato semplicemente Paravastha - "stato dopo il
Kriya". Questo termine si collega col concetto di Tranquillità, "Sthir
Tattwa" - Prana calmo, statico che è sperimentato negli ultimi minuti di
una seduta di Kriya. [Siccome esso può assumere un significato più vasto,
più avanti aggiungeremo delle riflessioni.]
È saggio rimanere in questa dimensione il più a lungo possibile: l'ideale è
da dieci a venti minuti.

Yoni Mudra
La notte, prima di distendersi a dormire, l’intero sistema psicofisico è
calmato con alcuni profondi respiri; poi una profonda inspirazione solleva
109
l’energia nel Kutastha. Le "aperture" della testa sono chiuse - gli orecchi
dai pollici, le palpebre dagli indici, le narici dai medi, le labbra con
l’anulare e il mignolo - in modo che tutta l'energia sia costretta ad entrare
più profondamente nel Kutastha. [Gli indici non devono nel modo più
assoluto premere sugli occhi: questo è dannoso e in ogni caso di
nessun’utilità!] Trattenendo il respiro, finché è possibile, e cantando
diverse volte Om, mentalmente, si osserva la luce nel Kutastha. Il respiro è
trattenuto finché appare la necessità di espirare. La pratica è completata
scendendo con la consapevolezza lungo la spina dorsale.
[Yoni Mudra si esegue solo una volta ma non è proibito di ripeterlo ancora
due volte.] È possibile che avvengano delle esperienze preziose non
appena si attraversa il primo livello del sonno.

Ecco infine un esempio della routine di un principiante.


1…Pratica breve: Talabya Kriya; Om Japa; Pranayama Mentale.
2…Pratica completa: Talabya Kriya; Om Japa; Maha Mudra; Navi Kriya;
Pranayama [12-24]; Pranayama Mentale; Yoni Mudra.
3….Alternativa: Talabya Kriya; Om Japa; Pranayama [12-24]; Maha
Mudra; Navi Kriya; Pranayama Mentale; Yoni Mudra.

NOTE
Il Pranayama corretto si realizza nel dovuto corso del tempo ed è
quasi impossibile che un insegnante sia capace di comunicare tutti i suoi
dettagli in una lezione. Di solito un insegnante preferisce fornire solamente
i concetti essenziali e questo può essere fatto in modi diversi: da cui la
ragione delle molte apparenti varianti tra una scuola ed un’altra.
Può accadere che, nella mente del discepolo, le poche parole sul
Pranayama, pronunciate dal suo insegnante, continuino a risuonargli in
testa per anni - spesso le stesse, e con la stessa inflessione di voce che
questo insegnante un tempo ricevette da quello che fu il suo insegnante.
Qualche volta queste parole producono un effetto tangibile solamente dopo
anni. Altre volte, sfortunatamente, sembrano quasi impossibili da essere
realizzate e lo studente può sentirsi perpetuamente insoddisfatto. La
volontà di rispettare quelle parole, lo spinge a far sì che la sua pratica del
Pranayama rimanga forzatamente, respiro dopo respiro, esattamente la
stessa: in tale modo ogni risultato, ogni possibile evoluzione è bloccata. Il
110
discepolo sta sperimentando solamente un vago sentimento di
soddisfazione, causato dalla sua fedeltà all’auto imposta disciplina e pone
tutte le sue speranze su un’ipotetica evoluzione ancora lontana.
Durante il periodo della mia prima scuola di Kriya, ricordo come degli
amici che stavano praticando con regolarità, assumevano un'espressione
rassegnata e scoraggiata quando mi rivelavano le ragioni delle loro
difficoltà: non sentirono nulla durante il Pranayama e continuavano a
praticare solo per quel principio che chiamavano "lealtà".
Per loro "non sentire nulla" voleva affermare che non sentivano le correnti
freddo-calde nella spina dorsale, come gli era stato insegnato di sentire. In
tale modo confondevano un dettaglio minore con tutto il resto, con
l'essenza del Pranayama che è tutt’altro. Dopo anni erano bloccati nella
stessa situazione, lamentando il loro.. peccato originale: ancora non
sentivano niente - ma continuavano a praticare sempre nello stesso modo!
Erano incapaci di superare tale situazione a causa della mancanza di
autoanalisi e di flessibilità mentale! Come spiegare loro che il Pranayama
è ben altro che correnti freddo-calde?

Nella seguente dissertazione illustrerò la mia maniera di introdurre una


persona all'arte del Pranayama.
Penso che la "lealtà" vada riferita soprattutto alla nostra fresca e genuina
volontà di perfezionare il Pranayama, di farlo al meglio della nostra
abilità. La lealtà non dovrebbe essere confusa con l’ottusa caparbietà.

1….A coloro che, non avendo praticato alcuna tecnica Yoga, manifestano
la volontà di iniziare questo sentiero, consiglio di familiarizzarsi prima con
il Nadi Sodhana e l’Ujjayi Pranayama.
Ad alcuni studenti insegno ad usare l’Aswini Mudra [contrarre
ripetutamente i muscoli alla base della spina dorsale col ritmo di
approssimativamente due contrazioni il secondo]. Questa tecnica non fa
parte dei Kriya originali ma alcuni insegnanti la consigliano
specificatamente a coloro che non sono capaci di praticare il Kechari
Mudra. Apprenderla all’inizio del loro cammino è, perciò, d’aiuto; può
dare al futuro kriyaban la facoltà di decidere se introdurla, eventualmente,
nel proprio Kriya Pranayama.
[Penso che chiunque possa praticare Aswini Mudra durante i primi 12-24
respiri del Pranayama, sia durante l'inspirazione sia durante l’espirazione,
111
poi i movimenti fisici diminuiscono d’intensità e l’intera procedura è
interiorizzata. Grazie ad esso, la consapevolezza è attratta all’interno della
spina dorsale, in un modo più intenso di qualsiasi altro espediente tecnico.]

2…Osservando come uno studente reagisce a questa routine, è già


possibile formarsi un’idea se la persona avrà successo con la disciplina del
Kriya. Si può essere ottimisti se la persona si rende conto di come la
pratica abbia un’influenza diretta sul suo stato d’animo, in altre parole il
potere di mutare il tono della sua intera giornata.
È un fatto noto che la routine precedente crea, durante il resto della
giornata, una gioia intensa – le cose attorno sembrano diverse, come se
ciascuna cosa fosse più bella, come se una luce scorresse nelle vene della
natura e toccasse anche le altre persone.
Se lo studente fa gli esercizi con un’attenzione crescente, se più che un
devoto, ricorda chi, con attenzione e rispetto, impara a suonare uno
strumento musicale, allora possiamo ben sperare per lui.
Il momento decisivo è quando egli intuisce come il suo Sé interiore
contiene potenzialmente una gioia illimitata, pronta ad esplodere con una
pratica ancora più profonda. Piuttosto che crogiolarsi in piacevoli
sensazioni, di cui ha quasi timore, dilettandosi a consultare tutto il
"catalogo" disponibile degli umani dubbi, l’intelligenza e il coraggio
attivano in lui la decisione irremovibile di fare un passo avanti verso il
Kriya vero e proprio.

3….Quando spiego e faccio vedere le tecniche del Primo Kriya,


raccomando di non incominciare immediatamente con la pratica completa
e, nelle prime settimane, di non sentirsi colpevoli se qualche giorno la
pratica è omessa. Naturalmente cerco di fare il possibile affinché chi mi
ascolta non cada nella trappola di attendere, per praticare, la "situazione
ideale" - per esempio aver cambiato lavoro o abitazione. È certo che, in
questo modo, la decisione sarà rimandata all’infinito! Raccomando di
affrontare ogni seduta con pazienza … la stessa di una casalinga che "pela
le patate" – cercando di seguire le istruzioni in modo disciplinato e
rispettoso.
Consiglio di non nutrire eccessive attese, trascurando di percepire la
"naturalezza" delle tecniche; sviluppando un’eccessiva tensione si ottiene
poco o niente e si rischia di non riuscire a liberarsene più.
112
Puntando ad infondere l'idea del Kriya come un mistero di gioia da svelare
all’interno di un modo naturale di vivere e non come un mezzo per ottenere
dei poteri sovrannaturali, non spingo mai le persone a crearsi dei risultati
immaginari con la forza dell’autosuggestione.
Molti sono convinti che la qualità richiesta per il Kriya sia l’abilità di
indurre a volontà uno stato di perfetta concentrazione: ma questo è il
risultato finale, non la base di partenza! È normale che la mente si muova
continuamente in mille direzioni contrarie, come se le attività quotidiane
continuassero durante la seduta. Ciò sarà sconfitto dal Kriya nel corso del
tempo. Tenuto conto di ciò, perché sentirsi complessati se la
concentrazione, all’inizio, sembra inafferrabile?
Molti hanno seguito sentieri di "crescita personale" - ciascun esperimento è
finito in un puro spreco d’energia. Nessuna fatica o trucco della mente può
riuscire a regalarci quell’abbraccio che giunge dall’eternità e conduce
all’eternità. Mettendo da parte ogni tentativo di "strangolare la mente con
la mente", concentrandosi solo sul respiro, un giorno la forza del reale
"silenzio" prenderà possesso dei nostri pensieri. Allora sarà corretto
affermare che, in quegli istanti, la nostra mente, piuttosto che
"concentrata", proprio non esiste più.

4….È molto importante sperimentare quanto sia bello praticare una breve
seduta costituita solo dalle tecniche Talabya Kriya e Om Japa! Alcune
organizzazioni, nel loro sforzo didattico di portare il Kriya a coloro che
possiedono il desiderio genuino di apprenderlo ma non hanno alcuna
esperienza di meditazione, hanno individuato delle tecniche che fungono
da preparazione.
Bene, nel Kriya di Lahiri Mahasaya le tecniche preliminari sono proprio
quelle citate. Chiunque si meraviglierà nell’osservare come il Talabya
Kriya riesce in pochi attimi a calmare la mente. Non richiede
concentrazione su alcunché, ma solo una pura azione fisica. Poi, cantare il
Mantra nei Chakra, fin quando l’addome, il petto e la spina dorsale
vibrano realmente, conduce verso uno stato che è una vera e propria
"benedizione".

5…Per quanto riguarda il Maha Mudra, ci sono persone che s’illudono di


praticare correttamente il Kriya senza mai praticarlo. Avendo ascoltato vari

113
kriyaban, mi sbilancio nell’affermare che è un miracolo trovarne uno che
pratica le sue tre ripetizioni canoniche.
È perfettamente inutile chiarire che c'è un rapporto tra il numero delle sue
ripetizioni ed il numero di respiri - si raccomanda, infatti, che per ogni 12
Pranayama, sia eseguito un Maha Mudra.
Tre ripetizioni bastano e avanzano - come si suole dire - ma che ci siano!
Il Maha Mudra è una delle tecniche base del Kriya Yoga e la sua
importanza diviene chiara se si pensa che esso contiene i tre Bandha.
Applicati simultaneamente, quando il corpo è piegato in avanti, i tre
Bandha forzano l’apertura alla base della spina dorsale. Nello Yoga
nessuna pratica di Pranayama è stimata completa senza i Bandha.
Si dovrebbe percepire anche la piacevole sensazione che viene col flettere
la spina dorsale in avanti, a sinistra e a destra. È chiaro che, privandosi
permanentemente del Maha Mudra e vivendo una vita sedentaria, la spina
dorsale diviene meno elastica. Col passare degli anni le condizioni
peggiorano e diviene quasi impossibile mantenere per più di alcuni minuti
la posizione corretta di meditazione – ecco perché il Maha Mudra è così
importante per un kriyaban.

6…Nello spiegare il Pranayama, cercando intenzionalmente di essere


semplice, scelgo un approccio equilibrato, razionale e flessibile. La
precedente pratica dell’Om Japa - che sfortunatamente molti non
considerano neanche degna di essere utilizzata - agisce come un volano e
fa sì che la corretta procedura del Pranayama avvenga con molta facilità.
Movendo la consapevolezza lungo il percorso ellittico attorno ai Chakra, la
concentrazione si approfondisce quasi senza sforzo.
L’energia sale dietro la spina dorsale con un movimento continuo fino al
Bindu. Siccome ci sono sempre dei dubbi sul sentiero di discesa, posso dire
che la distanza tra i sentieri relativi all’inspirazione e all’espirazione è di
circa 2-4 centimetri.
Per quel che riguarda la parte alta del circuito, possiamo affermare che il
portare la consapevolezza fino al Bindu genera la percezione della luce
interiore ovvero del Kutastha.
Ma nel caso in cui nulla sia percepito, non si deduca di aver commesso
degli errori. La consapevolezza del Kutastha è una rivelazione spontanea
che avviene quando c’è calma sufficiente nel corpo!

114
Un principiante può limitarsi anche a sollevare la consapevolezza soltanto
fino al Midollo allungato, poi fare una pausa e scendere.
L’azione di sollevare la consapevolezza fino al Bindu, è più profonda nelle
sue implicazioni; essa rappresenta il percorso energetico definitivo, quello
con cui diverremo familiari nelle tecniche più elevate.

7….Se un kriyaban ha già praticato e apprezzato la tecnica Kriya


Pranayama con la bocca semichiusa, può aggiungere gradualmente le
nuove istruzioni senza abbandonare mai del tutto le precedenti - giacché il
respiro con la bocca aperta da un meraviglioso senso di presenza nella
spina dorsale. Il buon senso ci guida ad incominciare con la bocca aperta e,
dopo un certo numero, passare al respiro attraverso il naso: ci sono tante
ragioni per ritenere il procedere sempre con la bocca aperta come un fatto
innaturale.
Ho sentito di uno studente che ricevette da un eminente insegnante di
Kriya il consiglio di limitare i respiri con la bocca aperta ad un massimo di
36. Trovo questo un consiglio molto saggio, anche se non sono nella
condizione di dire se questa procedura va bene per chiunque.
Per quel che mi riguarda, non trovo delle ragioni valide per insegnare ad
alcuno il Pranayama respirando attraverso la bocca - anche se questo
potrebbe essere di aiuto al principiante. Il mio scopo è di insegnare il Kriya
di Lahiri Mahasaya; preferisco evitare tutto ciò che, più tardi, quando
appare il Kechari Mudra, è destinato ad essere abbandonato.
Alla bizzarra asserzione secondo la quale il Pranayama che prevede una
respirazione attraverso la bocca è superiore a quello attraverso il naso,
poiché il primo guiderebbe l’energia nel Sushumna, rispondo che soltanto
lo stato d’assenza di respiro può riuscire a portare l'energia nel Sushumna.
Non credo che i discepoli di Lahiri Mahasaya siano stati proprio tutti
stupidi nel passare la vita a muovere l’energia in Ida e Pingala e non nel
Sushumna!

8….Per quel che riguarda se sia corretto cantare Om nei Chakra durante il
Pranayama, si capisca che cantare Om oppure il Mantra di 12 sillabe [Om
Namo Bhagavate Vasudevaya, una sillaba per Chakra] è lo stesso principio
ed è detto Omkar Pranayama [vedi capitolo successivo]. Il kriyaban gode
della ricchezza di entrambe le tecniche - Pranayama e Omkar Pranayama
- non si limita ad una soltanto.
115
Durante le respirazioni iniziali, tutta la nostra attenzione dovrebbe essere
volta a muovere l'energia attorno ai Chakra - in quel momento
inconsciamente sappiamo che essi esistono ma non ci diamo specifica
attenzione e non cantiamo mentalmente Om in essi.

9….Il Pranayama mentale che conclude la pratica non è solo un’altra


tecnica da essere praticata dopo il Pranayama, ma il suo logico sviluppo.
Questa è la parte più bella della routine - purché non siamo disturbati in
alcun modo mentre la viviamo!
Quando il respiro si calma e la consapevolezza è assorbita nella rivelazione
dei Chakra, è saggio rimanere in questa dimensione il più possibile. Dopo
diverse settimane di sforzo - non eccessivo - è possibile percepire, proprio
alla fine di ciascuna seduta, un qualcosa di dolce e confortante che rimane
impresso nella memoria.
Diverse sono le reazioni delle persone a questo stato: c’è chi parla di
dolcezza, chi si sente uscire fuori della dimensione del tempo….

10…..Cerchiamo in fine di capire cosa significa il termine Paravastha.


Esso non è solamente la gioia e la pace percepita negli ultimi minuti della
seduta, ma anche qualcosa di più vasto, che si espande durante il giorno,
sano e naturale come un processo di guarigione. Dopo la routine Kriya,
talvolta ci sentiamo come convalescenti; percepiamo di essere in uno stato
di grazia e sentiamo che è nostro dovere fare qualsiasi cosa per preservarlo
dalle ferite della vita. Il segreto è trovare un equilibrio tra l’uso del
processo pensante e il tuffo nello stagno di pace che il richiamare l’effetto
del Kriya produce nel nostro cuore. La continua, frenetica, attività mentale,
comincia a cedere. Dopo anni di disciplina, quando lo stato d’assenza di
respiro avrà distrutto qualsivoglia limitante concetto antropomorfico del
Divino e ci avrà ripulito da tutti i condizionamenti, la visione Advaita della
"Divinità senza forma" non ci lascerà più. Lo stato di Tranquillità non
dovrà più essere ricercato: lampi intuitivi dello stato finale di libertà
rischiareranno gli orizzonti della mente. Questa specie di "pensione
spirituale" sarà goduta all’interno della più normale vita quotidiana. Lahiri
Mahasaya chiamò tale stato, in alcune occasioni, Par-Paravastha che vuol
dire "dopo del dopo Kriya". Egli si esprimeva semplicemente, non si
serviva di logore espressioni rubate ai poeti.

116
CAPITOLO VIII MIGLIORARE IL PRIMO KRIYA

Descriviamo come, dopo alcuni mesi di pratica, le varie tecniche del Primo
Kriya sono approfondite.
Il Talabya Kriya e il canto di Om nei Chakra rimangono immutati.

Maha Mudra

I….Piegamenti in avanti
[Questo esercizio, oltre al esserne una ottima preparazione, è in se stesso una versione
più mite del Maha Mudra standard. Quando le due tecniche sono praticare in
successione, si creano le condizioni ideali per la migliore esecuzione della tecnica del
Pranayama. Praticare entrambe le tecniche, o solo il Maha Mudra, è una scelta
personale.]

Mantenendo la posizione del mezzo loto o sedendo sui talloni, dopo


aver ispirato come nel Pranayama, ci si flette in avanti; la testa si avvicina
alla regione fra i ginocchi. Le mani sono usate come più viene naturale, il
respiro è libero ma l’energia è mantenuta in testa come se si stesse
trattenendo il respiro. [Quest’abilità viene con la pratica.] La testa è
avvicinata al ginocchio destro, la faccia è girata verso sinistra così che è
possibile percepire una pressione nella parte destra della testa; poi la testa è
condotta vicina al ginocchio sinistro, in posizione simmetrica, una
pressione nella parte sinistra della testa è percepita. Poi la testa è posta tra i
ginocchi. In questa posizione la pressione è percepita centralmente, sulla
fronte.

Piegamento in avanti partendo da seduto sui talloni e partendo dal mezzo-loto.

Dopo aver completato i tre movimenti detti, si ritorna nella posizione di


partenza con la schiena raddrizzata. Quindi, per completare un ciclo di

117
questo Kriya, tramite una lunga espirazione, si porta l'energia in giù. È
bene ripetere quest’esercizio almeno tre volte.

II…Forma più profonda di Maha Mudra


Riprendiamo le istruzioni sul Maha Mudra date nel precedente capitolo.
Quando la gamba destra è distesa, la mano destra afferra le dita del piede
destro e la mano sinistra afferra il lato interno del piede destro mentre la
faccia si gira verso sinistra. In questa posizione il respiro è lasciato fluire
libero in modo da rimanere a lungo a sentire la "pressione interna" nella
parte destra della testa. Si cerca poi la stessa percezione nella posizione
simmetrica; quando poi entrambe le gambe sono distese, si tenta di sentire
la pressione nella parte frontale della testa.

Sintonia col Ajna Chakra


Quello che segue riesce molto bene praticando con la lingua in Kechari
Mudra.
Il kriyaban percepisce una linea ideale che viene indietro dal Kutastha alla
regione occipitale e un’altra che collega le due tempie. Oscillando
leggermente la testa avanti e indietro e poi lateralmente riesce a sentire con
facilità il punto d’intersezione tra le due linee. Il sesto Chakra - Ajna - è
localizzato in tale posizione. [Essa è di poco più in alto dalla già vista
percezione del Midollo Allungato.]
Approfondendo la concentrazione in tale regione per circa due minuti, con
la lingua che tocca l’ugola o nel perfetto Kechari Mudra, si potrà percepire
qualche eventuale sapore [Amrit, nettare] sulla punta della lingua.

Kriya Pranayama
Consideriamo le istruzioni relative al Pranayama date nel capitolo
precedente. La sottile procedura del Pranayama viene approfondita nel
corso di tempo. Alcune esperienze avvengono spontaneamente [come il
suono simile ad un flauto durante la espirazione che si manifesta non
appena il Kechari Mudra è integrato con la pratica del Pranayama] e la
consapevolezza del kriyaban prende semplicemente nota di tali esperienze
senza sforzo alcuno. Altre esperienze [come il risveglio della corrente
Samana corrente ed il sollevarsi di tutta l'energia e la consapevolezza in
cima alla testa] avvengono solamente quando altri dettagli tecnici sono
introdotti; questo può avvenire solamente quando il tempo è maturo.
118
Come in tutte le cose, solo il buon senso e l’intuizione guidano il
kriyaban nel processo di aggiungere nuove tecniche. Nei seguenti
paragrafi, presento nuove istruzioni per approfondire il meccanismo del
Pranayama. Comunque, se nell’atto di aggiungere questi nuovi dettagli, si
sperimentano delle difficoltà, dolore o sensazioni sgradevoli che persistono
per diversi giorni allora è assolutamente il caso di ritornare alle istruzioni
precedenti. Ciò significa semplicemente che il kriyaban non è ancora
pronto a procedere al livello successivo di pratica o che non sta seguendo
correttamente le istruzioni! I buoni effetti di pace, gioia interiore e la
manifestazione dei suoni interni [rivelazione della realtà Omkar] dovrebbe
continuare ad aumentare sempre!

I…Kechari Mudra e suono simile al flauto


È noto che il Pranayama fatto col Kechari Mudra presenta, durante
l’espirazione, un suono come di un flauto, shii shii… Lahiri Mahasaya lo
descrive simile «a quando si soffia attraverso il buco della serratura»;
spiega che è come «un rasoio e tutto - cioè la mente - viene tagliato via per
mezzo di esso». Esso annienta ogni motivo di disturbo, pensieri inclusi.
Affinché esso si manifesti, è necessario un buon rilassamento: uno sforzo
per aumentarne l’intensità lo farà sicuramente scomparire all’istante.
Quando appare, la sensazione è che esso abbia origine nella parte frontale
della faringe, non tanto nella gola. Ora, mentre un kriyaban attende il
verificarsi di questo fenomeno, può cercare di invitarlo, di "aprirgli le
porte" creandolo nella sua coscienza. Mentre durante l’inspirazione egli
pensa intensamente Oooo… [oppure Vaaa…], quando espira pensa
intensamente Iiii o Shii. Questi due bija Mantra conducono in un modo
inesplicabile alla trasformazione del corpo pranico. La loro intonazione
mentale è preziosa, ma non si dovrebbe dimenticare che essa è solo un
passo temporaneo: un giorno o l’altro sia il Kechari Mudra che il suono
naturale del flauto dovranno apparire.
I suoni suddetti non dovranno divenire una "stampella" cui essere legati
per sempre, una regola rigida, perché ciò condurrebbe ad un modo grezzo,
tamasico di praticare il Pranayama, la qual cosa non permetterebbe mai al
suono reale del flauto di apparire.

119
II…Risveglio della corrente Samana
Approfondiamo ulteriormente il Pranayama. Durante l'inspirazione
proviamo a sentire non solo l'energia che sale dietro la spina dorsale ma
anche quella che entra con l'aria attraverso il naso, scende nei polmoni,
attraversa il diaframma ed entra nell'addome. Durante l'espirazione, oltre
alla discesa dell'energia alla quale ci siamo abituati, proviamo a sentire una
calda corrente che sale dall’addome.
Tanto più aumenta tale consapevolezza, tanto più calore è prodotto
nell'ombelico.
Si spiega che, in tal caso, Prana ed Apana si uniscono nell'ombelico
attivando la corrente Samana e che il calore prodotto è come una "freccia"
che, partendo dal centro dell’"arco del corpo", può finalmente raggiungere
l’"obiettivo" del Kutastha e rivelare la luce spirituale. Tale profondità è
impensabile per colui che incomincia.

III…Sollevare la consapevolezza nel Sahasrara per mezzo del


Shambhavi Mudra
Dopo circa 36 respiri complessivi, un kriyaban adotta la posizione detta
Shambhavi Mudra. Le sopracciglia sono sollevate, le palpebre sono chiuse
o chiuse a metà, gli occhi sono volti verso l’alto come per guardare il
soffitto, senza però muovere la testa. All'inizio una leggera tensione è
percepita nei muscoli legati ai globi oculari, poi la posizione è mantenuta
senza alcuno sforzo.
Il Pranayama prosegue come sempre, senza modifiche; la
consapevolezza è centrata nella parte superiore della testa, come se tutto
l’essere vi si fosse trasferito. In questo modo è possibile toccare la regione
di calma imperturbabile [Prana statico], che ha la sua sede nella parte
superiore della testa. Si ha l’impressione che il Pranayama avvenga
spontaneamente e la discesa dell’energia nel corpo sia più libera, completa
e dolce.

Navi Kriya [variante]


Si consideri la tecnica del Navi Kriya.
Mentre tutti i dettagli [movimenti della testa, numero totale delle
ripetizioni] rimane immutato, il Mantra Om è cantato alternativamente nel
Kutastha e nell’ombelico. Poi, analogamente, Om è cantato
alternativamente tra il Bindu e il terzo Chakra.
120
Omkar Pranayama

Questa tecnica è un vero e proprio gioiello: il suo scopo non è solo


muovere l’energia all’interno della spina dorsale, ma anche ascoltare il
reale suono di Om. Mentre il Pranayama è notoriamente la tecnica centrale
di tutto il Kriya, l’Omkar Pranayama è la base, la materia prima da cui
derivano tutti i Kriya superiori: essi sono, infatti, un approfondimento di
questo.
Nell'Omkar Pranayama il kriyaban "tocca" ciascun Chakra internamente,
pensandovi le sillabe del Mantra Sanscrito "Om Namo Bhagavate
Vasudevaya". [Di sicuro il lettore ne conosce la pronuncia, perciò non
aggiungo alcun simbolo fonetico.]

All’inizio di questa tecnica l’inspirazione è divisa in sei parti; durante


la prima, la concentrazione è sul Muladhar dove la sillaba Om è vibrata
mentalmente; durante la seconda, la concentrazione è sul secondo Chakra,
dove similmente si pensa la sillaba Na …… e così via, finché Ba è posto
mentalmente nel Bindu e l’inspirazione è completata. [Si noti che nel
Bindu non si dice Va ma Ba: quest’usanza si è stabilita nel tempo.]
Durante questo processo si contraggono leggermente i muscoli alla base
della spina dorsale. Alla fine della inspirazione, il respiro è trattenuto per
2-3 secondi, come pure la contrazione e la consapevolezza fa un giro
antiorario completo lungo la corona della testa cominciando dalla regione
occipitale e lì ritornando. La testa accompagna questo giro con un
movimento molto lieve di rotazione - appena visibile per colui che si trova
vicino - spostandosi un po’ indietro, poi a destra, davanti, sinistra, dietro.
Poi la contrazione è abbandonata e comincia l'espirazione.
Questa è a sua volta, divisa in sei parti; durante la prima, la concentrazione
va al Midollo allungato dove viene posta la sillaba Te; durante la seconda,
la concentrazione va al quinto Chakra dove viene posta la sillaba Va … e
così via … Su… De… Va… finché Ya è posto nel Muladhar. Durante una
pausa di 2-3 secondi alla fine dell’espirazione, la consapevolezza fa una
completa rotazione antioraria attorno ed entro il Muladhar; quindi il
processo è ripetuto in questo modo da 6 a 12 volte.
[Il tempo impiegato dipende dalla persona; di solito è di 20-30 secondi per
ciascun respiro completo ma può essere maggiore.]

121
Dopo questi respiri iniziali frammentati, si riprende il modo normale di
respirare senza dividerlo più in parti. L'Omkar Pranayama prosegue in un
modo più sottile. Ora il respiro [è continuo e scorre lievemente mentre il
canto mentale delle sillabe del Mantra in ciascun Chakra prosegue con
estrema cura] produce solo un leggero, debole suono oppure non produce
alcun suono.
La contrazione alla base della spina dorsale è interiorizzata e sostituita
gradatemente da una pressione mentale. Durante la rotazione della
consapevolezza nel cervello la testa tende a restare ferma. Quello che è
importante da sottolineare, è che durante l’inspirazione e la espirazione il
flusso di energia tocca profondamente ciascun Chakra [lo avvolge e quasi
sembra "accarezzarlo"]! Quello che, durante le prime istruzioni del
Pranayama, era prematuro da sperarsi, quasi impossibile che avvenisse,
ora avviene naturalmente, facilmente. La consapevolezza e l’energia
prendono a fluire all’interno del sottile canale del Sushumna. Non è
questione di corretta visualizzazione: viene percepito chiaramente!
Inoltre, durante la pausa nella testa, la rotazione antioraria della
consapevolezza sembra essere risucchiata all’interno, circondando e
stimolando il Midollo allungato. Quando, all’inizio della espirazione, Tee è
ivi cantato, una forte pressione è percepita intorno al Midollo allungato;
successivamente essa si estende a ciascun Chakra e, un po’ dopo, a tutto il
corpo.
La coscienza del kriyaban è assorbita nel potente suono interiore di Om.
Nei primi giorni di pratica può non essere percepito; è necessario essere
pazienti perché lo sforzo di ciascun giorno si aggiunge a quello dei giorni
precedenti finché l’esperienza avviene.

Omkar Pranayama mentale

Prima parte… Per entrare in una perfetta immobilità fisica e mentale, un


kriyaban fa tre respiri profondi, ciascuno che termina con un’espirazione
veloce e completa come un sospiro. Sale lentamente con la consapevolezza
nei Chakra, come già descritto con la procedura del Pranayama mentale
del capitolo precedente. La sua consapevolezza verrà mantenuta su
ciascuno di essi fino a percepire una particolare sensazione di dolcezza,
come se ciascuno si stesse "sciogliendo". Per approfondire la
concentrazione può utilizzare un nuovo particolare tecnico: ripetere

122
mentalmente in ciascuno la sillaba relativa [Om Om Om Om … nel primo,
Na Na Na Na … nel secondo ….ecc.] Il ritmo è di una o due sillabe il
secondo.
Se – fatto che può effettivamente verificarsi – percepisce facilmente le
pulsazioni del cuore, egli può sincronizzare la ripetizione mentale delle
sillabe con tali pulsazioni.
Poiché l’intera procedura è molto sottile, talvolta è meglio attenersi
semplicemente alle istruzioni relative al Pranayama mentale date nel
precedente capitolo. Si può osservare che, siccome il kriyaban ha toccato
la dimensione dell’Omkar Pranayama, i Chakra non sono ora visualizzati
con le loro due componenti, ma solo come tenui luci nella spina dorsale.
In ogni modo, come si fa a sapere se la pratica è corretta? Quando la
consapevolezza non sente alcun senso di fatica e una sua parte è sempre
volta all’ascolto dei suoni interiori – che appaiono ed aumentano – allora la
pratica è sicuramente corretta. Questa procedura è ripetuta per ciascun
Chakra, salendo e scendendo. Di solito un ciclo è quanto basta, ma
aggiungere un’altra fase di salita può essere utile. Il ciclo intero può essere
ripetuto uno o due volte. Di solito lo stato Paravastha [essere sommersi
dalla pace e dalla gioia sperimentate, in un grado intenso, nella parte
superiore della testa] prende il sopravvento e uno non desidera applicare
alcun’altra procedura.

Seconda parte….La seguente procedura può essere aggiunta, talvolta, a


seconda della propria intuizione e necessità. Tramite una brevissima
inspirazione [un secondo circa], un kriyaban visualizza il Muladhara
Chakra sollevato nella regione del Sahasrara – il quale è visualizzato
come una vasta, diffusa luce bianca [può scegliere di adottare una lieve
forma di Shambhavi-Mudra ovvero di tenere le sopracciglia sollevate].
Durante la naturale breve espirazione che ne consegue, la consapevolezza è
guidata di nuovo al punto di partenza, e poi è spostata al secondo Chakra.
[Non è necessario visualizzare il Muladhara Chakra che ritorna nel suo
posto, salvo che questo non avvenga naturalmente.] La stessa procedura è
ripetuta per il 2o Chakra, il 3o, il 4o, il 5o e per il Bindu.
Poi la consapevolezza si sposta al Midollo allungato. La procedura
prosegue in ordine contrario; una inspirazione molto breve solleva il
Midollo allungato nella luce del Sahasrara e, dopo la espirazione che ne
segue, la consapevolezza si sposta sul quinto Chakra….
123
Alla fine il Muladhar è sollevato. Poi il Muladhar per una seconda volta,
poi il secondo Chakra e così via… Questo ciclo può essere ripetuto diverse
volte, stando attenti a non esagerare poiché questa tecnica è potente e può
produrre un effetto di carica eccessiva percepita nel cervello. È molto
meglio aggiungere altri cicli nel corso del tempo piuttosto che fronteggiare
la prospettiva di provare mal di testa o comunque sensazione di disagio
nella testa e nel collo durante l’intera giornata!
Questo processo produce due risultati molto importanti:
a… Rende il respiro talmente breve e sottile che esso sembra quasi
scomparire.
b…Approfondisce la sintonia con la realtà Omkar – la percezione del
suono e della luce interiore si amplifica costantemente.

Yoni Mudra [perfezionamento]


La punta della lingua preme fortemente sul punto più alto all’interno della
faringe nasale [Kechari Mudra]. Il kriyaban pone la concentrazione nel
Muladhar e circonda di calma energia la regione intorno ad esso. Aspetta
finché un profondo rilassamento, misto ad un senso di beatitudine, si
diffonde in tutto il corpo. Un enorme senso d’immobilità, come se il corpo
divenisse una statua, si stabilisce. Per mezzo di un’inspirazione molto
interiorizzata, l’energia è guidata, millimetro dopo millimetro, in alto, dal
Muladhar al Kutastha. L’aria che entra nei polmoni è minima, la gabbia
toracica estesa di poco. Tutte le aperture della testa vengono, come il
solito, chiuse [gli orecchi coi pollici, le palpebre con gli indici, le narici coi
medi, le labbra con anulare e mignolo] e il respiro viene "fermato" nel
Kutastha. I muscoli del torace siano rilassati. L’attitudine mentale è quella
di quietare il respiro. La sensazione è quella che il respiro sia compresso
nella zona che va dalla gola al Kutastha. In queste condizioni ideali, il
kriyaban affronta il compito più delicato: il numero di volte che la sillaba
Om è cantata nel Kutastha è incrementato, di uno il giorno, da un minimo
di 12 ad un massimo di 200 ripetizioni. Non ci deve essere alcuna fretta! Il
modo sottile, molto delicato, di raggiungere il suddetto risultato è rivelato
da un istinto, fino allora, nascosto. La pratica termina come sempre: le
mani sono abbassate, il respiro è libero, le braccia riposano e il punto
focale della concentrazione rimane, per altri minuti, volto al Kutastha.

124
ROUTINE VERTICALI
La routine orizzontale - la cui durata è costante nel tempo come lo è la
lunghezza dei pioli di una siepe - è l’unico schema di pratica raccomandato
da molte organizzazioni e da un limitato numero di insegnanti di Kriya.
Essa consiste nel praticare ogni giorno lo stesso insieme di tecniche, nello
stesso ordine e con lo stesso numero di ripetizioni.
Una routine verticale è un tratto peculiare del Kriya di Lahiri Mahasaya.
Essa consiste, una volta la settimana, nel mettere da parte la routine
consueta e utilizzare al suo posto una sola tecnica, il cui numero di
ripetizioni è gradualmente aumentato - come la lunghezza delle canne di
un organo. Questa routine verticale è applicata a ciascun Kriya, uno dopo
l’altro, finchè anche l’ultimo Kriya superiore è utilizzato. Detto in altri
termini, uno sceglie una particolare tecnica Kriya e ci aggiunge un certo
numero di ripetizioni fintanto che, continuando a incrementare
gradualmente sempre della stessa quantità, alcuni mesi dopo, raggiunge un
ben preciso numero di ripetizioni.
In capo ad alcuni mesi, quando un certo numero predeterminato di
ripetizioni è completato, lo stesso processo è rifatto con un’altra tecnica,
poi un’altra ancora… fine a che l’ultimo Kriya superiore è stato utilizzato.
A questo punto il processo sarà rifatto con un'altra tecnica e così via finchè
anche l’ultima tecnica sarà così concquistata da questa specie di "scalata".
Ora cerchiamo di capire perché una routine verticale è così importante.
È stato osservato che l'essere umano non può sopportare per sempre la
ripetizione della stessa identica routine: nessuno può sfuggire a questa
"legge". Avviene che il proprio sistema psicofisico, abituato alla pratica,
non reagisce più e la routine diventa o del tutto inefficace o non quanto lo
era all’inizio. Questo stesso principio vale per gli atleti che desiderano
raggiungere dei traguardi degni di nota; essi alternano allenamento e riposo
secondo schemi ben precisi onde spingere al massimo, otre i livelli
consueti, il loro grado di resistenza fisica e mentale. In tal modo, col
tempo, il loro corpo si adatta a fornire prestazioni altrimenti
irraggiungibili; ne nasce un impareggiabile senso di soddifazione.
Praticando la stessa routine ogni giorno, un kriyaban può incontrare
l’annichilimento dell’aspirazione e dell’entusiasmo iniziali. Un esperto
scrisse che sperare di ottenere una profonda trasformazione con tale prassi
è lo stesso che sperare sia sufficiente colpire un pezzo di metallo una volta
il giorno con un martello per far sì che questo emetta, dopo anni, l'energia
125
atomica in esso contenuta. Al contrario, introducendo i processi verticali,
un kriyaban incontrerà una salda trasformazione interiore, sia nella sua
psiche sia nell’abilità di raggiungere vari stati d’estasi. Le tecniche Kriya
implicate in quel piano saranno padroneggiate, raggiungendo così un
obiettovo che non si poteva ottenere con le sole routine orizzontali.
Navi Kriya [*] e Pranayama / Omkar Pranayama [**] sono le migliori
tecniche con cui intraprendere un processo verticale: l’importanza di essi
va oltre le parole!

[*]…Dopo una breve pratica di Maha Mudra, Talabya Kriya e


Pranayama, un kriyaban pratica due volte la dose standard di Navi Kriya
[otto unità]; dopo alcuni giorni può praticare il triplo. I giorni seguenti può
scegliere di non praticare per niente il Kriya oppure di limitarsi ad una
pratica breve. Dopo una settimana di riposo, tanto per assorbire gli effetti,
può praticare quattro volte la quantità standard, e così via fino a venti volte
[80 unità.] Di sicuro il suo sforzo non sarà così grande da rivelarsi
impossibile.
La tappa finale del processo verticale è impegnativa certo, ma, una
settimana prima il kriyaban è stato capace di assimilare 76 ripetizioni e la
settimana prima ancora 72…
Ciascuna tappa deve essere praticata nello spazio di un solo giorno: ciò è
vitale per far sì che tutte le resistenze saltino per aria. Se cerchiamo di fare
i furbi e facciamo subito la dose finale, è come non aver fatto niente,
perché i canali interiori si chiudono. È come versare con troppa fretta un
liquido da una bottiglia in un'altra dal collo troppo stretto: il liquido
scenderà fuori. In tal guisa i processi verticali devono essere praticati in un
modo graduale nonché assimilati all’interno di una normale vita attiva.
I nostri ostacoli interiori non possono essere eliminati in un giorno, e
questo non solo perché il nostro essere non potrebbe sopportarlo, ma anche
perché la forza che dovremmo impiegare in quest’operazione di pulizia è
ancora piccola e deve essere costruita settimana dopo settimana.
È importante chiarire che non è necessario che le lunghe sedute avvengano
senza interruzioni - al contrario è bello dividerle in due o tre parti. Inutile
aggiungere che una persona può scegliere di praticare non ciascuna
settimana ma ogni due: in meno di un anno avrà comunque completato il
processo.

126
Nota. Si può adottare la seguente variante del Navi Kriya. Dopo aver
cantato Om dal Muladhar fino al Kutastha, il mento è abbassato.
S’incomincia un’espirazione molto lunga, sentendo l’energia che scende
dalla regione del Kutastha verso l’ombelico e, attraversandolo, si muove
verso l’interno della regione addominale, sede della corrente Samana.
Durante quest’espirazione, Om è cantato mentalmente circa 10 - 15 volte,
accompagnando, come tante "piccole spinte", tutto il percorso di discesa
dell’energia. Segue una breve inspirazione [due secondi al massimo] tanto
per risollevare in testa l’energia, senza concentrarsi su alcun Chakra.
La testa ritorna nella sua posizione normale, poi si piega sulla spalla
sinistra – senza girare la faccia – e la procedura è ripetuta: un’altra lunga
espirazione e il canto di Om accompagnano il movimento dell’energia che
discende dalla parte sinistra della testa, lungo la parte sinistra del corpo,
attraversa il lato sinistro della cintura e si muove verso l’interno della
regione addominale. Similmente la stessa procedura è ripetuta con la testa
indietro, poi a destra, poi di nuovo avanti, poi a sinistra, ecc. Trentasei
discese costituiscono la seduta base di questa forma di Navi Kriya.
Ciascuna seduta si conclude col canto di Om dal Kutastha al Muladhar.
[Una simile seduta dura da 8 a 10 minuti.]
Il processo verticale avviene aumentando di multipli di 36 il numero di
discese: 72, 108… finché 36x20=720 discese sono completate. Man mano
che il processo diventa sempre più intimo, i movimenti della testa sono
solo lievemente accennati.

[**]… 36x1, 36x2,….36x20 Pranayama è il piano ideale; 24x1,


24x2,…..24x24 è più lieve ma valido. È importante sottolineare che
quando si praticano più di 100 respiri è bene passare all’Omkar
Pranayama. Se ciascun dettaglio è rispettato come descritto, allora, ad un
certo momento avverrà che la coscienza nuoterà in un’infinita dolcezza, in
una grande e confortante luce spirituale. Siccome questo processo è di
primaria importanza, non ci costa niente spendervi ancora due parole, a
costo di sembrare pedanti.
Dopo 36 respiri è saggio adottare la particolare concentrazione del Samana
Pranayama e dopo altri 36 quella di Shambhavi Pranayama.

La situazione può essere riassunta in questo modo:


1a settimana: 36 Pranayama di base
127
2a settimana: 36 base + 36 Samana Pr.
3a settimana: 36 base + 36 Samana + 36 Shambhavi Pr.
4a settimana: 36 base + 36 Samana + 36 Shambhavi + 36 Omkar Pr.
5a settimana: 36 base + 36 Samana + 36 Shambhavi + 36x2 Omkar Pr.
..... e così via ….finché
20a settimana: 36 base + 36 Samana + 36 Shambhavi + 36x17 Omkar Pr.

[Quando la routine si spezza in due – mattina e pomeriggio – tale spezzamento può


avvenire in diversi modi. Consideriamo, per esempio, l’ottava settimana: [36 base + 36
Samana + 36 Shambhavi + 36x5 Omkar Pr.] La divisione può essere rozza così:
Mattina: 36 base + 36 S. + 36 Sh. + 36x1 Om; pomeriggio: 36x4 Om. Oppure
intelligente: Mattina: 24 base + 12 S. + 36 Sh. + 36x1 Om; pomeriggio: 24 B. + 12 S. +
36 Sh. +36x3 Om.]

NOTE
Abbiamo visto che alle tecniche apprese precedentemente sono stati
aggiunti alcuni dettagli e che l’intera faccenda sembra ora più complicata.
Il motivo è che in un libro è necessario essere il più precisi possibile.
Un lettore ha tutto il tempo per pensare: i suoi dubbi devono essere
prevenuti il più possibile. Alcuni studenti possono uscir fuori con
domande intelligenti che possono trovarci impreparati. Talvolta si può
essere indotti a pensare che essi facciano apposta a complicare le cose ma
non è così. Qualche volta c’indicano dei buchi nelle spiegazioni o delle
contraddizioni. Tenendo ciò in mente, sento come mio dovere quello di
chiarire più cose possibili, anche con il rischio di rendere le spiegazioni
sovrabbondanti. Nella vita reale, allo studente si chiede di praticare, di
risvegliare la sua attitudine autodidattica e di comprendere per conto
proprio le sottigliezze del processo.
Mi sia concesso di spendere due parole su questi nuovi dettagli, poi
passerò a commentare l’argomento che più mi sta a cuore: i processi
verticali.

1….Le scuole che insegnano il Kriya prescrivono che, durante Pranayama,


lo sguardo sia concentrato nel Kutastha; nel Kriya originale sembra ci sia
un po' di confusione su dove la concentrazione debba essere diretta.
Mentre nel capitolo precedente, ho scritto semplicemente: "Gli occhi sono
chiusi, rilassati, come per guardare in lontananza attraverso il Kutastha ".

128
Nel presente capitolo, prima della pratica del Pranayama, ho aggiunto dei
consigli su come centrare l’attenzione sul sesto Chakra nella regione
centrale della testa. Ajna Chakra è come una grotta dove il kriyaban trova
rifugio. In altre parole, mentre segue il movimento di energia attorno ai
Chakra, la consapevolezza si raccoglie spontaneamente proprio in tale
punto. Quando questa condizione è stabile, portata avanti senza sforzo, il
Pranayama riesce perfettamente.
Anche l’apparentemente complesso Samana Pranayama, riesce senza
problemi. Dall’interno di questa grotta ideale, il kriyaban visualizza
simultaneamente l’energia che sale in alto dietro la spina dorsale e anche
l’aria che discende nel basso addome. Durante l’espirazione osserva
l’energia che scende verso il basso, diventa consapevole del movimento
dell'ombelico verso l'interno, percepisce i muscoli diaframmatici e diventa
anche consapevole dell’aria che esce dai polmoni. Tutto questo crea
un’intensa sensazione di calore nella zona dell’ombelico. Un breve stato
estatico ne consegue.
In seguito, durante il Shambhavi Pranayama, il kriyaban avrà
l’impressione che quella stessa grotta in cui la sua coscienza è raccolta sia
sollevata nella Fontanella - o galleggi nel cielo sopra il corpo - e da lì lui
guarda giù il corpo in cui avviene il Pranayama.

2…. La forma evoluta di Maha Mudra, preceduta dai piegamenti in


avanti, è il miglior lavoro che esista per entrare in sintonia con la realtà
Omkar nel suo aspetto più profondo di sensazione di movimento interiore.
Paradossalmente affermo che è meglio limitare la propria pratica soltanto a
questi piegamenti in avanti e al Maha Mudra e poi rimanere seduti in
tranquilla sintonia con la dimensione Omkar, senza Pranayama, che
portare a compimento una pratica isolata del Pranayama priva di questa
premessa.
Molto utile è girare la testa e rimane per alcuni secondi in quella posizione
mentre l’oggetto della concentrazione è la vibrazione e il senso di
pressione nella parte bassa della testa. Assumendo diverse volte tale
posizione e la simmetrica, le due parti del cervello diventano equilibrate
dal punto di vista energetico: questo è riflesso nelle correnti di Ida e di
Pingala, il cui disequilibrio è la ragione principale dell’ostruzione alla base
della spina dorsale. Non sono certo se questi piegamenti provengono da

129
Lahiri Mahasaya, è sicuro che alcuni Suoi importanti discepoli li
insegnarono.

3…Dal punto di vista didattico, quando sono sicuro che la persona lavora
effettivamente con i processi verticali, prendo in considerazione
l’argomento del Kechari Mudra.
Dopo alcuni mesi di Talabya Kriya, quando la punta della lingua, rivolta
leggermente indietro, tocca l'ugola, insegno a spingere in dentro la base
della lingua, premendo con le dita. Un giorno, rimovendo le dita, la punta
della lingua rimarrà come "intrappolata": infatti, il palato molle agirà come
un nastro elastico e, sostenendola, eviterà il suo scivolare in giù.
Questo è un momento decisivo in quanto che, mantenendo la lingua in
questa posizione, alcuni respiri Pranayama possono essere eseguiti.
Ripetendo il tentativo nei giorni che seguono, il Kechari Mudra si
perfezionerà. Dopo una decina di giorni, sarà possibile entrare con la
lingua completamente nel cavo della faringe nasale e rimanervi. Il senso
d’irritazione e l’aumento eccessivo della salivazione saranno superati; da
allora la pratica del Pranayama col Kechari Mudra sarà facile e
confortevole. La lingua toccherà il tetto del palato dentro la faringe nasale
e resterà in posizione verticale.
Alcuni insegnanti consigliano di ruotare la punta della lingua quando
questa tocca l’asperità che si sente nella parte superiore del palato nella
faringe nasale e porre tutta la concentrazione su qualsiasi sapore che si
origina da questa azione.
Quasi tutta la letteratura sul Kriya descrive quanto sia importante percepire
un gusto dolce: il cosiddetto "nettare". Quando avviene - non indotto
dall’autosuggestione – esso regale un grande senso di gioira interiore.
Sin dalla nascita, la nostra energia ha continuato a fluire verso l’esterno
rendendoci incapaci di prendere contatto con la nostra riserva interiore
d’energia. Il principale scopo del Kechari Mudra è di riacquisire tale
abilità; percepire il nettare è il segno che il contatto è ristabilito.
Qualche volta non ci rendiamo conto di quanta energia sprechiamo quando
immaginiamo di parlare ad una persona o comunque esprimere in pubblico
il nostro pensiero. Questo "colloquio interiore" è una maniera perniciosa di
consumare la nostra vitalità.

130
Il Kechari Mudra può mutare quest’atteggiamento nel suo opposto: lo stato
in cui solamente le reali esperienze ed attività quotidiane sono prese in
considerazione e metabolizzate per mezzo dello specchio dell’intuizione.
Per quel che riguarda la mia esperienza, i primi giorni in cui appresi a
inserire la lingua nella faringe nasale, provai un senso di irritazione nella
faringe e un aumento del processo di salivazione con la necessità di
ingoiare molto frequentemente.
Il vero problema fu un senso di "intontimento": le facoltà mentali erano
come opache ma, dopo due settimane, tutto ritornò alla normalità.
Quando il Kechari Mudra, nella sua forma corretta [con la lingua che tocca
il tetto del palato] fu praticato per molte ore, una felicità inusuale fu
percepita durante il giorno successivo alla pratica, anche senza praticare
alcuna tecnica Kriya. Quanto, ispirato dalle parole di Lahiri Mahasaya
secondo le quali la lingua avrebbe potuto essere spinta più in alto e la sua
punta toccare un centro più elevato nella parte superiore della faringe
nasale, estesi la lingua al massimo limite: sperimentai una grande forza di
attrazione verso il Kutastha unita alla sensazione di aver raggiunto, con la
punta della lingua, una posizione che si trova più in alto della precedente.
Come qualsiasi atlante d’anatomia può mostrare, la lingua, completamente
contenuta nella faringe nasale, non può raggiungere alcuna parte superiore
di essa: l’affermazione di Lahiri Mahasaya deve essere presa in senso
simbolico e dovrebbe essere applicata al fatto di sollevare il livello
energetico.

4….Per chiudere queste note, vorrei osservare come la dinamica del


Samana Pranayama ricorda l'asserzione della Gita riguardo allo Yogi
che "offre l'inspirazione all'espirazione, e l'espirazione all'inspirazione".
Nell'Alchimia Interiore dell’Antica Cina questa specie di pratica è
chiamata "quadruplice respirazione immortale" perché ci sono due correnti
di cui si diventa consapevoli durante l'inspirazione e altre due correnti
durante l’espirazione.
La corrente del Prana opera nella zona dei polmoni e quella di Apana
nell'addome: il diaframma le tiene separate.
Se un kriyaban segue strettamente il consiglio di tenere sempre la
concentrazione nella spina dorsale, tutto il processo suddetto è ostacolato.
Ci sono molti devoti che, quando fanno il loro Pranayama, non muovono
la loro consapevolezza di un centimetro fuori della spina dorsale, non
131
cercano nemmeno di sentire il movimento d’energia attorno ai Chakra per
paura di ridursi a praticare una "tecnica meno spirituale". In questo modo il
significato del Pranayama è distorto; il suggerimento che la spina dorsale
dovrebbe essere visualizzata "sottile come il capillare di un termometro" e
l’energia come "il mercurio che sale in esso" deve essere usato solo
durante l’Omkar Pranayama, quando il lavoro iniziale sull’energia
presente nel corpo è già stato fatto!
La ragione di tante distorsioni risiede nella convinzione che gli antichi
trattati dello Yoga siano la base del Kriya. In effetti, oggi ci sono
insegnanti che prescrivono lo studio dell’Hatha Yoga Pradipika come un
prerequisito per ricevere l’iniziazione al Kriya Yoga. Quel testo, assieme al
Gheranda Samhita e Shiva Samhita, non contiene e non può contenere le
basi teoriche di tutte le tecniche Kriya.
Molti sono convinti che Lahiri Mahasaya non portò nulla di nuovo, che
ciascuna parte del suo Kriya possa essere trovata nello Yoga, sia classico
che tantrico. Secondo me, per investigare le origini e l’essenza del Kriya
Yoga è necessario studiare tutti i grandi sentieri mistici e non solo le basi
dello Yoga. Chiaramente non mi riferisco ai sentieri "esoterici" o "magici"
ma solamente a quelli non contaminati, nati spontaneamente al margine
delle grandi religioni o successivamente all'esperienza di un grande
Mistico, spesso perseguitato dai guardiani ufficiali della tradizione
religiosa. Lahiri Mahasaya usò i migliori e più forti metodi a sua
disposizione; il suo sistema è valido e ciascuna delle fasi di esso è
esattamente quella che dovrebbe essere. Il processo del Kriya avviene
anzitutto fuori della spina dorsale, poi dentro e infine dentro il nucleo della
realtà Omkar.

Sui processi verticali…. Condividendo il Kriya con altre persone, ho


costatato che il riuscire a portare a termine i due processi verticali del Navi
Kriya e del Pranayama è un fatto decisivo: uno studente che non abbia la
volontà di completarli, eventualmente con dosi più leggere, difficilmente
procederà su questo sentiero. Farà alcuni esperimenti con i Kriya superiori,
dopo alcuni mesi sarà stanco di tutto e abbandonerà l’intero discorso del
Kriya Yoga. Oppure, dubitando delle tecniche descritte, continuerà a
cercare indefinitivamente il Kriya originale di Lahiri Mahasaya,
frequentando vari siti e Forum. Così va la vita!

132
A chi mi chiede perché cominciare col Navi Kriya, rispondo che la
ragione principale di questa scelta è che il verticale del Pranayama è molto
sottile e quello del Navi Kriya lo prepara nel migliore dei modi. È possibile
intraprendere le prime sedute del verticale del Pranayama non appena è
stato completato metà del lavoro del verticale del Navi Kriya.
Negli altri giorni colui che pratica si può attenere alla routine del Primo
Kriya, mettendo da parte ogni evocazione del concetto di disciplina. Deve
poter anche gioire di giorni in cui non fa proprio nulla.
Sta alla sua intelligenza rendere il più piacevole possibile la giornata
dedicata alla pratica. È bene alzarsi presto e praticare metà
dell’ammontare, concedersi un riposo; al pranzo può seguire una breve
camminata all’aria aperta. Nel pomeriggio l’ultima parte della pratica potrà
essere completata. Di sera, nel caso si possa concedere una tranquilla
passeggiata, una calma potente riempirà la sfera dei suoi pensieri. Allora
verrà la benedizione di un silenzio carico di beatitudine.
A tutti consiglio la variante del Navi Kriya in cui l'energia è guidata
attraverso quattro diverse direzioni dalla testa alla regione della cintura.
L’obiettivo di entrare nella dimora della pace e della tranquillità,
localizzata nel mezzo della regione addominale, è sentito come una meta a
portata di mano, in nessun senso astratta: questo imbriglia l'attenzione in
una maniera impossibile con le altre varianti.
La rotazione dell’energia nella circonferenza della testa ha un forte effetto;
un kriyaban ha una necessità vitale di distribuire la sua energia in parti
uguali in ciascuna parte del suo cervello.
È curioso vedere come alcuni studenti di Kriya, coloro che vogliono
risvegliare il Chakra Sahasrara e si preoccupano di scoprire quale sia il
miglior Mantra da pensarsi nella parte superiore della testa, siano incapaci
di comprendere quale grande utilità, a tal fine, abbia il meccanismo di
quest’ultima tecnica!
C’è anche un’altra cosa da dire: dopo molte ripetizioni di questa forma di
Navi Kriya, prima della lunga espirazione avviene qualcosa di nuovo. Una
piccola resistenza si manifesta come se i polmoni fossero bloccati. Tale
resistenza sembra essere vinta da un qualche cosa che comincia a
penetrare, in un modo veramente dolce, nel corpo.
Questo è l'inizio del Pranayama col respiro interno – argomento di grande
importanza che sarà sviluppato dettagliatamente nel capitolo XII.

133
L'effetto psicologico, tipico di questa pratica, è quello d’unificazione. È
come se tutte le sfaccettature diverse della propria personalità si unissero e
consolidassero in qualcosa di nuovo e nello stesso tempo molto antico.
Alla fine di questo processo, si avrà l’impressione che epoche siano
passate!

Per quanto riguarda il verticale del Pranayama, va chiarito che durante


ciascuna fase del processo, è importante mantenere sempre un filo di
respiro, fino al completamento del numero che si è deciso di praticare. In
altre parole, il processo non deve mai diventare puramente mentale.
Durante l’intero corso della pratica, un kriyaban impara a mantenersi
sempre sulla sottile linea di confine tra lo stato di respiro e quello di non
respiro. È importante rassicurare il kriyaban che qualsivoglia stato d’animo
sgradevole dovesse apparire, non durerà a lungo; esso è il segno di un gran
processo di cambiamento che sta avvenendo all’interno. Quando la
trasformazione sarà completa, ne verrà un incomparabile senso di
soddisfazione.

La mia esperienza … L’unico problema incontrato fu quello che, nel


corso delle giornate impegnate in tale compito, sullo schermo interiore
della consapevolezza apparivano molte visioni che erano naturalmente
sogni ad occhi aperti. Questo è il motivo per cui fui spinto a praticare
talvolta con gli occhi semichiusi. Questo disturbo – ora lo considero un
processo fisiologico – non poteva essere evitato in alcun modo. Non mi fu
d’aiuto il praticare il Maha Mudra diverse volte; mutare la posizione delle
gambe, come pure interrompere per una breve pausa la pratica. Nel già
citato libro I racconti di un pellegrino russo il protagonista descrive come
la nube dei suoi pensieri lo circondava ogniqualvolta praticava il suo
metodo di preghiera: egli sperimentava «una gran pesantezza, letargia, noia
e un’invincibile sonnolenza». Questo è un fenomeno universale: un
kriyaban dovrebbe acquisire l’abilità di mantenersi pienamente
consapevole, pur restando in quello stato di diffusa ed irresistibile quiete
che sembra precedere il sonno.
Solo quando accettai pienamente di osservare da testimone una continua
profusione d’immagini provenienti dal mio passato, quando smisi di
combatterle nel tentativo impossibile di bloccarle, avvenne un miracolo.
Invece di dare origine ad una catena incessante di pensieri, quelle
134
immagini si trasfigurarono in una bellezza senza fine, scomparvero come
se la loro vera essenza fosse solo beatitudine.
L’azione del Navi Kriya, mi riportò in mente il calmo comportamento di
Achab nel Moby Dick di Melville: «Il percorso verso il mio scopo fisso è
posato con sbarre di ferro, su cui la mia anima è scanalata per correre.
Nulla è da ostacolo, nulla forma un angolo alla mia strada di ferro!»
Un filo interno collegava tutte le mie azioni passate e le forze che ora mi
guidavano. Era chiaro che, attraverso mete intermedie, avevo sempre
cercato la realizzazione mistica. Fui felice di vedere come mi ero sempre
accordato il diritto e la dignità di muovermi, nella vita, secondo la mia vera
natura.
Mentre tentavo di sondare le oscure sorgenti da cui si era originata la mia
vita attuale, consapevole dell’impossibilità di discernere il nucleo della mia
personalità, vi gettai uno sguardo furtivo. Il mio cuore era afferrato dalla
certezza che qualche cosa di puro, incantevolmente puro, presente in
passato, stava emergendo di nuovo nella mia vita. Non appena gli effetti
della pratica si cristallizzarono nella mia coscienza in un ordine totale e
diedero origine ad un'azione coerente, cominciai a percepire una reazione
violenta nelle altre persone. [In qualcuno vidi un atteggiamento di
disperata difesa; era come se il mio stesso esistere li minacciasse. La cosa
strana è che il loro comportamento era sempre stato positivo e gioviale con
me e questo sentimento era reciproco. Talvolta mi chiedo se il mio
progresso gli rivelava alcuni dei loro, presunti o reali, difetti.]

Per quel che riguarda il Pranayama, raggiungere le 720 ripetizioni di


esso non fu un lavoro estenuante ma naturale; dopo ciascuna pratica
sentivo intensamente il miracolo di questa nuova epoca della mia vita.
Nell’ora del tramonto, praticando in campagna con gli occhi semichiusi, il
mio Pranayama assumeva la consistenza del cielo. «Abbastanza,
abbastanza della mente e delle sue false stelle - ripetevo le parole di Sri
Aurobindo - accendiamo i soli che mai si spengono!»

135
TABELLA RIASSUNTIVA
Routine dopo
Durata di una Quantità per Verticals - if prescribed - to be
Tecnica settimane o
unità cominciare done once in a lifetime
mesi
Talabya Kriya 1.5 -2 sec 10 50 ---------------
Om Japa 30 sec 6 to 12 6 to 12 ---------------

Pranayama di Il verticale del Pranayama è una


base 18 -20 sec; 24 - 36 combinazione di quello di base,
12
[con o senza fino a 45 sec max108 del Samana, del Shambhavi e
Kechari dell’Omkar [vedi]
Mudra]
Per ogni 12
[un’unità è tre
Pranayama,
estensioni]
Maha Mudra 3 x 3 est. oltre 36, si ---------------
60 - 80 sec
aggiunge un
Maha Mudra
4x1,4x2, … ,4x20
Navi Kriya 140 -160 sec 4 2-4 Assai noioso: molto meglio la
variante evoluta
Variante [un’unità è 36
evoluta del discese] 1 1 1x1,1x2,…1x20 [S]
Navi Kriya 8-10 minuti
12 - 24 [dopo
12 [dopo un
un minimo di
Samana 18 - 20 sec; minimo di 12
12 Vedi Omkar Pranayama
Pranayama fino a 45 sec Pranayama di
Pranayama di
base]
base]
12-24 [ dopo
12 [ dopo un
un minimo di
Shambhavi 18 - 20 sec; minimo di 36
36 Vedi Omkar Pranayama
Pranayama fino a 45 sec Pranayama –
Pranayama –
base e Sam.]
base e Sam.]

36 base; 36 base + 36 Sam; 36


12 [ dopo un 12 [ dopo un
base +36 Sam + 36 Shamb;…
Omkar minimo di 24 minimo di 24
20 sec quindi si aggiunge 36x1 Omkar,
Pranayama Pranayama – Pranayama –
36x2 … 36x17 per un totale di
base e Sam.] base e Sam.]
36x20 respiri [G]

Pranayama
mentale e
Un tempo
Omkar
2 - 4 minuti Diversi giri totale di 10- ---------------
Pranayama
20 minuti
col respiro
calmo

1 “giro”
Yoni Mudra 1 “giro” 1 “giro” Il canto di Om è incrementato di
uno al giorno fino a 200 [G]

[S] = il lavoro è fatto una volta la settimana: durante gli altri giorni si possono praticare delle
dosi minime della stessa tecnica.

[G] = la tecnica è praticata ogni giorno ed è aumentata di un’unità il giorno.

136
CAPITOLO IX KRIYA SUPERIORI

PRIMA PARTE: THOKAR PER SCIOGLIERE IL NODO DEL CUORE

I Kriya superiori sono stati concepiti in modo specifico per sciogliere


il nodo del cuore (Hridraya ovvero Vishnu Granti) e quello del Muladhar
(Brahma Granti): i sigilli che proteggono - come Mère direbbe - il nostro
«diritto al dolore e alla sofferenza».

Ci occuperemo dell’argomento nodi nel capitolo XI. I nodi [lingua, ombelico,


cuore e Muladhar] tendono ad ostacolare tutto il processo Kriya quasi come se
essi fossero stati concepiti per preservare indefinitamente la nostra ignoranza.
Essi ci separano dall’infinita riserva di energia tutto attorno a noi, nutrono il
mondo delle emozioni superficali e dei pensieri e sono la causa prima di tutte le
nostre miserie.
La frase di Mère si riferisce al fatto che c’è una salda tendenza in noi a
conservare per sempre il nostro stato presente.

La fase del sentiero Kriya che stiamo per affrontare è di importanza


eccezionale; l’argomento è difficile, estremamente sottile e affascinante
oltre ogni immaginazione. Prima di affrettarsi a fornire le descrizioni
tecniche, chiariamo alcuni punti importanti.

I…. La pratica dei Kriya superiori avviene sempre dopo il Navi Kriya,
all’interno di una routine come quelle descritte nei capitoli precedenti.
L’unica eccezione a questa regola è quando il kriyaban è un esperto e
riesce a creare in pochi istanti una buona condizione d’interiorizzazione,
senza servirsi di alcuna tecnica introduttiva. In tal caso - il suo respiro
rimane calmo, egli percepisce i suoni interiori e il senso di beatitudine
continua ad aumentare – può evitare il Pranayama e il Navi Kriya.
Dopo aver completato la pratica dei Kriya superiori, al fine di entrare in
uno stato di perfetta quiete, fisica e mentale, il kriyaban può fare tre respiri
profondi, ciascuno che finisce con un’espirazione rapida e completa come
un sospiro. Poi sale e scende con la sua consapevolezza nei Chakra - come
già descritto nella procedura del Pranayama Mentale.

II…Per quanto riguarda le dosi specifiche previste per i Kriya superiori


come ci sono state tramandate dalla tradizione, colui che pratica può
scegliere di adottare anche dosi inferiori e ottenere lo stesso degli effetti
137
degni di nota. Il sentiero del Kriya è un cammino attraverso il quale
acquistiamo sempre più libertà e quindi è sempre un'esperienza gioiosa.
Non deve essere vissuto come un’amara costrizione. Se qualche insegnante
ne dà quest’errata idea, ciò è dovuto a problemi psicologici o
condizionamenti che sono soltanto suoi. Conoscendo il valore dei processi
verticali, si capisce quanto sia vitale, almeno una volta nella vita, provare a
completare le dosi canoniche.

III…. Queste tecniche dovrebbero sempre cooperare a stabilire un


fondamento d’armonia e di calma. Colui che pratica dovrebbe osservarsi
obbiettivamente e accorgersi se qualcosa non sta andando per il verso
giusto. In questo caso il consiglio di un esperto è altamente raccomandato.

IV… In India, il modo in cui uno studente pratica il Kechari Mudra è


cruciale per la sua iniziazione ai Kriya superiori. Gli Acharya indiani
chiedono di vedere l’esecuzione effettiva del Kechari; domandano che si
apra la bocca di fronte a loro e controllano che la lingua scompaia nella
cavità nasale.
Sono d’accordo sul fatto che praticare i Kriya superiori con la lingua posta
nella faringe nasale sia diverso dal praticare mantenendo la lingua in
posizione normale. È spiegato che la pressione interna prodotta dal
Kechari, fa sì che il Thokar funzioni nel modo più efficace.
D’altro canto, il Kechari può essere veramente difficile, quasi impossibile
per alcune persone. Allora la pratica dei Kriya superiori deve essere
evitata? La mia opinione su questo argomento è che Lahiri Mahasaya
chiedeva certamente uno sforzo regolare nel Talabya, ma che abbia
concesso l’iniziazione al Thokar anche a coloro che non riuscivano ad
assumere la posizione corretta della lingua. La sua attitudine, il suo
prendere parte alle sofferenze umane m’inducono a credere in questo.
Con una pratica regolare del Talabya Kriya - prima del Pranayama o in
qualsivoglia momento della giornata - molti effetti tipici del Kechari
possono essere ottenuti. Il Kechari possiede diversi gradi: molti sono
capaci di tenere la punta della lingua sull'ugola, ma non di entrare
completamente nella faringe nasale o toccare una particolare zona nella
parte più alta del palato. Credo che le prime tappe di esso permettano di
ricevere grandi risultati con la forma semplice del Thokar che vediamo tra
poco.
138
Non voglio essere capito male! Non sto dicendo che il Kechari non sia
importante; sono consapevole che esso sia un mezzo efficace e potente -
mostrerò la grande importanza che esso riveste nella forma evoluta del
Thokar.

Forma semplice del Thokar

Una volta completato il processo verticale del Navi Kriya e del


Pranayama è il momento di godersi la magia, la bellezza di quella pratica
meravigliosa che è il Thokar Kriya. Cominciamo col descrivere una forma
semplice di esso - la quale, comunque, contiene tutti gli effetti benefici
della forma evoluta del Thokar e perciò è sufficiente a portare avanti un
enorme sforzo diretto a sciogliere il nodo del cuore.
Per cominciare si crea lo stesso ambiente dell’Omkar Pranayama. Le
sillabe del Mantra "Om Namo Bhagabate Vasudevaya" toccano ciascun
Chakra. Thokar significa aggiungere dei movimenti della testa che sono
molto più intensi di quelli dell’Omkar Pranayama: una rotazione completa
antioraria seguita da un movimento abbastanza brusco diretto verso il
centro del torace.
La tecnica inizia con il mento abbassato sul petto. S’inspira lentamente
sollevando la consapevolezza lungo la colonna spinale, toccando i relativi
centri con le sillabe [la sillaba Om è posta mentalmente nel primo Chakra,
Na nel secondo, Mo nel terzo, Bha nel quarto, Ga nel quinto e Ba in
Bindu]; nello stesso tempo il mento è sollevato simultaneamente come a
seguire il movimento interiore. Durante l’inspirazione, i muscoli alla base
della colonna spinale sono contratti. L'energia che sale tocca la parte
interna della spina dorsale entrando idealmente in ogni Chakra. Quando il
mento è sollevato, parallelo al suolo, l’inspirazione finisce e la percezione
si trova in Bindu. Il respiro è trattenuto, la contrazione dei muscoli è
mantenuta. La testa comincia la sua rotazione movendosi verso la spalla
sinistra [l’orecchio sinistro viene avvicinato alla spalla sinistra, la faccia
non si gira né a destra né a sinistra, inoltre il movimento non prevede alcun
sobbalzo], Te è pensato nel Midollo allungato. La testa s’inchina
leggermente indietro e, tracciando un arco, raggiunge la spalla destra
[l’orecchio destro si avvicina alla spalla destra], la sillaba Va è pensata nel
Chakra cervicale. La rotazione prosegue, la testa viene in avanti e si
muove verso sinistra ritornando al punto dove la rotazione era
139
incominciata, quindi l’orecchio sinistro si avvicina alla spalla sinistra [la
faccia è sempre rivolta in avanti]. Da qui il mento va in giù diagonalmente
a colpire il centro del torace mentre, con particolare intensità mentale, Su è
fatto vibrare nel Chakra del cuore.
[Un Kriya Acharya esperto mostra come il colpo fisico non è forte, ma in
ogni caso crea un notevole effetto interiore. Lasciar semplicemente che il
peso della propria testa diriga il mento verso il petto è una azione troppo
potente e dannosa. Lo sforzo fisico molto accurato è volto
contemporaneamente ad abbassare il mento, resistere alla forza di gravità e
a concludere con un leggero, ma sentito intensamente all’interno del quarto
Chakra, sussulto.]
La consapevolezza rimane ferma in tale zona per un secondo o più, tanto
quanto basta per sentire un'irradiazione che parte da tale Chakra. La testa
rimane giù, la contrazione alla base della spina dorsale è rilassata; per
mezzo di una espirazione molto sottile le rimanenti sillabe sono "poste" nei
primi tre Chakra: De nel terzo, Va nel secondo, Ya nel primo Muladhar.
[La durata del tutto è di circa 24 secondi.]

Per alcune settimane il kriyaban è guidato a ripetere questa tecnica dodici


volte. Poi è guidato ad aumentare gradatamente le ripetizioni fino a 36. La
presenza di problemi fisici [le vertebre cervicali sono molto sensibili!] può
richiedere che il mento non sia forzato verso il petto con un movimento
brusco. Se è necessario optare per un movimento più delicato, la

140
percezione dell’energia nel quarto Chakra è creata dal puro potere della
concentrazione.

Variante
Tutto è identico, inspirazione, movimenti della testa, dosi, tranne il
dettaglio seguente: quando la testa si avvicina alla spalla sinistra Te è
pensato nel Chakra del cuore; quando la testa si avvicina alla spalla destra
Va è pensato nel Chakra del cuore.
[Su è fatto vibrare nel Chakra del cuore e le rimanenti sillabe sono "poste"
nei primi tre Chakra.]
Mentre nella forma precedente di Thokar un flusso di energia e di luce
interiore si muoveva dal Midollo allungato al Chakra del cuore,
attraversando il Chakra cervicale, una particolare percezione interna può
accompagnare l’atto di porre mentalmente le tre sillabe Te Va Su nel
Chakra del cuore.
Se questo Chakra è visualizzato come un disco orizzontale delle
dimensioni di una moneta - dal diametro di circa tre centimetri - un flusso
d’energia, la sensazione di qualcosa che si muove, può essere proiettato dai
movimenti fisici della testa sulla superficie di questo disco.
Per essere precisi, quando la testa si muove verso sinistra, si sente un
flusso energetico interiore che si muove verso sinistra; quando la testa si
muove verso destra si percepisce un movimento verso destra; quando la
testa ritorna verso la spalla sinistra questo movimento interiore si muove a
sinistra e quando il mento si abbassa, questo movimento interiore disegna
l'ultima parte di un’ideale "S" disegnata dal basso verso l’alto.
Naturalmente va rilevato che la tecnica è efficace anche senza questa
percezione.

Thokar con la ripetizione dei movimenti

Il Thokar con la ripetizione dei movimenti durante un unico respiro è


una tecnica veramente stupefacente. Essa crea un aumento di energia e di
calore nel quarto Chakra; questo produce una ubriacante esperienza di
gioia.

141
Ci troviamo nello stesso ambiente dell’Omkar Pranayama. Anche qui
le sillabe del Mantra "Om Namo Bhagabate Vasudevaya" toccano, in salita
e in discesa, ciascun Chakra.
Trattenendo il respiro - al termine dell’inspirazione - quando l’energia è
nella testa, il kriyaban ripete l’intero insieme dei movimenti della testa
ponendo diverse volte le sillabe Te Va Su dove abbiamo già chiarito che
sono poste. [Viene scelta una delle due precedenti varianti: o nel Midollo
allungato, Chakra cervicale e Chakra del cuore o soltanto nel Chakra del
cuore.]
La tecnica si conclude esattamente come la precedente, ponendo le sillabe
De, Va e Ya nei rispettivi Chakra.
Questa tecnica si pratica una sola volta, all’interno di un solo respiro. Di
solito nei primi giorni in cui si sta familiarizzando con la tecnica, il
kriyaban è guidato a ripetere, l’intero insieme di movimenti per 12 volte e
ciò può durare circa 70-80 sec, inspirazione ed espirazione incluse.

Ora affrontiamo l’istruzione di incrementare i movimenti della testa di


uno il giorno fino a 200 ripetizioni, che il Kriya giudicato idoneo dal suo
insegnante riceve - sempre trattenendo il respiro!
È assolutamente necessario comprendere il senso di quest’istruzione!
Cercare di fare un gran numero di rotazioni ad alta velocità con
l’ossessione di trattenere il respiro è assurdo. È una violenza verso il
corpo! È falso anche affermare che questo potere viene col tempo anche
con l’aiuto del Kechari Mudra - non viene e non può venire! In altre
parole, è un fatto impossibile.
Il segreto è portare l'energia in alto, raccolta nella parte alta del torace
senza badare con troppa ossessione se una minima quantità d’aria si muove
fuori e dentro nel corpo. Con l'intenzione di non respirare, il che non
significa trattenere il respiro, [sembra la stessa cosa ma non è così] si
procede in modo rilassato. L'esperienza è piacevole, il senso di calore e la
gioia elettrizzante che scaturiscono nella regione del quarto Chakra, fanno
sì che il kriyaban prova la sensazione che il respiro sia scomparso.
Una piccola espirazione quasi certamente avviene quando il mento si
abbassa sul petto; similmente una piccola inspirazione si produce quando il
mento viene di nuovo sollevato.
Una molecola d’aria che passa attraverso le narici non può annullare
completamente il valore della tecnica!
142
Per concludere, soltanto l’intuizione che nasce dalla meditazione e il
controllo di un insegnante esperto può guidare un kriyaban ad intuire qual
è il modo corretto di praticare questa tecnica e il numero ideale di rotazioni
adatto a lui.

OSSERVAZIONI

Lahiri Mahasaya, nei suoi diari, spiegò che quando il plesso cardiaco
è colpito fortemente - col Thokar - il Prana legato al respiro «è diretto
verso l’interno, uno stato spontaneo di profondo assorbimento avviene e
c’è la stabilità nello stato quieto del Kriya per un periodo prolungato».
Questa è la condizione ideale per ascoltare i suoni astrali interiori,
specialmente quello che ricorda i lontani rintocchi di una campana lontana.
Lahiri Mahasaya lo descrisse come quello «prodotto da molte persone che
continuano a colpire il disco di una campana», un suono continuo «come
l’olio che fluisce fuori da una bottiglia».
Le procedura indicata sopra come "Thokar con la ripetizioni dei
movimenti" non dovrebbe mai rimpiazzare in modo definitivo la forma
base. L’azione ripetuta - respiro dopo respiro - esercitata sui Chakra
inferiori, dalle sillabe De, Va e Ya - pensate intensamente, senza fretta –
stimolerà l’attività dei primi tre Chakra. Una irradiazione di energia verrà
percepita particolarmente nel primo Chakra; il kriyaban noterà come la
pratica del Pranayama migliorerà sostanzialmente.
I giorni in cui un kriyaban utilizza qualsivoglia procedura Thokar sono
immersi in un sentimento d’amore bruciante; egli percepisce nel cuore una
presenza veramente confortante. Si muove attorno come se portasse nel
cuore un braciere. Lahiri Mahasaya scrisse che il Thokar crea un «forte
stimolo nella regione del cuore, volta a rimuovere l’ostruzione che lì si
trova, aprendo le porte del tempio interiore». Scrisse che un kriyaban ne
verrà toccato nel profondo e imparerà a vedere quello che altri non possono
o non vogliono vedere. Il nodo del cuore è la causa principale della
tendenza umana di essere influenzati da altre persone, da chiese e da
organizzazioni in generale. Osservando quante illusioni vengono diffuse
dalle religioni e dalla varie sette, cresce la sua partecipazione al dolore
altrui. Prova dolore per quelle persone che, nella profondità della tragedia,
continuano ad implorare il loro Dio non con uno spirito autenticamente
religioso ma quasi costretti ad assumere un atteggiamento supplice dalla
143
paura di calamità ancora peggiori. Qualche volta il sentimento di questa
condizione umana devastante riempie il suo cuore di un pianto che è come
una dolorosa morsa che sembra lacerare il suo petto.
Tagliare il nodo del cuore significa provare un dolore "pieno di
beatitudine". È di una tale intensità d’amore!
Il centro della propria personalità non risiede più nella mente, nel cervello,
ma nel cuore; un modo diverso di guardare alla vita nasce.
La tecnica del Thokar contrassegna uno dei più bei momenti della vita
di un kriyaban. Questi ha la sensazione che la dimensione paradisiaca
dell’aldilà sia divenuta una sola cosa con la sua vita reale. È come se,
continuando a vivere, egli già percepisse quella dolcezza, con la certezza di
appartenervi definitivamente. Inebriato da questa nuova condizione,
paragonandola con quella dei mistici, si chiede come e se riuscirà a portare
avanti il suo ruolo nella vita quotidiana senza essere paralizzato da tale
beatitudine!

Consideriamo ora il principale risultato che si stabilisce, sempre più


chiaro con il trascorrere degli anni. Esso può essere definito come il potere
di dominare le emozioni superficiali; questo ha una profonda conseguenza
nella vita pratica. Apriamo una parentesi e osserviamo che cosa significa
maturità emotiva.
La discriminazione dovrebbe sempre essere la qualità principale che
presiede al nostro modo di vivere fra le altre persone, non ci dovrebbe
essere perciò posto per alcuna decisione frettolosa. Spesso emozioni
violente, frenetiche ed isteriche sorgono improvvisamente nel nostro essere
e poi scompaiono: esprimono una realtà privata d’autentica profondità ma
possiedono una forza propulsiva che termina in azioni affrettate, vissute in
una specie di febbre cerebrale nutrita da un angusto piacere viscerale.
Mentre la passione infiamma l’intero essere, non è possibile ascoltare la
guida del buon senso: perciò impegnativi schemi di comportamento -
quelli che ci spingerebbero verso uno stadio più evoluto e completo
dell’esistenza - cedono spesso ad arresti irrevocabili.
Qualche volta decisioni fatali cominciano a prendere forma nella nostra
immaginazione qualche tempo prima - proprio come in estate i grani di
grandine sono creati, condensati ed ispessiti nell'aria prima di precipitare
sulla terra producendo tutti i disastri - specialmente quando ci attardiamo a
fantasticare su come cambiare in meglio la nostra vita. Durante quei sogni
144
ad occhi aperti, quando ci afferra l'idea di evitare qualche cosa di difficile,
galleggiamo in una felicità illusoria. Questa prospettiva sembra dare più
"luce" alla nostra esistenza, e ciò che in passato ci avrebbe fatto
vergognare per viltà, ora sembra brillare all'orizzonte della nostra esistenza
come il riflesso di un cielo sereno e trasparente luccica sul flusso della
corrente. Una persona non solo si consola progettando di rimandare un
difficile esame universitario, ma abbraccia, all'improvviso, il progetto di
abbandonare l’intero corso di studi.
Il danno che le emozioni fanno è di renderci ciechi: non riusciamo a
vedere che questo salto ideale ed improvviso nella "nuova felice
condizione" distruggerà per sempre una grande insostituibile occasione di
crescere.
Nello stesso modo avviene la decisione di porre fine bruscamente ad una
difficile relazione umana. Qualche volta siamo fiduciosi che un’importante
nostra relazione non potrebbe che procedere per sempre proprio come
adesso, senza che avvenga mai nulla di nuovo; rilassati, non possiamo
considerare seriamente nulla che possa anche lontanamente minacciare la
nostra infantile immaginazione di essere giunti ad una sintonia perfetta con
un altro essere umano.
Appena viene dall’altra persona il minimo cenno che qualche cosa in
questo legame dovrebbe essere riconsiderata, ricostruita diversamente o
comunque discussa con serenità e impegno, reagiamo come se un’inutile e
crudele violenza da parte di quella persona venisse a ferire il nostro essere.
Sentiamo come se l’altro non apprezzasse la pace presente e, con sadismo,
volesse tirare fuori argomenti inutili onde produrre discussioni snervanti.
Eventualmente noi vorremmo posticiparle, o meglio non affrontarle mai,
perché con tutto il nostro essere decretiamo che esse non sono di alcun
valore.
E se alla fine riconosciamo la reale necessità di affrontare una discussione
sgradevole, ritornando eventualmente su argomenti che credevamo di
avere risolto ed esaurito perfettamente in passato, ci sembra come di
ingoiare un pezzo di pietra nera dai bordi taglienti.
Chi crede di ascoltare il suo cuore, ma in realtà è guidato dalle emozioni
più violente, può, in tale occasione, con un'azione di "raggiante" libera
volontà, che rende sconcertati gli astanti, rompere definitivamente la
relazione suddetta, rifiutando ogni discussione. Negli istanti seguenti,
specialmente quando ci potrebbe essere ancora la possibilità, quindi il
145
"rischio" di ritornare sui propri passi, l'orgoglio preverrà su tutto,
ingrandendo all’eccesso l’eccitante piacere presente.
L’esistenza apparirà ora splendida, come non lo era mai stata, la persona si
sentirà come rinata dopo una lunga e sofferta malattia e godrà d’ogni
minima azione con un’ininterrotta voluttuosità, circondata da lampi
d’azzurro. Ma è questa la libertà? È questo l’agire col cuore di cui tanti
parlano?
Come potrebbe essere definita felicità il camminare fra le ceneri di quello
che, pazientemente e con molti sacrifici, era stato costruito in anni e per il
quale avevamo tremato, pianto forse? Eravamo totalmente ciechi? No, la
cecità è nel cedere ora ad una rovinosa emozione! Questa è per la nostra
vita come un asteroide che precipita nell'atmosfera terrestre provocando
fuochi e distruzione. Dopo un po’ di giorni, la persona che ha preso
quell’infelice decisione sentirà un peso nel suo petto; una tristezza
indefinita tinta di pessimismo verso le relazioni umane rivelerà che
quest’esperienza non è stata per nulla un "volo verso l'alto."
Una parte del proprio essere è persa per sempre, intrappolata in quella
relazione, appartenente ad un passato che non si sa ritrovare, che è
irraggiungibile dalla coscienza la quale teme di non sopravvivere alla nuda
verità del pieno ricordo.
Il sottile inganno della mente stabilirà in noi la convinzione che avevamo
vissuto una relazione con la persona sbagliata, e questo sarà ciò che
affermeremo affrettatamente e perentoriamente a chiunque oserà farci
riconsiderare l’episodio, tanto per tappargli la bocca.
Ripeteremo di «avere agito con il cuore». Eppure nella nostra azione
affrettata, come possiamo pretendere di averlo ascoltato? Il cuore chiede
un silenzio onnicomprensivo per far sentire la sua voce in mezzo al coro
dei luoghi comuni. Chi agisce obbedendo alle leggi del cuore non ha mai
fretta, perché sa che la sua visione è incrollabile, che sopravvivrà ai
barlumi passeggeri degli inganni momentanei.
Come un martello pneumatico, il Thokar distrugge i muri grigi della
prigione che uno si è auto creato, chiarisce alcuni meccanismi psicologici
perversi che hanno condotto a delle errate decisioni e ad una quasi
quotidiana violenza alle proprie necessità. La sua pratica intensa,
entusiastica conduce il kriyaban verso la maturità emotiva; le sue decisioni
prenderanno origine dalla reale saggezza e non dalle emozioni superficiali.

146
La sua azione non ha paragoni; ogni seduta equivale a scavare il letto per
un fiume d’ispirazione nei terreni aridi della propria acquisita indifferenza,
dove la nostra primitiva speranza possa fluire di nuovo.
La vita è dura; quando la fibra morale di un uomo è ferita, questa rinascita
non si ottiene con i normali mezzi d’auto-analisi. La guarigione non
avviene per mezzo dell’intelligenza, né di qualsivoglia comprensione
teorica, ma attraverso un’infinita bruciante ebbrezza che è il peculiare
risultato del Thokar. L’impatto di un Thokar fatto con passione riesce ad
alienare uno da se stesso, isolarlo dalla sua vita e svelargli una superiore
via onde incominciare una nuova vita.

SECONDA PARTE: FORME EVOLUTE DI THOKAR PER AGIRE SU


ENTRAMBI I NODI DEL CUORE E DEL MULADHAR

Abbiamo notato come alcune scuole di Kriya pongano la pratica del


Maha Mudra e dello Yoni Mudra alla fine della routine Kriya. Questo
serve per aprire il nodo del Muladhar. Tale azione rappresenta l’ultimo
passo sul sentiero spirituale ed è perciò corretto praticare entrambe le
tecniche per ultime. Praticare tali tecniche con profonda consapevolezza
significa unire le correnti di Prana e Apana, guidare la loro unione ad
entrare nel Sushumna e attrarla verso l’alto. Quest’azione rivelerà il
mistero dell’occhio spirituale. Se di solito ci comportiamo differentemente
[pratichiamo il Maha Mudra prima del Pranayama e lo Yoni Mudra prima
di andare a dormire] questo è perché il Maha Mudra è anche molto utile
per preparare il nostro corpo per il Pranayama e perché facciamo in modo
che lo Yoni Mudra raccolga lo sforzo di tutto il giorno e lo diriga nel
Kutastha quando siamo prossimi a distenderci per dormire di notte.
L’azione di queste due tecniche alla fine della nostra routine è sostituita dal
Pranayama mentale o da tecniche più evolute come quelle che stiamo per
introdurre tra ora.

147
Forma evoluta di Thokar

I movimenti sono un po’ diversi dal Thokar visto sopra, solo la parte
finale che porta il colpo nel cuore rimane identico.
La tecnica inizia con il mento abbassato sul petto. S’inspira lentamente
sollevando la consapevolezza lungo la colonna spinale, toccando i relativi
centri con le sillabe [la sillaba Om è posta mentalmente nel primo Chakra,
Na nel secondo, Mo nel terzo, Bha nel quarto, Ga nel quinto e Ba in
Bindu]; nello stesso tempo il mento è sollevato simultaneamente come a
seguire il movimento interiore. Durante l’inspirazione, i muscoli alla base
della colonna spinale sono contratti e le mani con le dita intrecciate sono
poste sull'area dell'ombelico come per spingere la regione addominale
verso l'alto, creando così una pressione mentale sui primi tre Chakra.
L'energia che sale tocca la parte interna della spina dorsale entrando
idealmente in ogni Chakra. Quando il mento è sollevato, parallelo al suolo,
l’inspirazione finisce e la percezione si trova in Bindu. Il respiro è
trattenuto, la contrazione dei muscoli è mantenuta.
La testa si muove verso sinistra - senza volgere la faccia - va un po’
indietro, poi compie due azioni in contemporanea: la prima è di ritornare
nella posizione centrale, la seconda di sollevare il mento.
Proprio in quell’istante avviene un’intensa percezione del Midollo
allungato – egli percepisce come se tale centro toccasse il Bindu e i due
divenissero una cosa sola. In quell’istante la sillaba Te è vibrata
mentalmente nel Midollo allungato, percependo che, da lì, raggiunge il
Kutastha e vi esplode.
La rivelazione del Kutastha può avvenire proprio in quell’istante.
Questo evento possiede sia un aspetto passivo [una pura percezione di un
qualche cosa che è indipendente dal nostro potere di volontà o da qualsiasi
capacità di visualizzazione] sia un aspetto attivo [il fatto di spingere la
lingua in alto e in avanti come una spinta per entrare nel Kutastha simile a
una Yoni].
Qui il lettore non ha bisogno di ulteriori parole per comprendere lo
straordinario valore della posizione della lingua nel Kechari Mudra!
Il kriyaban fa uno sforzo per raggiungere con la lingua una posizione più
in alto e più in avanti e proverà la sensazione di aver raggiunto e toccato il
Kutastha.

148
Prima del movimento della testa una parziale sensazione di luce è presente
nel centro di Bindu, essa discende a sinistra, curva ed entra nel Midollo
allungato: qui esplode nella grande luce dorata - bianca dell’occhio
spirituale.
Riprendiamo la descrizione della tecnica.
Dalla posizione col mento in su, la faccia si gira a destra, poi a sinistra e
durante questo movimento il quinto Chakra è percepito - la sillaba Va è
fatta vibrare mentalmente in esso. Quindi dalla posizione a sinistra il mento
va a toccare il centro del petto e la sillaba Su è fatta vibrare nel Chakra del
cuore.
[Possiamo osservare come la sensazione luminosa sembra fluire verso la
parte destra del petto - accompagnando il movimento fisico della testa. Poi
curva e va verso sinistra attraversando il quinto Chakra cervicale e quando
il mento colpisce il petto, si piega in basso ed entra nel cuore.
Questo flusso interno, collegante i tre Chakra superiori [Midollo allungato,
quinto e quarto] col Bindu è una approssimazione del movimento
Trivangamurari - movimento a tre curve - che incontreremo più
profondamente nelle tecniche descritte nel prossimo capitolo.]
Si rilassano i muscoli alla base della spina dorsale e si pongono, espirando,
le rimanenti sillabe De Va Ya nel 3°, 2° e 1° Chakra rispettivamente.
Per alcune settimane il kriyaban è guidato a ripetere questa tecnica dodici
volte. Poi è guidato ad aumentare gradatamente le ripetizioni fino a 36.
La presenza di problemi fisici [le vertebre cervicali sono molto sensibili!]
richiede movimenti più delicati. Il kriyaban è guidato a dare particolare
attenzione a questo dettaglio.

Nota.
Come nella precedente tecnica Thokar, l’intero insieme dei movimenti
della testa, trattenendo il respiro, può essere ripetuto.
Le considerazioni su questa procedura sono le stesse: essa può essere
praticata non trattenendo con sforzo il respiro ma portando l’energia in
alto, nella parte alta del torace. Quello che vogliamo aggiungere ora è che
quando una persona tenta di aumentare in questo modo il numero dei
movimenti della testa, si accorge che questa procedura evoluta del Thokar
è troppo elaborata / complessa a tal fine.
Possiamo supporre che da questo fatto nacque la forma semplice del
Thokar come altre forme ancora più semplici.

149
Thokar su tutti i Chakra

Questa tecnica è molto delicata per quel che riguarda il gestirne gli
effetti. I primi due movimenti della testa rimangono gli stessi ma il colpo
finale è ripetuto e diretto anche verso i Chakra inferiori.
Dopo aver posto – come descritto sopra - le sillabe Te, Va e Su nel Midollo
allungato, nel Chakra cervicale e in quello del cuore, l’ultimo tratto del
movimento della testa viene ripetuto e la concentrazione raggiunge il terzo
Chakra dove è posta la sillaba De. L’ultima parte del movimento è ripetuta
e la concentrazione raggiunge il secondo Chakra dove la sillaba Va è fatta
vibrare. L’ultimo tratto del movimento è ripetuto un’ultima volta e la
concentrazione raggiunge il Muladhar dove è posta la sillaba Ya.

A questo punto la testa rimane ferma e avviene una lenta espirazione con la
concentrazione totalmente posta sul Muladhar.
Per alcune settimane il kriyaban è guidato a ripetere questa tecnica dodici
volte. Poi è guidato ad aumentare gradatamente le ripetizioni fino a 36.

[I Chakra possono anche essere colpiti seguendo un diverso schema.

150
Dopo aver posto le sillabe Te Va Su nel Midollo allungato, nel Chakra
cervicale e in quello del cuore, l’intero insieme dei movimenti della testa è
ripetuto e con l’ultimo movimento la sillaba Su è posta nel terzo Chakra.
Poi i movimenti della testa sono ripetuti ….. e ora, il secondo Chakra è
raggiunto con la sillaba Su. Poi i movimenti della testa sono ripetuti e Su è
posto nel Muladhar.
Procedendo allo stesso modo, il tutto è ripetuto in ordine inverso: il
Muladhar è colpito di nuovo, poi il secondo, il terzo, il quarto Chakra.
Un kriyaban può fermare qui il processo del Thokar oppure incominciare
un’altra discesa e poi salita colpendo di nuovo il quarto, il terzo, il
secondo, il primo Chakra, di nuovo il primo, il secondo… Per chiudere la
pratica, i muscoli alla base della spina dorsale sono rilassati; espirando, le
rimanenti sillabe - De, Va, Ya - sono poste nel 3o, nel 2o e nel 1o Chakra
rispettivamente.
Questa tecnica si pratica una sola volta il giorno.
Il piano d’aumento progressivo, varia secondo gli effetti sperimentati dalla
persona, che sono molto forti.
Normalmente solo la guida di un esperto può guidare il kriyaban ad
aumentare senza problemi il numero dei movimenti della testa.]

Variante con l’aggiunta di Maha Veda Mudra

Il dettaglio tecnico che andiamo a discutere è davvero molto potente ma


è efficace solo se la trasformazione interiore prodotta dalle forme di
Thokar descritte precedentemente è avvenuta.
Consideriamo il Thokar su tutti i Chakra.
Dopo l’azione di aver diretto il colpo sul Muladhar – il respiro è trattenuto,
il mento è giù – il kriyaban solleva di pochi millimetri il corpo con le mani
e poi lascia andare.
Le natiche toccano con un lieve sussulto il pavimento. L’energia si
risveglia alla base della spina dorsale – ne consegue un brivido estatico.
Quest’azione di sollevare il corpo può essere ripetuta alcune volte [fino a
nove volte] sempre trattenendo il respiro.
Quest’azione è detta Maha Veda Mudra – Veda significa perforazione,
evidentemente del nodo del Muladhar.
La pratica termina espirando lentamente e rimanendo concentrati in modo
calmo sull’energia che si percepisce irradiarsi dal Muladhar.
151
Questa procedura si pratica una sola volta il giorno.
Deve essere necessariamente seguita da una tecnica di sollevare l’energia
nel Kutastha – come la tecnica seguente.

Sollevare i Chakra nel Kutastha

Il Gayatri Mantra è considerato essere il veicolo supremo per ottenere


l’illuminazione spirituale. La sua forma più pura è Tat Savitur Varenyam
Bhargho Devasya Dhimahi Dhiyo Yonaha Prachodayat.
[Oh grande Luce Spirituale che hai creato l'Universo noi meditiamo sulla Tua
gloria. Sei l'incarnazione della Conoscenza. Sei Colei che elimina l'Ignoranza.
Possa Tu illuminare il nostro Intelletto e risvegliare la nostra Coscienza
Intuitiva.]
Questo Mantra è introdotto o da una breve o da una lunga invocazione.
L’invocazione breve è: Om Bhur, Om Bhuvah, Om Swaha.
I termini Bhur, Bhuvah, Swaha sono delle invocazioni per onorare i piani di
esistenza (fisico, astrale e causale) e rivolgersi alle divinità che presiedono ad
essi.
La lunga invocazione è: Om Bhur, Om Bhuvah, Om Swaha, Om Mahah, Om
Janah, Om Tapah, Om Satyam.
Quest’invocazione è più completa in quanto riconosce che ci sono più livelli di
esistenza: i sette Loka.
Mahah è il mondo mentale, il piano dell’equilibrio spirituale; Janah è il mondo
della pura conoscenza; Tapah è il mondo dell'intuizione; Satyam è il mondo
della Verità Assoluta, Finale.
[Non è questo il luogo adatto a sviluppare ulteriormente queste informazioni. Per
quanto riguarda la pronuncia dei Mantra sanscriti, ognuno può trovarla in rete.
Possiamo essere soddisfatti dalla spiegazione secondo la quale questi sono i sette
suoni che attivano i nostri Chakra e li mettono in contatto con i sette grandi regni
spirituali dell’esistenza. Per mezzo di questa procedura una luce spirituale è
infusa in ciascun Chakra in quale si rivela come un ritmo vibratorio nel
Kutastha. ]
I sette Chakra sono usualmente collegati a questi suoni secondo l’ordine appena
visto: Muladhar - Om Bhur; Swadhistan - Om Bhuvah; Manipur - Om Swaha;
Anahat - Om Mahah….
Diversamente da questa tradizione "Yogica", quella del Kriya [vedi Lahiri Gita e
Pranab Gita] associa al Manipur Om Mahah e all’ Anahat Om Swaha.
Il motivo di ciò è da ricercarsi nel fatto che il mondo del pensiero, evocato da
Om Mahah si addice più alla natura del terzo Chakra, mentre il mondo causale
delle idee pure, evocato da Om Swaha è in relazione con Anahat Chakra.

Assegnamo un Mantra a ciascun Chakra nel modo seguente: Muladhar


- Om Bhur; Swadhistan - Om Bhuvah; Manipur - Om Mahah; Anahat - Om
Swaha; Vishuddhi - Om Janah; Medulla - Om Tapah; Bindu - Om
Satyam.
152
La tecnica comincia col porre l'attenzione sul primo Chakra. Per mezzo di
una breve inspirazione [di circa uno o due secondi] questo è sollevato
idealmente nel Kutastha ed è ivi visualizzato come una "luna" brillante. [Il
sentiero seguito da ciascun Chakra per arrivare al Kutastha è praticamente
una linea diritta; il sollevamento avviene in un istante. Non è un
movimento di energia come nel Pranayama. La visualizzazione del
Kutastha è quella di una sfera che contiene i sei Chakra, uno sopra l’altro –
ovvero la spina dorsale astrale. È possibile anche visualizzare il Kutastha
come un tunnel che incomincia con il Muladhar e avanza con i successivi
Chakra attraverso livelli sempre più sottile verso l’infinito.]
Come nelle precedenti forme di Thokar, la base del procedimento è che il
respiro si trattenuto in modo armonioso. Ciò significa che il Prana è
raccolto nel Kutastha.
Quando il Muladhar è visualizzato nel Kutastha, si esegue un lieve
dondolamento della testa. La testa si sposta non più di 2/3 centimetri a
sinistra, destra, di nuovo a sinistra, finendo in un piccolo sussulto, appena
accennato, nel mezzo. Questo movimento fisico accompagna la percezione
di un movimento interiore all’interno del disco dorato che rappresenta il
Chakra.
Om Bhur accompagna l’oscillazione - Bhur è posto idealmente nel mezzo.
Mentre all’inizio la sensazione di movimento interiore può sembrare la
stessa per ciascun Chakra, in seguito essa diventa qualcosa di caratteristico
di ciascuno di essi. Il kriyaban impara a percepire i «diversi ritmi dei
Chakra». Egli scopre intuitivamente la vera sede dei Chakra - che non è
nella spina dorsale ma nel Kutastha.
Fatte 36 ripetizioni, un’espirazione riporta giù il Chakra - tutto quanto il
processo descritto può durare due, due minuti e mezzo.
La stessa procedura è ripetuta per ciascuno dei Chakra successivi fino al
Midollo allungato.
Se il kriyaban è capace di vedere l’Occhio Spirituale e l’esile stellina al
suo interno, egli vi dirige tutta la sua concentrazione cantando
mentalmente Om Satyam 36 volte. Dimentica completamente lo stato del
suo respiro – se sta respirando o no – e si lascia assorbire sempre di più da
tale realtà.
Se non è capace di vedere la piccola stella, allora egli usa il suo punto di
sollecitazione che è il Bindu nella regione occipitale.

153
Perciò - in alternativa alla summenzionata concentrazione – egli viene
indietro dal Kutastha movendosi in diagonale e raggiunge il Bindu, dove
Om Satyam sarà ripetuto da 36 a 200 volte.
A questo punto può entrare nello stato di Paravastha o rifare la procedura
al contrario "abbassando" gradatamente l’attenzione al Kutastha e al
Midollo allungato contemporaneamente, al Kutastha e al Chakra cervicale
contemporaneamente, al Kutastha e al Chakra del cuore
contemporaneamente ….. cantando mentalmente i corrispondenti Mantra
finché è in sintonia con Kutastha e Muladhar contemporaneamente. Qui
entra nello stato di Paravastha.

[Nota
Non tutte le scuole accettano il concetto di Bindu e di portare la concentrazione
nella regione occipitale.
Invece ho molte ragioni per considerarla corretta.
Molte scuole esoteriche - a volte in modo esplicito, a volte accennando alla
ghiandola pineale – insegnano a portare la concentrazione nel Bindu dopo che
essa si è stabilita nel Kutastha e affermano che questo è il modo per raggiungere
la dimensione del Sahasrara.
Possiamo avere un’esperienza diretta che mentre la prima esperienza di luce
avviene nel punto tra le sopracciglia [Kutastha], solo nella regione occipitale
essa si manifesta pienamente.
Se nell’azione di sollevare i Chakra nel Kutastha un piccolo "velo" rimane ad
impedire la contemplazione dell’Occhio Spirituale, con una prolungata
concentrazione nel Bindu questo ostacolo può scomparire all’improvviso.
Ho osservato che alcune scuole danno tanta importanza a questa concentrazione
che insegnano a raggiungere il Bindu gradatamente visualizzando tutti i sei
Chakra uno dopo l’altro, ciascuno in una posizione diversa, diagonalmente, dal
Kutastha al Bindu.
Per quanto concerne gli effetti psicologici della concentrazione nel Bindu, il
kriyaban sviluppa l’abilità di vedere la vita per quello che essa è e comprende la
ragione di molte sue decisioni errate.
Mentre i giorni passano, i trucchi sottili dell'ego divengono improvvisamente
visibili.
L’ego non è semplicemente una funzione che deve essere resa trasparente e poi
distrutta; ma piuttosto un qualcosa che ha creato una struttura mentale
complicata, fatta di modi errati di reagire a certi stimoli. Questa struttura può
essere distrutta tramite questo particolare sforzo.]

154
Entrare in sintonia con il Sahasrara

Un kriyaban sale lentamente con la consapevolezza nei Chakra, solleva


le sopracciglia e percepisce la luce crepuscolare nella parte superiore della
testa.
La procedura è simile a quello delle due tecniche precedenti. Un kriyaban
può adottare la posizione delle sopracciglia detta Shambhavi Mudra.
Visualizza la corona della testa divisa idealmente in dodici parti: le prime
sei sul lato destro, partendo dal Bindu e venendo in avanti, le restanti sul
lato sinistro ritornando al punto iniziale.
Il Chakra Muladhara è visualizzato nella prima delle dodici parti.
In pratica questo significa che egli è simultaneamente cosciente di questo
Chakra e della prima parte della corona della testa.
Qui egli cerca di percepire la stessa sensazione di oscillazione interiore cui
è ormai abituato. Può essere utile ripetere Om Om Om Om ...
Quando si sente a suo agio, si concentra sul Chakra seguente e sulla
seconda parte della corona della testa.
Può essere utile ripetere Na Na Na Na ...
La stessa procedura è ripetuta per il 3o Chakra, il 4o, il 5o, il Bindu, poi il
Midollo allungato, il Chakra cervicale e così via…, ciascuno collegato con
una diversa parte della corona della testa.
Di solito, dopo un po’, lo stato di Paravastha si stabilisce e la persona non
desidera applicare altre procedure.

Riassunto del capitolo.


Abbiamo incominciato lo studio dei Kriya superiori con l’incomparabile
tecnica del Thokar. Il suo apporto è cruciale per sciogliere il nodo del
cuore. Abbiamo rilevato che esso va praticato dopo la tecnica del Navi
Kriya, moderatamente, sotto il diretto controllo di un esperto. Esso è da
eseguirsi solo all’interno di uno stato di grande interiorizzazione, quando il
respiro è molto calmo; esso è seguito da un lungo stato di calma mentale
con la consapevolezza nei Chakra, nel Kutastha e nel Sahasrara. Abbiamo
cominciato con la forma semplice del Thokar il cui nucleo è una rotazione
antioraria della testa, seguita da un rapido movimento del mento diretto
verso il centro del petto. Poi abbiamo considerato la variante in cui questo
movimento è ripetuto trattenendo il respiro.
Lo scopo di queste procedure è di calmare la continua vibrazione nel
quarto Chakra e dirigere il Prana verso l’interno onde creare uno stato
stabile di assorbimento. Poi abbiamo considerato la forma evoluta del

155
Thokar dove un'azione molto forte guida l’energia e la consapevolezza nel
Kutastha.
Di qui ci rendiamo conto della grande importanza del Kechari Mudra. La
forma evoluta di Thokar si espande nell’arte di colpire il Muladhara. Ciò è
anche aiutato dall’introduzione del Maha Veda Mudra. Si assicura che
questo Mudra apra il nodo del Muladhar guidando il Prana ad attraversare
l’ostruzione alla base della spina dorsale.
Quest’azione non è completata se noi non guidiamo l’energia dentro il
Sushumna. Di somma importanza è la tecnica di sollevare i Chakra nel
Kutastha. Questa procedura è unica nell’arte di raggiungere una perfetta
localizzazione dei Chakra.
Se uno termina la sua routine dopo aver colpito il Chakra Muladhar, senza
sollevare l’energia, può dover fare i conti con uno stato d’animo veramente
nero.
Invece, se viene praticata la meravigliosa tecnica di sollevare i Chakra,
essa lascerà il suo segno sotto tutti i punti di vista.
Si spiega che, mentre il Navi Kriya convoglia tutto il potere del
Pranayama nella regione dell'ombelico ed il Thokar lo spinge nel cuore,
questa procedura lo porta definitivamente nel Kutastha.
Talvolta si percepisce una sensazione come di beatitudine che esplode nel
cuore. Si ha l’impressione di essere divisi in mille parti e ciascuna di esse
pare prossima a scoppiare di gioia e di amore. Forti esperienze avvengono
nella spina dorsale: l’energia sembra essere estratta da ogni parte del corpo,
anche dalle unghie e dai denti, e risucchiata verso l’alto come a cause di un
potente magnete.

TABELLA RIASSUNTIVA

Quantità per Routine dopo


Tecnica Durata di un’unità
cominciare settimane o mesi
Forma semplice e forma
24 sec 12 24 - 36
evoluta del Thokar
70 - 80 sec 1 “giro”
[Inspirazione, [Inspirazione, 1 “giro”
Thokar con le ripetizioni
12 movimenti, 12 movimenti, [I] max 200
espirazione] espirazione]

Thokar su tutti i Chakra 28-30 sec 12 24-36

Thokar su tutti i Chakra


Un secondo in più per
con 1 1
ciascuno stimolo
Maha Veda Mudra

[I] = La decisione su quando e come aumentare è decisa dal proprio insegnante

156
CAPITOLO X KRIYA SUPERIORI DEL "RESPIRO CALMO"

Se riflettiamo sulle pratiche, che le più famose tradizioni mistiche ci


hanno tramandato, concepite specificatamente per iniziare il percorso
mistico, sappiamo enunciare facilmente quali sono quelle essenziali. La
preghiera continua durante le attività del giorno (Japa); la tendenza ad
osservare lo schema del respiro oppure una tecnica specifica per agire sul
respiro [diverse modalità per controllarlo] e, come tocco finale, fondere
quest’azione con la confortante "preghiera del cuore": tutto questo è più
che sufficiente a far sì che il nostro sforzo si stabilisca fermamente nella
corretta direzione. Una gioia interiore che cresce fino a divenire uno
sconfinato stato di estasi, sarà la nostra ricompensa – se è corretto
chiamarla ricompensa, infatti qualcuno direbbe che non si tratta di questo
ma piuttosto della scoperta della nostra più intima natura.
Ora se vogliamo compendiare che cosa dovrebbe fare colui che si trova
nell'ultima parte del percorso, quando sta quasi per toccare la sua meta,
siamo come colti alla sprovvista e non siamo capaci di individuare, senza
esitazione, una tecnica ben definita.
Ci sono tradizioni che raccomandano di rappresentarci alcune forme
specifiche del Divino, altre di visualizzare alcuni soggetti astratti come gli
Yantra [diagrammi geometrici], mentre altri, segnalando che l'esperienza
dovrebbe avvenire spontanea, negano con enfasi il valore di qualsivoglia
procedura.
Nel Kriya Yoga impariamo che l’ultima azione da parte nostra, quella che
conduce all’Esperienza Finale consiste nel concentrarsi sul movimento
interiore Trivangamurari, il "movimento a tre curve" - la più alta
manifestazione della realtà Omkar. Attraverso questa percezione
cominciamo l’ultima parte del viaggio, smarriti in un territorio
meraviglioso dove perderemo per sempre anche l’ultima briciola delle
nostre illusioni.
Per mezzo di tale percezione, incontreremo qualcosa di profondo e grande,
sicuramente più profondo di ciò che la nostra mente può contenere.
Per quanto strano possa sembrare, alcuni insegnanti di Kriya
eliminarono completamente quest’insegnamento, mentre altri si vantarono
che questo movimento interiore era apparso a loro nella forma particolare
di Krishna o Shiva e, invece di comunicare la tecnica corretta, insegnarono

157
ai loro discepoli ad adorare quelle specifiche divinità come se ciò fosse una
parte canonica del Kriya. Quale conseguenza un caos di distorsioni ne
emerse. È corretto affermare che la figura del bel principe Krishna,
descritto nel Mahabharata e particolarmente nella Bhagavad Gita, ci
ricorda la forma Trivangamurari: tiene gambe e schiena in una particolare
posizione che chiaramente determina tre curve, ma questo è tutto.

Incapaci di comprendere le sottigliezze dei processi che prevedono


l’insegnamento del Trivangamurari, alcuni affermano che tali tecniche
guidano la coscienza fuori dal Sushumna, il canale interiore della spina
dorsale.
Essi affermano che questa procedura non ha nulla a che vedere con la
tradizione indiana. Ahimè, quando un kriyaban sente ciò, particolarmente
se la sua reazione iniziale a queste tecniche non è quella che lui
immaginava, egli è portato a trascurare, anche per sempre quest’autentico
tesoro!
La verità è che queste tecniche possono essere eseguite solo se un kriyaban
è in sintonia con il canale interiore del Sushumna. In qualsivoglia altro
stato egli non percepirebbe alcunché. Quando la coscienza di un kriyaban è
nella spina dorsale, egli percepisce il suo corpo non attraverso i sensi fisici
ma attraverso il Kutastha. In questo stato elevato il macro movimento
Trivangamurari non è semplicemente percepito come un qualcosa
all’interno del corpo ma è il proprio corpo.

Amantrak macro

Ora vediamo come il movimento interiore Trivangamurari, l’aspetto


più sottile della realtà Omkar, è percepito nel corpo. Stiamo trattando con
una procedura che è adatta a quelli che possiedono una profonda
esperienza di cosa significa calmare del respiro fino a constatarne la sua
quasi scomparsa. Questo Kriya, come i seguenti, appartiene ai cosiddetti
"Kriya del respiro calmo".
Un kriyaban, dopo aver praticato il Pranayama e il Navi Kriya, controlla la
posizione di meditazione, cerca di renderla confortevole in modo di poter
essere capace di restare il più possibile immobile.
La tecnica comincia salendo lentamente con la consapevolezza in su per la
spina dorsale [mezzo minuto è il tempo corretto per giungere al Bindu]

158
concentrandosi su un senso di forza interiore e di vibrazione che sale verso
l’alto. [È difficile aggiungere delle parole di chiarimento onde spiegare nei
dettagli come questo dovrebbe avvenire, ma con la piena esperienza delle
tecniche precedenti, non dovrebbe essere difficile percepire questa
corrente, perciò non includo altri commenti.] Poi la consapevolezza, dopo
aver toccato il Bindu, scende nel corpo.
Come la figura mostra, la corrente disegna tre curve che tagliano il
Medulla, il Chakra del cuore e, in fine, il Muladhar.
L’intero movimento Trivangamurari avviene su un piano ideale che
contiene la spina dorsale. La differenza tra questo movimento interiore e
quello sperimentato per mezzo delle precedenti tecniche Thokar, è la sua
intensità; ora una persona ha tutto il tempo che vuole per percepirlo con
più precisione, diciamo "millimetro dopo millimetro". E, cosa questa
importantissima, non ci può essere più il dubbio che questo movimento sia
la conseguenza, la proiezione del movimento fisico della testa, perché esso
si rivela come una realtà mistica, che esiste per conto proprio, universale,
nata con noi, con la nostra struttura.

I quattro nuovi centri localizzati lungo il flusso discendente non devono


essere considerati come nuovi Chakra ma come piccoli "vortici" di
corrente all’interno della corrente principale: una persona non dovrebbe
preoccuparsi di percepire la loro sede con precisione estrema, poiché
questo avverrà nel corso del tempo.
In ogni modo, approssimativamente parlando, il centro sul lato destro del
corpo è situato nella schiena 2/3 centimetri più in su dell’altezza del

159
capezzolo destro e il centro successivo sul lato sinistro del corpo è situato
nella schiena 2/3 centimetri più in basso del capezzolo sinistro.
Mezzo minuto circa è richiesto idealmente per salire, lo stesso per scendere
e una pausa di circa un secondo è fatta nel Muladhar; così un giro dura
circa un minuto, ma se capita che sia più breve, diciamo 45/50 secondi,
questo non significa che si sia sbagliato.
Il segreto della tecnica sta nella buona concentrazione, nell’immobilità e
nella capacità di reggere al potere originato da questa procedura.
La percezione avviene 25 volte il giorno per due settimane; poi si aggiunge
altre 25 volte ogni due settimane e così via fino a raggiungere le 200
ripetizioni; il potere originato può essere così forte che colui che pratica
può preferire un aumento più graduale, limitando la pratica a dieci
movimenti per dieci giorni e poi andare avanti aumentando di dieci in
dieci, sempre per dieci giorni, finché si raggiungono i 200 movimenti.
Nei mesi in cui questa tecnica è praticata, molte cose possono avvenire e
tanti ostacoli manifestarsi: l’intuizione suggerisce come mantenere il
controllo della situazione.

Samantrak macro

La tecnica rimane la stessa, ma la percezione è intensificata dal Mantra


di dodici sillabe.
Mentre il movimento interno sale, le sillabe Om, Na, Mo, Bha e Ga sono
poste nei primi cinque Chakra, Ba in Bindu.
Poi il movimento interno viene in giù a sinistra curvando finché raggiunge
il Medulla: la settima sillaba Teee è cantata proprio qui. Poi il flusso
interno si muove verso il lato destro del corpo raggiungendo il centro dove
è posta l’ottava sillaba Va. Poi il flusso interno curva e taglia
trasversalmente la regione del Chakra del cuore e raggiunge il punto dove
è fatta vibrare la nona sillaba Su. Le sillabe De e Va sono poste lungo
l'ultima parte del movimento interno e Ya nel Muladhar.

160
Il processo d’aumento progressivo è lo stesso della tecnica precedente.
Quando questo numero è completato, il kriyaban intensifica la percezione
del macro movimento introducendo una forma particolare di Thokar.

Forma particolare di Thokar

Col mento sul petto, il kriyaban comincia la pratica sollevando molto


lentamente la consapevolezza lungo la spina dorsale, toccando con le
sillabe i relativi centri [Om Na Mo etc. sono posti nei Chakra come nella
tecnica Samantrak macro] sollevando il mento come a seguire il
movimento interno. Quando il mento è sollevato, parallelo al suolo, allora
la percezione si trova nel Bindu. I movimenti della testa sono simili a
quelli cui ci siamo abituati con la tecnica evoluta del Thokar, ma essi sono
molto più lenti e ci sono cinque "colpi".
La testa si muove leggermente verso sinistra; senza girare la faccia, si
muove leggermente indietro, comincia la rotazione ma si ferma nella
posizione centrale. Il mento è già un po’ sollevato ma ora è sollevato
ancora un po’ come per intensificare la percezione del Midollo allungato
dove è fatta vibrare la settima sillaba Teee. In quest’istante anche il
Kutastha è chiaramente percepito.
Dalla posizione col mento in su, la faccia si volge lentamente a destra, il
mento si abbassa naturalmente finché raggiunge la posizione parallela alla
spalla destra, sopra di essa. Durante questo movimento della testa, il flusso
interiore Trivangamurari, procede lentamente come un ruscello, raggiunge
l’ottavo centro.

161
[Non c’è alcun dubbio sulla velocità del movimento della testa: il flusso
Trivangamurari procede come nella tecnica precedente e la testa si limita
ad accompagnarlo.] Ora il mento che è parallelo al suolo e si trova sopra la
spalla destra, la tocca per un istante ed è allora che la sillaba Va è fatta
vibrare mentalmente nell’ottavo centro. [La spalla pure fa un piccolo
movimento verso il mento per rendere il contatto più facile] Questo è il
primo di cinque colpi.
Subito dopo, la faccia, con un movimento molto, molto lento si volge verso
sinistra, accompagnando millimetro dopo millimetro la percezione del
flusso interno che attraversa il quarto Chakra.
Il secondo colpo avviene in modo simile a sinistra, allorché la sillaba Su è
cantata nel nono centro. Da là, molto lentamente, il mento, sfiorando la
parte sinistra della clavicola, si muove verso la posizione iniziale,
abbassato sul centro del petto. Durante tale movimento - proprio quando le
sillabe De e Va sono pensate nel decimo e undicesimo centro - due colpetti
sono assestati sulla clavicola in posizioni intermedie; infine quando la
sillaba Ya è posta nel Muladhar è assestato l’ultimo colpo del mento sul
petto.

162
Qui c’è una pausa di circa un secondo. Gli insegnanti di Kriya affermano
che un giro dovrebbe durare idealmente un minuto, ma in pratica si vede
che dura un po’ di meno: circa 40/50 secondi.
Questa tecnica è ripetuta 36 volte il giorno finché si acquista familiarità
con essa. A questo punto il kriyaban è guidato a fronteggiare
l’impegnativo processo d’aumento verticale, le cui varie tappe avvengono
con frequenza non maggiore di una volta la settimana! L’aumento è di 36
in 36, fino a 36 x 36.
L’insegnante aiuta a fronteggiare qualsiasi problema incontrato durante
tale processo - intendo problemi fisici di sforzo eccessivo e di dolore nelle
vertebre cervicali e nei muscoli del collo. Movimenti bruschi dovrebbero
essere evitati; è possibile usare al loro posto una grande intensità mentale
di concentrazione nel momento in cui ciascuna delle ultime cinque sillabe
è pensata.

Amantrak e Samantrak micro

Il kriyaban dirige la sua consapevolezza nel Muladhar - che è visualizzato


come un piccolo disco orizzontale delle dimensioni di una piccola moneta,
due o tre centimetri di diametro - e, per mezzo della pura intuizione, lo
percepisce nel Kutastha.
Non appena la realtà del Muladhar è sentita con chiarezza nel Kutastha, il
movimento Trivangamurari in dimensioni ridotte - lo stesso già
sperimentato in dimensioni macro nelle tre tecniche precedenti - è
percepito sulla superficie di questa moneta ideale.

Ci sono due modalità per produrre questa percezione. La prima Amantrak è


una preparazione alla seconda Samantrak.

163
Amantrak micro… Il micromovimento è percepito, senza l’aiuto del
Mantra, come una realtà che va avanti per conto proprio. Non serve far
notare che se il ricercatore non ha esperienza del macromovimento, quasi
sicuramente non riuscirà ad ottenere quella del micro movimento. Essa
sarà percepita se e solo se egli ha lavorato nel modo corretto con i Kriya
precedenti. D’altro canto, anche un kriyaban esperto, limitatamente ai
primi momenti del processo, può aver bisogno di collaborare con questa
percezione tramite dei dondolamenti molto lievi, laterali, della spina
dorsale.

Samantrak micro…. Il micromovimento è percepito con l’aiuto del


Mantra "Om Namo Bhagabate Vasudevaya", che è cantato mentalmente.
Le sillabe del Mantra sono utilizzate come delle "piccole spinte" per
rendere la percezione del movimento interiore più chiara e profonda.
[La pratica ricorda quella del Samantrak macro.] Ovviamente il numero di
volte che il Mantra è cantato nella sua interezza è uguale al numero di
volte che il micro movimento è percepito. Tra poco chiariamo quale sia il
numero ideale.
La stessa esperienza avviene con ciascuno dei Chakra, il Bindu, il Midollo
allungato, i quattro centri fuori della spina dorsale e il Muladhar.
[Tutti i centri sono visualizzati come dei dischi orizzontali.]
Alcuni studenti vogliono sapere quanto tempo duri ciascun
micromovimento. Lahiri Mahasaya ammoniva: «Non abbiate fretta!»;
ciascun micromovimento dura circa 10-12 secondi. La sua durata non può
essere decisa da noi, ma è determinata da un ritmo intrinseco.
Il nucleo di questa procedura è essere capaci di percepire il movimento
interiore sia nel Kutastha sia nella sede del Chakra; parte della
consapevolezza rimane sempre nel Kutastha.
Dobbiamo capire che un kriyaban ha già padroneggiato il meccanismo
delle tecniche di Sollevare i Chakra. Perciò è evidente che ogni volta che
egli sente che parte della propria consapevolezza non è più nel Kutastha,
ma che è lentamente scivolata giù fino alla gola o al petto, egli sa come
sollevarla di nuovo dalla spina dorsale su nel Kutastha.
Ora chiariamo il numero di volte che questo micromovimento dovrebbe
avvenire in ciascun centro.

164
A… Il primo schema è quello di fare un unico giro completo attraverso i
dodici centri e percepire il micromovimento lo stesso numero di volte in
ciascuno di essi, per esempio 12 volte.
B…. Il secondo schema è di fare più di un giro completo attraverso i dodici
centri, percependo il micromovimento tre volte in ciascun centro.
Il primo schema [A] è applicato nei processi verticali.

Processi verticali….Quando la percezione del micromovimento diventa


del tutto familiare, un giorno esso è percepito 24 volte in ciascuno dei 12
centri. Dopo alcuni giorni il micromovimento è percepito 12x3 volte,
sempre in ciascuno dei 12 centri. L'aumento è quindi di 12 in 12, fino a
12x12. Non c’è problema nel completare questo processo sia per la tecnica
Amantrak micro sia per la Samantrak micro.
C’è anche un processo verticale molto più impegnativo, che è riservato
a coloro che sono in pensione. Questo è di gran lunga il più impegnativo di
tutti i processi verticali; può essere praticato per entrambe le tecniche ma è
di solito praticato solo per la seconda.
Durante la prima tappa, il micromovimento è percepito 36 volte in
ciascuno dei dodici centri [schema A, come al solito]; durante la seconda
tappa è percepito 36x2=72 volte, e così si aumenta di 36 in 36 finché
un’intera giornata non è sufficiente a completare il giro. Il lavoro perciò
deve essere diviso in due giorni - quello che non si fa nei processi verticali,
ora diventa la regola. La mattina del secondo giorno si riprende la tecnica
dove, la notte precedente, essa era stata interrotta. Come il solito, tra una
tappa e la successiva, trascorrono alcuni giorni o alcune settimane.
Procedendo, una singola tappa può richiedere tre giorni, poi quattro e così
via, fino all'ultima [36x36] che può durare una settimana o più! Durante
ciascuna tappa è saggio rispettare il silenzio, evitando occasioni di
conversazione. L’uso del buon senso dovrebbe sempre essere
predominante - se qualcuno ci rivolge la parola si può e si deve,
ovviamente, rispondere con cortesia.
Durante gli ultimi mesi della sua vita un kriyaban può completare
36x48 percezioni in ciascun centro, quindi percepire il micromovimento in
tutto per 20736 volte. Un minimo di 12 giorni sono richiesti ma è saggio
vivere quest’esperienza in 24 giorni; in tal modo, un kriyaban può gioire
ogni giorno di un minimo di attività fisica, come ad esempio una
passeggiata.
165
È stato spiegato che questa procedura serve a «morire per sempre».
Vorrei soffermarmi su questa frase. Tale espressione non è riferita alla
tecnica di Mahasamadhi - vale a dire alla procedura che uno pratica al
momento esatto della morte - ma a ciò che si può fare per ottenere
l’emancipazione dal ciclo delle rinascite.
Per quanto riguarda la procedura del Mahasamadhi, ho già citato l'episodio
di Swami Pranabananda che lasciò il corpo usando la tecnica del Thokar. È
stato spiegato che, quando giunge il momento propizio, il praticante
utilizza la sua padronanza del Pranayama per calmare il respiro e usa il
Thokar per calmare il plesso del cuore, sottraendo con ciò tutta l’energia
dal corpo e aprendo la porta alla base della spina dorsale. In questo modo
lascia il corpo.
Le 20736 percezioni del micromovimento avvengono mesi prima di quel
momento e, se possibile, sono ripetute. È una credenza comune che un
kriyaban evoluto riesca a presagire il momento opportuno per lasciare il
suo corpo: egli si prepara a questo fondamentale appuntamento praticando
la summenzionata procedura. Come lo Yoni Mudra segna l’ultimo
momento del giorno quando, avendo concluso tutte le attività, un kriyaban
sta per andare a dormire, in altre parole per sottrarre la sua consapevolezza
dal corpo e dal mondo fisico [una "mini morte", per così dire], similmente
quest’ultimo impegno caratterizza quella fase della vita in cui tutti gli altri
desideri e preoccupazioni sono vinti dall’entusiasmo travolgente di tuffarsi
totalmente nel regno dello Spirito, sentendo la certezza che questa volta
sarà per sempre! Con equanimità un kriyaban accetta la naturale decadenza
del corpo, anche qualche disturbo fisico con la conseguente sofferenza
fisica. Può avvenire che negli ultimi istanti della sua vita egli avrà la
fortuna di trovarsi nella condizione di praticare il Thokar e, con questo,
abbandonare il corpo. Può accadere che ciò si rivelerà impossibile: egli
cercherà in ogni modo, nell’ultimo istante, di rimanere consapevole.
Questa è la sua ardente speranza e determinazione.

166
Nota
Per quel che riguarda lo schema B di pratica, questo è solo apparentemente
semplice. In realtà è così delicato che richiederà una trattazione separata
nel capitolo XII: allora si potrà chiarire come tale meccanismo,
incorniciato in una opportuna routine, è il più elevato segreto dello stato di
Samadhi.

TABELLA RIASSUNTIVA
Routine dopo
Durata di Quantità per Verticals - if prescribed - to
Tecnica settimane o
un’unità cominciare be done once in a lifetime
mesi
Amantrak macro
25 x1x 2 sett.; 25x2x 2 sett.,
e Samantrak 50 - 60 sec 25 36
…. 25x8x 2 sett.
macro
Forma
particolare di 45 - 50 sec 36 36 36x1,36x2,…,36x36 [S]
Thokar
Amantrak micro 10 -12 sec x 1 “giro”
4 giri 4 giri
e Samantrak 3 x12 = 6-8 12x1x12 ; 12x2 x12, …
micro min 12x12 x12 Chakras

NOTE

Amantrak macro… Uno dei miei insegnanti, presentando questa tecnica,


affermò che il flusso interiore Trivangamurari passa attraverso il Chakra
del cuore e pulisce via tanta sporcizia; da qui il motivo del suo particolare
effetto estraniante. La sua azione, infatti, diminuisce la frenesia delle
emozioni superficiali nutrite da certe energie presenti in questo Chakra e la
sostituisce con la vibrazione, col tocco di Omkar. Questo crea una
modifica totale delle prospettive dalle quali si guarda alla vita.
Presentando questo Kriya, qualche volta mi discosto dalle dosi ufficiali,
raccomandando 36 percezioni il giorno per un mese, poi consiglio di
immergersi nell'esperienza meravigliosa della tecnica successiva per
raggiungere le 200 ripetizioni. La ragione sta nella mia convinzione che la
tecnica Samantrak macro dia risultati molto buoni senza la completa,
difficile preparazione della precedente. Poi, suggerisco il processo verticale
della forma particolare del Thokar. Ho avuto l'opportunità di verificare che

167
esso non ha creato mai problemi ad alcuno, ma ha contrassegnato il miglior
periodo della loro vita. Naturalmente, come per tutto quanto il Kriya, è
importante praticare col cuore, con entusiasmo.

Samantrak macro… Le sillabe del Mantra che un kriyaban pone come


dei semi in ciascun centro, fanno sì che qualche cosa s’incomincia a
percepire nel cuore, una specie di tensione di tenerezza. Il flusso
Trivangamurari è come se fosse illuminato. La percezione Omkar è resa
più stabile.

Forma particolare di Thokar… Secondo la mia personale esperienza,


durante i lunghi giorni delle ultime tappe del processo verticale, è bello
sperimentare dicendo il Mantra a voce, sussurrandolo. Limitandosi a 36
ripetizioni, ciascuna delle sillabe può essere pronunciata a voce normale.
Dopo ciascuna sillaba ci dovrebbe essere una breve pausa, isolata e protetta
dalla fretta; un istante è sufficiente a percepire una dolce irradiazione che
proviene da ogni centro. Questo amplificherà l’esperienza della gioia -
illimitatamente.

Amantrak e Samantrak micro… Tante volte colui che pratica sperimenta


una grande, irresistibile, sonnolenza. Quando non riesce a resistere alla
tentazione di interrompere la pratica e riposarsi per un po’, verifica che
quest’azione non risolve il suo problema poiché esso riappare
immediatamente non appena egli riprende la pratica. Non c'è modo [caffè,
molto sonno...] di salvarsi da tale situazione; non c'è altro da fare che
accettare il tutto. Più di una volta ci si trova con la schiena piegata
leggermente in avanti e si deve imparare a non raddrizzarla di scatto perché
questo interrompe la condizione di assorbimento e di quiete.
Talvolta, colui che pratica, è afferrato da una particolare euforia e sente
l'istinto irresistibile di oscillare il corpo. Non riesce proprio a resistere a
ciò. È come una danza da seduto accompagnata da una forma sottile di
Thokar. Quando pronuncia la settima sillaba, il tronco si muove
leggermente a sinistra, poi pensando la seguente, si muove a destra, poi di
nuovo a sinistra. Quando pensa l’ultima sillaba, c'è un piccolo sussulto del
tronco accompagnato da una tale profusione di beatitudine! Quella
condizione è paradisiaca.

168
Per quel che riguarda gli effetti, qualcosa di particolare può avvenire.
Una gran necessità di verità annulla nel suo comportamento ogni maschera
diplomatica. Non riesce a tollerare la più lieve deformazione della verità.
La sua reazione è sempre calma ma egli cerca in ogni modo,
inesorabilmente, di andare in profondità in qualunque problema fino a
trovare la verità. La difficoltà di sostenere un comportamento superficiale
può essere la causa di alcune rotture di legami di amicizia. Siccome la
natura odia il vuoto, altre persone entreranno nella sua vita a tenere viva la
fiamma dell'amicizia.

OSSERVAZIONI
Nella mia ricerca spirituale, la tecnica del Secondo Kriya fu un segreto
ben-sigillato per molti anni.
La mia curiosità fu fortemente stimolata dal citato episodio riguardante
Swami Pranabananda. Sognavo di praticarla un giorno, per trarre profitto
dal suo delicato meccanismo. Ritenevo improbabile lavorare con tale
procedura e contemporaneamente non sentire un complessivo effetto
benefico per la mia evoluzione spirituale. Una tecnica come quella, data da
Lahiri Mahasaya solamente a discepoli eletti, non poteva non accendere la
mia immaginazione. Se ora considero che cosa diversi insegnanti dissero e
stanno dicendo attualmente su questa tecnica, penso a una iettatura che ci
grava sopra! Come se stessero esplicando una volontà perversa, essi
diedero sfogo a tutta la loro abilità di generare la più selvaggia
deformazione. Uno di loro tentò di convincermi che il Secondo Kriya era
simile alla tecnica tibetana di aprire un foro nella Fontanella [cima della
testa] e la prova della validità della tecnica era la stessa delle tradizioni
tibetane: un kriyaban avrebbe dovuto poter inserirvi il gambo di un fiore
(!). Non opprimerò il lettore con l'elenco d’altre sciocchezze udite da me
nel corso degli anni.
La ragione che spiega come mai rimasi pressoché ipnotizzato dal fascino
magico di tali assurdità, era che avevo l'attitudine di privilegiare tecniche
complicate. Avevo un approccio, abbastanza diffuso nel mondo esoterico,
secondo il quale tanto più una tecnica è artificiale e strana, o va persino
contro le leggi del senso comune, tanto più potente essa deve essere per
forza di cose. Per molti anni, il lato più profondo di me stava soffrendo,
perché non conoscevo completamente i Kriya superiori - in effetti, molte
parti mi erano state negate - così temevo di essere nell'impossibilità di
169
realizzare i vari livelli del Kriya. Il pensiero di essere, dalla volontà di
qualcuno, limitato nella mia esperienza del percorso mistico mi faceva
arrabbiare. Sicuramente in questa ricerca corsi il rischio di perdermi per
strada e non conoscere mai la tecnica corretta.
Oggigiorno, nel mondo del Kriya, non c’è dubbio che il Secondo Kriya di
Lahiri Mahasaya sia il processo del Thokar - in una o nell’altra delle sue
varianti - in cui avviene un movimento brusco sul petto fatto con il mento e
il Chakra del cuore riceve un grande stimolo. Quando ebbi ben stampato in
mente il meccanismo di questo Kriya, mi tuffai completamente in esso.

Per quel che riguarda la sua variante con i colpi psicofisici su tutti i
Chakra, voglio sottolineare quanto difficile sia stato tale processo. In un
primo momento tale pratica fu portata avanti solo per poche settimane.
Dire che incontrai uno stato d’animo grigiastro è un eufemismo: era come
se la mia anima fosse stata graffiata.
Ricordo che nella mia infanzia, non appena riflettevo sulla precarietà
umana, un'immagine prendeva forma nella mia mente: gli uomini erano
come animali recintati in uno spazio ristretto, costretti dai loro istinti a
mangiare e a riprodursi; qualcuno appariva improvvisamente, afferrava
uno di loro a caso e lo decapitava davanti a tutti. Immaginavo che la
compagnia, stupefatta da questo triste spettacolo, mormorasse qualche
espressione di circostanza: «ora nulla sarà più come prima» era la favorita;
poi, con l'occhio quasi vitreo, si volgevano di nuovo alle attività solite.
Ora quest’immagine rimaneva costantemente davanti ai miei occhi, in un
modo quasi maniacale. Decisi di fuggire via da questa condizione
insopportabile e misi da parte tale tecnica.
La ripresi dopo un anno dal primo tentativo. Il motivo fu che, se c'era una
verità con cui, alla fine, avrei dovuto confrontarmi, era meglio farlo
adesso. Quindi ripresi la pratica e non ebbi paura di aumentarne la dose in
base alle istruzioni ricevute. Nello stesso tempo mi mossi nella vita in un
modo un po’ più prudente e inoltre racchiusi questa tecnica in una routine
dove l'energia generata da essa veniva forzata a fluire verso l’alto nel
canale della spina dorsale. Dopo alcuni giorni la mia mente rimuginava
nuovamente sulla condizione umana - non con il precedente determinismo
senza speranza - quando avvenne un'esperienza meravigliosa. Era
l’esperienza del Pranayama col respiro interno. Ci ritornerò sopra nel
capitolo XII.
170
Per quanto riguarda le tecniche descritte in questo capitolo, dopo le
prime settimane di Amantrak macro, dopo che ebbi praticato una
cinquantina di giri, sentii che stavo per esplodere! Questo avveniva ogni
volta che l'energia, scendendo sul lato sinistro della spina dorsale,
raggiungeva il Muladhar.
Quando mi svegliavo di mattina, restavo per alcuni minuti nell'aura di
sogni molto coinvolgenti, come dopo un'avventura profondamente
intrigante ed affascinante. Ma il vero problema era che, durante il giorno
mi sentivo senza entusiasmo, non c'era luogo dove potessi sentirmi a mio
agio e nessun’attività che mi desse soddisfazione. Sempre nella mia vita,
quando camminavo in campagna, ero abituato a percepire bellezza che
sembrava uscir fuori da ogni cosa che mi circondava. Ora non sentivo
nulla, ero estraneo a tutto. Mi venne il pensiero che il mio attaccamento
alla bellezza dei panorami e alla natura fosse in ogni caso una forma di
dipendenza; per un intero mese passai la maggior parte del tempo a casa,
come convalescente. Alla fine, facendo leva sulla forza di volontà, riuscii a
completare questa tecnica.
Cominciai il Samantrak macro proprio quando un marzo straordinario,
con un cielo libero da nubi, azzurro, e l'aria fresca m’invitarono a praticare
all'aria aperta; l'abitudine ormai ben stabilita di metabolizzare grandi dosi
della percezione Trivangamurari mi avevano reso capace di vivere questo
processo come un piacevole impegno, senza confrontarmi affatto con alcun
problema. Le sillabe del Mantra, posate con cura in ogni centro avevano
una radiazione simile al sole che stava riscaldando la natura. Appena i
primi effetti della tecnica cominciarono a riempire la mia vita, riconsiderai
la miglior letteratura sulla Preghiera in diversi percorsi religiosi. Queste
letture riscaldarono il mio animo e crearono le condizioni della seguente
bella disposizione interiore sperimentata durante un pellegrinaggio.
Camminai tutta la notte con un gruppo di persone poiché l'arrivo ad un bel
santuario era previsto per la mattina seguente. Camminando, sussurravo a
bassa voce le sillabe visualizzando, quanto possibile, i dodici centri.
Sapevo perfettamente che questo non era il modo canonico di praticare ma
non potevo resistere a ciò. Qualche cosa nel mio cuore, come una tensione
di tenerezza, cominciò quasi immediatamente ad essere percepita, poi
venne la realizzazione che l'esistenza dei miei compagni di viaggio era
immersa nell’amore. Vidi che la realtà dell’amore era la forza più intensa
della vita, corrotta solo dall'inquinamento della mente.
171
Pensando all’umanità come ad un tutt’uno, sentii che l’uomo non può, a
causa dell’istinto, evitare la condizione d’amare qualcuno - i suoi figli per
esempio - e di prendersi cura di qualcuno e, di conseguenza, di essere
costretto a vivere anche esperienze dolorose. Sentii intensamente, come
mai prima, che anche la persona più egoistica è capace di donare la sua vita
per i propri figli e può trovare in se stesso la forza per grandi, incredibili
azioni. Il calore dei sentimenti sperimentati quella notte rimane ancora nel
mio cuore!
Completai la forma particolare del Thokar nell’estate che seguì,
lavorando all'inizio due giorni per settimana e poi una volta.
Un nuovo modo di vivere il percorso spirituale cominciò a stabilirsi nel
mio essere. Imparai come risvegliare un intenso rapimento estetico per la
bellezza della natura e avvalermi di questa tecnica per amplificare tale
estasi. L'idea classica di usare il Kriya per andare oltre la mente fu
sostituita dall'idea più avvincente di usarlo per bruciare la mia mente nella
fiamma della bellezza stessa!
Di mattina praticavo due orette nella mia stanza stando attento a rispettare
ciascun dettaglio tecnico: preparavo il corpo per procedere veloce nel
pomeriggio, quando mi sarei concesso la delizia di sedere all’aperto. Non
ponevo troppo stress sui colpi ma continuavo a concentrarmi solo sul
flusso Trivangamurari finché questo sembrava essere inciso nella mia
carne. Dopo un pasto leggero ed un piccolo sonnellino, ero molto felice di
uscire; non appena raggiungevo un luogo bello dove mi potevo sedere, mi
prendevo un po’ di tempo per contemplare la natura. Poi, perfettamente a
mio agio, completavo le dosi programmate.
Tutto procedeva armoniosamente e diventava fantastico mentre il giorno si
avvicinava al tramonto. Un giorno, di sera, tutto un tratto venne da un
distante villaggio il suono di campane e fu come una cascata di luce! La
sorpresa fu così inaspettata che il mio cuore sobbalzò di gioia; aprii gli
occhi ma lo sguardo non si fissò su nulla di particolare. Fu un miracolo di
delizia: l'intensità della beatitudine era quasi impossibile da sostenere! Una
parte remota della mia mente continuava a ripetere: «Non so se ad un
essere umano sia mai stata accordata tanta gioia!».
Sicuramente una parte di me era felice anche per un altro fatto: in quei
giorni alcuni ricercatori, con cui avevo condiviso il Kriya, mi avevano
fornito la prova che stavano procedendo in un modo degno di
ammirazione. Anni fa avrei giurato che era impossibile praticare il Kriya
172
senza averlo elemosinato e ottenuto da un’organizzazione: ora avevo la
prova del contrario.
È vero che un rituale solenne imprime la rarità dell’evento nella mente di
una persona, ma è anche vero che qualcuno, per lo meno in occidente, è
imbarazzato da qualsivoglia cerimonia e preferisce un modo più prosaico
d’apprendimento.
Nella mia vita, avere una tecnica spiegata in modo informale da un esperto
è sempre stato un evento fortunato; andare in campagna e praticare la
tecnica in mezzo ad un bel scenario è stato sempre molto meglio di
qualsivoglia cerimonia.

Gli anni nei quali fui assorbito dai processi verticali del Amantrak
micro e del Samantrak micro, anche se non sono distanti, appaiono alla
mia memoria circondati da un’aura di sogno: trovo difficile riferire dettagli
specifici ascrivibili ad esse. Mi condussero in un’altra dimensione dove
non c’era spazio o tempo. Anche una piccola pratica è stata sempre un
miracolo di dolcezza. Questa procedura contiene qualcosa di misterioso,
forse il profumo dell’esperienza finale. Fui fortunato che l’età della
pensione venne presto nella mia vita. Ricevetti la proposta per un altro
lavoro ancora più vincolante del precedente. Avevo aspettato molti anni e
desiderato all’apice delle mie forze di affrontare le dosi impossibili del
processo verticale del micromovimento [arrivare fino a 36x36!]: non
esisteva altro lavoro per me!
Passai molto tempo all’aperto: portavo con me un sedile fatto da uno strato
di plastica ed uno di lana, qualche cosa da bere ed un piccolo rosario di
trentasei grani. Mi sedevo, respiravo profondamente e poi procedevo col
Mantra e col conseguente micromovimento. Alla fine d’ogni ciclo,
spostavo un oggetto, un sassolino da un lato del corpo all'altro per contare
il numero complessivo dei cicli di trentasei.
Imparai a praticare senza essere disturbato da nulla: in questo modo la
tecnica sbarcò nella mia vita e si mescolò con essa.
Un giorno mi trovavo in un luogo roccioso vicino ad una spiaggia
frequentata da un numero modesto di persone che ci passavano per una
passeggiata e, qualche volta, si fermavano nei pressi.
Nascosto dietro degli alberi, durante il giorno mi protessi dal sole; al
tramonto mi avvicinai alla spiaggia, appoggiai la schiena ad un sasso e
rimasi lì fingendo di guardare un oggetto distante. Praticai con gli occhi
173
aperti: il cielo era un cristallo indistruttibile d’infinita trasparenza; le onde
cambiavano continuamente il loro colore dal fascino quasi insostenibile.
Cercavo di nascondere le mie lacrime dietro le scure lenti dei miei occhiali
da sole.

Non riesco a descrivere quello che sento se non in forma poetica.


C’è un canto indiano [nella parte finale del film Mahabharata] le cui
parole sono prese dalla Svetasvatara Upanishad: «Conosco questo Grande
Spirito, raggiante come il sole, trascendente ogni concezione materiale di
oscurità. Solo chi Lo conosce può trascendere i limiti della nascita e della
morte. Non c’è altra strada per raggiungere la liberazione che conoscere
questo Grande Spirito».
Quando ascoltai la bella voce della cantante Indiana che continuava a
ripetere: "Non c’è altra strada", il mio cuore era infiammato. Nulla avrebbe
avuto il potere di privarmi di questo stato e di questa pratica, di cui avrei
gioito fino alla fine dei miei giorni.

174
CAPITOLO XI ROUTINE E TEORIA

Molti kriyaban hanno un solo sogno: imparare tutte le tecniche del


Kriya Yoga, metterle insieme secondo l’ordine di pratica più efficace e
stabilirsi in una pratica regolare, quotidiana, di questo complesso, ma ben
integrato, insieme. Fino a tale raggiungimento, penseranno sempre che gli
manchi qualcosa d’essenziale e non saranno mai completamente felici.
Capiamo perfettamente che se un ricercatore crede che possano esistere
tecniche migliori che, sfortunatamente, non conosce, non potrà sentirsi
appagato. Lo stesso avverrà se intrattiene dubbi sull'autenticità delle
tecniche che possiede. Ma se anche, un giorno, dovesse avere tutte le
tecniche originali a sua disposizione, con la piena fiducia nella loro
autenticità, si accorgerebbe che i suoi problemi sarebbero solamente
incominciati.

Questo è dovuto al fatto che una routine definitiva non può esistere! Il
concetto di una routine perfetta e finale è una contraddizione: se è
definitiva vuol dire che non ci può essere progresso in essa. Come già
segnalato, nessuno può tollerare la ripetizione della stessa, routine per un
tempo infinito. Il sistema psicofisico non reagirà nel modo aspettato e
l'entusiasmo iniziale potrebbe decadere inesorabilmente verso
l'annientamento.
Non c’è da meravigliarsi che una persona superficiale, che fin qui è stata
spinta più che altro dalla curiosità e da un puro piacere istintivo di
sperimentare, si trova in una situazione indecifrabile, incerta. La forza
propulsiva della novità è finita; non sa se ritornare indietro e partire
daccapo con più calma e serietà cercando di impadronirsi degli elementi
base del Kriya oppure vagare di qua e di là nel tentativo di scoprire se c’è
qualcosa che lo porti più rapidamente alla meta spirituale.
Ma che la persona che ha praticato fin qui molto seriamente si trovi in un
periodo di stagnazione, questo è ben strano. Dopo un lungo processo – non
direi faticoso e logorante ma sicuramente intenso – di padroneggiamento
delle tecniche, quello che avrebbe potuto essere un periodo di autentica
soddisfazione, diventa invece qualcosa di problematico.
Egli è stato il testimone di un processo di pulizia nel campo della sua
personalità e, forse, proprio per questo non è capace di ritrovare la

175
motivazione iniziale, la sua determinazione e il suo entusiasmo. Egli
necessita di un approccio più maturo.

È vero che alcuni praticanti entusiasti riescono a proseguire per anni


ripetendo ogni giorno un complicato insieme di tecniche ma anche questi
alla fine capitolano e ritornano ad una routine più semplice. Nel tentativo
di salvarsi da un completo naufragio, eliminano alcune tecniche
dall’insieme [di solito i Kriya superiori] e ritornano alla loro routine
iniziale del Primo Kriya - spesso trascurando i Mudra. Essi cercano di
trovare una soluzione nella semplicità più totale.
Non c’è da meravigliarsi se questa decisione porta molto raramente a dei
buoni risultati - questo significherebbe che i Kriya superiori hanno
espletato la loro funzione, una volta per tutte. Ahimè, il più delle volte
questo tentativo non riesce a ridare le soddisfazioni di un tempo: sembra
che un’epoca dorata sia tramontata per sempre.
Molti progetti intrapresi nel campo del Kriya finiscono in una condizione
desolante: colui che pratica ha, ogni tanto, come risultato della sua pratica,
solo piccoli barlumi di gioia e si accontenta di questo. Egli spera in un
ipotetico cambiamento miracoloso della situazione che potrebbe avvenire
negli anni futuri. Se da un lato devo, ovviamente, esprimere il massimo
rispetto per la sua libertà di vivere il sentiero spirituale come meglio crede,
dall’altro lato penso che il suo atteggiamento abbia sepolto le sue speranze
una volta per tutte.
Talvolta finisce con l’abbandonare ogni pratica.
Il suo entusiasmo e la sua gioia sono tenuti in vita solo da un’unica
"elevata" attività: quella di leggere i resoconti di esperienze spirituali altrui
sui libri spirituali che vanno per la maggiore.
Gioire della letteratura spirituale all’inizio del proprio percorso - non mi
sto riferendo alla letteratura elevata che riguarda altri campi la quale è un
nutrimento continuo del nostro cervello - è una cosa buona, ma che senso
ha cercare una perenne conferma delle proprie idee religiose, tanto per
rinnovare la determinazione di concretizzarle un giorno futuro, sapendo
inconsciamente che esso non verrà mai?

Lo scopo di questi due ultimi capitoli è di presentare una possibile


soluzione.

176
Mi accingo a mostrare come la precedente fase di grande disagio possa
essere trasformata in una spinta verso il raggiungimento della reale meta
del Kriya Yoga, verso grandi raggiungimenti, più grandi di quanto la sua
immaginazione possa concepire.
Ma anzitutto è necessario farsi una idea sui fondamenti teorici del Kriya
Yoga.
A tale scopo consideriamo come una routine possa propriamente definirsi
"completa".

Poiché mettere insieme tutte le tecniche fin qui descritte in una routine
pratica sarebbe un compito troppo complicato – di scarsa utilità pratica –
proviamo a concepire due routine più utili. Nella prima le procedure
elementari dei Kriya superiori – quelle esposte nel capitolo IX – vengono
dopo le tecniche base del Primo Kriya; nella seconda quelle procedure che
possono sembrare più sofisticate [esse non vengono in effetti insegnate da
molte scuole], quelle descritte nel capitolo X vengono utilizzate. Di
ciascuna tecnica darò soltanto una breve descrizione, tanto per richiamare
il suo meccanismo essenziale.
Quello di concepire tali routine contenente il giusto numero di tecniche,
cercando di produrre il massimo dell’efficacia, è veramente un compito
difficile. Significa far leva sui principi essenziali di tali tecniche e porle
nel più efficace ordine di pratica. Significa anche stabilire il numero ideale
di ripetizioni di ciascuna tecnica, evitando ogni possibile situazione
stressante che conduce soltanto a distrarsi.
Questo processo di tentare con diverse soluzioni è utile per comprendere il
senso di ciascuna tecnica e il suo raggio d’azione. Ci accorgeremo come
come alcune tecniche sono preparatorie ad altre e, nella situazione attuale,
sono di scarsa o di nessun’utilità; altre tecniche che svolgevano un ruolo di
secondaria importanza, possono ora essere viste in un’altra luce e, grazie al
presente stato di evoluzione, possono assumere un ruolo importante ed
essere poste in un punto chiave, incarnando le fasi più sottili della routine.
Studiando il significato e la funzione di ciascuna tecnica, scopriremo
perché si dice comunemente che il Kriya Yoga è un sentiero composto da
quattro livelli. Questo sarà il punto di partenza per presentare una
soluzione alla sopra citata condizione di difficoltà in cui il kriyaban si
trova.

177
PRIMA ROUTINE

Prima Talabya Kriya…. Per mezzo di questa tecnica si percepisce un effetto


parte notevolmente calmante sul processo del pensiero.
Il kriyaban incolla la lingua al palato come una ventosa, prestando
attenzione che la punta sia rivolta in avanti. Apre la bocca, e la lingua,
che per degli istanti rimane attaccato al palato, si distacca da questo con
uno schiocco. Poi la lingua è spinta fuori verso il mento. Questi due
movimenti sono ripetuti in rapida successione.

Om Japa…. Una calma ancora maggiore si stabilisce nell’intero sistema


psicofisico facendo vibrare il Mantra Om in ogni Chakra; questo può
essere anche fatto cantando il Mantra a voce alta. Salendo, ogni Chakra,
fino al cervicale, è toccato dalla parte della schiena, poi è la volta del
Bindu, poi del Midollo allungato; scendendo in giù si canta Om
pensando alla componente esteriore di ciascun Chakra fino al
Muladhara. Un grande calma si stabilisce ora nell’intero sistema
psicofisico.

Maha Mudra… Distendendosi in avanti su ciascuna gamba e su


entrambe, esercitando una pressione sulla regione del perineo e
trattenendo il respiro durante il canto mentale di Om nel Kutastha, un
kriyaban porta a termine un'azione consistente nel preparare il corpo per
la tecnica centrale del Pranayama.
Egli comincia ad equilibrare le correnti di Ida e di Pingala che aiutano la
sua energia e la sua coscienza ad entrare nel canale spinale di Sushumna.

Pranayama… Il corpo è rilassato, la spina dorsale diritta, senza


tensione, gli occhi sono chiusi, rilassati, come per guardare in lontananza
attraverso il Kutastha.
Un'inspirazione profonda che produce un rumore sordo nella gola come
quello di una distante cascata d’acqua, agisce come una "pompa
idraulica" per sollevare l'energia dalla base della spina dorsale fino al
Bindu; una profonda espirazione guida l’energia verso il basso fino alla
base della spina dorsale. Il respiro è prevalentemente addominale.
Durante l’inspirazione, l’addome si espande e il petto si muove
leggermente; durante l’espirazione l’addome rientra e il movimento
dell’ombelico verso la spina dorsale è percepito con chiarezza, specie
negli istanti in cui l’espirazione si completa.

Navi Kriya… Si consideri la tecnica del Navi Kriya in cui il Mantra Om


è cantato circa 75 volte alternativamente nel Kutastha e nell’ombelico.
[E approssimativamente 25 volte alternativamente nel Bindu e nel terzo
Chakra.] Lo stato raggiunto può realmente essere detto "silenzio
mentale".

178
Seconda Omkar Pranayama… Ora l'energia fluisce all’interno della colonna
parte spinale, in ogni Chakra, come il filo di una collana di perle.
Un kriyaban che ha padroneggiato questa tecnica non perde tempo a
frammentare il respiro: egli stimola i suoi Chakra attraverso il Mantra ed
il puro potere della sua concentrazione.
La rotazione antioraria della consapevolezza nel cervello diviene sempre
più potente. Il Midollo è profondamente stimolato, un senso di pressione
interna e di immobilità si diffonde in tutto il corpo. La percezione del
meraviglioso suono di Om è molto facile e da godersi sommamente.
Questa sintonia sarà approfondita dai Kriya seguenti.

Forma semplice del Thokar … Trattenendo il respiro, la testa si avvicina


alla spalla sinistra, Te è pensato nel Midollo allungato. La testa s’inchina
leggermente indietro e, tracciando un arco, raggiunge la spalla destra, la
sillaba Va è pensata nel Chakra cervicale. La rotazione prosegue, la testa
viene in avanti e si muove verso sinistra ritornando al punto dove la
rotazione era incominciata, quindi l’orecchio sinistro si avvicina alla spalla
sinistra. Da qui il mento va in giù diagonalmente a colpire il centro del
torace mentre, con particolare intensità mentale, Su è fatto vibrare nel
Chakra del cuore. Poi con un’espirazione molto sottile, le rimanenti
sillabe sono "poste" nei primi tre Chakra. Questo è ripetuto almeno sei
volte.

Forma evoluta di Thokar … La testa si muove verso sinistra, va un po’


indietro, poi compie due azioni in contemporanea: la prima è di ritornare
nella posizione centrale, la seconda è di sollevare il mento.
Il kriyaban ha una percezione intensa del Midollo allungato e la sillaba Te
è vibrata mentalmente nel Midollo allungato e nel Kutastha.
Dalla posizione col mento in su, la faccia si gira a destra, poi a sinistra e
durante questo movimento la sillaba Va è fatta vibrare mentalmente nel
quinto Chakra. Quindi dalla posizione a sinistra il mento va a toccare il
centro del petto e la sillaba Su è fatta vibrare nel Chakra del cuore.
Si rilassano i muscoli alla base della spina dorsale e si pongono, espirando,
le rimanenti sillabe De Va Ya nel 3°, 2° e 1° Chakra rispettivamente.
Questo è ripetuto almeno sei volte.

Thokar su tutti i Chakra … Tutto è come nella precedente tecnica


Thokar ma il colpo finale è ripetuto e diretto anche verso i Chakra
inferiori. Questo è ripetuto almeno sei volte.

Thokar con l’aggiunta di Maha Veda Mudra … Dopo un’altra


ripetizione della tecnica precedente, quando ancora il respiro è trattenuto,
immediatamente dopo il colpo sul Muladhar, il kriyaban solleva di pochi
millimetri il corpo con le mani e poi lascia andare. Le natiche toccano con
un lieve sussulto il pavimento. Quest’azione di sollevare il corpo può
essere ripetuta alcune volte [fino a nove volte]. Questa tecnica è praticata
una volta sola.

Sollevare i Chakra nel Kutastha


Per mezzo di una breve inspirazione ciascun Chakra è sollevato

179
idealmente nel Kutastha. Il respiro è trattenuto in modo armonioso. Con
ciascun Chakra una diversa sillaba del Gayatri Mantra è ripetuta e una
lieve sensazione di oscillazione è percepita all’interno del Kutastha.
Poi tutta la concentrazione è diretta verso la stella dell’occhio spirituale e
il canto mentale di Om Satyam supera le 36 volte.

Terza Pranayama mentale …. Un kriyaban fa tre respiri profondi. Sale


parte lentamente con la consapevolezza nei Chakra; la sua consapevolezza
verrà mantenuta su ciascuno di essi fino a percepire una particolare
sensazione di dolcezza, come se ciascuno si stesse "sciogliendo". Per
approfondire la concentrazione può ripetere mentalmente in ciascuno la
sillaba relativa [Om Om Om Om … nel primo, Na Na Na Na … nel
secondo ….ecc.] Il ritmo è di una o due sillabe il secondo.
Questa procedura è ripetuta per ciascun Chakra, salendo e scendendo.

Quarta Paravastha
parte Il kriyaban pone tutta la sua consapevolezza sulla parte superiore della
testa. La procedura precedente ha creato una percezione di luce in tutta la
testa e sopra di essa. Il kriyaban continua a concentrarsi per molto tempo
su quella luce senza sentire alcuna fatica.
È assorbito nella rivelazione d’illimitata pace, gioia e libertà.
Questo è lo stato di Tranquillità che conduce, un giorno, allo stato di
Tranquillità Eterna. [Lo Yoni Mudra si pratica di notte.]

SECONDA ROUTINE

Prima Talabya Kriya


parte Om Japa
Maha Mudra
Pranayama
Navi Kriya

Seconda Omkar Pranayama


parte
Amantrak e Samantrak macro…. La tecnica Amantrak macro
comincia sollevando lentamente la consapevolezza su per la spina
dorsale; dopo aver toccato il Bindu, scende nel corpo. La corrente
disegna tre curve che tagliano il Medulla, il Chakra del cuore e, in fine,
il Muladhar. Ciò è ripetuto 2-3 volte. La percezione è intensificata
grazie alla procedura Samantrak macro di usare il Mantra di dodici
sillabe.

180
Forma particolare di Thokar…Col mento sul petto, il kriyaban
comincia la pratica sollevando molto lentamente la consapevolezza
lungo la spina dorsale, toccando con le sillabe i relativi centri [Om Na
Mo etc. sono posti nei Chakra] sollevando il mento come a seguire il
movimento interno. Quando il mento è sollevato, parallelo al suolo,
allora la percezione si trova nel Bindu. La testa si muove leggermente
verso sinistra; senza girare la faccia, si muove leggermente indietro,
comincia la rotazione ma si ferma nella posizione centrale. Il mento è
già un po’ sollevato ma ora è sollevato ancora un po’ come per
intensificare la percezione del Midollo allungato dove è fatta vibrare la
settima sillaba Teee. In quest’istante anche il Kutastha è chiaramente
percepito.
Dalla posizione col mento in su, la faccia si volge lentamente a destra, il
mento si abbassa naturalmente finché raggiunge la posizione parallela
alla spalla destra, sopra di essa.
Ora il mento che è parallelo al suolo e si trova sopra la spalla destra, la
tocca per un istante ed è allora che la sillaba Va è fatta vibrare
mentalmente nell’ottavo centro. Subito dopo, la faccia, con un
movimento molto, molto lento si volge verso sinistra, accompagnando
millimetro dopo millimetro la percezione del flusso interno che
attraversa il quarto Chakra.
Il secondo colpo avviene in modo simile a sinistra, allorché la sillaba Su
è cantata nel nono centro. Da là, molto lentamente, il mento, sfiorando la
parte sinistra della clavicola, si muove verso la posizione iniziale,
abbassato sul centro del petto. Durante tale movimento - proprio quando
le sillabe De e Va sono pensate nel decimo e undicesimo centro - due
colpetti sono assestati sulla clavicola in posizioni intermedie; infine
quando la sillaba Ya è posta nel Muladhar è assestato l’ultimo colpo del
mento sul petto. Qui c’è una pausa di circa un secondo. Si ripetono da 12
a 36 giri di questa tecnica.

Terza Samantrak macro…. L’immobilità è ricreata grazie alla già descritta


parte procedura Samantrak macro: la percezione del flusso Trivangamurari è
molto forte.

Samantrak micro….Con l’aiuto del Mantra, il micromovimento è


percepito in ciascuno dei dodici centri - i primi cinque Chakra, il Bindu,
il Midollo allungato, poi i quattro centri che si trovano al di fuori della
spina dorsale e il Muladhar.
La percezione avviene tre volte in ciascuno, salendo lentamente e
scendendo almeno per quattro volte.

Quarta Paravastha …La precedente procedura può sfociare nello stato di


parte Samadhi. Se questo non avviene, il kriyaban pone tutta la sua
consapevolezza sulla parte superiore della testa. Egli è assorbito nella
rivelazione di illimitata pace, gioia e libertà.

[Lo Yoni Mudra si pratica di notte.]

181
IL SIGNIFICATO DELLE QUATTRO PARTI

Ai tempi della mia prima scuola di Kriya, l’approccio teorico guardava


all’azione del Pranayama come ad un metodo volto ad ottenere la
"magnetizzazione" della spina dorsale, seguito dal sollevamento
dell’energia spirituale all’interno di essa. Gli Yoga Sutra di Patanjali
fornivano un certo aiuto nel comprendere più da vicino, con più precisione,
i passi consecutivi volti a raggiungere questo risultato; studiando questa
opera, un kriyaban poteva trarre importanti riflessioni.
I principi di Patanjali rimangono un aiuto essenziale nell’evitare gli errori
comuni fatti quando si progetta qualsivoglia routine ma, per poter
comprendere ciascuna parte del Kriya di Lahiri Mahasaya, è necessario
costruirsi una visione del Kriya che sia un po’ più evoluta.
Tanto per fare un esempio, il ruolo essenziale dei cosiddetti processi
"verticali" non rientra minimamente in tale contesto; similmente oscura
resta la ragione per cui essi regalano molta più soddisfazione e
trasformazione psicologica che non qualsivoglia altra routine.
Per chiarire questo come pure altri aspetti, è necessario prendere in
considerazione anche il concetto di nodi.
Molto probabilmente il lettore avrà già incontrato la frase di Lahiri
Mahasaya, secondo la quale «qualsivoglia sentiero religioso consiste di
quattro livelli caratterizzati dallo sciogliere i quattro "nodi" interni
(Granti): lingua, ombelico, cuore e Muladhar».
Sorge spontanea la domanda: le quattro parti delle routine sopra descritte
sono in corrispondenza biunivoca con il processo di sciogliere i quattro
nodi?
In altre parole, la prima parte della routine ha per scopo quello di sciogliere
il nodo della lingua, la seconda parte quello dell'ombelico e così via?
La risposta è che il collegamento è più complicato – comunque è preciso e
carico di significato.
In sintesi la relazione è la seguente:
Prima parte: un'azione è diretta principalmente verso il nodo della lingua
e dell'ombelico, secondariamente verso il nodo del cuore e del Muladhar.
Seconda parte: una specifica azione è diretta verso il nodo di cuore e,
facoltativamente, anche verso il nodo del Muladhara.

182
Terza parte: la perfezione del lavoro sul nodo di cuore è realizzata col
padroneggiare lo stato senza respiro.
Quarta parte: l'apertura del nodo del Muladhara fa sì che lo stato di
Samadhi sommerga la coscienza del kriyaban.
L’intero argomento è molto interessante e merita un’ampia discussione.

La PRIMA PARTE della routine è centrata attorno alla tecnica del


Pranayama. Questo è il fondamento del sentiero spirituale.
Un'azione permanente sull’intera personalità avviene poiché tre importanti
forze che s’irradiano dai Chakra - la Sessualità, l’Amore, e lo Spirito si
mescolano e si unificano.
La frattura originata al momento della nascita è responsabile del fatto che
una realtà unica è stata divisa in tre parti le quali incominciano, durante la
vita, a lottare una contro l’altra. La componente spirituale dell’uomo, che si
manifesta come gioia e calma, si stabilisce nei Chakra superiori e nella
testa; la componente materiale, nei Chakra inferiori.
Tale frattura è la sorgente permanente di tanti fattori dolorosi nella nostra
vita: non ci può essere felicità duratura se l’unità originale non è
ricomposta, almeno parzialmente. Perciò nel Pranayama l'energia è mossa
prima attorno ai Chakra e non è forzata immediatamente a muoversi nella
spina dorsale.
L'energia sessuale non è solo quella che noi intendiamo con questo nome
ma anche l'agente che ci fa gioire delle percezioni sensoriali e ci dà la
forza, la determinazione di combattere la battaglia della vita ed ottenere
tutte le cose necessarie ad essa - sfortunatamente noi lottiamo anche per
trovare cose che sono superflue al nostro vivere, e questo provoca
difficoltà senza fine. L'energia dell’amore diviene un profondo sentimento
[attenti ai sentimentalismi superficiali!] verso un'altra persona; la gioia che
noi sentiamo di fronte ad un'espressione artistica, il combustibile di azioni
giuste e imparziali originatesi da nobili istinti e da leggi etiche.
Il vertice più alto della contemplazione estetica, dove le vaste visioni
profetiche possono manifestarsi, può essere vissuto invece solamente
attraverso l'energia spirituale.
Spesso nella comune tradizione religiosa una persona impara a mantenere,
anzi a coltivare come una virtù, la divisione della materia dallo spirito.
Questa ferita all’interno della persona, entro la sua più intima essenza,
nutre il conflitto tra l’istinto, le necessità del corpo e l’aspirazione
183
dell’anima. Purtroppo per innumerevoli esseri umani la parola "Spirito" è
divenuta definitivamente sinonimo di sacrificio, espiazione.
Il percorso Kriya include la fine d’ogni conflitto, stabilisce il kriyaban in
un'unità sostanziale d’intenzione - il cuore può risiedere nella realtà
spirituale e nello stesso tempo avere una piena esperienza della vita. Nel
Pranayama l'energia sessuale che esce del primo e dal secondo Chakra è
portata al livello del cuore. L'energia dell’amore esce dal Chakra del
cuore; le due si mescolano e questo fatto dà abbastanza determinazione a
non soccombere ad alcun ostacolo e a realizzare l’amore in tutte le forme
nelle quali si manifesta. L'energia rinforzata dell’amore è portata nei
Chakra più elevati (Vishudda, Ajna e Sahasrara) dove l'energia dello
Spirito s’irradia. L'energia spirituale, circondando l’amore con la sua
irradiazione lo trasforma in rapimento estatico, creando l'aspirazione a
scoprire e godere la bellezza nella realtà esterna. Quest’energia è portata
giù nelle cellule del corpo per nutrirlo e per stimolare la percezione di una
fresca energia che sostiene permanentemente il corpo dall’interno.

Affinché questo meccanismo funzioni, il circuito deve essere chiuso.


Qui vediamo il valore di sciogliere il nodo della lingua eseguendo il
Talabya Kriya e il Kechari Mudra.
Questo nodo ci isola da un’enorme riserva d’energia presente nella regione
del Sahasrara.
Nel momento stesso in cui il Kechari Mudra è realizzato, il kriyaban non
riesce a comprendere cosa gli sta capitando. Se trascorre molto tempo con
la lingua in tale posizione, dei momenti di incredibile calma e silenzio
mentale pervadono l'essere: la mente comincia a perdere il suo ruolo
dispotico!
Talvolta, intontito e disorientato, può sentirsi come un convalescente
appena uscito da uno stato in cui la mente era bloccata.

Ma ritorniamo al processo di far circolare l’energia.


Dopo alcune rotazioni dell’energia la coscienza cerca di attraversare la
"porta" dell’ombelico e raggiungere la sede della corrente Samana nella
parte media-inferiore dell’addome. Questa regione contiene lo stato di pace
di cui noi godemmo prima della nostra nascita.
È necessario attraversare il nodo dell’ombelico per trovarla di nuovo.

184
Questo nodo si origina col trauma del taglio del cordone ombelicale.
Stabilire la propria consapevolezza di nuovo nell’area del basso addome
significa porre le migliori fondamenta dell’intero percorso Kriya.
Il posto dell’addome dove si origina la corrente Samana è, secondo la
terminologia Taoista, detto Dan Tien.
Nella letteratura mistica cinese il processo di entrare in tale regione è
indicato da espressioni come: «Ritorno al centro; unione della terra con il
cielo; nascita del fiore d’oro, creazione della perla risplendente.»
Nel Kriya Yoga questo avviene per mezzo delle tecniche del Navi Kriya e
del Pranayama aumentando il calore nella regione dell’ombelico e
percependo una particolare vibrazione nella regione mediana tra
l’ombelico e il terzo Chakra.
Come la tradizione mistica dell’Esicasmo spiega in modo esauriente,
questo è il modo migliore per trovare la "via per arrivare al cuore" e
stabilirsi in uno stato di quiete unica.
La trasformazione psicologica immediatamente percettibile è
l’unificazione di tutte le diverse sfaccettature della personalità, la scoperta
di un unico filo interiore che collega le azioni passate con le forze che
attualmente trascinano in avanti la nostra aspirazione spirituale.

La SECONDA PARTE di ciascuna routine descritta sopra è diretta


principalmente a lavorare intensamente sul nodo del cuore e, talvolta,
incominciare il lavoro sul nodo del Muladhar.
Questo nodo è responsabile delle emozioni superficiali che nutrono il
mondo dei pensieri e coprono, soffocandolo, il reame dei sentimenti
profondi. È la causa radice dell'attitudine umana di diventare
psicologicamente dipendenti dagli altri e accettare come vero solo quello
che è ostentato in una cornice di magnificenza delle organizzazioni e delle
chiese.
Fintanto che esso è ben forte in noi, non vi può essere contatto con la realtà
spirituale: infatti il cuore batte all’impazzata non appena una qualche
esperienza spirituale si sta avvicinando e distrugge in un attimo la calma e
lo stato di grazia che, con tanta fatica, era stato creato.
Il kriyaban che ha padroneggiato il Pranayama e il Navi Kriya aggiunge la
potente azione del Thokar.
I vari dettagli tecnici e le varianti di questa tecnica non distolgono la sua
attenzione dall’entrare in sintonia con la dimensione Omkar.
185
Lahiri Mahasaya scrisse che il Thokar riuscirà ad aprire la porta del tempio
interiore.
Il segnale che questo processo ha colpito l'obiettivo è l'apparizione di un
suono interno di una campana; ascoltando questo dolce suono interno che,
leggero come una caduta di petali, bussa leggermente alle porte
dell'intuizione, avviene la realizzazione che tutte le esperienze d’amore
sono come splendidi cristalli fioriti attorno al suo filo dorato. Il sentimento
profondo di speranza che, innumerabili volte sin dall'infanzia, ha riscaldato
il nostro cuore, il vasto sorriso confortante che ci circonda nella sfortuna,
quello è la realtà Omkar.
Interrompere la routine a questo punto sarebbe sciocco: il lavoro sul nodo
del cuore è appena incominciato.

La TERZA PARTE di ciascuna routine perfeziona il lavoro precedente.


La caratteristica che principalmente contraddistingue questa a parte è il
raggiungimento dello stato d’assenza di respiro. Esso può apparire soltanto
se il kriyaban impara a mantenere la coscienza sullo Spirito durante
l’intera giornata. L’esperienza del Pranayama mentale [o della tecniche
basate sul movimento Trivangamurari], è fantastica! Se un kriyaban,
assorto in questa dimensione, siede per lungo tempo, ottiene un'esultanza
che nulla nella vita può dare.

La QUARTA PARTE di ciascuna routine è diretta principalmente ad


andare oltre lo stato d’assenza di respiro ed immergersi nella realtà Omkar
la quale si manifesta, nell’immobilità fisica e mentale perfetta, come la
paralizzante beatitudine dello stato di Samadhi. La mente che contempla la
Realtà Ultima, svanisce, si dissolve. Il kriyaban va oltre l’essenza del
Tempo e ottiene la pace duratura.
La potente ostruzione alla base della spina dorsale, che blocca questa
esperienza è chiamata nodo del Muladhar.
Si spiega che la sua essenza è l’azione delle due correnti laterali di Ida e
Pingala. Comunque, si deve spiegare che sciogliere questo nodo significa
non solo aver raggiunto un perfetto stato di Equilibrio con fine d’ogni
tensione tra opposti, ma anche quello stato che Lahiri Mahasaya chiamava
"Tranquillità". Questo è un gradino più in su, perché è tutta la nostra vita,
ciascun aspetto dei nostri stati mentali che dovrebbero sollevarsi e aprirsi
al Divino. Perciò le implicazioni di aprire questo nodo sono molto più
186
profonde. Comunque, un giorno la porta verso il regno dello Spirito si
aprirà e la nostra energia e consapevolezza la attraverserà!
Siccome in quel momento percepiremmo l’Occhio Spirituale e avremo
l’esperienza di entrarci dentro; siccome questa visione rappresenta la
sezione trasversale della spina dorsale, visibile nel punto tra le
sopracciglia, non è un errore affermare che la sede di questo nodo non è
solo nel Muladhar ma anche nel Kutastha.

Ora, con quest teoria in mente, comprendiamo che il percorso del Kriya
è un lungo itinerario che consiste nel distruggere uno dopo l’altro i sigilli
che mantengono attiva in noi l’illusione. Non c’è dubbio che la piena
padronanza di questi quattro stadi richiede anni di lavoro e talvolta il
kriyaban deve ritornare sui suoi propri passi e lavorare duramente su un
nodo che credeva sciolto. Un nodo è come un calcolo, una pietra
incastonata in un organo fisico, che un dottore si accinge a rimuovere,
gradualmente, ben attento a non distruggere l’organo e uccidere il paziente.
Come può il lavoro del Kriya essere portato a compimento nella propria
vita, con la dovuta cura?
Un modo intelligente, prudente di procedere non ha nulla a che fare con
l’idea di una pratica superficiale.
Il kriyaban, fedele alla sua aspirazione, dovrebbe essere prudente e
intelligente nello stesso tempo.
Le storie che un giorno il "sipario" si aprirà quasi per grazia divina ebbero
un effetto mortale su molte persone.
Molte volte sentii la storia di un uomo che praticò il Kriya durante tutta la
sua vita, senza provare alcunchè; solamente alla fine della sua vita, alcuni
minuti prima della sua morte, lui ebbe la desiderata esperienza
dell'illuminazione. Questa storia provocò solo perplessità in me perché vidi
la vera intenzione delle persone che la raccontarono: «Stai zitto, non fare
domande e prosegui con quello che hai! » Vidi chiaramente che la storia
era come un'arma a doppio taglio! Dava l'impressione di insegnare la virtù
della perseveranza ma per quanto riguardava i miei amici, essa incoraggiò
una pratica caparbia di una routine quotidiana che aveva tutti gli attributi di
un rituale superficiale e frettoloso. Nulla avrebbe potuto uscirne fuori!
L’evoluzione automatica [… un anno per ciascun Kriya Pranayama…..]
per mezzo di una routine sempre uguale, due volte al giorno, per tutta la
vita, è un mito che non conduce da nessuna parte! Sfortunatamente, essi
187
impararono a vivere accompagnati da una continua fonte di piacere
proveniente dall’idea di aver trovato il sentiero giusto e fatta la più saggia
tra tutte le scelte. Il loro ego era divenuto l'ago della bussola della loro
avventura spirituale!
Sì, la prudenza deve sempre essere presente, ma il cuore di un kriyaban
dovrebbe essere in sintonia con l'intuizione più profonda della sua anima
ed essere guidato a sorgere di nuovo e prendere il volo verso l’Eterno.
Dopo il completamento dei processi verticali, il kriyaban dovrebbe
sforzarsi di raggiungere le mete seguenti.

A.... Padroneggiare lo stato senza respiro - ovvero completare con


successo l’azione di sciogliere il nodo di cuore.

B.…Arrivare alle prime tappe del Samadhi - ovvero aver raggiunto e


dissolto – almeno per alcuni istanti - il nodo del Muladhar.

C…. Avvicinarsi all'esperienza del Pranayama col respiro interno che è la


perfezione del Pranayama. È un'esperienza di bellezza impensabile,
lasciata all'esplorazione fino alla fine della vita. Come vedremo, esso è una
continua e spontanea circolazione d’energia che nasce nella perfetta quiete
del respiro fisico.

Nel prossimo capitolo cercherò di sviluppare questo soggetto.

188
CAPITOLO XII RIMANERE SEMPRE VIVI SUL SENTIERO
SPIRITUALE

Partiamo dalla solida base della esperienza Omkar.


Lahiri Mahasaya descrisse il dolce suono interiore Anahat [letteralmente
non prodotto da alcuna causa fisica] che si origina dal dinamismo del
Prana come quello «prodotto da varie persone che colpiscono una
campana», «continuo come l’olio che esce da una bottiglia». Omkar è la
vibrazione dell'energia primordiale che sostiene l'universo: afferra la nostra
consapevolezza e la conduce nelle profondità dell’esperienza mistica senza
alcun pericolo di perdersi per strada. Colui che segue qualsivoglia percorso
spirituale, incontrerà infallibilmente questa manifestazione dell’essenza
Divina, qualunque sia la sua preparazione e il suo credo.
[Ho affrontato questo tema nel terzo capitolo trattando della tecnica di
ascoltare i suoni interiori; nel quinto capitolo sono ritornato sullo stesso
argomento.]
Tutti i Kriya superiori hanno un solo scopo essenziale: cooperare con una
più profonda sintonia con la dimensione Omkar! Col passare degli anni, ci
rendiamo conto come sia essenziale preservare la percezione Omkar
durante la giornata. Lo sforzo implicato deve essere prolungato oltre la
sessione Kriya, richiamato all’interno di ogni aspetto della vita. Se
intenzionalmente, nella speranza di godere più liberamente dei comuni
piaceri della vita, interrompiamo tale sintonia, tale intenzione ci porterà
fuori da quella realtà per lunghissimo tempo, come se fossimo stati
trasportati in un altro continente.
C’è una resistenza nel riconoscere che la continua sintonia con Om è il
modo più sicuro per procedere verso la meta del sentiero mistico. Molti
cercano freneticamente impossibili sostituti di tale sintonia. Alcuni,
sperando di concquistare la qualità essenziale della devozione, si lasciano
irretire da pratiche senza valore, come quelle, prese in prestito da
esoterismo e magia, che implicano intense visualizzazioni.

Non appena un kriyaban sente di essere fuori dalla sintonia con Omkar,
egli deve mettere immediatamente da parte tutti i Kriya superiori e
immergersi intensivamente nella pratica dell’Omkar Pranayama.

189
Per esprimere tutta la sua potenziale capacità di sforzo, può porsi uno
scopo ben preciso, come quello di completare 20736 Omkar Pranayama.
In 144 giorni, praticando 144 Omkar Pranayama al giorno, tale compito
può essere portato a termine.
Oltre alle tecniche preliminari [Talabya Kriya, Maha Mudra ed Om Japa]
può fare, al mattino, una seduta di Nadi Sodhana seguita dai piegamenti in
avanti e da una lunga concentrazione sul Chakra del cuore con la lingua in
Kechari Mudra.
Gli effetti equilibranti di questa fase introduttiva "apriranno" il suo
cervello; diventerà consapevole di una particolare pressione nella testa, la
quale annuncia l’avvicinarsi della reale esperienza Omkar.
Praticando la tecnica di Omkar Pranayama, non cessa mai di interiorizzare
la procedura. Risvegliandosi al fatto che lui è l’unico Maestro di sé stesso,
scoprirà diversi modi di andare in profondità; per mezzo della sua
intuizione avrà l’esperienza dei Chakra che si riveleranno essere la più
vera realtà del suo essere. In seguito, riproverà ad aggiungere di nuovo
qualsivoglia forma di Kriya superiori, stando molto attento a percepire un
aumento della percezione del suono interiore. Un prolungato Pranayama
mentale rimane sempre il modo migliore per concludere la sua pratica
quotidiana.

A….PADRONEGGIARE LO STATO DI ASSENZA DI RESPIRO


Abbiamo visto che il terzo livello del Kriya è caratterizzato dallo stato di
assenza di respiro.
È uno stato incredibile: la sua essenza è un autentico, perfetto senso di
libertà. Paragonato ad esso, il modo comune di vivere è soffocamento. Non
dovrebbe essere necessario ricordare che assenza di respiro non significa
trattenere forzatamente il respiro. Non significa che il respiro diviene
sempre più calmo; ma semplicemente che non si sente il bisogno di
inspirare. Oppure si inspira brevemente e non si sente il bisogno di
espirare, e questo per un tempo molto lungo.
Questo stato può essere sperimentato dopo la pratica dei Kriya superiori,
molto raramente durante essi. È vero che delle volte, dei piccoli tratti di
questo stato possono apparire nei primi istanti che seguono il colpo del
Thokar, come un'estasi improvvisa, però la permanenza in questo stato
avviene con un profondo Pranayama mentale.

190
Quando tutte le tecniche sono state completate, quando il corpo è calmo e
la consapevolezza continua a muoversi molto molto lentamente su e giù
entro la colonna spinale, un profondo senso d’immobilità, unito ad una
leggerezza interna e ad una totale trasparenza mentale, è il primo segno del
suo emergere. Il processo di respirazione è come raggelato; non si
percepisce alcun bisogno di respirare. L’apparizione di questo stato non
produce alcun fremito interno di sorpresa, ansietà o tensione. In tale
situazione un kriyaban non è agitato dal pensiero: «non sto respirando»;
egli sente una fresca energia che tiene in vita le sue celle dall’interno, e
gioisce pienamente di una nuova condizione del vivere dove non c'è affatto
bisogno di respirare. Un senso incomparabile di libertà interiore – che non
potrà essere mai più scordata - è il suo esito.

Qui mi accingo a riassumere tutto ciò che serve per incominciare a


muoversi in questa direzione. Quello che scrivo proviene dall’esperienza,
non dai libri.

I….È importante scegliere un Mantra che abbia in sé stesso un tono forte e


soave insieme. Ascoltando i canti indiani, una persona può scegliere fra
un’ampia gamma di Mantra [Il Mantra Om Namo Bhagavate Vasudevaya
va ovviamente bene]; è anche possibile scegliere una preghiera nella
propria lingua, purché sia fatta di poche parole.
Anche se una persona ha verificato di poter ottenere lo stato di assenza di
respiro senza il Japa, vedrà come questo diventa stabile avendo adottato
l’abitudine di praticare molto Japa durante il giorno.
È ottimo incominciare a praticarlo ad alta voce durante una passeggiata, e
poi continuarlo mentalmente durante le attività quotidiane. Il suono del
Mantra dovrebbe vibrare nella propria bocca, testa e petto; l'uso di un mala
[rosario di 108-grani] va benissimo. Anche se qualche volta un kriyaban
può sentirsi un po’ stordito, tuttavia mantiene la determinazione di non
abbandonare mai la pratica. Estasiato dalla vibrazione che il Mantra crea
nella sua coscienza, lo investe con l'aspirazione del suo cuore.

II…Nella sessione principale della routine, durante ciascuna espirazione


del Pranayama è importante percepire l'irradiazione di ogni Chakra che
circonda gli organi interni del corpo - la stessa percezione aumenterà e si

191
approfondirà durante gli istanti che precedono il verificarsi dello stato di
assenza di respiro.

[I fanatici – quelli che rimangono fedeli al sentiero del Kriya senza ricavarne
alcun risultato positivo, che pretendono di sperimentare, sin dall’inizio del loro
sforzo, la corrente del Pranayama che si muove solamente nel sottile canale del
Sushumna - se, per caso, si avvicinano allo stato di assenza di respiro,
osserveranno come esso incomincia nel corpo, nelle sue cellule, in una fresca
sensazione di energia che sostiene ogni singolo atomo. Con un po’ di fortuna,
questa esperienza cambierà la loro visione dogmatica.]

III….Dopo il Pranayama, si fa una minima dose di Omkar Pranayama;


questo è seguito dalla forma preferita del Thokar che non dovrebbe
superare le 12-18 rotazioni. Dopo la pratica del Thokar, è ottima cosa,
almeno per sei respiri, ritornare all’Omkar Pranayama, finché si sente una
sensazione di calma e di pace che si stabilisce nel sistema psicofisico. Poi
si fanno tre respiri profondi - ciascuno che finisce con un’espirazione breve
come un sospiro. La consapevolezza del respiro viene messa da parte.
La concentrazione è anzitutto diretta sui Chakra - una pausa di 10-20
secondi in ciascuno di essi è l’ideale - essi sono percepiti come dei nodi
che si sciolgono non appena sono leggermente "toccati" da alcune rotazioni
antiorarie della propria consapevolezza. Un particolare senso di dolcezza è
la prova che, almeno fin qui, tutto procede bene.
Come già sottolineato, la chiave della assenza di respiro è di essere
simultaneamente consapevoli dei Chakras e di una fresca energia che
sostiene ciascuna cellula del corpo.
Lo stato di assenza di respiro si stabilisce mantenendo questo sforzo in uno
stato di perfetta immobilità fisica.

[Vorrei aggiungere una annotazione che, in alcuni casi, può tornare utile.
Alcuni kriyaban si sono accorti di quanto fosse decisivo l’aiuto dell’Aswini
Mudra, all’interno del Pranayama. Sia durante l’inspirazione che durante
l’espirazione contraevano ripetutamente i muscoli alla base della spina dorsale.
Questi movimenti diminuivano di intensità man mano che il processo
proseguiva. Dopo il Pranayama, l’Aswini Mudra svaniva completamente.]

L’esperienza dello stato di assenza di respiro muta il corso della


propria vita – la decisione di porre il Kriya al primo posto e di usare il
potere della volontà per proteggerlo ad ogni costo, diventa imperativo.

192
Assenza di respiro non significa azione; essa è la mancanza totale di
movimento e del più lieve palpito causato dal pensiero, comunque è da tale
stato che nasce l’azione che cambia il proprio destino. Aurobindo scrisse
«La mente non agisce; semplicemente dai suoi recessi origina un’azione
irresistibile».
Secondo me, durante il suo primo anno di pratica, un kriyaban non
dovrebbe mirare a raggiungere questo stato - ne resterebbe sicuramente
deluso. Questo stato può venire solamente dopo che si è verificato un
mutamento considerevole nella sfera fisica e psichica della persona. Questo
mutamento interiore richiede almeno un paio d’anni; incomincia coi
processi verticali del Navi Kriya e del Pranayama. Cresce e si fortifica
gradualmente man mano che è incrementato il numero di ripetizioni di
qualsiasi forma di Thokar. Quando un kriyaban può effettivamente
praticare tale tecnica, lo stato d’assenza di respiro attende il momento più
appropriato per riversare una gioia infinita ed un'unica esperienza di libertà
nel suo essere. Il successo può arrivare non appena i conflitti interiori del
kriyaban scompaiono. Non è solo una questione di pulizia delle Nadi, o di
purificazione astrale di alcuni "gusci"… è anche una questione
d’intelligenza e potere di volontà.
La ripetuta esperienza dello stato d’assenza di respiro distrugge la realtà
delle illusioni mondane e di qualsivoglia restrittivo concetto
antropomorfica del Divino: la visione Advaita del "Divino senza forma"
esplode e sopraffa l’Ego. Barlumi dello stato finale di libertà toccano la
mente. Esso rappresenta la certezza di aver trovato finalmente qualcosa di
stabile e immutabile dentro l’evanescente flusso dell’esistenza, che talvolta
sembra avere la consistenza di un’infinita teoria di riflessi sull’acqua.
Questa è la caratteristica dell’autentica vita "religiosa". Coloro che passano
il loro tempo a scrivere e discutere di religione senza aver sperimentato tale
stato sono veramente sfortunati.

B…..RAGGIUNGERE I PRIMI LIVELLI DELLO STATO DI


SAMADHI
Lo stato di Samadhi è la potente rivelazione della realtà Omkar come
beatitudine quasi intollerabile accompagnata da un singolare stato di calma
dei polmoni e del cuore. Una forte corrente energica si muove verso l’alto
all’interno della colonna spinale.

193
Questo stato può essere indotto in vari modi. A volte, durante un profondo
stato di introversione della coscienza, un suono improvviso, percepito alla
periferia della consapevolezza, può creare una improvvisa gioia che va ben
oltre tutti quello che è stato sperimentato prima; dura solo alcuni istanti.
Nel Kriya Yoga tentiamo di invitare questo stato all’interno di una perfetta
calma fisica, mentale ed emotiva: cerchiamo di favorire le condizioni che
ci danno l’opportunità di gioire della trance estatica per un tempo più
lungo.
La routine seguente può essere molto utile: la percezione del micro
movimento è utilizzata in un particolare momento del giorno, durante una
seduta ove le condizioni psicofisiche, preparate da una saggia pratica al
mattino, sono ideali - non c'è nulla di nuovo. Questa seduta avviene a
mezzodì o al tramonto a stomaco vuoto.
Di notte, il potere dello Yoni Mudra è costruito per mezzo di un modo
particolare modo di applicare la percezione del micromovimento;
aumentare la profondità e l’intensità della pratica del giorno successivo,
dando così origine ad un circolo virtuoso.

Preparazione al mattino… Il giorno comincia col Nadi Sodhana [con


Aswini Mudra se possibile] seguito dai piegamenti in avanti e dal Maha
Mudra; tramite la tecnica del Samantrak macromovimento [o per mezzo
della particolare forma di Thokar che abbiamo descritto nel capitolo X] un
particolare calore è originato nel cuore; questo placa il processo del
pensiero e porta avanti, nelle attività quotidiane, la dimensione incessante
del Ricordo. Una dolce senso d’amore si stabilisce nel cuore del kriyaban
mentre vive i più diversi aspetti della vita.

Routine principale… All’interno della routine di base, dopo un minimo di


Omkar Pranayama, il Mantra Om Namo Bhagabate Vasudevaya aiuta a
percepire il micromovimento Trivangamurari in ciascuno dei 12 centri -
tre volte per centro.
[I centri sono i primi cinque Chakra, il Bindu, il Midollo allungato, poi i
quattro centri che si trovano fuori dalla spina dorsale e il Muladhar].
Il segreto del Samadhi sta nel fatto che colui che pratica è capace di
mantenere una perfetta immobilità fisica, mentale ed emotiva. Quando una
forte sensazione di beatitudine avvolge l’essere, egli non si agita in alcun
modo! Totalmente a suo agio, prosegue ad immergersi nel più profondo
194
aspetto della realtà Omkar, finché lo stato di Samadhi si manifesta. Di
solito, quattro ripetizioni della procedura descritta raggiungono lo scopo!

Pratica aggiuntiva di notte…. È noto che il pomo d’Adamo è collegato


col quinto Chakra; la regione centrale dello sterno col quarto; l'ombelico
col terzo; la regione degli organi genitali col secondo ed il perineo col
primo. Quando questi punti sono toccati con concentrazione, tutta l'energia
nella regione del corpo situata di fronte ad ogni Chakra è ravvivata.
Chiariamo ora come un kriyaban si concentra su questi punti.
La pratica comincia nel Kutastha usando il Mantra di dodici sillabe per
ottenere la percezione del Micromovimento. Questo è fatto 12 volte.
Poi si scende, ponendo la consapevolezza nella componente frontale del
quinto Chakra e si fa la stessa cosa per lo stesso numero di volte. Poi nella
successiva componente frontale e così via. Nel perineo e nel Muladhar non
è necessario avere due serie di percezioni [12 nel perineo e 12 nel
Muladhar] ma una soltanto. Fatto questo si comincia a salire all’interno
della spina dorsale e si raggiunge il secondo Chakra avendo la stessa
percezione per 12 volte, poi ci si ferma nel terzo Chakra e così via fino al
Medulla, terminando di nuovo nel Kutastha.
La concentrazione prodotta da questo processo nella salita finale è così
forte che i muscoli della faccia possono rilassarsi e la bocca aprirsi!
Quello è il momento migliore per praticare lo Yoni Mudra.

C…AVVICINARSI ALLA PERFEZIONE DEL PRANAYAMA


Abbiamo già chiarito che la tecnica del Pranayama deve essere
perfezionata nel corso del tempo e che è quasi impossibile che un
insegnante riesca a comunicare tutta la relativa informazione in un’unica
lezione. La pazienza, la fiducia e la volontà di perfezionare la tecnica
devono essere sempre presenti; la ricompensa è l’esperienza d’incredibili
stati di coscienza che sono posti oltre gli stretti recinti della mente. Tutte le
altre tecniche Kriya ruotano attorno a questo grande conseguimento!
Abbiamo spesso sentito che: «un esperto che abbia padroneggiato il
processo del Pranayama può ottenere qualsiasi cosa attraverso di esso»,
dove "qualsiasi" cosa si riferisce ai risultati nel campo spirituale. Ora la
domanda è: a che vertice di perfezione possiamo portare la procedura del
Pranayama? Per quanto ne so, c'è un accordo universale su questa
cosiddetta perfezione del Pranayama: essa consiste nel meccanismo che
195
tutti conosciamo di movimento energetico attorno ai Chakra e alla spina
dorsale, portato avanti senza l’aiuto del respiro.
Per descrivere questo processo procediamo per gradi.

Abbiamo visto che la rotazione dell'energia attorno ai Chakra è il


principio fondamentale del Pranayama; porre questo meccanismo in palese
contrapposizione ad improprie varianti che prevedono di entrare
immediatamente nella spina dorsale non è stata una ricerca di polemiche
ma un chiarimento inteso a far sì che l'ingrediente essenziale del
Pranayama non andasse perduto.
Bene, durante la fase discendente dell’energia, la consapevolezza è tutta
sulla luce liquida dorata che scende sia dentro il corpo che sulla superficie
di esso. Il suono shiii dell’espirazione è come un ago ipodermico che
inietta la consapevolezza nelle cellule - è come la sensazione di un Navi
Kriya diffuso in tutto il corpo.
Durante gli ultimi istanti di ciascuna espirazione, una "impossibile"
sensazione orgasmica, come quella di un quasi soffocamento, può essere
percepita. È come se il respiro fosse spremuto fuori dai polmoni e questo
fenomeno fosse così bello da piangere di gioia. È come essere chiusi in una
gabbia, premere contro uno schermo, la qual cosa di per sé sarebbe
intollerabile, ma l’anticipazione della libertà oltre la gabbia, oltre il guscio,
crea beatitudine. Questo è il primo accenno di una esperienza più grande.
Il "respiro interno" entra in gioco non appena il kriyaban è guidato dalla
intuizione a concentrarsi solo sulla libera rotazione dell’energia,
dimenticando il respiro.
Molte volte in passato egli fece tale azione e nulla avvenne; ora l’energia
continua a ruotare – una gioia sublime esplode nel suo essere. Questo stato
è solido come una roccia. Accade la percezione di avere attraversato una
barriera, di trovarsi in un'altra terra - nasce un sentimento d’infinita
sicurezza, di solidità e di piena confidenza. Interrompere quest’esperienza
sembra essere un compito impossibile. Di solito l’esperienza è arricchita
dall'ascoltare un suono forte e continuo di Om.

La stessa esperienza può incominciare durante l'Omkar Pranayama. Mentre


durante l’inspirazione il kriyaban continua a "toccare" internamente ciascun
Chakra, durante la espirazione la concentrazione viene invece diretta
intensamente nel corpo - nell’intero corpo, muscoli e pelle inclusi. Quando la
sillaba Te è vibrata, si percepisce la testa intera, cantando mentalmente Va si
196
percepiscono i muscoli del collo, durante Su quelli del torace e così via … finché
Ya non accende la consapevolezza non solo nel Muladhar e nel perineo ma
anche nelle gambe e nei piedi. Ripetendo ed interiorizzando indefinitamente
questa procedura, l’azione di respirare fisicamente va a scomparire e lo stato del
"respiro interno" può avvenire.

Qualunque sia il modo attraverso il quale questo "respiro interno" è


ottenuto, durante i giorni seguenti - chiaramente se l'esperienza è ripetuta e
se grande cura è stata data ad essa - un kriyaban ha due specie di
esperienze.

I... La bellezza della natura sembra scaturire da ogni atomo, come il vino
da una tazza ricolma e gli riempie il cuore; egli gioisce di una insondabile
chiarezza della mente. L'esistenza di problemi che riguardano il comune
modo di vivere, specialmente riguardanti il campo psicologico, sembra un
incubo che si è dissolto per sempre, un’illusione da cui si è liberato in
modo definitivo; la sua vita che, finora, era stato pieno di asperità, sembra
distendersi tranquillamente verso il futuro.

II….Egli sente come se "non avesse più una pelle ".


Questo è un modo simbolico per indicare l'impressione di avere percepito,
più di una volta - non solo con la sua consapevolezza ma anche, in strano
modo, con il suo corpo - quello che stava avvenendo nella coscienza di
un'altra persona.

[Il lettore può restare deluso dal fatto che io riferisca questa impressione in
quanto essa può richiamare le manie New Age. Se avessi scritto che tramite la
concentrazione sul Kutastha, la consapevolezza si espande nell'universo, con uno
sbadiglio avrebbe annuito. Il fatto è che solamente dopo avere ascoltato molte
volte i resoconti di alcuni ricercatori, mi sono deciso a riferire su questa
particolare esperienza. Improvvisamente una depressione profonda prende
possesso del suo stato d’animo, dura alcune ore e poi scompare; non è una
semplice dissonanza, una disarmonia, ma un dolore straziante in un momento in
cui non c'è giustificazione per tale stato. Poi rimane scosso nel richiamare alla
mente una circostanza non banale: ha fatto una nuova conoscenza, ha stretto la
mano della persona e ha parlato con un sincero coinvolgimento.
Chiaramente tutti noi sappiamo come sia brava la nostra mente quando si tratta
di arrampicarsi sugli specchi; ma quando un simile episodio è osservato con il
dovuto distacco e si ripete con matematica precisione nel corso dei giorni e dei
mesi, allora l’evidenza di un fenomeno di sintonia con la coscienza di un’altra
persona non può essere negata.]

197
A collegare questo fenomeno con l’azione di portare la consapevolezza
nelle cellule del corpo, abbiamo le affermazioni più profonde e segrete dei
mistici della antica Cina [vedi il concetto di grande circolo celeste],
abbiamo anche l’esperienza di Mère e di alcuni mistici occidentali.

Mère…. Sappiamo che il Suo Mantra era: Om Namo Bhagavate e che Lei
cominciò a ripeterlo mentre camminava in lungo e in largo nella sua stanza. Lei
mirava a portare la luce spirituale nel Suo corpo, ricaricando continuamente
quest’azione con una costante aspirazione per il Divino, per poterlo realizzare
proprio nella materia.
Il Mantra si aprì la sua strada facilmente attraverso i vari strati della sua
coscienza - pensieri, emozioni e persino istinti - fino ad illuminare uno strato
negativo; qui c’era la base di tutte le impossibilità, l'origine d’ogni disperazione,
depositate là lungo millenni.
Ci volle molto tempo e fatica per attraversarlo, ma la consapevolezza toccò
finalmente le cellule e un’incomparabile esperienza "esplose". Lei vi trovò
un'eternità di perfezione! L'Agenda è uno splendido giornale di bordo della sua
"impossibile" avventura. Parlando con Satprem Mère descrive come,
continuando a portare la consapevolezza nelle cellule del suo corpo, molte
persone attorno cominciarono a reagire come se Lei si fosse introdotta nella loro
intimità. Mentre alcuni ricercatori spirituali guardano alle Sue descrizioni come a
delle cose assurde, esse sono indescrivibilmente toccanti ed ispiranti.

Alcuni mistici Cristiani… Ci sono descrizioni di mistici che "pensavano" le


preghiere nel corpo. Ho molte ragioni per credere che questa pratica sia tuttora in
uso. Le loro preghiere erano molto brevi, arrivando persino ad essere costituite
da una sola sillaba. La maggior parte preferiva l’uso di una vocale facendola
vibrare soprattutto nei piedi; altri cominciavano dai piedi e gradualmente
sollevavano la consapevolezza all’intero corpo. I pochi scritti di tali mistici sono
pubblicati quasi esclusivamente da case specializzate nel campo esoterico e si
possono trovare cercando fra testi d’occultismo e di magia. Kerning, Kolb,
Lasario, Weinfurter, Peryt Shou, Spiesberger... sono i nomi che mi vengono in
mente. Questi mistici, sebbene siano nati nell’ambito della cristianità e si siano
sentiti in completa sintonia con tale insegnamento, sono stati rilegati in un
angolo com’esponenti del pensiero esoterico, come se fossero dei maghi che
aspiravano a sviluppare dei poteri nascosti. Il lettore che ha la pazienza di fare
una ricerca in quel campo e passare oltre pagine riempite di teorie e pratiche di
poco conto, messe là quasi per deviarlo, confonderlo, troverà infine alcuni
paragrafi d’inimitabile fascino. L'essenza del loro insegnamento è che una
vibrazione di qualsivoglia suono, se ripetuta con immutabile concentrazione nel
corpo, può raggiungerne gli atomi e l’anima vi scoprirà un diretto legame con
l’Intelligenza Divina - «il corpo intero sarà attivato con nuova vita e così sarà
fatto rinascere».

198
L'idea che, con la dolce pressione della respirazione interna del
Pranayama, un kriyaban possa spezzare la barriera del proprio corpo e
toccare la coscienza di altre persone, sembra una favola.
Ma andando in profondità in questo tema, andiamo diritti nel nucleo del
processo mistico.
Il percorso mistico, nelle sue fasi finali, rivela una natura duplice: il
primo aspetto è sottrarre energia dal corpo, portarla nella spina dorsale
onde potersi immergere nella dimensione Omkar del Kutastha e del
Sahasrara - comunque fuori dal corpo; il secondo aspetto è scoprire la
dimensione fantastica della Intelligenza Divina nelle cellule del corpo.
Queste due esperienze si alternano come il giorno e la notte. La prima è un
paradiso di gioia pura. La seconda è un’altra specie di gioia: a volte sembra
sconfinata, altre volte è un paradosso perché è vicina al dolore - possiamo
persino affermare che lo contiene - dell'umanità intera.
Penso che quando la più raffinata forma di energia si muove
indipendentemente dal respiro in tutto il corpo, ecco che avviene, in un
modo misterioso, il contatto con la dimensione psicologica che lega
insieme tutti gli esseri umani - questo è appunto il concetto Junghiano di
Inconscio Collettivo.

[Jung ha studiato l’"Inconscio collettivo." Credo che le sue scoperte siano


preziose per la comprensione del percorso mistico – forse più di qualsiasi altro
concetto formulato durante il 20° secolo.
Sebbene sia stato prudente nelle sue affermazioni, la comunità scientifica non gli
perdonò di essersi occupato di questioni che non erano considerate parte della
psichiatria - l'alchimia, che sembrava un'assurdità, il mondo dei miti, che erano
considerati un'immaginazione priva di significato e, più d’ogni altra cosa, il gran
valore che lui attribuiva alla dimensione religiosa che considerava qualche cosa
d’universale, fondamentalmente sano e non, come altri avrebbero preferito, una
patologia. Al giorno d’oggi rimane l’entusiasmo per i suoi scritti, specialmente
fra coloro che si occupano di argomenti spirituali o esoterici.]

Il corpo è stato descritto come un guscio che contiene la propria anima ma


ora dobbiamo accettare l'idea che, passando attraverso questo guscio,
possiamo toccare qualsiasi cosa, inclusa la coscienza di altre persone!
Coloro che pensano che la perfezione del Kriya sia quella di entrare nella
spina dorsale e nel Kutastha, fanno un imperdonabile errore. La perfezione
del Pranayama non può essere raggiunta là dove la procedura scompare e
la consapevolezza è situata sopra il corpo, ma quando il suo meccanismo,

199
divenuto libero dal respiro fisico, si approfondisce e si espande senza
limite.
Sono convinto che Lahiri Mahasaya si riferisse a questa forma perfetta
di Pranayama quando scrisse: «In seguito ad un eccellente Pranayama, il
respiro si è completamente volto all’interno. Dopo un lungo periodo, oggi
la mia discesa sulla terra ha realizzato il suo obiettivo.» (Puran Purush)!
Con questa forte asserzione non intendeva certo riferirsi al movimento di
energia che, nel Kriya Pranayama, è percepito muoversi internamente in
un modo simultaneo al respiro fisiologico.

La routine che ora descrivo conduce nella suddetta direzione.


Preparazione… Come per raggiungere lo stato senza respiro, abbiamo
aggiunto il Japa, aggiungiamo ora il Japa nel corpo. Questo significa usare
un Mantra - sia nell’immobilità sia movendosi intorno - rimanendo
costantemente consapevoli di ciascuna parte del nostro corpo.
Come detto sopra, il Mantra può essere molto corto, al punto di ridursi ad
una sola sillaba o una vocale. Possiamo farlo vibrare nei nostri piedi e
gradualmente sollevarlo nell’intero corpo.

Routine principale… Proprio all’inizio, dopo l’Om Japa, si può provare


a sperimentare una breve pratica del Thokar su tutti i Chakra. L’energia,
così stimolata nei tre Chakra inferiori, è poi sollevata con il Maha Mudra.
Segue poi il Pranayama nella sua forma base. Durante l'espirazione è
importante usare tutto il potere della visualizzazione per guidare l'energia
nelle cellule del corpo. Dopo un po’ di respiri si usa l'intuizione per
percepire il momento giusto onde mettere da parte la consapevolezza del
respiro e dirigere la propria concentrazione sulla rotazione dell’energia
come fenomeno autonomo indipendente da esso. Una cristallina
irradiazione di gioia, un senso d’assoluto e totale benessere saranno
percepiti. Alla fine della seduta, aprendo gli occhi e guardando attorno
senza focalizzarli su niente in particolare, si può espandere la bellezza
dell’esperienza.

[Il Thokar su tutti i Chakra può essere utilizzato nel modo seguente.
Dopo un solo giro di questa forma di Thokar, l’immobilità è ristabilita e ci si
concentra sulla salita d’energia nella spina dorsale. Il respiro può esistere oppure
no, può essere breve o lungo. La procedura del Thokar è ripetuta. La salita
dell’energia può essere più chiara e il processo del "Respiro Interiorizzato"
200
comincia a stabilirsi. Si prosegue interiorizzando l’intera procedura, in altre
parole limitando al massimo i movimenti del capo.]

Durante questo processo, un kriyaban può scavare un tunnel


attraversando la roccia della mente inconscia, finché le spiagge della
dimensione più pura dell’esistenza appariranno. Ponendo il suo cuore oltre
lo spesso muro del dolore collettivo, percepirà il profumo e l’immensità,
che stanno oltre tale muro e in nessun’altra parte.
In un modo misterioso il luminoso raggio del suo sforzo passerà attraverso
gli strati della coscienza collettiva facendo sì che ciò che è oscuro,
letargico e cupo diventi trasparente e si collochi perfettamente
nell’armonia universale. Kriya Yoga non è solamente un volo verso il
cielo ma anche la scoperta degli «abissi di verità e gli oceani di sorriso, che
stanno oltre le vette anguste di verità»(Sri Aurobindo).

201

Potrebbero piacerti anche