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SYMBOLICUM

Il simbolismo nei principali miti della creazione

Di Maria Tenace
INDICE

Prefazione 1

Il Dio o gli dei? . 4


Giudaismo e Cristianesimo: il monoteismo 11
Simbologia secondo l’Antico Testamento 30
Simbologia secondo i Maya..................................................................46
L'eden: dove si trova? 51
Serpente e Diavolo 58
I simboli serpentini 67
L'uomo di Gobekli Toepe 85
Il simbolo di Enki..................................................................................88
Simbologia dell’albero..........................................................................99
L’albero della vita della Cabala..........................................................104
Il frutto proibito: La mela................................................................... 106
Simbologia numerica..........................................................................111

Conclusioni.........................................................................................125
Prefazione
Il lettore alle prime armi con il simbolismo religioso si troverà a far
fronte allo scontro tra quello che si propone nel libro e immagini
profondamente condizionate da luoghi comuni e radicate da
presupposti religiosi.
Il testo si ripropone di fornire una visione più ampia e soprattutto
meno condizionata dell'argomento, non demolendo questa o quella
religione, ma partendo dall'analisi del classicismo iconografico e
letterario delle origini Bibliche, approfondendo ogni simbolo e
fornendo una chiave di lettura sia filosofico-religiosa, (analizzando le
diverse sfaccettature e confrontando i miti dal quale deriva,
incontrando una straordinaria e ricca selva di culti, dove si cercherà
di distinguere e ricercare una base comune del mito che lo ha
originato ) sia attraverso il simbolismo esoterico, il quale è stato e
continua ad essere oggetto delle più assurde illazioni, vittima della
superficialità dell'uomo contemporaneo, figlio della razionalità a tutti i
costi.

Simboli millenari, la cui origine è antica come l'uomo e, in qualche


caso, antecedenti alla sua comparsa, come raccontano le
cosmogonie di molti paesi, quando giunsero sulla terra al seguito di
un Dio civilizzatore, offrendo all'impaurito uomo evoluto l'opportunità
per far giungere ai posteri una eredità significativa ed ermetica dei
tempi che furono attraverso il linguaggio dei simboli.
Il mito della creazione e i suoi simboli
Partiamo dal principio: Il Dio o gli Dei?
Quando si parla di “mito” la maggior parte intende il termine come
sinonimo di “favola” o "non autentico", la definizione che ne dà il
vocabolario è «cosa o persona fittizia o non dimostrata».
Ma nell’opinione di chi deve risultare come non autentica o non
dimostrata?
La verità sta sempre tutta nella mente di chi osserva, e dipende
esclusivamente dai suoi dogmi di fede e dai suoi modelli di
riferimento.
Esaminiamoli allora brevemente, questi sistemi di credenze.
Se siete stati educati secondo la religione, sarà parecchio utile
scoprire tutto ciò che può contraddire la ben radicata idea di una
creazione intesa come dogma e che proprio in quanto tale non può e
non deve essere spiegata, ma accettata senza se e senza ma.
Infatti, già immagino che a questo punto i più cominceranno a
scuotere la testa...
Perché è così difficile accettare l'idea di molteplici punti di vista?
Se solo si apre il discorso Dio in una conversazione, si nota fin da
subito il disappunto e il disagio che alcuni, se non la maggior parte,
provano alle prime dissertazioni.
Tutti in Occidente siamo condizionati fin dall'infanzia a credere in
una "certa maniera", assimiliamo gran parte dei nostri riferimenti
culturali e morali prima dei dieci anni, e da piccoli non veniamo certo
incoraggiati a mettere in discussione ciò che ci viene detto,
specialmente se si parla di religione.
È solo con la crescita che cominciamo ad acquisire conoscenze di
tipo scientifico, che il più delle volte, contrastando con quanto
appreso precedentemente, provoca conflitti che pochissimi hanno il
tempo e la voglia di approfondire.
Quanti hanno letto La Bibbia integralmente nelle sue 807.361 parole
del miliardo e mezzo di fedeli cristiani nel mondo? Io penso
pochissimi ( mi spingerei al nessuno) facendo eccezione degli
studiosi.
Ogni religione asserisce di essere nel vero nei concetti base del suo
credo e uno di questi concetti religiosi è la creazione dell'universo e
quindi dell'uomo.
Il mito della creazione divina attira da sempre scetticismo.
Chi riesce a prendere alla lettera la storia del Giardino dell’Eden
narrato nella Genesi?
Ogni qual volta mostravo dubbi al riguardo da piccola mi si diceva:
Non c'è niente da capire è così e basta.
Ma sono tra quelle persone che non accetta un "è così e basta".
Negli ultimi anni abbiamo assistito alle più diverse teorie , ma la
primissima cosa che accomuna tutte le religioni nelle prime fasi è la
presenza di un Dio, matrice della creazione, che diventa più Dei ( o
sue emanazioni) nel corso degli eventi narrati, non riferito solamente
a teologie politeiste.
Va fatta a questo punto una distinzione tra le religioni ante e post la
nascita di Cristo, fondamentale affinché chi legge possa capire
quanto poi andremo a scoprire più avanti.
Il tentativo di Akhenaton
Il primo tentativo di passaggio di altre religioni dal tradizionale
politeismo a favore di una nuova religione di stampo
eno/monoteistico, (che mantenne, cioè, la credenza in più divinità
pur adorandone una sola) fu di un faraone egiziano, Akhenaton.
Dopo la sua ascesa al regno come faraone della XVIII dinastia,
Amenofi IV o Amenhotep IV (Tebe, 1375 a.C. circa – Akhetaton,
1334/1333 a.C. circa), regnò per 17 anni, morendo probabilmente
intorno al 1334 a.C.
Egli si rese conto, come d’ altronde i suoi predecessori, che in
quell’epoca vi era una varietà infinita di Dei a cui il popolo egiziano
rivolgeva le sue preghiere e di cui era il tramite proprio il faraone,
essendo una sua emanazione sulla terra.
Chiuse così la maggior parte dei templi, asserendo che doveva
essere adorato su tutti un Dio “speciale”, Aton, Dio del sole, e che
Aton poteva essere venerato appunto attraverso il faraone.
Il tentativo di accentramento non era stato intimamente accettato né
dal popolo né tantomeno dalla totalità dei sacerdoti delle altre
divinità, che vennero esclusi come casta, perdendo i privilegi e il
potere di cui godevano da migliaia di anni.
Intorno all’anno 1350 a.C. Akhenaton dichiarò il sole quale unico Dio
d’Egitto, trasferì la sede del governo ad una nuova città, da lui
fondata in onore di Aton (Akhetaton).
Nel fare ciò secondo alcuni fondò la prima religione monoteista della
storia documentata.
La sua morte, avvenuta in circostanze non chiarite, segnò la fine
della sua riforma.
Fu allora che la vecchia casta dei sacerdoti si vendicò, in molte
sculture e rilievi fu cancellato il suo nome, abraso dalle pietre e
scalpellato in modo da eliminarne il suo ricordo e il suo operato.
Akhenaton sperava che suo figlio Tutankhaton avrebbe seguito le
sue orme, ma il ragazzo aveva solo nove anni quando salì al trono: il
suo nome ben presto fu cambiato in Tutankhamon.
Tutankhamon regnò per soli dieci anni ed è facile pensare che un
principe che salì al trono a soli nove anni venisse controllato dagli
anziani, e in effetti dalle primissime fasi del suo regno eliminò del
tutto ciò che suo padre fece in precedenza, ritornando alla religione
politeista.
Ma tutto ciò ha favorito la nascita di un’altra religione monoteistica e
il suo diffondersi, perché è proprio sulle rive del Nilo che, secondo la
tradizione ebraica, Mosè fu ritrovato tra i giunchi.
Giudaismo e cristianesimo
il monoteismo
Nel Cristianesimo non c’è dubbio che ci sia una "de interpretatione "
della Bibbia originale ebraica.
Il grande difetto del cristianesimo e di tutte le sue derivazioni è la
totale e assoluta mancanza di conoscenza del contesto storico.
È un libro che non si può leggere pensando di usare le nostre chiavi
interpretative moderne e quello che, personalmente, non condivido è
la concezione di verità unica e "rivelata", come viene considerata nei
miti religiosi. Non ha senso.
Il Vecchio Testamento ebraico chiamato Tanach, ( di cui fanno parte
39 libri originali Genesi, Esodo, Ezechiele...ecc.) , differisce da
quello adottato dal nostro Vecchio Testamento che è stato rivisto nel
momento in cui c'è stata l'aggiunta dei Vangeli, alla luce della
predicazione di Gesù.
La differenza fondamentale quindi fra le due religioni sta proprio nel
fatto che l'ebraismo non riconosce Gesù come la figura del "Messia"
preannunciato nelle profezie, mentre il cristianesimo sì.
Ma anche nello stesso Nuovo Testamento cristiano il concetto di Dio
cambia rispetto all'Antico testamento biblico, discostandosi ancora di
più dai concetti teologici dell'ebraismo divenendo sempre più
complesso: Io sono l'Alpha e l'Omega, l'inizio e la fine (Apocalisse
1,8).
All'inizio fu il Verbo e il Verbo era Dio... Tutte le cose furono fatte da
lui e senza lui niente sarebbe stato creato.
La ricerca dell'umanità culminerà, secondo le aggiunte del nuovo
testamento, con il ritrovamento del giardino mistico dell'Eden, ancora
più pieno e ricolmo di grazie e bellezze del primo paradiso terrestre,
sotto forma di "cielo e terra nuova".
Se confrontiamo il testo originale della Behreshit con quello della
nostra Genesi rimarremmo probabilmente di stucco perché, mentre
per la nostra Genesi, il mondo sarebbe stato creato da “Dio”
(singolare maschile), per la versione ebraica da una pluralità di
individui chiamati Elohim.
Che dire, ad esempio, di fronte alla scoperta che il mondo non
sarebbe stato creato affatto da "Dio" (singolare maschile), ma da
una pluralità di "Dei"? Il termine Elohim infatti, che nella nostra
Genesi è tradotto con "Dio", in ebraico è sostantivo invariabile, solo
plurale, ed è sia maschile che femminile. E in effetti il versetto "....
Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini
sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le
bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra". (Genesi
1.26)
Suona certo un po’ strano.
Date le mille contraddizioni e ritocchini apposti in seguito e,
ritrovando questi stessi individui creatori in altre cosmogonie, perché
molti sono portati a pensare che ci fosse gruppo di Elohim che ha
avuto la necessità di fabbricarsi qualcuno che lavorasse per loro?
Questa visione della creazione è da considerare totalmente priva di
fondamento?
Hanno fatto prima il maschio, un gruppo di uomini primordiali che noi
conosciamo come l’Adàm, e con ogni probabilità, come si asserisce,
lo hanno fatto con un intervento di ingegneria genetica?
Alcune teorie, alla luce di interpretazioni e traduzioni nuove della
lingua in cui era stata scritta la Bibbia, asseriscono che dopo un po’
di tempo gli Elohim si sarebbero accorti, che il maschio da solo
soffriva di solitudine e decisero di fargli la femmina, e anche questa
l’hanno fatta – stando a quel che racconta la Bibbia – compiendo un
ulteriore intervento di ingegneria genetica.
E di lì in avanti si è sviluppato il tutto.
Questo non deve interessarci in questo libro ma era una parentesi
doverosa se si vuole parlare di simbolismo della creazione.
Penso che possa essere considerata una delle altrettante tesi
creazionistiche, perlomeno della specie che conosciamo come
homo.
Probabilmente gli ominidi hanno seguito il loro normale processo
evolutivo come sembra suggerire il mito norreno degli uomini albero
che analizzeremo in seguito.
Una cosa è certa: nessuno potrà dare risposte oggettive ma
sicuramente si deve prestare attenzione e ricercare dalle fonti.
E una di queste fonti è proprio il simbolismo della creazione nelle
varie cosmogonie.
Come non ricordare la frase "infelice" di Papa Luciani, quando il 10
settembre del 1978, prima di morire volle farci sapere a tutti i costi
che "Dio è papà; più ancora è madre" e che nella natura di Dio è
insito il maschile e il femminile insieme?
A quella constatazione il clero sussultò e si scatenarono eminenti
teologi, tra i quali su tutti il professor Joseph Ratzinger, divenuto nel
2005 suo successore sulla cattedra di Pietro.
Ratzinger fu inappellabile sulla questione della maternità di Dio:
«Madre non è un titolo di Dio, non è un appellativo con cui rivolgersi
a Dio. Noi preghiamo così come Gesù, sullo sfondo della Sacra
Scrittura, ci ha insegnato a pregare, non come ci viene in mente o
come ci piace. Solo così preghiamo nel modo giusto».
In un altro passaggio il futuro Benedetto XVI affermò letteralmente:
«Se nel linguaggio plasmato a partire dalla corporeità dell’uomo
l’amore della madre appare inscritto nell’immagine di Dio, è tuttavia
anche vero che Dio non viene mai qualificato né invocato come
madre, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento. Madre nella Bibbia
è un’immagine ma non un titolo di Dio».
E sempre Benedetto XVI precisa:
«L’immagine del padre era ed è adatta a esprimere l’alterità tra
Creatore e creatura, la sovranità del suo atto creativo. Solo mediante
l’esclusione delle divinità-madri l’Antico Testamento poteva portare a
maturità la sua immagine di Dio, la pura trascendenza di Dio».
Il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1985
affermava:
«Il cristianesimo non è nostro, è la Rivelazione di Dio, è un
messaggio che ci è stato consegnato e che non abbiamo il diritto di
ricostruire a piacimento...».
E ancora leggendo: «...Dunque, non siamo autorizzati a
trasformare il Padre nostro in una Madre nostra: il simbolismo usato
da Gesù è irreversibile, è fondato sulla stessa relazione uomo-Dio
che è venuto a rivelarci».
E visto anche che per sua eminenza, Papa Emerito Ratzinger, non
abbiamo il diritto di ricostruire a piacimento, ma di osservare (e farci
poche domande perché la Bibbia stessa viene definita "Parola di
Dio" ) quello che ordina il Sacro Libro, io mi chiedo se per caso
nostro fratello morisse dopo il matrimonio, e noi non fossimo sposati,
ci toccherebbe sposare per forza la cognata rimasta vedova?
Procreare con lei?
Anche se ha i baffi lunghi un metro?
E se non lo facessimo, lei avrà il diritto di prenderci a bastonate
davanti a tutta la famiglia e al popolo come si prescrive?
Purtroppo, si cita la Bibbia solo quando serve a definire
inammissibile l' omosessualità, ma poi si dimenticano
completamente di farci conoscere e osservare i mille doveri come
questo.
Ritornando al discorso Creazione...
Ma non fummo fatti tutti a immagine e somiglianza del Dio?
Non a quanto dice la Behreshit, non propriamente. Infatti, vi è la
frase: ... l'umanità che fu fatta "ricalcando i loro contorni" che non è
la stessa cosa.
Nella Genesi, ad esempio, la stessa creazione viene raccontata due
volte, nell'arco di pochissime pagine, e in ordine capovolto una
rispetto all'altra.
La tradizione vuole che i primi 5 libri della Bibbia, che noi chiamiamo
Pentateuco, e gli ebrei Torah, siano stati scritti direttamente da Mosè
intorno al 1200 a.C.
Fra questi sicuramente il più importante è il primo, che noi
chiamiamo Genesi e gli ebrei chiamano Behreshit (“l’inizio”), dove
viene descritta sia la cosmogenesi che l’antropogenesi, cioè la
nascita del mondo materiale e quella dell’Uomo e delle altre forme
viventi.
Però c’è da dire che a volte la Bibbia presenta il Creatore come
Elohim (Dio), altre volte lo chiama Yahweh, o Jehovah (Eterno o
Signore), altre volte Elyon (Altissimo).
Questo termine in ebraico significa “quello che sta sopra”, e molto
spesso lo troviamo scritto come “El Elyon”, cioè “l’El che sta
sopra”...supponendo quindi che ci sia qualcun altro sotto di lui nel
comando.
“Elohim” è un termine sicuramente “plurale”, e qui abbiamo il primo
problema……se è un termine plurale perché lo troviamo tradotto con
un singolare?
Una risposta plausibile alla domanda potrebbe essere questa:
l'introduzione del monoteismo come chiave unificatrice che doveva
andare al di là del solo contesto religioso, ma che partendo proprio
da quel contesto potesse essere applicato anche al contesto storico-
geografico dell'epoca.
ATTENZIONE: Yahweh a Mosè sul Monte Sinai dice “non avrai altro
Dio all'infuori di me” ( perché specificarlo se fosse unico?) e non
“non esiste un altro Dio all'infuori di me” che è molto diverso.
Per secoli la filologia teologica ha fatto vari tentativi di elaborare una
soluzione al termine indicandolo in maniera del tutto arbitraria come
“plurale di maestà”, “plurale di dignità”, di “astrazione” che starebbe
ad indicare la magnificenza della divinità, fino a quella elaborazione
che afferma che quando in ebraico Elohim è usato con il verbo al
singolare significa “DIO”, mentre quando è usato con il verbo al
plurale sta ad indicare le divinità pagane…gli idoli di pietra.
Ma vediamo un esempio pratico nella Bibbia:
Genesi 35:7: [7]Qui egli costruì un altare e chiamò quel luogo «El-
Betel», perché là Dio gli si era rivelato, quando sfuggiva al fratello.
Qui chi parla è Giacobbe e ci dice che in quel luogo gli si era rivelato
Dio.
Nel testo originale e seguendo una traduzione interlineare troviamo
“…ed edificò l’ altare e chiamò il luogo El di Betel poiché la si erano
fatti vedere a lui gli Elohim”...
Quindi se vale quella regola, vuol dire che a farsi vedere a Giacobbe
furono ancora gli idoli di pietra, perché il verbo che accompagna il
termine Elohim è plurale.
E ora “Yahweh”: quando nelle bibbie trovate scritto il “Signore” o
“l’Eterno”, nel codice ebraico troviamo scritto “Yahweh”.
Ma come mai visto che nessuno al mondo sa cosa significa
veramente Yahweh.
È prima di tutto un suono...un suono che l'entità ha pronunciato
quando Mosè, dopo che aveva portato fuori dall’Egitto quel popolo
che semmai era protosemitico ma ebraico non era nemmeno,
salendo sul monte Sinai gli disse “…ma tu chi sei? con quale nome
devo convincere quelle persone a seguirti?"
Ma la cosa veramente interessante e degna di considerazione
sarebbe capire in che lingua questa entità ha pronunciato quel
suono dato che al tempo di Mosè non esisteva la lingua ebraica.
Infatti , a quanto rivelato da studiosi di filologia e linguistica
mondiale, essa fece la sua comparsa tre o quattrocento anni dopo
Mosè.
Facendo un ragionamento logico potremmo dire che, dato che Mosè
ha portato fuori quel popolo schiavo dall’Egitto, (dopo che un gruppo
di pastori probabilmente proto israeliti, chiese al Faraone di
concedergli un posto dove stabilirsi con le greggi, e questi gli
concesse liberamente la zona migliore nella regione chiamata
Goshen, nel delta del Nilo, e oggi chiamato sito di Avaris,
attualmente in fase di scavo e di studio), parlassero sicuramente
l’egiziano ormai, essendo passate varie generazioni e quindi che
questo suono “YHWH” sia stato pronunciato in egiziano.
E se vi dicessero che, oltretutto, questo suono è stato messo per
iscritto così “YHWH” molto probabilmente, quattrocentocinquanta
anni dopo essere stato pronunciato? E inoltre che le vocali questo
suono le ha ricevute altri 1500 anni dopo? È solo allora che i
Masoreti hanno trascritto la lingua, che fino a quel momento era solo
parlata, e riportato in rotoli tutto il testo ebraico della Torah calandoci
dentro un significato per ogni parola o gruppo di lettere.
Ma è la Bibbia stessa a fornire spunti per fare delle considerazioni.
DEUTERONOMIO 32:8,9 [8]“Quando l’Altissimo divideva i popoli,
quando disperdeva i figli dell’uomo, egli stabilì i confini delle genti
secondo il numero degli Israeliti. [9] Perché porzione del Signore è il
suo popolo, Giacobbe è sua eredità”.
Innanzitutto, c’è da fare una precisazione, in quanto nel versetto
biblico originale della Biblia Ebraica Stuttgartensia (copia esatta del
Codice di Leningrado) e nei Rotoli del Mar Morto, non si parla della
suddivisione dei territori in base al numero degli Israeliti, ma bensì in
base al numero degli Elohim.
Quindi siamo di fronte ad un errore di interpretazione da parte dei
Masoreti, ma non ci dobbiamo meravigliare quando parliamo della
Bibbia.
Ora uscendo da ogni canone religioso cosa si può dedurre da
questo passo?
Che esiste un Essere chiamato Elyon(tradotto con "altissimo" non si
sa perché visto che il significato preciso dall'ebraico è "colui che è
più in alto di tutti" ma tutti chi?), il quale dopo aver fatto la creazione
divide i territori della Terra in base agli Elohim che c’erano, e a
Yahweh tocca quel popolo preciso (Giacobbe).
Qui la distinzione che si fa è precisissima.
E ancora:
DEUTERONOMIO 32:12 “Il Signore lo guidò da solo, non c’era con
lui alcun Dio straniero”.
Qui si precisa che Yahweh ha guidato il popolo di Israele da solo,
senza l’aiuto di alcun Dio straniero, il che vuol dire che vi erano altri
Dei, legati però a popoli stranieri, che avevano ricevuto come
eredità.
Dato per scontato che suddivisione fu fatta sulla base dei figli di
Israele possiamo affermare che Dio (Elyon) ha fatto la suddivisione
sulla base dei figli di Israele e poi si è scelto Giacobbe.
Tutto filerebbe liscio se non fosse che tutta la Bibbia, tutta, altro non
è che la storia di come Yahweh, con quel popolo che si è scelto, è
andato alla conquista militare, feroce e sanguinosa, per decenni, dei
territori degli altri popoli che lui stesso (Elyon) non si era assegnato
ma aveva dato agli altri Elohim.
Non se li poteva semplicemente prendere visto che era Dio?
E invece no, manda i suoi a massacrare quelle tribù che abitavano in
quei territori, e nei libri di Giosuè vediamo che il termine esatto usato
era “pulizia etnica”.
Giosuè fu forse il più grande condottiero di questi massacri,
incaricato e infervorato dalla fede, di battaglia in battaglia conquistò
una gran parte di quello che sarebbe divenuto il regno di Israele. Il
brano sulla presa di Gerico (Giosuè 6:20-21), da solo, basta per
riassumere la crudeltà, la ferocia, la spietatezza con cui gli Ebrei
operarono la loro pulizia etnica ai danni ‘degli altri’: “Il popolo lanciò il
grido di guerra e suonarono le trombe.
Come il popolo udì il suono della tromba e lanciò un grande grido di
guerra, le mura della città crollarono su sé stesse; il popolo salì
verso la città, ciascuno diritto davanti a sé, e si impadronirono della
città. Votarono allo sterminio tutto quanto c’era in città: uomini e
donne, giovani e vecchi, buoi, pecore e asini, tutto passarono a fil di
spada“.
Uno scenario agghiacciante, che nessuno ha mai letto fino in fondo,
durante le funzioni religiose.
Giosuè 24:14 “Temete dunque Yahweh (Signore) e servitelo con
integrità e fedeltà; eliminate gli Elohim (dei) che i vostri padri
servirono oltre il fiume (Mesopotamia) e in Egitto e servite Yahweh
(Signore).”
Qui Giosuè ci dice che oltre agli Elohim della Mesopotamia, c’erano
anche quelli che governavano in Egitto, e vogliamo ancora parlare di
plurale di astrazione?
C’è Yahweh Elohim d’Israele, gli Elohim della Mesopotamia e gli
Elohim dell’Egitto e questo viene raccontato tranquillamente nella
Bibbia.
Sappiamo che Yahweh quando fece uscire quelle persone dall’Egitto
promise loro la cosiddetta “Terra Promessa”, un territorio che andava
dal Nilo all’Eufrate.
Ma sentiamo cosa ci dice la Bibbia a tal proposito:
Giosuè promette di dare la terra promessa al suo popolo 3:1
[1]Quando Giosuè fu vecchio e avanti negli anni, il Signore gli disse:
“Tu sei diventato vecchio, avanti negli anni e rimane molto territorio
da occupare.”
Yahweh fa la ramanzina a Giosuè che è diventato vecchio, quindi
che è passato troppo tempo, e ci sono ancora tanti territori da
conquistare.
Ma a proposito di questa promessa, di questa alleanza con il popolo
israelita c’è una cosa curiosa da evidenziare:
Deuteronomio 5:1-3
[1]Mosè convocò tutto Israele e disse loro: «Ascolta, Israele, le leggi
e le norme che oggi io proclamo dinanzi a voi: imparatele e
custoditele e mettetele in pratica. [2]Il Signore nostro Dio ha stabilito
con noi un’alleanza sull’Oreb. [3]Il Signore non ha stabilito questa
alleanza con i nostri padri, ma con noi che siamo qui oggi tutti in vita.
Capito? Mosè dice esplicitamente che l’alleanza Yahweh l’ha fatta
solo con Giacobbe e la sua discendenza, mentre con i loro padri non
ha fatto alcun patto.
Tant’è che leggendo attentamente la Bibbia viene da pensare che
l’Elohim che si rivolse ad Abramo non fosse Yahweh, ma un altro
Elohim.
Difatti nella Bibbia in ebraico viene chiamato El Shaddai, che
significa “il potente “e sembra che sia stato questo Elohim a farsi
conoscere ad Abramo e discendenti, poi a seguito di quella divisione
delle nazioni e delle assegnazioni, a Yahweh è stato assegnato quel
pezzettino della famiglia che faceva capo a Giacobbe.
Secondo alcuni studiosi addirittura pare che Yahweh sia stato il figlio
minore di uno dei capi degli Elohim e dato che doveva farsi le ossa e
dimostrare di cosa fosse capace, gli è stato assegnato quella precisa
discendenza, mentre agli altri membri della famiglia sono stati
assegnati altri Elohim.
Questa distinzione fatta con l'aggiunta di qualche considerazione a
livello personale, si è resa necessaria per chiarire che quando il
lettore si imbatterà in considerazioni sull' Antico Testamento si
riferirà alla Behreshit Ebraica delle origini e non a quella cristiana
che da essa deriva, e che oggettivamente è stata ritoccata, rivista,
riscritta più e più volte, quindi altrettanto oggettivamente meno
affidabile nelle considerazioni.
Con questi presupposti andiamo ad analizzare l'atto della creazione
nelle diverse religioni e i suoi simboli millenari che in più di un caso,
come vedremo, sono gli stessi per le religioni più antiche.
La creazione secondo L'Antico Testamento
Un bel giorno, esattamente 5778 anni fa’, (secondo il Calendario
ebraico che, com'è noto, aggiunge 3760 anni al Calendario civile)
Dio creò il mondo attuale, sul quale viviamo, seppure così giovane
nei confronti dei mondi precedenti , simile per energia ma molto
diverso nella sostanza.
In esso i vari componenti fisici e spirituali che prima erano
"disordinati", divengono "ordinati" in previsione della creazione del
primo essere umano.
Adamo venne creato dalla polvere.
Poco prima della fine dell'opera perfetta operata dal Dio, Adamo, in
piena libertà, fece la sua "scelta" sbagliata, ( quella di mangiare il
frutto della conoscenza dall'albero proibito), provocando uno
slittamento di ben 6 mila anni, periodo questo nel quale noi ancora ci
troviamo, e dopo il quale dovremmo essere catapultati nel mondo
promesso dal Creatore poiché la colpa sarà espiata....
Ma andiamo avanti.
Adamo ed Eva, sua seconda moglie, (la prima fu Lilith , che secondo
la tradizione fu creata nello stesso modo di Adamo, dalla Terra e non
da una costola del primo uomo come Eva. Nella stesura della
Genesi Biblica delle origini, da cui l'antico testamento cristiano, si
capisce che questo non poteva essere gradito alla mentalità semitica
degli autori, un essere con pari dignità dell’uomo e quindi
scomodamente diversa da tutta la concezione dell’Antico
Testamento, e perciò opportunamente taciuta e omessa nella bibbia
cristiana ma presente solo in quella ebraica delle origini ), si
ritrovarono a mangiare dell'albero della conoscenza sotto istigazione
del serpente e furono cacciati dall'Eden.
Eviterei anche di chiedere come mai il Dio mise l'albero della
conoscenza in mezzo a tanti altri e indicarlo dicendo di non
mangiarne.
Un po’ come dire a un bimbo in una pasticceria di non mangiare
quella particolare torta in mezzo a tante altre perché è la più buona.
E poco c'entra il concetto di libero arbitrio ...l'uomo aveva ben poca
autonomia decisionale, messo in mezzo tra il Dio creatore di tutte le
cose ( che sapeva oltretutto prima che Adamo avrebbe peccato) e
un serpente parlante che gli suggeriva di mangiare quel frutto che lo
avrebbe portato alla conoscenza e quindi reso simile a Dio stesso.
Come vedete la verità letteraria presente nel testo sacro per
antonomasia sfugge un po’ alla razionalità che dovrebbe essere
usata proprio in quanto definita tale.
E andando avanti nella ricerca della creazione attraverso le varie
cosmogonie ci si accorge che tutti i miti hanno una base, o degli
elementi comuni, tali da produrre elementi simbolici identici.
Ci ritroviamo a questo punto davanti ai primi grandi simboli millenari:
l’ acqua e la terra da cui l'essere umano è stato creato, l’ Albero
della Conoscenza, il Serpente e la cacciata dal giardino, luogo della
creazione.
Riprenderemo la loro analisi in seguito.
Un mito molto interessante a riguardo della creazione è quello degli
Ainu, parola che significa letteralmente "uomini", la cui provenienza
rimane tutt'oggi misteriosa.
Questo antico popolo, di cui pochissimi giapponesi stessi sanno,
abitava le coste dell'isola di Hokkaidō nel nord del Giappone , un
tempo chiamata Ezo, e cioè Isola dei barbari, ( letteralmente coloro
che non avevano conoscenza, selvaggi ), le isole Curili e l'isola
russa di Shakhalin e una piccola porzione della Penisola della
Kamčhatka.
Ebbene nella mitologia di questo popolo incontriamo il Dio creatore
Kamui.
Il suo reame, in mezzo a vegetazione lussureggiante e selvaggia (
molto simile nella descrizione a quella del giardino dell' Eden) , era
circondato da un resistente muro di metallo ed era accessibile solo
tramite un grande cancello di ferro.
Il primo popolo, gli Ainu, aveva quindi corpo di terra, poiché creati
dopo sei giorni dal fango dell'oceano primordiale dallo stesso Kamui,
che successivamente mandò Aioina, l’uomo divino, sulla terra per
insegnare agli Ainu come cacciare e cucinare.
Ma il genere umano ben presto si dimostrò indegno degli
insegnamenti e Aioina decise di ritornare sulle nuvole.
L'essere umano da allora ambisce alla Conoscenza.
Il racconto Incas della creazione è conosciuto grazie ai racconti
tramandati dai sacerdoti oppure dalla iconografia delle ceramiche o
delle costruzioni architettoniche e grazie ai miti e alle leggende
sopravvissute tra i nativi americani.
Secondo questi racconti, nei tempi antichi la terra era immersa
nell’oscurità.
Allora, dal lago Titicaca, emerse il dio Con Tiqui Viracocha, insieme
a due esseri umani, un uomo e una donna creati dal fango del fondo
del lago.
Con Tiqui, il creatore, aveva forma umana ma era un essere di luce
e senza ossa.
Egli concesse all'uomo una porzione della terra piena di qualsiasi
cosa utile per sopperire ai bisogni dei primi esseri umani,
equiparabile nella descrizione ad un bellissimo giardino nell'aspetto.
L'uomo e la donna (e i loro discendenti che popolarono di lì a breve il
maestoso giardino), però, dimenticarono il dio e si ribellarono
pretendendo di conoscere ogni cosa, ( ecco che ritorna prepotente il
desiderio di Conoscenza nell'uomo che non si accontenta di ciò che
gli viene dato).
Così egli li punì cacciandoli dal suo giardino situato a Cusco
smettendo di mandare la pioggia.
La gente allora fu costretta a lavorare duramente arrangiandosi con
la poca acqua che poteva trovare solo scavando la dura terra con
fatica.
Anche qui ci sono delle analogie molto forti.
Per il popolo Cherokee, in principio, vi era solo acqua.
Tutti gli animali vivevano sulla superficie dell'acqua e non c'era
distinzione tra cielo e terra. Dayuni'si, il dio acquatico, esplorò le
profondità degli oceani e tutto quello che trovò fu del fango.
Dopo averlo raccolto iniziò a portare sulla superficie delle acque il
fango primordiale, e lo lanciò dappertutto, fino a che cadendo
dapprima divenne la Terra così come la conosciamo, poi andò a
formare l'uomo, e grazie all'intervento del Dio Falco ( da notare la
somiglianza iconografica con il Dio falco egizio Horus) che sbattendo
le enormi ali diede una forma alla terra ritagliandone le montagne e
le pianure fino ad asciugare l'uomo e a donargli la vita col soffio
prodotto dalle sue ali. La mitologia egizia secondo la teologia
eliopolitana, nota attraverso i "testi delle piramidi", pone al centro del
mito della creazione il dio solare Atum.
.Nato dall'oceano primordiale (Nun), Atum salì su una duna e creò,
secondo alcune traduzioni con il suo seme (e secondo altre con la
saliva) Shu (il vuoto) e la dea Tefnut (l'umidità), che a loro volta
generarono Geb e Nut, la terra ed il cielo. Da questi ultimi nacquero
due coppie di fratelli e sorelle, Osiride, Iside, Seth e Nefti, i quali
procrearono il genere umano.
La cosmogonia tebana, proveniente dal culto che si professava
inizialmente nella città di Ermopoli, narra di una collina di fango
emersa dalle acque, originando otto uomini, semidei primordiali ,
quattro maschi e quattro femmine.
Queste divinità avrebbero creato un uovo, da cui nacque Amon, il
dio-sole.
Per non parlare della creazione secondo i canoni delle religioni
induista e buddhista.
Sacro a queste due religioni è il Monte Meru. Sulla sua sommità si
trovava il paradiso di Indra (Signore della folgore e creatore).
L' Eden orientale era conosciuto come Svarga "luce", Svarloka o
Indraloka.
Questo paradiso è definito dalle tre sacre religioni quali
Brahamanesimo, Bhuddismo e Induismo come un posto simile ad un
giardino lussureggiante, dove è concesso da Indra ogni tipo di
godimento e soddisfazione.
In questo paradiso vi è insieme alla vacca sacra, simboleggiante
l'abbondanza, un albero che realizza la Conoscenza chiamato
Pārijāta , ed al quale si accede attraverso due principi cardine:
Moksa , l'emancipazione intesa come sviluppo intellettuale
dell'essere umano, Samsara la ruota su cui sovrastava un serpente ,
che rappresentava la ciclicità dell'universo, e riferito all'uomo, il ciclo
di nascita, crescita e morte.
Samsara indica anche "l'oceano dell'esistenza", la vita terrena, il
mondo materiale, nel quale sono presenti sentimenti quali dolore,
ignoranza e sofferenza che ci annebbiano negandoci la visione delle
varie dimensioni sia terrene che ultraterrene.
Quello in cui viviamo, altro non è che illusione.
Questo fumo o illusione che non ci permette di vedere oltre è
conosciuto come velo di maya.
L'uomo è afflitto da ignoranza metafisica (avidyā), ossia da una
visione inadeguata del terreno e ultraterreno e quindi tale ignoranza
conduce l'uomo ad agire in maniera ciclica trattenendolo così nel
Samsara.
Per l'induismo La Trimurti sarebbe la manifestazione triplice dello
stesso Dio in base all'azione che opera verso il creato.
Brama il Creatore, Shiva il Distruttore, Vishnu il Conservatore.
Infatti, è spesso realizzata a livello iconografico come un'unica
divinità e rappresentata artisticamente con tre teste per un solo
corpo.
Secondo la fede nella Trimurti, queste figure Divine sono
semplicemente aspetti differenti riconducibili al Dio creatore presente
comune alle triadi di molte divinità europee (Odino, Thor e Freyr;
Giove, Nettuno e Plutone; il concetto cristiano di Dio che diventa la
Sacra Trinità; nel paganesimo celtico ).
Nell'induismo, la creazione della natura e dell'uomo è ritenuta essere
manifestazione stessa del Dio (che appunto attraverso la Trimurti
diviene all'occorrenza, creatore, conservatore e distruttore ),
presente sia all'interno che all'esterno delle sue creazioni, per cui
tutti gli animali e gli esseri umani, hanno un elemento divino in loro,
quella scintilla divina che ritroviamo nella genesi coperto
dall'ignoranza e dall' illusione insite nella materia e dal vivere
un'esistenza profana.
La leggenda della creazione narra che il Gange, ( o Ganga, che alle
volte viene identificata come una divinità femminile), è il più sacro di
tutti i fiumi sacri perché proviene dal cielo.
Gli indù credevano che in origine il Gange, pura energia cosmica,
scorresse nel cielo e prendesse la forma di quella che noi
conosciamo come la Via Lattea.
Brama , il creatore, lo imprigionò e decise di inviarlo sulla terra per
donare al mondo, ancora inviolato, parte di quella energia creatrice.
Ma il Gange scorreva con una tale energia e forza che avrebbe
sommerso la terra.
Il dio Shiva allora rallentò la caduta del Gange raccogliendo il flusso
delle acque nelle ciocche dei suoi capelli.
Shiva a quel punto sciolse una sola ciocca dei suoi lunghi capelli e il
Gange cominciò a scorrere sulla terra meno impetuoso.
Da rilevare l’analogia con La Cabala Ebraica che parla di Ohr Ein
Sof , luce ( il pensiero creatore stesso, infinito e imperscrutabile),
che non potendo essere contemplata e capita, defluisce in dieci vasi
, detti Sephirot, tra essi collegati e discendenti da Dio, (piano divino
superiore, dove esiste il pensiero creatore), fino ad arrivare in
maniera più smorzata sul piano fisico/materiale di ciò che si attua nel
creato, tutto ciò che è (quello inferiore) .
Gli Indù non credono in un solo atto creativo, ma a cicli di creazione,
datandone la prima a circa otto miliardi e mezzo di anni fa.
Ma chi ha creato Brama? La filosofia induista non si addentra in una
tale questione teologica perché, secondo alcuni eletti che ne ebbero
la visione, non riuscirono a comprendere quanto mostrato , in quanto
l’essere umano ha un livello di coscienza limitato tale da non avere
la consapevolezza e la capacità di elaborare un concetto così al di
fuori del nostro pensiero.
Un concetto che va aldilà della definizione umana e dell’intelletto.
Il Rig Veda è una raccolta di inni vedici sanscriti, si tratta di uno dei
quattro canonici testi sacri dell'Induismo conosciuti come i Veda, è il
libro di mantra e contiene la più antica forma di mantra sanscrito.
Il testo è organizzato in libri, conosciuti come i Mandala, ogni
mandala composto da inni chiamati Sukta.
Uno di questi Sukta, tra i più antichi, a proposito dell’atto creativo,
recita:
« Non c’è né esistenza né non esistenza», tutto sembra ricalcare il
concetto della legge della conservazione della massa , che prende
origine dal cosiddetto postulato fondamentale di Lavoisier, che è il
seguente:
« Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma ».
E ancora secondo l'Islamismo la stessa visione cosmica della
creazione della Terra.
Tutto secondo l’Islam, inizia con una grandissima nuvola di fumo da
dove emergono il cielo e la terra, e questo non può far altro che
richiamare alla mente le nebulose del cosmo che formano il
macrocosmo, coesistono quindi tra scienza e religione la visione
dell’origine del pianeta, per non parlare della creazione dell’uomo.
Non avendo nessun tipo di conoscenza della lingua araba mi limiterò
a citare letteralmente la traduzione ufficiale della genesi Del Corano
(23:12- 16):
-In verità creammo l’uomo da un estratto di argilla. Poi ne facemmo
una goccia di seme [posta] in un sicuro ricettacolo, poi di questa
goccia facemmo un’aderenza e dell’aderenza un embrione;
dall’embrione creammo le ossa e rivestimmo le ossa di carne. E
quindi ne facemmo un’altra creatura...-
Ma questa visione non è presente in una sola religione in maniera
così scientifica.
Secondo gli Aborigeni dell’Australia centrale, da decine di migliaia di
anni si tramanda il racconto della creazione.
Tutto ha avuto inizio in un bacino montuoso chiamato Tnorala, in un
tempo chiamato “il sogno”, quando gli dei del Cielo abitavano la Via
Lattea.
Essi ballavano su questo fiume.
Una dea danzava con un bambino tra le braccia, successivamente lo
mise in una cesta di legno, che gli aborigeni chiamano tranele.
I balli però iniziarono a far vibrare la Via Lattea, scossero la cesta e
quest’ultima cadde sulla terra creando il cratere.
Secondo una delle teorie scientifiche, la vita così come la
conosciamo, la dobbiamo alla caduta di un asteroide, o cometa, ed è
interessante che gli aborigeni avessero identificato la forma della
culla rovesciata con quella che gli astronomi occidentali chiamano
Corona Australis.
In quel cratere nacquero il primo uomo e la prima donna.
Ma come si colloca la scienza a confronto della religione
Giudaico/Cristiana che pone la creazione in un lasso temporale di
sette giorni?
Padre Tanzella Nitti dell’Osservatorio Astronomico Vaticano, nonché
direttore del Centro di Documentazione Interdisciplinare di Scienza e
Fede, ci viene in aiuto, essendo al tempo stesso uomo di fede
cristiana e scienziato che ha dedicato gran parte della sua vita allo
studio delle radiogalassie.
Come si concilia la fede in Dio con la moderna cosmologia?
Padre Nitti in sostanza risponde:
“ La teologia fondamentale ha come compito, fra l’altro, ascoltare
cosa si discute oggi sulla piazza. E sulla piazza si parla anche di
scienza. Nel clima di pensiero debole e di relativismo che
attraversiamo, il pensiero scientifico si presenta in controtendenza,
come pensiero forte. Ci ha fornito conoscenze precise sul nostro
passato ed è capace di orientare il nostro futuro; ci ha mostrato la
nostra collocazione nel mondo naturale – cosmologia, biologia… – e
di fronte a noi stessi – psicologia, neuroscienze –. Anche l’uomo
della strada ragiona oggi implicitamente in termini scientifici. Una
teologia che voglia servire l’evangelizzazione non può non tenerne
conto. Il contesto scientifico non è necessariamente 'problematico'
come spesso viene percepito.
Abbiamo imparato da san Giovanni e san Paolo che la nostra fede
ha un respiro universale, cosmico, e dunque non deve temere un
orizzonte spazio- temporale enormemente ampliato, come quello
che oggi conosciamo. Per quanto concerne la creazione l’idea
biblica non è una concezione scientifica della creazione, ma più che
altro teologica, non sappiamo cosa ci fosse prima del Big Bang
quindi non si identifica quest’ultimo con la creazione. Però è
perfettamente compatibile con quell’attimo prima del Big Bang : è
una causa prima quindi che è al di fuori del concetto del tempo e
dello spazio, è prima del tempo e di qualsiasi spazio. Dio creatore
ordina spazio e tempo in maniera incessante da quel momento in cui
tutto è esploso, ma non ci è dato di penetrare quell’attimo prima”.
Lo stesso e identico concetto teologico che è alla base della filosofia
induista che abbiamo visto prima.
Secondo i Maya
All'inizio vi erano solo cielo e acqua e una trinità di dei chiamata, tra
i quali U K'ux Kaj, Cuore del Cielo, poiché è lì che abitava, nel centro
dei cieli.
Questa trinità cominciò col dire "Terra", che dunque emerse dalle
acque, seguita da montagne e alberi. Cuore del Cielo contento del
proprio lavoro creò gli animali della foresta tra i quali anche il
serpente. Venne loro detto di moltiplicarsi, popolare la terra emersa
e lodare Cuore del Cielo, ma gli animali non facevano altro che
stridere e ululare, e ciò non piacque agli dei.
Allora Cuore del Cielo creò il primo uomo dal fango.
Ma il primo uomo era debole non riuscendo a stare in piedi dritto e
maldestro, fu dissolto dall'acqua.
Cuore del Cielo allora provò a creare uomini con il legno delle
foreste.
Ma gli uomini di legno si rivelarono troppo rigidi, attivi ma poco
intelligenti e così la trinità provocò la distruzione di questa nuova
razza, attraverso l'arrivo di un violentissimo temporale.
Solo pochi uomini di legno riuscirono a salvarsi, trovando riparo nelle
foreste, dove vivono tuttora essendo le attuali scimmie. Cuore del
Cielo fece un ultimo tentativo: creare una razza convenientemente
rispettosa, per cui plasmò le prime quattro coppie di esseri umani,
creandoli maschi e femmina, a partire da un impasto di mais e argilla
al quale, con una bevanda di mais fu data la forza e li mise nel
giardino della conoscenza. Possedevano la vista , gli altri quattro
sensi ed avevano anche la parola, inoltre la loro intelligenza era
molto spiccata ed apprendevano in fretta.
Però le facoltà di questi uomini li rendevano troppo simili agli dei e
prima o poi si sarebbero ribellati e non avrebbero servito né adorato
più Cuore del Cielo...così fu deciso di soffiare nebbia nei loro occhi,
affinché smarrissero la strada per il giardino della conoscenza,
limitando così la loro saggezza in modo che si scontrassero con il
mistero della terra emersa e l'ignoto.
Recentemente in Guatemala, a El Mirador, un grande sito
precolombiano appartenente alla civiltà Maya, risalente all'epoca
cosiddetta preclassica, ha svelato una serie di sculture in gesso che
ha confermato i diversi atti della creazione così come tramandati
oralmente.
Cuore del cielo veniva identificato con Orione e non a caso faceva
parte della trinità creatrice, laddove insieme agli altri due dei
venivano rappresentati e tradotti in forma architettonica come la
cintura di Orione.
Questa identificazione, è stata possibile grazie al ritrovamento di un
gran numero di edifici, i più notevoli dei quali sono tre grandi
complessi costituiti su una larga piattaforma artificiale su cui vennero
costruite una serie di piramidi.
Non vi ricorda nulla?
La teoria della correlazione di Orione è un'ipotesi della
piramidologia. La sua principale rivendicazione è che vi sarebbe una
correlazione tra la posizione delle principali tre Piramidi della
Necropoli di Giza e le tre stelle centrali della costellazione di Orione,
e che questa correlazione sarebbe stata volontariamente creata da
chi costruì le Piramidi.
Le stelle di Orione erano associate dagli egizi ad Osiride, il dio-sole
della rinascita e dell'oltretomba.
A seconda della versione di questa teoria, possono essere incluse
altre Piramidi per la ricostruzione della costellazione di Orione,
mentre il fiume Nilo rappresenterebbe la Via Lattea.
Quindi le più antiche religioni hanno basi comuni in maniera
indiscutibile.
Interessante come anche in un contesto molto diverso quale la
mitologia norrena, è sempre una triade di Dei fratelli, Odino, Víli e
Vé, a creare i primi umani, Askr ed Embla, (assimilabili a Adamo ed
Eva) dal tronco di un albero.
Presero rispettivamente due ceppi, un Frassino e un Olmo, da una
spiaggia emersa dalle acque e crearono due figure umane a cui
Odino donò il soffio vitale , Víli donò le emozioni e l'intelligenza, e Vé
la parola e i sensi.
Questi primi umani vennero posti nel Miogaror, (talvolta anglicizzato
Midgard) un antico nome norreno con il significato letterale "Recinto
nel mezzo".
Miogaror è circondata da un mondo d'acqua, un oceano, che è
impenetrabile.
L'oceano è abitato da un gigantesco serpente marino Miogarosormr,
che è così grande da circondare completamente il mondo,
mordendosi la coda.
Dove si trova esattamente l’ Eden?
Molti si saranno fatti questa domanda.
L’Eden , o Ga’n Eden, secondo la versione della storia della genesi,
si troverebbe in Mesopotamia meridionale, più precisamente nella
pianura attraversata dal fiume Shatt al-'Arab, sepolto sotto decine di
metri di sedimenti nel moderno Iraq, in un lembo di terra tra due
fiumi, il Tigri e L’Eufrate.
Raffrontando questa localizzazione con la Bibbia, esso si trovava ad
oriente (di Israele) e dal giardino usciva un fiume che si divideva in
quattro rami fluviali: il Tigri, l'Eufrate, il Pison che circondava la terra
di Avila e il Gihon che circondava la terra di Etiopia. Eden è una
parola sumera che significa "steppa, pianura".
Nello Shatt al-‘Arab oggi confluiscono due dei fiumi citati nella
Genesi: il Tigri e l'Eufrate.
Se poi si considera che il golfo Persico era completamente asciutto
durante l'ultima glaciazione ed è stato allagato dalla trasgressione
marina fra i 5000 o 6000 anni prima di Cristo, è possibile che l'Eden
si trovi ora in fondo al mare. Questa teoria e l'identificazione degli
altri due fiumi (Pison e Ghicon) è stata proposta dall'archeologo Juris
Zarins e sembrerebbe quella accettata tradizionalmente.
Una teoria più recente invece colloca l’Eden dove non ci saremmo
mai aspettati: in Scandinavia.
A formulare questa ipotesi è Felice Vinci e si trova nel saggio
“Omero nel Baltico”, dove l'autore, nell'ambito della totale
localizzazione geografica dei poemi omerici in Scandinavia, teorizza
diversi collegamenti con le mitologie di molti altri popoli, tra cui quello
ebraico.
La sua teoria è che la penisola di Nordkynn, in Norvegia ha uno dei
fiumi che la bagnano, il Tana, che corrisponderebbe al Gihon biblico
: esso nasce in una zona della Lapponia finlandese, da cui si
dipartono altri corsi d'acqua.
Uno è l'Ivalo, che i Lapponi chiamano Avvil. L'assonanza con Avila,
da sola potrebbe essere casuale, ma prosegue con l'identificazione
di Tigri ed Eufrate con i loro corrispettivi scandinavi.
il complesso di questi fiumi delinea, secondo Vinci, una sorta di
Mesopotamia finnica, straordinariamente assomigliante a quella
asiatica.
Il paradiso dei Sumeri si chiamava Dilmun e lo si colloca per
tradizione, nel golfo Persico ma non in Iraq, ma in Bahrein.
In questo luogo, dove non esistevano malattie e morte, il dio Enki
usava accoppiarsi sessualmente con le dee sue figlie. Dopo aver
mangiato i frutti degli alberi creati dalla dea Ninhursag viene da
questa maledetto e condannato a molteplici mali.
Una volta riappacificatasi, per far guarire il dio Enki la dea Ninhursag
crea varie dee il cui nome corrisponde alla parte del corpo del dio.
Fra le altre, in relazione alla costola, Ninhursag crea una dea dal
nome Nin.ti che significa "dea che fa vivere" e "dea costola"
(sumerico TI = vita e costola).
Questo significato, traslato in ebraico, potrebbe aver dato origine alla
figura di Eva.
Per gli ebrei invece dove si trova?
Forse non tutti sanno che alla crocifissione di Cristo sul Golgota,
narrano che gocce del suo sangue sia percolato attraverso una
fessura nella roccia e finì proprio sulla tomba di Adamo, le cui
spoglie erano esattamente sotto al luogo della crocifissione.
In seguito al contatto con il sangue di Cristo, Adamo resuscitò.
L’imperatore Costantino fece costruire attorno alla crepa una cripta,
appunto chiamata cappella di Adamo, che è tuttora visitabile sotto il
tempio di Gerusalemme.
Nell’antico giudaismo il giardino dell’Eden viene a identificarsi come
la presenza di Dio nel luogo dove Egli risiedeva, successivamente
assimilato con il suo tempio, quindi trattasi di una metafora.
Per i rabbini ebrei è innanzitutto l’aldilà e di conseguenza se i primi
uomini erano abitanti di Eden ciò vuol dire che erano spiriti.
L' albero della vita viene posto dagli ebrei nell' aldilà come il simbolo
dell’ immortalità spirituale.
Una curiosità: il nome Adam se lo priviamo della A iniziale otteniamo
“Dam”, che in giudaico vuol dire sangue, mentre se a Adamo
aggiungiamo il suffisso “Ah”, otteniamo Adamah, che vuol dire terra.
Tutto ciò sostiene e identifica ulteriormente la tesi di come Adamo
sia il nome a cui ci si riferisce, indicante il primo uomo a coltivare la
terra, o appunto per i rabbini il passaggio da pensiero a creazione di
Dio.
Inoltre, i libri sacri dell'India e il Mahābhārata celebrano l'aureo
monte Meru da cui sgorgano quattro fiumi, che si spandono poi
verso le quattro plaghe del cielo e sulle cui giogaie eccelse olezza e
risplende l'incomparabile paradiso, detto Uttara-Kuru, dimora degli
dei, prima patria degli uomini, sacra ai seguaci di Buddha non meno
che agli antichi adoratori di Brama.
Gli Egizi, a cui forse appartenne in origine l’ immaginazione degli
Orti delle Esperidi, serbavano lungo ricordo di una età felicissima,
vissuta dagli uomini sotto la mite dominazione di Ra, l'antichissimo
dio solare.
Airyâna vaegiâh, che sorgeva sull'Hara-berezaiti degli iranici, fu un
vero paradiso terrestre.
Ciò che sembra accomunare quasi tutte le religioni è il fatto che I
quattro fiumi che scaturivano dall'Eden lasciano congetturare che
esso fosse un monte, così come lo erano il Meru indiano, l'Alburz
iranico, l'Asgard norrena, il Kâf arabico nonché l'Eden citato dal
profeta Ezechiele nel Vecchio Testamento.
Altro aspetto comune è costituito dal fatto che L’eden rimane
connesso a quel mondo degli Spiriti a cui appartenevamo e a cui
faremo ritorno nella speranza di trovare un approdo definitivo alle
tribolazioni dell’esistenza terrena.
Parlando di creazione secondo i vari miti, abbiamo cominciato a
familiarizzare con i primi simboli millenari che accomunano tutte le
cosmogonie.
Tra questi ritroviamo il ruolo simbolico Serpente.
Questo simbolo è stato utilizzato largamente nel corso dei millenni,
sia per trasmettere un messaggio criptico, nascosto nelle diverse
tradizioni sacre, sia in alcuni casi, come rappresentante di un
significato negativo in quanto principio del male stesso, attribuendo a
questo bellissimo animale tutta la colpa per aver “tentato” Eva.
E in effetti, al di fuori della Genesi, il ruolo simbolico del serpente
non è mai stato così negativo.
In realtà ha espresso nella maggior parte dei casi un aspetto
vivificante nella natura dell'uomo: porta in sé il significato della vita
intesa come intelligenza, esso rappresenta la nuova vita legata
all'immagine della muta della pelle e al relato simbolismo della
saggezza, abbandonare la vecchia natura umana e carpirne una
nuova, proprio come suggerirebbe la tentazione" del serpente nei
confronti di Adamo ed Eva.
Perché al serpente è associato il Diavolo?
È un’associazione casuale o mirata? André Wénin autore del libro
“Dio, il diavolo e gli idoli” (Edizioni Dehoniane, Bologna) spiega che il
nesso ha significati tutt’altro che casuali.
Andiamo ad analizzare Il concetto di “CATTIVO INFINITO”.
Secondo la conclusione del racconto mitico, la cupidigia, incarnata
dal serpente-Satana, rovina ogni possibilità di alleanza fra gli umani
e il creatore, scalza le relazioni fondatrici dell’umano, compromette
la buona intesa con la natura. Non tarderà a seminare la morte dopo
aver trasformato un uomo in nemico giurato del proprio fratello.
Nella mitologia, nella religione e nello studio del folklore è presente
durante la creazione una figura che si è direttamente evoluta dal
concetto di serpente.
La sua caratterizzazione è tipica: Il deviante, è un personaggio,
uomo, donna o animale antropomorfo, vorace, abile nell'imbroglio e
caratterizzato da una condotta amorale che si perpetua all’infinito, al
di fuori delle regole convenzionali .
Questa idea che qualcosa si reiteri o si espanda indefinitamente, che
non abbia limiti e confini e che sia smisurato, fa a pugni con la
ragione filosofica il cui scopo è quello di imbrigliare l’essere e di
comprenderlo.
Hegel parla del cattivo infinito, (das Schlecht-Unendliche), in più
punti della sua opera.
In particolare, in una lunga “ Nota della Scienza della logica”, parla di
questo continuo oltrepassare il limite, che è l’impotenza di toglierlo e
la perenne ricaduta in esso.
Quasi tutti quelli che hanno associato la mela al frutto proibito
assoceranno per forma mentis il diavolo al serpente: quando si parla
del diavolo chiunque darà la solita spiegazione: era un angelo, il più
bello degli angeli, il portatore di luce ( Lucifero) che si è ribellato a
Dio poichè invidioso delle attenzioni che dava alla sua nuova
creatura e per questo motivo è diventato il suo avversario.
Il problema è che questa storia non era conosciuta dagli autori che
hanno scritto il racconto che troviamo nei capitoli 2 e 3 della Genesi.
Nel X secolo a.C. nessuno poteva immaginare che un angelo si
fosse rivoltato contro Dio.
E infatti nella genesi non si parla né di rivolte di angeli né tantomeno
di demoni.
Ma solamente di un animale antropomorfo che parla alla donna e la
porta a peccare davanti a Dio.
Trovo alquanto degna di nota una teoria secondo la quale, bisogna
constatare, che solo più tardi il diavolo, nella concezione di cattivo
infinito fa un timido ingresso nella Bibbia, e non a caso proprio nel
momento in cui le figure dell’idolatria diventano meno pregnanti.
Il diavolo quindi è un’invenzione che vorrebbe arrivare a cosa?
Bisogna anche qui andare a ritroso nel tempo e partire dai Cananei.
Cerchiamo di inquadrare bene a livello storico la geografia e il
contesto politico del tempo.
Il territorio che comprendeva geograficamente parte dell’ attuale
Siria, il Libano e Israele.
Dapprima, questo lembo di terra fu dominato dall' Egitto e dai regni
siriani, e nel XII secolo a.C., i popoli del mare liberarono quelle terre
dal loro predominio.
Presenti in questa zona nello stesso periodo, vanno contemplate
numerose etnie:
I Filistei (erano popolazioni indoeuropee provenienti da i Balcani e
isole egee) facevano parte dei popoli del mare e quando provarono
ad attaccare l'Egitto vennero respinti; quindi tornarono indietro e si
fermarono in Palestina.
Oltre ai Filistei giunse poco dopo nella regione, una popolazione
semitica composta da essenzialmente da pastori nomadi, che visse
nei dintorni della regione, che quindi trovarono uno spazio adeguato
a stanziarsi, prima che vi giungessero gli ebrei.
Avevano una religione propria, fatta di riti incentrati attorno al culto
della fertilità e della natura (derivante dal sincretismo nato dalle
contaminazioni religiose assiro-babilonesi e fenicie), e per questo la
relazione con la divinità era intesa esclusivamente in termini di
cerimonie e osservanze rituali.
Non includeva nessuna esigenza etica o moralmente inaccettabile
ad esempio per quanto riguarda il potere generante della donna ,
tanto che era ammessa la prostituzione sacra.
La prostituzione era vista e praticata come tentativo magico-
superstizioso per vincere la morte e possedere la vita, legato al culto
della fertilità e incentrato sull’uso di un insieme di pratiche rituali per
lo più naturali, il cui simbolo era la figura del serpente.
Questa identificazione arrivò al punto che la parola “Nagash”
significava allo stesso tempo serpente e pratica magica, grande
pericolo e tentazione del popolo.
I primi villaggi ospitavano circa 300-400 persone, che riuscivano a
sopravvivere grazie ad attività quali pastorizia anche se prevaleva
comunque lo scambio economico.
Sebbene cercassero di distinguersi dai popoli vicini al loro territorio,
sta di fatto che essi condivisero un pantheon di numerose divinità
insieme ai popoli vicini, soprattutto i Cananei.
Le testimonianze archeologiche dimostrano che i proto-israeliti
durante questo periodo erano entrati a far parte attivamente del
popolo dei Cananei.
(Yahweh, che dai Cananei veniva chiamato anche Yahu o Yahwi,
veniva considerato un dio della guerra, al pari quindi di altre divinità
simili come ad esempio El, ed era uno dei personaggi del ciclo
mitologico di Baal.
Inoltre, migliaia di statuette di creta riportate alla luce suggeriscono
che in realtà i proto-israeliti non adoravano un solo dio, ma bensì
una moltitudine di dei, e quindi erano politeisti, al contrario di quanto
racconta il Tanakh, il quale non è storicamente attendibile, a
differenza dei reperti archeologici).
Il serpente era il simbolo delle divinità cananee della fertilità, simbolo
che gli israeliti vedevano raffigurato quando peccavano contro il loro
Dio, entrando nei templi cananei in cui si trovavano le sacerdotesse,
le prostitute sacre di Canaan.
Quindi nessun serpente inteso come male puro, demone o concetto
filosofico di cattivo infinito.
La donna era vista come adescatrice, la tentatrice sessuale,
generatrice di vita che non aveva più bisogno di un Dio per dare “la
vita” e ciò era inaccettabile.
Serpente e negatività assumono alla luce di quanto detto contorni
ben definiti, un volto molto preciso, quello della stessa sacerdotessa
dei culti pagani della fertilità, la cananea da cui stare lontani per
evitare la progenie mista, cercando di stare il più possibile lontani dai
santuari di Canaan.
Più tardi, il termine “cananeo” non a caso diventa un modo per dire
idolatra.
Non mancano chiarissimi riferimenti biblici :
Giudici ,1- 32,33
«I figli di Aser si stabilirono in mezzo ai Cananei che abitavano il
paese, perché non li avevano scacciati. N`ftali non scacciò gli
abitanti di Bet-Semes, né gli abitanti di Bet-Anat e si stabilì in mezzo
ai Cananei che abitavano il paese; ma gli abitanti di Bet-Semes e di
Bet-Anat furono da loro costretti ai lavori forzati».
«I figli d'Israele abitarono in mezzo ai Cananei … e venerarono gli
dei di costoro. » (Bibbia, Giudici, 3,5-6).
Ed ancora : « Soltanto nelle città di questi popoli che il Signore tuo
Dio ti dà in eredità, non lascerai in vita alcun essere che respiri; ma li
voterai allo sterminio: cioè gli Hittiti, gli Amorrei, i Cananei, i Perizziti,
gli Evei e i Gebusei, come il Signore tuo Dio ti ha comandato di fare,
perché essi non v'insegnino a commettere tutti gli abomini che fanno
per i loro dei e voi non pecchiate contro il Signore vostro Dio. »
(Bibbia, Deuteronomio, 20, 16-18).
I simboli serpentini
Tra i simboli serpentini, forse quello più conosciuto è il “Caduceo”,
presente nell'arte mesopotamica a partire dal 3500 a.C., utilizzato in
antichità dagli Assiri-Babilonesi, presente in India e nell'impero
Romano , fino ai vescovi ortodossi, ai Greci, per arrivare ai giorni
nostri dove il bastone alato con due serpenti intrecciati ( che ricorda
tantissimo la struttura a doppia elica del DNA) , ha assunto il
significato distintivo della medicina in generale, della farmaceutica e
dei medici in particolare.
Possiamo affermare che derivano tutti dal Bastone di Mosè.
Il bastone di Mosè era dotato di poteri tali da consentire di ridare vita
ai moribondi, come si narra nel libro dei Numeri.
È riportato che il popolo di Israele, stanco di mangiare la manna nel
deserto, fu punito da Dio con il morso di serpenti velenosi.
Dietro mediazione di Mosè, poi Dio stesso suggerì un rimedio:
"Il Signore disse a Mosè: costruisci un serpente infuocato (di metallo
rosso) e mettilo sopra un bastone, chiunque dopo essere stato
morso, lo guarderà, rimarrà in vita", e Mosè fece un serpente di
rame, lo mise su un’asta, e accadde che, se un serpente aveva
morso qualcuno, quando questi osservava il serpente di rame
restava in vita” (Num. 21:8-9).
Il serpente di rame, a mio parere, altro non era che un riferimento ad
un antico rimedio contro il morso dei serpenti, un impasto fatto di
terra rossa del deserto orientale che è tra il Nilo e il Mar Rosso, e di
dragoncello, un’erba spontanea.
Gli arabi tennero in grande considerazione questa pianta, e furono
proprio loro a diffonderla in Europa nel XIII secolo, come antidoto
contro il morso dei serpenti velenosi (in effetti pare che il nome della
pianta sia strettamente legato a questa presunta proprietà: il termine
arabo tarkoum - vicino al greco drakontion e al latino dracunculus -
significa infatti piccolo dragone o piccolo serpente).
Quel Dio che parlò a Mosè quindi lo mise a conoscenza di un
rimedio ma si sviluppa anche la prerogativa duplice del caduceo: il
serpente che dona la morte e il serpente che ridona la vita a chi era
in procinto di perderla.
L’ ambivalenza fu data dal cristianesimo che venne a creare un falso
antecedente tramite la disubbidienza alle “regole” del Dio, che ha
dato seguito alla maledizione eterna dei serpenti e delle donne,
come stabilito dalle parole della Genesi, e come abbiamo parlato
diffusamente nel capitolo precedente.
La croce di San Pietro Celestino, conosciuta come croce
celestiniana dove il serpente sulla croce è sia simbolo di Cristo che
si fa peccato per noi e sia simbolo di rinascita.
La dottrina indù ci parla di un Serpente attorcigliato e dormiente nella
parte bassa della colonna vertebrale, ossia nell'”Osso Sacro” .
I testi dicono che quando “questa energia” si sveglia, si alza come
un Serpente lungo la colonna vertebrale e passando per alcuni punti,
detti Chakras.
Secondo la tradizione ebraica c'era anche il “serpente divino”,
chiamato Shamir , ed era un attrezzo di origine celeste.
Secondo lo Zoar, spaccava e tagliava ogni cosa, tant’è che “per la
costruzione del Tempio di Gerusalemme, grazie al suo utilizzo,
durante i lavori, non si udì rumore di martelli, scalpelli, picconi o di
altri utensili (1 Re 6,7 e Talmud babilonese).
Esso raramente veniva affidato agli umani addirittura Dio dovette
istruirli : “dovette trasmettere saggezza e conoscenza perché
fossero in grado di eseguire i lavori”.
Lo Shamir era custodito nel Tempio di Gerusalemme (e prima,
probabilmente, nell’arca dell’alleanza); Come un moderno strumento
per tagliare e forare se ne conoscevano di diverse grandezze.
Re Salomone ne cita uno piccolo “come un chicco di grano” .
Con un po’ di logica si arriva a capire che molto probabilmente si
trattava di uno strumento con impugnatura a forma di serpente e
provvisto di lame con diamante.
Questa tecnologia rivoluzionaria per i tempi andò peraltro perduta.
Nel trattato Mishnajot si dice che “quando il Tempio di Gerusalemme
fu distrutto, lo Shamir sparì…”.
Il trattato Abot, che fa parte del Talmud babilonese, ci dice che fu
creato da Dio nei sei giorni della creazione del mondo e che venne
portato dal cielo agli uomini dal “guardiano del cielo Ashmedai” (un
Vegliante poi demonizzato con il nome di Asmodeo), e che Mosè lo
utilizzò nel deserto per costruire l’Ephod, (una tunica in lino per il
sommo sacerdote, provvisto di un pettorale in oro o rame), indossato
da Aronne, fratello di Mosè, che era decorato con due pietre che
servivano per " Urim e Thummim" una pratica divinatoria, che i
sommi sacerdoti usavano per interpretare il volere di Dio, come
descritto i Libri di Samuele dove viene descritto che ogni qual volta
Saul o Davide desideravano interrogare Dio con metodi oracolari,
chiedevano al sacerdote l'Ephod.
Tuttavia, il testo biblico afferma che Urim e Thummim erano collocati
sul pettorale, non tessute nell'Ephod (Levitico 8:8). L'integrazione
delle pietre nel pettorale, così come l'interpretazione in ebraico di
"Urim" come "luci", suggeriscono che Urim e Thummim potrebbero
essere stati un tipo di dispositivo oculare usato dal sacerdote
quando riceveva la comunicazione divina.
Per la serie la Bibbia è la parola di Dio...
Ricordiamo che la Chiesa proibisce ogni tipo di mantica e la rimanda
al demonio.
Altro aspetto molto importante è che la piastra dell'Ephod è stata e
sarà sicuramente presente tra le vesti papali. Ebbene sì, proprio il
paramento sacro ai sommi sacerdoti ebrei ( tra i quali ricordiamo
Caiphas, colui che condannò Gesù Cristo al patibolo).
Perché?
Daniele Arai nel suo articolo " La libertà religiosa di Paolo VI"
afferma che: "nel 1965 quasi tutti i padri del Vaticano II furono indotti
da Paolo VI a sottoscrivere errori ed eresie già condannate dal
Magistero.
Alcuni ne erano coautori, ma la maggioranza cadde nell’abbaglio
dell’«ubbidienza assoluta» a chi era in veste papale."
E poco dopo aggiunge:
"Paolo VI usò spesso in pubblico, l’«Ephod» dei grandi sacerdoti, il
simbolo di Caiphas che condannò Gesù. Un giorno si capirà meglio
le ragioni per le quali ritenne d’inviare il messaggio di un Papa in
veste di gran sacerdote al mondo. Per ora conosciamo solo i risultati
giudaizzanti di tale iniziativa in Vaticano."
E altrove: "Ora, il Vaticano II giustificando un’unità, una comunione e
una libertà religiosa, contrarie alla fede cattolica, rappresenta una
«perfidia».
Del resto, Paolo VI è apparso molte volte indossando l’Ephod di
Caiphas.
Non era forse questo il mistero dell’iniquità profetizzato come segno
precursore della fine dei tempi?".
Io penso che ci sia una spiegazione più occulta della questione.
Ricordate quando abbiamo parlato delle funzioni dell'Ephod e
avevamo anche riferito la possibilità che servisse a ricevere
comunicazioni con il Dio?
Certo è che sarebbe un comportamento illogico se non servisse a
nulla e fosse solo un paramento sacro inserirlo nell'Arca
dell'Alleanza, di cui farò cenno nelle prossime pagine.
Ebbene supponiamo per assurdo che seguendo le teorie secondo le
quali il pettorale del sommo sacerdote avesse proprio il compito di
instaurare una comunicazione con esseri venuti da lontano, che
cosa pensereste se vi dicessero che effettivamente contatti tra un
"angelo" o essere venuto da un’altra dimensione e un papa c'è
stato?
Nel 1961, due anni prima di morire, Angelo Roncalli, il Papa Buono,
avrebbe incontrato un essere di una altra dimensione...
L’incontro sarebbe avvenuto nei giardini di Castelgandolfo, residenza
estiva dei papi, alla presenza di un testimone speciale : uno dei
segretari del papa.
La notizia apparve dapprima sul quotidiano inglese " the sun" e fu
poi ripresa nel 1985, ma della notizia in Italia non trapelò granché,
mentre oggi quell’incontro torna alla ribalta grazie ad un filmato
apparso su YouTube.
E fa il giro del mondo.
Ecco tutta la storia di un “contatto” molto particolare. Ancora Nel
2007, durante un convegno sugli Ufo tenutosi in Perù, fu ripresa
dall’Arcivescovo per il Centro America della Chiesa cattolica
Ecumenica di Gesù Cristo, Monsignor Higinio Alas Gomez, che in
un’intervista telefonica di Tercèr Milenio ci ha dichiarato che
credendo in questa realtà, cioè che il Dio Padre ha impresso il suo
sigillo in tutto l’Universo, ci deve essere vita in altre galassie, in altri
pianeti.
IL LIBRO DELLE PROFEZIE

Nel Libro delle profezie di Papa Giovanni XXIII, realizzato dallo


scrittore e sceneggiatore italiano Pier Carpi, a pag. 188 e pag. 189,
si legge: … Le luci nel cielo saranno rosse, azzurre, verdi, veloci.
Cresceranno. Qualcuno viene da lontano, vuole incontrare gli uomini
della Terra. Incontri ci sono già stati ma chi ha visto veramente ha
taciuto”.
Carpi scrisse che nell’anno 1935, mentre si celebrava un rituale di
iniziazione in un tempio dei Rosa- Croce, uno dei presenti cominciò
a parlare con una voce che non era la sua.
Il Gran cancelliere dell’Ordine trascrisse tutto ciò che il fratello
diceva: fu pubblicato nel 1976 in un libro intitolato, appunto: “Le
profezie di Papa Giovanni”.
Il fratello, infatti, era Angelo Roncalli, all’epoca Arcivescovo di
Mesembria che, più tardi, ascenderà al trono papale col nome di
Giovanni XXIII.
LA MORTE DI PAPA GIOVANNI XXIII

Il 23 maggio 1963, venne pubblicamente annunciato che il papa


soffriva di un cancro allo stomaco. Una settimana dopo, papa
Roncalli moriva a Roma.
Non aveva voluto farsi operare, temendo che il Concilio Vaticano II,
che si teneva in quel momento, potesse prendere una strada diversa
da quella stipulata.
Egli morì senza vedere conclusa la sua opera, che lui stesso
considerava “l’aggiornamento della Chiesa”. Monsignor Higinio Alas
ci ha assicurato che poco prima di morire gli chiesero di
quell’incontro e che egli rispose che questo lo portava nel cuore:
«Quando il Papa stava per morire qualcuno gli chiese di quell’evento
e lui disse che questo se lo portava nel cuore, che non l’avrebbe
ancora rivelato».
Nella memoria di migliaia di persone in tutto il mondo questo
pontefice è ricordato come il “Papa buono” ed è onorato anche da
molte associazioni protestanti come un riformatore cristiano.
Higinio Alas Gomez ha detto che l’incontro del santo Padre con
quell’essere non umano certamente aprì la sua mentalità: «Il Papa
era già un grande visionario ma questo gli aprì molto più
profondamente la sua mentalità, la sua visione, la visione
cosmologica e il desiderio che la Chiesa si aprisse molto più
pienamente verso l’umanità».
Sua santità Giovanni XXIII fu beatificato da Giovanni Paolo II il 3
settembre 2000, assieme a Papa Pio IX. La sua festa liturgica
rimase fissata per l’11 ottobre, giorno dell’apertura del Concilio
Vaticano II.
Quando fu riesumato, nell’anno 2000, si vide che il suo corpo era
totalmente incorrotto.
I suoi resti attualmente riposano nella Basilica di San Pietro, a
Roma.
Riporto di seguito l'articolo dell'avvistamento:
[ ...Il lago a pochi passi, il silenzio di uno dei borghi più belli d’Italia.
Camminavano. Come avevano fatto mille volte in quegli splendidi
pomeriggi d’estate.
Uno a fianco all’altro. Come due amici. Come persone qualsiasi. Che
hanno voglia di starsene un po’ in disparte. Fuori dalla routine
quotidiana.
Era luglio. Un pomeriggio di luglio del 1961, quando accadde.
“Li avevamo sopra le nostre teste. Luci. Erano luci colorate. Azzurro.
Arancio. Ambra. Qualche minuto, e poi…”. E poi, accadde.
L’imponderabile. L’impossibile. Ciò che è difficile anche da
raccontare. E allora tutto d’un fiato. Le luci sono astronavi. Le
astronavi sono dischi nel cielo turchino d’un pomeriggio qualunque a
Castelgandolfo.
Si muovono silenziose.
Stanno per qualche minuto su quelle due figure inconfondibili che
camminano fianco a fianco. Come persone qualsiasi.
Poi il contatto. Una delle astronavi si stacca dallo stormo. Atterra. Si
ferma “nel lato sud del giardino”. Il portellone si apre e dalla carlinga
viene fuori qualcosa. È “assolutamente umano”. Solo che... Solo che
ha una luce intorno. Una luce che lo avvolge.
Caddero in ginocchio. I due.
Poi Lui si alzò e andò senza esitare verso l’Uomo. Verso
quell’essere “assolutamente umano” avvolto da una luce tenue,
delicata. Penetrante.
Parlarono. “Per circa venti minuti”. Ma non si potevano sentire quelle
voci. “Non sentii nulla”. Ma parlavano. Gesticolavano. Per venti
minuti. 1200, infiniti, secondi. Poi l’Uomo voltò le spalle e se ne
ritornò da dove era arrivato…Lui mi guardò. E pianse.]
“Per anni Roncalli si tenne dentro il ricordo di quel pomeriggio. E
anche io ho rispettato il suo silenzio. Loro parlavano. E non mi
chiesero di avvicinarmi. Era giusto così. Ma non potrò mai
dimenticare le parole di sua santità quando l’Uomo si allontanò e
scomparve con la sua astronave:” i figli di Dio sono dappertutto.
Anche se a volte abbiamo difficoltà a riconoscere i nostri stessi
fratelli”.
Il 10 agosto 1961, in piena guerra fredda, GIOVANNI XXIII invia un
messaggio radio al mondo per scongiurare le due superpotenze a
decidersi per il disarmo e accettare negoziati liberi e leali. Giovanni
XXIII rivolge le stesse parole di pace sia ad Oriente che ad
Occidente.
Chruščёv non lascia cadere l’inaspettata apertura ed il 25 novembre
1961 compie un gesto che sbalordisce il mondo: invia al papa gli
auguri per i suoi 80 anni. SOLO COINCIDENZE?
Sia Kennedy che Chruščёv, consapevoli di essersi trovati sull’orlo di
una guerra atomica, cercarono di diminuire le tensioni attraverso una
fitta corrispondenza.
Questa culminò nel 1963 con l’inizio ufficiale dei negoziati, assieme
alla Gran Bretagna, che portarono alla firma del Partial Test Ban
Treaty, il 5 agosto dello stesso anno. Il trattato, considerato uno dei
successi diplomatici dell’amministrazione Kennedy, proibiva agli Stati
aderenti qualsiasi esperimento nucleare nell’atmosfera, nello spazio
e sott’acqua, lasciando possibili solo i test sotterranei.
Dopo la mancata conferenza di Obama su gli Ufo e sulle presenze
extraterrestri sul nostro pianeta il Vaticano fu il primo stato ad uscire
allo scoperto con una dichiarazione che fece molto scalpore:
“nonostante l’astrobiologia sia un campo nuovo e un argomento
ancora in fase di sviluppo, le domande riguardanti l’origine della vita
e la sua esistenza da qualche altra parte nell’universo sono molto
interessanti e meritano seria considerazione.
Questi interrogativi hanno molte implicazioni filosofiche e
teologiche”.
Firmato Josè Fùnes. 46 anni, nato a Cordoba, in Argentina, è da
qualche anno il direttore della Specola Vaticana, l’osservatorio
astronomico della Santa Sede.
D'altronde se un miliardo e mezzo di persone ha costruito una fede
su un libro che non si sa chi l'ha scritto, quando, dove , come, ed è
predicato da gente che non lo conosce nella sua interezza, ritenuto
veritiero con tutte le contraddizioni contenute in esso da chi non l'ha
nemmeno letto mai nella vita, penso che in egual modo si possa
prendere atto che altre strade interpretative ugualmente "al limite del
credibile" possano essere seguite.
Traete voi le possibili conclusioni.
Tra i simboli serpentini, forse quello più conosciuto è il “Caduceo”,
utilizzato in antichità dagli Assiri-Babilonesi, presente in India e
nell’Impero Romano, fino ai vescovi ortodossi, ai Greci, per arrivare
ai giorni nostri dove ha assunto il significato distintivo della medicina
in generale, della farmaceutica e dei medici in particolare.
Altro simbolo serpentino è l' Ouroboros.
Il “Serpente che si morde la coda” e forma un cerchio perfetto; in
alcune tradizioni i serpenti possono essere due, uno maschile e
l’altro femminile macchina del genere umano e datore di conoscenza
, tra gli altri compiti e le realizzazioni.
Per i Navajos assume un significato ancora più profondo in quanto
non solo rappresenta conoscenza ma addirittura l'essenza stessa
dell'uomo.
La figura nera al centro rappresenta dunque l'anima dell'uomo ed è
circondata da un serpente stilizzato, gli zig-zag nel cerchio esterno e
le punte con cui terminano indicano il collegamento con il mondo
esterno.
Nella tradizione cinese il Taoismo è radicato nel simbolismo.
Gli stessi ideogrammi della scrittura cinese sono dei simboli potenti,
capaci di riflettere le disposizioni interiori di chi scrive: il pennello
stesso che scorre sul foglio di carta rappresenta il flusso delle
energie vitali che animano l'Universo.
Nel Taoismo, erano contemplati esseri umani dotati di facoltà
particolari: il loro potere derivava non tanto da una sacralità innata,
quanto piuttosto dalla capacità di
cogliere la conoscenza (drago), che potessero liberarlo dalla
dimensione più materiale, per evolvere a un grado di
consapevolezza superiore, esattamente come ogni iniziato
esoterista, superando i limiti mentali e fisici caratteristici dell'essere
umano.
Secondo antichi racconti, alcuni di loro erano in grado di volare ed
erano rappresentati su draghi alati, (il serpente appare in figura di
"Dragon" , dal latino draco e greco " Drakon") per unirsi alla Corte
Imperiale Celeste.
Come è possibile che la figura del serpente e il suo simbolismo è
presente in culture lontane, che presumibilmente non hanno mai
avuto contatto con l'altro?
È plausibile, nel caso di culture affini o comunque influenzate dalle
conquiste o migrazioni, ma come questo mito raggiunge ogni angolo
del pianeta?
L'uomo di Gobekli Toepe e il serpente come portatore di
conoscenza

Il complesso di Gobekli Toepe risale a circa 12.500 anni fa, ben sette
millenni prima della Grande Piramide di Giza, ed è il più antico
esempio noto di architettura monumentale. Sono stati scoperti venti
settori monumentali con pilastri a forma di T, fortemente antropomorfi
che raffigurano diversi animali e sulla colonna, ad un livello superiore
quindi, un piccolo ominide tra le mani di un Dio creatore e lambito da
un serpente.
Prima della scoperta di Gobleki Toepe, gli archeologi, ( proprio
durante il periodo di costruzione del sito ricordiamo che era presente
l'Homo neanderthalensis. Ed è proprio in quel periodo che c'è stato il
"salto evolutivo" che ha portato al Sapiens), ritenevano che le prime
complesse costruzioni in pietra fossero state realizzate da gruppi di
cacciatori che stavano conoscendo e sperimentando l'agricoltura,
proprio nel periodo quando cominciò ad avere fondamentale
importanza conservare le eccedenze alimentari da fornire a gruppi di
uomini del Neolitico, liberandoli dal costante obiettivo giornaliero di
sopravvivenza. La scoperta di questo sito ha messo in discussione
molte delle certezze e delle convinzioni che si avevano.
Ma non ci sono prove certe che quegli uomini abitassero lì, poichè
non fu trovata traccia di stanziamento.
L’ archeologo Schmidt e i suoi colleghi, che stanno lavorando
attivamente allo scavo del complesso di Gobekli Toepe, stimano che
siano state necessarie dalle 500 alle 1000 persone per tagliare lastre
di pietra dalle cave locali, spostarli per più di 700 metri di distanza,
ed innalzarle. Come hanno fatto degli uomini dell’età della pietra a
raggiungere il livello di organizzazione necessaria per farlo?
È lecito ipotizzare che una élite di leader (antichi Dei?), sicuramente
più evoluto, ha sorvegliato il lavoro? A cosa potevano servire
costruzioni di quel tipo all'uomo della pietra che era solito abitare in
caverne e non coltivava ancora la terra? I cacciatori non erano
sedentari e quindi non poteva essere altro che un luogo di
adorazione permanente, e quelle costruzioni al contrario di quanto si
credesse in un primo periodo durante le prime fasi del ritrovamento,
sembravano suggerire qualcos’altro: la condivisione della storia della
loro origine o creazione , nonostante l’ appartenenza a gruppi
familiari diversi.
Il Simbolo di Enki

Nei miti sumeri, Enki detiene l'epiteto Ushumgal , che significa


"grande serpente-drago".
Enki il dio della saggezza, il signore della costruzione, della
progettazione e realizzazione, rappresentato dal simbolo del
Serpente e il cui mito viene stranamente ripreso ed è in linea con ciò
che accade nella storia della Torah, in cui Adamo ed Eva avevano
ottenuto "conoscenza" mangiando dall'albero della vita consigliati dal
fatidico serpente.
Altri, invece, vedono nella proposta del serpente ad Eva, la
possibilità per l’umanità di stabilire da sola cosa sia bene e cosa sia
male, senza nessuna autorità divina esterna.
Il serpente propone all’uomo di diventare dio di sé stesso.
Infatti, all’obiezione di Eva il serpente risponde serafico: “Non
morirete affatto. Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangereste si
aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il
male”.
Non è più il creatore a stabilire cosa è buono o male, ma la creatura.
Secondo alcune correnti di studio moderne, e alquanto criticate,
proprio da questa onnipresenza a livello geografico e storico prende
piede la teoria degli antichi astronauti, (una delle teorie che
ipotizzano un contatto tra civiltà extraterrestri e antiche civiltà
umane, quali Sumeri, Egizi, civiltà dell'India antica e civiltà
precolombiane, data dalla frequenza e dai ritrovamenti di reperti e
manufatti identici tra aree geografiche lontanissime e non entrate in
contatto in nessun modo tra loro ),nelle tradizioni e nella simbologia
umana affonda le radici in qualcosa di reale accaduto agli albori
dell’evoluzione dell’uomo.
Esseri considerati divini, dalle sembianze che ricordavano o in
qualche modo richiamavano i rettili e dotati di grandi conoscenze
(poteri, di qui la divinizzazione), hanno lasciato tracce del loro
"passaggio" attraverso i miti.
Altri ancora, hanno interpretato il racconto del peccato originale
come una scorciatoia evolutiva offerta all’umanità per aggirare un
processo che probabilmente avrebbe richiesto milioni di anni. Ireneo
di Lione, autore cristiano del 3° secolo, ha definito quello di Adamo
ed Eva una scorciatoia nel processo evolutivo nel quale " Il
serpente" si sarebbe fatto portatore di capacità tecnologiche e
culturali che gli uomini avrebbero comunque sviluppato
naturalmente.
E oggettivamente in questa interpretazione si intersecano un po’
tutte le cosmogonie di cui ho parlato nel primo capitolo....
Tra essi anche i racconti della mitologia sumera su Enki (portatore
della civiltà) e anche il mito di Prometeo, il quale ruba il fuoco agli dei
per consegnarlo agli uomini come vediamo in una delle più celebri
rappresentazioni , nel quale è presente anche il serpente.
In effetti il breve tempo in cui l’umanità si è evoluta lascia sconcertati
gli antropologi che da sempre sono alla ricerca del cosiddetto "anello
mancante " nella linea evolutiva.
Il costo di questa veloce evoluzione è stata la separazione dell’uomo
dalla natura e la conseguente distruzione del pianeta (l’eden), la
separazione tra gli uomini (torre di babele) e la conseguente perdita
di unità d’intenti e l’alienazione degli individui.
In questa prospettiva, il serpente ha incarnato il simbolo del diavolo
(diabolos = ciò che separa).
E sotto questa luce l'iconografia cattolica ha dato il meglio di sé: la
figura sopra rappresenta la vergine Maria nell'atto di schiacciare la
testa del serpente.
Città del Vaticano, 29 mag. 1996 Discorso tenuto in udienza
generale da Papa Giovanni Paolo II (fonte: Adnkronos)
- Quadri e statue che raffigurano la Madonna mentre schiaccia la
testa del serpente andrebbero tutti rifatti perché' si basano su un
clamoroso errore teologico. Una svista nata da una traduzione poco
corretta dall'ebraico al latino del testo del Protovangelo e che per
secoli è rimasta inalterata divenendo fonte inesauribile di ispirazione
per artisti, scultori e pittori. Abbiamo già avuto modo di ricordare in
precedenza -ha spiegato Giovanni Paolo II davanti a migliaia di
pellegrini come questa versione non corrisponda al testo ebraico, nel
quale non è la donna, bensì la sua stirpe, il suo discendente a
calpestare la testa del serpente. Tale testo attribuisce quindi, non a
Maria, ma alla sua stirpe la vittoria su Satana.''
Che altro dire? Eppure, milioni di persone si inginocchiano tutti i
giorni in diverse parti del mondo, ogni giorno, davanti ad un errore
teologico.
Cristianamente il serpente è il male, ma rappresenta anche la
Conoscenza, che chiaramente in contesti religiosi e "mistici" non è
mai una cosa positiva, in quanto il Sapere è fonte di Controllo, quindi
solo per pochi eletti, e per questo demonizzato a mo' di spauracchio.
È da ricordare per correttezza storica che è sui resti della maggior
parte dei templi pagani che furono abbattuti, (dall'ira iconoclasta dei
primi ferventi e potenti cristiani a Roma), che vennero edificate le
chiese attualmente esistenti, ed è quello il luogo in cui si venerava
l'immagine di una giovane fanciulla dai tratti somatici mediorientali,
con un piccolo bambino in braccio, che rievocava certamente Iside
con Horus.
In epoca tardo imperiale romana, quando il culto isiaco sperimentò
una capillare diffusione in tutta l'area mediterranea, la ricorrenza
venne inserita anche nel calendario latino a partire dal IV secolo,
sotto il nome di Lychnapsia o festival delle luci. Successivamente
con l'imposizione del Cristianesimo e la sistematica estirpazione del
Paganesimo, tutte le feste pagane furono soppresse, o, laddove
fossero feste importanti e pertanto difficili da far scomparire, furono
appositamente sovrapposte da feste cristiane, spesso con
cerimoniali e significati simili.
Come ad esempio è stato fatto per il 25 dicembre, il Natale di Cristo.
I pagani il 25 dicembre festeggiavano il "Sol Invictus", il culto del sole
di cui l'astro era una manifestazione sensibile. In suo onore
l'imperatore Aureliano aveva istituito una festa il 25 dicembre, il
Natalis Solis Invicti, durante il quale si celebrava il nuovo sole
"rinato" dopo il solstizio invernale. Molti cristiani erano attirati da
quelle cerimonie spettacolari; perciò la Chiesa romana, preoccupata
per la nuova religione che poteva ostacolare la diffusione del
cristianesimo più delle persecuzioni, pensò bene di celebrare nello
stesso giorno il Natale di Cristo.
Ora mettiamo il caso che l'antico tempio era frequentato da fedeli
pagani, come si poteva fare in modo che la nuova religione si
insediasse senza causare la perdita stessa di quei fedeli? Con
un’opera lenta di sovrascrizione.
Ricordate l'accenno al maschilismo semitico di Ebraismo,
Cristianesimo e Islamismo di cui abbiamo parlato
antecedentemente? Era presente solo la componente maschile, non
si aveva dichiaratamente un principio femminile ed uno maschile,
c'era sempre e solo un Dio che faceva tutto.
Ricordiamo anche un passo in Luca 27;28 quando una donna rivolge
queste parole a Gesù: "Beato il seno che ti portò in grembo e le
mammelle che ti allattarono. "
Gesù seccamente rispose: "Beati piuttosto quelli che odono la parola
di Dio e la ascoltano. ". Mai dunque si sarebbe sognato di mettere
seguaci ad adorare sua madre. Non ci deve sorprendere, perché
Gesù era ebreo e non cattolico, quindi lui rispettava la concezione
delle donne come inferiori relegando ad esse solo una funzione tutta
al più consolatoria e intermediatoria.
Durante il IV e V secolo la Chiesa cattolica si diede da fare per
sostituire i miti pagani, si trovò in serio imbarazzo quando si imbatté
in Iside.
Fu così che durante il Concilio di Efeso nel 431, quindi dopo 400
anni dai fatti accaduti in Palestina, Maria venne proclamata d'ufficio,
madre di Dio.
I padri della Chiesa rispolverarono quindi il mito della vergine egizia
e lo riportarono pari pari nei loro scritti togliendo opportunamente il
fallo di Osiride che sarebbe stato sconveniente e sostituendolo con
lo Spirito Santo.
Con un'operazione nota come "sincretismo", la stessa per cui agli
dei del voodoo di Haiti sono state associate le immagini dei Santi
cattolici importate dai missionari, la Dea pagana avrebbe assunto il
volto di Maria, colorato però in nero, come quello delle sue prime
raffigurazioni.
In questa maniera dopo il concilio di Efeso, divenne oggetto di culto
e venerazione e poté essere sovrascritta a tutto ciò che era proprio
della Dea, poiché il culto di Iside era piuttosto forte a Roma e un po'
in tutto l'impero nei primi secoli d.C.
Quella figura femminile fu sapientemente sostituita e lentamente
perse i connotati somatici mediorientali, tranne nel culto tuttora
esistente delle madonne nere che perlopiù facenti parte di centri
rurali dove rimase fervido il ricordo e tenuto in vita nei secoli, (ad
esempio la madonna nera di San Severo, quella di Cagliari, Crea del
Monferrato, Crotone, Loreto, Lucca, Oropa, Pescasseroli, Rivoli,
Roma, Tindari, Venezia; in Francia addirittura novantasei.
Le più famose sono quelle della cattedrale gotica di Chartres,
chiamate Notre-Dame-sous-Terre e Notre-Dame-du-Pilier), per
diventare a poco a poco bianchissima di pelle e occhi azzurri
nordici…ma avrebbe ricordato troppo la vecchia, si fa per dire, Iside,
di cui si fregiò anche degli appellativi tra i quali quello di Madre
Celeste, che tutto vede e tutto può, Stella Maris, diadema della vita,
donatrice di legge, redentrice, ausiliatrice...
Lo stesso appellativo di Iside, Myrionyme ricorda da vicino Myrion, il
nome di "Maria”, la vergine cristiana creando così strani e non del
tutto ingiustificati accostamenti.
Ricordiamo anche che per formalizzare il dogma della Immacolata
Concezione, (Pio IX, 1854) dovettero passare altri 1423 anni dal
Consiglio di Efeso.
Però fu con il Concilio Vaticano II che si riconobbe a Maria un culto
speciale detto "iperdulia", distinto dalla semplice venerazione o
"dulia" solitamente tributata ai santi, evidenziando come esso
confluisca nel culto a Dio, ed abbia una particolare funzione di
promozione nelle anime dell'adorazione e della glorificazione di
Cristo: « Maria, perché Madre santissima di Dio, che prese parte ai
misteri di Cristo, per grazia di Dio esaltata, dopo il Figlio, sopra tutti
gli angeli e gli uomini, viene dalla Chiesa giustamente onorata con
culto speciale.[...]
Questo culto, quale sempre fu nella Chiesa, sebbene del tutto
singolare, differisce essenzialmente dal culto di adorazione, prestato
al Verbo incarnato così come al Padre e allo Spirito Santo, e
singolarmente lo promuove.»
(Tratto dal Concilio Vaticano II, Lumen Gentium, I.66).
SIMBOLOGIA DELL'ALBERO
«Così il Signore Dio fece crescere dal suolo ogni albero desiderabile
alla vista e buono come cibo e anche l'albero della vita nel mezzo
del giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male.»
(Genesi 2,9)
Accanto alla mitologia serpentina è interessante notare come nelle
mitologie della Mesopotamia, dell’Egitto e della Grecia, l’albero, con
il serpente accanto o attorcigliato ad esso, abbia un ruolo
intimamente connesso con esso.
Legato alla presenza di acqua, l'albero era il simbolo della vita
presso gli Egizi e non solo, in special modo la palma da dattero e il
sicomoro, dove quest'ultimo rivestiva un’importanza maggiore
perché si supponeva che ne crescessero due esemplari alle porte
del Cielo, là dove Ra quotidianamente appariva.
È anche interessante notare la connessione con il mito norreno.
Gli alberi della vita e della conoscenza, sono entrambi riassunti nella
loro duplice funzione, dal misterioso albero sacro che appare nelle
più antiche opere comprese quelle dell’oriente più estremo dove
l’albero sacro viene raffigurato come una sorta di universo e
rappresenta l’intero sistema delle cose create, ma più spesso come
l’albero della Vita.
Nella cultura celtico-gaelica, ritroviamo il simbolismo di un albero nel
quale rami e radici si intrecciano e si uniscono spesso disegnando
una trama complessa che, molte volte, si rifà proprio ai famosi nodi
celtici.
Per molti altri popoli, come per i nativi d ' America, gli alberi
rappresentavano la connessione con i loro antenati e con il mondo
degli spiriti.
L’Albero della Vita è un simbolo che è stato riprodotto, in diverse
maniere, in tutte le culture ma la sua struttura e il suo significato
simbolico resta ovunque il medesimo: il tronco rappresenta il mondo
nel quale noi viviamo, le sue radici i mondi inferiori e i suoi rami i
mondi superiori.
La natura dell’albero è tridimensionale: radici, tronco, rami, hanno
una simbologia molto forte, ed è in relazione a molte triadi sacre,
quella del tempo “passato, presente, futuro” e dello spazio “altezza,
lunghezza, larghezza”.
Nella Cabala e nel misticismo ebraico l’albero della vita diventa un
simbolo fondamentale ed è formato da dieci vasi interconnessi tra
loro.
L’albero della vita qui rappresenta l’obiettivo di riportare armonia in
tutta la Creazione.
Il simbolo dell’albero della vita proprio dell’antica Cabala è stato in
seguito adottato da diverse tradizioni religiose e teologie esoteriche
oltre che da pratiche magiche anche con diversi significati.
Dal rinascimento in poi infatti la Cabala ebraica è entrata a fare parte
della cultura occidentale anche tra i non ebrei e ha raggiunto anche il
cristianesimo, l’occultismo e l’esoterismo.
Il pomo della conoscenza donato dal serpente, è il frutto della
consapevolezza dell’essere uomo, della propria fecondità e forza
vitale: la foglia di fico, posta da Adamo ed Eva sulle proprie nudità
costituiva la prova tangibile di una presa di posizione oltre che di
coscienza di ciò che fossero. Non dipendevano più in tutto dal
Creatore ma erano divenuti essi stessi creatori di vita, se ne
staccavano e decidevano liberamente per sé stessi.
A volte l’albero della vita assume il significato di albero che connette
il mondo in cui viviamo con l’oltretomba o con il paradiso perduto.
Nel mondo della scienza Charles Darwin ha utilizzato l’immagine
dell’albero della vita per spiegare la teoria dell’evoluzione.
L’albero della vita viene definito come un albero mistico e magico e
costituisce un simbolo proprio di numerose culture fin da tempi molto
antichi. In generale questo albero simboleggia la fonte della vita con
alcune sfumature differenti nelle varie culture.
Nell’albero della vita troviamo alcune parti principali: le radici, il
tronco, le foglie e diversi tipi di frutti che maturano sullo stesso
albero.
Le radici sono profonde e rendono stabile l’albero della vita verso la
terra mentre i rami si protendono verso il cielo.
Alle foglie dell’albero della vita sono associate proprietà curative
mentre i frutti sono un simbolo di nutrimento non solo concreto ma
anche spirituale.
Non dimentichiamo che in tutte le culture l’albero è un simbolo
universale della vita.
Dona l’ossigeno che permette la nostra sopravvivenza e ci consente
di avanzare nella nostra esistenza.
Gli alberi sono anche fonti di energia positiva e di vibrazioni naturali
che ci donano maggiore energia ed è per questo motivo che ci
sentiamo molto meglio dopo una passeggiata in un parco o in un
bosco, muovendoci tra gli alberi.
L'albero della vita nella Cabala
Nella Cabala e nel misticismo ebraico l’albero della vita diventa un
simbolo fondamentale ed è formato da dieci vasi, come abbiamo
accennato in precedenza, interconnessi tra loro.
L’albero della vita qui rappresenta l’obiettivo di riportare armonia in
tutta la Creazione, esso è legato alla formula complessa
dell’esistenza e della creazione, con il flusso della creazione dal
Divino alla Terra e con il ritorno al Divino, un simbolo e un archetipo
che è stato in seguito adottato anche con diversi significati.
Dal rinascimento in poi infatti la Cabala ebraica è entrata a fare parte
della cultura occidentale anche tra i non ebrei e ha raggiunto anche il
cristianesimo, l’occultismo e l’esoterismo, nella cultura moderna,
(L’Albero della Vita, alto 37 metri posto all'interno di Expo 2015, è
stato il simbolo del Padiglione Italia.)
L’ Albero della vita nella Cabala è legato alla formula complessa
dell’esistenza e della creazione, con il flusso della creazione dal
Divino alla Terra e con il ritorno al Divino.
Nella Cabala l’albero della vita è composto da dieci Sephirot, con
ventidue sentieri comunicanti.
La parola al singolare sephira viene ricollegata al termine sfera ma in
realtà ha altri significati: libro o racconto, luce o pietra preziosa,
numero.
La colonna di sinistra rappresenta l'aspetto femminile della
creazione e contiene tre sephira: Intelligenza, Forza, Splendore.
La colonna di destra rappresenta gli aspetti maschili della creazione
e contiene tre sephira: Saggezza, Amore, Eternità.
Il pilastro centrale rappresenta l’equilibrio tra i pilastri maschili e
femminili.
Contiene quattro sephira: Corona, Bellezza, Fondamento, Regno.
Si aggiunge anche un quinto punto che indica la Conoscenza.
L’albero della vita della Cabala è associato all’albero del giardino
dell’Eden, custodito da un serpente e accanto a cui scorre un fiume
la cui acqua è fonte di vita e nutrimento.
Il frutto proibito: la mela
E non si può non parlare del significato simbolico del frutto proibito
per eccellenza.
Si parla di un doppio significato della mela: se tagliata nel senso
verticale, la sua parte interna è simile ad una vagina, mentre tagliata
in orizzontale, il vero frutto diventa un pentacolo che rappresenta
l’essere umano con le sue 5 punte che ne indicano la testa e gli arti.
La mela è associata al peccato originale in quanto la parola latina
“malum” significa sia male che mela e, interpretando le Sacre
Scritture, ci si è diretti, volontariamente o involontariamente, in un
senso piuttosto che nell’ altro.
Il racconto biblico riporta, a modo suo, il processo degenerativo
dell’uomo, “che fa la conoscenza del bene e del male”.
La mela, possiede del "mana", la conoscenza intesa come
consapevolezza, e Adamo ed Eva, mangiandolo, acquistano le
capacità possedute solo dagli Elohim, che pertanto sarebbero
dovute restare un privilegio esclusivo delle divinità: il potere di
generare.
Si appropriano della prerogativa della creazione che fino a quel
momento era propria degli Elohim, prendono consapevolezza,
avvicinandosi alla scoperta della sessualità e iniziano a provare il
desiderio e la gioia della sessualità, che è al contempo una
conquista ed una maledizione, vengono cacciati dall'Eden forse
retaggio del totemismo delle religioni arcaiche quando i totem, (che
potevano essere animali, piante ed alberi), ritenenuti oggetti sacri,
non dovevano essere in alcun modo dissacrati.
Il peccato originale altro non sarebbe, quindi, che la presa di
coscienza delle potenzialità del corpo, attraverso la sessualità,
demonizzata dai Padri della Chiesa nel corso dei secoli fino ad
averla resa per secoli un tabù, facendo diventare un atto d'amore
una cosa "sporca".
Ancora oggi si dovrebbero avere rapporti sessuali solo per il fine
procreativo secondo tutte le religioni rivelate (il Giudaismo, il
Cristianesimo e l’Islamismo), che sul tema sessualità formano un
fronte unico.
Un recente articolo mette in connessione curiosamente anche lo
scambio di frutta, (Mela? può essere...), come mezzo per
l'evoluzione della prime scimmie "umane".
Si tratta di una tesi riproposta alla luce della scoperta
dell’”Ardipithecus ramidus" i cui resti fossili sono stati rinvenuti
nell’inospitale deserto di Afar, in Etiopia, in un luogo chiamato
Aramis che si trova nella parte centrale della regione dell'Awash, a
soli 75 chilometri da dove fu ritrovata, nel 1974, la specie di Lucy,
"Australopithecus afarensis".
La datazione radiometrica dei due strati di cenere vulcanica che
sigillano i depositi di fossili dalla parte superiore e da quella inferiore
ha rivelato che visse 4,4 milioni di anni fa.
Il professor Lovejoy, uno degli studiosi più eminenti dell’Ardipithecus,
considera questi mutamenti parte di un cambiamento epocale nel
comportamento sociale: invece di lottare per conquistarsi il diritto ad
accoppiarsi con una femmina, Ardipithecus usava come strategia
quella di raccogliere della frutta e di passarla a una femmina scelta e
alla sua prole per guadagnarsi la sua lealtà sessuale.
Per comportarsi in questo modo, per portare il cibo alla femmina, il
maschio doveva avere le mani libere. Il bipedalismo per
l’Ardipithecus potrebbe essere stato inizialmente un semplice modo
per spostarsi, mentre diventando funzionale alla strategia del "sesso
in cambio di cibo” era anche un modo eccellente per avere una prole
più numerosa.
E naturalmente, nell'evoluzione, una prole più numerosa è l'obiettivo
in gioco.
Quindi si deve pensare ai nostri più antichi progenitori
non come all’unico uomo e all’unica donna in vita al momento e le
uniche persone ad aver procreato, ma come la coppia di Adam
(primi uomini che la filogenia suggerisce che sia vissuta in Africa),
che ha avuto la fortuna di tramandare con successo parti del loro
Dna alla maggior parte di noi, mentre il materiale genetico di altri
nostri antenati è in gran parte scomparso a causa della selezione
naturale e di altri processi.
LA SIMBOLOGIA NUMERICA
All'epoca del conflitto tra cristianesimo e cultura pagana, quest'ultima
risultava già sovrapposta al simbolismo numerico preistorico in
special modo del tre.
Nelle incisioni delle grotte risalenti all'età della pietra il tre ha un
ruolo significativo.
Dagli albori dell'umanità conosciuta, esso raffigura il simbolo
temporale del ciclo lunare a tre fasi, dalla luna calante alla
crescente, (di qui nasce il culto della Dea Triplice).
Successivamente, nell'interpretazione della struttura e del rapporto
reciproco come ad esempio tra cielo e terra, tra stelle ed elementi, i
Padri della Chiesa furono certamente influenzati dalla tradizione
matematica e dall'astronomia, dalla fisica e dalla musica antica, e in
maniera evidente dalla cosmogonia e dalla cosmologia di Platone,
che racchiuse nel suo grande dialogo di filosofia naturalistica, il
Timeo, specialmente nel cap. 35, scritto nel 360 a.C.
Questo dialogo parla di un Demiurgo, un tessitore, un plasmatore di
immagini divino, che conferisce al creato un’anima, assemblata sulla
base di rapporti numerici.
Il Demiurgo, identificabile al Dio cristiano, nel processo di creazione
è il mediatore che scioglie il dualismo tra caos primordiale e ordine,
tra il visibile e l'invisibile, l'uno e il molteplice, il sopra e il sotto, e nel
campo astronomico e musicale tra il movimento e la calma), e par
far questo utilizza il numero.
Per le grandi religioni monoteistiche l’atto creativo “dal nulla”, o ex
nihilo, si inserisce nel quadro filosofico-teologico e vi associa cinque
note classiche: temporalità, razionalità, libertà, finalità e perfezione
(o “bontà” della creazione).
L’espressione Dio crea dal nulla equivale all'affermazione
dell’onnipotenza e della libertà divine in quanto sta infatti affermando
che Dio non ha bisogno di nulla fuori di Sé per creare e che la sua
azione non è limitata o condizionata da alcunché di preesistente o a
lui coeterno.
La nozione di nulla però nasce insieme a quella di creazione, proprio
come il concetto di bene che nasce contemporaneamente a quello di
male: l’uno non può esistere senza l’altro poichè non potrebbe
essere definito o spiegato, se non in un concetto dualistico.
Quindi se Dio è creatore di ogni forma di Bene, che tende alla
perfezione, non può essere il solo creatore.
Di qui la scomposizione per il cristianesimo, in Padre, Figlio e Spirito
Santo, (non molto lontano dalla visione di Brama, Vishnu e Shiva).
Questo concetto originario, si è ulteriormente sviluppato, come
vedremo di seguito nella simbologia numerica del tre.
La Perfezione è “creare “, qualunque cosa (pensieri, azioni,
espressioni materiali), con la forza e la rettitudine dell’Uno, con la
grazia e l’accoglienza fertile del Due e mantenere tutto questo nella
perfetta armonia per farlo crescere ed espandere.
Nel significato profondo del termine “Trinità”, troviamo moltissimi
richiami alla “perfezione “.
Questo termine non deve essere interpretato in senso letterale.
In realtà, si va ben oltre un eventuale senso estetico, esteriore, che
potrebbe richiamare.
Si tratta, invece, di associarlo alle qualità superiori dell’Uno, del Due
e del Tre.
Perfezione è l’Armonia delle parti, è l’equilibrio delle forze.
Secondo la Cabala, il Tre è associato alla terza lettera dell’alfabeto
ebraico: Ghimel ( ‫) ג‬.
La forma della lettera, richiama la figura di una persona nell’atto di
correre, come se mettesse il piede in avanti per lo slancio.
Si tratta dell’origine del movimento, rappresenta la spinta ad uscire
da sé stessi, dalle proprie limitazioni che la dualità ci propone di
continuo (torto/ragione, buono/cattivo, positivo/negativo).
Ghimel, il Tre, è la sede della volontà di crescere, è ciò che invita
all’attività, al progresso, al miglioramento di ciò che siamo. occorre
uscire dalle nostre abitudini, da ciò che ci limita e dirigerci verso il
vero Sé, verso la parte più vera, profonda ed eterna di noi stessi.
La forma di Ghimel rappresenta anche l’espandersi e il contrarsi
della Luce Infinita, durante il processo della creazione dei Mondi.
Ricorda le contrazioni e il rilascio nel travaglio del parto.
Il 3 è dunque numero simbolo di vitalità e radice di ogni ulteriore
estrinsecazione delle operazioni dell’Uno.
Nella mitologia e nel culto è l’espressione della Trinità (una riunione
di dei in gruppi di 3), come simbolo dell’unità sostanziale.
La triade Creatrice degli Dei fratelli nel mito norreno comparendo
nelle rune vichinghe, poi diventa Triscele (o triquetra)
successivamente adottata dai i celti e i neopagani.
Nella simbologia celtica la triquetra simboleggiava una divinità
femminile tripla, Triplice Dea dove essa assume la caratteristica
fisica e intellettuale che caratterizza il ciclo della vita:
La Giovane, pura e rappresentazione del nuovo inizio, (nel culto
sincretico Dee identificate in questo aspetto possono essere: Brigid,
Nimue, Durga, Verdandi, e altre);
La Madre, generatrice della vita, disponibile e compassionevole
rappresenta la nascita, lo sviluppo futuro, l'incanto, l'equilibrio, il
potere, la misericordia. (Può essere identificata con Aa, Ambika,
Cerere, Astarte, Lakshmi, Urd, e altre).
La Vecchia Saggia, rappresentante il culmine della vita nella totale
conoscenza ed esperienza, la saggezza, il riposo e la compassione
(Può essere identificata con Hel, Maman Brigitte, Oya Yansa, Skuld,
Sedna, Kali, e altre).
Vita e morte, che si riproducono all'infinito in un cerchio continuo.
Nello Shaktismo, una forma di Induismo, in cui le tre entità di
Sarasvati, Lakshmi e Kali e le loro sotto-manifestazioni sono tre
aspetti di MahaDevi (La Grande Dea) e in questo caso esse
vengono chiamate MahaSarasvati, MahaLaksmi, e MahaKali.
Nel festival annuale di Navaratri, raffigurazioni della Dea triplice
vengono portate in processione nelle città indiane e nelle comunità
induiste del resto del mondo.
Nelle antiche mitologie indo-europee, varie dee o semidee
costituivano triadi (le greche Moire, Grazie, Parche e le nordiche
Norne) o erano singole divinità ma raffigurate in tre aspetti (la greca
Ecate).
Il tema della triade appare anche nelle tradizioni medievali cristiane
in particolare con il culto delle Tre Marie, presenti al momento della
nascita, morte e resurrezione di Cristo.
Gv 19,25;20,1s. [25] Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la
sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala... (nei
vangeli a tal proposito si fa una confusione terribile ma non è il libro
giusto per parlarne.)
Nell'Arabia pre-islamica un gruppo di tre dee chiamate le tre figlie di
Allah era costituito da: al-Lat (la dea), Uzza (il potere) la giovane, e
Manat (il fato) la vecchia.
Erano conosciute collettivamente anche come le tre gru.
Immagini di dee triplici possono essere trovate anche in
raffigurazioni paleolitiche.
Le stanze del santuario di Catalhöyük, in Turchia, datate 7500 a. C.
contengono bassorilievi di una dea in tre forme.
Un altro archetipo inter-culturale è quello delle tre dee del fato.
Nella mitologia greca erano le Moire in quella nordica le Norne.
La manifestazione della dea del fato in forme multiple è anche
attestata in un papiro dell'antico Egitto, in cui si descrive la nascita di
un figlio come una grazia della Sette Hathor.
Nel folklore greco, è ancora diffusa la pratica di preparare, la sesta
notte dopo la nascita, un tavolo basso con cibo e bevande per
invitare il destino ad entrare nella casa per benedire il neonato.
Una cerimonia simile è praticata in India, dove la dea che visita la
casa è Sashthi (la sesta).
Persino nei racconti scandinavi ricorre la visita delle Norne in caso di
nascite.
Le raffigurazioni delle dee del fato sono spesso donne in vesti di
sacerdotesse.
Nelle rappresentazioni delle antiche popolazioni della Sicilia, VII-VI
sec. a.C., appare come una triscele, un insieme di tre gambe unite
all'anca, fino a divenire simbolo stesso della regione Sicilia.
La testa rimanda chiaramente alle gorgoni, mostri della mitologia
greca di aspetto mostruoso, ali d'oro ...
Serpenti al posto dei capelli.
Ecco che ritorna il serpente.
Esse erano tre e rappresentavano le perversioni intellettuali: Euriale,
Steno e Medusa.
Anticamente il nome della Sicilia era Triquetra o Trinacria, per via
della conformazione geografica direte...Ma nemmeno per idea, è un
significato dato a posteriori.
In questo gli studiosi sono concordi nel ribadire che la trinacria sia un
antico simbolo religioso orientale che rappresentava il dio del sole
nella sua triplice forma di primavera, estate e inverno. Remote
monete del VI e IV secolo a.C. lo testimoniano.
Il simbolismo del 3 lo ritroviamo anche nella figura dei tre re Magi.
La religione cristiana attribuisce ai magi i nomi di Gaspare,
Melchiorre e Baldassarre, poichè nel monastero di Kellia, in Egitto,
sono stati rinvenuti i nomi di Gaspar, Melechior e Bathesalsa.
Melchiorre sarebbe il più anziano e il suo nome stesso deriverebbe
da Melech, che significa Re, Baldassarre deriverebbe da Balthazar,
mitico re babilonese, quasi a suggerire la sua regione di
provenienza, Gasparre, per i greci Galgalath, significa signore di
Saba.
Marco Polo ne "Il Milione" (capp. XXII-XXIII), fa accenno a questi
personaggi:"...in Persia è la città che è chiamata Saba dalla quale
partirono tre re che andaron ad adorare Dio quando nacque..."
Punto fermo rimane comunque che i tre magi giunsero a Betlemme
13 giorni dopo la nascita del Cristo.
I Tre Magi sarebbero originari degli altopiani dell'Iran odierno, erano
sapienti legati al culto degli astri e, successivamente, sacerdoti del
dio Ahura Mazda il protettore di tutte le creature, seguendo la lettura
del cielo, avevano riconosciuto in Cristo uno dei loro "Saosayansh",
cioè colui che Salva.
Magi è la traslitterazione del termine persiano antico magūsh,
Accadico magūshu, Siriaco mgōshā, passati al Greco màgos
(μάγος, plurale μάγοι).
Si tratta di un titolo riferito specificamente ai sacerdoti dello
Zoroastrismo tipici dell'Impero persiano.
Secondo quando tramandato da una cronaca del IV secolo, i resti
mortali dei Re Magi furono recuperati in India da Sant'Elena e poi
portati a Costantinopoli da dove ripartono fino ad arrivare a Milano
nel 1034, in un arca depositata nella chiesa di Sant'Eustorgio, antica
chiesa ampliata dallo stesso Eustorgio, e ancora recante sul lato
sinistro (guardando la facciata della chiesa), che dice: "Basilica
Eustorgiana titulo Regibus Magis”, che attesterebbe la presenza dei
corpi dei Re Magi per ospitare la reliquia che venne riposta in
un'arca romana di marmo sormontato dalla stella e dalle tre corone,
con l'epigrafe "Sepulcrum trium Magorum".
Nel X sec infatti prese il nome ufficiale di Basilica dei Tre Re.
Nel 1164 durante l'assedio di Federico Barbarossa, i resti dei Re
Magi furono trafugati e trasportati a Colonia, dove venne costruita
una bellissima Basilica per contenerli.
Milano tentò più volte di riaverle, ci provò anche Ludovico il Moro nel
1434 ma inutilmente.
Solo il cardinal Ferrari, agli inizi del secolo scorso, riuscì ad ottenere
parte delle ossa ora collocate in un prezioso tabernacolo sopra
l'altare dei Magi nella chiesa di San Bartolomeo a Brugherio, (Mi).
I corpi dei Re Magi erano intatti, essendo stati trattati con balsami e
spezie, e mostravano dal volto e dalla capigliatura, età differenti: il
primo sembrava avere 15 anni, il secondo 30 e il terzo 60 anni,
(rappresentanti secondo alcuni anche le tre fasi della vita esoterica
l'apprendista, l'iniziato e il maestro).
I doni dei Magi hanno un significato: fanno riferimento alla duplice
natura di Gesù, quella umana e quella divina: l'oro perché è il dono
riservato ai Re e Gesù è il Re dei Re, l'incenso, in merito alla sua
divinità, perché Gesù è Dio, la mirra, usata nel culto dei morti,
perché Gesù è uomo e come uomo, mortale.
A partire dalle poche informazioni che si hanno nel Nuovo
Testamento, in particolare presenti nel vangelo di Matteo, pare che
la loro figura si sia arricchita e reinterpretata più volte.
Una delle evoluzioni più rilevanti è il passaggio dalla condizione di
astrologi zoroastriani a quella di re, quando i primi esegeti cristiani
richiamarono artificiosamente l'adorazione del Messia da parte di
alcuni re (Isaia 60:3, Salmi 72:10 e 68:29), presente nelle profezie
dell'Antico Testamento.
Ma l'idea di un'autorità regale dei Magi è di molto successiva,
addirittura posteriore a Costantino, e sicuramente strumentale alla
giustificazione di una sottomissione del potere temporale
monarchico a quello spirituale dei padri della Chiesa.
Dopo quel periodo si iniziò a divulgare un’immagine iconografica
diversa per i tre re: divenirono di colpo uno bianco di carnagione
(rappresentando simbolicamente il potere monarchico occidentale, il
più anziano), uno mulatto (l’uomo maturo, sultanato orientale) e uno
nero (il giovane monarca africano).
Conclusioni

Il termine «creazione» oggi si incontra non solo nella mera


accezione teologica e filosofica, ma viene sempre di più preso in
considerazione nella letteratura interdisciplinare e anche in quella
scientifica propriamente detta.
In questo testo, abbiamo semplicemente accostato diverse
cosmogonie e simboli, dando un senso universale alla creazione.
L’acqua, elemento primigenio, dal quale si è sviluppata la vita,
l’albero della conoscenza del bene e del male, attraverso il quale
l’essere umano è arrivato a porsi domande per ambire alla
conoscenza e quindi alla verità, ai principi etici e morali, sono
indiscutibilmente comuni a tutte le religioni.
Mosè ha avuto il contatto con il Dio nei pressi di un roveto, Buddha è
arrivato all’illuminazione sotto un albero e Maometto ai piedi di un
albero su una montagna ha ricevuto la rivelazione da Allah.
La connessione è ovunque.
La scienza è il campo che ci sfida a ridefinire la saggezza
convenzionale tramandataci dai nostri predecessori tramite il
pensiero critico.
Il pensiero critico ci fa crescere come società e come individui,
nonché come specie.
Le affermazioni della scienza provengono da persone reali che
hanno condotto esperimenti reali e ne hanno osservato le risultanze
obiettive e reali.
Freud molto tempo fa osservò brillantemente che l’uomo è pieno di
paure profonde, vivendo in un mondo di malattie, carestie e disastri
con molto poco controllo sulla propria esistenza.
Secondo il famoso padre della psicoterapia pratica infatti, ha dovuto
creare un essere che potesse liberarlo dalle afflizioni, un
sovrannaturale sostegno dal cielo che potesse tirarlo fuori dai guai.
Ha creato un arbitro cosmico che prenda parte al giudizio e che sia
pronto con il suo fischietto a fermare la partita all’occorrenza, finché
ogni uomo non ottenga ciò che merita.
Ma soprattutto l’uomo teme la morte e l’estinzione biologica a livello
inconscio: un padre celestiale alla fine della vita avrebbe potuto
perdonarlo dalle azioni malevoli e lo avrebbe portato in qualche
luogo celestiale chiamato Paradiso.
Tra scienza e fede il dibattito sarà sempre aspro: ciò lo dimostra la
seconda enciclica di papa Benedetto VI, “La scienza non redime
l'uomo”, nella quale afferma che la scienza e il pensiero scientifico
sono ormai preclusi ad ogni possibile evoluzione, ciò significa che i
dogmi della chiesa sono infallibili.
Credo che non tutto possa venire spiegato, i limiti della scienza
come, (e ancora di più quelli della religione), sono quelli della
capacità cognitiva della mente umana.
Sappiamo per certo del Big Bang, che discendiamo dalle scimmie
con le quali condividiamo più del 98% del DNA, e che i fatti narrati
nelle cosmogonie anche se solo simili su alcuni concetti
fondamentali, poggiano su una simbologia comune.
Popoli lontanissimi nel tempo e nello spazio geografico, sembrano
narrare una parte di storia molto comune, anche se alle volte celata
dentro a racconti mitologici, il solo modo che avevano di trasmettere
ai posteri conoscenze che altrimenti sarebbero state dimenticate, un
po’ come fece Omero, (la scrittura d’altronde è una conquista
recente).
In questo mondo l’uomo ha avuto la possibilità di lasciare il segno e
sperando che la generazione successiva si sarebbe ricordata di
precetti religiosi e dei relativi e derivanti insegnamenti morali, anche
attraverso racconti mitologici e simboli, rappresentando solo un
ricorso narrativo dovuto al particolare linguaggio scelto dall'autore,
oltre ai meccanismi straordinari della memoria genetica che certo
non potevano ancora comprendere.
Ecco perché la Bibbia cristiana deve essere considerata una
raccolta di vari autori che narrano delle storie, alcune più o meno
verificabili altre meno, con le relative contraddizioni e non la parola di
Dio.
Parlare di simbologia universale della creazione ci porta ad avere
quella visione di insieme che manca.
Nessuno almeno per il momento può spiegare cosa c’era prima del
tempo, la teoria delle stringhe e la fisica quantistica ne stanno
esplorando i confini solamente da breve tempo, ma quello che
accomuna uomini diversi può e deve unirci e non dividerci come
hanno fatto le religioni nel corso dei secoli.
Se guardo il mondo intorno a me e vedo le meraviglie del creato,
noto come la vita ha assunto milioni di forme diverse, dai buchi neri
alle nebulose, dai molluschi, ai pesci nei mari, dagli uccelli che
volano nel cielo agli animali terrestri, fino ad arrivare a tutte le specie
che noi stessi ancor oggi non conosciamo, alle piante che
abbelliscono il pianeta e danno nutrimento agli esseri viventi.
Tra queste creature l’uomo si è evoluto in un modo diverso e
particolare, ma il linguaggio universale è unico, quello Naturale, di
una energia che ancora non siamo in grado di comprendere.

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