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Non si arriva e non si può arrivare dall’umano al divino, l’uomo non ce la può fare dall’umano al

divino, perché è caduto, si è distrutto, è morto, è diventato cadavere. Ma è possibile fare un passo
dal divino all’umano. E questo noi adesso contempleremo: l’umiltà di Dio. Se tu parti dall’umano,
sarai sempre illuso e deluso, cioè due cose abbastanza velenose per quanto riguarda il nostro
cammino, illuso e deluso. L’uomo da solo a partire dalla parte umana, non si può dare la vita
divina, non può: questo è un dato di fatto. Però abbiamo la grazia che ci raggiunge Lui, il Figlio di
Dio. Da soli non possiamo andare avanti, ma abbiamo bisogno per recuperare veramente la
libertà, per salvarci dalla nostra carne, dal mio io, dalle mie vedute che mi portano alla sterilità, ho
bisogno di colui che porta la FECONDITA’. Ovviamente noi non parleremo della fecondità della
carne, non parleremo della fecondità biologica, perché fino a questo punto arrivano anche gli
animali, anche la loro specie va avanti, ma la nostra vera fecondità è SPIRITUALE. Si possono
addirittura avere 10 figli biologici e essere sterili, egoisti, non è questo numero che fa la
differenza.Tutti siamo invece chiamati ad essere madri e padri spirituali.
La donna sterile rappresenta l’umanità che tenta, prova e prova ancora, si sforza a partire da sé,
ma sempre frustrati perché sterili. Maria non è una donna sterile, Maria è una donna vergine.
Dio si è unito a Maria, e l’ha resa feconda con amore e lei diventa madre. Vedete che non stiamo
parlando della vita biologica. Non tutte e non tutti abbiamo partorito la vita biologica, ma tutti
abbiamo una possibilità: di diventare fecondi da Dio per mezzo dello Spirito Santo. Tu puoi essere
tetraplegico, tu puoi essere malato di SLA, e voi sapete che la SLA è una malattia difficilissima, tu
puoi avere tre tumori e non so che cosa, perché quando hai certi limiti fisici, biologici sei subito
condannato a non poter fare certe cose; mentre invece la fecondazione dello Spirito Santo della
vita filiale in te… ecco la giustizia in Dio c’è! La vita biologica non conosce la giustizia, perché tu sì,
io no, tu tre io uno, tu 10 io nessuno, tu partorisci il bambino sano, io no. Nello Spirito Santo c’è la
giustizia: ognuno può diventare fecondo, se accogliente, se aperto, se aderente, perché lo SS è
Signore della vita: non di qualsiasi vita, ma della vita comunionale che scorre tra il Padre e il Figlio.
E questa vita è la vita della quale tutti noi abbiamo bisogno più che mai. E solo questa vita è eterna
e arriva e porta a compimento. Sempre. Maria e tutti noi anche, lo diceva Origene, siamo chiamati
a diventare madri di Dio (o padri di Dio, se percepisci di perdere qualcosa; ma bisogna conoscere il
linguaggio spirituale). In ciascuno di noi c’è paternità e maternità divina. Quindi la Chiesa (Maria
madre della chiesa) genera i figli in modo verginale, in modo non violento, senza far pressione e
senza ferire. E qui si potrebbe aprire il capitolo sulla nuova evangelizzazione, che non apriamo
perché non abbiamo tempo e non è necessario. Quanto è importante avere la sensibilità per l’altro
quando facciamo l’annuncio della parola, la sensibilità e non la pressione. E non mi dilungo perché
farei una curva troppo lunga. Quindi noi noi noi a cosa siamo chiamati? Ad essere ostetriche, noi
solo accompagniamo la gravidanza quando l’altro è gravido, proteggiamo la gravidanza,
custodiamo, assistiamo il parto e facciamo tutto quello che si può per far crescere la vita. E non sei
tu che concepisci: è lo SS. Perciò non siamo noi i protagonisti, possiamo solo assistere, aiutiamo il
parto, aiutiamo la crescita della vita. Sappiamo molto bene che tra di noi, nella chiesa, parliamo
moltissimo del celibato e della verginità, troppo! Perché troppo? Perchè non capiamo che cos’è,
perché riduciamo pure noi solo alla parte fisica del corpo. Il mio corpo castissimo, verginalissimo! E
poi rispondi tanto facilmente male alla prima persona che incontri. Allora che verginità è? Che
accoglienza dello SS è se rispondi male così facilmente. Vogliamo dire che l’uomo non è vergine
solo in una parte, ma si tratta del cuore, si tratta di tutta la persona. Credo che quando si parla solo
della verginità o del celibato, ma non si parla della maternità o della paternità, già con questo
diciamo che abbiamo ridotto un dono di Dio a una comprensione umana. Sappiamo molto bene
che anche il paganesimo conosce la verginità.
Quindi è lo SS che ci rende fecondi e questa fecondità non me la toglie e non me la può togliere
nessuno, neanche la malattia più grave: niente e nessuno.
La vergine testimonia che la mia fecondità non dipende da nessun essere umano. E’ questa la mia
verginità. Perciò la gioia che mi porta lo Spirito Santo non me la può portare nessuno. L’amore che
mi porta lo Spirito Santo non me lo può dare nessuno su questa terra. Perciò che scoperta
meravigliosa, quando gli sposati scoprono queste grazie e si liberano dalle passioni della carne e
cominciano ad amarsi in modo spirituale, senza che tu pensi che in modo spirituale significa
eliminare il corpo: ma da quando? Il corpo viene incluso, ma prima era da solo, adesso è in
sintonia, in sinergia con il dono di Dio: è una scoperta immensa per tanti.

La bellezza dipende dalla quantità della luce divina dentro di noi, che mi rende
comunionale. Vedete, la vera bellezza della donna calma l’uomo, lo tranquillizza, dice
“senti, ho capito”, è accogliente, non bisogna dirlo, “ho già capito”, “ti capisco”; e la
persona si calma; questa è la maternità, e non il maternalismo, che non c’entra niente:
quando io faccio al posto tuo tutto ciò dove tu potresti fare dei passi, non è questo. La
vera maternità non è viziare nessuno, ma la donna è stata chiamata da Dio per essere
d’aiuto e non a svantaggio, o a danneggiare la persona accanto a me.

Ogni tralcio che in me non dà frutto, lo toglie via; e ogni tralcio che dà frutto, lo pota
affinché ne dia di più. Non portare frutto è il male sommo che ci possa essere, perché il
primo comandamento di Dio che ha dato a tutta la natura, a tutte le piante, a tutti gli
animali e all’uomo è: “Siate fecondi e moltiplicatevi”; cioè il comando primo di Dio è per la
vita e ciò che è vivo produce vita, se no non è vivo. Cosa intende per frutto? Intende
l’amore del prossimo. Non amare l’altro è essere morti. E stranamente si può essere in
Cristo ed essere discepoli di Gesù ed essere morti e non amare il prossimo. Se non ami
concretamente il prossimo, tu non ami il Signore che è colui che ha dato la vita per i
fratelli. Senza questo amore dei fratelli tu puoi essere battezzato, puoi essere prete, puoi
essere papa, puoi essere presidente, puoi essere tutto ed essere ramo secco che va
bruciato. Cioè non porti frutto, non osservi il comandamento fondamentale che è quello
della vita.
Vedete che il Signore desidera darci una cosa sola: la fecondità. Desidera che porti frutto e
quando pota desidera che ne porti ancora di più frutto. Perchè sei in progressiva crescita
per quanto riguarda la fecondità. La vecchiaia ci toglie la possibilità della fecondità? No! La
malattia? No! Perché parliamo di una fecondità diversa, non biologica. Certo quella
biologica finisce circa a 50 anni nelle donne. Ma io non parlo di fecondità biologica. Gli
uomini all’infinito. E’ possibile arrivare anche ad un grande numero di figli, ma non
parliamo di quella fecondità, perché chissà se non ci batte molto di più nella vera fecondità
una persona allettata, che non magari una persona che corre dalla mattina alla sera, da un
posto all’altro e fa così tante cose che non sai neanche… Ecco: il fare non garantisce la
vera fecondità perché Dio qui parla di quella fecondità che rimane. E non di qualsiasi
fecondità, ma di quella che rimane. Quindi abbiamo detto: chi non porta frutto, lo taglia e
ogni tralcio che porta frutto lo pota perché porti PIU’ frutto.

Se noi uomini e donne nella vita religiosa non facciamo il passaggio dall’essere uomo ad essere
padre, da essere donna ad essere madre, restiamo sterili, tradiamo la vita religiosa. La tradiamo
nel punto centrale, nella vocazione stessa, perché lo scopo non è rimanere donna, no, è troppo
poco. Donna, femmina, uomo come maschio, fino a questo punto arrivano anche i pagani, che
differenza passa? Però uomo e donna attirano l’attenzione su di sé e nascono dei meccanismi di
rivalità, di gelosia, di paragone, di chi è meglio, di gare e tante altre cose. Invece la madre e il
padre è attento e custodisce tutto, si scosta da se stesso, acciocché partorisce. Ma se non
partorisco, ho bisogno di essere visto io, valorizzato io. La vera mamma quando partorisce se
qualcuno mi dice “ma che bel bambino che hai”, rispondo “grazie”. Mi basta, non ho più bisogno
di altri commenti, perché è sufficiente, ma non sto parlando della nascita, della vita biologica, no
no. Noi siamo chiamati a partorire la vita per Dio, a far progredire l’amore in noi, crescere l’amore
in noi e questo è il frutto che si traduce nella bontà verso gli altri. Dice Pavel Florenskji, la
bellezza,cos’è? E’ l’amore che hai dato, è l’amore incarnato. Non l’amore parlato. Basta alla teoria,
ci dice la gente, che non ci sopporta più quando parliamo. Dice… non dico che cosa. Perché sono
stanchi. E stufi per quanto parliamo per non dire niente.

purtroppo anche nella vita religiosa si notano le tendenze femministe che provengono dal
desiderio di far paragoni tra di noi e di cercare di farti capire chi sono io. Ma questo non è più la
donna che va verso la maternità; è un altro discorso. Oso dire anche un’altra cosa: oso dire che noi
abbiamo una grande responsabilità, non so se ci rendiamo conto, noi donne, forse più grande di
quella di un uomo; forse, o senza forse. Perché invece di accogliere l’uomo come si presenta e
apprezzarlo, ci siamo messe in competizione, in rivalità, a farlo fuori, perché dovevamo cercare il
nostro posto. Mi avete chiesto se posso anche parlare durante la messa e ho detto “no”, perché
già parlo adesso. Non ho bisogno di aggiungere, non per parlare bene di nessuno, ma per dire
perché non ci completiamo e perché ognuno non fa la sua parte e insieme ci completiamo? Poco
fa uno mi ha detto: non posso ballare con mia moglie, mi guida lei… di per sé dovrebbe guidare il
ballo l’uomo. Dico: noo, nessuno! E’ l’armonia che guida, l’unità tra due persone che fa da motore
nel ballo. E’sbagliato se l’uomo pensa che deve guidare.

Non basta seguire Gesù per i segni. Bisogna entrare nella relazione personale e credo che anche
questo è uno dei motivi fondamentali per i quali la vita religiosa è in una grandissima crisi, perché
si vive la vita religiosa per abitudine, si vive la vita religiosa perché abbiamo imparato certe regole,
certi modi di comportamento e certe frasi e certe forme e poi il contenuto si può sfumare; mentre
la relazione personale con Cristo è un continuo rinnovo dei contenuti.

La vera relazione è sempre composta dalla relazione verticale e relazione orizzontale, la vita
religiosa sta in piedi grazie a queste due relazioni. Se ne manca una manca tutto. E Cristo lo fa
vedere in modo palpabile, toccante, si tocca con mano questo sguardo di Cristo al Padre, perché
con il Padre posso riconoscere i miei fratelli , i suoi figli , che sono i miei fratelli. Qui bisogna tanto
supplicare perché questo fa veder lo sguardo spirituale di cui questa mattina abbiamo già cercato
di dire qualche parola. E questo sguardo che va oltre, raggiunge la fonte e da lì riparte e non
bypassare la Fonte, altrimenti si finisce in un cerchio circoscritto.

Credo che nella vita cristiana, per non parlare della vita religiosa, moralizziamo assolutamente
troppo, perché il fatto di moralizzare non porta da nessun’altra parte che alla condanna. Invece ci
vuole la teologia, la lettura teologico - spirituale dei fatti. E quando si arriva a questo? Solo a
partire dallo sguardo di Dio, non a partire dal peccato e non a partire dal male, ma dall’amore di
Dio che guarda il peccato. Allora vorrei tanto invitare tutti quanti a supplicare di avere la grazia di
questo sguardo teologico - spirituale sulla radice del male per non cadere nel moralismo. O nei
nostri confronti o nei confronti degli altri.
I genitori, quando ci hanno fatto nascere, sapevano benissimo: non è sufficiente questo parto.
Portiamo il bambino al Battesimo, dove si rinasce per la vita eterna. E non per la vita biologica.
Quindi il richiamo al battesimo e poi, secondo l’antica tradizione, questo brano richiama alla fede,
al credere veramente. Per non essere le persone della religione: c’è una grossa differenza tra
l’uomo della religione e l’uomo della fede. Qual è la differenza? L’uomo della religione è l’uomo
dell’Antico Testamento, l’uomo della religione è l’uomo della legge, basta sapere i
comandamenti, basta imparare i comandamenti, adesso devi rimboccare le maniche e realizzare
i comandamenti. Chi è protagonista? Tu. E hai due possibilità: se riesci ti gonfi perché ce l’hai fatta
e punti il dito su coloro che non ce l’hanno fatta e li tratti malissimo. E pecchi di orgoglio. E credi di
meritare il premio perché ce l’hai fatta. Se per caso non ce l’hai fatta, che fai? Cambi la legge. E
oggi non si fa nient’altro che cambiare le leggi ogni giorno continuamente, affinché l’uomo trovi
la giustificazione, perché non ce la fa. Invece l’uomo della fede è l’uomo mandato. E colui che ti
manda , ti accompagna e ti precede con la sua luce e la sua forza, non la MIA forza, la SUA forza:
lampada per i miei passi è la tua parola (Sal 119). Stiamo dicendo che l’uomo della fede è l’uomo
delle relazioni. Invece l’uomo della religione è un individuo e da lui dipende tutto, da lui. L’uomo
della fede è l’uomo delle relazioni: la prima relazione è verticale; da lì, da quella fonte mi arriva,
come abbiamo detto, la forza e la luce e quindi il frutto che facciamo è comunionale, ecclesiale,
relazionale: NOI; non IO, NOI. E’ questo il vero amore. Perciò il Signore continua e dice:
Quel che è nato dalla carne è carne e quello che è nato dallo spirito è spirito.
Caro Nicodemo, vedi, noi siamo abbastanza malati di una malattia tremenda: voler avere tutto
sotto controllo, per poter gestire, controllare, affinchè niente mi scappi di mano. E appena non ho
più sotto controllo le persone, le cose, stiamo male. Invece il Signore dice che il vento arriva, ma
non sai da dove viene e dove va, per dire che dello Spirito non è possibile essere padroni, ma
bisogna sottomettersi. L’uomo della religione diventa prima o poi padrone della vita. Invece
l’uomo della fede cresce nell’umiltà, nell’umile sottomissione; io so benissimo che è pericolosa la
parola sottomissione perché viene capita come? L’uomo della religione comprende la parola
sottomissione … siccome è schiavo, allora lui intende dire che essere sottomessi significa essere
schiavi. Ma l’uomo della fede sa che la sottomissione significa che cosa? La riconoscenza che prima
c’è il donatore e poi il dono; perciò il dono è chiamato a seguire il donatore. La pecora ammette
che non conosce la strada e che è bene per la pecora seguire la voce del pastore: è un guadagno la
mia sottomissione. Tu ti metti in aereo, a chi ti sottometti? A colui che sa guidare l’aereo: è un
guadagno! E’ un bene per me. Vedete: la stessa parola l’uomo della religione capisce che è una
perdita la sottomissione. L’uomo della fede sa che è un guadagno spirituale. Anche l’obbedienza,
la stessa cosa: per l’uomo della fede è un dono, e obbedire è una gioia, è un guadagno. Dipende
solo da che punto di vista vivi l’obbedienza. Ora non entro nel merito, perché non abbiamo tempo,
ma avrei tanto da dire, perché l’obbedienza è una bellezza, la povertà è una bellezza, la castità è
una bellezza, perché? Perché hai la possibilità di essere fecondo spiritualmente. Cioè la tua
fecondità è per sempre; i frutti prodotti sono eterni… mamma mia! Che vuoi di più? Invece chi è
fecondo solo biologicamente… il mio figlio morirà e tutto ciò che faccio finisce, è questo il
problema. Allora concludo.

E la salvezza non è un frutto dei miei impegni, del mio volere, della mia volontà, dei miei sforzi. È
una questione che come punto di partenza diventa RELAZIONALE: lo condussero gli altri. E la fede
infatti è un essere condotti da qualcuno. Forse non sarebbe male oggi pregare, ringraziare il
Signore per qualche persona grazie alla quale siamo arrivati alla fonte vitale. Per queste persone
bisogna sempre ringraziare, perché oso dire una cosa: per chi percepisce la fede un dono e la
vocazione un dono, sarà sempre grato. Quando non c’è la gratitudine, allora mi comincio a
preoccupare per te: la fede e la vocazione, se vissute come un dono gratuito e per cui siamo grati,
allora è possibile superare tutto. Quando mi mandano le persone in crisi… tutti siamo in crisi,
sposati, non sposati, religiosi, non religiosi, tutti, io non so questa moda, che è moderno essere in
crisi oggi, se non sei in crisi non sei normale, quasi… Eppure io dico: verifichiamo, parlami della tua
vocazione e se c’è la gratitudine tu non sei in crisi; tu puoi soffrire da matti, m a non sei in vera e
propria crisi, ce la potrai fare, perché sei attaccato alla fonte. E la gratitudine è la custodia del dono
ricevuto.
Diventerai come Dio, ti si apriranno gli occhi, diventerai come Dio e conoscerai tutto il bene e tutto il male,
quindi diventerai onnipotente. Ma di per sé anche Dio vuole che siamo come Dio e conoscere tutto. Quale
è la differenza? Che Dio desidera che tu nella relazione diventi sempre più simile a Lui, con il suo aiuto; la
tentazione vuole che diventi come Dio senza Dio, da solo, da te stesso. Prendendo una scorciatoia, subito
tutto. Con Dio è un cammino lento, progressivo, perché è naturale, perché è relazionale, ci vuole il tempo
della gravidanza. Il Signore non ha fretta, come la mamma incinta sa che bisogna portare nel grembo nove
mesi il bambino e se hai fretta rischi di abortire, perché se esce fuori prima è prematuro. La tentazione
adesso prende questo e ti dice: senti, io ho una medicina, tutto ciò che tu vuoi diventare , diventerai subito
tutto. Questa tentazione è fortissima oggi. Con la tecnologia poi siamo ancora più fragili da questo punto di
vista: sempre fretta, sempre tutto subito. Una volta per arrivare a un panino ci voleva tanto lavoro, per fare
il salame a casa, per fare i formaggi a casa quanti mesi ci volevano. Per fare il pane a casa, vedere come
lievita… e via dicendo. E veramente hai apprezzato il panino e hai detto: guarda questo panino, è
veramente sudato, perciò ha un grande valore. Che cosa fai adesso? Prendi 1€, 2, 3 o 4, premi un bottone e
esce fuori il panino igienico, confezionato e il bambino dice: non lo voglio, dammene un altro. E la mamma:
va bene, quale vuoi? E lui cerca e sceglie e dice: quello. La mamma dà altri soldi, preme il bottone, esce
fuori il panino e il bimbo dice: no, non è neanche questo, pensavo che fosse un altro. E la mamma
obbedisce; a qualcuno bisogna obbedire; sempre. Però voglio dire: la tentazione è proprio agile nel viziarci.
Non esiste persona più difficile che la persona viziata, sapete perché? Perché è per eccellenza egocentrica,
è per eccellenza egoistica e vive da individuo solitario, dove tutto deve essere a servizio suo. Questa
persona solo esige e pretende, ma è incapace di donare. E quindi cosa sta perdendo? Il senso della propria
vita. Mentre invece la persona relazionale è sempre grata e in tutto vede il dono e nel dono vede il
donatore. Abbiamo due possibilità: o si segue i meccanismi del male e quindi diventiamo viziati sempre di
più, oppure virtuosi, oppure veramente persone di virtù, dove si comincia una catena delle virtù oppure
una catena di vizi.

Offrirono olocausti e presentarono sacrifici.


Vedete la religione sottolinea il protagonismo, la religione nutre l’individuo; io faccio. IO mi sforzo. Tutto io.
La mia volontà, tutto mio, mio , mio e faccio sacrifici di comunione, ma che comunione? Tu puoi anche
usare i termini spirituali, però l’uomo della religione non si salva con i termini spirituali. Poi viene detto
il popolo sedette per mangiare e bere. Poi si alzò per darsi al divertimento. Alla festa a modo loro, per i vizi
tutto, presto, in fretta. E sappiamo che l’uomo della religione è l’uomo della forma. L’uomo della religione è
l’uomo dell’apparenza, l’uomo della religione è l’uomo della parte esterna. L’importante è che sia visibile,
ma dentro è vuoto, non ha contenuto. Madre Teresa di Calcutta ha ragione quando dice: la malattia di oggi,
dell’umanità peccatrice è la superficialità, essere superficiali. Secondo il mio modesto parere questa
malattia è presente nella chiesa. Siamo superficiali e diamo tanta sottolineatura a come sembra, ad
apparire, ma dentro… chi lo sa. Io credo, non ascoltatemi alla lettera, che quando vengono le novizie o
juniores, noi ascoltiamo troppo. Perché ho detto così, come mai? Perché, prima bisogna nutrirti, e poi
vediamo che cosa mi dici.

maestro buono, che cosa devo fare? Sempre veramente uno che lavora al pronto soccorso e cosa chiese? Una
cosa grande: la vita eterna. Solo che il punto di partenza è sbagliato, perché ancora crede di essere capace di
guadagnare la vita eterna con il proprio fare; però l’accento sta nell’individuo e non nella relazione.
Individualismo e protagonismo.

(7) Ma ora, scrivendo alla tua carità godo ed esulto con te nel gaudio
dello spirito, o sposa di Cristo, (8) perché come l'altra vergine santissima,
santa Agnese, sei stata meravigliosamente fidanzata all'Agnello
immacolato, che toglie i peccati del mondo, abbandonate tutte le vanità
di questo mondo.
dalla Quarta lettera ad Agnese di Praga

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