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Testo e immagini a cura della scuola kiteboard della Xkite a.s.d. – Lago di Garda
Indice
PREFAZIONE
3. Cenni di meteorologia
partenza
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PREFAZIONE
Questa guida raccoglie e riassume le conoscenze teoriche e le esperienze che state affrontando
durante il percorso che vi porterà a diventare istruttori di kitesurf. Considerate quindi questo
manuale come un utile “pro-memoria” per fissare le idee dopo una giornata di corso o per
prepararvi alla lezione del giorno dopo, ma ricordate che né il corso né questa dispensa possono
assolutamente sostituire l’esperienza che dovrete maturare con il tirocinio, al fianco di istruttori
esperti, confrontandovi sempre con i vostri colleghi e tenendovi costantemente aggiornati su nuovi
materiali e tecniche. Solo con la pratica quotidiana, con la passione per l’insegnamento e con la
costante voglia di migliorare e di crescere acquisterete infatti la professionalità, la competenza e la
sicurezza che faranno di voi dei buoni istruttori, al di là di ogni brevetto.
Nella prima parte della guida trovate le nozioni fondamentali che ogni istruttore deve conoscere
approfonditamente per poter lavorare con professionalità e competenza. Un capitolo è dedicato
all’organizzazione generale della scuola: vi potrà essere utile per valutare le potenzialità del centro
kite per il quale comincerete a lavorare. Nel secondo capitolo sono riassunte le nozioni di base sui
materiali di uso quotidiano e i concetti fondamentali dell’aerodinamica del kite. Nel terzo capitolo
trovate dei cenni di meteorologia che vi saranno utili per capire come si formano i venti e le
correnti.
La seconda parte è invece dedicata alla didattica, e in particolare trovate il programma dettagliato
delle prime lezioni di un corso base di kitesurf e dei suggerimenti per una comunicazione
funzionale ed efficace.
Qua e là sono inseriti dei riquadri di approfondimento, per aiutarvi a risolvere alcuni degli errori che
gli allievi commettono più frequentemente.
Gli esercizi e le tecniche che proponiamo in questa guida sono il frutto della nostra pluriennale
esperienza nell’insegnamento di questo sport, ma ogni scuola e ogni istruttore possono aver
sviluppato nel tempo altri metodi ed esercizi che si addicono alle particolari condizioni meteo-
marine dello spot e all’organizzazione della scuola stessa. In uno sport ancora così giovane, sia la
didattica che i materiali sono in continua evoluzione. Non esiste un solo modo di praticare il
kitesurf: ognuno ha un suo stile unico e personale, così come quello che andremo ad affrontare è
un sistema per portare gli allievi alla conduzione del kite in breve tempo e nella massima sicurezza
possibile, ma non esclude altri metodi o approcci.
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Oggi gli allievi possono imparare in pochi giorni e in sicurezza quello che alcuni kiter hanno
appreso in anni di tentativi ed esperimenti, con gli inevitabili errori di ogni principiante fai-da-te, le
cui conseguenze possono essere davvero tragiche. Tenete sempre presente che chi si rivolge a
voi per imparare a gestire un kite affida la sua vita nelle vostre mani: la sicurezza del vostro allievo
e di chi vi sta intorno deve essere il vostro principale pensiero. Con la giusta dose di prudenza e
attenzione potrete evitare rischi inutili; con l’esperienza e con la tecnica imparerete anche ad
uscire da eventuali difficoltà, mantenendo sempre il controllo della situazione.
Buon lavoro.
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1. ORGANIZZAZIONE GENERALE DELLA
SCUOLA
Se oltre all’attività di scuola nella sede è previsto un corridoio di lancio per la pratica individuale
senza assistenza, è necessario anche considerare la direzione del vento rispetto alla spiaggia, che
dovrà essere il più possibile side shore o side on shore (vedi terzo capitolo), e verificare di avere
ampi spazi a disposizione sia a terra che in acqua per garantire che le operazioni di decollo e
atterraggio dei kite avvengano in sicurezza.
E’ molto importante che il centro abbia a disposizione dei natanti: le barche di appoggio infatti
permettono di praticare kite anche in mancanza degli spazi di lancio a terra e con direzioni di vento
on shore e off shore. Le attività di scuola in particolare dovrebbero sempre essere effettuate al
largo, dove sia gli allievi che i bagnanti sono al sicuro da tutti i pericoli legati agli errori di pilotaggio
del kite. Ovviamente l’utilizzo delle barche necessita di una certa “marineria” e di una buona
esperienza nel pilotaggio da parte degli istruttori, ma permette di lavorare con alti standard di
sicurezza e di sfruttare al massimo ogni minuto di vento. I centri che utilizzano i natanti di
assistenza dovranno: verificare che nell’area sia consentita la navigazione a motore, avere a
disposizione degli ormeggi o dei posti barca in prossimità della scuola, controllare che la profondità
del fondale permetta di navigare sempre in sicurezza.
Una volta individuata una possibile sede, verifichiamo che non ci siano divieti o limitazioni
riguardanti la pratica del kitesurf: per avere maggiori informazioni è possibile il Comune e la
Capitaneria di Porto di riferimento.
Un altro criterio importante nella scelta della sede riguarda la visibilità: una scuola situata in una
località molto frequentata sarà maggiormente visibile e riceverà più contatti rispetto a una scuola
che si trova in una spiaggia isolata e difficilmente raggiungibile. D’altra parte, uno dei requisiti di
sicurezza per le lezioni consiste nell’avere spazio libero da ostacoli e persone, condizione che
difficilmente troviamo sulle nostre spiagge in alta stagione… Consideriamo quindi anche l’ipotesi di
avere una sede “istituzionale” in una zona ad alta visibilità ma di effettuare le lezioni in una zona
appartata anche se vicina. Se invece la sede della scuola è in un’area poco frequentata, dovremo
tenerne conto quando pianificheremo le strategie promozionali per far conoscere la scuola (cartelli,
bandiere, pubblicità in genere).
Analizziamo ora più nel dettaglio le caratteristiche che dovrà avere lo spazio che viene utilizzato
per le prime lezioni a terra:
- vento pulito e non rafficato; attenzione alla presenza sopravvento di montagne, palazzi,
vegetazione fitta, ecc;
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- per ogni aquilone che si intende far volare serve spazio libero sottovento e al traverso per
almeno il doppio della lunghezza dei cavi. E anche in alto: attenzione ai cavi elettrici;
- il fondo deve essere pianeggiante e libero da ostacoli, sassi, oggetti taglienti; eventualmente si
possono coprire piccoli ostacoli con sabbia o tappeti;
- il fondo deve essere morbido, vanno bene una spiaggia o un prato erboso;
- deve essere lontano da aeroporti di qualsiasi tipo;
- verifichiamo che non ci siano divieti o restrizioni per l’utilizzo dello spazio;
- possibilmente posizioniamo delle bandiere o delle maniche a vento per riconoscere la
direzione e l’intensità del vento e dei sacchetti di sabbia per tenere fermi i kite quando non
sono in volo.
Se effettuiamo le lezioni su una spiaggia frequentata da altri kiter o se vogliamo dotare il nostro
centro di un corridoio di lancio, dobbiamo separare l’area di lezione dal corridoio di uscita. L’area
scuola deve trovarsi sottovento alla zona di uscita e rientro dei kiter: sempre meglio mantenersi
alla distanza di sicurezza di almeno 50 metri. E’ consigliabile delimitare l’area scuola e apporre dei
cartelli segnaletici per spiegare le diverse destinazioni delle aree.
Il corridoio di uscita deve essere delimitato secondo le disposizioni delle autorità locali competenti:
al momento non esistono dei criteri uniformi, in allegato trovate alcune ordinanze che possono fare
da riferimento.E’ importante comunque che il corridoio di lancio sia riservato ad uso esclusivo di
kiter in grado di navigare autonomamente, e solo per le manovre di uscita e di rientro. Il vento deve
soffiare parallelo alla spiaggia, e in condizioni di vento perpendicolare alla spiaggia la pratica dello
sport sarà consentita solo se nel centro è operativo un servizio di recupero. Il corridoio di uscita e
l’area scuola devono sempre trovarsi sottovento alle zone destinate alla balneazione, al windsurf o
ad altre attività.
Per la seconda lezione sarebbe perfetto potersi esercitare in acqua bassa, ma in alternativa si può
continuare ad utilizzare il campo di volo della prima lezione; in ogni caso le caratteristiche dell’area
devono rimanere quelle già descritte.
Anche in presenza di spiagge adeguate e di tratti con fondale basso, per motivi di sicurezza e per il
miglior apprendimento dei vostri allievi, le lezioni di body drag e di partenza possono essere
effettuate direttamente al largo, in acqua profonda, utilizzando un natante di appoggio.
LOCALI
Dobbiamo inoltre disporre di un posto sicuro per il rimessaggio di tutta l’attrezzatura (kite, tavole,
mute, trapezi, giubboni salvagente, caschi…) L’ideale è avere a disposizione un secondo locale o
un container con la funzione di magazzino. Esistono piccole scuole che utilizzano semplicemente
un furgone.
E’ opportuno che i locali della scuola e quelli adibiti a magazzino dell’attrezzatura siano sorvegliati
o dotati di qualche sistema anti-furto.
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SEGRETERIA
Una segreteria efficiente e ben organizzata e una corretta gestione delle prenotazioni sono
fondamentali per il buon funzionamento della scuola.
Da quanto sopra si può ben comprendere che questi compiti difficilmente possono essere svolti
dagli istruttori stessi. Meglio poter contare su un collaboratore che si dedichi esclusivamente a
queste attività, lasciando gli istruttori liberi di potersi dedicare alle lezioni. E’ molto antipatico che
sia l’istruttore stesso a incassare i pagamenti, perché si instaura con gli allievi un rapporto da
fornitore/clienti invece che da insegnante/studenti.
Una attenta gestione del calendario delle prenotazioni permette alla scuola di sfruttare al meglio gli
orari di vento, di ottimizzare l’impegno degli istruttori e l’utilizzo dell’attrezzatura. In linea di
massima, dovremo cercare di pianificare le lezioni in modo che gli orari in cui sono previste le
esercitazioni pratiche coincidano con quelle in cui il vento è più favorevole. E’ bene avere sempre
delle alternative per sfruttare anche i momenti di non vento. Ecco qualche esempio di lezioni di
teoria che potete proporre agli allievi, in base al loro livello di esperienza:
- preparazione e settaggio del kite
- aerodinamica
- meteorologia
- norme di sicurezza e precedenze
- manutenzione e riparazioni del kite
In acqua, anche senza vento, possiamo organizzare delle lezioni su:
- sgancio rapido e procedura di rientro d’emergenza (self rescue)
- esercizi con la sola tavola (in questo caso serve una barca attrezzata con il simulatore)
Di norma, i corsi più richiesti sono quelli per principianti; teniamone conto quando prepariamo il
calendario delle lezioni, facendo in modo che chi vuole iniziare un corso abbia la possibilità di farlo
nel giro di un paio di giorni: le lunghe liste di attesa scoraggiano le persone.
Se la scuola si trova nelle vicinanze di una spiaggia molto frequentata, può essere utile anche
prevedere delle brevi prove gratuite aperte a tutti, in cui far provare il pilotaggio di un piccolissimo
kite a cassoni, in modo da coinvolgere anche i più timidi o titubanti.
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ATTREZZATURA
Senza addentrarci nei dettagli, suggeriamo l’attrezzatura minima di cui dotare l’ufficio: per la
gestione delle prenotazioni e delle iscrizioni sono necessari un telefono (può andare bene anche
un cellulare), un computer con stampante e possibilmente collegamento internet, e vario materiale
di cancelleria (carta, penne, lavagna, pennarelli, ecc).
Per lo svolgimento delle lezioni avremo ovviamente bisogno di tutto l’equipaggiamento tecnico da
fornire agli allievi. La quantità di materiale necessaria dipende dal numero di potenziali allievi
che frequenteranno i corsi, il quale a sua volta dipende dal numero di istruttori che operano nella
scuola e dalle ore di vento che mediamente si possono sfruttare in una giornata. Per ogni allievo
dobbiamo disporre di una muta, di un trapezio con coltellino tagliascotte, di un giubbino
salvagente, di un casco. E’ molto importante che le mute siano della giusta taglia e di spessore
adeguato alla temperatura dell’acqua, per evitare che l’allievo abbia difficoltà di movimento o che si
debba interrompere la lezione per problemi di freddo. Anche un casco troppo grande può
compromettere la buona riuscita della lezione perché l’allievo non riesce a vedere il kite. Meglio
quindi dotarsi di un numero di mute, trapezi, salvagenti e caschi leggermente superiore al
potenziale giornaliero di allievi per poter avere le taglie adeguate.
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AUSILI PER LA DIDATTICA
E’ stato sperimentato che in qualsiasi tipo di comunicazione la quantità di nozioni realmente
apprese e memorizzate dal ricevente può variare molto a seconda del tipo di stimolo ricevuto, e in
particolare:
Dai dati della tabella si capisce intuitivamente che il processo di apprendimento con il solo ascolto
è poco efficace. Cerchiamo quindi di utilizzare il maggior numero possibile di materiali e strumenti
che aiutino l’allievo a raggiungere gli obiettivi programmati.
Ogni scuola dovrebbe fornire a tutti i partecipanti ai corsi una guida o un manuale; oltre che
permettere agli allievi di poter rivedere ed approfondire quanto imparato durante le lezioni, il
manuale sarà un validissimo supporto per noi istruttori durante le lezioni stesse, perché conterrà
una serie di immagini, tabelle e schemi da mostrare agli allievi.
In alternativa o in aggiunta, è bene dotare la sede della scuola di alcuni cartelloni raffiguranti:
Quando possibile, utilizziamo anche dei video, per esempio per mostrare agli allievi gli esercizi
che dovranno effettuare, soprattutto se non potremo andare in acqua noi stessi a dimostrarli.
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Un altro utile simulatore può essere costituito da una
barra completa di chicken-loop, appesa a una struttura
molto solida, con un sistema di carrucole che ci
permetta di regolarne l’altezza da terra.
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MEZZI DI APPOGGIO
Ogni istruttore deve avere a disposizione un natante di appoggio, di dimensioni adeguate al
numero di allievi che si devono trasportare. Solitamente si privilegia l’uso dei gommoni, perché
sono più facili da pilotare e sono più sicuri nelle fasi di ormeggio o di avvicinamento alle persone in
acqua. I limiti di questo tipo di barche però stanno nello scarso spazio a disposizione a bordo. Le
imbarcazioni rigide sono più capienti e permettono quindi di trasportare più comodamente le
persone e l’attrezzatura, ma richiedono una guida più esperta.
Sulle barche della scuola dovranno esserci solo l’istruttore e gli allievi, per motivi di sicurezza e per
poter essere più agili negli spostamenti.
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2. KITE, TAVOLE, EQUIPAGGIAMENTO
IL KITE
Anche tra gli appassionati di kite, pochi conoscono la storia degli aquiloni, che si snoda tra scienza
e religione. I primi oggetti costruiti dall’uomo in grado di volare erano infatti intrisi di significati
mistici, in quanto si credeva che potessero creare un legame tra Terra e Cielo; in pratica erano un
modo di avvicinare l’uomo alle divinità. In alcune parti del mondo rimangono tuttora delle tradizioni
legate al mondo animistico: in Giappone si fanno volare degli aquiloni di notte intorno alla casa
dove sta nascendo un bambino per tenere lontani gli spiriti maligni.
I primi aquiloni furono probabilmente costruiti in Cina tremila anni avanti Cristo: una leggenda narra
che il primo aquilone sia nato dopo che una folata di vento fece volare via un cappello dalla testa di
un contadino, il quale decise quindi di legare il cappello con una spago...
In tempi più recenti, alcuni hanno saputo intravedere le potenzialità dell’aquilone a fini scientifici:
Edison sfruttò degli aquiloni per compiere i suoi studi sui fulmini.
Altri ancora hanno pensato di sfruttare il fenomeno della trazione legata al volo dei kite: nel 1826
l’inglese Pockock realizzo degli aquiloni con lo scopo di trainare delle carrozze; in realtà il suo
progetto ebbe poca fortuna, ma aprì la strada all’aquilonismo da trazione.
Nel 1901 Samuel Franklin Cody attraversò lo stretto della Manica a bordo di un oggetto a metà strada tra
una mongolfiera e un aquilone.
A partire dagli anni ’80 l'aquilonismo da traino cominciò ad essere applicato agli sci, allo skate, e ad ogni
forma di attrezzo che potesse muoversi, dando vita a nuovi sport come il buggying o lo snowkite: uno dei
protagonisti di questi anni è stato il neozelandese Peter Lynn, a cui si devono molti progetti di kite a cassoni.
Cominciarono quindi anche le prime sperimentazioni in acqua, con canoe o altre imbarcazioni : nel 1978, Ian
Day si faceva trainare da un aquilone a bordo del suo catamarano Tornado e negli stessi anni i fratelli Corey
e Bill Roesler di Seattle brevettarono il Kiteski, un grande aquilone acrobatico a delta a 2 cavi, fornito di
barra con avvolgicavo a molla che ne permetteva il recupero e il rilancio dall'acqua. Possiamo però
affermare che con il brevetto dell’aquilone gonfiabile ((WI.P.I.K.A. - WI.nd P.owered I.nflatable K.ite
A.ircraft ) nel 1984 da parte dei fratelli francesi Bruno e Dominique Legaignoux, si risolse
definitivamente il problema della rilanciabilità del kite dall’acqua e quando alcuni windsurfisti
professionisti, tra cui Manu Bertin, cominciarono a sperimentare i primi kite gonfiabili alle Hawaii
iniziò la grande diffusione di questo sport.
In Italia fu probabilmente Robby Naish, con le sue spettacolari acrobazie sul Lago di Garda alla
fine degli anni ‘90, a far conoscere il kitesurf.
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Bordo Analizziamo le varie parti che compongono la nostra
d’entrata ala:
l’estradosso (upper skin): è la superficie esterna
Estradosso dell’ala; l’intradosso (lower skin): è la superficie
interna; sono realizzate con il materiale molto leggero
con cui si realizzano anche gli spinnaker delle barche a
Intradosso vela. Le parti soggette a maggior usura sono invece di
un tessuto più resistente (dacron);
Il boma o barra (bar) è lo strumento che ci permette di controllare il kite. Solitamente è costruito
carbonio, rivestito di gomma antisdrucciolo. Alle estremità della barra ci sono due concavità su cui
si possono riavvolgere le linee, dette avvolgicavi.
Nella parte frontale del kite, direttamente alle estremità del leading edge o tramite un apposita
brigliatura, vanno collegate le due linee anteriori (front-lines), che convergono poi in un unico
cavo passante dal centro del boma, chiamata cima del depower.
Le due linee posteriori (back-lines) si agganciano invece alle estremità del bordo di uscita della
vela e ai due estremi del boma.
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Su molti kite è presente anche la quinta linea, o quinto cavo, che facilita le manovre di decollo del
kite dall’acqua, ed è inoltre un efficace sistema di sicurezza che permette di annullare la trazione
del kite in caso di necessità. Negli ultimi anni, in alcuni modelli la quinta linea ha assunto anche una
funzione strutturale, perché aiuta il leading edge a mantenersi in una forma aerodinamicamente più
efficiente.
Il sistema di trim del de-power è una regolazione che ci permette di variare la lunghezza delle
linee frontali, modificando l’angolo di incidenza della vela e quindi la sua potenza/velocità. Questa
regolazione viene fatta solitamente all’inizio dell’uscita, con la vela in volo, oppure ogni qual volta si
renda necessario, per esempio al variare dell’intensità del vento. Anche i diversi nodi sui punti di
attacco delle linee al kite e al boma danno la possibilità di regolare l’angolo di incidenza della vela
prima dell’uscita.
Quando ci agganciamo al kite tramite il chicken-loop, tutta la trazione generata dall’ala si trasmette
dai cavi frontali al nostro corpo tramite l’imbragatura del trapezio, le braccia sono libere di
manovrare e la barra può scorrere lungo la cima del de-power.
Mentre pilotiamo il kite possiamo avvicinare o allontanare da noi la barra, alle cui estremità sono
collegate le back lines. In questo modo andiamo a modificare l’inclinazione della vela rispetto al
vento: da questa inclinazione, chiamata angolo di incidenza, dipende parte della trazione esercitata
dal kite. Il sistema depower ci permette quindi di variare l’angolo di incidenza della vela mediante
un semplice movimento delle braccia, per dosare la potenza della vela in base alle necessità del
momento.
Barra
Avvolgicavo
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Uno dei sistemi di sicurezza più semplici e comuni è costituito da un
cordino elastico (leash) fissato al nostro trapezio che viene collegato
tramite un sistema a doppia anello a una delle linee frontali o posteriori
(1).
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CENNI DI AERODINAMICA
I kite sono a tutti gli effetti delle ali, anche se flessibili e deformabili, e si muovono secondo i
principi dell’aerodinamica proprio come gli aerei o gli uccelli; abbiamo quindi la necessità di
acquisire alcune nozioni di aerodinamica per comprendere meglio le caratteristiche e il
comportamento delle nostre vele.
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La superficie reale è la misura in metri quadrati dell’ala quando tutta la sua superficie appoggia su
un piano; in un kite equivale alla superficie dell’ala sgonfia appoggiata a terra. La superficie reale
del kite ne influenza ovviamente la capacità di trazione, ma anche la velocità e reattività: a parità di
profilo un ala di dimensioni ridotte è molto più veloce e agile nell’aria di un ala più grande. Le vele
di grandi dimensioni sono quindi più lente ma sviluppano molta trazione grazie alla grande
superficie, e vengono quindi utilizzate con venti leggeri.
La superficie proiettata è invece la misura in metri quadrati dell’ombra che il kite gonfio in assetto
di volo proietterebbe su un piano parallelo avendo il sole perfettamente perpendicolare. Questa
misura è molto importante per valutare l’effettiva capacità di trazione di un kite. Le ali gonfiabili
hanno una forma molto arcuata, che crea una discreta differenza tra la superficie reale e quella
proiettata. Questa “campanatura” serve a conferire maggiore stabilità al kite, perché la parte che
agisce in verticale funziona da stabilizzatore. Inoltre quando la vela cade in acqua la forma arcuata
permette sempre ad almeno una parte dell’ala di prendere vento e quindi di ripartire.
Ma quale vento dobbiamo analizzare? Se pensiamo ad un kite fermo in un qualsiasi punto del
bordo della finestra, questo subisce solo l’effetto del vento reale, cioè il vento atmosferico.
Quando il kite si muove però subisce anche l’effetto del vento d’avanzamento, quello che
l’aquilone stesso crea avanzando, e che aumenta al crescere della velocità dell’ala. La direzione
del vento di avanzamento è sempre opposta al moto dell’ala.
Per fare un semplice esempio, il vento d’avanzamento è quello che possiamo percepire in faccia
quando andiamo in motorino o in bicicletta: più acceleriamo, più questo aumenta. Quella che
realmente agisce sul kite è dunque la somma del vento reale e del vento d’avanzamento, che si
chiama vento apparente, o vento relativo.
Il vento apparente è quindi quello di cui dobbiamo tener conto nell’analizzare il comportamento
del kite, e quando il kite si muove è diverso dal vento atmosferico sia per intensità che per
direzione.
La velocità del vento infatti è una grandezza caratterizzata non solo dall’intensità, ma anche dalla
direzione e dal verso in cui agisce, e dobbiamo tenerne conto quando vogliamo calcolare l’effetto
di due o più venti che agiscono contemporaneamente sul kite.
Questo tipo di grandezze si chiamano vettori e si rappresentano graficamente con delle frecce, in
modo da poterne identificare l’intensità (la lunghezza delle freccia), la direzione, il verso e il punto
di applicazione.
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R
V R
A VA
In questo esempio il kite è fermo allo zenit. Il vento reale è In questo esempio invece il kite è in movimento verso l’alto.
rappresentato dal vettore R. Non esiste vento d’avanzamento perché Il vento reale è rappresentato dal vettore R e la velocità del kite è
il kite è fermo, quindi il vento apparente coincide con il vento reale. rappresentata con il vettore V. Il vento d’avanzamento è quindi
un vettore della stessa lunghezza e direzione di V ma di verso
contrario (A). Se sommiamo i vettori R e A otteniamo il vento
apparente VA, che ha un’intensità maggiore del vento
atmosferico e direzione diversa.
Perché il vento fa volare il kite? Come abbiamo già accennato, il flusso d’aria che colpisce il kite si
separa incontrando il bordo di attacco: una parte scorre sull’estradosso e la restante scorre lungo
l’intradosso, per ricongiungersi sul bordo di uscita.
L’intensità della forza aerodinamica totale è direttamente proporzionale alla velocità del vento relativo: lo
possiamo facilmente sperimentare se mettiamo una mano aperta fuori dal finestrino di una macchina in
corsa: all’aumentare della velocità dell’auto aumenta la spinta verso l’alto e all’indietro.
Con lo stesso sistema possiamo sperimentare come la forza aerodinamica totale varia con il variare
dell’inclinazione della mano rispetto alla direzione del vento, quello che in aerodinamica si chiama angolo di
incidenza.
La Legge di Bernoulli sostanzialmente afferma che la somma della pressione statica e di quella dinamica si mantiene
costante, e quindi a un aumento di pressione dinamica corrisponde una diminuzione di pressione statica o viceversa.
Per sincerarsene basta un semplice esperimento. Prendiamo un foglio di carta e teniamolo tra le dita: sopra e sotto il
foglio esiste una identica pressione atmosferica (pressione statica). Soffiamo ora lungo la superficie superiore del
foglio e notiamo che questo, anziché piegarsi verso il basso, si alza, come se venisse risucchiato.
È infatti accaduto che il movimento dell’aria ha creato una pressione dinamica. Per mantenere costante la somma
delle pressioni è quindi diminuita la pressione statica sulla superficie superiore de foglio, che quindi tende a salire.
La forza aerodinamica totale agisce perpendicolarmente alle corde alari lungo tutta la superficie dell’ala, ma
convenzionalmente la si intende applicata sulla corda media, in un punto detto centro di spinta.
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Possiamo però scomporre la forza aerodinamica totale lungo
due assi, quello del vento relativo e l’asse perpendicolare a
quello del vento relativo.
portanza Forza Aerodinamica
Totale
vento relativo Otteniamo in questo modo due componenti della forza
resistenza aerodinamica totale, che si chiamano rispettivamente
resistenza e portanza.
Come abbiamo già accennato, all’aumentare del vento apparente e dell’angolo di incidenza
aumenta la forza aerodinamica totale, e quindi aumentano sia la portanza che la resistenza.
La resistenza, come il nome stesso suggerisce, è la componente della forza aerodinamica totale
che agisce nella direzione opposta al moto. Ci sono tre fattori che contribuiscono alla resistenza
totale: la resistenza di forma che dipende dal profilo esposto al vento, la resistenza d’attrito
dell’aria sulla superficie, e una resistenza indotta dovuta ai vortici d’aria che inevitabilmente si
creano sul bordo di uscita a causa delle differenti velocità dei flussi d’aria che scorrono
sull’intradosso e sull’estradosso. Proprio quest’ultimo tipo di resistenza è quello che maggiormente
influenza il volo di un kite. Ma anche la resistenza di forma e di attrito hanno la loro importanza:
una leading edge più sottile risulterà infatti più “penetrante” rispetto a una dal diametro maggiore, e
un kite di grandi dimensioni, a causa della maggior superficie, svilupperà più resistenza rispetto a
un piccolo kite. Anche la lunghezza dei cavi contribuisce ad aumentare la resistenza.
La portanza è invece la forza che permette al kite di stare in volo, e può essere definita come la
componente della forza aerodinamica totale che si oppone alla forza di gravità, cioè al peso. Dal
momento che siamo collegati al kite, la portanza si trasmette lungo i cavi fino al nostro corpo, ed è
quindi la forza che utilizzeremo per muoverci. Quando la portanza diventa maggiore del nostro
peso, l’ala può sollevarci in volo!
Abbiamo già potuto sperimentare che sia la portanza che la resistenza variano al variare
dell’angolo di incidenza, cioè dell’angolo che si viene a formare tra il vento relativo e la corda alare.
Gli angoli d’incidenza efficaci per mantenere il volo dell’ala sono compresi tra 0 e 30 gradi circa;
all’aumentare dell’angolo di incidenza, l’ala aumenta la sua trazione (portanza) ma perde velocità
perché aumenta anche la resistenza. Superato il limite dei 30° circa, il flusso d’aria sull’estradosso
si rompe formando delle turbolenze che fanno perdere di colpo al kite la capacità di volare (stallo).
Analogo risultato si ottiene quando l’angolo di incidenza diventa negativo e quindi l’ala riceve il
vento sull’estradosso.
Il fenomeno per cui l’angolo di incidenza può variare lungo le due semiali prende il nome di
svergolamento; kite più flessibili e con un disegno che permette un maggiore svergolamento
avranno quindi una maggior velocità di rotazione.
L’angolo di incidenza è quindi il principale strumento a nostra disposizione per controllare il kite.
Dobbiamo tenerne conto anche per “trimmare” correttamente un kite, cioè per regolare il rapporto
tra la lunghezza delle back e delle front lines. Uno degli errori più comuni è quello di continuare a
“potenziare” il kite in caso di vento leggero: ma angoli di incidenza troppo elevati rallentano il kite
(aumenta la resistenza) e ne facilitano lo stallo, rendendo ancora più difficile il pilotaggio del kite. In
situazioni di vento leggero dobbiamo invece mantenere il kite veloce per poterlo muovere
agilmente e sfruttare il vento apparente.
C-KITE: sono stati in pratica i primi kite gonfiabili, quelli nati dal brevetto dei fratelli Legaignoux.
Ne esistono a 4 o 5 linee, sono caratterizzati da una forma molto “campanata”, quasi a ferro di
cavallo, e i cavi frontali sono collegati direttamente alle estremità del bordo di attacco. L bordo di
uscita è convesso. Generalmente hanno una corsa del de-power più breve rispetto ai bow-kite e
quindi hanno un range di utilizzo più limitato. La loro forma “compatta” invece li rende rapidi nelle
rotazioni. Trovano particolare utilizzo nella specialità freestyle.
BOW KITE: anche il brevetto del bow kite si deve ai fratelli Legaignoux, ma in tempi più recenti,
nel 2005. Rispetto ai c-kites hanno una forma ad arco molto più piatto, resa possibile dal fatto che
le front lines si collegano a più punti della leading edge tramite una struttura di briglie e carrucole.
In questo modo la differenza tra superficie reale e superficie proiettata è molto ridotta: questo
permette ai bow-kite di essere leggeri, con meno resistenza di forma e di attrito rispetto ai c-kite.
Generalmente il bordo di uscita è concavo. L’altra grande caratteristica di questi kite è quella di
avere una corsa del de-power molto lunga, perché il profilo alare e la brigliatura permettono di
agire maggiormente sull’angolo di incidenza: questo consente di poter annullare quasi
completamente la trazione della vela soltanto lasciando la barra (total depower), di aumentare il
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range di vento del kite e di gestire più facilmente condizioni di vento rafficato. Sono quindi kite
molto adatti alle specialità race e slalom.
SLE-KITE: la sigla sta per Supported Leading Edge. Sono praticamente dei kite che intendono
combinare le caratteristiche migliori di bow-kite e C-kite. Alcuni dei primi bow-kites infatti avevano
mostrato qualche difetto, ad esempio dei fenomeni di torsione dovuti a profili troppo piatti e sottili.
Sono quindi stati sviluppati kite dal profilo a C, sui quali viene montato un sistema di briglie a
supporto della "leading edge" per aumentare l’efficienza del de-power. Per identificare questo tipo
di kite viene spesso utilizzato anche il termine “ibrido”.
Prendersi cura dell’attrezzatura è importante per la sua durata nel tempo (e quindi per il maggior
beneficio economico della scuola), ma soprattutto per la sicurezza dei nostri allievi, perché riduce
il rischio di incidenti dovuti a rotture accidentali.
I piccoli strappi o tagli sul tessuto del kite, possono essere riparati con dei ritagli di dacron o di spi
tessuto adesivo, vi consigliamo di procurarvene di vario colore recandovi in una veleria o in un
negozio specializzato. Stendete il kite su un piano, pulite bene la parte da riparare con alcool ed
eliminate eventuali sfilacciamenti. Fate combaciare perfettamente i due lembi strappati e fissateli
con del nastro adesivo di carta. Ritagliate due pezzi di tessuto adesivo sufficiente grandi da coprire
lo strappo e applicate il primo pezzo sopra lo strappo, dalla parte opposta a quella dove avete
messo il nastro di carta. Fate aderire bene il tessuto cercando di evitare che si formino pieghe.
Applicate il tessuto adesivo anche sull’altro lato dopo aver tolto il nastro di carta. Se il taglio è di
grandi dimensioni o se si trova sulle parti soggette a maggior tensione (bladder, leading edge,
bordo di uscita) la tenuta dell’adesivo non basterà, dovrete cucire il tessuto.
Per trovare piccoli fori nei bladder, gonfiatelo bene senza estrarlo dalla sua tasca e spruzzatelo
con dell’acqua saponata: l’aria che fuoriesce dal foro formerà delle bolle e avrete un’idea
approssimativa della localizzazione del buco. Sgonfiate il bladder ed estraetelo completamente
dalla sua tasca, fissando prima un cavo alla valvola: il cavo rimarrà nella tasca e vi permetterà poi
reinserire il bladder. Rigonfiate la camera d’aria (attenzione a non esagerare perché non è più
protetta dalla tasca e può esplodere) e ripetete l’operazione con l’acqua saponata per localizzare
esattamente il forellino. Cerchiate il foro con un pennarello indelebile. Asciugate il bladder, pulite la
zona cerchiata con dell’alcool e strofinate molto leggermente con della carta abrasiva a grana
molto sottile. Se il foro è piccolo basterà coprirlo con una pezzetta pre-incollata come quelle fornite
con il kit di riparazione del kite. Se invece avete a che fare con uno strappo o un buco più grande
causato da uno scoppio, dovrete ritagliare da un vecchio bladder una toppa abbastanza grande.
Fissate bene sia la toppa che il bladder ad un piano di appoggio con del nastro adesivo, in modo
che il materiale sia ben teso e non faccia grinze. Pulite e carteggiate anche la toppa. Applicate
uno strato sottile e uniforme di colla apposita sia sul bladder che sulla toppa e attendete che sia
quasi asciutta su ambedue le superfici. Staccate la toppa dal piano di appoggio e applicatela sul
bladder premendo con cura e facendo in modo che non si crei nessuna grinza o bolla d’aria:
meglio essere in due o tre persone per eseguire bene queste operazioni. Prima di reinsere il
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bladder riparato è consigliabile controllare la tenuta della riparazione, magari lasciandolo gonfio
per qualche ora. Per reinserire la camera d’aria: sgonfiatela, cospargetela di borotalco, legate alla
valvola il cavo che avevate fato passare nella tasca e poi tirate il cavo delicatamente fino al
completo riposizionamento. Gonfiate lentamente il bladder appena reinserito e verificate che non ci
siano pieghe o torsioni che potrebbero farlo esplodere.
Non è facile entrare nei dettagli del trimmaggio, perché ogni kite ha le sue caratteristiche particolari
così come ogni rider ha le sue esigenze e i suoi gusti; in generale una buona regola è quella di
regolare la lunghezza dei cavi in modo che con il kite allo zenit le back lines entrino in tensione
solo quando tiriamo a noi la barra di qualche centimetro. In alcuni kite dovremo controllare anche il
trimmaggio della quinta linea perché ha una funzione attiva di sostegno del leading edge. In questi
casi il quinto cavo non deve essere troppo lungo perché il kite perderebbe un importante punto di
sostegno e si deformerebbe sotto raffica con il caratteristico “effetto medusa” o “effetto polpo”,
mentre un quinto cavo troppo corto farebbe assumere al kite una forma ad ali di gabbiano.
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LE TAVOLE
Quando questo sport era agli inizi, si modificarono delle tavole da surf e windsurf per poter
navigare, creando una tavola con una prua (parte davanti) e una poppa (parte posteriore). In
questo tipo di tavole direzionali le streps, cioè le fascette in cui infilare i piedi per mantenerci
agganciati alla tavola, sono posizionate verso la poppa della tavola.
Oggi invece per la comune pratica free-ride si utilizzano prevalentemente tavole bi-direzionali
(twin-tip). Sono tavole simmetriche, quindi non dovremo cambiare posizione dei piedi negli streps
nei cambi di direzione, perché prua e poppa alternano il loro ruolo.
Esistono modelli con lunghezze attorno ai 160-140 centimetri ed un discreto volume, utili nelle fasi
della partenza e delle prime planate. Queste tavole possono eseguire tutte le manovre, i cambi di
direzione ed i salti delle loro sorelle minori risultando il miglior compromesso per chi inizia o per chi
si vuol divertire in condizione di vento leggero.
Chi è già esperto può utilizzare invece tavole lunghe 140-120 centimetri, dal volume ridotto. Il
profilo sottile di queste twintips taglia le onde e rimane sempre “aggrappato” all’acqua dando
sicurezza e controllo anche con vento forte, e durante il salto le ridotte dimensioni danno la
sensazione di non aver nulla ai piedi. Con poco vento però si rischia di rimanere in spiaggia a
guardare surfare chi possiede tavole di maggiori dimensioni…
Anche la larghezza della tavola ha la sua importanza: in media le tavole twin-tips hanno larghezze
che vanno dai 37 ai 40 centimetri.
Si trovano in commercio anche tavole “mutant” che possono essere utilizzate come
monodirezionali o bidirezionali a seconda di come vengono montate, oppure modelli
appositamente studiati per l’uso nelle onde.
Esistono poi tavole specifiche per le diverse discipline: se le tavole twin-tips sono quelle usate per
il freestyle, troveremo invece dei veri e propri surfini per l’onda, tavole appositamente pensate per
la velocità, e tavole direzionali ad alta galleggiabilità e con pinne molto pronunciate per le specialità
su percorso (Race e Slalom).
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Il rocker è la curvatura della tavola: una curvatura accentuata è utile alla manovrabilità sulle onde,
un rocker minore facilita la bolina.
I rails sono i bordi della tavola: i profili molto sottili tagliano bene l’acqua, ma sono taglienti e quindi
pericolosi in caso di cadute. Per la scuola è meglio scegliere modelli con rails arrotondati e non
troppo sottili.
Il leash è la cima con cui possiamo agganciare la tavola al nostro trapezio, per recuperarla
facilmente dopo una caduta. Ad ogni nostra caduta il leash è soggetto a notevoli sollecitazioni e
quindi deve essere molto resistente, e sono da preferire i modelli elastici o ammortizzati. Il leash va
agganciato con a un’estremità della tavola (mai alla maniglia o alle streps), e rende necessario
l’uso del casco, perché crea un effetto fionda che riporta la tavola verso l’uomo. Per questo motivo,
è preferibile non utilizzare il leash e recuperare la tavola facendoci trainare dal kite a corpo libero.
Gli streps, cioè le fascette in cui si infilano i piedi, hanno una notevole importanza sia per il nostro
confort che per il controllo della tavola: in andatura devono poter trasmettere le pressioni delle
varie parti del piede. Buone streps devono essere abbastanza avvolgenti, e aderire da metà delle
dita fino al collo del piede, ma permettere comunque una certa libertà di movimento. Esistono
streps regolabili che hanno il vantaggio di potersi stringere o allargare con facilità, senza dover
essere smontate e rimontate. Sono perfette quindi per tavole che vengono usate da più persone o
se si utilizzano spesso scarpette o calzari.
Le pads sono i tappettini antisdrucciolo incollati o avvitati alla tavola dove appoggia il piede; ne
troviamo di più o meno ergonomiche, e devono permettere al piede di aggrapparsi con fermezza
ma anche di poter scivolare fuori con facilità a necessità.
Gli stivaletti o “bendings” da wakeboard, per un kitesurf estremo, rendono il piede un tutt’uno con
la tavola, scaricano parzialmente lo sforzo dalle caviglie e permettono di contrastare maggiormente
la forza di aquiloni sovradimensionati. Sono però difficili da indossare e togliere, e in acqua queste
operazioni diventano ancora più lunghe e complicate, mettendo a rischio la sicurezza di chi li usa.
Qualche modello ha un sistema a leva che riduce di molto i tempi per bloccare i piedi all’interno e,
ancora più importante, quelli per l’uscita del piede.
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L’EQUIPAGGIAMENTO
Oltre alle vele e alle tavole, completano l’equipaggiamento base del kiter il trapezio, la muta, il
salvagente e il casco.
Il trapezio è l’imbragatura con la quale saremo agganciati alla vela, e riceve tutte le sollecitazioni
del kite trasmettendole al nostro corpo. Dovrà risultare assolutamente robusto e confortevole.
Controllate in particolar modo che i sistemi di chiusura permettano di agganciarsi in modo rapido e
sicuro. I modelli a seduta, con cosciali da agganciare anche intorno alle gambe, sono spesso da
preferire nelle prime fasi dell’apprendimento in quanto non salgono fino al torace come spesso
succede invece con i modelli a fascia. Al momento dell’acquisto i trapezi vanno sempre provati
agganciandosi e simulando la trazione del kite per verificarne il confort. Accertiamoci che i cosciali
non siano fastidiosi all’inguine e che il gancio di metallo non salga sopra le protezioni.
Non sottovalutate mai l’importanza della muta: il nostro corpo perde continuamente calore per
effetto dell’evaporazione del sudore, del vento e dell’acqua, e anche da esperti potremmo essere
costretti a rimanere in acqua a lungo a causa di rotture impreviste dei materiali. La muta in
neoprene è necessaria per proteggersi dal freddo, ma anche per attutire eventuali urti e abrasioni
contro la tavola. Una muta della giusta taglia, confortevole e di buona qualità, ci permetterà di
muoverci agevolmente e di rimanere sempre caldi, trasformando lo sport in puro divertimento. A
seconda della temperatura dell’acqua, possiamo optare per una muta shorty con maniche e
gambe corte, o per una muta lunga che ci protegga
anche braccia e gambe. Lo strato di neoprene è
solitamente più spesso sul busto e più sottile su
maniche e gambe, e viene indicato con dei numeri che
rappresentano i millimetri di spessore: una muta 5/3 ha
quindi 5 mm di neoprene su pancia e schiena, 3 mm su
gambe e braccia. Alcune mute hanno cuciture e
cerniere particolari che impediscono quasi totalmente
all’acqua di penetrare, ma ovviamente perdono il loro
potere isolante al primo taglietto. Possiamo prolungare
la vita della nostra muta indossando sopra la muta
stessa una maglietta di lycra e dei pantaloni leggeri.
Piccoli taglietti o abrasioni si riparano abbastanza
facilmente con prodotti appositi (neoprene liquido, colle
speciali).
Il giubbino salavagente è obbligatorio in quasi tutte le spiagge italiane. Scegliamolo del tipo
omologato CE, anche per non incorrere in possibili multe. Un buon salvagente deve essere
abbastanza aderente per non “ballare” troppo una volta in acqua, ma sufficientemente comodo per
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permetterci di respirare e muoverci liberamente. Ricordatevi di provarlo indossando anche il
trapezio . Ci sono modelli studiati specificatamente per il kitesurf, con imbottiture che proteggono
dall’impatto con l’acqua o con la tavola in caso di cadute, o con il trapezio incorporato.
Elmetto o casco: al momento non esiste una norma generale che obblighi all’uso del casco, se
non quella del buon senso: abbiamo già visto infatti che l’uso del casco diventa indispensabile
quando si utilizza il leash di sicurezza della tavola. Alcune Capitanerie di Porto o amministrazioni
locali hanno emanato delle ordinanze prescrivendone l’uso ai kiters.
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4. CENNI DI METEOROLOGIA
Conoscere come si originano venti e correnti, saper interpretare una carta del tempo e riconoscere
i segnali premonitori di un cambiamento delle condizioni meteorologiche è di primaria importanza
per chi come noi intende lavorare con il vento! La meteorologia è appunto la scienza che osserva e
studia la massa gassosa che circonda la terra, con lo scopo di comprenderne i meccanismi e di
prevederne le evoluzioni.
La temperatura, che si manifesta con le sensazioni a noi note di caldo e di freddo, esprime in
realtà l'energia cinetica delle molecole di un corpo. L’unità di misura a noi più nota è la scala
Celsius, che utilizza i gradi centigradi, e che è stata basata sulle temperature di congelamento e di
ebollizione dell’acqua (rispettivamente 0°C e 100°C). Lo strumento che misura la temperatura è il
termometro, che sfrutta la proprietà che le sostanze hanno di dilatarsi con il calore e di contrarsi
con il freddo. Il calore può trasferirsi da una zona all'altra di una stessa sostanza o da un corpo
all'altro in modi diversi. Per quanto riguarda il nostro pianeta, la principale fonte di calore è il sole,
che si trasmette alla terra per radiazione o irraggiamento. Il trasferimento di calore per contatto
diretto tra corpi di diverse temperature è detto invece conduzione: i primi metri di aria che si
trovano sopra una zona di superficie terrestre più calda acquistano calore per conduzione. La
convezione è invece il trasferimento di calore da una parte all’altra dello stesso fluido per mezzo
di correnti verticali: in una giornata con intensa attività termica, gli strati di aria al di sopra dei 20-30
metri dal suolo si scaldano per convezione. L’avvezione: è concettualmente simile alla
convezione, ma si verifica in orizzontale:se nella convezione il trasporto del calore avviene perché
gli strati più caldi tendono a salire, l'avvezione necessita di una forza laterale che sposti le masse
d'aria a diversa temperatura. Tale forza è il vento, che può quindi trasferire calore da una parte
all'altra della superficie terrestre.
Come abbiamo visto, la terra riceve calore dal sole, i cui raggi attraversano l'atmosfera e
riscaldano il suolo per irradiazione; il suolo, a sua volta, riscalda l'aria che vi poggia sopra per
conduzione; questa aria più calda sale e porta il suo calore agli strati più alti, che si scaldano
quindi per convezione. Questi fenomeni sono responsabili del gradiente termico, cioè della
progressiva variazione di temperatura, nell'atmosfera terrestre: l'aria è più calda negli strati bassi si
va raffreddando gradualmente negli strati più alti. Anche se la diminuzione di temperatura varia da
zona a zona e di giorno in giorno, si può affermare che, nelle zone temperate, la diminuzione
media osservata è di 0,65° C ogni 100 metri. Questo (0,65°C/100m) è dunque il valore medio (e
teorico) del gradiente termico verticale.
E’ l’effetto di una forza agisce su una superficie. Quella atmosferica è dovuta al peso dell’aria
stessa, e ha un valore medio di 760 mm di Mercurio (mm/Hg), misurata sul livello del mare.
Un’altra unità di misura spesso utilizzata è il millibar (mb): 760 mm /Hg corrispondono a 1013 mb
(per passare dalla prima alla seconda misura basta applicare un fattore di 4/3). Più recentemente
ha fatto la sua comparsa un'altra unità di misura, che ha valore internazionale: il Pascal (Pa).
Siccome si tratta di un'unità "piccola", viene più spesso usato l'ectopascal (hPa) pari a 100 Pascal.
Per fortuna 1 ectopascal corrisponde ad 1 millibar, e le conversioni sono dunque molto semplici.
27
Il barometro è uno strumento che misura la pressione. Pressione e temperatura sono strettamente
interdipendenti: comprimendo un gas questo si scalda, mentre alleggerendo la pressione
(dilatandolo) si raffredda. Naturalmente vale anche il contrario: riscaldando un gas aumenta la sua
pressione e raffreddandolo questa diminuisce.
Possiamo facilmente intuire come la pressione atmosferica, che è dovuta al peso della colonna
d'aria che ci sovrasta, diminuisca man mano che saliamo di quota. Ma la pressione può variare
anche tra due zone che si trovano a parità di quota, per esempio per effetto di temperature diverse
delle due regioni, perché l’aria calda è più leggera di quella fredda. Il rapporto tra la differenza di
pressione tra due punti e la distanza che intercorre tra gli stessi è il gradiente barico.
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IL VENTO
Il vento si genera per la tendenza dell'aria a ristabilire una situazione di equilibrio trasferendosi da
una zona di maggior pressione ad una di minor pressione. Facciamo un esempio: le regioni
equatoriali della terra sviluppano enormi quantità di aria calda, che tende a salire verso l’alto; sulle
regioni polari invece l’aria è decisamente più fredda. Questo fenomeno provoca spostamenti di aria
fredda dai poli verso le regioni più temperate, e di aria calda dall’equatore verso i poli, dando
origine ai grandi venti. In modo analogo, poiché la terra assorbe facilmente le radiazioni solari e si
scalda rapidamente mentre l’acqua tende a riflettere i raggi solari e a perdere calore per
evaporazione, si creano differenze di temperatura tra l’aria che sovrasta il mare e quella che
sovrasta la terra, che danno origine alle brezze di mare.
Il vento quindi non è altro che un flusso d’aria che si trasferisce da zone di alta pressione a
regioni di minor pressione. La sua intensità è direttamente proporzionale al gradiente barico; la
sua direzione, che tenderebbe a congiungere direttamente i due punti, viene però deviata da
fenomeni dovuti alla rotazione terrestre e all’attrito con la superficie sottostante. Torniamo ai nostri
esempi: se la terra non ruotasse i grandi venti soffierebbero direttamente dalle regioni polari a
quelle equatoriali. Invece i movimenti dell’aria vengono deviati a causa della rotazione terrestre:
questo fenomeno fu analizzato da uno studioso chiamato Coriolis. L’azione combinata delle
differenze di pressione e delle forze di Coriolis provoca ampi movimenti vorticosi dell’aria: i venti
subiscono una deviazione verso destra nell'Emisfero Nord (detto anche Boreale) e verso sinistra
nell'emisfero Sud (detto anche Australe).
I nomi dei venti principali derivano dalla loro direzione di provenienza, se teniamo conto che il
centro della Rosa dei Venti viene convenzionalmente collocato nell'isola di Zante, sulla costa greca
che si affaccia al Mar Ionio (Libeccio da Libia, Grecale dalla Grecia, Maestrale da Roma, chiamata
anche città maestra…)
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Chi pratica lo sport del kitesurf senza disporre di un mezzo di recupero deve saper valutare
attentamente la direzione del vento rispetto alla spiaggia, per poter rientrare a terra anche in caso
di problemi. Sono quindi da privilegiare i venti side shore e side on shore. Chi è in grado di bolinare
potrà uscire anche con vento on shore, mentre condizioni di vento side off shore o off shore
possono mettere in difficoltà anche i più esperti in caso di problemi con l’attrezzatura.
nodi
Beaufort km/h m/s situazione segnali visibili
(knots)
Mare liscio, a specchio
0 0 0 0 calma
Fumo che sale verticale
1 1-3 1-5 <2 bava di vento Piccole increspature senza cresta bianca
Increspature più evidenti
2 4-6 6-11 2-3 brezza leggera
Vento percepibile sul volto
Piccole onde con qualche cresta bianca
3 7-10 12-19 4-5 brezza tesa
Bandiere leggere che sventolano
Onde piccole ma con “marosi” frequenti
4 11-16 20-28 6-7 vento moderato
Si sollevano polvere e pezzi di carta
Onde moderate con schiuma e spruzzi
5 17-21 29-38 8-10 vento teso
Gli arbusti ondeggiano
Onde più grandi con creste estese
6 22-27 39-49 11-13 vento fresco
Rami grossi ondeggiano
Mare gonfio, la cima delle creste nebulizza
7 28-33 50-61 14-16 vento forte
Difficile camminare controvento
Onde di media altezza con grandi spruzzi
8 34-40 62-74 17-20 burrasca
Alcuni rami si rompono
Onde alte, visibilità ridotta
9 41-47 75-88 21-24 burrasca forte
Leggeri danni ai fabbricati (tegole, camini)
Onde alte, mare bianco di schiuma
10 48-55 89-102 25-28 tempesta
Alberi sradicati, danni ai fabbricati
tempesta Molto raro, a terra causa estese
11 56-63 103-117 29-32
violenta devastazioni
12 >64 >118 >33 uragano
Un utile strumento per misurare l’intensità del vento (cioè la sua velocità) è l’anemomentro.
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CICLONI, ANTICICLONI E FRONTI
I vortici di aria che ruotano intorno ad una zona di bassa pressione tentando di raggiungerne il
centro sono detti cicloni; il movimento delle masse d’aria verso una zona di bassa pressione è
detto di convergenza ciclonica e, nel nostro emisfero, i cicloni ruotano in senso antiorario,
viceversa nell’emisfero Australe i cicloni ruotano in senso orario. All’interno di queste aree di
bassa pressione il convergere dei venti verso il centro determina delle correnti d’aria ascensionali:
l’aria salendo si raffredda, il vapore in essa contenuto si condensa e si formano quindi delle nubi
che causano le precipitazioni tipiche delle basse pressioni.
Gli anticicloni sono invece enormi vortici di aria che si allontanano dalle zone di alta pressione
spostandosi verso zone di minor pressione; questo movimento è detto divergenza anticiclonica.
Nel nostro emisfero, a causa delle forze di Coriolis, la direzione di queste masse d’aria è deviato
verso destra e quindi gli anticicloni girano in senso orario. Ovviamente nell'Emisfero Australe il
senso delle rotazioni è invertito. Nelle aree di alta pressione, solitamente il gradiente barico è
basso, e quindi i venti non sono forti. Si possono però formare delle buone brezze lungo le coste,
perché l’alta pressione ostacola la formazione di nubi e il cielo sereno favorisce l’irraggiamento
del suolo.
A questo punto il ciclone esaurisce la sua energia e inizia a dissolversi. La stessa superficie di
discontinuità che divideva le due masse d'aria iniziali ha, nel frattempo, generato altri cicloni che,
staccatisi come trottole alla deriva, si rincorrono lungo traiettorie ben definite che dipendono dalla
latitudine. Nelle nostre regioni, generalmente, tali enormi mulinelli si generano a Sud-Ovest, e
vengono sospinti verso Nord-Est durante il loro ciclo vitale.
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Vediamo ora quali sono i fenomeni meteorologici legati alla formazione dei fronti. In presenza di un
fronte caldo l’aria più leggera di quella fredda, tende a risalire lungo quella fredda. Nella salita l’aria
si raffredda fino a condensarsi, dando origine a delle nubi che si estendono in orizzontale davanti
al fronte per centinaia di chilometri. Le nubi a sviluppo prevalentemente orizzontale vengono
classificate in base all'altezza alla quale si formano: le più basse, fino a 2500 metri di altezza, sono
gli stati e i nembostrati che possono dare origine a precipitazioni, inizialmente deboli poi sempre
più intense. Le nubi medie (altostrati) vanno invece da una quota di 200/2500 metri fino a
6000/7000 metri. Le nubi alte arrivano fino a 10.000/12.000 metri di altezza: a questa categoria
appartengono cirrostrati e cirri. Le prime avvisaglie di un fronte caldo in arrivo sono quindi i cirri ed
i cirrostrati che velano il cielo. Dal momento che queste nubi comportano sempre una maggiore o
minore copertura del cielo sono in genere poco gradite dai kiter, perché diminuiscono i fenomeni
termici generati dall’irraggiamento solare. Dopo di che il tempo evolve verso una copertura totale
con pioggia moderata ma persistente. L'aria calda salendo raggiunge infatti il suo punto di rugiada;
il vapore acqueo in essa contenuto condensa e precipita.
Superficie terrestre
Viceversa, l’aria di un fronte freddo si incunea sotto quella calda sollevandola energicamente, le
nubi che si formano sono quindi prevalentemente a sviluppo verticale (cumuli). I cumuli
rappresentano infatti la sommità delle ascendenze termiche, che divengono visibili perché l'umidità
in esse contenuta condensa da una certa quota in su. La fascia nuvolosa ha in genere una
profondità di 200-300 km, e presenta dapprima dei cumuli misti a stratocumuli, a cui seguono
densi cumuli imponenti e a volte anche cumulonembi, con conseguenti piogge di forte intensità e
temporali.
Cumuli
Cumulonembi Stratocumuli
Aria fredda
Aria calda
Superficie terrestre
Quando un fronte freddo raggiunge un fronte caldo dando origine a un fronte occluso, la massa di
aria calda viene completamente sollevata dal suolo e raffreddandosi genera precipitazioni ed
ampie coperture.
LE NUBI
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Le nubi sono formate di acqua sotto forma di goccioline o solidificata (aghi di ghiaccio). Il vapore
acqueo infatti è sempre presente nell’aria ma è di per se trasparente, e diventa visibile solo
quando condensa.
In relazione al rapporto tra dimensioni orizzontali e verticali, le nubi vengono distinte in:
In base alla quota in cui si formano le nubi si possono distinguere in tre diverse fasce:
Discorso a parte va fatto per i Cumulonembi, che si formano nella fascia bassa, ma possono
raggiungere, con il loro sviluppo verticale, tutte le tre fasce di nubi.
Non sempre i passaggi da un tipo di nube all'altro sono netti, esistendo numerosissime forme
intermedie, dalle caratteristiche miste; tuttavia vale la pena di riportare alcune note salienti per
ognuna di esse:
Nembostrati: di aspetto scuro e pesante, provocano pioggia continuata o neve. Sono formati dal
mescolamento di masse d'aria con caratteristiche differenti, oppure da altostrati che aumentano il
loro spessore abbassando la base.
Altocumuli: sono banchi formati da tante piccole nubi cumuliformi, in gruppi o file, a volte anche
saldate tra loro; è il classico cielo a pecorelle con quel che segue (acqua a catinelle!).
Altostrati: simili agli strati, ma più spessi e più alti, sono accompagnati, a volte, da pioggia o neve.
Il cielo biancastro ricorda una massa lattiginosa: pioggia e niente termiche.
Cirrostrati: formazioni molto alte e sottili, biancastre e semitrasparenti. Il sole è visibile (così come
la luna) con un caratteristico alone: filtrano e riducono i raggi solari e la loro capacità di generare
differenze termiche al suolo.
Cirrocumuli: sono formati da piccoli fiocchi o batuffoli bianchi disposti in file o gruppi; ricordano
agli altocumuli, ma, ovviamente, sono più alti e sono sempre accompagnati da cirri e da cirrostrati.
Cirri: sono strie biancastre, sottili, semitrasparenti, molto alte. La forma caratteristica è quella di
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una striscia terminante con un ricciolo. Sono formati da aghi di ghiaccio a causa della temperatura
molto bassa alla quale si formano.
Per quanto riguarda le nubi a sviluppo verticale (cumuli) ne esistono tre tipi.
Cumulus Humilis: è il tipico batuffolo bianco nel cielo azzurro, detto anche cumulo di bel tempo,
ha una estensione verticale modesta.
Cumulus Congestus: nelle giornate di instabilità (quando c’è una rapida riduzione della
temperatura con la quota) l’ascendenza termica che dà origine all'humilis può proseguire a lungo
la salita prima di raggiungere aria di pari temperatura. La nube assume quindi una estensione
verticale anche rilevante (1000 o più metri) e diviene scura alla base perché la luce del sole non
riesce più a filtrare.
Cumulus Nimbus: è un’evoluzione del congestus. La base può partire a qualche centinaio di metri
da terra e la sommità può raggiungere i 9-10.000 metri. A quella quota l'enorme massa d'aria
ascendente incontra una zona di inversione termica che la frena, generando una tipica forma
piatta, ad incudine: il cumulus nimbus racchiude nel suo interno pioggia, neve, grandine, fulmini e
saette. Durante le fasi di sviluppo e di dissoluzione, inoltre, il nembo genera venti orizzontali anche
molto violenti per il notevole richiamo di aria dalle zone circostanti. Morale: la semplice vista di un
cumulo nembo deve indurre a sospendere qualsiasi attività di kite.
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ELEMENTI DI PREVISIONE DEL TEMPO
La capacità di osservare i fenomeni atmosferici e di prevederne le possibili evoluzioni è di primaria
importanza per il nostro sport: con una attenta valutazione delle condizioni meteorologiche sarà
infatti possibile fare kite in sicurezza senza rimanere sorpresi da fenomeni temporaleschi o da
brusche variazioni del vento.
I dati necessari ad una previsione di massima sono ormai pubblicati su tutti i quotidiani, e
facilmente reperibili telefonicamente e via internet. Questi dati si possono suddividere in tre grosse
categorie:
Spesso i kiter devono fare i conti con situazioni locali particolari, oltre che con quelle generali
riportate nei bollettini. Assumono allora importanza:
In pratica, vige la regola: più dati si hanno meglio è, e questo vale soprattutto per quanto riguarda
la continuità di osservazione. Vale dunque la pena di abituarsi a leggere le previsioni e ad
osservare la successiva evoluzione reale dei fenomeni, poiché soltanto in questo modo si può
sviluppare la capacità previsionale. Ecco comunque qualche consiglio pratico:
- la pressione in aumento è indice di miglioramento delle condizioni del tempo;
- la pressione in diminuzione è segno di peggioramento;
- la rotazione del vento in senso orario fa prevedere miglioramenti;
- la rotazione del vento in senso antiorario è sintomo di peggioramenti;
- con venti dal quadrante settentrionale in genere la pressione è alta; se si nota una diminuzione
di pressione, probabilmente il vento tenderà a provenire da est e sarà di breve durata ma
intenso se il calo di pressione è veloce; il vento soffierà a lungo se il barometro scende
lentamente;
- un alone intorno al sole o alla luna sono segni premonitori di un fronte caldo in arrivo e quindi
di peggioramento del tempo;
- una graduale copertura del cielo con cumuli cirroformi (il classico cielo a pecorelle) indica un
fronte caldo in avvicinamento e quindi imminente peggioramento (pioggia a catinelle!)
- una inversione della temperatura in quota è causa di persistenti nubi stratificate che
impediscono l’insolazione e ostacolano la formazione delle brezze.
Per carta del tempo si intende una carta geografica limitata ai contorni dei continenti su cui sono
riportati i principali fenomeni atmosferici, le temperature, le isobare, i fronti. La carta si riferisce alle
condizioni atmosferiche dominanti in una certa ora di un dato giorno.Le linee leggere e continue
che appaiono sulle carte sono le isobare (dal greco isos, uguale e bar, peso), ossia le linee che
congiungono i luoghi che presentano, ad una stessa ora, la stessa pressione riportata a livello del
mare; esse sono accompagnate ciascuna da un numero che indica il valore della pressione
espresso in millibar o H Pa.
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Le isobare formano figure più o meno concentriche che
delimitano determinate aree. In alcune aree la
pressione va crescendo fino ad un massimo che ne
costituisce il centro, mentre in altre la pressione
diminuisce fino ad un minimo, detto minimo
depressionario. Le prime vengono dette aree di alta
pressione, le seconde aree di bassa pressione. Il
centro dell’alta pressione viene contraddistinto con la
lettera H (high=alta) o con la lettera A in italiano,
mentre il centro di bassa pressione con la lettera L (low
=bassa) o con la lettera B in italiano. L’area di bassa
pressione viene definita anche area ciclonica, ciclone, o
area depressionaria o depressione. L’area di alta
pressione è chiamata anche area anticiclonica o
anticiclone associandolo ai luoghi in cui preferibilmente
si forma o staziona (es.: anticiclone delle Azzorre).
Abbiamo già visto come l'aria tenda a trasferirsi da zone di alta a zone di bassa pressione con
movimenti rotatori ben definiti: per conoscere la direzione dei venti prevalenti sarà sufficiente
ricordare che essi scorrono quasi paralleli alle isobare e che hanno un'intensità grossomodo
proporzionale alla differenza di pressione esistente; in pratica, se le isobare (generalmente
tracciate ad intervalli di 4 mb) sono molto fitte, il vento sarà forte, se sono diradate il vento sarà
debole.
Nell’ambito dell’alta pressione, si usa chiamare “promontorio” quelle zone di alta pressione le cui
isobare non si chiudono intorno al massimo e che si protendono come a formare un promontorio
geografico. La figura esattamente opposta, che riguarda la bassa pressione, si chiama “saccatura.
Mentre il promontorio ha una curvatura generalmente dolce, le curve descritte dalla saccatura
somigliano a una V. Un altro termine adoperato è “sella” ed indica un’area posta tra due alte e due
basse. Infine si adopera il termine “pendio” quando le isobare assumono un andamento parallelo e
degradano regolarmente, in una data area, dall’alta alla bassa pressione.
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GLI EFFETTI DEL VENTO SULL’ACQUA: LE ONDE
Escludendo cataclismi come maremoti, smottamenti, ecc. le onde sono generate per l’attrito del
vento sulla superficie dell’acqua: inizialmente si formano piccole increspature che poi si
accavallano l’una all’altra fino a formare delle onde che si dispongono più o meno trasversalmente
al vento e finiscono quindi col propagarsi all’incirca nella stessa direzione. A seconda della
direzione del vento, vengono quindi generati treni di onde che seguono quella direttrice e che di
fatto costituiscono la mareggiata, chiamata swell in Inglese. Le onde crescono fino a raggiungere
una altezza massima che dipende dall’intensità del vento, ma anche dalla durata del vento stesso
e dalla superficie di mare interessata dall'azione del vento stesso (fetch). Ma non sempre le onde
crescono lungo tutta l’area del fetch; spesso infatti raggiungono l’altezza massima dopo averne
percorso solo un tratto. Viene chiamato quindi “fetch minimo” la lunghezza minima della superficie
d’acqua su cui il vento deve agire per sviluppare le onde fino all’altezza massima: raggiunta questa
altezza le onde continueranno a propagarsi nella direzione del vento lungo il resto del fetch,
mantenendo pressoché costante la loro altezza. Può anche capitare che la superficie d’acqua su
cui soffia il vento non sia abbastanza estesa da permettere alle onde di raggiungere la loro
massima intensità (per esempio nei laghi, su mari chiusi); in pratica in questi casi il fetch effettivo è
minore del fetch minimo.
Quando il vento che le alimenta viene a cessare le onde, si attenuano gradualmente, più
velocemente se si sono formate da poco, lentamente se sono già sviluppate, e pendono il nome di
onde morte o di onde lunghe.
Fino ad ora abbiamo parlato dell’altezza delle onde, intesa come distanza verticale tra una cresta e
il cavo successivo. In base alla loro altezza, le onde sono classificate secondo la scala Douglas.
Oltre all’altezza, ci sono però altri fattori che ci permettono di valutare la forza di una mareggiata.
La lunghezza dell’onda è la distanza tra una cresta e la successiva, mentre il periodo è il tempo
che intercorre tra una cresta e l’altra. Mareggiate con periodo breve danno luogo ad onde più
ripide ma proprio per questo più suscettibili al decadimento dovuto a vento contrario, a correnti, o a
mareggiate con direzione opposta. Mareggiate con periodo elevato scatenano una forza maggiore
sotto la superficie del mare. Le onde prodotte da tali swell sono meno ripide ma tendono a
mantenere gran parte della propria energia anche per migliaia di Km. Maggiore è quindi il periodo
della mareggiata, più energia è stata trasferita dal vento sul mare e più se ne accumula poi sotto la
superficie. Possiamo inoltre parlare di velocità di propagazione dell’onda, intesa come il rapporto
tra la lunghezza e il periodo. Occorre però chiarire che la velocità di una singola onda non è la
stessa di quella di un treno di onde, perché i vagoni di questi treni, di fatto formati da ciascuna
onda, tendono a scambiarsi continuamente di posizione. La prima onda della mareggiata tende a
rallentare, per essere scavalcata dalla seconda e passare dietro al gruppo, poi ciò viene fatto dalla
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seconda e così via. Questo concetto può sembrare piuttosto difficile da comprendere ma risulterà
chiaro se pensiamo all’esempio di un gruppo di ciclisti che si scambiano di posizione a rotazione,
con una certa velocità relativa di ciascuno rispetto agli altri in questo movimento di scambio
costante. D’altro canto il gruppo si muove in avanti e quindi a questa velocità relativa va sommata
quella di movimento del gruppo per ciascun ciclista, cioè per ciascuna onda.
Man mano che le onde si avvicinano a terra, la profondità dell’acqua diminuisce, e le onde
finiscono col diventare sempre più ripide fino a frangere. L’onda inizia a frangere quando la
profondità dell’acqua è pari all’altezza dell’onda moltiplicata per 1,3. Quindi un’onda di 2 metri, ad
esempio, inizierà a frangere a 2,6 metri di profondità. Naturalmente questa è una regola generale,
perché molto dipende dalla conformazione del fondale, responsabile del fenomeno noto come
rifrazione. Per esempio, la presenza di reef amplifica notevolmente l’altezza delle onde
concentrandole ed aumentandone la velocità con cui frangono, mentre fondali che degradano
dolcemente tenderanno a produrre onde lente e meno potenti. I wave spot più famosi al mondo
devono in effetti tutta la loro fama alla conformazione del fondale che funge da vero e proprio
amplificatore dell'energia scatenata da una mareggiata. Vale la pena sottolineare che il fenomeno
dei frangenti è uno dei pochi casi in cui l’onda comporta un rilevante spostamento orizzontale di
acqua. Il normale moto ondoso infatti è essenzialmente un abbassarsi e alzarsi dell’acqua, senza
un reale avanzamento. Fenomeni che invece causano grossi spostamenti orizzontali di acqua
sono invece le correnti e le maree.
Esistono correnti superficiali, temporanee e localizzate, dovute all’attrito del vento sulla superficie
dell’acqua, ma esistono anche grandi correnti che spostano intere masse di acqua all’interno di
ineri mari ed oceani. Queste correnti sono dovute alla differente densità che l’acqua assume in
varie zone, sia per ragioni termiche che per composizione, e sono stagionali o permanenti. Altre
volte le correnti sono strettamente legate alle maree e pertanto sono periodiche. Le correnti
possono raggiungere velocità anche di 3 o 4 nodi.
Le maree si producono invece per effetto dell’attrazione gravitazionale esercitata sull’acqua del
mare da sole e luna, e si ripetono quindi aritmicamente. In genere si alternano due progressivi
innalzamenti e due abbassamenti della superficie marina in un periodo di 24 ore e 48 minuti.
Questo tipo di marea è detto semidiurno, in quanto c’è un’alternanza di alta e bassa marea ogni
mezza giornata, ed è il tipo di marea predominante nel Mediterraneo. Esistono però zone in cui si
ha una sola alternanza di alta e bassa marea al giorno (marea di tipo diurno) e anche zone in cui
alle maree di tipo semidiurno in alcuni giorni del mese si sostituiscono maree ad andamento
diurno. L’intensità delle correnti di marea è proporzionale all’ampiezza della marea, cioè alla
variazione del livello del mare tra un’alta e una bassa marea. In alcune zone, per esempio sulla
coste della Manica, si hanno ampiezze massime che superano i 15 metri. In mediterraneo i valori
massimi si raggiungono nell’Alto Adriatico, dove si raggiungono valori superiori al metro. Le
correnti di marea sono i movimenti orizzontali dell’acqua che fluisce verso le zone dove il livello del
mare si innalza e defluiscono invece dalle zone dove il livello del mare si abbassa. Le correnti di
marea assumono particolare intensità in presenza di stretti, di lagune, e in generale ovunque
l’acqua viene convogliata in spazi ristretti. In una stessa zona possono agire contemporaneamente
diverse correnti che quindi si influenzano tra loro per intensità e direzione; possono inoltre
subentrare altri fattori: la presenza di estuari di grandi fiumi, correnti superficiali date dal vento, la
conformazione del fondale... L’attenta osservazione dei fenomeni superficiali, la pratica locale, e la
conoscenza delle maree ci aiuteranno a stimare l’intensità della corrente.
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1. PRIMA LEZIONE
N.B. A seconda delle condizioni meteorologiche, dell’intensità del vento o delle esigenze
organizzative della scuola è possibile iniziare la lezione con gli esercizi di pilotaggio del kite e poi
dedicare un po’ di tempo alla teoria, oppure fare prima un briefing teorico per passare poi alla
pratica, o addirittura alternare momenti di teoria ed esercitazioni con l’aquilone.
MATERIALE NECESSARIO
Attrezzatura da preparare prima dell’inizio della lezione:
- degli aquiloncini a cassoni a due cavi da 1 a 3 metri quadrati, almeno uno ogni 2 allievi
- un aquilone a cassoni a due cavi da 3 a 5 metri quadrati
- lavagna e gessetti, o carta e penna
- un piccolo simulatore kite
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Come abbiamo anticipato nello schema riassuntivo, in questa prima lezione è possibile introdurre
la spiegazione delle principali nozioni legate al vento durante l’esecuzione degli esercizi con
l’aquilone, oppure dedicare due momenti separati alla teoria e alla pratica. La scelta dipenderà
soprattutto dalle condizioni meteo o dalle necessità organizzative della scuola.
Per permettervi di ritrovare facilmente gli argomenti, in questa guida abbiamo comunque separato
la parte teorica dalle esercitazioni pratiche. Nelle prossime pagine trovate quindi le principali
nozioni riguardanti il vento e le andature, che dovrete trasmettere ai vostri allievi durante la prima
lezione.
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CONSIGLI PER UNA COMUNICAZIONE EFFICACE
Un istruttore esperto che insegna da tanti anni non avrà bisogno di prepararsi alla lezione con degli
appunti scritti, ma per chi è alle prime esperienze di insegnamento è molto utile pianificare
attentamente la lezione e affrontare eventuali problemi prima ancora dell’inizio della lezione
stessa.
Per una rapida ma efficace verifica dell’organizzazione della lezione, chiedetevi sempre:
CHI
Presentandovi ai vostri allievi chiedete i loro nomi, e cercate di acquisire informazioni sui loro
requisiti fisici (età, esperienze in altri sport, forma fisica), e sul loro atteggiamento nei confronti del
corso (motivazioni, stato d’animo del momento, ansie). Quando vi rivolgete agli allievi siate sempre
cortesi e simpatici ma non invadenti.
COSA
Se non siete più che sicuri di avere memorizzato perfettamente la scaletta degli argomenti, fatevi
uno schema scritto con i contenuti della lezione.
COME
Stabilite quali metodi di insegnamento volete utilizzare e verificate di avere a disposizione gli
strumenti e gli aiuti didattici che vi possono servire.
QUANDO
Verificate che le condizioni meteo siano adatte per effettuare gli esercizi pratici e durante la lezione
controllate i tempi a disposizione, sia i vostri che quelli degli allievi.
PERCHE’
In ogni momento della lezione, abbiate sempre chiaro l’obiettivo finale della lezione, perché a volte
è possibile raggiungerlo anche con percorsi diversi da quelli qui indicati. Un buon istruttore è quello
che sa personalizzare la lezione, adattandosi ogni volta agli allievi, alla situazione e ad eventuali
imprevisti.
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VENTO E ANDATURE
Per praticare kitesurf è necessario saper riconoscere intensità e direzione del vento. Per
individuare la direzione del vento abituiamo gli allievi a osservare vari segnali: il fumo dei camini, il
movimento degli alberi, le increspature delle onde, lo sventolio delle bandiere, la forma delle
nuvole…
Per misurare l’intensità del vento, cioè la sua velocità, si utilizza uno strumento chiamato
anemometro. Con l’esperienza si riesce però a valutare da soli la velocità del vento con buona
approssimazione. La tabella qui sotto aiuta a riconoscere l’intensità e le diverse unità di misura del
vento, e consiglia una misura di kite adatta alla condizione.
0 0 0 0 calma
18 mq – 12 mq
3 7-10 12-19 4-5 brezza tesa tavole ad alta
galleggiabilità
tempesta
11 56-63 103-117 29-32
violenta
* Le misure di kite nella tabella sono puramente indicative. Kite della stessa taglia ma di modelli differenti possono
aviluppare trazioni diverse. Tra tante marche, modelli e taglie non è sempre facile scegliere il kite adatto: un buon
istruttore è anche quello che sa consigliare l’attrezzatura migliore al proprio allievo.
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Nella tabella sono evidenziati con colori diversi i “range” (intervalli) di vento “kitabili”:
al di sotto dei 7 nodì è difficile tenere in volo un’ala gonfiabile; non avete proprio niente altro
da fare?
tra i 7 e 10 nodi di vento atmosferico siamo al limite della possibilità di far volare un kite,
dovremo sfruttare al massimo la velocità del kite, e soprattutto usare una tavola di grandi
dimensioni, che ci faciliti la planata e sostenga parte del nostro peso “togliendolo” al kite;
tra gli 11 e i 16 nodi siamo nelle condizioni perfette per l’apprendimento e la pratica del
kitesurf; a seconda del nostro peso, del nostro livello di esperienza e della grandezza della
tavola possiamo scegliere kite a C di dimensione variabile tra i 18 e i 14 metri quadrati o
bow kite tra i16 e i 10.
all’aumentare dell’intensità del vento, dovremo scegliere taglie più piccole: tra i 17 e i 21
nodi possono andare bene kite a C tra i 16 e i 10 metri quadrati o tra i 12 e gli 8 metri per i
bow-kite, sempre considerando anche il nostro peso e la tavola utilizzata;
oltre i 22 nodi dobbiamo diminuire ancora la taglia della vela: l’ala diventa molto veloce e
reattiva, la potenza può essere difficile da gestire; sono condizioni adatte a piloti con una
certa esperienza;
tra i 28 e i 33 nodi la situazione diventa ancora più difficile, ed è necessario valutare molto
attentamente l’eventualità di praticare lo sport;
A proposito di scala Beaufort: nei paesi nord europei viene utilizzata comunemente questa unità di
misura. Chi pratica parapendio invece è abituato a ragionare in termini di km/h, mentre i velisti
spesso misurano l’intensità del vento in m/s o in nodi… Nel mondo kite si tende ad utilizzare
prevalentemente quest’ultima unità di misura, ma vale la pena sicuramente saper convertire,
almeno con una certa approssimazione, un’intensità misurata in nodi nelle altre scale.
Per ottenere dalla misura in nodi quella in km/h bisognerà all’incirca raddoppiare il valore, mentre
per avere l’equivalente in m/s possiamo dimezzarlo. Così 10 nodi sono circa 20 km/h, e grosso
modo 5 m/s.
Calcoliamo infine circa 4 nodi per ogni grado Beaufort: 10 nodi rientrano quindi in 3 Beaufort.
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Ogni volta che arriviamo sulla spiaggia, oltre che l’intensità, dobbiamo individuare la direzione del
vento e valutare quindi l’opportunità di praticare lo sport, in base anche al nostro livello di
esperienza.
Le condizioni ideali per praticare kitesurf sono quelle in cui il vento soffia leggermente
inclinato dal mare verso terra (side on shore): in questa situazione anche se dovessimo
perdere la tavola o rimanere a mollo con la vela in acqua, il vento stesso ci riporterà
verso terra.
Anche il vento parallelo alla spiaggia (side shore) è una buona condizione per le nostre
uscite. In questo caso però dobbiamo tener conto che se la vela ci dovesse cadere e non
fossimo in grado di farla ripartire, il vento tenderebbe a trascinarci parallelamente alla
spiaggia: per rientrare a terra dobbiamo quindi mantenerci abbastanza vicini alla costa e
conoscere le basilari tecniche di rientro di emergenza (self rescue). E’ possibile trovare
turbolenze nelle fasi di partenza da terra se lungo la spiaggia ci sono grossi ostacoli
(scogliere, edifici…).
Il vento che soffia leggermente inclinato da terra verso il mare (side off shore) tende a
portarci al largo: possiamo avventurarci in acqua se ci troviamo in un golfo e siamo quindi
sicuri di raggiungere comunque terra, o se siamo assistiti da un mezzo di recupero.
Con vento che viene a 90° da mare verso terra (on shore) è necessario essere molto
tecnici e saper bolinare: calcoliamo inoltre che fin quando non ci saremo allontanati
abbastanza, il nostro kite volerà sulla spiaggia, che in questo caso dovrà essere
assolutamente deserta e priva di ostacoli.
E’ assolutamente pericoloso entrare in acqua con il vento che soffia da terra verso il mare
(off shore) se non abbiamo un mezzo di recupero.
Ora che conosciamo un po’ il vento, impariamo alcuni termini che ci saranno utili per identificare la
posizione tra due o più oggetti rispetto alla sua direzione:
sopravento (upwind): è tutto quello che viene colpito dal vento per primo, perché si trova
più vicino al punto di provenienza del vento stesso;
sottovento (downwind): è tutto ciò si trova più lontano rispetto al punto di provenienza del
vento;
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In tutti gli sport velici risulta sempre più facile muoversi nella direzione del vento piuttosto che
risalirlo. Se partiamo dalla spiaggia abbiamo però l’esigenza di rientrare a terra il più vicino
possibile al punto da cui siamo partiti, e diventa quindi necessario cercare di perdere meno spazio
possibile nella direzione del vento, e imparare a muoversi in tutte le direzioni.
Il traverso è l’andatura a 90° rispetto alla direzione del vento, e sarà l’obiettivo dei nostri primi
bordi, anche se in realtà scarrocceremo e non riusciremo a rientrare a terra nello stesso punto dal
quale siamo partiti.
L’andatura più importante, quella che quindi ci rende davvero autonomi nella navigazione perché ci
permette di ritornare a terra nel punto di partenza, è la bolina, cioè la capacità di risalire il vento.
Con il kite, come con qualsiasi sistema di propulsione a vela, è impossibile muoversi controvento,
ma possiamo raggiungere un punto sopravvento bordeggiando, cioè alternando dei tratti (lati) di
bolina a destra e a sinistra, mantenendo un angolo con il vento di circa 45 gradi. Quando passiamo
da un lato all’altro, effettuiamo un cambio di direzione, o transizione (transition).
Nell’ andatura di poppa ci si muove nella stessa direzione in cui soffia il vento.
Come vedremo più approfonditamente in seguito, per ogni andatura gestiremo il kite e la tavola in
modo diverso. Anche la nostra velocità cambierà a seconda dell’andatura.
POPPA
LASCO LASCO
TRAVERSO TRAVERSO
BOLINA BOLINA
vento reale
Impariamo altri termini che utilizzeremo spesso: poggiare vuol dire modificare la nostra direzione
aumentando l’angolo rispetto al vento. Per esempio si poggia per portarsi dalla direzione di
traverso a quella al lasco; orzare invece significa stringere l’angolo verso il vento, per esempio
passando dal traverso alla bolina.
Quando ci muoviamo con il kite alla nostra destra, si dice che navighiamo mure a dritta, quando
invece ci muoviamo tenendo il kite a sinistra, siamo mure a sinistra.
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CONSIGLI PER UNA COMUNICAZIONE EFFICACE
Dai dati della tabella si capisce intuitivamente che il processo di apprendimento con il solo ascolto
è poco efficace. Cerchiamo quindi di utilizzare il maggior numero possibile di materiali e strumenti
che aiutino l’allievo a raggiungere gli obiettivi programmati.
Facciamo qualche esempio: se gli allievi non hanno precedenti esperienze con altri sport velici,
può essere difficile per loro capire i concetti legati alle andature e memorizzare i termini tecnici. Si
può facilitare molto il loro apprendimento e rendere la lezione più coinvolgente utilizzando diversi
canali di trasmissione: disegni, schemi, video, o altri strumenti. Delle semplici barchette di carta
potranno aiutarli a far comprendere le andature.
Una volta che ne avete spiegato il significato, usate sempre i vocaboli tecnici (quelli evidenziati in
grassetto) perché gli allievi si abituino al loro utilizzo.
Per mantenere alta la soglia di attenzione, cercate di rendere la lezione coinvolgente e affidate dei
compiti agli allievi per renderli partecipi (esempio: camminare di traverso al vento).
Verificate sempre che gli allievi abbiano effettivamente recepito le vostre informazioni (feed-back),
facendo agli allievi delle domande che richiedano una risposta articolata o un ragionamento
(esempio: osserva quella barca a vela, che andatura sta tenendo?)
Ricordate che la soglia di attenzione dei vostri allievi ha una durata limitata: se possibile alternate
la teoria agli esercizi, oppure fate delle brevi pause ogni 20 minuti circa.
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CENNI DI AERODINAMICA
Andiamo ora a spiegare agli allievi quali sono gli effetti del vento sul volo del kite. Kite tradotto
dall’inglese significa semplicemente aquilone (cerf volant in francese) ma i nostri allievi devono
comprendere che quello che andranno ad utilizzare non è certo il classico aquilone con cui
giocavano da bambini, ma un vero e proprio attrezzo sportivo. Opportunamente manovrato, il kite
può generare una forza tale da sollevare una persona con facilità, così come può rimanere stabile,
in attesa di un comando, senza sviluppare trazione.
Esistono kite a cassoni (foil), simili a vele da parapendio. Sono costituiti da varie celle che si
gonfiano per effetto del vento che entra da apposite bocche. Le ali a cassoni una volta in volo
mantengono la loro forma grazie a un sistema di briglie, a cui si collegano 2 o 4 cavi per il
pilotaggio. La loro leggerezza li rende in grado di volare anche con vento molto leggero. Sono ali
perfette per essere utilizzate a terra, per esempio per praticare buggy o kitesnow, ma anche per i
nostri primi esercizi. In acqua invece si utilizzano prevalentemente i kite gonfiabili.
Sopra: ali gonfiabili e a cassoni: kitesurf in azione sul Lago di Garda e un kite sulla neve.
Come il nome stesso suggerisce, queste ali sono caratterizzate da una struttura di camere d’aria
(bladders) che vengono gonfiate prima di utilizzare la vela e le conferiscono rigidità e stabilità di
forma. I kite gonfiabili hanno permesso la grande diffusione del kitesurf, grazie alla loro facilità di
rilancio dall’acqua e alla maggior semplicità di gestione.
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Se immaginiamo il kite fermo in un qualsiasi punto della sua traiettoria di volo, questo subisce solo
l’effetto del vento reale, cioè il vento atmosferico, che colpisce il kite con angoli differenti a
seconda della posizione della vela rispetto a chi la sta pilotando. Ma nella realtà il kite si muove, e
subisce anche l’effetto del vento d’avanzamento, quello che l’aquilone stesso crea avanzando, e
che aumenta al crescere della velocità dell’ala. La direzione del vento di avanzamento è sempre
opposta al moto dell’ala. Per fare un semplice esempio, il vento d’avanzamento è quello che
possiamo percepire in faccia quando andiamo in motorino o in bicicletta: più acceleriamo, più
questo aumenta. Quella che realmente agisce sul kite è dunque la somma del vento reale e del
vento d’avanzamento, che si chiama vento apparente, o vento relativo.
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FINESTRA DEL VENTO
Se gli allievi hanno già effettuato i primi esercizi con l’aquiloncino, hanno già intuito che, tenendo le
spalle rivolte al vento, il kite vola di fronte a loro movendosi lungo la superficie di una immaginaria
sfera, il cui raggio è dato dalla lunghezza delle linee del kite. Se non abbiamo ancora fatto nessun
esercizio, utilizziamo un piccolo simulatore per mostrare agli allievi come si muoverà il kite nello
spazio.
12
11 1
10
2
Se lasciamo correre l’ala alla nostra destra, alla nostra sinistra o verso l’alto, l’aquilone arriverà
sempre ad fermarsi in un punto che segna il limite della area di volo. Questo limite si chiama
bordo della finestra. Il punto del bordo della finestra che si trova esattamente sopra la nostra
testa, è chiamato zenit. Come nel disegno, il bordo finestra può essere paragonato anche al
quadrante di un orologio, dalle ore 9 alle ore 3.
Mano a mano che la vela si muove verso le zone più centrali della finestra, il vento apparente
aumenta e con esso la trazione esercitata dal kite. Quando passa esattamente di fronte a noi il kite
raggiunge la massima velocità e la massima trazione: quest’area è detta zona di massima
potenza (power zone).
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La lunghezza dei cavi può modificare molto l’ampiezza della finestra. Normalmente si utilizzano
linee comprese tra i 20 e i 30 metri. Cambiando linee il raggio della finestra può così variare di una
decina di metri. Di conseguenza uno stesso kite utilizzato con linee più lunghe appare lento e facile
da gestire perché impiega più tempo ad attraversare le varie zone; con cavi più corti, anche se non
ha cambiato la propria velocità, il kite ci appare maggiormente reattivo perché si trova ad
attraversare rapidamente le varie zone della finestra. Con una finestra ridotta il kite trasmette
potenza in maniera più esplosiva ma la scarica altrettanto velocemente.
Due esempi di finestra del vento, con linee di misure diverse: 30 metri e 20 metri.
Ogni volta che solleviamo un kite abbiamo davanti a noi una nuova finestra, determinata dalle
diverse condizioni di vento e dalle caratteristiche della vela. Prima ancora di far decollare una vela,
abituiamoci a tracciare una finestra del vento immaginaria con le braccia: questo ci aiuta a capire
dove far decollare il kite e mantenerlo in completa sicurezza, quale spazio d’ingombro occupa,
quali sono le zone di massima potenza. Per farlo basta rivolgere le spalle al vento e aprire le
braccia (che dovranno formare un angolo di circa 150°) puntandole all’orizzonte. Portando poi le
braccia tese sopra la nostra testa percorriamo tutto il perimetro del bordo della finestra, mentre
esattamente di fronte a noi abbiamo la zona di massima potenza.
Se possibile prendiamo dei riferimenti visivi all’orizzonte (campanili, isole, scogli, montagne,
ecc…). in corrispondenza dei bordi della finestra e della linea di massima potenza per avere
sempre chiara la nostra finestra.
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PRIMI ESERCIZI CON IL KITE
Essere un kiter esperto vuol dire avere il completo controllo della vela, muoverla nell’aria
portandola esattamente dove occorre senza nemmeno guardarla. Per acquisire automatismo nel
controllo del kite sarà molto utile fare i primi esercizi a terra e non in acqua, dove buona parte
dell’energia e concentrazione degli allievi sarebbero impegnati nel mantenerli a galla e in equilibrio.
SCELTA DELL’ATTREZZATURA
I kite gonfiabili che normalmente si usano in acqua sviluppano una trazione che potrebbe essere
molto pericolosa se non la sappiamo gestire: per far volare questo tipo di kite è necessario
conoscere già la finestra del vento, le norme di sicurezza e il controllo della vela in potenza. Molti
gravi incidenti si sono verificati proprio a causa dell’uso di kite di grandi dimensioni senza la
necessaria conoscenza della potenza che questi attrezzi sono in grado di sviluppare.
Per i primi esercizi usiamo quindi piccoli kite, che non sviluppano forte trazione e permettono agli
allievi di concentrarsi solo sul corretto utilizzo della barra, senza intimorirsi. Con questo tipo di vele
potremo fare pratica in tranquillità con venti di intensità da 8 a 25 nodi. Se ci esercitiamo a terra, le
ali gonfiabili non resisterebbero agli inevitabili e numerosi impatti al suolo dei primi esercizi; in
questo caso è meglio affrontare i primi voli con i più robusti aquiloni a cassoni.
Calcoliamo di avere a disposizione almeno un aquiloncino da 1 o 2 metri ogni 2 allievi e una o due
vele di dimensioni maggiori (da 3 a 5 metri).
Verifichiamo che gli allievi siano adeguatamente attrezzati: abbigliamento comodo, calzature
adatte al fondo sul quale ci eserciteremo, occhiali da sole e protezione solare.
- vento pulito e non rafficato; attenzione alla presenza sopravvento di montagne, palazzi,
vegetazione fitta, ecc;
- per ogni aquilone che si intende far volare serve spazio libero sottovento e al traverso per
almeno il doppio della lunghezza dei cavi. E anche in alto: attenzione ai cavi elettrici;
- il fondo deve essere pianeggiante e libero da ostacoli, sassi, oggetti taglienti; eventualmente si
possono coprire piccoli ostacoli con cuscini o materassi;
- il fondo deve essere morbido, vanno bene una spiaggia o un prato erboso;
- deve essere lontano da aeroporti di qualsiasi tipo;
- verifichiamo che non ci siano divieti o restrizioni per l’utilizzo dello spazio.
Possibilmente posizioniamo delle bandiere o delle maniche a vento e insegniamo agli allievi a
riconoscere la direzione del vento, basandosi anche su altri elementi: movimento degli alberi,
onde, fumo dei comignoli… Se non avete ancora fatto la parte teorica, spiegate semplicemente
agli allievi che il kite volerà a favore di vento: non occorre descrivere nei dettagli la finestra del
vento, perché già con i primi esercizi intuiranno da soli l’area di volo del loro aquilone.
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CONSIGLI PER UNA COMUNICAZIONE EFFICACE
Il miglior risultato a cui possiamo aspirare come istruttori è quello che i nostri allievi acquisiscano
le nozioni teoriche e le capacità pratiche per manovrare correttamente il kite in sicurezza e con
divertimento. Strutturiamo quindi ogni lezione come un percorso fatto di tanti piccoli obiettivi da
conseguire: man mano che esegue gli esercizi l’allievo avrà quindi la soddisfazione di aver
raggiunto un traguardo e questo aggiungerà nuovo entusiasmo e motivazione per affrontare una
nuova sfida.
Ogni esercizio va prima spiegato e dimostrato agli allievi. Attraverso la descrizione a parole
dell’esercizio potrete infatti portare l’attenzione su tutti i fattori in gioco. Chiarite agli allievi qual’è
l’obiettivo che si vuole raggiungere (esempio: compiere delle traiettorie a 8 con il kite) e date una
motivazione facendo capire l’effetto che otterranno eseguendo lo stesso esercizio una volta che
saranno in acqua (esempio: muoversi nella direzione del vento grazie alla trazione del kite).
Quando parlate siate brevi, seguite un filo logico, usate termini tecnicamente corretti ma
comprensibili, evitate dialetti e inflessioni. Servitevi anche di strumenti non verbali (disegni,
simulatore). Fate parlare gli allievi: fate delle domande precise per verificare che abbiano capito,
fate rispiegare a loro l’esercizio (feedback). La dimostrazione dell’esercizio invece permetterà agli
allievi di osservare l’esercizio nel suo insieme, non come esecuzione di gesti singoli ma come
dinamica di movimenti nel tempo. L’osservazione e il successivo tentativo di imitazione sono due
tra le più basilari forme di apprendimento.
Date sempre un incoraggiamento gli allievi; quando dovete correggere un errore usate comandi
positivi invece che negativi (per esempio potete dire: “distendi le braccia” invece di “non
aggrapparti”). Siate pazienti, cercate di usare meno parole possibile, usate un tono fermo e sicuro
ma non alzate mai la voce. Cercare sempre un feedback: chiedete agli allievi le loro sensazioni,
fate delle domande aperte, in cui debbano fare un ragionamento o analizzare il proprio
comportamento (per esempio: secondo te perché il kite è caduto?) Evitate invece domande
generali del tipo “avete capito?” perché non vi permetteranno realmente di verificare quanto gli
allievi hanno recepito.
Quando un allievo non riesce ad eseguire correttamente l’esercizio, spesso è a causa di uno
stato d’animo di apprensione o di tensione, a cui si unisce la vergogna per il fallimento. Aiutate
l’allievo durante l’esecuzione dell’esercizio, mettendo le mani sulle sue: l’aiuto dà all’allievo una
presentazione del movimento desiderato insieme alla sensazione ad esso connessa. Se
persistono delle difficoltà, cercate un modo diverso per arrivare all’obiettivo: proponete un esercizio
leggermente diverso, distogliete la sua attenzione per un po’, fate degli esempi che siano vicini alla
sua esperienza e gratificatelo per ogni piccolo successo. Siate pazienti e disponibili.
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ESERCIZIO N.2 - ROTAZIONI DEL KITE
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CONSIGLI PRATICI
Questa lezione viene spesso sottovalutata dagli stessi istruttori, mentre è di fondamentale
importanza sotto molti aspetti
- didattici: in questa lezione si trasmettono i primi fondamentali concetti sul kite e si gettano le basi
del pilotaggio;
- promozionali: questa lezione si svolge a terra e può quindi attirare l’attenzione di altri possibili
allievi. In alcune realtà (per esempio scuole che si lavorano all’interno di villaggi turistici) si
possono organizzare delle brevi prove gratuite con gli aquiloncini per attirare l’attenzione e
avvicinare potenziali allievi;
- organizzativi: questa lezione si può svolgere anche con in condizioni di vento difficili,
particolarmente leggero o forte, che invece pregiudicherebbero le lezioni in acqua;
- economici: questa lezione ha costi contenuti perché non necessita di attrezzatura costosa né di
mezzi di appoggio mentre permette buoni ricavi perché si può effettuare con più allievi
contemporaneamente.
In questo momento ci interessa in particolare l’aspetto didattico: il primo impatto dell’allievo con
l’aquilone è fondamentale e getterà le basi di tutta la sua carriera di kiter. Dobbiamo far sì che i
nostri allievi abbiano un approccio positivo con l’attrezzo, in un clima rilassato e tranquillo, e che
acquisiscano progressivamente confidenza con il pilotaggio..
ESERCIZI INDIVIDUALI
Nei primissimi esercizi seguiamo gli allievi individualmente: possiamo manovrare insieme a loro
posizionandoci alle loro spalle e mettendo le nostre mani sopra le loro, oppure tenendo i loro polsi
o i loro gomiti. Se sono più alti di noi possiamo farli sedere (eseguire gli esercizi da seduti peraltro
aiuta anche chi è un po’ nervoso, in particolare se il vento è forte e l’aquilone esercita un po’ di
trazione). Questo moderato contatto fisico è rassicurante per l’allievo e permette all’istruttore di
percepire eventuali tensioni muscolari dell’allievo.
Quando ogni allievo avrà preso un minimo di confidenza con il pilotaggio, potremo farli lavorare in
gruppo usando più kite contemporaneamente. Se abbiamo un gruppo di 3 o più allievi, risulta più
conveniente dividerli in coppie: mentre un allievo esegue l’esercizio il compagno fa da assistente
nel rilanciare l’aquilone in caso di cadute e ogni 5 minuti circa si effettua lo scambio tra pilota e
assistente.
D’ora in poi passeremo da una coppia all’altra per valutare l’esecuzione degli esercizi e correggere
eventuali errori, e quindi dedicheremo gran parte della nostra attenzione all’allievo che pilota. Ma
evitiamo l’errore di annoiare o far sentire trascurato chi svolge il ruolo di assistente. Facciamo
vedere come si rialza correttamente il kite a cassoni, prendendolo con tutte e due le mani e
tenendo il bordo di attacco rivolto verso l’alto; raccomandando agli allievi di non attraversare mai lo
spazio di volo del kite e di non prendere mai in mano i cavi. Assegniamo all’assistente dei compiti
di osservazione e analisi: individuare i punti fondamentali dell’esercizio, guardare i movimenti del
partner cercando di capire eventuali errori, analizzare il comportamento del kite e studiarne cause
ed effetti…
Fate interagire tutti gli allievi tra loro, cambiando spesso partner.
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PROBLEMI E SOLUZIONI
Ecco gli errori più frequenti degli allievi nella gestione del kite:
Errore: l’allievo ha i muscoli delle braccia contratti, e non riesce a pilotare correttamente.
L’irrigidimento muscolare è quasi sempre è una tra le cause principali degli errori degli allievi: può
essere dovuta a una istintiva reazione alla trazione del kite, ma spesso è la conseguenza di una
tensione emotiva.
Soluzioni: fate rilassare l’allievo, se necessario interrompete per un po’ l’esercizio o passate ad un
altro argomento per allentare la tensione emotiva. Usate un aquilone molto piccolo che non eserciti
trazione e fate iniziare l’esercizio con dei comandi molto leggeri per far effettuare delle piccole
rotazioni del kite vicine allo zenit. Potete anche tenere voi la barra al centro e far pilotare l’allievo
con una mano sola.
Errore: l’allievo ruota la barra perpendicolarmente alla direzione delle linee, come il volante
dell’automobile, con lo scopo di far ruotare la vela.
Soluzioni: con il kite allo zenit, mostrate che questo movimento, che non crea nessuna differenza
tra la lunghezza dei cavi, non trasmette nessun effetto alla vela. Insegnate all’allievo ad allungare
un braccio mentre l’altro si piega per dare il comando. Tenete voi la barra al centro, e fatelo
esercitare con una mano sola alla volta.
Errore: l’allievo porta il boma fuori dall’asse delle spalle, lateralmente o sopra la testa
Soluzioni: spiegate che quando il kite perde pressione allentando la tensione delle linee, l’istinto
porta a recuperare questa tensione portando il boma dietro, sul fianco o oltre la testa, ma questo
impedisce qualsiasi altra manovra correttiva e il kite inevitabilmente cade. Per mantenere in
tensione i cavi basta invece fare qualche passo indietro, tenendo sempre la barra di fronte a noi.
Errore: l’allievo resta fermo con il busto rivolto nella direzione del vento anche quando
l’aquilone si porta a destra o a sinistra, e trasmette un comando involontario all’ala perché una
linea si mette in tensione e richiama la vela a ruotare.
Soluzioni: fate ruotare l’allievo, deve seguire con il busto ogni spostamento del kite. Senza kite:
fategli chiudere gli occhi, prendetegli le mani e tiratelo a destra e a sinistra, chiedendogli di seguire
e assecondare la vostra trazione.
NO SI
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ESERCIZIO N.3 – TRAIETTORIE RETTILINEE PARALLELE AL TERRENO
OBIETTIVO: vogliamo imparare a interrompere la rotazione del kite e mantenerlo in una traiettoria
rettilinea seguendolo col corpo. Anche in acqua gli allievi dovranno mantenere il kite stabile nella
direzione di andatura.
I tempi di reazione del kite possono indurre gli allievi in errore: se nel momento in cui danno un
comando al boma non vedono la reazione immediata della vela, istintivamente aumentano
ulteriormente l’intensità del comando, ma quando la vela inizia la reazione i due comandi si
sommano esagerando la rotazione. Nello stesso modo anche l’interruzione della rotazione deve
prevedere un ritardo nella risposta e deve quindi essere anticipato; ricordiamo agli allievi di
interrompere il comando del boma prima che la vela si sia portata nella direzione in cui vogliono
che prosegua la sua traiettoria lineare.
Oltre a prendere maggiore confidenza con il pilotaggio, gli allievi potranno capire che il kite
acquista velocità mano a mano che attraversa le zone centrali della sua area di volo. Se non avete
ancora fatto la parte teorica della lezione, potete quindi cominciare ad accennare alla finestra del
vento, mostrando agli allievi come il kite si arresta quando si viene a trovare con il bordo d’attacco
a bordo finestra, mentre acquista velocità e trazione nelle zone del centro finestra.
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ESERCIZIO N.4 - TRAIETTORIE RETTILINEE VERTICALI
OBIETTIVO: addentrarsi nelle zone del centro finestra per abituarsi alla velocità del kite e ai
tempismi di rotazione del kite nelle zone di maggior potenza, con delle traiettorie simili a quelle che
serviranno per alzarsi sulla tavola.
Facciamo ripetere questi esercizi finché gli allievi hanno il totale controllo del kite. Controlliamo
anche che tengano sempre le braccia rilassate: quando il kite scorre in velocità esercita una certa
trazione e l’istinto porta a reagire contraendo i muscoli delle braccia e del corpo. In questo modo la
tensione impedisce agli allievi di acquisire sensibilità sul volo dell’ala. Il controllo del kite non si
ottiene con la forza ma con la tecnica (motivo per cui spesso le ragazze hanno un feeling con la
vela più immediato rispetto a molti colleghi uomini). Fate rilassare gli allievi e insegnateli a
rimanere “appesi” al boma, provando magari ad abbassare lo sguardo per percepire ogni
movimento del kite solo attraverso le sensazioni che si trasmettono alle braccia per mezzo delle
linee.
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PROBLEMI E SOLUZIONI
Errore: l’allievo confonde i comandi
Quando il kite scende direttamente perpendicolare verso il terreno l’allievo confonde i comandi,
non riesce a capire se deve ruotare a destra o a sinistra.
Soluzione: fate eseguire l’esercizio con delle traiettorie a V, meno perpendicolari al terreno e meno
profonde, e aumentate gradualmente l’inclinazione della picchiata e la sua profondità nella finestra.
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ESERCIZIO N.4 - SIMULAZIONE DELLA PARTENZA
Ora che gli allievi hanno preso confidenza con il pilotaggio, possiamo far eseguire loro i prossimi
esercizi con maggiore potenza. A terra le ali più adatte rimangono quelle a cassoni con dimensioni
da 3 a 5 metri quadrati, a seconda dell’intensità del vento, dotate di un leash di sicurezza da tenere
al polso.
D’ora in poi seguiamo gli allievi individualmente e raccomandiamo di lasciar andare la barra nel
caso in cui si sentano tirare eccessivamente.
ESECUZIONE: gli allievi hanno capito che il kite trasmette sempre più forza mano a mano che lo
portiamo verso le zone centrali dell’area di volo del kite, che si chiama finestra del vento. Faremo
quindi scendere il kite con delle picchiate progressive, partendo dal punto che si trova esattamente
sopra la nostra testa (zenit): all’inizio converrà rimanere lontano dalla zona di massima potenza
per poi avvicinarsi ad essa gradualmente fino a trovare la giusta trazione.
2 3
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Spieghiamo i tre movimenti da far compiere al kite:
1. Immaginando di voler partire a destra, facciamo prima slittare leggermente il kite a sinistra
lungo il bordo finestra (leggero comando a sinistra);
2. A questo punto dobbiamo far scendere la vela in diagonale verso il centro della finestra,
(deciso comando a destra) fino ad ottenere la potenza voluta;
2. Per mandare la vela il più possibile verso il centro della finestra, dobbiamo far girare il kite
con un raggio di rotazione più stretto possibile: come già sappiamo, per far ciò è necessario
imprimere un ampio movimento al boma, tirando con il braccio destro e spingendo
contemporaneamente con il braccio sinistro.
3. Prima che il kite acquisti troppa potenza, o peggio, si vada a schiantare (e noi con lui)
riportiamolo verso l’alto. Questo comando deve essere abbastanza deciso e veloce.
L’obbiettivo infatti è quello di riportare il kite in alto mantenendolo nelle zone frontali della
finestra, e non di farlo slittare a destra verso il bordo finestra. Questo sarà il momento più
impegnativo e importante nelle nostre prime partenze, perché in questo momento dovremo
anche controllare il nostro equilibrio.
Facciamo ripetere questo esercizio innumerevoli volte, simulando la partenza sia a destra che a
sinistra, perché è fondamentale per acquisire sensibilità sul giusto rapporto fra l’energia del kite ed
il sollevamento del proprio peso.
Mano a mano che gli allievi prendono confidenza con la trazione, facciamoli concentrare anche sul
movimento più corretto del corpo: per alzarsi facilmente basta seguire con il busto la direzione del
kite, tenendo sempre le spalle e la testa vicino alla barra.
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ESERCIZIO N.5 - SIMULAZIONE DELL’ANDATURA
OBIETTIVO: spieghiamo agli allievi che quando saremo saliti sulla tavola, dovremo sfruttare
ancora la trazione della vela per aumentare la nostra velocità. Possiamo simulare a terra questa
situazione correndo di traverso al vento.
ESECUZIONE: sfruttiamo la trazione per sollevarci, come abbiamo già imparato, e una volta
riportato il kite sulla nostra verticale, facciamolo nuovamente scendere in diagonale nella direzione
in cui vogliamo spostarci. Contemporaneamente, non appena ci siamo sollevati, iniziamo a correre
di traverso al vento.
Non accontentiamoci che gli allievi facciano pochi passi e lascino scorrere la vela a bordo finestra,
dove si fermerebbe senza più dare trazione: cerchiamo invece di farli correre velocemente almeno
per qualche decina di metri, e nel frattempo dovranno compiere alla vela alcune oscillazioni per
mantenerla il più possibile in movimento e per sfruttare il vento d’avanzamento del kite.
Per simulare l’andatura corriamo di traverso al vento e contemporaneamente facciamo compiere al kite delle picchiate alla ricerca della
trazione, riportandolo rapidamente allo zenit dopo ogni diagonale.
Se mancano gli spazi a terra per far volare i kite in sicurezza, è anche possibile effettuare tutte le
lezioni direttamente in acqua, utilizzando da subito dei kite gonfiabili. In questo caso anche le
prime lezioni saranno individuali e si dovranno utilizzare kite molto piccoli.
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2. SECONDA LEZIONE
N.B. In questa lezione è preferibile alternare i momenti di teoria e le esercitazioni pratiche. Alcuni
esercizi infatti, come il rilancio del kite dall’acqua e i sistemi di sicurezza richiedono comunque
spiegazioni abbastanza dettagliate. Se non è disponibile un’area con acqua bassa, il rilancio del
kite dall’acqua può essere effettuato nelle lezioni successive.
MATERIALE NECESSARIO
Attrezzatura da preparare prima dell’inizio della lezione:
- un kite gonfiabile da 4/5 metri o poco più grande se il vento è molto leggero
- una pompa
- trapezi dotati di leash di sicurezza per il kite, uno per ogni allievo e uno per l’istruttore
- un piccolo simulatore kite
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PREPARAZIONE DEL KITE GONFIABILE
Mentre prepariamo il kite che utilizzeremo per gli esercizi, analizziamo insieme agli allievi le varie
parti che compongono la nostra ala:
Bordo
l’estradosso (upper skin): è la superficie esterna
d’entrata dell’ala;
l’intradosso (lower skin): è la superficie interna;
Estradosso il bordo d’entrata o bordo di attacco (leading edge):
è la parte anteriore dell’ala, la prima che viene colpita
dal vento.
Intradosso il bordo d’uscita (trailing edge): è la parte posteriore
dell’ala.
Nei kite gonfiabili forma e rigidità sono assicurate da alcuni tubolari gonfiabili in lattice (bladders)
che sono inseriti all’interno di tasche della vela (struts). I bladders hanno una o due valvole per le
operazioni di gonfiaggio e sgonfiaggio.
Nodo a bocca
di lupo
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Barra
Avvolgicavo
Il boma o barra (bar) è lo strumento che ci permette di controllare il kite. Solitamente è costruito
carbonio, rivestito di gomma antisdrucciolo. Alle estremità della barra ci sono due concavità su cui
si possono riavvolgere le linee, dette avvolgicavi.
Nella parte frontale del kite, direttamente alle estremità del leading edge o tramite un apposita
brigliatura, vanno collegate le due linee anteriori (front-lines), che convergono poi in un unico
cavo passante dal centro del boma, chiamata cima del depower.
Le due linee posteriori (back-lines) si agganciano invece alle estremità del bordo di uscita della
vela e ai due estremi del boma.
N.B. tra un modello di kite e l’altro possono esistere piccole differenze nel sistema di collegamento
dei cavi, è bene quindi attenersi al manuale d’uso del produttore.
Su molti kite è presente anche una quinta linea, o quinto cavo, che facilita le manovre di decollo
del kite dall’acqua, ed è inoltre un efficace sistema di sicurezza che permette di annullare la
trazione del kite in caso di necessità. Negli ultimi anni, in alcuni modelli la quinta linea ha assunto
anche una funzione strutturale, perché aiuta la leading edge a mantenersi in una forma
aerodinamicamente più efficiente (SLE: supported leading edge).
.
Il sistema di trim del de-power è una regolazione che ci permette di variare la lunghezza delle
linee frontali, modificando l’angolo di incidenza della vela e quindi la sua potenza/velocità. Questa
regolazione viene fatta solitamente all’inizio dell’uscita, con la vela in volo, oppure ogni qual volta si
renda necessario, per esempio al variare dell’intensità del vento. Anche i diversi nodi sui punti di
attacco delle linee al kite e al boma danno la possibilità di regolare l’angolo di incidenza della vela
prima dell’uscita.
Quando ci agganciamo al kite tramite il chicken-loop, tutta la trazione generata dall’ala si trasmette
dai cavi frontali al nostro corpo tramite l’imbragatura del trapezio, le braccia sono libere di
manovrare e la barra può scorrere lungo la cima del de-power.
Mentre pilotiamo il kite possiamo avvicinare o allontanare da noi la barra, alle cui estremità sono
collegate le back lines. In questo modo andiamo a modificare l’inclinazione della vela rispetto al
vento: da questa inclinazione, chiamata angolo di incidenza, dipende parte della trazione esercitata
dal kite. Il sistema depower ci permette quindi di variare l’angolo di incidenza della vela mediante
un semplice movimento delle braccia, per dosare la potenza della vela in base alle necessità del
momento.
Facciamo quindi vedere agli allievi come si aziona lo sgancio rapido del chicken loop e facciamoli
provare a turno ad azionarlo.
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Insegniamo agli allievi ad “armare” (preparare) una vela
gonfiabile. Stendiamo il kite sul terreno con l’intradosso
rivolto verso l’alto e il bordo d’attacco perpendicolare
alla direzione del vento. Se il vento tende a sollevare la
vela, possiamo appesantirne alcuni punti utilizzando
della sabbia o la tavola. Con vento forte può essere più
facile stendere la vela per il lungo nella stessa direzione
del vento.
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Qui di seguito vediamo a quali regole attenersi se si
decide di armare sciogliendo i cavi sottovento.
Srotoliamo le linee dalla barra e distendiamole a terra,
allontanandoci sottovento al kite.
Ricordiamo agli allievi che gli errori nel collegamento delle linee al kite sono tra le prime
cause di incidenti: trovarsi con le front lines collegate alle estremità del boma o con le back lines
incrociate (estremità sinistra della vela collegata con l’estremità destra della barra e viceversa)
significa avere in mano un kite ingovernabile. E’ consigliabile fare sempre un doppio controllo delle
linee, camminando dalla barra al kite e viceversa tenendo i 4 cavi separati tra le dita e il quinto
cavo tra le gambe.
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DECOLLO E ATTERRAGGIO DEL KITE ED
ESERCIZI A BORDO FINESTRA
OBIETTIVO: gli allievi impareranno a far decollare e atterrare il kite a bordo finestra e a mantenerlo
sempre nelle zone neutre.
Assicuriamoci sempre che l’allievo abbia collegato il leash di sicurezza del kite al trapezio e che
sappia come azionare correttamente lo sgancio rapido. Insegniamo agli allievi a posizionarsi in
modo che il kite si trovi a bordo finestra. Per capire quando il kite si trova nella giusta posizione per
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il decollo è utile posizionarsi sottovento al kite stesso e poi camminare all’indietro sopravvento fino
a quando il kite non “fileggia” più.
Chiediamo all’allievo di fare un ultimo controllo dei cavi prima di dare all’assistente il comando
stabilito per il decollo. Il comando per far salire il kite deve essere leggero e costante, l’allievo deve
evitare gesti bruschi e comandi eccessivi che possono portare il kite nelle zone di potenza.
Abituiamo gli allievi a tenere una mano sullo sgancio di sicurezza durante tutta
l’operazione, per poterlo azionare immediatamente in caso di necessità.
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ESERCIZIO N.2 – ESERCIZI CON IL KITE A BORDO FINESTRA
OBIETTIVO: gli allievi devono pendere confidenza con il lento movimento del kite lungo il bordo
finestra, imparando a dosare i comandi e ad utilizzare il depower evitando comandi bruschi sulla
barra.
Chiediamo agli allievi di utilizzare una mano sola per dare i comandi: dovranno tirare per dare il
comando dalla parte dove hanno la mano e spingere per dare il comando opposto.
Abituiamoli anche a dosare il depower: con la vela ferma, dovranno tirare lentamente la barra
verso di sé. Fate notare loro che in questo modo i cavi posteriori hanno maggiore tensione e la
vela diventa molto quindi più reattiva ai comandi. Rilasciando la barra i cavi si allentano e serve un
maggior comando per far rispondere la vela.
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ESERCIZIO N.3 - SPOSTARSI CON IL KITE
OBIETTIVO: sapersi muovere con il kite in volo, per raggiungere l’acqua o per rientrare a terra al
termine dell’uscita.
ESECUZIONE: come sempre, mostriamo l’esercizio agli allievi. Tenendo sempre la vela a bordo
finestra, a un’altezza di circa 45° da terra cominciamo a camminare di traverso al vento, sfruttando
la leggera trazione laterale del kite.
Spieghiamo che quando siamo a terra, è preferibile non tenere mai il kite fermo allo zenit perchè
una raffica improvvisa ci potrebbe sollevare; basta tenere la vela a bordo finestra alla nostra destra
o alla nostra sinistra (sempre dal lato mare) per evitare questo pericolo.
Facciamo camminare gli allievi anche controvento, sempre tenendo il kite nelle zone di minima
potenza: sarà utile quando dovranno entrare in acqua o quando faranno i primi bordi e dovranno
tornare al punto di partenza camminando lungo la spiaggia dopo aver scarrocciato.
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RILANCIO DELLA VELA DALL’ACQUA
Se abbiamo la possibilità di esercitarci in acqua bassa, mostriamo agli allievi come far ripartire il
kite dopo una caduta e facciamoli esercitare in questa operazione. Sapersi rilanciare da soli il kite
dall’acqua darà molta fiducia agli allievi.
Quando fate provare gli allievi, continuate ad utilizzare il 5° cavo modificato per poterlo azionare se
il kite acquista troppa potenza.
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Durante l’operazione di rilancio del kite dall’acqua, ricordiamo agli allievi di:
Uno degli errori più frequenti durante il rilancio è quello di tirare troppo il quinto cavo o di tirarlo
senza contemporaneamente dare un comando con il boma. In questo modo il kite si ribalta
completamente a U, e rimane neutro rispetto al vento; in alcuni casi può addirittura sollevarsi
dall’acqua e rigirarsi su se stesso, rimanendo avvolto nel quinto cavo. Possiamo tentare di liberarlo
recuperando una linea laterale per alcuni metri, fino a quando la vela si sventa mettendosi a
bandiera davanti a noi, e il quinto cavo scivola in acqua lungo l’estradosso. Lasciando andare la
linea laterale il kite si riporta nella posizione iniziale, e potremo ripetere la manovra di rilancio.
In condizioni di vento molto leggero, oppure per un nostro errore nella fase di rilancio, il kite può
stallare e cadere all’indietro con il leading edge rivolto verso l’alto e il bordo di uscita in acqua. In
questo caso il kite può ripartire direttamente dal centro finestra o possiamo farlo rigirare dando
qualche strattone ai cavi centrali.
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SGANCIO RAPIDO E RIENTRO IN EMERGENZA
SISTEMI DI SICUREZZA
Spieghiamo agli allievi che in caso di emergenze, esistono diverse operazioni che ci permettono di
annullare, in parte o completamente, la trazione del kite, che vanno eseguite in un’ordine ben preciso,
passando alla manovra seguente solo se la prima non è stata possibile o non è stata sufficiente a risolvere
la situazione di pericolo:
1. togliere le mani dalla barra per depotenziare il kite
2. azionare lo sgancio rapido sul chicken loop o svincolarsi manualmente dal chicken loop
3. azionare lo sgancio rapido sul leash
4. tagliare i cavi (nel caso si siano avvolti intorno al corpo)
5. togliere il trapezio
Lo sgancio rapido (o quick release) è un sistema che ci permette, come suggerisce il nome stesso, di
“sganciarci” facilmente ed in modo immediato dal kite, annullando completamente ed in modo immediato la
trazione del kite in caso di emergenza. Va usato in tutte le situazioni, di emergenza e non, in cui vogliamo
azzerare completamente la trazione della vela.
Ecco un breve elenco delle più comuni:
E’ lo sgancio rapido che ci separa completamente dalla vela e va usato nel caso in cui il normale sistema di
sicurezza della vela non abbia funzionato regolarmente e non sia riuscito ad annullare la trazione della vela
oppure se il rimanere collegati al kite ci mette in pericolo.
Esempi:
o Il cavo di sicurezza e’ troppo intrecciato con gli altri e non riesce a scorrere.
o Il kite si intreccia ad un altro kite che continua a generare trazione
Ogni marca di kite tende ad utilizzare sistemi “personalizzati” di sganci di sicurezza assicuratevi dunque di
essere sempre a conoscenza di come si attivino in caso compriate o noleggiate una vela.
Gli sganci comunque si possono raggruppare in due grandi famiglie:
-quelli che azionati fanno aprire il chicken loop
-quelli che azionati sganciano il chicken loop dalla linea del depower
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PROCEDURA DI RIENTRO IN EMERGENZA (Self Rescue)
Tiriamo il cavo collegato al leash di sicurezza facendo attenzione a non rimanere impigliati nello stesso fino
a raggiungere la barra. Prestiamo la massima attenzione ai particolari: non dobbiamo avvolgere mai nessun
cavo attorno alle mani o alle braccia; il cavo va recuperato tenendo i palmi delle mani verso il basso, con i
mignoli rivolti al kite, in modo che non possa scorrerci tra le mani e ferirci nel caso dovessimo lasciarlo
andare. Una volta raggiunta la barra accertiamoci di aver raccolto il cavo di sicurezza per una lunghezza tale
che impedisca agli altri cavi di essere in tensione. Se necessario recuperiamone ancora un paio di metri poi
blocchiamolo alla barra. A questo punto possiamo avvolgere tutte le linee sulla barra fino a raggiungere il
kite in totale sicurezza. Prestiamo sempre la massima attenzione durante quest’operazione per non
rimanere attorcigliati nei cavi, cerchiamo di tenerli sempre sottocontrollo sottovento a noi. Nel vento forte il
recupero dei cavi a mani nude potrebbe essere difficile. In questo caso possiamo
far fare un giro ai cavi attorno al gancio del trapezio per diminuire la pressione dalle mani.
E’ importante riuscire a raggruppare i cavi sulla barra per evitare così che la corrente le possa far impigliare
da qualche parte o anche solo per agevolare un eventuale recupero da parte di un non kiter che potrebbe
rimanere incastrato magari col motore sulle linee stesse.
3. Rientro a terra
Una volta raggiunto il kite posizioniamolo a “U”, con il leading edge controvento. Per farlo è utile fare leva
sull’ultimo bladder, vicino a una tip. Se siamo molto vicini alla riva potremo semplicemente nuotare fino a
terra tenendo il kite sottobraccio dal centro della leading edge o anche sdraiandoci all’interno del kite stesso,
sul baldder centrale.
Se invece ci troviamo al largo, possiamo usare il kite
come vela e sfruttare il vento come propulsione per
rientrare a terra. Spostiamoci verso una tip e con l’aiuto
delle briglie o della apposite maniglie posizioniamo il kite
come nell’immagine a fianco, con il leading edge
controvento, e facciamoci trainare verso riva.
Se il kite e’ di misura medio/grande può essere utile
sgonfiare leggermente il L.E. per poterlo mantenere più
facilmente in questo assetto.
Ovviamente le operazioni di rientro sfuttando il kite
funzionano solo con venti side o side on shore!
Può essere utile utilizzare il leash vela come un leash tavola durante il rientro di emergenza.
Non sgonfiamo mai il kite: un kite completamente gonfio è visibile in acqua da grandi distanze mentre da
sgonfio si appiattisce diventando praticamente invisibile.
Può capitare di ritrovarsi a dover effettuare un rientro d’emergenza dovuto allo sgonfiamento del L.E.
In questo caso si procede esattamente nello stesso modo sopra descritto solo che una volta raggiunto
l’aquilone lo dovremo arrotolare sull’ bordo d’attacco e sfrutteremo la galleggiabilità dei bladder laterali.
Possiamo infatti fare un paio di giri con i cavi per bloccare il kite e utilizzarlo come zattera.
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NORME DI SICUREZZA
Ormai sia in Italia che all’estero le zone in cui è possibile praticare kitesurf sono limitate e
regolamentate; molte spiagge possono essere addirittura interdette al kite, specialmente durante la
stagione turistica, perché riservate alla balneazione o a tutela ambientale. Si sono quindi
individuati dei corridoi di uscita, gestiti da scuole o associazioni, dove ci si ritrova spesso a dover
navigare numerosi in uno spazio d’acqua limitato, con l’inevitabile rischio del sovra-affollamento;
pericoloso sia a terra durante le delicate operazioni di decollo e atterraggio, che in acqua, dove
non sempre è facile calcolare e rispettare le distanze di sicurezza.
Rispettiamo sempre le zone interdette alla navigazione, riservate alla balneazione o a tutela
ambientale. Verifichiamo e osserviamo le disposizioni delle Autorità locali.
Anche per i kiter più esperti, è fondamentale prendere confidenza con il luogo in cui si pratica lo
sport, sia per conoscerne i venti caratteristici, le correnti e le maree, sia per evitare possibili
pericoli, specialmente quelli non immediatamente visibili, come scogli, reef, e ostacoli sommersi.
Chiediamo informazioni alle scuole locali o a chi frequenta abitualmente la spiaggia da cui stiamo
per uscire.
CONTROLLARE IL METEO
Informiamoci sulle previsioni meteo prima di ogni uscita: dobbiamo sempre essere consapevoli dei
nostri limiti e andare in acqua solo se l’intensità del vento è adeguata alla nostra esperienza e se la
misura del nostro kite è giusta.
Prima di armare il kite, verifichiamo di avere uno spazio libero sottovento pari almeno al doppio
della lunghezza dei cavi. Controlliamo sempre l'integrità dell'attrezzatura: cavi, attacchi e pinne,
footstrap, cuciture e tessuto del kite. Mentre armiamo e prepariamo la vela, assicuriamoci che non
possa ripartire da sola nemmeno in caso di forti raffiche impreviste. Verifichiamo sempre due volte
di aver collegato bene le linee, e agganciamoci al trapezio solo dopo aver fissato il leash di
sicurezza del kite.
Prima di far decollare il kite, verifichiamo di non avere ostacoli sottovento. In ogni caso, evitiamo di
manovrare l'aquilone sia a terra che in acqua se questo significa farlo volare sulle teste dei
bagnanti: un incidente, oltre agli eventuali danni a persone o cose, potrebbe pregiudicare la
possibilità di praticare kite in quel luogo. Quando siamo pronti a far decollare il kite, facciamoci
assistere da una persona competente e diamole dei comandi precisi perché posizioni il kite
correttamente a bordo finestra e non lo lasci andare fin quando non siamo pronti. Se il kite viene
lanciato fuori dalla finestra potrebbe cadere all’indietro e rotolare verso il centro della finestra, per
poi prendere improvvisamente il volo in piena potenza. In questi casi, non esitiamo ad azionare
subito lo sgancio di emergenza, il momento di esitazione può essere fatale.
Il kite va sempre fatto decollare dalla parte dell’acqua, dove il vento è meno perturbato, e tenuto
basso a bordo finestra fino a quando entriamo in acqua. Se tenuto allo zenit, il kite potrebbe
sollevarci da terra in caso di forti raffiche o correnti ascensionali.
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Spieghiamo agli allievi i possibili errori durante il decollo e come intervenire.
Il kite è instabile e tende ad avanzare mentre l’assistente lo sta trattenendo. Significa che non
è a bordo della finestra, ma si trova in una zona di potenza, oppure che il vento è molto irregolare.
Se l’assistente lasciasse andare il kite, ci troveremo subito trascinati dalla potenza del kite: in
questo caso è fondamentale azionare immediatamente lo sgancio rapido e lasciare andare la
barra.
Mentre l’assistente tenta di tenerlo in verticale, il kite non si sostiene e tende a ricadere
all’indietro. In questo caso il kite è fuori finestra o il vento è troppo leggero. Se l’assistente
lasciasse il kite, questo potrebbe cadere e rotolare verso il centro della finestra per poi ripartire
improvvisamente: anche in questo caso è necessario sganciarsi immediatamente dal kite.
Il kite si trova a bordo finestra, il vento è sufficiente a far volare il kite, ma quando
l’assistente lo lascia non riusciamo a farlo risalire verso le parti più alte della finestra. Può
dipendere da una cattiva regolazione del kite o da modelli di kite “total de-power”, cioè con
un’ampia escursione del del sistema de-power: se le back lines non sono in tensione, i comandi
non arrivano al kite. Dobbiamo esagerare un po’ il comando oppure tirare leggermente la barra
verso di noi per mettere in tensione i cavi mentre diamo il comando.
Subito dopo il decollo, il kite prende potenza e ci trascina. Abbiamo mosso il kite troppo
velocemente verso l’alto, dando un comando esagerato o tenendolo per troppo tempo. Il kite
attraversa le zone di potenza e non riusciamo a contrastarlo. Dobbiamo immediatamente
depotenziare il kite lasciando la barra e azionando lo sgancio rapido.
Il kite a bordo finestra è instabile, avanza a scatti o cade. Succede con vento molto leggero o
rafficato, perché all’arrivo di una raffica il kite può accelerare e trovarsi subito dopo oltre il bordo
della finestra, perdendo la capacità di volare. In questi casi è possibile recuperare la tensione nei
cavi e il controllo del kite facendo subito qualche passo indietro, nella direzione del vento. Un
errore frequente è invece quello di camminare nella direzione opposta ai cavi: in questo caso,
anche se si recupera momentaneamente la tensione nei cavi, il kite continua a trovarsi fuori dalla
finestra, e non si riesce a riprenderne il controllo.
Quando possibile, non avventuriamoci in acqua da soli, e comunque avvisiamo sempre della
nostra uscita un compagno a terra; un telefono cellulare chiuso in una busta stagna deve far
parte della nostra dotazione di sicurezza: memorizziamo i numeri da chiamare in caso di
emergenza (capitaneria, guardia costiera, carabinieri, eventuali servizi di recupero, ecc.).
Teniamoci lontani dai segnali di pericolo in acqua (boa con bandiera bianca/rossa, barile bianco
con croce gialla, barile giallo con croce nera, o barile giallo/nero con cono nero). Rispettiamo gli
spazi di bagnanti, surfisti e windsurfisti: cerchiamo uno specchio d'acqua sottovento dove non
arrecare disturbo né danno a nessuno.
PRECEDENZE
Durante la navigazione, siamo considerati delle imbarcazioni a vela e come tali dobbiamo
rispettare le precedenze, salvo che ci siano diverse disposizioni emanate dalle autorità locali
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(Comuni, Capitanerie di Porto…). Ogni volta che la nostra rotta si incrocia con quella di un’altra
imbarcazione, chi ha diritto di precedenza deve mantenere la propria andatura mentre l’altra
imbarcazione esegue la manovra di disimpegno modificando la propria rotta. Comunque entrambi
dovranno agire per evitare ogni possibilità di collisione. Vediamo alcune delle principali regole di
precedenza, fermo restando che dovremo sempre attenerci a eventuali disposizioni che integrino o
modifichino queste norme generali.
Le imbarcazioni a vela (compresi quindi windsurf e kite) hanno la precedenza su quelle a motore,
con l’eccezione di imbarcazioni di linea, della polizia o di salvataggio, barche da lavoro o
pescherecci al lavoro, che hanno sempre diritto di precedenza.
Nel caso di incrocio tra due imbarcazioni a vela, e quindi anche tra due kiter o tra un kiter e un
windsurf, ha diritto di precedenza chi ha le mura a dritta (destra). Verifichiamo con degli esempi
che gli allievi abbiano chiaro il concetto di mure a dritta e mure a sinistra.
Se navighiamo mure a sinistra e la nostra rotta rischia di incrociare quella di un altro kiter o di una
imbarcazione, dobbiamo quindi cambiare direzione oppure modificare per tempo la nostra rotta per
evitare l’incrocio..
Se passiamo sottovento a un altro kiter teniamo la nostra vela molto bassa per non costringere
l’altro ad alzare la sua, operazione che può far perdere aderenza all’acqua portandolo alla caduta
o a un improvviso scarroccio, ovvero a venirci contro! Se passiamo sopravvento, ricordiamoci
invece che chi si trova sottovento non può avere una visione completa di quello che succede alle
sue spalle: sempre meglio mantenersi a distanza di sicurezza.
Resta comunque valido il principio generale di evitare sempre le collisioni, anche quando si ha
diritto di precedenza: valutiamo sempre attentamente anche la possibilità che l’altro sia
impossibilitato a manovrare correttamente, per problemi tecnici o per semplice inesperienza.
Esistono inoltre regole di buon comportamento e di correttezza che vale sempre la pena ricordare:
se stiamo già navigando, diamo la precedenza a che sta compiendo le delicate manovre di uscita
dalla spiaggia o a chi sta rientrando.
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3. TERZA LEZIONE
D’ora in poi, le lezioni prevedono una briefing di gruppo a terra con la spiegazione degli obiettivi
che si vogliono ottenere e di come raggiungerli, e poi le esercitazioni individuali in acqua, con un
mezzo di appoggio.
MATERIALE NECESSARIO
Attrezzatura da preparare prima dell’inizio della lezione:
- il modellino/simulatore kite
- 2 o 3 kite gonfiabili di dimensioni adeguate al vento e al peso degli allievi
- una tavola
- una barca di appoggio debitamente equipaggiata
- una pompa o un compressore per gonfiare il kite (può rimanere sempre sulla barca)
- per ogni allievo: muta adeguata alla temperatura dell’acqua, trapezio con leash per il kite,
salvagente, elmetto
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PREPARAZIONE AL BODY DRAG
E’ importante che gli allievi siano preparati a quello che stanno per affrontare in acqua. Dedicando
mezz’ora alla spiegazione degli esercizi a terra o durante lo spostamento con la barca, ci
risparmieremo di doverlo fare quando gli allievi saranno in acqua e otterremo quindi diversi
risultati:
Spieghiamo quindi ai nostri studenti l’obiettivo della giornata: sono pronti per affrontare l’acqua e lo
faranno nella forma più divertente in assoluto, vale a dire facendosi trascinare dal kite senza
tavola. Alla fine della lezione sapranno muoversi in tutte le andature: nel body drag l’andatura più
naturale è quella di lasco/poppa, nella stessa direzione del vento, ma è possibile e molto utile
andare di traverso al vento e addirittura risalirlo di qualche grado, per poter uscire e rientrare dalla
spiaggia o dai corridoi di uscita, per recuperare la tavola o un qualsiasi oggetto in acqua, per
soccorrere una persona in difficoltà in acqua. In acqua inoltre, lontano dai pericoli legati alla
spiaggia, potranno anche sfruttare tutta la potenza dell’ala per acquisire sicurezza nelle manovre,
tranquillità e acquaticità.
Con l’aiuto di un video, di alcune immagini, o del simulatore, illustriamo agli allievi gli esercizi che
dovranno eseguire e diamo loro le indicazioni su come gestire l’equilibrio in acqua. D’ora in poi
infatti oltre al kite dovranno saper gestire il loro equilibrio in acqua. Per ogni esercizio fissiamo
quindi l’obiettivo, e diamo dei consigli sia su come muovere il kite che sulla migliore posizione del
corpo.
Come ultimo e fondamentale consiglio, ricordiamo agli allievi che in caso di problemi di qualsiasi
tipo, (eccesso di trazione, perdita dell’equilibrio, errore di pilotaggio, ecc.) basterà togliere le mani
dalla barra perché il kite si depotenzi e voli verso le zone neutre.
Il modo più sicuro per fare body drag è di praticarlo al largo, in acqua fonda, utilizzando una barca
d’appoggio con persone abili nel condurla e con la conoscenza delle problematiche del kitesurf.
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Se abbiamo la possibilità di esercitarci in una zona sufficientemente ampia di acqua poco
profonda, dobbiamo assolutamente tenere conto di queste regole:
non è possibile effettuare il body drag quando il vento viene dal mare e ci spinge a terra, e
diventa assolutamente pericoloso quando il vento viene da terra spingendoci al largo;
usciamo quindi con il vento parallelo alla spiaggia e teniamo presente che in andatura di
lasco/poppa percorreremo velocemente molta strada, e potremmo incontrare bagnanti o
altri ostacoli che possono mettere in pericolo gli altri e noi stessi. Pianifichiamo quindi bene
il percorso, considerando anche l’eventualità in cui il kite cada nell’acqua e gli allievi
dovessero non più riuscire a rilanciarlo: anche in questo caso la loro direzione sarà quella
del vento;
Oltre all’intensità e alla direzione del vento, dobbiamo sempre fare attenzione ad altre
caratteristiche dello spot, cioè del luogo in cui vogliamo praticare lo sport.
Scegliamo spiagge non affollate, e verifichiamo che non ci siano ostacoli né a terra né in acqua.
Valutiamo sempre bene le condizioni meteo-marine.
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ESERCIZI IN BODY DRAG
OBIETTIVO: come primo approccio all’acqua, gli allievi devono imparare a gestire il loro equilibrio.
ESECUZIONE: se partiamo dalla barca, dopo aver verificato che il kite sia correttamente armato e
trimmato, agganciamolo all’allievo e aiutiamolo ad effettuare il decollo. L’allievo deve sedere sul
bordo sottovento della barca o del gommone, con le gambe già all’esterno della barca. Chiediamo
all’allievo di tenere la vela allo zenit; il bladder centrale ci indica esattamente la direzione del vento.
Prendiamo dei punti di riferimento all’orizzonte per individuare i bordi della finestra e la linea di
massima potenza, perché una volta in movimento sarà facile perdere il senso dell’orientamento.
Quando l’allievo è rilassato possiamo farlo scendere in acqua. Ricordiamogli di tenere la posizione
corretta di navigazione, perché mantenendo la vela allo zenit il vento lo spingerà comunque
leggermente in poppa, per questo dovrà assecondare l’andatura tenendo le spalle molto vicine alla
barra, e i piedi a fondo e all’indietro. In questo modo potrà mantenere l’equilibrio e controllare il
kite. La trazione del kite sul gancio del trapezio però agisce sul bacino tendendo a portarlo pancia
all’aria: in questa posizione le gambe fanno perno e corre il rischio di ruotare su sè stesso e di
perdere l’equilibrio. Istintivamente si aggrapperà alla barra e darà dei comandi involontari al kite:
probabilmente finirebbe col bere acqua a sufficienza da non voler ripetere l’esperienza!
Ogni volta che l’allievo dovesse perdere il controllo del kite per qualsiasi motivo ricordiamogli
quindi di togliere subito le mani dalla barra: senza più alcun comando, il kite volerà naturalmente a
bordo finestra, minimizzando la sua trazione e permettendoci di riprendere il controllo della
situazione.
PROBLEMI E SOLUZIONI
Uno dei problemi più frequenti durante i primi esercizi in acqua riguarda l’involontaria rotazione del corpo :
se l’allievo lascia che la trazione del kite sul bacino gli sollevi le gambe in avanti, queste faranno
perno in acqua e anche con poca trazione rischierà di ruotare finendo col dare le spalle alla vela;
diventa quindi molto più difficile controllare il kite e probabilmente l’allievo col perdere
completamente l’equilibrio. Per mantenere l’assetto deve assecondare lo scorrimento nell’acqua:
chiediamogli di tenere il busto in avanti e le spalle molto vicino alla barra, spingendo le gambe
all’indietro.
Ogni volta che l’allievo si ritrova con le gambe avanti e inizia un’involontaria rotazione del corpo,
insegniamogli a contrastarla lasciando la barra per dare qualche ampia bracciata dalla parte
opposta al senso di rotazione.
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Se il vento è leggero o rafficato o se c’è molta onda, il kite allo zenit è instabile e può stallare. In
questi casi possiamo aiutare l’allievo a risolvere il problema facendogli tenere l’ala a bordo della
finestra ma non proprio allo zenit, oppure facendola muovere delicatamente a destra ed a sinistra
dello zenit.
OBIETTIVO: imparare a muoversi nella direzione del vento e gestire la potenza del kite.
ESECUZIONE: per partire nella direzione del vento facciamo eseguire agli allievi delle traiettorie a
8 rovesciato: il corpo deve essere completamente rilassato e devono planare sulla pancia
lasciando che le gambe rimangano dietro. L’inconveniente in cui possono incorrere ancora una
volta è quello di ruotare involontariamente pancia all’aria con le conseguenze che già conosciamo:
potranno risolvere il problema solo evitando di rimanere contratti.
Inizialmente facciamo eseguire l’esercizio con la barra a fine corsa del depower, ma poi chiediamo
agli allievi di ripeterlo utilizzando il depower: per abituarsi alla trazione potanno tirare la barra
proprio quando il kite attraversa le zone centrali della finestra.
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ESERCIZIO N.3 – NAVIGARE CON IL KITE A BORDO FINESTRA
OBIETTIVO: imparare a muoversi a destra e a sinistra mantenendo il kite fermo a bordo finestra,
anche con una mano sola.
ESECUZONE: dalla posizione di kite allo zenit chiediamo agli allievi di far scendere l’ala
lentamente lungo il bordo della finestra come se dovessero farla atterrare, ma di fermarla ad una
altezza di circa 45° dal livello dell’acqua. Inizieranno a muoverci di traverso al vento e dovranno
cercare di distendersi più possibile per creare meno resistenza e favorire l’avanzamento.
In condizioni di poco vento sarà meglio portare il kite in una parte più alta del bordo della finestra
per evitare che possa stallare.
Facendosi trainare dal kite di traverso al vento potranno incorrere ancora più facilmente nel
problema della rotazione del corpo pancia all’aria, perché tenderanno a stare sul fianco e a seguire
con la barra la rotazione della vela, ritrovandosi con la barra verticale rispetto all’acqua: ricordiamo
loro di tenere la barra orizzontale, appoggiata in acqua, in modo che anche le loro spalle
rimangano in orizzontale.
Facciamo eseguire lo stesso esercizio togliendo la mano sopravvento dalla barra: per poter gestire
anche il depower, gli allievi dovranno tenere la mano che pilota abbastanza centrale.
Andare di traverso sarà molto utile nei momenti di allontanamento e avvicinamento alla spiaggia.
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ESERCIZIO N.4 – ANDATURA DI BOLINA
OBIETTIVO: saper bolinare con il corpo è fondamentale. Praticando kitesurf qualche caduta è
inevitabile, e la tavola rimane inevitabilmente sopravvento a noi. Risalire il vento ci permette quindi
di recuperare la nostra tavola.
Quando riescono a navigare correttamente di bolina sia a destra che a sinistra, chiediamo agli
allievi di recuperare la tavola, dopo che l’avremo lasciata cadere in acqua una decina di meri
sopravvento a loro. Per raggiungere prima la tavola potrebbero puntare la mano quasi controvento,
ma in realtà in questo modo finiranno per scarrocciare, allontanandosi dalla tavola stessa.
Chiediamo quindi agli allievi di verificare sempre se stanno mantenendo la rotta corretta,
prendendo dei punti di riferimento all’orizzonte.
Quando saranno a pochi metri dalla tavola, dovranno riportare la vela lentamente allo zenit per
fermarsi, e potranno raggiungere la tavola con qualche bracciata, tenendo la vela ferma allo zenit.
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ESERCIZIO N.5 – METTERE LA TAVOLA AI PIEDI
OBIETTIVO: gli allievi devono imparare a gestire la tavola, cercando di infilarsela ai piedi, pronti
per affrontare la lezione di partenza.
ESECUZIONE: chiediamo agli allievi di tenere il kite allo zenit e lasciare la barra, usando le mani
per aiutarsi a mantenere l’equilibrio in acqua. Quando l’ala si sposta dovranno dare una correzione
breve ma decisa per riportarla allo zenit, utilizzando una sola mano.
Questo esercizio ci aiuta a capire i tempi di reazione dell’ala e ci permetterà di avere le mani libere
quando dovremo recuperare la tavola e mettercela ai pedi.
Facciamo ripetere l’esercizio portando le gambe avanti, perché questa sarà la posizione in cui si
troveranno quando dovranno infilare la tavola; ora l’equilibrio è più precario, perché le gambe
fanno da perno nell’acqua ed è più facile trovarsi a ruotare; come sempre dovranno tenere la
centralità dando qualche bracciata dalla parte opposta a quella in cui si stanno spostando le
gambe.
Anche dopo aver infilato i piedi negli streps rimane il pericolo di ruotare con il corpo: potranno
come sempre aiutarsi con qualche bracciata, e la tavola stessa tenuta di taglio nell’acqua può
agire come un remo per mantenere la centralità.
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PROBLEMI E SOLUZIONI
Alcuni allievi, specialmente quelli in soprappeso, possono avere molta difficoltà ad infilarsi la
tavola. Anche l’attrezzatura stessa può creare dei problemi: una muta molto spessa e rigida o un
trapezio ingombrante non aiutano certo a rannicchiarsi. Verificate che le straps della tavola non
siano troppo strette. Se gli allievi proprio non riescono a piegarsi abbastanza possono infilare
prima un solo piede, tenendo la tavola dalla strap opposta, e poi cercare di infilare l’altro senza
l’aiuto delle mani e con le gambe più distese.
Uno dei problemi più comuni quando gli allievi hanno la tavola ai piedi, ancora una volta è la rotazione del
corpo. Per mantenere l’equilibrio la tavola deve sempre trovarsi esattamente perpendicolare alla trazione del
kite. E’ importante quindi che gli allievi sappiano correggere la posizione del kite appena questo si sposta
dallo zenit, oppure che riescano a tenere la tavola nella giusta opposizione.
Fase di pre-partenza, con il kite allo zenit. Problema: se il kite slitta lungo il bordo Soluzione: quando il kite si sposta lungo il
La centralità tra la posizione del kite, della finestra, la tavola non è più perpendicolare bordo finestra, usiamo le gambe o
tavola e del nostro corpo ci permette di alla direzione della trazione. Senza la aiutiamoci con qualche ampia bracciata per
mantenere l’equilibrio. Qui sotto è giusta opposizione della tavola la trazione riportare la tavola perpendicolare alla
raffigurato il corretto assetto del corpo, del kite ci farà ruotare. trazione e mantenere l’equilibrio.
visto dall’alto.
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4. QUARTA LEZIONE
Anche questa lezione prevede prima un briefing di gruppo a terra con la spiegazione degli obiettivi
che si vogliono ottenere e di come raggiungerli, e poi le esercitazioni individuali in acqua, con un
mezzo di appoggio.
MATERIALE NECESSARIO
Attrezzatura da preparare prima dell’inizio della lezione:
- il simulatore kite
- 2 o 3 kite gonfiabili di dimensioni adeguate al vento e al peso degli allievi
- una o due tavole di dimensioni adeguate agli allievi
- una barca di appoggio debitamente equipaggiata
- una pompa o un compressore per gonfiare il kite (può rimanere sempre sulla barca)
- per ogni allievo: muta adeguata alla temperatura dell’acqua, trapezio con leash per il kite,
salvagente, elmetto
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PREPARAZIONE ALLA PARTENZA
La partenza è il frutto di una serie di accorgimenti che vanno rigorosamente rispettati. Trascurare
anche uno solo di questi dettagli può comprometterne la riuscita, o comunque farci salire sulla
tavola in modo incontrollato e scomposto.
Passiamo un po’ di tempo a terra insieme agli allievi e analizziamo passo per passo la manovra,
facendo anche qualche facile esercizio di simulazione. Come abbiamo fatto negli esercizi con il
kite a cassoni a terra, abbasseremo il kite nella finestra quanto basta per trovare la potenza
necessaria a salire sulla tavola, concentrandoci invece sulla corretta posizione del corpo: se
gestiremo bene il nostro peso, avremo bisogno di meno trazione e potremo ridurre i movimenti del
kite, partendo con facilità e controllo, senza strattoni.
1. far slittare leggermente il kite dalla parte opposta a quella in cui vogliamo partire ci serve
per centrare meglio le zone di potenza, ma non esageriamo questo movimento perché
altrimenti la trazione del kite ci farà ruotare e perdere l’assetto con la tavola; potremo
anche prevenire la rotazione tenendo la tavola leggermente di bolina ancora prima di
caricare la vela, oppure rannicchiando la gamba posteriore mentre facciamo slittare il kite a
bordo finestra;
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2. andiamo alla ricerca della trazione necessaria al sollevamento, portando il kite nelle zone di
potenza ma soprattutto utilizzando correttamente il de-power: mentre il kite scende
avviciniamo gradualmente a noi la barra per far aumentare la trazione. Ricordiamoci che
per far fare una rotazione stretta alla dobbiamo imprimere al boma un comando fluido ma
sufficientemente ampio. Man mano che arriva la trazione dobbiamo assecondarla senza
irrigidirci; seguiamo con la testa e le spalle lo spostamento del boma e teniamo il busto
nella direzione delle linee; il nostro obiettivo deve essere quello di opporre meno resistenza
possibile alla vela, per poter partire in modo morbido e sicuro, con la minima trazione
necessaria. Spesso invece l’istinto ci porta a contrastare la trazione, portando indietro le
spalle: in questo modo si viene a creare una leva svantaggiosa e si richiede al kite molta
più energia per poterci far uscire dall’acqua. E’ fondamentale mantenere sempre la testa e
le spalle vicinissime al boma: quando il kite inizia a tirarci in avanti la testa lo segue con
uno slancio; non aggrappiamoci con le braccia alla barra nel tentativo di aiutarci a
sollevarci: in questo modo andiamo involontariamente ad agire sul de-power; le braccia
devono rimanere completamente rilassate. All’aumentare della trazione le gambe devono
piegarsi naturalmente e il sedere si avvicina ai talloni. Mano a mano che il kite acquista
potenza, la tavola deve trovarsi di taglio nell’acqua, esattamente perpendicolare alla
trazione: in questo modo farà da perno e ci permetterà di ruotare in avanti fino ad uscire
dall’acqua. Quasi senza accorgercene ci ritroveremo sopra la tavola. Istintivamente invece
durante le prime partenze siamo spesso portati ad irrigidire le gambe e a spingere sulla
tavola nel tentativo di sollevarci: l’eccesso di pressione finisce invece per far affondare o
spiattellare in avanti la tavola.
3. mentre stiamo salendo sulla tavola non dimentichiamoci della vela: se non le diamo più
nessun comando e la lasciamo proseguire nella sua discesa, arriverà a bordo finestra, o
peggio, si schianterà in acqua. Quando la vela entra nella fascia di potenza e inizia a
sollevarci dall’acqua, dobbiamo subito richiamarla verso l’alto facendola correre in verticale
di fronte a noi fino allo zenit; la risalita della vela continuerà a darci la trazione necessaria a
navigare, a condizione che il kite si mantenga veloce; spingiamo quindi avanti la barra per
velocizzare il kite; teniamo le gambe rilassate e solo una volta completamente fuori
dall’acqua, estendiamole per portare il sedere indietro e in basso, a sfiorare l’acqua, per
contrastare la trazione del kite; il busto invece rimane nella direzione delle linee e il naso a
pochi centimetri dal boma; in questo modo scarichiamo quasi tutto il peso del nostro corpo
sulla vela evitando di gravare sulla tavola che non è in grado di sostenerci finché non
raggiungiamo una certa velocità (planata). Se portiamo le spalle indietro gran parte del
nostro peso va a scaricarsi sulla tavola, facendola affondare.
Ricordiamo agli allievi che la traiettoria del kite deve essere adeguata all’intensità del vento e alle
dimensioni della vela: la discesa verso la zona di potenza sarà meno decisa se troviamo
abbastanza trazione già nelle zone intermedie della finestra. Questa è la situazione ideale per
l’apprendimento e la pratica dello sport nelle migliori condizioni di sicurezza e manovrabilità.
Nel caso di vento forte (o con kite di dimensioni maggiori) si può trovare trazione sufficiente
nell’area prossima al bordo della finestra. In questo caso è importante avere buona confidenza con
il sistema de-power per scaricare eventuali eccessi di trazione. Basta infatti spostare leggermente
il kite dallo zenit verso destra (o sinistra) e tirare la barra per trovare la trazione necessaria a
mantenerci sulla tavola.
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Con vento molto leggero (o kite piccoli) In questa finestra invece la potenza si In condizioni di vento più forte la potenza
dobbiamo cercare la potenza nelle zone più trova nelle fasce intermedie. Spostiamo si trova già nelle fasce più esterne della
centrali della finestra: aumentiamo la leggermente il kite dallo zenit e finestra. Basterà spostare leggermente il
rincorsa e facciamo picchiare il kite con facciamolo scendere verso il basso senza kite dallo zenit per avere la trazione che ci
decisione. raggiungere il centro della finestra. serve.
Insistiamo anche sull’importanza della corretta posizione del corpo: meno ci opponiamo alla
trazione più facile sarà sollevarsi sulla tavola. Il corpo rimarrà sempre morbido e asseconderà la
trazione durante l’uscita dall’acqua. Andremo contrastare il kite solo dopo esserci sollevati, per
evitare di cadere sottovento. Per abituare gli allievi a rimanere morbidi possiamo simulare delle
partenze a terra, facciamo sedere gli allievi a terra e tiriamoli in avanti dalle braccia: devono
rimanere rilassati e sollevarsi dolcemente assecondando la nostra trazione, senza mai irrigidirsi.
Il nostro corpo può mantenersi in posizione eretta (o accovacciata) finché rispetta il suo asse di equilibrio, una linea che lo attraversa dalle spalle
ai piedi. Se spostiamo le nostre spalle da questo asse abbiamo invece bisogno di una forza che ci trattenga e più ci allontaniamo dalla nostra
linea di equilibrio, maggiore deve essere la forza che ci sostiene. In acqua è il kite a doverci fornire questa trazione.
In acqua, con la tavola ai piedi, siamo Mentre facciamo scendere il kite lasciamo Errori frequenti sono quelli di tenere testa
ben lontani dal nostro asse di equilibrio. che le gambe si flettano morbidamente e e spalle lontane dalla barra, o di cercare di
Per partire con il minimo della trazione, portiamo le spalle e la testa avanti, vicini alla distendersi prima di aver raggiunto la linea
dobbiamo riportare le spalle e la testa il barra, seguendo con il busto la direzione delle di equilibrio; siamo così costretti a
più possibile vicino a questa linea. linee del kite. Non allunghiamo le gambe ricercare una trazione maggiore, facendo
prima di aver raggiunto la nostra linea di scendere il kite nelle zone più centrali
equilibrio. finestra, dove la potenza arriva in maniera
esplosiva.
ESRCIZI DI PARTENZA
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SCELTA DELLO SPOT E DELL’ATTREZZATURA
Nel tentativo di effettuare le prime partenze con la tavola si perde molto spazio in acqua; sarà
opportuno come al solito valutare la direzione e l’intensità del vento, pianificando il percorso.
Se possibile esercitiamoci in una giornata di vento “moderato”(11-16 nodi), per poter effettuare le
prime partenze con un kite non troppo piccolo e nervoso. Una taglia di kite più grande risulterà più
lenta e quindi più facile da gestire e consentirà agli allievi di trovare la trazione che ci serve senza
doverci addentrare nelle zone più centrali della finestra.
Scegliamo una tavola abbastanza grande perché molto del peso degli allievi graverà proprio sulla
tavola finché non impareranno a farsi sostenere bene dal kite, l’ampia galleggiabilità perdonerà
qualche inevitabile insicurezza nell’equilibrio.
OBIETTIVO: capire quanta energia serve al sollevamento del corpo e trovare la giusta trazione
nella finestra.
ESECUZIONE: senza tavola, facciamo provare agli allievi più volte il movimento del kite per la
partenza: dopo aver fatto slittare leggermente il kite a bordo finestra, lo devono abbassare alla
ricerca della trazione e riportarlo allo zenit appena si sentono sollevare un po’ dall’acqua.
Facciamoli iniziare con delle discese appena accennate e chiediamo loro di aumentare
gradualmente la durata e l’inclinazione delle picchiate del kite, facendolo scendere
progressivamente all’interno della finestra, per prendere confidenza con la potenza.
Quando gli allievi sono in grado di eseguire la corretta traiettoria con il kite, facciamoli concentrare
sull’utilizzo del depower: dovranno tirare la barra nel momento in cui il kite passa davanti a loro, e
allungare le braccia durante la risalita del kite allo zenit.
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ESERCIZIO N. 2 – GESTIONE DEL CORPO
ESECUZIONE: chiediamo agli allievi di far scorrere il kite a destra e sinistra dello zenit con dei
piccoli otto nella parte più alta della finestra, tenendo la tavola ai piedi. Ogni volta che il kite passa
esattamente davanti a loro nella direzione del vento dovranno tirare la barra e avvicinarsi con le
spalle alla barra stessa, tenendo le gambe rilassate. Si ritroveranno ad alzarsi… In questo modo
potranno comprendere che basta davvero poca potenza del kite per salire sulla tavola se hanno
una corretta gestione del nostro corpo.
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ESERCIZIO N.3 – PARTENZA CON LA TAVOLA
OBIETTIVO: gli allievi sono ora pronti per affrontare le prime partenze con la tavola.
Facciamoli iniziare con delle discese appena accennate e se necessario chiediamo loro di
aumentare gradualmente la durata e l’inclinazione delle picchiate del kite, facendolo scendere
progressivamente all’interno della finestra, per prendere confidenza con la potenza.
Facciamo ripetere l’esercizio più volte sia a destra che a sinistra finché gli allievi riescono a partire
in modo morbido e controllato.
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PROBLEMI E SOLUZIONI
Qui di seguito elenchiamo alcuni degli errori più comuni in cui gli allievi possiamo incorrere durante
le prime partenze, con alcuni suggerimenti per superare la difficoltà.
Problema: quando arriva la trazione cadono lateralmente, nella direzione in cui volevano
partire. Se la tavola non è perpendicolare alla direzione delle linee, manca il punto di appoggio per
uscire dall’acqua, e il kite li trascina sbilanciandoli lateralmente e facendoli cadere. Spesso
succede perché hanno slittare il kite a bordo finestra per troppo tempo e la tavola tende a ruotare
portandosi al lasco.
Soluzione: facciamo diminuire i tempi della rincorsa e chiediamo di tenere la tavola leggermente
di bolina mentre “caricano” il kite; lo sguardo deve essere rivolto nella direzione in cui vogliono
partire.
Problema: escono dall’acqua con fatica, subito la tavola spiattella e cadono all’indietro,
sopravento. Succede spesso perché all’arrivo della trazione istintivamente si portano la testa e le
spalle all’indietro aggrappandosi con forza alla barra, oppure perché si cerca di distendersi prima
di essere usciti completamente dall’acqua.
Soluzione: se la barra è dotata di una stopper-ball per diminuire la corsa del de-power possiamo
farli manovrare a mani aperte, perché non si aggrappino alla barra; altrimenti abbandoniamo per
un po’ le partenze e facciamo ripetere l’esercizio. Raccomandiamo di lasciare che le gambe si
flettano completamente all’arrivo della trazione e di tenere le spalle vicinissime alla barra.
Problema: nonostante la corretta gestione del corpo e della tavola, non riescono mai a
uscire dall’acqua. E’ la situazione in cui possono ritrovarsi con vento leggero o se sono sotto-
invelati; devono abbassare maggiormente il kite nella finestra.
Soluzione: chiediamo agli allievi di prendere dei punti di riferimento per individuare dove si trova la
linea di massima potenza e di aumentare progressivamente la durata e l’inclinazione della
picchiata. Il comando per far scendere il kite deve essere fluido ma deciso, se non sono
abbastanza convinti l’ala si muoverà lungo il bordo finestra senza mai entrare veramente nelle
zone di potenza. Se necessario, utilizziamo un kite e una tavola di maggiori dimensioni o
rimandiamo la lezione.
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ANDATURA
Spesso la lezione finirà con gli esercizi di partenza appena descritti, perché gli allievi avranno
bisogno di molti tentativi prima di riuscire a trovare la coordinazione tra il kite e il proprio equilibrio.
Con gli allievi che hanno maggiore confidenza con il kite e con la tavola e che riescono da subito
ad uscire dall’acqua in modo controllato, possiamo proseguire con degli esercizi di navigazione.
Rifacendoci agli esercizi già eseguiti a terra con il kite a cassoni, ricordiamo agli allievi come
muovere il kite subito dopo la partenza: lo scopo sarà quello di mantenere la trazione necessaria
ad acquistare e conservare una certa velocità con la tavola. Come sempre, la traiettoria da far
seguire alla vela dipenderà da una serie di fattori (intensità del vento, dimensioni del kite e della
tavola, peso del pilota…) che determinano la distribuzione della potenza nella finestra e dovranno
gestire la vela in modo diverso a seconda di quale tipo di finestra hanno di fronte.
Se hanno trovato la trazione sufficiente a sollevarli nella fasce intermedie della finestra, dovranno
ripetere la traiettoria del kite ma potranno ridurre l’ampiezza e la durata delle picchiate mano a
mano che prenderanno velocità con la tavola, fino a fermare il kite nella direzione di andatura,
gestendo la potenza solo con il de-power.
2. Se la potenza che ci serve si trova nelle fasce intermedie della finestra, cerchiamo la prima trazione con una picchiata moderata e riduciamo
progressivamente i successivi movimenti del kite man mano che riusciamo a prendere velocità, fino a fermarlo nella direzione dell’andatura .
Se invece sono riusciti a sollevarsi tenendo il kite nelle fasce più esterne della finestra, dovranno
semplicemente mantenere il kite nella direzione di andatura e usare il de-power per modulare la
potenza; non dovranno mai abbassare il kite nelle zone di maggior potenza.
3. Quando la potenza si trova già nelle fasce più esterne della finestra, basta muovere il kite nella direzione di andatura e usare il de-power per
modulare la potenza; non dobbiamo mai abbassare il kite nelle zone di maggior potenza.
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Ma per controllare la velocità, ancora più importante è quello che faranno con la tavola e l’andatura
che riusciranno a tenere. La bolina è l’andatura più lenta perché per mantenerla la tavola deve
contrastare la maggior parte della trazione del kite. Con il lasco invece si rischia addirittura di
prendere troppa velocità.
Per cominciare a navigare a velocità controllata gli allievi dovranno quindi cercare di mantenere la
tavola al traverso. Ricordiamo loro di prendere dei punti di riferimento all’orizzonte per avere
sempre chiara in ogni momento la direzione di andatura.
Per mantenere la tavola nella direzione voluta è necessario riuscire a scaricare la maggior parte
del peso sulla vela, spingendo il sedere indietro e in basso, quasi a toccare l’acqua, e bloccando i
piedi a martello. La tavola in questo modo rimane di taglio nell’acqua e non affonda. La direzione
della tavola dipende ora dal bilanciamento della pressione sulla tavola stessa. Per “poggiare”
bisogna allentare la pressione della gamba posteriore, rannicchiandola, e aumentare la pressione
sulla gamba anteriore, estendendola; al contrario, per “orzare” il peso deve spostarsi sulla gamba
posteriore. Il movimento delle gambe deve essere fluido e simultaneo, la tavola deve fare perno al
centro, all’altezza della maniglia. Questi giochi di peso sulla tavola sono molto simili a quelli che
ritroviamo in alte discipline, dal wakeboard allo snowboard, e quindi risulteranno già naturali a chi
pratica questi sport. L’errore in cui possono cadere è quello di agire soprattutto sulla gamba che
spinge, allungandola troppo, e finendo col perdere la centralità del corpo rispetto alla tavola. In
questo caso tutto il peso del corpo si sposta invece sulla gamba rannicchiata con l’inevitabile
caduta. Ancora una volta, mantenere il busto e le spalle nella direzione delle linee li aiuterà ad
evitare questo errore, mantenendoli più centrali sulla tavola.
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PROBLEMI E SOLUZIONI
Qui di seguito elenchiamo alcuni dei problemi che gli allievi possono incontrare nei nostri primi
bordi, con qualche suggerimento per aiutarli a superarli.
Problema: il bordo finisce sempre con un tuffo, come se fossero “inciampati” in un’onda.
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Nei primi bordi gli allievi tendono a navigare tenendo le spalle rivolte al vento, e guardando sempre
il kite, senza rivolgersi nella direzione dell’andatura; l’equilibrio è precario e il semplice ostacolo
dell’onda che incontra la tavola li sbilancia lateralmente.
Soluzione: abituiamoli a guardare dove stanno puntando, e a ruotare tutto il corpo nella direzione
di marcia. Ancora prima che partano, facciamo tenere tutte e due le punte dei piedi rivolte verso la
prua della tavola e le ginocchia rivolte nella direzione in cui stanno partendo, fino ad avere tutto il
busto rivolto nella direzione dell’andatura. Le gambe devono rimanere rilassate e flettersi
all’occorrenza per poter fare da “ammortizzatore” sulle onde.”
Problema: prendono troppa velocità. Può dipendere dalla posizione del kite, specialmente in
casi si sovrainvelatura: se gli allievi abbassano troppo il kite, la direzione della trazione è molto
bassa, e se non riescono a mantenere la tavola di taglio per contrastarla punteranno al lasco,
prendendo molta velocità. Altre volte l’errore dipende da un eccessiva pressione sulla poppa della
tavola, perché l’istinto fa portare il peso nella direzione opposta alla trazione.
Soluzione: facciamo tenere il kite alto, vicino allo zenit, e per contrastare la trazione esortiamoli a
spingere il sedere in basso e all’indietro, mantenendo comunque la testa e le spalle vicine alla
barra. Se gli allievi sono sbilanciati sulla poppa della tavola, chiediamo di flettere leggermente la
gamba anteriore, e tenere il busto proteso verso il kite.
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