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F. Pessoa
INDICE
INTRODUZIONE............................................................................................................................6
CAPITOLO PRIMO.......................................................................................................................10
PER VEDERCI CHIARO?................................................................................................................10
PAR. 1 – L’OMOSESSUALITÀ E IL TESTO SACRO......................................................................................28
PAR. 2 – COSA ACCADE NEL NUOVO TESTAMENTO?..............................................................................31
CAPITOLO SECONDO...................................................................................................................33
IL SESSO E LA SESSUALITÀ “SECONDO NATURA” E “CONTRO NATURA” NELLA GRECIA E
NELL’ANTICA ROMA....................................................................................................................33
CAPITOLO TERZO........................................................................................................................50
LE OMOSESSUALITÀ E LE ETEROSESSUALITÀ TRA NATURALITÀ ED INVENZIONE........................50
CAPITOLO QUARTO....................................................................................................................75
“GAY CHIC” E “LESBO CHIC” OVVERO L’INTERIORIZZAZIONE DELL’OMOFOBIA..........................75
CONCLUSIONI.............................................................................................................................95
BIBLIOGRAFIA...........................................................................................................................104
INTRODUZIONE
Cari lettori,
desidero, ancor prima di introdurre il tema della mia ricerca, raccontarvi una storia breve,
precedendo chi di voi volesse domandare il perché della mia indagine su ciò che è
comunemente considerato “contro natura” e ciò che è giudicato essere “contro natura”. A tale
quesito, e questa è parte della storia, risponderei che la scelta dell’argomento è stata dettata
dall’esigenza di attribuire sostanza ad alcune certezze acquisite per via intuitiva. Ho avvertito
Qualcuno di voi, lettori, potrebbe obiettare che a valle di questa ricerca ci sia il bisogno di
conoscenza del singolo individuo, Maria, persona adulta, ben oltre il mezzo del cammino della
vita. Questo è senz’altro vero, ma è altrettanto vero che al fondo di questa consapevolezza c’è
apprezzarlo in tutta la sua straordinaria diversità. Il tema della differenza attraversa in lungo e
in largo la mia ricerca, senza mai cedere totalmente quel che ritengo sia il tratto peculiare,
l’opacità.
La storia breve di cui vi dico nelle prime battute , riguarda il mio lavoro di docente di
l’esperienza del disagio psichico, sociale, della discriminazione, dell’emarginazione, cui sono
costretti tutti quelli che non sono “conformi” ai parametri di “normalità” sociale, psichica, che
Le letture cui mi sono dedicata per costruire la mia indagine, si sono rivelate strumento
natura”, di toccar con mano come nel tempo si sono naturalizzati e radicati nell’immaginario
modi di essere e di pensare che non hanno nulla di essenziale. Sono, piuttosto, il frutto di
elaborazioni culturali talora arbitrarie ed artificiose sulle quali è doveroso esercitare l’esercizio
Questo è il senso del vederci chiaro, dove il punto di domanda serva a conservare
quell’opacità che permane nonostante l’analisi e che, ritengo, vada agganciata a quel quid
profondità del tema, a partire dalla riflessione critica sul termine “natura” e sulla storicità del
natura”, come si sono storicamente e culturalmente costituiti, quale il senso che vi attribuiamo,
quali relazioni intercorrono tra le categorie indicate e l’omonegatività e come e perché tali
come vere, essenziali, irreversibili. L’obiettivo è quello di mostrare che non c’è alcuna
universalità nel concetto di natura umana. Intendo ricercare, attraverso un approccio socio-
costruzionista, risposte che siano efficaci a contrastare tutto quel che consegue dalla
Mi preme sottolineare che, nonostante non pochi pregiudizi siano stati rimossi, nonostante
psicologico, sociologico, antropologico e giuridico, il tema oggetto della mia tesi continua ad
essere straordinariamente attuale e a sollecitare interventi efficaci a tutti i livelli del vivere
associato. Non ho certo l’ambizione di essere innovativa. Ritengo che in Italia e, soprattutto, in
Europa, siano da tempo disponibili gli strumenti teorici necessari per promuovere la cultura del
rispetto o, per usare le parole di Martha Nussbaum, la politica dell’umanità, quella che, detto
banalmente, passa attraverso la capacità e la volontà di “mettersi nei panni dell’altro”, che non
carico.
Non c’è quotidiano che non riferisca, con intollerabile frequenza, episodi di violenza
omofoba, di violenza contro chi è diverso, perché non eteronormato, perché fisicamente e/o
criterio banalmente cronologico, tuttavia vuole essere storicistica. Non escludo, pertanto, una
certa sequenzialità nella trattazione: la riflessione sul carattere innovativo del concetto di
“legge naturale” in Tommaso d’Aquino, come il concetto medesimo entra ad essere parte
sostanziale del Catechismo della Chiesa Cattolica; la riflessione critica sull’omosessualità nel
testo sacro, con una particolare attenzione al capitolo della Genesi in cui è trattato l’episodio
cruciale di Sodoma e Gomorra. Una particolare attenzione, date le implicazioni cui hanno dato
luogo le varie ermeneutiche, sarà dedicata al tema dell’omosessualità nella Grecia e nella
Roma antiche sottolineandone la concezione molto peculiare e feconda del sesso e della
sessualità e questo è il tema del secondo capitolo. Intendo, infatti, attribuire a questo capitolo
Nella stesura, intendo trarre grande profitto dall’approccio genealogico di Foucault che
propongo quale ingrediente irrinunciabile dell’ordito sul quale intendo tessere le mie
argomentazioni.
Nel terzo capitolo verranno utilizzate le acquisizioni critiche realizzate per sviluppare
scaturiscono. Intendo, inoltre, ragionare sulle criticità insite nlla concezione essenzialista
quindi sul reiterarsi del binarismo, il suo legame stretto con la lettura creazionista e il suo
ed arbitrarietà del tema riflettendo sui meccanismi di potere indotti dalle categorie della norma,
del normale e del normativo, quindi i temi conseguenti dell’anormalità, della devianza e del
patologico.
L’ultimo capitolo sarà dedicato al tema attualissimo dell’omofobia con una particolare
essere superati da menti audaci, aperte al pluralismo, capaci di cogliere le infinite modulazioni,
genere.
CAPITOLO PRIMO
significati principali1. Per quanto concerne Il primo significato, molto diffuso nel linguaggio
parlato, utile, data la riconosciuta autorevolezza del supporto, riferirsi a quanto riportato nel
dizionario italiano Treccani; “Il sistema totale degli esseri viventi, animali e vegetali, e delle
cose inanimate che presentano un ordine, realizzano dei tipi e si formano secondo leggi”2.
Il secondo significato è invece più filosofico e indica ciò che fa sì che le cose siano così
come sono, un “principio primo” delle cose variamente identificato. La primitiva speculazione
greca intende per φύσις («natura») l’intero Universo come l’insieme delle cose che nascono e
Nell’ambito del Cristianesimo la natura s’identifica con Dio che è omnium naturarum
natura, la natura di tutte le nature o per usare un’espressione di Agostino “omnium naturarum
conditor “, fondatore di tutte le nature, il principio primo, l’ordinatore delle cose del mondo.
solitamente tradotto come «natura» e derivato da sheng che significa «vita», «nascere», «far
nascere», «produrre». Ancor prima che il riferimento alla natura umana divenisse quasi
univoco e prevalente, xing esprimeva non tanto gli attributi fissi e specifici di una entità, di
1
Cfr. Battaglia S., Grande Dizionario della Lingua Italiana, UTET. Vi sono registrate del termine “natura”
trenta accezioni diverse.
2
Cfr. Enciclopedia Italiana Treccani, voce “natura”.
una cosa o di un processo, quanto piuttosto la varietà dei modi di essere, quale per esempio, si
può attribuire ai desideri e a qualsiasi forma di sviluppo o mutamento. Xing reca il segno della
natura cosmica, della luce divina: è una traccia tangibile della trascendenza, un cristallo nella
cui trasparenza ogni cosa si riflette senza la più piccola distorsione. Decisamente molto su cui
riflettere…
Cosa accade quando quelli che si ritiene siano i significati più importanti di questa parola,
vengono applicati agli esseri umani? Si mescolano producendo il noto concetto di “natura
che l’espressione “natura umana” significa cose diverse a seconda che si usi la parola” natura”
nel primo o nel secondo significato. Nel primo senso, l’espressione indica l’organismo degli
particolarità del modo di essere che rendono l’uomo diverso da un animale quindi la sua
possa palesarsi la gradualità che permette di separare gli esseri umani dagli animali non umani,
razionale3.
In che modo i due sensi possono consentirci di distinguere ciò che è secondo natura da ciò
che invece è contro natura? Hanno un senso le espressioni “secondo natura”, “contro natura”?
Che tipo di relazione s’instaura tra i concetti o schemi “secondo natura” e “contro natura” con
carattere morale, che nulla hanno a che fare con la pretesa o presunta naturalizzazione del tema
che qui s’intende problematizzare. Ci sono periodi storici in cui questo non è avvenuto? Quali
sono i modi culturali e sociali di attribuire significato alle esperienze di persone il cui
orientamento sessuale è considerato “non etero normato”? Il mio intendo è quello di ragionare
3
Cfr. Garavaso P. Vassallo N., Filosofia delle Donne, Bari, Laterza,2007, pp. 30-32.
sulle pseudo-inferenze che si generano da proposizioni accolte come vere e l’approccio cui
intendo aderire per tentare risposte quantomeno efficaci ai suddetti quesiti, è quello del
sociocostruzionismo. Si tratta di analizzare, per riflettere, le modalità con cui gli individui
A valle di questa prospettiva c’è l’assunto secondo il quale i concetti che utilizziamo per
conoscere il mondo sono propri del contesto storico e culturale il che genera la convinzione
secondo la quale quel che si dice, quando si utilizza l’espressione “natura umana”, non sia
degli individui, non è qualcosa che le persone hanno o non hanno, qualcosa di inerente la loro
“natura”, ma è qualcosa che si costruisce insieme attraverso la relazione e che prende forma
attraverso il linguaggio. Quel che noi consideriamo vero non è stabilito tale da un osservazione
succede fra gli esseri viventi che hanno rapporti sessuali. È decisamente curiosa l’idea che
Examples of same-sex behavior can be found in almost all species in the animal kingdom
— from worms to frogs to birds — making the practice nearly universal among animals,
according to a new review of research on the topic. It's clear that same-sex sexual behavior
extends far beyond the well-known examples that dominate both the scientific and popular
literature: for example, bonobos, dolphins, penguins and fruit flies," said Nathan Bailey, a
postdoctoral researcher at the University of California, Riverside.
4
Cfr. Tanesini A., Oggettività, in Vassallo N., Donna m’apparve, (a cura di),Torino, Codice Edizioni, 2009. Nel
suo saggio l’autrice intende farsi portavoce di quanti ritengono vadano ripensati i criteri dell’oggettività.
L’intenzione non è quella di respingere il concetto tradizionale di oggettività quanto di rivisitarlo in modo da
proporre un concetto che possa dialogare con l’imparzialità, l’intersoggettività. Si tratta di generare una
prospettiva dialogica capace di accogliere e valorizzare la diversità che è strutturalmente costituiva
dell’unicità della persona. L’autrice utilizza a supporto i contributi di epistemologhe come E. Anderson, L.
Antony, D. Haraway, S. Harding, E.F. Keller, H. Longino (vd. Bibliografia riferita al saggio).
5
Cfr. Celli G., L’omosessualità negli animali. L’omosessualità come “strumento naturale” di difesa contro la
sovrappopolazione, Milano, Longanesi, 1972 e Lorenz K., Il cosiddetto male, Milano, Garzanti, 1974.
Same-sex behaviors in different species are not all equivalent, the review finds. For
instance, male fruit flies sometimes court other male flies, but this behavior is due to a missing
gene that gives the flies the ability to distinguish between sexes, said Bailey, a co-author of the
review. "That is very different from male bottlenose dolphins, who engage in same-sex
interactions to facilitate group bonding, or female Laysan Albatross that can remain pair-
bonded for life," he added6.
Negli ultimi quindici anni sono stati documentati comportamenti omosessuali che vanno
dai giochi sessuali a comportamenti genitoriali in coppie omosessuali in circa 1500 specie, sia
in cattività che in ambiente naturale. Questi comportamenti sembrano diffusi tra insetti uccelli
e mammiferi (in particolare delfini e pecore) e soprattutto tra le scimmie antropomorfe. A ben
preferenza animale è sempre dedotta dal comportamento ma nel corso di tale deduzione si
compiono complesse e talora discutibili sovrapposizioni tra natura e cultura generandosi in tal
modo confusioni che si sedimentano fino a divenire parte integrante del nostro immaginario,
ragion per cui si deve poi procedere ad un complesso e rischioso processo di decostruzione di
Nature”, Petter Bockman, ritiene che la reale portata del fenomeno possa essere molto più
ampia di quanto riconosciuto correntemente e che non si è trovata specie in cui non esista
comportamento omosessuale, eccetto in quelle che non hanno rapporti sessuali come
l’echinoidea (riccio di mare) e gli afidi. Inoltre parte del mondo animale è ermafrodita. Per loro
6
L’articolo è disponibile al sito internet http://www.livescience.com/3697-sex-behavior-animals.html.
7
Il termine “omosessuale” fu coniato in Prussia nel 1869 per descrivere l’attrazione e il comportamento
sessuale tra persone dello stesso sesso. Il suo utilizzo nel campo degli studi sugli animali fu controverso per
le seguenti ragioni: la sessualità animale e i fattori scatenanti erano e rimangono scarsamente compresi e il
termine ha forti implicazioni culturali in Occidente.
Visto che l’omosessualità non può essere “contro natura” in questo senso, può esserlo nel
secondo senso. Qualora se intendesse dare una risposta positiva al suddetto quesito, occorre
porre, come condizione, il postulato finalistico secondo il quale all’origine di ciò che è, esiste
un principio primo ordinatore che ha stabilito un fine immutabile per ogni comportamento
Questa potrebbe ritenersi la posizione dei cristiani, per i quali la natura s’identifica con
Dio e le “leggi di natura” sono quelle stabilite da Dio e il mondo animale e vegetale è ritenuto
essere il luogo in cui si riflette la volontà divina, non compromessa dalla capacità
squisitamente umana di peccare. La complessità del problema è determinata dal fatto che si dà
per scontato che la sessualità ha uno scopo deciso una volta e per tutte dall’Alto: la
concetto di “legge naturale”, nella sua duplice dimensione essenzialmente metafisica e quindi
natura o per dirla nei termini di C. Darwin, “la legge del più forte”.
Il fatto è che l’ambiente naturale non ha leggi, siamo noi a volere leggi, a scrivere leggi,
momento che la vita è mutamento? In natura i leoni uccidono i cuccioli di leonessa per potersi
accoppiare con la madre. Questo genere di pratica, benché naturale, non pare contemplato nella
nostra società, qualcuno, non a torto, direbbe che noi siamo umani. Ma allora perché per
l’omosessualità utilizziamo l’insensata espressione “contro natura” dal momento che la natura
non è sinonimo di moralità o giustizia? I valori nulla hanno a che fare con la natura. Ma
continuiamo a ragionare. Si definisce “naturale” una cosa che è presente in natura. Una cosa
“non naturale” o “contro natura” è qualcosa che non è presente o non avviene spontaneamente
in natura. Non naturale e presumibilmente “contro natura" è quanto noi creiamo sfruttando le
leggi naturali; l’energia elettrica, internet, le fibre sintetiche non sono naturali. Il defibrillatore,
dall’uomo, tecniche, che per quanto non naturali, migliorano la nostra vita, ne allungano
l’aspettativa. Non naturali o meglio contro natura quando non si accettano o non si
comprendono e quindi non si accettano. Da più parti si sostiene che la fecondazione assistita
fecondare un ovocita in provetta, per poi impiantare lo zigote in una donna che ha scelto
“La legge naturale” questo è lo skàndalon, la pietra di inciampo e non la pietra sulla quale
un tempo nell’antica Roma, i debitori e i commercianti falliti venivano esposti a una pubblica
umiliazione, la honorum cessio culo nudo super lapidem (cessione dei beni, a natiche
denudate, sopra una pietra) 8; lo skàndalon della verità? A dire il vero non c’è alcuna
presunzione di verità che intenta sovrapporsi o sostituirsi a quello che è detto essere l’ambito
della verità, “la legge naturale”, tuttavia non si può escludere che questo tipo di riflessione
possa provocare un corto circuito se si batte la strada della parresìa nella sua modalità critica
8
In quelle condizioni il malcapitato doveva gridare “cedo bona”, ossia “cedo i miei averi”. Da qui
l’espressione “essere la pietra dello scandalo”, che significa essere oggetto di clamore per azioni riprovevoli
9
Cfr. Foucault M., Discorso e Verità nella Grecia antica, Roma, Donzelli, 1996. L’obiettivo dichiarato di
queste lezioni, tenute a Berkeley nel 1983, è quello di ricostruire attraverso la problematizzazione del
concetto di verità una genealogia dell’atteggiamento critico della filosofia occidentale. L’autore utilizza
quale metodo genealogico quello rigoroso e non privo di fascino dell’analisi filologica. Protagonista di quel
seminario è il termine “parresìa” che indica, nella lingua greca, l’attività di colui che dice la verità. Secondo
Foucault la problematizzazione della verità è l’elemento che caratterizza la fine della filosofia presocratica e
l’inizio della filosofia così come ancora oggi noi la conosciamo. Attraverso le tragedie di Euripide, i dialoghi
di Platone i testi di Aristotele, quelli di Plutarco Epitteto e Galeno, Foucault restituisce le tensioni etiche
della società greca e al contempo, propone la questione centrale del suo metodo di indagine. Quel che
emerge con nitidezza è che ci sono momenti, nella storia del pensiero, in cui certe realtà come la verità, la
criminalità, la follia, il sesso, diventano un “problema” ed è su queste realtà “problematiche” che occorre e
vale la pena indagare. Foucault, vale la pena ricordarlo non era né un ellenista né un latinista, cosa dunque
lo spingeva ad uno studio appassionato della classicità? La risposta? Dare e darsi delle risposte efficaci circa
la modernità, quella stessa modernità in cui si colloca la rivoluzione scientifica e il progresso tecnologico,
l’illuminismo e la democrazia, quella modernità che tuttavia non ha liberato gli uomini, né li ha resi migliori.
Si tradusse nel mondo antico per sperimentarvi soluzioni, per ritrovare l’autonomia del soggetto, per
superare le ragioni della miseria in cui era sfociata la sua genealogia della modernità.
Nel Catechismo della Chiesa Cattolica al punto 1956 leggiamo:
Presente nel cuore di ogni uomo e stabilita dalla ragione, la legge naturale è universale nei
suoi precetti e la sua autorità si estende a tutti gli uomini. Esprime la dignità della persona e
pone la base dei suoi diritti e dei suoi doveri fondamentali: «Certamente esiste una vera legge:
è la retta ragione; essa è conforme alla natura, la si trova in tutti gli uomini; è immutabile ed
eterna; i suoi precetti chiamano al dovere, i suoi divieti trattengono dall'errore. [...] È un
delitto sostituirla con una legge contraria; è proibito non praticarne una sola disposizione;
nessuno poi può abrogarla completamente».10
L'applicazione della legge naturale si diversifica molto; può richiedere un adattamento alla
molteplicità delle condizioni di vita, secondo i luoghi, le epoche e le circostanze. Tuttavia,
nella diversità delle culture, la legge naturale resta come una regola che lega gli uomini tra loro
e ad essi impone, al di là delle inevitabili differenze, principi comuni.
conoscenza del bene e del male, alla necessità di determinare prima dell’azione cosa sia bene e
cosa sia male. Si tratta di un atto della ragione. Per giungere a questa conoscenza, l’uomo ha le
seguenti due possibilità: la fede e la ragione che vengono solitamente presentate come due
Nel primo caso l’uomo trova i principi generali dell’agire formulati in termini di precetti
nella rivelazione divina. Nel secondo caso è la ragione a ricercare il fondamento della morale,
10
Marco Tullio Cicerone, De re publica, 3,22,33: Scripta quae manserunt omnia, Biblioteca Teubneriana
fasc.39, ed. K. Ziegler, (Leipzig 1969) p. 96.
Tramite il ragionamento si è giunti a due conclusioni diverse: alcuni sostengono
l’esistenza del fondamento, una sorta di “nocciolo duro”, che identificano nella legge naturale
innata in ogni uomo; altri invece negano l’esistenza di un fondamento e affermano che i criteri
dell’agire sono determinati dall’uomo nella sua storia. La negazione del fondamento genera il
relativismo che esclude possano esserci regole degli atti umani che prescindano dai tempi, dai
l’attenzione sulla posizione di Tommaso d’Aquino il quale si pone sulla linea dei sostenitori
della legge naturale, quella tracciata dai grandi filosofi e pensatori della tradizione greco-
romana: Platone, Aristotele, Cicerone e Seneca. Tuttavia Tommaso compie un’operazione che
va ben oltre il pensiero antico in quanto riunisce fede e ragione, partendo dal presupposto che
medesimo obiettivo: la ricerca della vera conoscenza. Fondamento della morale è per
Tommaso la legge eterna, il piano provvidenziale della divinità. Ciascun essere, in quanto
creatura, partecipa della legge eterna che la dirige al suo scopo finale. La legge eterna si
manifesta all’uomo come libertà e non come necessità in quanto l’uomo è un essere razionale,
pertanto, nel realizzare la sua essenza razionale, l’uomo realizza il piano provvidenziale
partecipando alla legge eterna che non può essere conosciuta direttamente ma solo come
partecipata, quindi come legge naturale innata. Tuttavia la legge naturale può venire oscurata,
dalla concupiscenza, dalla sensualità, dalle cattive abitudini, dagli errori di ragionamento. La
legge naturale è fuori dalla storia, è immutabile, non subisce variazioni, sta dentro l’uomo.
la legge naturale non è un habitus (proprie et essentialiter, et sic lex naturalis non est habitus).
Infatti la legge naturale è stabilita dalla ragione (lex naturalis est aliquid per rationem
constitum). Il primo precetto della legge naturale è che bisogna fare e ricercare il bene ed
evitare il male (primum praeceptum legis, quod bonum est faciendum et prosequendum, et
malum vitandum). Appartengono, dunque, alla legge naturale quelle cose attraverso le quali la
vita dell’uomo è conservata e il contrario viene impedito. Fanno pertanto parte della legge
naturale quelle cose che la natura ha insegnato a tutti gli animali, come l’unione di maschio e
femmina, la cura dei figli (et secundum hoc, dicuntur ea esse de lege naturali quae natura
verità su Dio e a vivere in società (tertio modo inest homini inclinatio ad bonum secundum
natura rationis, quae est sibi propria, sicut homo habet naturalem inclinationem ad hoc quod
veritatem cognoscat de Deo, et ad hoc quod in societate vivat). Dal momento che tutti gli atti
di virtù fanno parte della legge naturale e, dato che l’anima razionale è la forma propria
dell’uomo, l’uomo è naturalmente inclinato ad agire secondo ragione e quindi secondo virtù. E
non solo, poiché l’anima razionale è la forma propria dell’uomo, l’uomo ha un’inclinazione
naturale ad agire secondo ragione. Agire secondo ragione significa agire secondo virtù
(undecum anima rationalis sit propria forma hominis, naturalis inclinatio inest cui libet
homini ad hoc quod agat secundum rationem. Et hoc est agere secundum virtutem). Agire
virtuosamente significa agire secondo ragione. Purtuttavia, non tutti gli atti virtuosi sono dettati
dalla legge naturale. Molte cose sono fatte e agite in modo virtuoso, anche se non esiste
un’inclinazione naturale verso di esse. Queste azioni sono state scoperte dall’uomo mediante
una ricerca razionale finalizzata a trovare cose utili per vivere bene (sed si loquamur de
actibus virtuosis secundum se ipsos, prout scilicet in propris speciebus considerantur, sic non
omnes actus virtuosi sunt del lege natura. Multa enim secundum virtutem fiunt, ad quae natura
non primo inclinat; sed per rationis inquisitionem ea nomine adinvenerunt, quasi utilia ad
bene vivendum). Dal momento che per natura dell’uomo s’intende la sua natura propria, la
ragione, tutti i peccati, in quanto contro ragione, sono anche contro natura. E se per natura
s’intende quella che l’uomo ha in comune con gli animali, alcuni peccati specifici sono detti
contro natura, in quanto contrari alla natura di ogni animale; ad esempio mentre l’unione di
maschio e femmina è secondo natura, l’accoppiamento di maschi è un vizio contro natura (Vel
illa quae est commune homini et aliis animalibus, et secundum hoc,quaedam specialia peccata
dicuntur esse contra naturam; sicut contra commixtionem maris et feminae, quae est naturalis
omnibus animalibus, est concubitus masculorum, quod specialiter dicitur vitium contra
naturam). L’Aquinate, tuttavia ammette uno scarto tra quella che definisce la ragione
speculativa e quella che è ragione pratica, scarto inevitabilmente generato dalle diverse
condizioni in cui vivono gli uomini. Tali condizioni sono garanti della convenienza e virtù di
alcuni atti.
Questo accade perché la ragione pratica si occupa di realtà contingenti e contingenti sono
la stragrande maggioranza delle operazioni umane. In altri termini, se sui principi generali è
criterio perde la sua forza (sed ratio pratica negotiatur circa contingentia, in quibus sunt
operationes humanae, et ideo, etsi in communibus sit aliqua necessitas, quanto magis ad
Tommaso, dunque, sostiene che i principi primi sia della ragione speculativa che di quella
pratica, sono gli stessi presso tutti gli uomini e sono tutti ugualmente noti (sic igitur patet
quod, quantum ad communia principia rationis sive speculativae sive practicae, est eadem
veritas seu rectitudo apud omnes; necetiam apud quos est eadem, est equaliter nota). Le
eccezioni sono determinate da una ragione pervertita dalla passione, o da una cattiva
Per quanto concerne i principi primi, la legge naturale è immutabile (et sic quantum ad
prima principia legis naturae, lex naturae est omnino immutabilis). Invece per quanto
concerne i precetti di secondo livello, ossia le conclusioni particolari, la legge naturale non è
modificabile e nella maggior parte dei casi deve essere sempre mantenuto come retto ciò che la
legge naturale prescrive. Relativamente ai principi comuni non può essere totalmente eliminata
dal cuore degli uomini. Al contrario per quanto riguarda i precetti secondari, la legge naturale
può essere cancellata dal cuore degli uomini, sia per le cattive persuasioni, sia per gli habitus
corrotti. Ad esempio presso alcuni, i furti non sono ritenuti peccati, né sono ritenuti tali i vizi
contro natura (quantum vero ad alia praecepta secundaria, potest lex naturalis deleri de
cordibus hominum, vel propter malas persuasiones; vel etiam propter pravas consuetudines et
habitus corruptos; sicut apud quosdam non reputabantur latrocinia peccata, vel etiam vitia
contra naturam).11
comprese in modo completo occorre introdurre il tema altrettanto complesso circa la legge
Nell’uomo esiste l’inclinazione verso la virtù, ma per raggiungere la perfezione della virtù
è necessario che a sostenerlo ci sia qualche forma di disciplina (homini naturaliter inest
quaedam aptitudo ad virtutem; sed ipsa virtutis perfectio necesse est quod homini adveniat per
aliquam disciplinam). Si tratta di disciplina che corregge difetti e perversioni tramite il timore
della pena, trattasi, pertanto, di disciplina che proviene dalle leggi (huiusmodi autem disciplina
cogens metu poenae, est disciplina legum). Dal momento che nelle cose umane ciò che è giusto
è retto dalla regola della ragione, la prima regola della ragione è la legge di natura (in rebus
autem humanis dicitur esse aliquid iustum ex eo quod est rectum secundum regulam rationis.
Rationis autem prima regula est naturae). Ogni legge posta dagli uomini ha forza di legge, in
Molto utile per il nostro tema, fare cenno alla Q. 97, quella che tratta dei cambiamenti
della legge umana.13 A tal proposito Tommaso indica due motivazioni per le quali la legge
umana può essere giustamente cambiata; la prima motivazione sta dalla parte della ragione, la
seconda dalla parte degli uomini. Dalla parte della ragione, perché alla ragione umana sembra
11
Tommaso d’Aquino (san), La Somma Teologica, Centi T.S., Coggi R., Barzaghi G. (traduzione di), (I-II, Q.94,
art. 1,6), Edizioni Studio Domenicano, Bologna, 2014.
12
Ivi, (I-II, Q.95, art. 1,4).
13
Ivi, (I-II, Q.97, art. 1,4).
naturale che si giunga con gradualità dal perfetto dall’imperfetto (Ex parte quidem rationis,
quia humanae rationi naturale esse videtur ut gradatim ab imperfecto ad perfectum perveniat).
Dalla parte degli uomini i cui atti sono regolati dalla legge, la legge può essere mutata per
il cambiamento delle condizioni degli uomini, ai quali competono cose diverse in base alle loro
diverse condizioni (ex parte vero hominum, quorum actus lege regulantur, lex recte mutari
accurata è la roccia sulla quale sono poggiate le numerose argomentazioni svolte nella Summa
Teologica. Una particolare attenzione merita la Q. 154 dedicata alle specie della lussuria, in cui
l’Aquinate sostiene che il vizio contro natura non pare essere il più grave dei peccati di
lussuria, dal momento che un peccato è tanto più grave quanto più è contrario alla carità. 14
Sono più contrari alla carità verso il prossimo l’adulterio, lo stupro, il rapimento, che recano
ingiuria al prossimo, piuttosto che i peccati contro natura che non recano ingiuria agli altri,
pertanto il peccato contro natura non è il più grave tra i peccati di lussuria. I peccati più gravi
sono quelli che si commettono contro Dio, quindi il sacrilegio è un peccato più grave del vizio
contro natura. Inoltre più grave è quel peccato che viene perpetrato contro le persone che
dobbiamo amare di più. Secondo l’ordine della carità, dobbiamo amare di più le persone a noi
maggiormente legate, che vengono offese con l’incesto, piuttosto che le persone estranee che
vengono coinvolte in certi peccati contro natura. Quindi l’incesto è un peccato più grave del
Secondo l’Aquinate il peccato più grave è quello della bestialità, avere rapporti carnali con
le bestie. Dopo di questo c’è il vizio della sodomia in cui non si rispetta il debito sesso. Infine
14
Ivi, (I-II, Q.154, art. 1,12).
Tutto questo dire sulla legge naturale ma soprattutto sulla legge umana, che dalla prima è
derivata, contrariamente a quanto si possa pensare, non ha, nel nostro caso, come finalità
bensì quella di sottolineare la speciale relazione che s’instaura tra la legge naturale e la legge
umana. La legge naturale non è un insieme di norme morali ben precise, che in quanto norme
norme morali. In tal senso, la concezione dell’Aquinate potrebbe essere trattata alla stregua di
Perché si possa comprendere la complessità e l’attualità del tema così come lo ha proposto
L’Aquinate, è bene focalizzare l’attenzione sul concetto generale di legge, concetto che una
superiore, motivo per cui una legge viene intesa come causa dell’azione di chi vi è sottoposto.
Perché fai questo? Perché altrimenti sarò punito. All’idea di comando è associata l’idea di
sanzione. Comando e sanzione sono parte del concetto, comunemente diffuso, di legge. L’idea
di Tommaso, che sostiene tutto l’impianto, è totalmente diversa: la legge non è una causa ma è
guida dell’azione consapevole e responsabile, una misura dell’agire. Tommaso non parla mai
quanto oggettive, non provengono da noi ma dall’esterno, ragioni che, però, devono essere
introiettate, affinché possano divenire misura dell’azione. Queste ragioni devono essere
interiorizzate perché possano divenire guida delle nostre azioni. Il focus è sul processo di
Pertanto tra i due tipi di legge esterna, quella che viene da Dio e quella che viene dagli uomini,
c’è una legge che è dentro di noi e al di sopra di noi: la luce divina che illumina ogni creatura
razionale ed è ivi presente, quella luce che mi piace intenderla come la intendeva E. Levinas:
luce divina che nel rischiarare le tenebre proietta anche l’ombra dell’anima razionale che
l’accoglie15.
propriamente “umana”, è facile dedurre che dentro di noi vi è la misura ultima delle nostre
azioni e che tale misura va scoperta e interpretata. Non c’è nulla di dogmatico in questa parte
del pensiero dell’Aquinate, al contrario il suo discorso può essere accolto dal credente e dal
non credente. Quel che conta è che entrambi abbiano rispetto per il valore della ragione. Ci
sono tuttavia due ulteriori elementi di complessità alla luce dei quali è maturata la concezione
della legge naturale propria di Tommaso: la tesi secondo la quale ogni essere agisce secondo la
propria natura e in ciò sta il suo bene e la sua realizzazione e la tesi secondo la quale il bene
dell’uomo è essere secondo ragione e il suo male “essere al di fuori della ragione”. Occorre
agire in accordo con se stessi e con la propria natura di uomo. Questa inevitabile deduzione
che sono oggi particolarmente, e non a torto, sentiti. Essere fedeli alla propria identità e poterla
esprimere in pubblico è un diritto. Ma che tipo di relazione intercorre tra l’identità e la natura
umana?16 E non solo, quale rapporto tra l’identità personale e l’identità umana? L’identità
personale non è la natura umana, le identità sono diverse tra loro. Le persone sono individui
maniera diversa dagli esemplari delle altre specie. In estrema sintesi, si può accogliere che
l’identità umana riguarda un gruppo di esseri, quindi l’ambito filogenetico della specie, quella
15
Tommaso d’Aquino è giunto al sua elaborazione di legge naturale passando attraverso una lunga storia
che comincia con il paganesimo, con la filosofia stoica e la tesi che il logos pervade tutte le cose e termina
con San Paolo che vi fa riferimento nei primi due capitoli della Lettera ai Romani. I pagani, pur vivendo fuori
dalla rivelazione ebraica e cristiana, hanno comunque una conoscenza naturale di Dio “quando i pagani che
non hanno la legge, per natura agiscono secondo la legge, essi, pur non avendo la legge, sono legge a se
stessi; essi dimostrano che quanto la legge esige è scritto nei loro cuori come risulta dalla testimonianza
della loro coscienza e dai loro ragionamenti, che ora li accusano ora li difendono”. (Rom.2.14-15). San Paolo
non parla di “legge naturale” ma di essere “legge a se stessi”.
16
Cfr. Viola F., Umano e post-umano: la questione dell’identità, in Russo F. (a cura di) Natura, Cultura
Libertà, Roma, Armando, 2010, pp. 89-98.
umana, quindi la dimensione biografica, culturale e sociale, riguarda individui singolarmente
considerati. Il discrimen è costituito dal fatto empirico inerente la percezione della corporeità.
A tal proposito come non tener conto di quanto recentemente sostenuto da Stefano Rodotà?
“L’inviolabilità della dignità della persona si concretizza nell’inviolabilità del corpo” 17. La
corporeità è compresa nel mistero della persona umana ed è ciò che rende non superabile il
problema della natura umana. La legge naturale ci dice che le identità, per quanto diverse tra
loro, appartengono tutte alla comune umanità. Se quest’aspetto non è accolto, ci si esclude
irreversibilmente dalla problematica della legge naturale. L’ ultimo principio della legge
naturale dice che bisogna agire da uomo , cioè in modo conforme alla ragione. Facile a dirsi,
ma a ben riflettere, cosa vuol dire “agire in modo conforme alla ragione”? Le eventuali risposte
che a tale interrogativo possono essere fornite, sono frutto di libere interpretazioni, pertanto
Generalmente la domanda di cui sopra, significa che vi è una misura oggettiva delle nostre
azioni, nel senso che non possiamo dire di agire secondo ragione e al contempo affermare che
quella cosa la facciamo perché ci piace, perché rientra nei nostri interessi. L’uso della ragione è
per certi aspetti vincolante nel senso che la ragione tende o dovrebbe trascendere la
soggettività. A tal proposito è molto interessante quel che Tommaso intende come ragione:
“mensura mensurans et mensurata”. La ragione è una misura che a sua volta è misurata
dall’oggetto delle sue azioni. Non c’è alcunché di rigido né dogmatico in siffatta definizione. Il
esclusive. L’oggettività della ragione sta nel conformarsi all’umanità che è in ogni uomo. Certo
in tal modo la questione è complicata dagli interrogativi che possono sorgere circa l’umanità.
Direi che nella misura in cui si pretende di rimanere aderenti ad un ragionamento che procede
per esclusioni, che utilizza come paradigma l’aut aut piuttosto che l’et et, non è garantita una
via diplomatica, una via capace di costruire traguardi per mezzo della mediazione. Ciò che è
17
Rodotà S., Dal soggetto alla persona, Napoli, Editoriale Scientifica, 2007, p. 20.
proprio dell’umanità non è scritto una volta e per tutte, ma si scopre con gradualità attraverso
una ricerca che in molti casi, come la storia insegna, non esclude il conflitto anche doloroso. E
la legge naturale, quella stessa legge di cui parla Tommaso, è un metodo di ricerca del bene
C’è un aspetto ulteriore che è conferma di complessità e duttilità della legge naturale: il
modo in cui conosciamo la legge naturale e anche a tal proposito Tommaso docet. Nel
ricercare ciò che è umano dobbiamo guardare dentro di noi, imparare ad ascoltarci per
per connaturalità”18 per distinguerla da una conoscenza riflessiva. Si tratta di una conoscenza
Il concetto di natura non può essere il punto di partenza perché si tratta di un concetto
troppo controverso e soprattutto perché non esiste una natura immutabile data a priori, bensì un
percorso storico, talora irto di ostacoli, spesso contraddittorio, di costruzione dell’umano 19. A
tal proposito il filosofo cattolico John Finnis, propone di utilizzare come punto di partenza la
ragione pratica, la quale mostrerebbe come evidenti alcuni valori fondamentali che rendono
intellegibile ogni azione umana, vale a dire dotata di senso. Tali principi, dedotti dalla ragione
pratica sarebbero “naturali” non perché dedotti dalla natura umana, ma perché per loro tramite
e all’interno del loro ambito di senso, l’uomo apprende quali debbano o possano essere i fini
che guidano il suo agire, quale l’azione più adeguata perché tali fini possano essere realizzati.
Non si tratta di fini che possano essere ben definiti e qualificati, in tal caso si ripeterebbe un
Nell’Apologia Platone fa dire a Socrate che una vita senza ricerca non è degna di essere
vissuta. Finnis li chiama così: la vita, la conoscenza, il gioco, l’esperienza del bello, l’amicizia,
18
D’Avenia M., La conoscenza per connaturalità in San Tommasi d’Aquino, Bologna, Edizioni Studio
Domenicano, 1992, pp. 219.
19
Cfr. SaracenoC., Coppie e famiglie, Milano, Feltrinelli, 2012.
la socievolezza, la religione, la ragionevolezza. Non è questa la sede per discutere quanto possa
essere condivisibile la proposta del filosofo inglese di invertire la rotta per evitare la tirannia di
un concetto di natura troppo spesso dato per scontato. A dire il vero la sua tesi ha prodotto
ampi dibattiti. M. Nussbaum, sostiene che vi sono ambiti esistenziali che toccano ogni essere
ragione pratica, l’educazione della prole, l’associazione, il gioco. Questi ambiti gravitano
nell’orbita di certi nuclei di valori, che possono costituire ragionevoli punti di partenza per un
dialogo morale che abbia l’ambizione di essere interculturale. In conclusione, qualora proprio
volessimo accogliere il riferimento alla “natura umana” quale possibilità non esclusiva di
valori comuni che poi nel vissuto di ognuno si diversificano in maniera più o meno
compatibile.
Par. 1 – L’omosessualità e il testo sacro
discussione su come leggiamo la Bibbia. In ambito cristiano, la Parola di Dio, rivelata nella
Bibbia è guida e insegnamento. Recita il Salmo 119,105 che la Parola di Dio è “una lampada al
nostro piede e luce sul nostro cammino”. A proposito della luce e delle interpretazioni che a
Levinas, il quale fa notare che il Cristianesimo occidentale ha sempre fatto uso della metafora
della luce per parlare di verità, senza considerare che quando si fa luce nelle tenebre, si proietta
anche la propria ombra, quindi i propri valori culturali e morali sulla Parola depositata nella
Scrittura.
Nel corso dei secoli l’interpretazione biblica ha subito cambiamenti sostanziali; solo
qualche esempio eloquente: circa centocinquant’anni fa, nel sud degli Stati Uniti, a
preminenza protestante, la schiavitù di uomini e donne di colore era vista come
un’istituzione ordinata da Dio e fondata su un certo ordine della creazione secondo il quale
uomini e donne nere sarebbero stati parte di una categoria di esseri subumani.
Interpretazioni bibliche analoghe sono state alla base della teologia dell’apartheid in
Sudafrica. Molte chiese negli Stati Uniti e in Sudafrica, riconoscono oggi la propria colpa
per gli abusi commessi e per aver travisato e distorto la lettera dei testi sacri, tuttavia non
sono per questo cessate le discriminazioni. Non si tratta solo di tragici errori di
interpretazione fondate su incomprensioni culturali, ma anche di scelte di comodo
finalizzate a favorire determinati interessi: basti pensare al substrato culturale fornito allo
sterminio degli ebrei e delle popolazioni native americane20.
Altro esempio eloquente è quello della subordinazione ed oppressione della donna
all’interno della tradizione cristiana. La Bibbia è stata scritta in un contesto storico e culturale
che vedeva la donna come oggetto di proprietà dell’uomo dal punto di vista economico,
20
Si tratta di un tema complesso denso di implicazioni ed articolazioni a proposito del quale mi limito ad
alcuni autorevoli cenni bibliografici: Cedric J. Robinson Black Marxism: the making of black radical tradition ,
University of North Caroline Press, 1983 in cui è sviluppata l’idea innanzitutto coloniale del capitalismo;
Vasapollo L., Jaffe H., Galarza H. Introduzioni alla storia e alla logica dell’imperialismo, Milano, Jaca Book
Ed., 2005, in cui sono contenute analisi della logica del colonialismo; Arendt H., Le origini del totalitarismo,
Torino, Enaudi, 2009 (The origins of totalitarism 1951), M. Foucault, L’ordine del discorso. I meccanismi
sociali di controllo e di esclusione della parola, Torino, Enaudi, 2004, (1970) nei quali è analizzato il nesso tra
colonialismo, razzismo e nazismo.
sessuale e giuridico. Oggi molte chiese, teologi e credenti riconoscono il carattere patriarcale
del contesto storico in cui i testi biblici sono stati letti e interpretati.
È altrettanto vero che numerosi interpreti e lettori, che si presume siano legati ad una
interpretazione letterale delle Scritture, ritengono che i gruppi cristiani “più aperti”, si siano
lasciati condizionare da quelle che definiscono “mode” quali la lotta per l’emancipazione della
donna, il femminismo o i femminismi, dimenticando gli insegnamenti biblici che alla donna
Nella Genesi 19,7-25 si racconta che le città di Sodoma e Gomorra sarebbero state
distrutte da Dio perché si macchiarono del peccato dell’omosessualità poi chiamata sodomia.
Questa interpretazione non è condivisa da tutti. Nel capitolo precedente (Genesi 18) Dio
manda due angeli a Sodoma, dove Lot, il nipote di Abramo li persuade ad accettare l’ospitalità
della sua casa. Nel capitolo successivo (Genesi 19) i vicini di Lot gli chiedono di far uscire i
due ospiti, cosicché essi “potessero conoscerli”. Il termine ebraico, yadha, significa “avere una
visitatori, tuttavia in molti casi, indica la conoscenza carnale completa. Il racconto si potrebbe
stranieri, gli sconfitti, o coloro che avessero oltrepassato, non autorizzati, le frontiere, alla
aveva in realtà ospitato due messaggeri di Dio (Genesi 18,1-15). Per evitare che venissero
violati i codici dell’ospitalità, Lot, nel tentativo di proteggere i suoi ospiti, offre alla folla
deplorevole per la nostra sensibilità, neppure è commentata nel testo. La gente di Sodoma
respinge l’offerta e gli angeli li rendono ciechi. Lot e la sua famiglia vengono messi in salvo e
Sodoma e Gomorra vengono distrutte. Non è questo un luogo di facile lettura, il motivo per cui
Dio condanna queste due città non è di natura prettamente sessuale. In Genesi 19,30-38 Lot
commette incesto con le sue due figlie. Il tabù nei confronti dell’incesto è uno dei più forti in
moltissime culture. Se Dio distrugge Sodoma e Gomorra perché condanna l’omosessualità e
protegge Lot che prima offre le sue figlie vergini per placare la folla e poi ha rapporti sessuali
con loro, vuol dire forse che la violenza sulle donne e l’incesto sono comportamenti sessuali
accettabili? In tale prospettiva interpretativa, l’atto di violenza nei confronti dei due stranieri,
non avrebbe nulla a che fare con l’omosessualità. La violenza sessuale è sempre
stupro è stato ed è spesso usato come strumento di potere a livello individuale e collettivo. Ne
sono un triste esempio gli stupri di massa nella ex Jugoslavia, quel che è accaduto e ancora
istinto sessuale ma per infliggere dolore, umiliazione, per provocare vergogna, esibire il
proprio disprezzo e far mostra del proprio potere sulla vittima. Si è molto propensi a leggere la
violenza che i sodomiti volevano infliggere sugli stranieri come espressione del loro odio per il
Normann Gottwald sostiene che nell’antico Israele l’omosessualità maschile era molto
probabilmente aborrita in quanto comportava uno spreco di seme maschile. In una cultura che
attribuiva un valore altissimo alla fertilità e alla procreazione e che riteneva che lo sperma
fecondante fosse limitato in termini di quantità e di potenza, chi sprecava il proprio seme,
dispersione del seme è vista in modo negativo anche all’interno di rapporti eterosessuali. In un
racconto del libro della Genesi, un uomo, Onan, che disperde in terra il proprio seme dopo aver
avuto rapporti sessuali con la propria moglie, viene messo a morte da Dio (Genesi38,1-11). Da
Onan deriva infatti il termine onanismo, riferito al coito interrotto e alla masturbazione.
Par. 2 – Cosa accade nel Nuovo Testamento?
Perciò gli uomini non hanno alcun motivo di scusa hanno conosciuto Dio, poi si sono
rifiutati di adorarlo e ringraziarlo come Dio. Si sono smarriti in stupidi ragionamenti e così non
hanno capito più nulla. Essi che pretendono di essere sapienti, sono impazziti, adorano
immagini dell’uomo mortale, di uccelli, di quadrupedi, di rettili, invece di adorare Dio glorioso
e immortale. Per questo Dio li ha abbandonati ai loro desideri […]. Dio li ha abbandonati
lasciandoli travolgere da passioni vergognose. Le loro donne hanno avuto rapporti sessuali
contro natura, invece di seguire quelli naturali. Anche gli uomini, invece di avere rapporti con
le donne, si sono infiammati di passione gli uni per gli altri. Uomini con uomini commettono
azioni turpi e ricevono così il giusto castigo per questo traviamento. (Rom.1,20-24,26-27).
L’unico possibile riferimento al lesbismo sta in Romani 1,26. A dire il vero il significato
di questo versetto non è molto chiaro e alcuni commentatori, non senza ragione, vi hanno
quella società patriarcale tale comportamento era considerato contro natura, conferma
ulteriore di quanto siano imbevuti di cultura le espressioni “secondo natura” e “contro natura”.
Quel che l’Apostolo Paolo riferisce in merito a comportamenti peccaminosi non può essere
svincolato dal contesto culturale greco-romano in cui prostituzione e pederastia erano molto
comuni. Non possiamo escludere che Paolo prendesse di mira questo genere di relazioni
giudicandole abusive e degradanti e non relazioni durature di coppie omosessuali fondate sul
può escludere, come alcuni interpreti sostengono, che indichi un rapporto che va contro il
21
Il teologo biblico statunitense W. Cointryman sostiene che l’interpretazione corrente con quale Paolo si
riferisce all’omosessualità usando la categoria del peccato, deve essere radicalmente riveduta. Il peccato
cui l’Apostolo fa riferimento è l’idolatria. L’omosessualità sarebbe un aspetto riprovevole della cultura dei
pagani, che non era di per sé peccato.
Nei Vangeli non si trova alcuna forma di condanna nei confronti dell’omosessualità. A tal
proposito si esprime il vescovo episcopale statunitense John Shelby Spong, che si è battuto
molto per sviluppare all’interno della sua Chiesa un atteggiamento nuovo nei confronti
l’omosessualità non costituiva per Gesù un problema. C’è un racconto testamentario sul quale
insistono alcuni esegeti in cui sembrerebbe che Gesù entri in contatto con una persona
probabilmente omosessuale. Si tratta del racconto della guarigione del servo del centurione
romano (Matteo 8,5-13, Luca 7,1-10). I due Vangeli usano due termini greci diversi per parlare
del servitore: per Matteo è un pois, un ragazzo, per Luca un doulos, un servo. In entrambi i casi
il termine potrebbe essere riferito al costume diffuso nella società romana del tempo, di avere
al proprio seguito un giovane che era al tempo stesso compagno e servitore. Il testo di Luca
(Luca 7,2) sottolinea che questo servitore era molto caro al centurione romano ed usa il
termine entimos cui corrispondono i termini “prezioso”, “caro”. Per rendere il legame che il
lingua corrente usa l’espressione “molto affezionato”, tanto da indurlo a recarsi da Gesù per
chiedergli di guarirlo. Si direbbe che Gesù non giudichi sospetta la relazione tra i due, ma lodi
un tema complesso che non di rado si presta a pericolosi fraintendimenti, pur tuttavia il tema se
accuratamente trattato sotto il profilo storico, giuridico, filosofico e, perché no, antropologico,
è foriero di spunti di riflessione e contenuti che possono consentire di dipanare i nodi che le
Fuorviante è il luogo comune secondo il quale nell’Antica Grecia erano tutti omosessuali.
“eterosessuale”. A tal proposito è molto eloquente quello che ha scritto M. Foucault “due modi
di prendere il proprio piacere, uno dei quali si addiceva meglio, a determinati individui o in
determinati momenti della vita”. Come vedremo nel corso della trattazione, presso i greci
antichi non è un ideale di libertà amorosa che deve essere ricercato, bensì un codice di
organizzazione della sessualità che non può essere disgiunta dalla sua funzione iniziatica e di
strutturazione sociale della polis. Per l’uomo greco antico amare un ragazzo non è un vizio e
da quello richiesto quando si tratta di amare una donna. Nella Grecia e nella Roma pagane, i
rapporti fra uomini erano parte integrante della sessualità. Né venivano per questo esclusi, al
contrario erano considerati necessari e talora desiderabili, i rapporti con le donne. Al contrario
gli accoppiamenti fra donne erano giudicati turpi e costituivano un segno di sregolatezza.
I rapporti omosessuali in Grecia erano sottoposti a norme sociali molto rigide che
prescrivevano tempi e modi e le modalità con cui dovevano alternarsi, combinarsi e conciliarsi
pederastia non scadesse da elevato momento di formazione culturale dei più giovani ad una
promiscuità volgare, diseducativa e moralmente pericolosa, il che non equivale a ritenere non
repressiva l’etica sessuale greca né può indurre a considerare sullo stesso piano l’omosessualità
maschile e quella femminile. I greci ritenevano che il piacere femminile dovesse essere
controllato dal momento che le donne provavano più piacere degli uomini nel rapporto
sessuale e non erano capaci di controllarlo e di controllarsi, pertanto la sessualità delle donne
doveva essere posta sotto il controllo dell’uomo, non potendo essere concepita una sessualità
femminile che non fosse al servizio degli uomini23. Si trattava di un’etica sdoppiata,
presumibilmente vincolata ad una visione androgina dell’essere umano e molto poco legata
all’idea della naturalità del sesso intesa come eterosessualità. Le donne in Grecia costituivano
nient’altro che uno strumento di riproduzione o di piacere, non poteva essere per loro
contemplato il riconoscimento della bisessualità. Per le donne valeva solo la regola della totale
sottomissione ad un uomo 24. Tuttavia, quelle che noi occidentali giudichiamo oscillazioni della
23
Per un ulteriore approfondimento del tema inerente la diversità e la nascita dello stereotipo discriminante
della diversità utile la lettura del saggio Cantarella E., Essere diverse in Donna m’apparve, cit.
24
I culti che in numerose zone della Grecia erano dedicati a divinità bisessuali, narrano in modo
eloquente che gli uomini erano consapevoli del fatto che accanto agli impulsi eterosessuali
c’erano ed erano altrettanto legittimi quelli omosessuali. A tal proposito è fondamentale Delcourt
M., Hermaphrodite. Mites et rites de la bisexualitè dans l’antiquitè classique, Paris, 1958.
Altrettanto interessanti anche se assai complessi da un punto di vista interpretativo i riti nei quali
uomini e donne si scambiavano le parti. Durante le celebrazioni Hybristika gli uomini indossavano
sessualità per le quali non sono mancate speculazioni ermeneutiche scarsamente proficue, non
possono indurci a dedurre che ai greci fosse consentito esprimere liberamente la loro sessualità
anche se si trattava degli uomini per i quali era giudicata legittima l’omosessualità e
contemplato il desiderio sessuale nei confronti del medesimo sesso. Non per il fatto d’essere
uomini, potevano esprimere liberamente i loro desideri sessuali. La legittimità delle esperienze
omosessuali era vincolata a regole rigorose. Tali esperienze andavano vissute nel tempo
giusto, con le persone giuste e ripeto, nel rispetto di un complesso strutturato di regole. Queste
regole presupponevano l’assunzione di ruoli non sempre congeniali a chi doveva assumerli 25.
Non tutti gli adolescenti desideravano essere soggetto passivo in un rapporto omosessuale.
Certo risulta facilmente comprensibile il fatto che essere corteggiati, esaltati per il
riconoscimento della propria bellezza, fosse assai gratificante. Ai ragazzi piaceva essere
virtù, ma questo non significava che tutti i ragazzi fossero disponibili a partecipare con la
medesima intensità ai rapporti che gli amanti adulti pretendevano. Ai giovani appartenenti alla
elite veniva insegnato a subire il rapporto, quindi a viverlo non per piacere ma per dovere
concludere che nell’antica Grecia la sessualità non era l’ambito all’interno del quale, la
generavano condizionamenti e relazioni di potere che non di rado potevano divenire autentiche
gabbie. E’ molto interessante riflettere sulla complessità di quest’aspetto che consente poi una
ulteriore riflessione sullo stereotipo della diversità che da millenni discrimina le donne, e non
solo, attribuendo ai loro modi di essere una naturalità che è nient’altro che il sedimentarsi di
una cultura che da sempre relega le donne in una posizione di inferiorità arbitrariamente
vesti femminili e le donne abiti maschili. Qualcosa del genere accadeva anche a Sparta dove la
prima notte di nozze, le donne ricevevano i mariti indossando abiti maschili e con i capelli rasati,
mentre a Cos i mariti ricevevano le mogli in abiti femminili. A tal proposito fonte autorevole è
Plutarco in particolare Virtù delle donne, Il Nuovo Melangolo, Genova, 2010 e Questioni Greche,
Carrano A. (a cura di), D Auria M., Catania, 2007.
25
Cfr. Cantarella E., Secondo natura, cit.
confusa con la diversità. Possiamo agevolmente ricostruire la storia ma sempre all’interno di
Il maschio greco nel giro di pochi anni viveva due iniziazioni sessuali antitetiche. La
prima gli insegnava ad apprendere e assumere un ruolo che la seconda gli imponeva di
ad un modo altro della conoscenza e non sempre questo processo per tutti si produce
da risolvere. Il fatto che il passaggio di ruolo obbedisse ad una regola sociale fondamentale,
rendere questo passaggio non traumatico, ma non poteva per questo escludere,
aprioristicamente, che un’esperienza del genere, vissuta da coloro che negli anni
dell’adolescenza nella parte di giovani amati, avessero scoperto in se una tendenza prevalente
alla passività. Questo serva a comprendere che c’è uno scarto, difficilmente colmabile, tra il
dire che all’uomo greco erano consentite tutte le possibili scelte sessuali e ritenere che il
passaggio di ruolo, che in modo quasi inevitabile ne caratterizzava la vita, non provocasse
quella tensione che provoca l’esperienza sessuale nel mondo moderno 26. Questo tipo di lettura
dei comportamenti sessuali e delle tensioni che essi generavano specialmente nei pressi della
fase iniziatica, si può rintracciare nelle affermazioni di Platone e Senofonte, quando narrano il
disgusto dei giovani amati, del rancore che essi nutrivano nei confronti dell’amante. Non si
può escludere che quelle affermazioni fossero riferite a quei giovani che il rapporto sessuale
lo subivano come una necessità sociale, una sorta di meccanismo di potere dal quale non ci si
poteva sottrarre, pena l’esclusione dal contesto e quindi la sofferenza. E sullo stesso piano
stanno quelli che al contrario serbavano un dolce ricordo del piacere provato e con sofferenza
si calavano nel ruolo attivo che le convenzioni sociali imponevano. Questo è un aspetto
26
Questa è la lettura di Henderson J.H., The Maculate Muse. Obscene Language in Attic Comedy, Oxford
University Press,1991.
tutt’altro che secondario del problema; non è prudente insistere sulla componente iniziatica del
modo uno scarto tra la dimensione sociale del rapporto che si traduce in termini di
tale imbarazzo anche negli ambienti accademici da produrre strategie ermeneutiche finalizzate,
in tal caso, a normalizzare il desiderio; molto banalmente il greco poteva intrattenere una
mai essenziale27.
Platone, Aristotele, Senofonte, pseudo Luciano, ma non sufficiente ai fini di una trattazione
relativamente completa del tema, in quanto questi riflettono un disagio, senz’altro autentico ma
non generalizzabile in quanto riferito ad una elitè per la quale il rispetto delle regole
significava l’appartenenza alla categoria degli “aristoi”. Tutt’altra storia è la vita sessuale
probabilmente subivano tutt’altri condizionamenti distanti dal valore etico e pedagogico che
l’elité attribuiva ai rapporti sessuali. C’è per questo anche una spiegazione politica tutt’altro
che trascurabile. L’etica sessuale sviluppatasi nel tempo della polis era l’espressione di una
norma al contempo sociale, morale, culturale e politica e il mancato rispetto avrebbe potuto
secondo la quale la pederastia greca sarebbe strettamente legata al fatto che per i Greci le
donne non erano facilmente accessibili, o meglio le donne cosiddette “perbene” erano
sessualmente inaccessibili, dal momento che solo le donne “disoneste” potevano essere
corteggiamento dei ragazzi i quali a loro volta vennero a trovarsi nella posizione di resistere a
greci nei confronti dell’omosessualità30. Questa tesi ha il suo fascino se non fosse, ad un esame
più attento, scientificamente poco attendibile in primo luogo perché le donne divennero
inaccessibili per gli ateniesi a partire dal 621- 620 a.C. quando Draconte emanò leggi scritte
che prescrivevano alle donne il ruolo di riproduttrici e stabilirono che le donne dovevano
essere segregate in casa. Nei secoli precedenti, come si evince dalla lettura dei poemi omerici,
le donne conducevano una vita molto più libera. La pederastia è senz’altro anteriore alle più
antiche leggi scritte, pertanto non può essere collegata alla inaccessibilità delle donne. C’è un
altro problema che compromette l’attendibilità della tesi “politica” vale a dire la finalità del
corteggiamento, un gioco tortuoso la cui posta era l’onore. L’uomo vinceva se riusciva a
sedurre il ragazzo ma questi se si lasciava sedurre aveva perduto. Ma le cose non stavano in
questi termini, un gioco siffatto sarebbe stato un gioco assurdo. Pausania 31 riconosce la
tortuosità del gioco dell’amore ma al contempo vi attribuisce un senso; non c’è nulla di
vergognoso nel cedere al corteggiamento nella misura in cui l’amore non è volgare, quando
l’attribuzione agli uomini del potere sui figli. Tale fondamento tuttavia, rigorosamente fondato sulla
necessità che la sessualità femminile fosse rigorosamente controllata dal maschio, a fatica era garantito
data la difficoltà di controllare la sessualità femminile come dimostrava il mito di Tiresia, l’indovino tebano
che nel corso della sua vita era stato sia uomo che donna e a Zeus, che lo aveva interpellato circa la quantità
di piacere goduta durante l’atto sessuale, aveva risposto che se il piacere veniva diviso in dieci parti, l’uomo
ne provava una parte, la donna nove.
29
Devereux G., Greek Pseudo-Homosexuality and the “Greek Miracle in ”Symbolae Osloenses” 42, 1967.
30
La tesi è sostenuta in Cohen D., Law, Sexuality and Society, The Enforcement of morals in Classical Society,
Cambridge University Press, 1991.
31
Platone, Simposio, 181e – 185c, Reale G (a cura di), Milano, Bompiani, 2000.
l’amore è ispirato a nobili sentimenti non c’è posto per la vergogna. Il ragazzo non perdeva
l’onore se le intenzioni dell’amante non erano esclusivamente sessuali. Non a torto Cantarella
presta una particolare attenzione alle leggi che regolavano la pratica della pederastia e la
quella pratica. Non possiamo escludere a priori che la pederastia sia altro dall’omosessualità e
se così fosse quale verrebbe ad essere il nostro atteggiamento nei confronti dell’omosessualità?
Il rischio nel porre questa differenza, a mio parere, è quello di riprodurre un atteggiamento
dell’amato, fattore che ha un senso nella misura in cui è culturalmente contestualizzato. Direi
che il fattore discriminante sia costituito dall’amore, da quel demone che Socrate nel Fedro e
nel Simposio dice Eros, figlio di Poros e Penia e Pausania nel Simposio, sdoppiandolo, lo dice
compagno di Afrodite Pandemia e quindi quell’amore che si rivolge tanto ai ragazzi quando
alle donne, più ai corpi che alle anime, o compagno di Afrodite Urania che induce ad amare i
maschi perché non partecipa della natura femminile. A dire il vero con tali autorevoli
scaturiscono, pur non essendo generalizzabili, sono comunque eloquenti e mostrano, attraverso
una modalità più discorsiva che dialogica nel Simposio, squisitamente dialogica nel Fedro,
simboliche che hanno intrappolato Amore in una fittissima reti di dicotomie, categorie,
classificazioni binarie rigidissime che nel tempo hanno vincolato l’esperienza amorosa al
A prendere per primo la parola è Fedro il quale sostiene che Eros, tra gli Dei, è il più
antico e quindi il più venerabile. I suoi progenitori non sono menzionati da alcun poeta e
scrittore e data la sua anzianità il dio è causa per gli uomini dei migliori benefici. Chi ama è
disposto a sacrificare la propria vita. Fedro esalta il sacrificio di Achille, che scelse di
vendicare Patroclo, il suo amante e di seguirlo nella morte. Gli dei che pure onorano
all’amato, che abbia caro il suo amante. L’amante è qualcosa di più divino dell’amato perché è
dicendo che il tema della conversazione non è stato posto nel modo opportuno perché Eros non
è unico. Due sono infatti le Afroditi: Afrodite Urania (celeste) e Afrodite Pandemia (volgare),
pertanto due sono gli Eroti. Occorre dunque distinguere, quale tra essi, ispirando un nobile
amore sia degno di lode. Chi ama secondo Eros, compagno di Afrodite Pandemia, si rivolge
tanto alle donne quanto ai ragazzi, ai corpi più che all’anima. L’altro Eros induce, invece, ad
amare i maschi con fedeltà e moderazione. Una legge dovrebbe regolare i comportamenti degli
amanti volgari, i cui disdicevoli atteggiamenti, hanno screditato l’amore per i ragazzi. A tal
compiere cose che altrimenti sarebbero considerate riprovevoli. La pederastia, in Atene, non è
ritenuta un fatto di per se vergognoso, nel senso che un’azione in sé, non è né bella né brutta. È
il modo in cui è svolta a renderla bella o brutta. La norma ateniese, infatti, mette alla prova gli
amanti e gli amati, inducendo i primi ad insistere e i secondi a compiacere solo chi sia una
32
Aristodemo incontra Socrate insolitamente abbigliato, mentre si reca ad un banchetto offerto da Agatone
per celebrare la vittoria nel concorso tragico ed è invitato dal filosofo ad accompagnarlo. Giunge però da
solo alla casa del poeta tragico: Socrate infatti si attarda lungo la strada e poi si apparta, completamente
assorto nelle sue meditazioni. Entra nella sala quando ormai i convitati sono a metà della cena, Agatone lo
invita a sedersi al suo fianco, per poter ricevere un po’ della sua sapienza. Socrate risponde con pungente
ironia. Al termine del pasto, dopo i riti consueti, ha inizio il Simposio: tutti però convengono sull’opportunità
di non eccedere nel vino, ma di bere moderatamente , discorrendo piacevolmente. Il medico Erissimaco,
riprendendo un’idea di Fedro, propone l’argomento della conversazione: ciascuno dovrà tenere un discorso
in onore di Eros. Unanime è il consenso.
persona eccellente, cosa questa resa possibile dal fatto che l’amato ha come obiettivo il suo
rimanere ingannato.
dell’androgino, quello che forse più di tutti si presta ad una sorta di ermeneutica della
maschile, il femminile e l’androgino di cui ora è rimasto solo il nome. L’androgino aveva una
forma rotondeggiante e possedeva una forza straordinaria al punto da arrivare a sfidare gli dei.
Zeus decise allora di dividerlo in due e ordinò ad Apollo di porre rimedio alle ferite. Ciascuna
delle due metà si avvinghiava all’altra in una sterile unione, perciò Zeus traspose i loro genitali
nella parte anteriore allo scopo di rendere produttivo il loro rapporto. L’uomo è dunque il
risultato di questo duplice intervento divino e l’attrazione verso l’uno o l’altro sesso dipende
dalla natura originaria di ogni individuo. Coloro che sono parti di un maschio sono
caratterizzati da una maggiore virilità, amano i maschi ed essi e solo essi sono veramente dotati
nell’attività politica.
Mi sembra che gli uomini non si rendano assolutamente conto della potenza dell'Eros. Se se
ne rendessero conto, certamente avrebbero elevato templi e altari a questo dio, e dei più
magnifici, e gli offrirebbero i più splendidi sacrifici. Non sarebbe affatto come è oggi, quando
nessuno di questi omaggi gli viene reso. E invece niente sarebbe più importante, perché è il dio
più amico degli uomini: viene in loro soccorso, porta rimedio ai mali la cui guarigione è forse
per gli uomini la più grande felicità. Dunque cercherò di mostrarvi la sua potenza, e voi fate
altrettanto con gli altri. Ma innanzitutto bisogna che conosciate la natura della specie umana e
quali prove essa ha dovuto attraversare. Nei tempi andati, infatti, la nostra natura non era quella
che è oggi, ma molto differente. Allora c'erano tra gli uomini tre generi, e non due come
adesso, il maschio e la femmina. Ne esisteva un terzo, che aveva entrambi i caratteri degli altri.
Il nome si è conservato sino a noi, ma il genere, quello è scomparso. Era l'ermafrodito, un
essere che per la forma e il nome aveva caratteristiche sia del maschio che della femmina. Oggi
non ci sono più persone di questo genere. Quanto al nome, ha tra noi un significato poco
onorevole. Questi ermafroditi erano molto compatti a vedersi, e il dorso e i fianchi formavano
un insieme molto arrotondato. Avevano quattro mani, quattro gambe, due volti su un collo
perfettamente rotondo, ai due lati dell'unica testa. Avevano quattro orecchie, due organi per la
generazione, e il resto come potete immaginare. Si muovevano camminando in posizione
eretta, come noi, nel senso che volevano. E quando si mettevano a correre, facevano un po'
come gli acrobati che gettano in aria le gambe e fan le capriole: avendo otto arti su cui far leva,
avanzavano rapidamente facendo la ruota. La ragione per cui c'erano tre generi è questa, che il
maschio aveva la sua origine dal Sole, la femmina dalla Terra e il genere che aveva i caratteri
d'entrambi dalla Luna, visto che la Luna ha i caratteri sia del Sole che della Terra. La loro
forma e il loro modo di muoversi era circolare, proprio perché somigliavano ai loro genitori.
Per questo finivano con l'essere terribilmente forti e vigorosi e il loro orgoglio era immenso.
Così attaccarono gli dei e quel che narra Omero di Efialte e di Oto, riguarda gli uomini di quei
tempi: tentarono di dar la scalata al cielo, per combattere gli dei. Allora Zeus e gli altri dei si
domandarono quale partito prendere. Erano infatti in grave imbarazzo: non potevano certo
ucciderli tutti e distruggerne la specie con i fulmini come avevano fatto con i Giganti, perché
questo avrebbe significato perdere completamente gli onori e le offerte che venivano loro dagli
uomini; ma neppure potevano tollerare oltre la loro arroganza. Dopo aver laboriosamente
riflettuto, Zeus ebbe un'idea. "lo credo - disse - che abbiamo un mezzo per far sì che la specie
umana sopravviva e allo stesso tempo che rinunci alla propria arroganza: dobbiamo renderli
più deboli. Adesso - disse - io taglierò ciascuno di essi in due, così ciascuna delle due parti sarà
più debole. Ne avremo anche un altro vantaggio, che il loro numero sarà più grande. Essi si
muoveranno dritti su due gambe, ma se si mostreranno ancora arroganti e non vorranno stare
tranquilli, ebbene io li taglierò ancora in due, in modo che andranno su una gamba sola, come
nel gioco degli otri." Detto questo, si mise a tagliare gli uomini in due, come si tagliano le
sorbe per conservarle, o come si taglia un uovo con un filo. Quando ne aveva tagliato uno,
chiedeva ad Apollo di voltargli il viso e la metà del collo dalla parte del taglio, in modo che gli
uomini, avendo sempre sotto gli occhi la ferita che avevano dovuto subire, fossero più
tranquilli, e gli chiedeva anche di guarire il resto. Apollo voltava allora il viso e, raccogliendo
d'ogni parte la pelle verso quello che oggi chiamiamo ventre, come si fa con i cordoni delle
borse, faceva un nodo al centro del ventre non lasciando che un'apertura - quella che adesso
chiamiamo ombelico. Quanto alle pieghe che si formavano, il dio modellava con esattezza il
petto con uno strumento simile a quello che usano i sellai per spianare le grinze del cuoio.
Lasciava però qualche piega, soprattutto nella regione del ventre e dell'ombelico, come ricordo
della punizione subìta. Quando dunque gli uomini primitivi furono così tagliati in due, ciascuna
delle due parti desiderava ricongiungersi all'altra. Si abbracciavano, si stringevano l'un l'altra,
desiderando null'altro che di formare un solo essere. E così morivano di fame e d'inazione,
perché ciascuna parte non voleva far nulla senza l'altra. E quando una delle due metà moriva, e
l'altra sopravviveva, quest'ultima ne cercava un'altra e le si stringeva addosso - sia che
incontrasse l'altra metà di genere femminile, cioè quella che noi oggi chiamiamo una donna, sia
che ne incontrasse una di genere maschile. E così la specie si stava estinguendo. Ma Zeus,
mosso da pietà, ricorse a un nuovo espediente. Spostò sul davanti gli organi della generazione.
Fino ad allora infatti gli uomini li avevano sulla parte esterna, e generavano e si riproducevano
non unendosi tra loro, ma con la terra, come le cicale. Zeus trasportò dunque questi organi nel
posto in cui noi li vediamo, sul davanti, e fece in modo che gli uomini potessero generare
accoppiandosi tra loro, l'uomo con la donna. Il suo scopo era il seguente: nel formare la coppia,
se un uomo avesse incontrato una donna, essi avrebbero avuto un bambino e la specie si
sarebbe così riprodotta; ma se un maschio avesse incontrato un maschio, essi avrebbero
raggiunto presto la sazietà nel loro rapporto, si sarebbero calmati e sarebbero tornati alle loro
occupazioni, provvedendo così ai bisogni della loro esistenza. E così evidentemente sin da quei
tempi lontani in noi uomini è innato il desiderio d'amore gli uni per gli altri, per riformare
l'unità della nostra antica natura, facendo di due esseri uno solo: così potrà guarire la natura
dell'uomo. Dunque ciascuno di noi è una frazione dell'essere umano completo originario. Per
ciascuna persona ne esiste dunque un'altra che le è complementare, perché quell'unico essere è
stato tagliato in due, come le sogliole. E' per questo che ciascuno è alla ricerca continua della
sua parte complementare. Stando così le cose, tutti quei maschi che derivano da quel composto
dei sessi che abbiamo chiamato ermafrodito si innamorano delle donne, e tra loro ci sono la
maggior parte degli adulteri; nello stesso modo, le donne che si innamorano dei maschi e le
adultere provengono da questa specie; ma le donne che derivano dall'essere completo di sesso
femminile, ebbene queste non si interessano affatto dei maschi: la loro inclinazione le porta
piuttosto verso le altre donne ed è da questa specie che derivano le lesbiche. I maschi, infine,
che provengono da un uomo di sesso soltanto maschile cercano i maschi. Sin da giovani,
poiché sono una frazione del maschio primitivo, si innamorano degli uomini e prendono
piacere a stare con loro, tra le loro braccia. Si tratta dei migliori tra i bambini e i ragazzi, perché
per natura sono più virili. Alcuni dicono, certo, che sono degli spudorati, ma è falso. Non si
tratta infatti per niente di mancanza di pudore: no, è il loro ardore, la loro virilità, il loro valore
che li spinge a cercare i loro simili. Ed eccone una prova: una volta cresciuti, i ragazzi di
questo tipo sono i soli a mostrarsi veri uomini e a occuparsi di politica. Da adulti, amano i
ragazzi: il matrimonio e la paternità non li interessano affatto - è la loro natura; solo che le
consuetudini li costringono a sposarsi ma, quanto a loro, sarebbero bel lieti di passare la loro
vita fianco a fianco, da celibi. In una parola, l'uomo cosiffatto desidera ragazzi e li ama
teneramente, perché è attratto sempre dalla specie di cui è parte. Queste persone - ma lo stesso,
per la verità, possiamo dire di chiunque - quando incontrano l'altra metà di se stesse da cui
sono state separate, allora sono prese da una straordinaria emozione, colpite dal sentimento di
amicizia che provano, dall'affinità con l'altra persona, se ne innamorano e non sanno più vivere
senza di lei - per così dire - nemmeno un istante. E queste persone che passano la loro vita gli
uni accanto agli altri non saprebbero nemmeno dirti cosa s'aspettano l'uno dall'altro. Non è
possibile pensare che si tratti solo delle gioie dell'amore: non possiamo immaginare che
l'attrazione sessuale sia la sola ragione della loro felicità e la sola forza che li spinge a vivere
fianco a fianco. C'è qualcos'altro: evidentemente la loro anima cerca nell'altro qualcosa che non
sa esprimere, ma che intuisce con immediatezza. Se, mentre sono insieme, Efesto si
presentasse davanti a loro con i suoi strumenti di lavoro e chiedesse: "Che cosa volete l'uno
dalI' altro?", e se, vedendoli in imbarazzo, domandasse ancora: "Il vostro desiderio non è forse
di essere una sola persona, tanto quanto è possibile, in modo da non essere costretti a separarvi
né di giorno né di notte? Se questo è il vostro desiderio, io posso ben unirvi e fondervi in un
solo essere, in modo che da due non siate che uno solo e viviate entrambi come una persona
sola. Anche dopo la vostra morte, laggiù nell'Ade, voi non sarete più due, ma uno, e la morte
sarà comune. Ecco: è questo che desiderate? è questo che può rendervi felici?" A queste parole
nessuno di loro - noi lo sappiamo - dirà di no e nessuno mostrerà di volere qualcos'altro.
Ciascuno pensa semplicemente che il dio ha espresso ciò che da lungo tempo senza dubbio
desiderava: riunirsi e fondersi con l'altra anima. Non più due, ma un'anima sola. La ragione è
questa, che la nostra natura originaria è come l`ho descritta. Noi formiamo un tutto: il desiderio
di questo tutto e la sua ricerca ha il nome di amore. Allora, come ho detto, eravamo una
persona sola; ma adesso, per la nostra colpa, il dio ci ha separati in due persone, come gli
Arcadi lo sono stati dagli Spartani. Dobbiamo dunque temere, se non rispettiamo i nostri doveri
verso gli dei, di essere ancora una volta dimezzati, e costretti poi a camminare come i
personaggi che si vedono raffigurati nei bassorilievi delle steli, tagliati in due lungo la linea del
naso, ridotti come dadi a metà. Ecco perché dobbiamo sempre esortare gli uomini al rispetto
degli dei: non solo per fuggire quest'ultimo male, ma anche per ottenere le gioie dell'amore che
ci promette Eros, nostra guida e nostro capo. A lui nessuno resista - perché chi resiste all'amore
è inviso agli dei. Se diverremo amici di questo dio, se saremo in pace con lui, allora riusciremo
a incontrare e a scoprire l'anima nostra metà, cosa che adesso capita a ben pochi. E che
Erissimaco non insinui, giocando sulle mie parole, che intendo riferirmi a Pausania e Agatone:
loro due ci sono riusciti, probabilmente, ed entrambi sono di natura virile. Io però parlo in
generale degli uomini e delle donne, dichiaro che la nostra specie può essere felice se segue
Eros sino al suo fine, così che ciascuno incontri l'anima sua metà, recuperando l'integrale
natura di un tempo. Se questo stato è il più perfetto, allora per forza nella situazione in cui ci
troviamo oggi la cosa migliore è tentare di avvicinarci il più possibile alla perfezione:
incontrare l'anima a noi più affine, e innamorarcene. Se dunque vogliamo elogiare con un inno
il dio che ci può far felici, è ad Eros che dobbiamo elevare il nostro canto: ad Eros, che nella
nostra infelicità attuale ci viene in aiuto facendoci innamorare della persona che ci è più affine;
ad Eros, che per l'avvenire può aprirci alle più grandi speranze. Sarà lui che, se seguiremo gli
dei, ci riporterà alla nostra natura d'un tempo: egli promette di guarire la nostra ferita, di darci
gioia e felicità.33
L’altro autorevole partecipante del Simposio è Socrate il quale propone il suo racconto e
sposta la riflessione su un piano differente.34 Socrate riferisce il discorso udito da una sapiente
sacerdotessa, Diotima, che lo aveva istruito sulle cose d’amore. Eros non è bello, spiega
Diotima, Eros, infatti, non è un dio ma un grande demone. Il demonico sta tra il divino e il
mortale. Eros è figlio di Penìa (Povertà) e Poros (Espediente) , povero e pellegrino a causa
33
Platone, Simposio, 189e – 192d, Reale G (a cura di), Milano, Bompiani, 2000.
34
Ivi, 204b – 210d.
dell’eredità materna, è audace, curioso, risoluto, cacciatore secondo l’indole del padre. Eros si
trova a metà strada tra sapienza e ignoranza: né gli dei possono amare la sapienza perché la
possiedono, né gli ignoranti che non ne avvertono la mancanza. Eros provenendo da una madre
incolta e da un padre sapiente e ingegnoso è perciò amante della sapienza. Eros è una natura
amante e non un essere amante. Eros è creatività, attività generativa: chi è fecondo nel corpo si
volge alla procreazione dei figli, chi invece lo è nell’anima si volge alla generazione di idee.
Chi vuole correttamente procedere nelle cose d’amore deve gradualmente procedere
dall’amore per un corpo all’amore per la bellezza corporea in generale per poi comprendere la
superiorità della bellezza dell’anima. Questo l’insegnamento di Diotima. Devo ammettere che
volentieri indugerei sulle implicazioni di carattere filosofico e non che caratterizzano gli
interventi dei vari simposiarchi, dal momento che risulta evidente sin dalle prime battute che il
Simposio non può essere trattato come l’opera in cui si sostiene che solo l’amore omosessuale
è nobile. Non che questo non emerga dal dialogo, va tuttavia accolto, tenendo conto del fatto
che pur non avendo la società greca nessuna remora nei confronti dell’omosessualità, di contro
era una società aristocratica e maschilista che relegava le donne al gineceo e al telaio. Ciò non
toglie nulla alla complessità del mito, il mito è lo scrigno in cui sono custodite verità profonde
ma c’è dell’altro nel racconto di Socrate. E’ infatti curioso che il racconto sull’amore riferito
dal filosofo del conosci te stesso sia attributo a Diotima di Mantinea, figura sapienziale di
donna, vissuta nel V sec. a.C. Difficile dire se sia realmente esistita o si tratta di un mito. Se si
tratta di un mito, porta ad un tempo remoto in cui le donne avevano una importanza ben
diversa e anche i rapporti tra gli individui erano diversi da come sono oggi articolati. Il
racconto di Diotima da l’idea di un convivere armonioso in cui non c’è il potere ma la ricerca
del Bello. Socrate riferisce agli altri simposiarchi che fu Diotima ad erudirlo nelle questioni
d’amore. Proviamo a leggere tra le righe del discorso della sottilissima Diotima.
eccellenza, così caro ai greci. All’affermazione di Socrate che l’amore è un grande dio ed è
amore di cose belle, Diotima risponde che Amore non è né bello né buono. Socrate che,
probabilmente, coglie la sottigliezza del gioco risponde allora “Amore è brutto e malvagio?”
Ciò che non è bello non è necessariamente brutto, chi non è sapiente non è necessariamente
ignorante, perché tra le due parti c’è sempre una via di mezzo, replica Diotima. Non si può
escludere che il filosofo del “so di non sapere” avesse frequentato la scuola di Diotima. Il
sapere di non sapere e l’invito di Socrate a conoscere se stessi non sono molto distanti
giusta cui è possibile dare una spiegazione. Se non si è in grado di dare una spiegazione non si
sa ma al contempo se hai un’opinione giusta non sei nell’ignoranza. L’opinione giusta è la via
di mezzo tra la sapienza e l’ignoranza. Alla stessa maniera tutto ciò che non è bello è brutto e
quindi non buono e infine malvagio. Il fatto che l’amore non sia né buono né bello, non per
questo può essere pensato brutto e malvagio. L’amore è la via di mezzo. Socrate non a torto
dice che Amore desidera ciò che è bello e buono perché ne è privo e se ne è privo, non è un
dio. E allora cosa è l’amore? Diotima risponde che l’amore è la via di mezzo tra il divino e
l’umano, l’amore è il demone che colma il divario tra il divino e l’umano e rende l’universo
concluso in se stesso. E che dire dei natali del demone amore. E’ sempre Diotima ad illuminare
Socrate raccontando che quando nacque Afrodite gli dei, come per tutte le nascite, fecero un
banchetto cui presero parte anche Poros (espediente) e Metide (sagacia). Alla fine della festa
venne Penia (povertà) ad elemosinare i resti del banchetto. Poros ubriaco si mise a dormire in
giardino e Pénia ne approfitto per unirsi a lui. Eros è nato da povertà ed espediente. Eros nasce
dunque da uno stato limitato e limitante, tende, pertanto, per realizzarsi, a raggiungere la
completezza, la sazietà ed è l’eredità di Poros (espediente) che gli fornisce i mezzi per
raggiungere lo scopo. Eros si accompagna sempre con Afrodite, spiega Diotima, perché fu
concepito quando ella nacque ed è per questo che sempre aspira al bello. Afrodite è il bello.
Eros è contraddittorio, è povero e non è bello, armonioso nelle fattezze, ma grossolano, mezzo
selvatico, sempre scalzo, vagabondo, dorme sempre per terra allo scoperto davanti agli usci e
nelle strade.
C’è un senso straordinario in tutto questo: l’amore è desiderio di felicità e di bene e quel
Ma ragioniamo di quel che accadeva a Roma. L’etica sessuale romana era molto diversa
percezione della virilità, intesa come assunzione del ruolo sessuale attivo. I romani a differenza
dei greci non ritenevano che per i ragazzi essere la parte passiva nel rapporto omosessuale
fosse educativo. Come per i greci anche per i romani i ragazzi erano ritenuti incapaci di
erano uomini e in quanto tali non dovevano e non potevano essere sottomessi. Il maschio
romano sessualmente era uno stupratore, convinto di dispensare piacere proprio attraverso la
immaginare, potessero esistere donne capaci di dispensare piacere sessuale, quindi capaci di
amare e di essere amate da uomini o, perché no, da altre donne. Le tribadi erano considerate
folli se non addirittura individui malati, che tentavano di appropriarsi di prerogative ritenute
essenzialmente maschili. In tale prospettiva si comprende il perché, nel percorso educativo del
ragazzo romano, non potevano essere contemplate esperienze omosessuali, dal momento che in
tali esperienze il suo ruolo sarebbe potuto essere solo passivo 35. Questo retaggio culturale che
caratterizzava l’etica sessuale romana non deve tuttavia indurci a dedurre che l’omosessualità
fosse giudicata contro natura e quindi tassativamente proibita. Al maschio romano era
riconosciuta la possibilità di dare sfogo alla sua “esuberanza sessuale”, che contrariamente a
quanto si possa ritenere, non trovava espressione esclusiva attraverso i rapporti con le donne.
35
A tal proposito E. Cantarella, Secondo Natura, cit., argomenta, citando a supporto la lex scatinia, che
stabiliva una pena pecuniaria per chi commettesse stupro nei confronti di un adolescente a prescindere che
questi fosse o no consenziente e contemplava la punizione di quegli adulti che si fossero lasciati
sottomettere.
l’omosessualità romana era rigorosamente attiva in quanto si traduceva in sopraffazione,
brutale sottomissione, eloquente espressione del potere sociale e sessuale del più forte, quindi
del padrone nei confronti del suo schiavo, oggetto del quale poteva disporre liberamente, del
vincitore sul vinto. E di questo atteggiamento rimane ancora traccia come si evince dalle
brutali violenze sessuali perpetrate durante la guerra civile nella ex Iugoslavia e quel che
La vita sessuale del romano era moralmente molto meno tesa e complessa di quella del
greco, vincolata ad una regola quasi esclusiva quella di essere maschio, dimostrare in maniera
eloquente la propria mascolinità essere serviti e mai servire, essere ovunque e sempre un
efebico per i ragazzi non necessariamente schiavi, che potevano essere corteggiati amati ed
ammirati per la loro bellezza. I ragazzi si facevano pregare, desiderare prima di cedere alle
insistenze del corteggiatore, strategia che serviva ad aumentare la tensione del desiderio, a
rendere più struggente l’attesa. Tuttavia nell’amore efebico, così come lo sperimentarono i
romani, non c’era la tensione etica che caratterizzava l’esperienza amorosa nella Grecia, vale a
modo altro di narrare e di narrarsi. Foucault che ha sempre veduto nelle letture di carattere
che vede il gioco del corteggiamento più gratificante di quanto non fosse con le donne,
Cose è dunque secondo natura e cosa è contro natura? Questo il senso del vederci chiaro?
Non si può evitare l’incontro o lo scontro con la cultura, con i suoi meccanismi di potere,
non si può evitare il sovrapporsi di ciò che è cultura e che pertanto non ha nulla di essenziale,
di irreversibile. Quel che è emerso dalla narrazione del tema è che né l’uomo greco né l’uomo
romano potevano dirsi liberi di esprimere la loro sessualità, entrambi vincolati ad un modo di
escludere che per molti romani la virilità fu una condanna che si esprimeva attraverso la
sottomissione dei vinti, delle donne, dei pueri, attraverso lo stupro quale pratica per dimostrare
a se stesso e agli altri la potenza sessuale e il potere sociale. Alla luce di questa prospettiva si
comprende che la passività in amore era un lusso che solo i potenti si potevano permettere.
Cesare, poté concedersi la passività in amore e quindi vivere liberamente la sua storia d’amore
con Nicomede dal momento che aveva ripetutamente dato prova della sua virilità, era un
soldato invincibile, aveva conquistato il mondo allora conosciuto e nessuna donna poteva
resistergli. La passività che Cesare si concedeva con Nicomede poteva dirsi una trasgressione
oppure una libera espressione delle proprie inclinazioni o della propria natura?
CAPITOLO TERZO
Nel 1869 lo scrittore ungherese Kàroly Maria Kertbeny inventò il termine “omosessuale”
e lo fece in una specifica occasione, quando il Ministero della Giustizia Prussiano promulgò
una legge che puniva gli atti sessuali tra persone di sesso maschile. Pederasti, sodomiti,
lesbiche, tribadi, come si evince nelle pagine precedenti, c’erano sempre stati e sempre
avevano calcato la ribalta della letteratura, dell’arte, della religione o semplicemente della
“eterosessuale”, fu inserito per la prima volta nel Nuovo Dizionario Internazionale Merriam
Webster. Il termine aveva una connotazione squisitamente medica indicando “una passione
sessuale morbosa per una persona del sesso opposto”. Nell’edizione del 1934 il termine perse
la sua componente patologica indicando una sessualità “normale”, una passione sessuale per
una persona di sesso opposto. È dunque la scienza a provocare il debutto sulla scena sociale
comportamenti sessuali umani abbia generato una modalità nuova di specificare gli individui.
Fino ad allora la sodomia rientrava in una categoria di atti vietati, per cui il sodomita era
L’ipotesi repressiva, storicamente generatasi nel passaggio dallo stato religioso allo stato
considerata e trattata come una pratica immorale è anche, o forse solo, una condizione
psicopatologica. Il sodomita non è più solo un peccatore ma rappresenta una specie deviata,
processo di patologizzazione, dall’altra afferma, mostrando una certa lungimiranza, che non
può essere classificata come una malattia ma come una variante della funzione sessuale e che
La sintesi tracciata, sintesi estrema ma non per questo banalizzante che, aprioristicamente,
tiene conto della complessità e profondità del tema trattato, serva a comprendere l’artificiosità
del concetto di “contro natura” e come tale categoria generi intolleranza, discriminazione nei
confronti delle persone, dei legami omosessuali e non solo. Quanto sia antica la disputa su che
cosa sia naturale e cosa contronaturale o innaturale, emerge nelle pagine precedenti ed è
superfluo dire che quella disputa è sempre aperta e mai potrà dirsi chiusa specialmente se ci
36
Cfr. Freud S., Tre saggi sulla teoria sessuale, 1905, trad. it. In Opere, vol. IV, Torino Boringhieri, 1970
ulteriormente problematizzata dalla sovrapposizione e/o confusione dei concetti di sesso e
genere. Il costrutto di genere è divenuto di uso comune negli anni 70. Come dimenticare la
famosa affermazione “donna non si nasce lo si diventa”, contenuto nel Secondo sesso (2008) di
Simone de Beauvoir a fine anni quaranta. 37 L’antropologa Gayle Rubin nel 1975 individuava
nel sex-gender system il processo che trasforma il dato del dimorfismo sessuale in un sistema
significato a queste differenze, è, pertanto, il genere una costruzione socioculturale e come tale
sempre reversibile. A tal proposito la filosofa J. Butler afferma che il genere “rappresenta il
sistema attraverso cui hanno luogo la produzione e la normalizzazione del maschile e del
demonizzare il genere. Il genere è uno schema, una categoria, un concetto e come tale risponde
conoscere il mondo. Pur tuttavia si tratta di un concetto problematico che si genera dalla
relazione che è elemento strutturalmente costitutivo del divenire umano. Occorre riflettere
sulle sue dinamiche e sulla pervasività di quelle dinamiche, capaci di naturalizzare ciò che è
soltanto costruito. L’intento primario della distinzione sex e gender è quello di uscire dalla
dalla prigionia rappresentata dalla differenza anatomica e dalla sfera strettamente sessuale per
affrontare il tema della differenza sessuale come costrutto culturale, prodotto in evoluzione di
Il binarismo non è tuttavia l’unico responsabile, occorre tener conto del fatto che il
concetto di natura varia con il variare dei tempi e dei luoghi, nel senso che c’è sempre una
cultura che pretende di decidere che cosa sia la natura. L’essere umano attribuisce dei
37
Beauvoir S. de, Il secondo sesso, Milano, il Saggiatore, 2008, (1949).
38
Butler J., La disfatta del genere, a cura di Guaraldo Olivia, Roma, Meltemi, 2006.
significati, è l’inventore del concetto di natura. In natura non esiste il concetto di natura. La
natura è cultura. Pertanto l’umiltà di un approccio anche antropologico al tema, può essere un
Altrettanto antica e aperta la disputa filosofica su che cosa si debba intendere per “legge
di natura”. Qualcuno direbbe che il fondamento della legge naturale sia l’intuizione.
quanto evidenza è assunta a criterio di verità. In tal maniera si produce un sistema arbitrario e
e autoritarismo. Ciò che è stabilito essere naturale non è discutibile, non è negoziabile, non è
suscettibile di cambiamento. Ancora oggi non sono pochi coloro i quali invocano la legge di
natura per discriminare le omosessualità e non solo mostrano di non aver compreso il
l’omosessualità come una pratica contro natura, ma con prevedibile ingenuità associano
naturale a buono e innaturale a cattivo. Ci sono, inoltre, ulteriori inferenze o pseudo inferenze
l’omosessualità non ha finalità riproduttive e quindi 2), se tutti fossero omosessuali la specie
presente in natura vale a dire non praticata nel mondo animale, tema questo del quale ho già
sinteticamente trattato nelle pagine iniziali del mio lavoro 39. Dei tre argomenti sopra indicati il
più forte è quello secondo il quale l’omosessualità non ha gli stessi diritti dell’eterosessualità in
di senso ed è equivalente a quello “se tutti fossero preti o suore cattolici”. Marzio Barbagli,
sociologo, a proposito del primo argomento, durante un’intervista dichiara che “il tabù del
cattolicesimo nei confronti degli omosessuali è la pratica sessuale a fini non riproduttivi”. 40 Si
39
ad ulteriore supporto Bruce Bagemihl sostiene che comportamenti omosessuali sono stati documentati in
circa 450 specie di insetti, uccelli e mammiferi.
40
Il Manifesto 1° marzo 2007.
tratta di una morale sessuale che si è costituita duemila anni fa, in un contesto sociale in cui i
tassi di mortalità erano molto elevati e la fecondità non poteva non essere un valore. L’attuale
procreazione è molto diffusa e accolta anche nell’ambito delle coppie eterosessuali. Certo non
si può negare che nell’ambito della coppia omosessuale la separazione tra sessualità e
l’etica sessuale della Chiesa, un’etica le cui fondamenta saldamente ancorate, per dirla con le
parole dell’antropologo F. Remotti, “rocciosa” 41, esclude qualsiasi dinamismo. Tuttavia anche
allineate, ciò non esclude e non riduce il desiderio di avere dei figli, il diritto di realizzarlo e di
vivere liberamente la propria sessualità 42.Non è utile, a questo punto, una parentesi all’interno
della quale trattare in sintesi il tema inerente la complessa e, perché no, ambigua relazione che
caratterizza i termini “sesso” e “sessualità”? Oserei dire che la coppia rifletta la complessità e
ambiguità che intercorre tra natura e cultura, tra secondo natura e contro natura.
La parola “sesso” indica niente altro che l’appartenenza. L’appartenenza a cosa? Molti
binarismo, ripropone le classificazioni dicotomiche. Siamo proprio certi che esistano solo due
sessi? Il maschio e la femmina? Se così fosse dovremmo essere in grado di distinguere il sesso
maschile da quello femminile, essere in grado di descrivere quali sono i tratti peculiari riferibili
al sesso femminile e quali al sesso maschile. Sotto il profilo biologico forse la distinzione si
può tracciare. Sei maschio se hai il pene, sei femmina se hai la vagina. Sono organi riproduttivi
e sappiamo a cosa servono. Eppure la questione non è così semplice e c’è poco di scontato
41
Cfr. Remotti F., Contro natura. Una lettera al Papa, Bari, Laterza, 2008, pp. 11-18.
42
Cfr., Nussbaum M., Disgusto e umanità. L’orientamento sessuale di fronte alla legge, Milano, il Saggiatore,
2011. Il testo, come non a torto suggerisce S. Rodotà, andrebbe proposto quale lettura indispensabile non
solo per rimuovere efficacemente pregiudizi e preconcetti, ma anche per promuovere un’autentica e sana
consapevolezza su temi, in Italia scottanti quali il diritto per le coppie gay al matrimonio, all’adozione e il
diritto di avere figli.
distintivo del genere umano, elemento strutturalmente costitutivo del nostro essere al mondo. Il
linguaggio non ha solo mera funzione descrittiva, pertanto lungi dal limitarsi a descrivere come
sono le cose. Il linguaggio narra, il linguaggio crea reti di significati, contribuisce a costruire
l’immaginario. Difficile dunque che il linguaggio possa limitarsi a descrivere e definire due
essenze, l’essenza del maschile e l’essenza del femminile. La parola “sesso” è parola
estremamente ambigua che non si limita a dire l’appartenenza. Pur volendo accogliere che il
termine indichi niente altro che l’appartenenza, occorrerebbe porre che esistano solo due sessi
e che tale distinzione non sia solamente il frutto della nostra inclinazione a caratterizzare. Mi
chiedo tuttavia come si faccia ad usare termini e al contempo prescindere dal fatto che i termini
nello specifico il linguaggio afferente la dimensione del sesso e della sessualità con grande
consapevolezza? Intanto nel corso della mia tematizzazione ho aggiunto al termine “sesso” che
ha inaugurato questa parentesi, un termine ulteriore “sessualità” che rende la questione ancor
più complessa. Non di rado sento espressioni del tipo “quella donna mi fa sesso”, “quell’uomo
indicare, essenzialmente, la dimensione fisica del fare sesso escludendo, ed anche in modo
piuttosto consapevole, la reciprocità e l’amore. Che il far sesso possa escludere in maniera più
o meno categorica l’amore, non significa che esclude, in maniera altrettanto categorica, la
dimensione relazionale della reciprocità. Rimane tuttavia che il termine “sessualità” coinvolge
la persona nella sua interezza. Posso dire il sesso di un animale non umano ma non posso dire
la sessualità del medesimo dal momento che quando a questo mi riferisco, ne indico
linguaggio e sessualità dal momento che il linguaggio riflette il modo di vivere di chi lo
utilizza, pertanto l’utilizzo oculato e consapevole del linguaggio consente di vivere nel modo
dalle neuroscienze e che i termini uomo/donna che alla prima coppia vengono fatti,
erroneamente, corrispondere, fossero elaborati dalla filosofia dal momento che indicano
l’appartenenza al genere e quindi sono prodotti culturali e sociali che non hanno alcunché di
propria individualità, riflettono una modulazione, una variabilità tali da escludere la possibilità
di costringerle in categorie precostituite a meno di non accogliere come scontati, a meno di non
devono riconoscersi. Chi di noi non ha mai usato, almeno una volta nella vita, espressioni del
tipo “fai l’uomo”, “fai la donna” che sottintendono “sii forte”, “ragiona” e per la donna “sii
accondiscendente”, “accogliente”, “comprensiva”, dal che si deduce che se una donna utilizza
la facoltà raziocinante di cui pure sembrerebbe dotata, eccellendo in campi come l’ingegneria,
incline a mansioni di cura, sensibile, particolarmente altruista, molti direbbero dell’una che è
mascolina, dell’altro che è femminile, generandosi in tal maniera atteggiamenti, modi di fare
uomo/donna è decisamente riduttiva, scarsamente narrante. È uno di quei temi cruciali sui
quali è opportuno avviare una riflessione critica profonda che serva a rimuovere il pregiudizio
collegato alle categorie di secondo natura e contro natura applicate al sesso e alla dimensione
della sessualità. Certo pensare alla rimozione della distinzione di genere, proprio come nel
tempo sono stati rimossi tanti pregiudizi, è impresa titanica, nonostante le conquiste realizzate
nell’ultimo trentennio grazie agli studi che sono stati condotti, molti dei quali non ancora
conclusi, nel campo dei gender studies, queer theories e nel campo della filosofia delle donne,
o femministe o filosofie femminili. Queste riflessioni critiche non intendono uccidere le
differenze, piuttosto rimuovere immagini stereotipanti che proprio quelle differenze uccidono.
Devo ammettere che le categorie di sesso e genere sono poco credibili e al contempo la
divisione biologica in due soli sessi e quella socioculturale in due soli generi è teoreticamente
collocazione in quello che considera un disegno intelligente. Non che non si tratti di un
“disegno intelligente”. Quel che non funzione nella lettura creazionista è lo schema binario
Nella lettera intitolata “ Cura pastorale delle persone omosessuali”, nel 1986 l’allora
come si evince anche dal Catechismo della Chiesa Cattolica, Parte III pp. 2358-2359:
propongo, di seguito, l’articolo che F. Porta ha pubblicato sulla rivista Vanity Fair il 20
settembre 2013, articolo ricco di spunti di riflessione dal quale emergono complessità
l’accoglimento, l’inclusione, che direi scontati e indubitabili, altra storia è la morale sessuale
«L'ingerenza spirituale nella vita personale non è possibile». È una svolta storica. Per la
prima volta nella storia, un Pontefice afferma che la Chiesa non ha il diritto di giudicare le
scelte personali dei fedeli. Papa Francesco ne è convinto e lo ha dichiarato a gran voce
nell'intervista concessa a padre Antonio Spadaro, direttore del giornale gesuita Civiltà
Cattolica:
È la prima volta, dalla sua elezione, che Papa Francesco parla di temi come l'aborto o il
divorzio. La sua è stata una scelta, non una distrazione. «Non ho parlato molto di queste cose,
«Ma quando se ne parla, bisogna parlarne in un contesto. Il parere della Chiesa, del resto, lo
si conosce, ed io sono figlio della Chiesa, ma non è necessario parlarne in continuazione. Non
possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei
metodi contraccettivi». Molti cristiani, da tempo, attendevano parole come queste. Come, del
resto, molte donne (religiose e non) aspettavano la dichiarazione rilasciata dal Pontefice sul
ruolo delle donne nella Chiesa: «Bisogna lavorare di più per fare una profonda teologia della
donna», ha detto il Papa. «Il genio femminile è necessario nei luoghi in cui si prendono le
decisioni importanti. La sfida oggi è proprio questa: riflettere sul posto specifico della donna
anche proprio lì dove si esercita l'autorità della Chiesa».
La Chiesa Cattolica sembra davvero essere arrivata a un punto di svolta. Un punto che ha come
«Chi oggi cerca sempre soluzioni disciplinari, chi tende in maniera esagerata alla sicurezza
dottrinale, chi cerca ostinatamente di recuperare il passato perduto, ha una visione statica e
involutiva. E in questo modo la fede diventa un’ideologia tra le tante. Io ho una certezza
dogmatica: Dio è nella vita di ogni persona».
alterano minimamente il Catechismo (“io sono figlio della Chiesa”, “io ho detto ciò che dice il
Decisamente più innovativa la posizione assunta dal Cardinale Carlo Maria Martini:
“Io ritengo che la famiglia vada difesa perché è veramente quella che sostiene la società in
maniera stabile e permanente e per il ruolo fondamentale che esercita nell’educazione dei figli.
Però non è male, in luogo di rapporti omosessuali occasionali, che due persone abbiano una
certa stabilità e quindi in questo senso lo Stato potrebbe anche favorirli. Non condivido le
posizioni di chi, nella Chiesa, se la prende con le unioni civili sostengo il matrimonio
tradizionale con tutti i suoi valori e sono convinto che non vada messo in discussione. Se poi
alcune persone di sesso diverso o dello stesso sesso, ambiscono a formare un patto per dare una
certa stabilità alla loro coppia, perché vogliamo assolutamente che non sia?” (Intervista resa al
Corriere della Sera 23 Marzo 2012).
Ancora più incisiva la risposta che Don Ciotti scrisse in occasione dell’appello per il
Riporto, inoltre il contenuto della lettera recentissima che il sacerdote campano, parroco
dell’Irpinia, ha scritto e pubblicato 43, affinché fosse compreso il senso della sua decisione di
benedire le fedi di Beatrice, all’anagrafe Pino, meccanico di Roma che ama indossare tacchi a
spillo e minigonne e Marianna, l’amore della sua vita. Don Giuseppe ha maturato la sua
decisione dopo aver visto il film che racconta di un amore non convenzionale e dopo aver
scaturita dalle polemiche che la sua decisione ha suscitato, lo scandalo cui molti hanno urlato,
43
http://parmeggiani.blogautore.repubblica.it/2014/09/le-nozze-del-meccanico-con-i-tacchi--a-spillo-
anche-gesu-avrebbe-benedetto--questamore/?ref=.
non avendo compreso il significato profondo di quella storia d’amore e quale insegnamento
Sin da giovanissimo ho cercato di ispirare la mia vita al Vangelo. Tra le cose che più mi
hanno stupito della vita di Gesù era la sua libertà di cuore. Quel Rabbì non indugiava a fare
discorsi aulici con gli scribi e i dottori della legge. Né tantomeno andava a braccetto con le
persone per bene che all’epoca si chiamavano farisei. Quel Rabbì frequentava pubblicani (cioè
pubblici peccatori, l’equivalente dei divorziati ai nostri giorni), prostitute e reietti. Li accettava
per quello che erano e dimostrava loro amore. Quel Gesù li amava anche se erano truffatori o
farabutti e sapeva bene che prima o poi lo avrebbero tradito. Gesù era disposto a dare la vita
per quei poco di buono. Mi sono sempre chiesto: se Gesù si fosse incarnato oggi, chi avrebbe
frequentato? Dove lo avremmo trovato?
Mi piace pensare che Gesù oggi avrebbe preferito vivere alle periferie della nostra società
“dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi”. Penso che Gesù frequenterebbe tossici e
barboni, anzi li andrebbe a cercare, andrebbe di notte sulla Palmiro Togliatti a cercare qualcuno
da perdonare e da togliere dai guai. Sono certo che moltiplicherebbe il pane su un barcone alla
deriva e trasformerebbe l’acqua in benzina per l’operaio cassaintegrato.
Quando ho visto il film “Fuoristrada” mi sono chiesto: cosa ne penserebbe Gesù? Ebbene io
credo che Gesù avrebbe benedetto Beatrice/Pino e Marianna e si sarebbe fermato a casa loro
per il pranzo. E molti farisei della nostra epoca si sarebbero scandalizzati.
Ecco perché ho deciso di benedire le loro fedi. Mi ha ispirato in questa scelta unicamente il
Vangelo, né bandiere arcobaleno, né ideologie, né moti rivoluzionari.
Mi auguro però che questa discussa scelta non si trasformi nello sterile simbolo di una lotta
ideologica ma generi l’occasione per discutere serenamente su come imparare a conoscere e
rispettare la diversità che compone la nostra società, sempre più globalizzata e dalle identità
sfumate. Chi fomenta le strumentalizzazioni ideologiche, politiche e religiose intorno a questi
temi, non sempre tiene conto che, oltre gli argomenti, ci sono delle persone in carne ed ossa
che ogni giorno fanno l’esperienza dell’emarginazione.
Sono convinto che l’amore tra uomo e donna sia l’immagine di Dio per eccellenza, perché è
un amore capace di generare vita. In tal senso la Chiesa lo riconosce come Sacramento (segno
della Grazia di Dio).
Ma per chi non si riconoscesse né maschio né femmina? Per chi a causa della sua natura o
della sua storia si identificasse uomo in un corpo di donna oppure semplicemente attratto dalle
persone uguali a lui/lei?
Per questo genere o “gender”, come si dice adesso, Dio non può aver pensato ad una vita di
solitudine! Lo dice il libro della Genesi “non è bene che l’uomo sia solo, gli farò un aiuto che
gli sia simile” (Gn 2,18).
Quelli che ai tempi di Gesù si chiamavano eunuchi facevano parte della comunità cristiana
e stranamente, duemila anni fa, non creavano scandalo.
Oggi però viviamo in una giungla di relazioni frammentate che si snodano tra spazi reali,
socialmediali e virtuali. Questo orizzonte relazionale liquido, non solo minaccia la stabilità
della famiglia, ma conduce l’uomo postmoderno ad aver dimenticato cosa significa amare.
Tutti celebriamo il quotidiano culto dell’individuo senza più scandalizzarci delle guerre, della
fame, dell’ingiustizia. Nella nostra epoca è difficile imparare ad amare, e quando l’amore
germoglia nella vita di due persone, Dio rinnova la sua presenza nel mondo.
La storia di Beatrice/Pino e Marianna mi ha insegnato che il rispetto e la tolleranza sono la
prima forma di amore per il prossimo, ma mi ha anche fatto capire che l’Amore di Dio non ha
confini, è capace di arrivare ovunque.
Giuseppe Cestone Sacerdote
Per il sacerdote, che ha conosciuto Beatrice e Marianna, non è rilevante che Beatrice
all’anagrafe si chiami Giuseppe Della Pelle e che di lavoro faccia il meccanico, che si tinga le
labbra e le unghie di rosso che porti i capelli biondi tagliati poco sopra le spalle, che si vesta da
donna e che ami un’altra donna. E’ evidente che quel che ha colpito Don Giuseppe, quel che
l’ha indotto a voler benedire quell’unione è stata l’autenticità del loro amore 44. E quel che
rimane nella mente e nel cuore degli spettatori di “Fuoristrada” è la storia di una famiglia come
tante “normale” molti direbbero, la storia di una coppia, con le sue effusioni, i suoi conflitti, i
suoi dolori, le difficoltà di crescere un figlio, dal momento che Pino ha adottato il figlio di
Marianna. Quel che si vede sullo schermo è la vita, la sua quotidianità e la sua capacità di
sorprendere e di sorprenderci.
differenti e talora antitetiche di classificare le persone a partire dal loro orientamento sessuale.
Si è tentati di credere che tutto graviti nell’orbita della differenza biologica maschio/femmina e
44
La loro vita è raccontata in un film recentissimo dal titolo “Fuoristrada”, un film indipendente, girato con
pochissime risorse dalla regista Elisa Amoruso, film che non ha usufruito dei contributi pubblici, presentato
al Festival di Roma e nelle sale grazie all’Istituto Luce Cinecittà. Vi è raccontata la vita di Pino, il suo primo
matrimonio, il rapporto conflittuale con la figlia, l’urgenza di vestirsi da donna, il timore di essere giudicato e
quindi disprezzato. Pino racconta alcuni dei momenti più difficili della sua vita quando la notte andava sulla
strada a cercare i travestiti, per parlare con loro. Li sentiva vicini. Al mattino tornava ad essere quello che
tutti si attendevano o pretendevano di vedere. Sfilava le calze a rete, riponeva in un angolo le scarpe con il
tacco a spillo, si struccava e indossava la tuta da meccanico. Non avrebbe potuto resistere a lungo alla
violenza di un corpo diviso tra due identità. Non ha abbandonato il suo lavoro, continua a fare il meccanico
perché la passione per i motori è una passione autentica ed altrettanto autentico l’amore che nutre nei
confronti di Arianna che lo ha accolto nel sua vita per quello che è, accogliendone e condividendone il
percorso di transizione e tutte le difficoltà che questo comporta.
della differenza di genere uomo/donna. La problematicità del tema è proprio in questo
ahimè, troppo spesso, dato per scontato. E’ quella etero/omo una distinzione essenzialmente
devianza quindi il secondo natura e il contro natura? Si tratta di espressioni culturali cui
modulabili nelle diverse parti del mondo e nelle diverse epoche e sempre sono oggetto di
condizionare e talora costruire la realtà. Tenterò di fare chiarezza. I termini etero e omo hanno
valutare e dare socialmente forma ai desideri e ai legami che a quei termini sono agganciati.
Non esistono gli omosessuali e gli eterosessuali, i termini indicano, piuttosto, modi
categorizzazione45. E quindi non esistevano gli omosessuali e gli eterosessuali fino a che non
sono stati inventati46. Il riflettere sulle componenti semantiche del termine omosessualità,
derivato da un prefisso greco e da una radice latina, per quanto possa essere di aiuto non
consente di andare oltre i limiti di una visione binaria. Ed è uno dei motivi per i quali i termini
continuano a suscitare numerose perplessità e gli esperti del settore non a torto, pur
45
Le categorie sono elementi costruttivi mediante i quali gli oggetti del mondo vengono raggruppati sulla
base di attributi condivisi.
46
Questa la tesi in Graglia M., Omofobia. Strumenti di analisi ed intervento, Roma, Carocci, 2012.
meglio”47. Ma Propongo un passo indietro affinché il senso del termine “invenzione” riferito ai
termini utilizzati per dire l’orientamento sessuale possa essere più chiaro. La persona non può
essere ridotta soltanto a una “macchina biologica” che in quanto “macchina” possa e debba
medico, è prima di tutto “qualcosa per qualcuno” nel senso che non può mai essere disgiunta
dai significati che le persone attribuiscono alle loro esperienze. La sessualità si caratterizza per
il suo coinvolgimento di natura emotiva, psichica e affettiva. Un punto di partenza questo che
rende, in effetti, la questione ancor più complessa, tuttavia consente di costituire quella fluidità
prospettica indispensabile perché si possa accedere alla costruzione di un approccio che, come
Quanto le figure della norma e normalità decidono della presunta normalità e della
presunta devianza della sessualità determinando il fatto che quel che i termini eterosessualità e
omosessualità si-gnificano, sono un’invenzione, su questo punto possono tornare utili alcune
indicazioni di carattere giuridico, filosofico e non solo, intorno ai concetti di normatività del
simboliche che intorno alla sessualità e ai suoi orientamenti si sono costituite. Norberto Bobbio
alla voce Norma giuridica così delinea il rapporto tra la categoria della normatività giuridica e
Del significato comune di “norma”, come del resto di “regola”, sono elementi caratteristici,
rispetto alla funzione, il fine “prescrittivo” (donde viene l’aggettivo “normativo”); rispetto al
contenuto, la tipicità del comportamento (donde viene l’aggettivo “normale”). Una norma è, si
potrebbe dire, una proposizione normativa che tende a riconoscere e stabilire un
comportamento normale: il carattere della normatività riguarda il fine, quello della normalità il
risultato48.
Il filosofo, pur distinguendo tra “normativo” (che riguarda il fine della norma) e
“normale” (che riguarda il risultato della norma), pone in evidenza la correlazione tra la
47
Cfr. Lingiardi V., cit. p. 28.
48
Bobbio N., Contributi ad un dizionario giuridico, Torino, Giappichelli, 1994, p.215.
categoria del “normale” e quella del “normativo”, nel senso che ogni norma giuridica “tende a
presupponga una normalità a essa preesistente e tale da fondare la norma stessa: la normatività
del normale. Alla stessa maniera la norma pone le condizioni di normalità, normalizzando i
comportamenti dei destinatari, quindi la normalità del normativo. Ai fini della mia de-
costruzione ritengo indispensabile una riflessione sulla connessione tra la normatività giuridica
normalità. Tale oscillazione si comprende passando attraverso i seguenti due autori: C. Schmitt
e M. Foucault.
L’etimologia di “normale” deriva dal termine “norma” che in latino designa la squadra: è
normale ciò che è allineato, squadrato che non pende né a destra né a sinistra. Dall’etimologia
originaria del termine derivano interessanti variazioni semantiche: è normale ciò che è come
deve essere; è normale ciò che si verifica nella maggior parte dei casi, ciò che è statisticamente
all’espressione “così fan tutti”, inferenza questa teoreticamente insostenibile. Quel che si
scivolamento dal piano dei fatti alla superfice dei valori. E in effetti riprendendo la celebre tesi
Ethica, sono individuati due sensi del termine “normale”: un senso descrittivo e un senso
prescrittivo50. Nel primo senso “normale” indica ciò che corrisponde alla media; è il risultato di
storico-sociale. In tal senso “normale” ha un valore descrittivo. Nel secondo caso “normale”
indica ciò che è conforme a uno standard; esprime l’insieme di quei comportamenti individuali
49
Cfr. Lalande A., Vocabulaire technique et critique de la philosophie, Paris, Presses Universitaires de France,
1962, pp. 688-689.
50
Cfr. Moore G.E., Principia Ethica, Cambridge, University Press, 1959, (1903), in particolare I e III cap.
dell’opera. Per quanto concerne la relazione dei termini “bene” e “bontà” con altri concetti cruciali
dell’etica pratica come “obbligo” e “dovere” cfr. Id., Ethics, 1912, trad. it. a cura di Predaval Magrini M.V.
Milano, Franco Angeli, 1982.
e sociali che qualificano una persona come “normale”. Si tratta di modelli ideali di
comportamento che devono essere rispettati perché si possa appartenere alla classe delle
Schmitt: nel primo caso – normale in senso descrittivo – la normalità, intesa come regolarità
giuridico. Nel secondo caso – normale in senso prescrittivo – è proprio il concetto forte di
Non esiste nessuna norma che sia applicabile a un caos. Prima deve essere stabilito
l’ordine: solo allora ha un senso l’ordinamento giuridico. Bisogna creare una situazione
normale, e sovrano è colui che decide in modo definitivo se questo stato di normalità regna
davvero52.
Si verifica dunque uno “stato di normalità” quando rispetto a una determinata comunità
sociale si configura una situazione media che possa dirsi omogenea attraverso il
Lo “stato di normalità” esige un ordine sociale capace di esprimere una media statisticamente
riflettere pare prevalga il primo senso, quello descrittivo. Accanto al concetto di “situazione
normale”, il filosofo tedesco introduce il concetto di “uomo normale” il tal caso considera non
prodotte dal legislatore sono solo espressione e conseguenza delle forme di “normalità”che si
51
Cfr. Kneale W.C., Le normal et le normatif, in «Archives de philosophie», 32, 1969, p. 548. Anche qui è
tuttavia sottolineata l’ambiguità del termine “normale” e le connessioni tra senso descrittivo e senso
prescrittivo.
52
Cfr. Schmitt C., le categorie del politico, Miglio G. e Schiera P. (a cura di), Bologna, Il Mulino, 1972, p. 39.
Radicalmente opposta la posizione teoretica di M. Foucault 53. Tutte le fasi del suo
pensiero sono attraversate dal tema della “normalità”. Direi che le posizioni antitetiche di
Schmitt e Foucault segnano una sorta di discrimen, costituiscono lo strumento che consente un
fraintendimenti, di rivedere le idee intorno a quel che è considerato contro natura e secondo
dispositivo della sessualità, strumento di potere, da non confondersi con il sesso. Direi che il
punto di partenza è costituito dalla prospettiva invertita per cui la dimensione della normalità
come mero fatto appare interamente assorbita dalla dimensione della normalità come risultato
e pertanto nient’altro che la determinazione di un potere. In natura non esiste una normalità,
dal momento che per l’epistemologo francese la normalità è comunque e sempre il prodotto di
che Foucault chiama “dispositivi”, intrecci di saperi e poteri, reti fittissime che strutturano
53
I temi di “norma” e “normalità” sono trattati nei volumi che Foucault M. ha dedicato alla nascita dei
meccanismi penali, Surveiller et punir. Naissance de la prison, 1975, in Histoire de la sexualité, 1976-1984 -
La volontà di sapere Vol. 1, 1976 e nelle trascrizioni di alcuni dei corsi che il filosofo ha tenuto al Collége de
France in particolare Il faut défendre la société, 1976; Sécurité, territoire, population, 1977-1978; e
Naissance de la biopolitique, 1978-1979.
l’orizzonte di possibilità per la produzione di nuove positività e di nuove costruzioni teoriche 54.
all’interno di un contesto normativo che ne ridisegna il significato tenendo conto dello sguardo
di chi osserva e si pronuncia su quel determinato fatto. Il “normale” e quel che si configura
come “normalità”, per quanta forza normativa possa avere, è pur sempre un giudizio. In natura
non c’è alcuna “normalità” e quindi non c’è alcuna “anormalità” e il concetto stesso di
La norma non si definisce affatto nei termini di una legge naturale , ma a seconda del ruolo
disciplinare e coercitivo che è capace di esercitare negli ambiti cui si rivolge. La norma, di
conseguenza, è portatrice di una pretesa di potere. La norma non è un principio di
intellegibilità; è un elemento a partire dal quale un determinato esercizio del potere si trova
fondato e legittimato. […]. La norma porta con sé, al tempo stesso, un principio di
designazione e un principio di correzione. La norma non ha per funzione quella di escludere, di
respingere. Al contrario, essa è sempre legata a una tecnica positiva di intervento e di
trasformazione, a una sorta di progetto normativo56.
Non c’è legge naturale che possa fondare la norma, anzi è la “natura” a essere “creata”
54
A tal proposito si tenne nel 1971 un dibattito tra Noam Chomsky e Michel Foucault dal titolo Della natura
umana. Invariante biologico e potere politico, dal quale emerge quanto ogni espressione della natura
umana sia il risultato dell’applicazione di determinate forme di potere e tecniche normative e disciplinari.
Per quanto concerne il tema rivoluzionario di dispositivo e la sua definizione, cfr. Deleuze G., Qu’est-ce
qu’undispositif?, in Foucault M., J. Milner C., Veyne P., Michel Foucault philosophe. Rencontre
internazionale. Paris 9,10,11 janvier 1988, pp.186-193.
55
Foucault M., Sorvegliare e punire. Nascita della prigione, Torino, Enaudi, 1993, p. 211.
56
Foucault M., Gli anormali. Corso al Collège de France (1974-1975), Milano, Feltrinelli, 2000, pp.52-53.
Non può, a questo punto, mancare una riflessione critica su quel che è l’antitesi del
normale, il patologico. Nel caso della norma, quale principio di normalità e sostanza della
“patologico” era stato de-costruito e riproposto in maniera innovativa dal suo maestro Georges
essenziali di una concezione del normale e del patologico diffusasi a partire dal XIX secolo che
avrebbe sostituito in modo definitivo le teorie fino ad allora dominanti in base alle quali il
patologico differisce dal normale per componenti squisitamente qualitative, per la presenza o
di continuità tra i due stadi della materia vivente, ma per postulare l’omogeneità di due
criterio che consenta di identificare “almeno la natura di uno dei due, oppure una natura
delle misure in base alle quali determinare la continuità. In altri termine definire l’anormale
mediante il troppo o il troppo poco significa attribuire un carattere normativo allo stato
“normale”58. C’è in effetti una insormontabile difficoltà di carattere logico, in quanto non è
possibile tradurre in termini quantitativi la nozione di normale in quanto stabilire una misura
La patologia, sia essa anatomica o fisiologica, analizza per conoscere meglio, ma essa non
può considerarsi patologia, vale a dire studio dei meccanismi della malattia, se non in quanto
57
Ganguilhem G., il normale e il patologico, Torino, Enaudi, 1998, (1966), p. 18.
58
Ivi. P. 32.
riceve dalla clinica la nozione di malattia, la cui origine va ricercata nell’esperienza che gli
uomini realizzano dei rapporti con l’ambiente59 in altri termini non vi è niente nella scienza che
A valle del discorso scientifico sulla malattia c’è l’esperienza di una sofferenza. Lo stato
patologico non può essere ridotto alla diversità quantitativa, è piuttosto un’esperienza, un
vissuto prescientifico che per molti aspetti sfugge alla possibilità di essere inquadrato secondo
i criteri del sapere positivo. Date queste acquisizioni, in che misura è quindi possibile o
A dire il vero G. Ganguilhem a tali quesiti una risposta, direi indiretta tuttavia efficace e non
conclusiva, la fornisce quando sostiene che il vivente non può essere studiato come fosse un
intesa come capacità di ricercare e preservare l’equilibrio attraverso la strutturazione e/o la ri-
che la vita è attività creatrice, che non è possibile fissare le regole di un invariante biologico e
che occorre introdurre la storia nella vita. Il concetto di patologia non è svuotato della sua
sostanza ontologica, tuttavia radicalmente rielaborato, “la malattia non è soltanto scomparsa
normale nella misura in cui la sua normatività sia intesa quale capacità sempre nuova di mutare
le norme.
Il concetto di etero normatività 62 utilizza come nucleo fondante quello che Foucault, nella
sua ultima opera pubblicata nel 1976, Storia della sessualità, chiama “regime della verità”,
59
Ivi. P. 63.
60
Ivi. P. 66.
61
Ivi. P. 158.
62
Il concetto di eteronormatività è autorevolmente descritto da Warner M., Fear of a Queer Planet: Queer
politics and Social Theory, Minneapolis, London, University of Minnesota Press, 1993, pp.7-31.
complesso strutturato di regimi discorsivi che nelle interazioni della vita quotidiana costruisce
senso che si presume che ogni individuo sia eterosessuale e la conseguente problematizzazione
di un sistema di potere che crea per distruggere dal momento che la visibilità delle persone il
cui orientamento sessuale non sia categorizzato come etero normato, è problematizzata, in altri
termini, si presume che quelle persone siano anormali, innaturali. Molti direbbero “diverse”. Il
termine “diversità”, per effetto di quei processi di categorizzazione, diviene termine assai
modo sostanziale, a ciascun individuo, nel senso che non c’è un individuo uguale all’altro, ma
nella misura in cui è utilizzato come concetto, schema, categoria, si carica di significati che
generano discriminazioni e inducono ad esibire nei confronti delle persone categorizzate come
“diverse” comportamenti discriminatori. Ancora una volta il binarismo esibisce il suo lato
L’eterosessualità, che potrebbe dirsi l’equivalente dell’etero normatività, che accoglie tutti
i modi di essere e di comportarsi che possono dirsi secondo natura, designa il prototipo
dell’essere umano, pertanto l’etero-sessismo, che da essa discende, è stato designato e descritto
come processo di riconoscimento e concessione di privilegi agli eterosessuali che in quanto tali
considera femminile tutto ciò che non è maschile, attribuendovi il marchio della inadeguatezza.
63
Cfr. Butler J., Scambi di genere. Identità, sesso e desiderio, Milano, Sansoni, 2004.
Pertanto gli uomini sono indotti a non mostrare caratteristiche abitualmente associate a quella
che si ritiene essere la natura femminile, come esprimere la propria vulnerabilità, mostrare
emozioni di sofferenza, manifestare affetto e intimità. Espressioni del tipo “piagnucoli come
una femminuccia” “comportati da uomo duro” sono veicoli di valori che iniziano a
sedimentarsi sin dai primi giorni di vita se non prima, se si tiene conto che il processo di
plasmazione dell’umano inizia nel grembo materno. E non solo, l’omonegatività, che si
lato ostacola l’espressione dei sentimenti tra le persone, dall’altra rinforza il sessismo e la
svalutazione femminile.
Nel tentativo di accingermi a concludere il tema indicato nel titolo del paragrafo, oserei
trasversalmente attraversa le argomentazioni sopra esposte, sono arbitrarie, nel senso che non
esistono di per se, sono, altresì, un prodotto artificiale e l’arbitrarietà che le caratterizza, riflette
Foucault il quale nel primo volume (La volontà di sapere) della sua opera monumentale,
Storia della Sessualità, ha osservato che prima che la psichiatria venisse fondata nel
quanto il criterio che permetteva di distinguere l’identità degli individui non era fondato sul
sesso. Nei secoli precedenti chi commetteva atti contro natura veniva considerato peccatore o
reo in quanto si riteneva avesse trasgredito la legge divina o la legge umana. La natura
costituiva il discrimen, il criterio per distinguere ciò che era giusto da ciò che era sbagliato,
quindi gli atti o i comportamenti secondo natura o contro natura. I termini allora in uso quali
“sodomita”, tribade”, indicavano nient’altro che i comportamenti sessuali delle persone non le
discriminante l’aspetto psicologico; essi ritenevano che questi soggetti fossero caratterizzati da
pulsioni tipiche e che fossero cresciuti in ambiti familiari disfunzionali. Non s’intende fare del
pensiero del filosofo francese un vangelo tuttavia occorre riconoscergli il merito di averci
separazione tra sesso e sessualità, l’aver svelato il segreto della nostra epoca, erroneamente
creduta come epoca caratterizzata da una crescente repressione sessuale, quello di essere “una
estende la sua rete fino ai minimi movimenti del corpo, fino alle più piccole emozioni
dell’anima. Sono questi gli strumenti critici di pensiero che, opportunamente contestualizzati,
consentono, al termine dello scavo archeologico, di ripensare l’identità in termini di libertà, pur
nella consapevolezza della pervasività delle strategie di potere, o meglio, del dominio, da
quello nettamente distinto. Il potere, infatti, non è un male in sé, tuttavia reca in sé dei pericoli
in quanto può trasformarsi in dominio ed è quel che accade quando all’identità sessuale sono
atte a rendere invisibile l’identità medesima, ad esclusivo discapito della libertà di esprimersi, a
discapito del desiderio di essere se stessi, di amare ed essere amati. Essere sessualmente liberi
significa problematizzare il sesso in modo differente, ma non con la pretesa di estrarvi la verità
sul nostro essere, qualcosa cui siano riconducibili tutti gli aspetti della nostra personalità, bensì
con l’intento di estrarvi piacere. Essere sessualmente liberi significa costruire liberamente la
propria vita, perché non c’è un’identità sessuale determinata all’interno della quale iscrivere la
propria vita. Vivere liberamente la propria sessualità significa trarre piacere dalle nostre vite e
dai nostri corpi. A tal proposito, come non a torto suggerisce Foucault, che pur non esita ad
essere molto duro nei confronti dell’etica greca64 che in una intervista del 1983 definisce
“disgustosa”, l’antichità greca, ci suggerisce la possibilità di un’etica non fondata sul problema
dell’autenticità, della corrispondenza delle proprie azioni ad una identità data che va solo
Dall’idea che il sé non c’è dato penso che si possa trarre una sola conseguenza pratica: noi
L’etica greco-romana è un’etica della cura di sé. Prescrive di prendersi cura in modo
autonomo di sé stessi, di nutrirsi in modo salutare, di praticare sport, di praticare sesso in modo
che dia un sano piacere, di meditare sulle proprie azioni passate, in maniera tale da maturare in
futuro scelte più giuste65. Sono da ritenersi giuste le scelte che consentono al soggetto di
percepirsi come relativamente padrone di sé e quindi non sottomessi alla volontà degli altri,
alle aspettative della società, della famiglia , degli altri. La cura di sé, all’interno della quale
rientra anche e soprattutto la dimensione della sessualità, è fondata sulla relazione, esige la
relazione in quanto non è un impegno solitario ed egoistico, al contrario, coinvolge gli altri
64
Durante un’intervista del 1983 M. Foucault afferma: “l’etica greca del piacere è legata a una società virile,
alla dissimmetria, all’esclusione dell’altro, a un’ossessione della penetrazione, ad una specie di minaccia di
essere privati della propria energia. Tutto ciò è molto disgustoso” in altri termini il filosofo francese smonta
il mito di una Grecia antica dove l’omosessualità era pratica vissuta senza problemi ed addirittura esaltata. Il
fatto che molto si scrivesse sulla pederastia – sull’amore tra un uomo adulto e un ragazzo – al contrario è
dimostrazione di quanto essa costituisse un problema morale. La penetrazione era vissuta come un simbolo
dei rapporti sociali: solo le donne e gli schiavi dovevano essere penetrati, perché naturalmente sottomessi
agli uomini liberi. Se nella morale sessuale dell’Occidente moderno la partizione fondamentale è quella tra
identità maschile e identità femminile, nella morale greca classica, morale fondamentalmente rivolta agli
uomini liberi, la partizione era quella tra attività e passività nella penetrazione. Tuttavia da questa morale
maschilista e ossessionata dalla penetrazione, secondo Foucault, noi abbiamo qualcosa da imparare.
65
Un’ interpretazione del pensiero dell’ultimo M. Foucault è contenuta nella relazione presentata nel
dicembre 2000 al seminario sull’erotismo lesbico a Milano da Lorenzo Bernini del Gruppo di Liberazione
Omosessuale di Milano; Bernini L., Contro la liberazione sessuale per un libero uso dei piaceri, Milano, 2000,
disponibile al sito internet: http://www.ecn.org/reds/omosessuali/omo0101Foucault.html.
CAPITOLO QUARTO
Ho conosciuto Herb a sedici anni […] è stato il primo gay che ero consapevole di conoscere
[…]. facevamo coppia nella scena del ballo in My fair Lady […]. Mi presi una gran cotta per
Herb, semplicemente perché sembrava (ed era) molto più gentile della maggior parte degli altri
uomini in circolazione […]. Quando mi resi conto che era gay e conobbi il suo partner, che
veniva a trovarlo da New York, rimasi delusa, ma cominciai anche a riflettere. Pensai a quanto
fosse strano che la persona più piacevole di quell’ambiente dovesse vivere in una posizione di
quasi segretezza, almeno al di fuori del «piccolo mondo » del teatro […]. Sarebbe stato bello
se questi due uomini che si erano scambiati gli anelli con gli stemmi delle loro scuole in segno
di qualche tipo di impegno, potessero di fatto fare ciò che gli uomini eterosessuali intorno a
loro, per quanto egoisti, aggressivi o insensibili potevano fare ogni giorno. Così ci pensai a
lungo anche se io e Herb non ne parlammo mai, per rendermi conto in seguito che lui non
immaginava che sapessi che fosse gay. Nel 2008 dopo aver letto della sua carriera su Internet,
gli scrissi una lettera in cui gli dicevo che lo ricordavo con piacere e gli raccontavo un po’ del
mio lavoro, compreso quello sui diritti degli omosessuali. Lui rispose con una lettera molto
affettuosa e mi disse che era gay (confermando quindi l’idea che il processo di coming out, non
finisce mai, visto che in questo caso ci erano voluti 44 anni). Aveva lasciato il suo vecchio
partner da molti anni, mi disse, aveva avuto e tuttora aveva, una relazione seria e felice con
qualcun altro. Poiché vivono a New York, città che ha deciso di riconoscere le unioni
omosessuali legalmente contratte altrove, hanno ora l’opportunità che immaginavo nel 1964.
Non mi interessa più di tanto se la colgono o meno, questa è una questione profondamente
personale e io stessa ho sentimenti contrastanti in proposito […] ma mi interessa che abbiano la
stessa possibilità di altri. La politica dell’uguale rispetto già include quell’uguaglianza di diritti
fondamentali e opportunità. Per realizzarla, tuttavia, dobbiamo prima imparare a pensare l’uno
all’altro con simpatia e immaginazione, ed è per questo che abbiamo bisogno di qualcosa di più
ampio e profondo: la politica dell’umanità.66
66
Nussbaum M., Disgusto e Umanità, cit. p. 73.
“Eterosessualità” e “omosessualità”, “secondo natura” e “contro natura” sono modi
non esistevano fino a quando non sono stati inventati e paradossalmente è stata inventata una
invisibile.
A dire il vero già nelle pagine precedenti ho avvertito l’esigenza di un inciso che non
proprio linguaggio, i termini, le espressioni, i modi di dire e il modo di atteggiarsi del volto, ad
un controllo stringente per evitare di riproporre forme discriminatorie. Promuovere una siffatta
consapevolezza è per me l’impegno, o meglio, la fatica maggiore, una prova ulteriore di quanto
siano pervasivi i sistemi culturali. A tal proposito Margherita Graglia 67 in un saggio recente
propone una riflessione sul paradosso della campagna pubblicitaria di sensibilizzazione contro
l’omofobia del dipartimento delle Pari Opportunità promossa nel 2009: «nella vita certe
differenze non possono contare. Rifiuta l’omofobia». Ed è proprio su queste differenze che è
fondata la negazione del rispetto dell’identità, la negazione del riconoscimento di diritti che
incidono profondamente nella quotidianità delle persone ostacolando la piena realizzazione del
Confesso la mia propensione a ricercare l’origine dei termini che designano situazioni
vedere e toccar con mano, per capire di che materiali sono fatti gli oggetti.
Nel caso dell’omofobia si tratta di comprendere il contesto in cui il termine è nato, quali i
bisogni sociali che ne hanno determinato la nascita e se questi bisogni sono ancora espressi
come attuali.
67
Graglia M., Omofobia,cit., p.12.
Il termine “omofobia” è nato circa un secolo dopo l’invenzione del termine
Society and the Health Homosexual, pubblicato per la prima volta nel 1972 ed è la seguente:
«The fear expressed by heterosexuals of being in the presence of homosexuals and the loathing
Qualche anno dopo lo psicologo clinico statunitense John Gonsiorek, ritenne opportuno
distinguere l’omofobia che la persona gay o lesbica prova verso se stessa dalla categoria più
Il termine “omofobia” deriva dal greco homos (stesso, medesimo) e fobos (paura).
Letteralmente il termine significa “paura dello stesso” 69. A questo punto è opportuno fare un
passo indietro per esplorare l’origine del termine “omo-sessualità” a cui “omo-fobia” è
agganciato.
Omosessualità è un neologismo impuro composto dal greco Homos e dal latino sexus.
processo che mette in discussione proprio l’eterosessualità imposta come normativa. Il termine,
68
Gonsiorek J. C., Mental health issues of gay and lesbian adolescents, «Journal of Adolescent Health Care»,
1988,9, pp. 114-122.
69
Come si evince dal vasto studio sulla psicologia del sesso di Havelock Ellis, il termine omosessualità fu
usato per la prima volta dal poeta e letterato ungherese Karl Maria Benkert, nel 1869. Questi collaborò con
Gustave Jaeger alla stesura del libro La scoperta dell’anima, 1980, dove è esposta la teoria secondo la quale
l’attrazione sessuale ha un’origine olfattiva. Il libro ebbe un grande successo tra i medici dell’epoca e questo
contribuì alla diffusione del neologismo nell’ambiente medico. Secondo lo psichiatra americano Thomas
Szasz, (Cerimonial Chemistry, New York, Anchor Books, , 1974) l’invenzione del termine “omosessualità”
indica una transizione dallo stato religioso allo stato terapeutico e può essere contestualizzato nel più
ampio processo di medicalizzazione dei fenomeni sociali del diciannovesimo secolo. Fino alla metà del
novecento essere omosessuale era perlopiù una questione privata che raramente si intrecciava con la
dimensione pubblica e se ciò accadeva , le implicazioni erano di carattere giuridico. Tra omosessualità e
cittadinanza non vi era alcun rapporto e le persone omosessuali più che visibilità ricercavano la
clandestinità. Fiocchetto R., nel suo saggio L’amante celeste: la distruzione scientifica della lesbica, Milano, Il
dito e la Luna, 2003, ricostruisce in modo magistrale il processo che ha visto il lesbismo e l’omosessualità
passare da peccato a reato prima e patologia poi. L’etichetta di omosessualità è ancora oggi usata in modo
improprio nella sua accezione patologizzante e tende pertanto a segnalare la devianza e nel peggiore dei
casi la perversione.
infatti, richiama l’attenzione sul pregiudizio e lo stigma anti-omosessuale avviando un
riduttivo che l’avversione nei confronti di coloro che non rientrano nella categoria degli
“eteronormati” sia collegata esclusivamente alla paura dal momento che molte altre emozioni
aspetto che deve essere sottolineato: il fatto che il suffisso “fobia” non da conto di fattori di
carattere motivazionale come l’ignoranza sul tema dell’identità sessuale e non da conto
neppure del fatto di non essersi mai relazionati con persone omosessuali. Vorrei, a tal
proposito, riferire un’esperienza personale e, mi preme sottolineare, che non c’è alcuna
presunzione di generalizzare, solo fornire ai lettori della mia ricerca qualche indicazione su
come nel tempo si è evoluta la mia conoscenza e la mia sensibilità al tema trattato. Qualche
anno fa sull’incantevole scogliera “le fumarole” ad Ischia per la prima volta ho veduto
effusioni tra persone dello stesso sesso. Devo ammettere che mi imbarazzarono. Tengo a
sottolineare che sono persona schiva e tendo ad una grande riservatezza nell’espressione dei
sentimenti, tuttavia ero turbata. Ed altrettanto turbata fui quando mio marito mi propose la
specialistiche ma soprattutto la lettura del saggio di Martha Nussbaum, sono serviti a dare un
70
Ad ulteriore approfondimento del tema, Herek G. M., Beyond “homophobia”: thinking about sexual
stigma and prejudice in the twenty first century in «Sexuality &Research Social Policy», Journal NSRC, 2004,
fonte disponibile all’indirizzo: http://caliber.ucpress.net/doi/abs/10.1525/srsp.2004.1.2.6.
71
Cfr. Nussbaum M., Disgusto e umanità cit.. L’autrice per spiegare l’esclusione degli individui con
orientamenti omosessuali da altre minoranze cui sono stati poi garantiti i diritti civili , ricorre al concetto di
disgusto, quello che molti individui provano nei confronti delle pratiche omosessuali.
Il termine diviene ancora più pregnante se accompagnato all’aggettivo “interiorizzata”. In
irrazionalità che caratterizza la fobia: come si dovrebbe o come si vorrebbe essere e come
invece si è, vale a dire nutrire un’attrazione erotica o sentimentale nei confronti di persone
mutilante, in quanto suscita emozioni di vergogna, colpa, rabbia, disgusto nei confronti del sé
omosessuale, genera una dissonanza cognitiva in quanto l’individuo non riesce a far dialogare i
suoi desideri sessuali ed affettivi con le credenze apprese nel contesto sociale, stato questo che
dalla sua singolarità, come inadeguato e quindi indesiderabile, deviante, peccaminoso, malato,
sbagliato, difettoso. Il metro, il criterio di riferimento a partire dal quale è costruito lo stigma, è
l’eterocentrismo. Non aggiungo altro avendo già trattato il tema nelle pagine precedenti.
Le difficoltà rilevate nel termine “omofobia” hanno indotto alcuni studiosi a preferire il
“omonegatività”, meglio del termine “omofobia” si presti, data l’assenza della componente,
quale parte costituente della mascolinità in quanto l’uomo eterosessuale deriva l’immagine di
sé e la sua autostima dal percepirsi appartenente alla categoria degli uomini eterosessuali. Tale
C’è un fattore ulteriore che spiega il matrimonio felice tra genere maschile e
omonegatività: la gestione del potere, quindi uno status sociale più elevato che si traduce in
prerogative di genere indurrebbe gli uomini ad escludere l’accesso al sistema alle donne e ai
gay che a queste sono erroneamente associati in quanto percepiti come simili.
Non si può escludere che questo particolare pregiudizio abbia contribuito a generare il
peculiari che lo vincolavano stabilmente alle obiezioni religiose, quindi alla condanna morale,
tempo, genera fastidio, nella migliore delle situazioni, imbarazzo in numerosi spettatori
al loro orientamento. Superato il percepirsi come deviati, malati, difettosi, grazie agli studi
condotti che hanno contribuito a realizzare preziose ed irrinunciabili conquiste, non la visibilità
espressioni ricorrenti attraverso le quali si palesa una nuova è più subdola omonegatività sono:
“se le persone gay o lesbiche vogliono essere trattate come gli altri non devono ostentare la
loro sessualità”, “non ho pregiudizi contro i gay però…” e quel “però” significa tante, troppe
cose. Non possono pretendere di sposarsi, per quelli meno legati alla religione, possono anche
vivere insieme, si possono sposare ma non possono pretendere di essere genitori , di avere
figli. Sono restia ad ogni forma di ostentazione da cui possano scaturire forme di
esibizionismo, tuttavia mi preme sottolineare che l’orientamento sessuale in primo luogo non è
qualcosa che scegli ma è qualcosa che accade, in secondo luogo, è strutturalmente costitutiva
dell’ identità, pertanto non può essere relegata alla dimensione privata in quanto è dimensione
relazionale, pubblica che si concretizza nelle interazioni quotidiane. Ha a che fare con l’amare
e l’essere amati e l’amore esige una mente audace, creativa, incapace di mentire e di mentirsi.
tutte le azioni tese a contrastarla devono passare attraverso la promozione della visibilità delle
persone omosessuali. Per tornare alla recente campagna “rifiuta l’omofobia”. Non essere tu il
controverso sostenere che l’omofobia è una malattia dalla quale si può guarire, trattandosi,
presumibilmente di un fenomeno che ha complesse radici sociali e culturali a meno che non si
accolga della malattia un approccio antropologico a partire dal quale la malattia cessa di essere
trattata come un problema che coinvolge l’individuo in modo esclusivo. Mi sia concessa una
breve parentesi.
Quel che in “quel d’Occidente” si chiama malattia, appartiene alla categoria dei disordini
ai quali occorre porre rimedio. Essere in salute significa, da queste parti, l’essere salvo, integro
dell’individuo mentre è malato chi è male aptus, inadatto. In altri termini, la questione
natura/cultura, corpo anima che ricalca la partizione secondo natura/contro natura. 72 Le culture
inducono crisi conformi alle proprie categorie e la storicità della salute e della malattia si
direbbe essere un esempio eloquente della potenza con cui le culture plasmano i soggetti
attraverso un insieme di teorie tanto più potenti quanto più vissute come un dato di fatto
72
In ambito antropologico si distinguono due modalità della malattia: la malattia organica e la malattia
dell’anima. La malattia organica è un disordine fisico dell’uomo, un disordine del corpo cui si pone rimedio
con strumenti diversificati che possono essere meccanici, chimici, manipolatori e per questo ci si affida al
professionista esperto . Ci sono poi i disordini dell’anima, disturbi di difficile lavorazione per i quali ci si
affida allo psicologo. Presso culture altre i disordini sono distinti e organizzati in tutt’altri modi: malattie
naturali per le quali è richiesto l’intervento dell’erbalista e del conciaossa e malattie soprannaturali per la
cui soluzione è necessario l’intervento del guaritore iniziato al sacro, colui che è chiamato a vederci chiaro, a
svelare quali relazioni sono degenerate e a porci rimedio. Il guaritore deve ripristinare non la salute del
singolo che presenta sintomi di disordine ma quella del gruppo. Il gesto terapeutico è ingrediente
strutturalmente costitutivo dell’intero processo di ripristino dell’ordine alterato. Questo accade ovunque.
Anche nello scientifico Occidente i rimedi terapeutici hanno effetto in relazione all’autorevolezza di chi li
somministra e della fiducia che culturalmente si ripone nella loro efficacia.
naturale. Tali teorie si incarnano ancor prima di conoscerle, si respirano nell’aria culturale in
cui si cresce. Sono queste teorie, sesso, età, amico/nemico, puro/impuro, vita/morte,
quale siamo presi. Non c’è tuttavia alcunché di naturale in tali teorie, sono reversibili anche se
È anche alla luce di una prospettiva antropologica che intendo introdurre il tema del
disgusto, la pervasività del disgusto e come, nonostante il suo radicamento, sia possibile
disgusto? Perché sembrerebbe essere uno dei fattori scatenanti comportamenti omofobici (in
tal caso, data la visceralità dell’emozione del disgusto, ritengo che il termine omofobia sia più
efficace nel descrivere la natura del rifiuto). Il disgusto ha una forte componente cognitiva. 73
Quello che le persone trovano disgustoso dipende dall’idea che hanno dell’oggetto, non è
dunque soltanto un’avversione dei sensi e non coincide neppure con il senso del pericolo,
riguarda i confini del corpo. Alla base del disgusto c’è l’idea della contaminazione. La persona
che prova disgusto si sente come infettata come se quell’oggetto o quella persona si
introducesse nel suo sé e sente che tale penetrazione avviene senza che possa opporvi alcuna
resistenza. Solitamente a generare disgusto sono quelli che lo psicologo Rozin chiama oggetti
primari e tali oggetti sono: le feci, il sangue, l’urina, cadaveri, muco, carne in putrefazione,
umano profondo, quello di percepire se stessi come puri e gli altri come impuri. Il disgusto
momento che il rapporto sessuale implica uno scambio di sostanze corporee. È oltremodo
disgustosa l’idea o forse la fantasia che feci e sperma possano mescolarsi durante la
priva di fondamento reale. C’è tuttavia un’obiezione plausibile. Per quanto viscerale ed
ancestrale possa essere il disgusto, gli uomini gay non sono sempre stati oggetto di disgusto
per gli uomini eterosessuali; questa emozione è sopraggiunta in un tempo successivo (cfr. i
primi capitoli). Il disgusto sembrerebbe scatenato dalla presunta penetrabilità dell’uomo gay,
dal timore intimamente radicato che, quale predatore, possa contagiare tutto quel che tocca
presenza di uomini gay espressione del tipo “camminare rasente muro”, “faccia quel che vuole
purché non mi guardi e non mi tocchi”, “non inchinarti e non voltarti in presenza di un frocio”,
espressioni frequenti nelle caserme, negli spogliatoi. Si tratta di espressioni che sottintendono
il rischio di essere penetrati e quindi di essere “magicamente” contaminati. C’è anche un’altra
idea, altrettanto viscerale, che supporta l’emozione del disgusto, si tratta dello stereotipo del
ruolo di genere che induce l’uomo eterosessuale ad immaginare che a subire la contaminazione
dei fluidi corporei non sia lui ma un essere inferiore, la donna, dal momento che anche nel
strumenti di sopraffazione e di violenza omofoba nei confronti di coloro i quali non rientrano
negli standards indicati. Le leggi fondate sul disgusto tendono a sollecitare pulsioni ancestrali
di riprovazione e paura e non solo, mirano a generare concezioni alterate dell’identità del
piena e solidale immedesimazione nella condizione della persona omosessuale o qualsiasi altra
giuridico, che è l’ambito cui la filosofa dedica una peculiare ed espertissima attenzione,
l’attitudine all’umanità rende realizzabili politiche inclusive che ampliano spazi di libertà e
autodeterminazione nel rispetto di una autentica uguale libertà e non solo dichiarata ma
l’empatia sono la struttura portante di un nuovo modo di intendere la convivenza tra diversi:
La politica dell’umanità non coincide con l’approvazione delle scelte altrui o anche solo
con il rispetto per le loro azioni, richiede semplicemente di vedere gli altri come esseri umani
che hanno un’uguale dignità e un uguale diritto di perseguire un’ampia gamma di scopi umani.
Quando si affronta un tema delicato e doloroso come quello dell’omofobia, credo non si
possa prescindere dalle tesi della filosofa Martha Nussbaum, tuttavia nell’accoglierle, occorre
contestualizzarle.75 Non escludo che qualcuno sarebbe indotto a domandare quale possa essere
il nesso con il tema secondo natura e contro natura o domandare se è contro natura essere
incapaci di immaginare e incapaci di empatia. Ma non è questo, a parer mio, il modo di porre
domande. Occorre, anche in tal caso, superare la logica esclusiva implicita nel binomio contro
75
Il volume (Nussbaum M., Disgusto e Umanità, cit.) dal quale sono state estrapolate le tesi sopraesposte, è
rivolto al pubblico statunitense e la sua pubblicazione assume un’importanza significativa a pochi giorni dal
voto con cui il Senato dello Stato di New York ha aperto la strada all’introduzione del matrimonio tra
persone dello stesso sesso. Tra gli scopi del volume vi è senz’altro quello di prendere posizione nel dibattito
sul same sex marriage contro la presa di posizione federale con il Defense of marriage act, ancora in vigore
nonostante la presa di distanza dell’amministrazione Obama, che sin dall’inizio della sua presidenza, se non
prima, ha affermato di non voler più difendere tale atto dinanzi alle Corti. Contemporaneamente la scrittrice
traccia un quadro affascinante delle profonde ragioni ispiratrici delle politiche contrapposte in materia di
orientamento sessuale, chiamando in causa pregiudizi culturali e religiosi e in modo indubitabilmente
innovativo, le componenti emotive del disgusto e del senso di umanità.
differenti, la discriminazione, per evitare di reiterare stereotipi e pregiudizi anche se dirottati
altrove.
maniera sempre meno negativa. Tra i fattori che hanno svolto un ruolo efficace in questo
processo sono da segnalare, accanto alla diffusione del paradigma dei diritti umani, una
riguardano. Una variabile ulteriore è costituita dagli studi più recenti che presentano
sessuale un aspetto innato lo renda da un lato meno minaccioso, nel senso che non se ne teme il
aggiunga che non pochi casi di aggressione non sono neppure denunciati. È difficile
accadendo, perché da un lato si può presumere che l’aumento delle segnalazioni delle
aggressioni sia l’effetto di una maggiore consapevolezza da parte delle vittime, dall’altro si è
venuta a creare una situazione sociale che espone le persone LGBT alla violenza. Negli ultimi
anni il movimento italiano LGBT ha promosso una serie di istanze per il riconoscimento e la
tutela di questa minoranza. Di particolare rilievo le proposte sulle unioni civili e le proposte
legislative contro l’omofobia. Il fatto è che tali proposte sono state “accolte” da forze politiche
che non ne hanno compreso la portata, depauperandole. Il dibattito che avrebbe dovuto essere
76
L’attribuzione causale è quel processo che le persone mettono in atto quando cercano spiegazioni per il
proprio e per il comportamento altrui, ossia quando inferiscono le cause che stanno dietro specifiche azioni.
I membri di culture diverse elaborano attribuzioni diverse per culture diverse. L’autore che ha contribuito a
gettare le fondamenta per lo studio dei processi di attribuzione è stato Fritz Heider anche se non ha
formulato una teoria sistematica al riguardo.
un’occasione preziosa per comprendere, è stato dirottato o meglio ideologizzato e focalizzato
che esista una famiglia naturale e che questo possa provocare una degenerazione dei costumi.
In effetti non vi è nulla di meno naturale della famiglia, sia per quanto riguarda i rapporti di
coppia, sia per quanto riguarda la sessualità e la generazione. La famiglia è una costruzione
squisitamente sociale e la comune natura umana non pare possa garantire alcuna universalità ai
modi di fare famiglia non sul piano biologico, non sul piano normativo, non sul piano
piuttosto di vivere un’esperienza parallela, di gettare un ponte che renda possibili relazioni,
Digitando gay chic e lesbo chic sulla rete mi sono imbattuta in una quantità di materiale
eterogeneo di non facile lettura, talora decadente e spesso volgare. Navigando ho potuto
constatare con quanta perizia alcuni oggetti vengano strumentalizzati, ridotti a niente altro che
contenuti da immettere sul mercato per soddisfare quanti ricercano un sesso effimero,
trasgressivo, il mordi e fuggi, il godimento estremo o il sesso estremo. Sono questi altri temi
che potrebbero rientrare in quel complesso e difficile ambito della crisi di presenza che
confluire tutto nello stesso contenitore della degenerazione morale. Lo scopo della mia ricerca
è anche questo, mostrare che si tratta di false e fuorvianti inferenze. Tuttavia desidero
ugualmente riflettere sulle espressioni sopra indicate proprio per argomentare le posizioni di
77
Cfr. Saraceno C., Coppie e Famiglie. Non è questione di natura, Milano, Feltrinelli, 2012. Si tratta di uno
studio sociologico autorevole sulla complessità della famiglia quale costruzione storica e umana, dunque
straordinariamente differente perché esposta al cambiamento; Remotti F., Contro natura. Una lettera al
Papa, Roma, Laterza, 2008, uno studio antropologico in cui l’autore con discrezione e grande autorevolezza
si confronta con la concezione dell’essere uomini propria della Chiesa Cattolica, una concezione univoca,
rocciosa, imperiosa.
coloro che ancora declinano l’orientamento sessuale in termini di devianza, perversione,
volgarità gratuita e come queste idee siano ancora profondamente radicate nell’immaginario di
ciascuno di noi.
uomo che è gay rischia di essere al contempo un’offesa, una provocazione e in alcuni casi un
modo estremamente squallido e volgare di verificarne la virilità. Al contrario gli amori lesbici
sono considerati chic, e non suscitano la medesima fobia. Eppure, a ben riflettere, dovrebbe
esserci una certa simmetria dal momento che la fobia nei confronti dell’omosessualità è
generata dal suo essere o sembrare ambigua, innaturale. Il lesbismo è chic nel senso che
spaventa molto meno dell’amore tra due persone di sesso maschile. Sembrerebbe che gli
uomini per qualche strana ragione non possano accedere alla morbidezza, alla leggerezza che
percezione e la creazione dei tabù e dei desideri sessuali. L’amore saffico rimane, per così dire,
esterno ai due corpi che si cercano senza potersi mai prendere. Quando si pensa all’amore tra
due persone di sesso femminile l’immaginario non è turbato dal pensiero della penetrazione.
concepimento, la gestazione nel ventre della madre, l’allattamento al seno avviano un processo
differenziazione con una simmetria dovuta alle ragioni di fondo. Si tratta soltanto di ipotesi di
eloquenti le parole che Pier Paolo Pasolini riferisce all’amica Silvana Mauri:
Io ho sofferto il soffribile, non ho mai accettato il mio peccato, non sono mai venuto a patti
con la mia natura e non mi ci sono neanche abituato. Io ero nato per essere sereno, equilibrato e
naturale: la mia omosessualità era in più, era fuori, non c’entrava con me. Me la sono sempre
vista accanto come un nemico, non me la sono mai sentita dentro… fu a Belluno, quando
avevo tre anni e mezzo […] che io provai per la prima volta quell’attrazione dolcissima e
violentissima che poi mi è rimasta dentro sempre uguale, cieca e tetra come un fossile.
proprio agio con il proprio essere gay. E non è solo una questione di autostima. Il pregiudizio
antiomosessuale prende anima e corpo per cui non è facile sottrarsi ai suoi effetti quali la
derisione, la disapprovazione sociale nei casi più gravi l’attacco violento. Non è un caso che si
registri un’alta percentuale di suicidi tra gli adolescenti gay, imputabili all’infelice matrimonio
tra omofobia sociale e omofobia interiorizzata. Eppure l’orientamento sessuale, la direzione del
proprio desiderio sessuale non lo scegli, è qualcosa che accade, qualcuno direbbe “è la propria
concludere. Il fatto che in riferimento al gay o all’etero si utilizzino quelle espressioni, dice
poco o tanto dal momento che lo stato di natura non costituisce alcuna garanzia. E quella non è
neppure una prospettiva consolante dato che lo stato di natura è la condizione per cui ci si
comporta in modo violento, perché è lo stato in cui il diritto è assente e il diritto è l’unico
strumento di cui disponiamo per difenderci dalla violenza della natura. Tuttavia è nella natura
che giace il segreto della diversità che caratterizza ciascun individuo facendone un unico e
irripetibile. Ma quello è un fattore x la cui naturalità può esserci mostrata soltanto dalla
scienza.
La discrepanza che si genera tra natura e naturale cui è imputabile l’abuso che si fa dei
normativo quindi obbligatorio così che l’autopercezione della propria diversità finisce con il
in cui i fattori di natura esterna si intrecciano con quelli di natura interna producendosi
riferimento a questa prospettiva che vanno letti taluni modi di essere e di fare che seguono la
essere “migliori” per essere accettati o per non essere penalizzati. Si tratta di un meccanismo
che è indubitabilmente la conseguenza di una convinzione triste che spinge a fare molto di più
sulla nostra sessualità e sulla nostra cultura. Levi-Strauss ha mostrato come il tabù dell’incesto
sia la regola di tutte le regole, quel divieto che dà un senso al nostro vivere in comunità. Ci
portiamo dentro i segni di questo divieto dei divieti; l’amore gay non è concepito e non solo,
genera paura, ne sono temuti i risvolti sociali in quanto altera in modo inaccettabile l’ordine
sociale della gerarchia dei padri e sono altrettanto temuti i risvolti fisici. Mary Douglas
sostiene che le culture mostrano considerevoli difficoltà ad accettare quello che non possono
agganciare a categorie ben distinte, come ad esempio lo stato di viscosità che è uno stato
intermedio tra liquido e solido, la pelle dei rospi, anfibi quindi intermedi tra il mondo acquatico
e quello terrestre.78 Tutt’altro che paradossalmente, tutto ciò che è viscido sia in termini fisici
che comportamentali, incute timore, genera disgusto. Tali emozioni, sarebbero generate, o
sono generate in molti ma non in tutti, dall’omosessualità data la propensione ad attribuirvi una
natura ambigua. Come si spiega, tuttavia la differenza di trattamento nella nostra cultura per i
gay e le lesbiche? Perché gli amori saffici sono chic e quelli gay generano inquietudine,
maschile al pieno , all’eccesso, alla sporgenza. Probabilmente la causa della diffidenza nei
confronti dei rapporti gay è dovuta al fatto che paragonato ad un rapporto eterosessuale, in cui
insolito: mentre un rapporto tra due uomini è un rapporto tra due positivi che genera un
eccesso, un troppo pieno, un rapporto tra due donne è un rapporto tra due negativi, tra due
comprendere piuttosto che spiegare si potrebbe azzardare che gli amori saffici sono chic e
quelli gay sono choc, pertanto i primi attraggono tanto le donne quanto gli uomini proprio
perché quella somma di due vuoti genera una sorta di fantasia erotica che esaspera la mancanza
dell’Altro.
E senza alcuna pretesa di concludere questa umile dissertazione, provo ad utilizzare quel
l’amore per l’altro, il desiderio dell’altro, la bellezza dell’altro, l’altro non è mai oggetto, è
piuttosto il termine dell’amare e il desiderio di esso è il senso stesso della bellezza dell’amore.
78
Cfr. Douglas M., Purity and Danger. An analysis of the concepts of pollution and taboo,1966, disponibile al
sito http://books.google.it/books?id=ED172b0XZZIC&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q&f=false.
“Gay chic” e “lesbo chic”, potrebbero essere suscettibili di un altro tipo di lettura, forse
una lettura all’apparenza più frivola. Non escludo che tale lettura possa rivelarsi foriera di
ulteriori scoperte.
“gay” sia che si tratti di persona di sesso maschile sia che si tratti di persona di sesso
femminile, risultandomi molto poco convincenti sia la netta distinzione tra sesso maschile e
È questa una disorientante confusione che serve solo a generare ulteriori e mutilanti stereotipi
che nulla aggiungono e nulla spiegano. Ma devo ammettere di non disporre di un linguaggio
Dire che la moda è gay è come confinare l’omosessualità a una dimensione estetica che da
sempre appartiene al femminile. Infatti nel mondo della moda la presenza omosessuale è data
per scontata ed è per questo poco verbalizzata, mentre in altri contesti è ancora tabù. Si pensi in
indossate da numerosi calciatori, provoca ancora scandalo e questo accade per effetto di
intende negare che molto si è progredito sulla via del riconoscimento e del rispetto e qualcosa,
molto di più negli altri paesi d’Europa, molto poco in Italia, sembrerebbe a causa della
presenza della Vaticano, si sta muovendo anche in ambito politico e giuridico, tuttavia
chic”, siano ulteriori modalità attraverso le quali si esprime o si concretizza l’omofobia sociale
Eppure ci sono alcune voci estremamente critiche nei confronti dell’impegno politico e
giuridico contro l’omofobia teso a garantire uguali diritti, uguale rispetto e uguali libertà alle
Desidero dare voce a queste voci non solo per un’esigenza di trasparenza ma anche per
L’omofobia viene definita come “condotta basata sul pregiudizio e l’avversione nei
confronti delle persone omosessuali, analoga al razzismo, alla xenofobia, all’antisemitismo e al
sessismo che si manifestano nella sfera pubblica e privata in forme diverse quali discorsi intrisi
di odio”. L’odio come l’amore, la gelosia, l’invidia (motore, quest’ultima, sia detto per
incidens, del consumismo e quindi alla base del sistema liberista, è un sentimento e quindi,
come tale, incomprimibile. Nessun regime, neppure il più totalitario, si era spinto fino a questo
punto: a mettere le manette ai sentimenti (alle azioni e alle idee ovviamente, ma non ai
sentimenti). In democrazia dovrebbero essere penalmente perseguite solo le azioni. Io ho il
diritto di odiare chi mi pare. Ma se gli torco anche solo un capello devo finire diritto e di filato
al gabbio. Se andiamo avanti di questo passo sul piano del politically correct, finirà che non
potremo più dir nulla, solo parafrasare la Gazzetta Ufficiale. In ogni caso se oggi qualcuno non
appartiene a qualche minoranza protetta ma fa parte di quei quattro gatti della maggioranza è
spacciato.79
79
Cfr. Massimo Fini, Gli omosessuali, minoranza protetta ma intollerante;
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=46350.,di
Si tratta di voci che si dichiarano contrarie a un modello che ritengono vada “contro
natura” vale a dire contro quello che ritengono sia il modo in cui l’essere umano è fatto
sradicato, un modello di umanità sterile, incapace di riprodursi per via naturale destinato a
naturale attrazione sessuale tra maschi e femmine e quindi la generazione di una razza nuova di
premeditazione neppure tanto oscura dietro quella che è definita “l’ideologia gender”,
l’intento, neppure malcelato di ricreare l’immaginario globale per instaurare un nuovo ordine
quale ostacolo alla creazione dell’uomo totalmente privo di riferimenti, totalmente instabile
feticcio.
La distruzione della famiglia che si sta oggi verificando con intensità sempre crescente si
inscrive nella logica di sviluppo di un capitalismo ormai del tutto incompatibile con le
tradizionali forme borghesi – “etiche” avrebbe detto Hegel - in cui si era sviluppato fino a
prima del Sessantotto (famiglia, religione, stato). E la discussione sui matrimoni omosessuali,
in questa prospettiva, non deve essere letta come funzionale al giusto e sacrosanto
riconoscimento di diritti degli omosessuali, ma alla distruzione delle vecchie forme borghesi di
esistenza, vetuste e “bacchettone” finché si vuole, ma pur sempre incompatibili con l’odierna
dinamica di oscena estensione totalizzante del codice patologico della forma merce. Se infatti
la famiglia comporta, per sua natura, la stabilità affettiva e sentimentale, biologica e
lavorativa, la sua distruzione risulta pienamente coerente con il processo oggi in atto di
precarizzazione delle esistenze. La lotta ideologica contro la famiglia borghese avviene, per
ironia della storia, proprio nel momento in cui il rapporto di forza capitalistico rende
impossibile ai giovani sottoposti al lavoro flessibile e precario la costruzione di una famiglia. 80
l’utopia della modernità che osa qualsiasi manipolazione della natura nella misura in cui nega
Propongo una lettura di quanto sopra a partire da una riflessione critica sul termine,
teoretico che si fossilizza in alcune parti rimanendovi intrappolato 81, potrebbe configurarsi la
possibilità di comprendere ma non giustificare, l’aspra critica contenuta in quelle voci e non
l’omologazione globale sono quanto residua dalla stagnazione del pensiero, dall’ossificazione
dell’idea, pur tuttavia c’è sostanza anche nell’ideologia dove sta il suo stesso antidoto, dal
pensiero. Il pensiero è forma e sostanza, possibilità sempre nuova e concreta di trovare la via
maestra quando ci si perde nella sclerotizzazione dei pensati. Queste voci critiche e polemiche
come sinonimo di scienza delle idee. In tal caso il rischio cui ci si espone è rappresentato dal
La nostra è una sessualità di tipo particolare, totalmente priva di equivalenti in tutti gli
altri ambiti del regno animale. Data l’unicità della nostra sessualità non siamo dominati né
dalla società né dalla natura, ma essendo, per così dire, tenuti al rispetto di entrambi, siamo
alterazioni sia nell’ambiente sociale sia in quello naturale. E questa straordinaria peculiarità
80
Cfr. http://.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=46368. Fonte : Lo Spiffero.
81
Questa accezione del termine “ideologia”, proviene da K. Marx.
riguarda anche e soprattutto la sessualità. La nostra sessualità è polimorfa e fa di noi una specie
biologico in quanto essa ha origine e risiede in molte parti del corpo. Nulla di quel che
fantasia che dalla biologia. E’ senz’altro vero che le società vincolano il loro funzionamento
alla differenziazione di genere ma, come ho più volte ripetuto, non c’è in tale differenziazione
umani l’essere nati maschi o femmine non garantisce l’identità di genere maschile o femminile
e non vincola all’accoppiamento eterosessuale, nel senso che l’amore che una donna nutre nei
confronti di un uomo non è più naturale dell’amore di una donna per un’altra donna o di un
sessualità femminile e quella maschile conferma gli stereotipi sociali di genere, ostacolando la
derive ideologizzanti, farmaco che mi piace definire omeopatico, e l’assonanza non è casuale,
sia costituito dalla fenomenologia dell’umana dignità. Si tratta di aprire le barriere della mente
e così quelle del cuore, al pluralismo, si tratta di allenare la mente e il cuore a considerare e
attraverso il dialogo, attraverso il confronto con l’altro per accogliere della persona
perché questa strada possa essere battuta con successo, perché si possano esplorare sentieri
82
Kaplan L.J., Perversioni femminili. Le tentazioni di Emma Bovary, Milano, Raffaello Cortina Editore, 1992.
L’autrice pone al centro del testo una tesi forte circa la perversione ritenuta un meccanismo che consente di
sopravvivere all’orrore di quella perdita originaria che la nostra cultura infligge ad ogni essere sessuato nel
momento in cui lo sottopone alla schiavitù dei ruoli sessuali e di genere.
83
Echols A., Cultural Feminism: Feminist Capitalism and the Anti-Pornography Movement “Social Text” n.7,
1983, pp. 34-53, Duke University Press, ha analizzato in profondità la filosofia essenzialista affinchè fossero
evidenti gli stereotipi di genere reazionari in essa contenuti.
nuovi, occorrono capacità di immaginare ed empatia, risorse preziose che appartengono a chi
Mi piace pensare che vivere secondo natura significhi stare nella processualità della vita.
CONCLUSIONI
dissertazione, “secondo natura e contro natura” rivelano tutta la loro artificiosità, quella stessa
artificiosità che il poeta portoghese ha magistralmente colto e narrato nei suoi versi.
La disputa su che cosa sia naturale e cosa contro-naturale o innaturale è antica e non può
dirsi conclusa, eppure quanta immediatezza c’è in quei versi, quanto sono persuasivi. Devo
che ha dato un senso a miei quesiti, una direzione alle mia ricerca.
L’esordio è costituito da una riflessione critica sui due principali significati che nella
tradizione culturale e linguistica d’Occidente sono attribuiti al termine “natura”, quello riferito
al sistema totale degli esseri viventi e delle cose inanimate e il significato filosofico, che
significato che è narrato attraverso il termine natura. La questione si fa seria quando i due sensi
del termine natura, sono applicati agli essere umani, producendo il concetto, ricco di
implicazioni, di “natura umana” alla luce del quale sono stati indagati gli ambiti semantici
delle espressioni “secondo natura” e “contro natura”, le inferenze o, forse meglio, le pseudo
vere, al fine di comprendere di che pasta sono fatti i concetti di natura, quelli “costruiti” di
“secondo natura” e “contro natura”, quali i modi culturali e sociali di attribuire significato alle
esperienze e alla quotidianità di persone il cui orientamento sessuale, tratto peculiare di quella
che si è soliti definire “la natura umana”, che per effetto di quelle inferenze non è considerato
considerata l’elemento fondazionale della natura umana, “la legge naturale” che ho voluto
porre quale skandalon, pietra di inciampo, data la sua complessità semantica, il suo contenuto
abusato di legge naturale nella sua duplice dimensione scientifica e metafisica; concetto
l’essere “umani” è parte integrante e complicante dal momento che l’ambiente naturale non ha
leggi e siamo noi umani a volere leggi, a imporre leggi, a naturalizzare leggi.
La vita è mutamento e a valle di quelle che a giusta ragione chiamiamo leggi, ci sono gli
equilibri che, come tali, sono transitori ed adattabili. Gli equilibri sono l’elemento fondazionale
delle leggi. Su tale argomento l’impegno, non è certamente quello di sovrapporre o sostituire la
propria verità a quello che è ritenuto essere l’ambito della verità, “la legge naturale”. Tuttavia
l’intento è quello di battere la strada della parresìa che nella sua modalità critica esige
riuniti nel consesso sinodale, chiamato a trattare temi scottanti, al nostro strettamente
agganciati, quali la famiglia, le nuove famiglie, l’omosessualità, sia stato accolto e compreso
nella sua complessità semantica quale invito alla chiarezza, alla lealtà nei confronti propri e nei
riguardi dei propri interlocutori. Ed è su questa traiettoria che si è scelto di introdurre quello
che a proposito di “legge naturale” si legge nei luoghi indicati del Catechismo della Chiesa
Cattolica. L’intento è quello di proporre una riflessione critica sul nocciolo duro del
Catechismo: la legge naturale come la intese Tommaso d’Aquino, la legge eterna che si
Nella Summa Theologica in cui il tema è trattato, il filosofo dedica una particolare
attenzione alla specie della lussuria, sostenendo che il vizio contro natura non è il più grave dei
peccati di lussuria, dal momento che il peccato di lussuria è tanto più grave quanto più è
contrario alla carità verso il prossimo, ragione per cui Tommaso sostiene che l’adulterio, lo
stupro, il rapimento, l’incesto siano peccati di lussuria ancor più gravi del peccato contro
natura. Tuttavia, e ciò non deve sorprendere, la complessità e la profondità della concezione
tommasiana di legge naturale, non è da cercarsi nella gerarchia che egli pone a proposito della
specie del peccato di lussuria, bensì nella speciale relazione che egli coglie tra la legge naturale
e la legge umana. La legge naturale non un insieme definito di norme morali che in quanto
norme devono essere scrupolosamente rispettate, è piuttosto, e qui sta la novità e la modernità
della visione dell’Aquinate, un criterio di ricerca delle norme morali. L’idea che sta a valle del
poderoso impianto concettuale elaborato dall’Aquinate è che la legge non è causa ma è misura
misura in cui è interiorizzata. Agire in accordo con se stessi e la propria natura di uomo,
questa è la problematica conclusione cui giunge Tommaso. E l’agire in accordo con se stessi,
deve oggi dialogare con i concetti di identità e autenticità. C’è uno scarto tra l’identità e la
natura umana e il discrimen è costituito dal fatto empirico inerente la percezione della
corporeità in cui risiede, come non a torto suggerisce Stefano Rodotà, l’inviolabilità , della
persona umana, che si traduce in inviolabilità del corpo. Le persone in quanto individui sono
dell’appartenenza delle singole identità alla comune umanità. A narrare tale appartenenza è
l’agire in modo conforme alla ragione. Qualcuno potrebbe domandare cosa significhi agire
secondo ragione, e le eventuali risposte potrebbero indurre a derive ideologizzanti e
dogmatiche, a meno che non si voglia accogliere un approccio ermeneutico che al paradigma
esclusivo dell’aut aut preferisca quello inclusivo dell’et et, che predilige la via diplomatica
lancio.
Il concetto di natura è un concetto troppo controverso e non solo, non esiste una natura
esplorare la storicità del tema, passando attraverso i testi sacri, la Grecia e la Roma antiche.
Quel che ho voluto risaltasse è che la questione inerente l’omosessualità in ambito cristiano è
agganciata alla discussione su come leggiamo il testo sacro, quali i pre-giudizi, quali i valori
culturali e morali che accompagnano la lettura e l’ermeneutica del testo dal momento che
contenuti nella loro forma originaria, bensì quello di attualizzare i contenuti e di realizzare
nella Grecia e nella Roma antiche. Esige letture accurate non solo per rimuovere pericolosi
consentono di dipanare i nodi che le sedimentazioni culturali hanno prodotto. La lingua greca
nell’Antica Grecia erano tutti omosessuali, in quanto i Greci sapevano distinguere le differenti
possibilità di preferenza sessuale. Quel che deve essere indagato è il codice di organizzazione
della sessualità che non può essere svincolato dalla sua funzione iniziatica e dalla struttura
di formazione culturale dei più giovani ad una promiscuità volgare e moralmente pericolosa.
Contrariamente a quanto si possa pensare, o meglio, fraintendere ai greci non era consentito di
quello della sessualità era l’ambito in cui si generavano relazioni di potere e di dominio capaci
di minacciare la libera espressione del sé, di provocare tensioni che, seppure differenti, non
sono da meno rispetto a quelle che provoca l’esperienza sessuale nel mondo moderno. In altri
termini è fuorviante e poco prudente insistere sulla componente iniziatica del rapporto
l’esperienza. Preme sottolineare che nell’indagare sulla storicità della sessualità è bene
Moralmente molto meno tesa e complessa la vita sessuale del romano, quasi totalmente
sottomissione fisica e psicologica. Il maschio romano poteva dare libero sfogo alla sua
esuberanza sessuale, purché fosse sperimentata nei termini di brutale sopraffazione, di totale
sottomissione. Si tratta tuttavia di una lettura parziale, pericolosa e fuorviante. Occorre fare i
conti con la cultura, con i suoi meccanismi di potere che tendono a naturalizzare e a
sedimentare valori che non sono irreversibili. Quel che si rischia di perdere di vista è che né il
greco né il romano potevano dirsi e ritenersi liberi di esprimere la propria sessualità essendo
sdoppiata, vincolata ad una visione androgina anche se lontana dall’idea della naturalità del
sesso intesa come eterosessualità, un’etica fondata sui binari di genere. Il genere, sistema
mediante il quale si produce e si normalizza il maschile e il femminile, è la struttura
concettuale che data la sua trasversalità sostanzia e problematizza lo scarto tra il passato e il
presente che si fa palese nella storicizzazione del tema secondo natura e contro natura.
C’è nell’indagine svolta un intento esplicativo che non di rado deve cedere il passo alla
rappresenta uno dei momenti cruciali, per almeno due motivi: per il fatto che in quanto schema
risponde all’esigenza di semplificazione del nostro modo di conoscere il mondo e, cosa non
trascurabile, è una dinamica che si genera dalla relazione che è elemento strutturalmente
costitutivo del divenire umani. C’è poi il suo essere ancorato al dimorfismo sessuale, la
differenza, che rimane un quesito aperto, qualcosa di non definito. Direi che questa opacità
della normalità e quindi della normatività. L’omosessualità cessa di essere una pratica
ad esserci il fraintendimento della legge di natura secondo il quale l’omosessualità non ha gli
di un nodo difficile da dipanare che esige una riflessione responsabile sull’artificiosità del
mondo. Il linguaggio che descrive, il linguaggio che narra, il linguaggio che crea reti e
di definire per descrivere due essenze il maschile e il femminile a partire dal dato scontato che
solo due siano le essenze, il maschile e il femminile e soltanto due siano le sessualità. Il
binarismo che fa coincidere sesso e sessualità e non coglie la fluidità, le inedite modulazioni
che caratterizzano la sessualità quale dimensione afferente la persona nella sua interezza, la
dimensione relazionale, la reciprocità e quindi l’amore che della sessualità, e non del sesso, è
cogliere l’alchimia della differenza che caratterizza le singole individualità, che sappia
che generano violenza e discriminazione e condannano all’invisibilità; chi non è conforme non
è according to nature. Ed è alla luce di questa prospettiva che si è voluto argomentare intorno
concretizza nella norma, normatività del normale, normalità del normativo. Ho voluto
sottolineare la complessità del tema, le sue implicazioni, il suo generare esiti estremamente
si possa cogliere una delle componenti sostanziali: il suo essere sempre e solo un giudizio di
valore, una determinazione di potere, il prodotto di una costruzione culturale quindi sociale e
storica. La conclusione è che in natura non c’è alcuna normalità e quindi alcuna anormalità e il
scivolino nelle determinazioni di dominio. Questo è lo scarto in cui sta la possibilità della
inventata una categoria, l’omosessualità che poi si è preteso rimanesse invisibile. E’ stata
tracciata una linea di demarcazione tra quel che è stato arbitrariamente e artificiosamente
classificato come eteronormato quel che invece altrettanto arbitrariamente è stato classificato
come deviato, negando diritto di cittadinanza a tutti quei comportamenti, modi di sperimentare
l’altro, modi dell’amare e dell’essere amati categorizzati come diversi e quindi devianti. In tal
minoranze, perché “essere diversi” esclude dal rispetto dell’identità, ostacola la piena
realizzazione del sé, condanna a vivere una vita dimezzata. L’omofobia, l’omonegatività, sono
l’eredità che le nuove generazioni dovranno raccogliere. Alcuni pensano che le nuove
generazioni, che nascono e si fanno in contesti globalizzati, all’interno dei quali confluiscono
malamente tutti i modi possibili di essere umani, siano avvezzi o comunque propensi ad
disinvoltura. Devo ammettere che nutro qualche dubbio in proposito dato il carattere
fluidità ma, temo, una fluidità indifferenziata, dominata dall’edonismo sfrenato, dalla dittatura
del corpo, del bisogno, del consumo. Occorre un impegno consapevole e responsabile su tutti i
fronti capace di promuovere un dialogo sano anche con se stessi, capace di promuovere
un’autentica cultura del rispetto e che passi attraverso una modalità differente di fare
informazione, fondata sulla scelta riflettuta delle parole, sulla costruzione stessa del discorso
all’approccio innovativo della maggioranza, pare, dei Padri Sinodali in tema di omosessualità.
Devo dire che il Sinodo è, nel momento in cui scrivo, in corso di svolgimento, pertanto quel
che mi interessa è indicare eventuali direzioni di sviluppo del dibattito sul tema. Mi riferisco
alla relatio post disceptationem, la relazione conclusiva del dibattito generale ad opera del
cardinale ungherese Peter Erdo. Sembrerebbe contenere una svolta un balzo in avanti più o
meno atteso nella direzione della linea riformista di Papa Bergoglio. Alcuni ritengono che del
dibattito, sintetizzato nel documento sopra indicato, lo stile, la sostanza e la terminologia della
relazione rivelerebbero una modalità innovativa di rapportarsi della Chiesa alle coppie gay. Va
detto che mai si erano lette in un documento ufficiale, prodotto dalla gerarchia ecclesiastica,
frasi come la seguente: “le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità
cristiana”, o domande come questa, rivolte a tutti i vescovi del mondo: “siamo in grado di
accogliere queste persone garantendo loro uno spazio di fraternità nelle nostre comunità?”.
Ritengo che la frase più clamorosa e per certi aspetti inattesa è la seguente: “Senza negare le
problematiche morali connesse alle unioni omosessuali si prende atto che vi sono casi in cui il
mutuo sostegno fino al sacrificio costituisce un appoggio prezioso per la vita dei partners”, mai
la Chiesa aveva fatto ricorso ad un termine così neutrale come partners. Il segretario speciale
del Sinodo Bruno Forte, a proposito della legge che l’Italia attende da oltre dieci anni
commenta: “mi sembra evidente che le persone umane coinvolte nelle diverse esperienze
hanno dei diritti che devono essere tutelati e codificati. È una questione di civiltà. Direi, alla
luce di questi contenuti, che quanto dice in un’intervista il Cardinale filippino Luis Antono
Tagle “è stata rievocata una Chiesa non assorbita in se stessa, ma in ascolto e in dialogo con il
mondo contemporaneo” sia non solo credibile ed innovativo ma anche molto promettente.
Infine, dalla lettura della Relatio emerge che la “legge naturale” non è neppure più menzionata
e che si voglia prestare attenzione a quel che sul finire del secolo scorso già chiedeva il
Cardinale Martini, il tema della sessualità. Nella Relatio, infatti, sono utilizzate le seguenti
parole: “la questione omosessuale ci interpella in una seria riflessione su come elaborare
dimensione sessuale”. La Relatio cui ho fatto riferimento è solo un documento provvisorio, una
sintesi del dibattito. Mentre mi accingo a concludere corre il giorno 15 ottobre 2014, alla fine
della settimana verrà prodotto un nuovo documento di sintesi che sarà poi oggetto di
È tutto in fieri, ma è stato compiuto un balzo in avanti del quale prendere atto.
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