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[Questa è la dodicesima lezione del Corso Base di Sceneggiatura: se hai perso l'introduzione al
Corso Base di Scrittura e Sceneggiatura, ti consiglio caldamente di leggerla!]
Abbiamo visto in precedenza cosa è una storia e perché si regge sul conflitto. Abbiamo visto
come mai è importante che il personaggio abbia un difetto fatale per motivare il suo ruolo
di protagonista e l’esistenza della storia stessa.
Le storie ben fatte danno un senso agli eventi, un senso che spesso la vita non ha, e tramite
quel senso ci permettono di sentire una connessione tra le vicende del personaggio, le sue
sofferenze, le sue scelte, e la nostra vita.
Per ottenere questo significato, questo ordine che va oltre il caos della vita reale, usiamo il
modello dell’arco eroico oppure tragico, e l’idea di premessa o di punto di vista tematico.
Ma c’è qualcosa in più che ci può aiutare sia a rendere più forte il conflitto che a rendere più
chiaro il senso della vicenda: la posta in gioco.
La stessa storia presentata in poche parole cambia radicalmente in base alla posta in gioco
dichiarata. Per esempio se mi dici che la tua storia parla di un poliziotto che investiga sui
rapporti tra mafia e politica e finisce sempre più nella merda perché i suoi superiori lo
ostacolano e i mafiosi lo vogliono morto… se mi dici che la posta in gioco è la sopravvivenza
significa una cosa, se mi dici che è scoprire la verità e terminare l’indagine significa un’altra.
Nella testa di un esperto si formano le visioni di due opere totalmente differenti. La storia
presentata in poche parole diventa improvvisamente molto più chiara senza bisogno di
aggiungere dettagli.
Ora sai perché la posta in gioco è così importante per comunicare la tua opera a qualcuno
che può pubblicare la tua storia, o produrre un film, o anche solo a un editor che ha bisogno
di più informazioni prima di decidere se lavorarci con te (se non sa di cosa parli quando
accennerai alla posta in gioco, scappa a gambe levate). Ma la posta in gioco non è importante
solo sul lato produttivo: è fondamentale per il pubblico.
La posta in gioco è ciò che il personaggio perde se decide di non partecipare alla
storia. Di solito si è abituati a pensare alla posta in gioco come qualcosa da conquistare, ma
questo pensiero non è funzionale: si lotta per difendere la posta in gioco, più che per
conquistarla. Quando si lotta per ottenerla, c’è sempre dietro il “non perdere l’unica
occasione di averla”: è vincerla ora o non averla mai più, grossomodo.
L’aspetto della “lotta per non perdere qualcosa” è vitale per una buona storia. Abbiamo
detto precedentemente che un personaggio lotta per ottenere qualcosa, ma se la situazione
fosse solo “se vinco ottengo il premio, se perdo non ottengo il premio”, sarebbe noiosa.
Se perde rimane come prima quindi che male c’è? In tante storie la situazione del
personaggio all’arrivo dell’incidente scatenante non è poi così tanto brutta: se rinunciando ai
propri obiettivi le cose rimangono così, senza peggiorare, che male c’è?
Forse sarà in rovina, forse sarà morto, forse avrà la reputazione distrutta o perderà la sua
famiglia. Qualcosa di brutto succederà e in una storia ideale la cosa che si perde in caso di
sconfitta (o meglio: se si rinuncia a lottare) è collegata a ciò che si vuole ottenere lottando. In
ogni caso, sapere che le cose andranno molto peggio di prima se perderà ci fa preoccupare
molto di più per il protagonista!
In Star Wars IV - Una Nuova Speranza, Luke Skywalker non lotta per sopravvivere: all’Impero
non frega di lui e Luke potrebbe nascondersi e se anche l’Impero lo cercasse non lo
troverebbero mai. Non sono molto bravi a trovare le cose, come appare evidente nei
film. Luke vuole diventare uno importante, vuole mostrare alla galassia quanto vale… lo ha
raccontato allo zio a colazione, ricordate?
L’Impero ha ucciso suo zio e sua zia… e lui ha l’occasione di seguire Obi-Wan, aiutare i ribelli
e così vendicarsi. Lo stesso Obi-Wan a cui poco prima aveva detto di no, visto che di
combattere contro l’Impero a Luke non fregava nulla… Luke fino a poche ore prima
addirittura voleva diventare un pilota di caccia imperiale come i suoi amici!
Ora la situazione si è fatta personale, ma non è una vendetta fine a sé stessa: Luke ora vuole
diventare un Jedi e dimostrare quanto vale. Anche se questo significa dover diventare un
ribelle. Se ora facesse finta di niente di fronte alla morte degli zii, sarebbe un codardo per
sempre. Prima e ultima occasione per diventare qualcuno: prendere o lasciare!
Il caso di Luke e il significato dello scontro con la Morte Nera vengono analizzati nel
dettaglio nelle lezioni sulla posta in gioco nel mio Corso Avanzato assieme a molti altri: anche
questa volta, come nel caso della spiegazione sull’empatia, ti sto fornendo solo
un’introduzione generale. Tutti gli esempi migliori, più dettagliati, quelli che fanno la vera
differenza tra “pensare di aver capito” e “capire per davvero”, si trovano nel corso a
pagamento.
Il mio consiglio, e ho trovato questa idea in Come Scrivere una Grande Sceneggiatura di Linda
Seger, è di usare la gerarchia dei bisogni umani di Abraham Maslow. Non ho trovato
questa idea in altri manuali, che io ricordi, e perfino in quello della Seger venivano dedicate
alla questione tre paginette… praticamente niente. E spiegate pure male.
La mia lezione qui nel Corso Base approfondisce molto oltre il mero stimolo iniziale
dato dalla Seger. Poi nel mio Corso Avanzato aggiungo ben undici lezioni all’argomento,
perché ritengo che sia un argomento vitale da padroneggiare per fare il vero passaggio di
livello da “bravi scrittori” ad “autori eccellenti”. Fate un po’ voi il confronto con le tre paginette
scarne originali…
Maslow ha classificato i bisogni umani inizialmente in cinque tipi, dividendoli tra due bisogni
fisici, due bisogni di relazione e uno di autorealizzazione. Espansioni successive della
gerarchia, anche in relazione alle critiche ricevute da Maslow, hanno portato poi a dividere
l’autorealizzazione in tre o quattro bisogni distinti. Io insegno a usare sette bisogni, ma se
ne usiamo otto è la stessa cosa (semplicemente l’ottavo lo includo nel settimo quando lo
spiego).
Quindi il missionario che rischia la sopravvivenza tra i selvaggi (gli antagonisti minacciano la
sua vita), vivendo in condizioni di disagio (nessuna sicurezza), avendo rinunciato a tutti i suoi
amici in patria prima di partire per un paese sconosciuto e lontano, può considerare tutto
questo poco importante se può permettergli di perseguire la sua missione sacra: portare la
parola di Dio tra i selvaggi con gli anelli al naso, e finire nel pentolone dello stufato se così Dio
vuole (Dio dice più cipolle, e non lesinare con le carote)!
Pensate alla differenza tra un uomo comune che viene minacciato dalla Mafia (minacciano lui,
la sua casa o i suoi parenti) e cede, rinunciando a indagare, oppure certi magistrati con le
palle che anche dopo la morte di un collega fatto saltare in aria, ormai certi di cosa potevano
trovarsi a subire, continuavano a indagare… fino a saltare in aria anche loro.
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino vengono in mente a nessuno? E gli uomini delle loro
scorte, spesso messi in secondo piano, ma ugualmente pronti come loro ad affrontare la
morte per servire la Repubblica?
Per qualcuno la sopravvivenza è tutto, per altri è più importante il proprio dovere (che sia per
autorealizzazione, rispetto, bisogno patriottico o conoscenza, dipende dal singolo individuo).
La Seger dice che è possibile intensificare la posta in gioco scendendo lungo la piramide per
colpire un bisogno più in basso, più “importante”, ma come avrete capito da quanto già
spiegato è un consiglio un po’ scemo e non sempre applicabile. Più in basso nella piramide
non è in automatico più importante per tutti, come detto prima. Tre paginette, e ci infila pure
una vaccata…
In più, dato che la posta in gioco delinea tutta l’opera permettendo di scegliere gli
elementi che meglio la rappresentano, incluso il più idoneo difetto fatale del protagonista,
sembra un’idea alquanto balorda cambiarla in corso d’opera.
E infatti il rischio è di far schifezze, o comunque opere di valore molto inferiore a quello
possibile rimanendo coerenti. Nel Corso Avanzato entro nel dettaglio mostrando come è
possibile trasformare un grande classico del cinema in una schifezza semplicemente
cambiando la posta in gioco alla fine.
Ricorda che la posta in gioco non indica la minaccia affrontata, indica ciò per cui si
lotta: il personaggio può affrontare delle sparatorie in una storia che parla di sopravvivenza,
di rispetto, d’appartenenza o di conoscenza. Semplicemente sta rischiando la vita pur di non
perdere con certezza la posta in gioco: possibilità (morte) contro certezza (posta in gioco
persa).
In una storia di guerra in cui un soldato difende la propria squadra (Appartenenza), tenta di
diventare un eroe (Reputazione) o esprime il proprio bisogno patriottico (Estetico/Mistico), è
molto improbabile che le scene non riguardino sfide contro minacce mortali.
Quello che conta per davvero è solo cosa perde se rinuncia alla sfida,
ricordalo. Nell’esempio di prima è facile che ottenga tutti e tre gli obiettivi se vince (diventare
un eroe per il suo paese e i suoi compagni dopo aver salvato la squadra), ma quello che conta
è “cosa non voleva perdere”.
Capire questo concetto è vitale. Come lo è capire l’esatta natura della posta in gioco, ovvero
ciò che significa interiormente per il personaggio, come visto prima.
Per tutti gli altri esempi dettagliati vi rimando alla lezione del secondo modulo del mio corso
avanzato in cui vengono discusse le poste in gioco di Abaddon, Caligo, Assault Fairies, I Sette
Samurai, Hysteria, Star Wars IV ed esempi inventati ispirati al personaggio di Giovanna d’Arco,
al film Balla coi Lupi, a un western generico con gli indiani e alla serie The Wire… e nel tempo
aggiungerò altro: il corso crescerà negli anni aumentando gli esempi delle vecchie lezioni e
aggiungendo nuovi argomenti trattati. Non sto scherzando: già nell'ultimo anno si è gonfiato
in modo imbarazzante...