L’apprendimento è dato dall’insieme dei processi psichici che, provocando
una modificazione dei vecchi modelli di comportamento e l’acquisizione di
nuovi, consente all’individuo di far propri sia una migliore conoscenza che un migliore adattamento all’ambiente. L’apprendimento ha effetti duraturi che si protraggono nel tempo ed è frutto dell’esperienza oltre che dell’esercizio e dell’osservazione; non è un processo direttamente osservabile ma lo si ricava dalla comparazione di più prestazioni degli individui, antecedenti e successive ad una sollecitazione ben precisa. Questo concetto è strettamente legato a quello di cambiamento, il quale si verifica all’interno di ciascuno con la crescita. Le prime acquisizioni si hanno in famiglia, in quanto agenzia primaria di socializzazione che provvede alla trasmissione dei valori della società di appartenenza oltre che all’inserimento dell’individuo all’interno di essa. In seguito, quando il bambino ha ormai raggiunto l’età scolare, allo scopo di apprendere diventa fondamentale la scuola in quanto agenzia formativa basata su servizi educativi specifici e pianificati. Nella società odierna, alla famiglia e alla scuola si affiancano i mass media in quanto mezzi di comunicazione, nonostante la loro socializzazione sia nella maggior parte dei casi informale e involontaria, semplicemente mirata al condizionamento delle persone. Il fenomeno dell’apprendimento è talmente vasto che riguarda l’intera esistenza degli esseri viventi. Piaget stesso si dedicò allo studio dei bambini, facilitato dal fatto di poter osservare i suoi tre figli. Esso riteneva che l’acquisizione della conoscenza era dovuta ad un processo evolutivo, tant’è che riteneva fosse il risultato dell’adattamento dovuto alle relazioni che si istaurano tra gli individui e l’ambiente circostante, peraltro teoria simile a quella dell’evoluzione di Darwin. Quest’ultimo riteneva che l’apprendimento era uno dei due meccanismi principali di sopravvivenza che permetteva all’individuo di adattarsi alle richieste ambientali. Una delle teorie di cui si occupò Piaget fu quella stadiale dell’intelligenza, secondo cui ogni stadio prevedeva una forma particolare di organizzazione psicologica con proprie conoscenze ed interpretazioni della realtà. Nel passaggio da uno stadio all’altro le acquisizioni vengono integrate in strutture più evolute. Bruner (psicologo americano) contesta quanto detto da Piaget e abbandona totalmente la sua teoria stadiale, in quanto afferma che non esistono livelli precostituiti e non è possibile studiare l’organismo in modo così rigido e inflessibile. Le forme in cui si realizza l’apprendimento sono molteplici: variano a seconda del livello evolutivo delle specie coinvolte e dalla complessità delle loro strutture cerebrali. Si può ottenere un apprendimento come risposta automatica, oppure attraverso concatenazioni sistematiche di prove ed errori, ma anche per intuizione ( grazie alla capacità di confrontare e mettere insieme una serie di apprendimenti acquisiti in precedenza); in maniera immediata grazie all’insight (processo in cui compare un improvviso atto intelligente che va a sbloccare la situazione) o attraverso il ragionamento. Da un punto di vista storico si incontrano personalità come Thorndike e Pavlov che all’inizio del XX secolo trattarono il tema dell’apprendimento a partire da un metodo sperimentale oggettivo e controllato, basato sull’osservazione in laboratorio dei comportamenti dei soggetti sperimentali (animali), posti di fronte ad uno stimolo misurabile e riproducibile. Pavlov si occupò del paradigma del condizionamento classico, grazie al quale si arrivò ad apprendere una nuova associazione tra uno stimolo che prima non rivestiva alcun significato e una risposta comportamentale. Reazioni e risposte condizionate sono state suddivise da Pavlov in acquisite e naturali. Le prime, si stabiliscono dopo un certo addestramento grazie alla contiguità tra S.C e S.I , mentre quelle naturali si attuano in maniera per lo più spontanea: si può ad esempio fare riferimento all’imprinting studiato dagli etologi, che può verificarsi solo in un determinato periodo di tempo della vita (generalmente breve e precoce), e che porta ad acquisizioni durature di cui l’individuo può usufruire subito o a distanza di tempo. Successivamente, verso la fine degli anni 30, Skinner introdusse la distinzione tra il condizionamento classico di Pavlov e quello operante di Thorndike. Quest’ultimo studiò come gli animali domestici imparassero ad evadere dai puzzle box (gabbie dove per uscire occorreva risolvere rompicapi). Si rese conto che le prestazioni miglioravano poco alla volta; perciò concluse che i soggetti imparavano per tentativi ed errori e che i rinforzi erano utili per azionare comportamenti efficaci che l’individuo già possedeva. Skinner pose l’attenzione sul fatto che vi sono comportamenti in cui il soggetto riesce a controllare la risposta emessa, la quale non viene semplicemente sollecitata da uno stimolo come avveniva negli esperimenti del cane di Pavlov, ma in questo caso è il soggetto che deve agire operando un cambiamento, se pur semplice, in modo tale da apprendere una nuova associazione S-R. A Skinner viene attribuito il merito di aver posto attenzione sul soggetto sperimentale. La sua teoria risente di una concezione di apprendimento per “prove ed errori” (produzione di tentativi che casualmente producono risposte adeguate insieme a risposte errate o non risolutive) come postulava Thorndike anni prima. Importante psicologo tedesco della fine del 1800 fu Kohler, il quale introdusse il concetto di insight a partire dai suoi esperimenti con gli scimpanzé. Dimostrò che per apprendere non era necessario passare attraverso una serie di prove ed errori. Gli animali studiati da lui risolvevano un problema per raggiungere una ricompensa (cibo), attraverso una soluzione intuitiva dovuta ad un' attenta elaborazione degli elementi circostanti. Si passò così a considerare il soggetto come parte attiva del processo di apprendimento. I comportamenti in cui si denota la presenza di un insight sono solitamente preceduti da un periodo dedicato all’osservazione dell’ambiente, per cui le esperienze precedenti influenzano la capacità di risposta ad un nuovo compito. Questo è ricordato anche da Piaget, nella descrizione dello sviluppo dell’intelligenza operatoria, per cui le nuove esperienze dovute all’esplorazione di un nuovo ambiente portano ad una associazione di stimoli che avviene in assenza di una ricompensa. Nelle società antiche, la cultura veniva tramandata oralmente dagli anziani ai giovani, l’unico modo per apprendere era quello di ascoltare i racconti e i saggi. Molti anni dopo vi fu l’avvento della carta stampata, grazie alla quale per apprendere ci si poté avvalere anche della lettura se istruiti, oltre che dell’ascolto. Nel corso dei secoli sono nate e si sono affinate strategie per migliorare il ricordo delle informazioni. L’arte della mnemotecnica, oggi molto diffusa, ebbe molti sostenitori tra i Greci; anche i romani si avvalsero di strategie di questo tipo, utilizzandole particolarmente nell’ambito delle orazioni di cui Cicerone fu il maestro. Queste tecniche permisero di migliorare le performance nel campo dell’oratoria. L’ efficacia di questa strategia rivela la motivazione per cui è arrivata dall’antichità fino ai giorni nostri. Cicerone, così come molti altri, sottolineava l’importanza della memoria come fonte di possibilità di conoscere e comprendere elementi fondamentali per aumentare le prospettive di percezione della realtà. Inoltre riteneva che un altro aspetto importante era che la mente dovesse essere tenuta in allenamento, poiché la tecnica sola non basta, per cui era necessario tenersi sempre in esercizio. A questo proposito si pronunciò anche Aristotele, il quale riteneva che l’esercizio fosse dato dalla ripetizione e dalla necessità di impegnarsi per raggiungere il risultato desiderato. In concomitanza con questo aspetto introdusse il concetto di natura, per poi giungere a quello di apprendimento dato dall’unione tra natura ed esercizio. Aristotele ritenne che l’apprendimento non era né nozionismo né memorizzazione ma bensì conoscenza, riflessione e ragionamento. In antecedenza ad Aristotele troviamo Socrate, il quale introdusse il metodo socratico. Esso riteneva che l’apprendimento si poteva verificare in un qualsiasi momento della vita; lui andò oltre la dotta ignoranza per mezzo dell’utilizzo del dialogo, cercando di tirare fuori le verità dagli uomini per mezzo dell’ironia e della maieutica. Socrate inoltre sosteneva che l’uomo era sapiente se consapevole dei propri limiti e quindi di non poter conoscere tutto. Le nuove generazioni, a differenza di quelle di un tempo, danno per scontate molte cose: tra queste la cultura, nonostante la diffusione dei molteplici mezzi di comunicazione come ad esempio i personal computer. L’apprendimento, ai giorni d’oggi, è facilitato sia grazie alle tecniche di apprendimento, concentrazione e memorizzazione che traggono origine da tempi molto lontani, che ad esempio dall’utilizzo di internet, che permette di comunicare ed informarsi senza i filtri che spesso sono presenti in tv, giornali o altri mezzi di comunicazione. Internet è considerato quasi come se fosse una mente artificiale, di cui la memoria potrebbe essere wikipedia (enciclopedia online). I fattori che influiscono principalmente sull’apprendimento sono l’ambiente in cui si è inseriti ed il patrimonio genetico, ma non solo: possono giocare un ruolo importante anche le motivazioni ad apprendere da parte del soggetto, il quale in alcuni casi può essere più motivato che in altri.